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DI AGOSTINO CRUPI *
nevi, che possono essere piani o in
rilievo e le cui dimensioni sono
molto variabili, assumono forme
diverse e si possono riscontrare sin dalla
nascita o comparire nel corso degli
anni. Si localizzano in ogni zona
cutanea del corpo e nelle mucose (orali
e genitali): per questo motivo, un
periodico e attento autoesame dei nevi
è lo strumento principale per
individuare una lesione a rischio.
L’attività di diagnosi clinica
dermoncologica ambulatoriale viene
svolta grazie all’utilizzo della
dermatoscopia digitale. I nevi di
maggiore interesse vengono osservati
mediante l’esame in epiluminescenza
(dermoscopia) con ingrandimenti che
variano da 10x a 30x. La dermoscopia
rappresenta la metodica diagnostica
non invasiva mediante cui è possibile
osservare i caratteri dei nevi non visibili
a occhio nudo. Lo studio e l’evoluzione
dei nevi comprende un’accurata
anamnesi familiare e personale del
paziente relativa ai rischi biologici ed
ambientali che possono concorrere alla
genesi dei tumori cutanei, e prosegue
con l’osservazione clinica di tutta la cute
e delle mucose, con l’intento di ricercare
i nevi maggiormente a rischio di
evoluzione.
La diagnosi precoce del melanoma
rientra negli obiettivi di primaria
importanza. È la presenza di atipia
strutturale, cioè la perdita di un aspetto
omogeneo, regolare e compatto, che si
cerca di individuare in una lesione
nevica. Quando si evidenziano i
caratteri dermoscopici di
atipia/displasia tipici del melanoma
cutaneo, si memorizzano le immagini
in digitale e si indirizza il paziente dal
chirurgo.
Il follow-up dei pazienti è
indispensabile per i pazienti che
presentano un numero elevato di nevi
atipici o displastici e per quelli che
hanno un’anamnesi oncologica
personale o familiare positiva per il
melanoma cutaneo. Si effettuano in tal
caso controlli periodici ravvicinati
facendo riferimento ai controlli
precedenti per poter valutare iniziali
modificazioni strutturali dei singoli
nevi o la comparsa di nuove lesioni. È
bene ricordare come la difficoltà nella
diagnosi del melanoma sia legata
soprattutto agli stadi iniziali della
malattia, quando non è sempre
possibile evidenziare quei parametri
dermoscopici di malignità o quando
alcune lesioni non presentano affatto
caratteri di malignità o di displasia
melanocitaria. L’utilizzo della
dermatoscopia digitalizzata consente di
raggiungere un incremento della
sensibilità diagnostica delle lesioni
cutanee pigmentate con possibilità di
intervento precoce e salvaguardia della
salute del paziente.
* medico chirurgo dermoncologo
I
Cosìinéquipe
sipuòbattere
ilmelanoma
PressolaCasadicura«SanPioX»
diMilanoungruppopolidisciplinare
diagnosticaetrattailtumoredellapelle Il dottor Mascheroni durante uno screening
DI LUIGI MASCHERONI *
a precocità della diagnosi di melanoma
ha influito in modo importante sulla
terapia chirurgica, per cui si è passati da
un’ampia escissione della lesione, con un
margine libero di 5 centimetri associato a
dissezione linfonodale eseguito negli anni
’60, alla attuale asportazione completa con
esame istologico. L’esecuzione di una biopsia
(asportazione parziale) oggigiorno non è più
raccomandabile, non permettendo una
diagnosi completa: unica eccezione nei casi
di grosse lesioni del volto, della testa o dei
piedi. Non è più neppure corretta l’ampia
asportazione in quanto, in caso di diagnosi
di melanoma, si verrebbe ad alterare la
struttura del sistema linfatico circostante,
indispensabile per l’esecuzione corretta
dell’asportazione del linfonodo sentinella:
questa particolare tecnica chirurgica prevede
preventivamente l’esecuzione di un esame
medico-nucleare detto linfoscintigrafia, che
permette di individuare con certezza la sede
anatomica del drenaggio linfatico della
lesione. Se il linfonodo asportato contiene
anche una sola cellula di melanoma, il
paziente viene sottoposto a un trattamento
chirurgico di completamento. Nel
melanoma metastatico la chirurgia esercita
ancora un ruolo quando può contribuire ad
allungare la sopravvivenza e/o la qualità di
vita del paziente. La chemioterapia
tradizionale offre poche chances e la
radioterapia viene utilizzata per il controllo
delle metastasi cerebrali, ossee o midollari.
Però recentemente sono stati fatti importanti
progressi nel campo dell’immunoterapia
grazie all’utilizzo di anticorpi monoclonali e
di farmaci specifici contro singole molecole
L
proprie del dna tumorale (oncogeni), la
cosiddetta «target terapy». Pertanto il
melanoma, per essere combattuto in
maniera veramente efficace, deve essere
anzitutto riconosciuto precocemente
attraverso un buon esame clinico e l’utilizzo
della dermatoscopia. Successivamente deve
essere trattato con una corretta tecnica
chirurgica e, nel caso compaiano metastasi
inoperabili, con adeguate terapie mediche. I
centri di riferimento devono assolutamente
avere a disposizione tutte queste armi. Nel
giugno del 2008 è stato costituito presso la
Casa di Cura «San Pio X» il Centro
polidisciplinare per la diagnosi e cura del
melanoma (Cpm). La caratteristica
principale del centro è la polidisciplinarietà e
ha come obiettivo principale il coprire tutte
le possibili necessità diagnostico-
terapeutiche, grazie a una stretta
collaborazione e integrazione tra le differenti
competenze. Le aree in cui il Cpm si sviluppa
sono: diagnostica clinica dermatologica
ambulatoriale, dermatoscopia digitale,
mappatura dei nevi; chirurgia ambulatoriale;
chirurgia in regime di ricovero per il
trattamento del tumore primitivo,
asportazione del linfonodo sentinella,
linfoadenectomia e metastasectomia;
interventi di chirurgia plastica e ricostruttiva;
medicina nucleare con la linfoscintigrafia per
la ricerca del linfonodo sentinella; anatomia
patologica con area dedicata per
immunocitochimica, consulenza per
seconda opinione e telepatologia; oncologia;
radioterapia; visite ambulatoriali di controllo
(follow-up); radiologia tradizionale, Tac e
Rmn; ricerca applicata e di base.
* coordinatore del Gruppo
polidisciplinare melanoma (Cpm)
a Fondazione Opera San Camillo, nata nel
2008, gestisce 18 strutture tra case di cura, o-
spedali accreditati, ambulatori, residenze di ria-
bilitazione, residenze per anziani non autosuffi-
cienti e comunità residenziali per malati psichici.
Si tratta di un ente non profit i cui risultati positi-
vi sono utilizzati nella gestione delle opere stesse
e nelle missioni. La cultura alla base dell’assisten-
za sanitaria è l’attenzione al malato nella sua di-
mensione di persona, in conformità ai valori del-
la carità cristiana propri dell’Ordine Camilliano e
del suo fondatore, san Camillo De Lellis. La Fon-
dazioneèdestinataavalorizzarelapresenzadei
camillianineisettoridellaformazione,dellosvi-
luppo di professionalità in ambito sanitario-as-
sistenzialeedellagestionediiniziativesanitarie,
con l’obiettivo di coniugare lo spirito di servizio
ai malati con i principi dell’efficienza e dell’effi-
cacia propri della cultura d’impresa. La Fonda-
zione Opera San Camillo opera dunque come
realtà del terzo settore che, attraverso un rap-
portodisussidiarietàconilSistemasanitariona-
zionale, si impegna a offrire un servizio di ec-
cellenza medica e di carità cristiana.
L
lla Casa di Cura «San Pio X» sono stati costituiti specifici
percorsi preferenziali per la diagnostica digitale,
mappatura dei nevi e asportazione ambulatoriale delle
lesioni sospette con liste di attesa dedicate. Fanno parte
del Cpm i seguenti specialisti: Mascheroni (Chirurgia
generale, segretario e coordinatore del gruppo), Bestetti
(medicina nucleare), Clemente (anatomia patologica e
presidente Cpm), Crupi (dermatologia oncologica e
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(chirurgia generale), Mihm Jr (consulente anatomo
patologo) Raina (oncologo) e Rao (anatomia patologica).
Responsabile dipartimento di chirurgia generale: professor
Jacques Mégevand.
Contatti
Casa di cura
«San Pio X»
Prenotazioni Servizio sa-
nitario nazionale:
02.69516000, dal lunedì
al venerdì, dalle 8.30 alle
16.
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02.69517000, dal lunedì
al venerdì, dalle 8.30 alle
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Lo studio dei nevi comprende
un’accurata anamnesi familiare
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riferisce al melanoma si è soliti
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maligne: affermazione sbagliata,
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affetti da melanoma al primo stadio
clinico hanno una sopravvivenza a 20
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malattia dopo più di cinque anni,
sopravvivenza ridotta al 43% in
presenza di macrometastasi. A fronte
di questi dati, la definizione di forte
aggressività sembra non essere
realistica a meno che non esistano
metastasi a distanza della malattia,
poco responsive alla chemioterapia
tradizionale: anche in questo caso,
però, il paziente non può
considerarsi perso in ordine di
principio, in quanto sono stati fatti
reali progressi nel campo delle terapie
molecolari, inimmaginabili fino a
qualche anno fa. Come mai la
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aggressività» è così diffusa? Una
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pessima gestione della malattia negli
anni ’50, quando nessuna lesione
escissa veniva sottoposta a esame
istologico. Solo le lesioni cutanee con
un diametro massimo superiore ai 3
centimetri, di uno spessore di almeno
1, ulcerate e sanguinanti venivano
definite «melanoma», mentre tutte le
altre erano considerati «nei». I «nei» o
«nevi» venivano spesso asportati
senza una conferma istologica. Non
pochi di questi «nevi atipici», però,
erano di fatto melanomi in fase
localmente avanzata, per cui non
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aveva dato origine al preconcetto che
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benigna potesse essere di per sé la
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Per questo motivo i nevi non
venivano rimossi, solo i melanomi
con le caratteristiche sopra riportate
venivano trattati chirurgicamente e la
tardività del trattamento chirurgico
non poteva che dare risultati
disastrosi. Fortunatamente gli studi
multicentrici internazionali successivi
hanno confermato l’utilità dell’esame
istologico e hanno dimostrato che
più precocemente veniva
riconosciuto e asportato il melanoma
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diffusa è l’«abcde» (A- asimmetria, B-
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Luigi Mascheroni
R
La mappatura dei nevi
Centro polidisciplinare:
ecco come funziona
MERCOLEDÌ
26 GIUGNO 201312 speciale FONDAZIONE OPERA SAN CAMILLO
Pagina a cura della Fondazione Opera San Camillo,
Casa di cura San Pio X, via Francesco Nava 31, 20159 Milano
tel. 02.69511; email: urp.plv.spx@camilliani.net;
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Melanoma _ Avvenire 26 giugno 2013

  • 1. DI AGOSTINO CRUPI * nevi, che possono essere piani o in rilievo e le cui dimensioni sono molto variabili, assumono forme diverse e si possono riscontrare sin dalla nascita o comparire nel corso degli anni. Si localizzano in ogni zona cutanea del corpo e nelle mucose (orali e genitali): per questo motivo, un periodico e attento autoesame dei nevi è lo strumento principale per individuare una lesione a rischio. L’attività di diagnosi clinica dermoncologica ambulatoriale viene svolta grazie all’utilizzo della dermatoscopia digitale. I nevi di maggiore interesse vengono osservati mediante l’esame in epiluminescenza (dermoscopia) con ingrandimenti che variano da 10x a 30x. La dermoscopia rappresenta la metodica diagnostica non invasiva mediante cui è possibile osservare i caratteri dei nevi non visibili a occhio nudo. Lo studio e l’evoluzione dei nevi comprende un’accurata anamnesi familiare e personale del paziente relativa ai rischi biologici ed ambientali che possono concorrere alla genesi dei tumori cutanei, e prosegue con l’osservazione clinica di tutta la cute e delle mucose, con l’intento di ricercare i nevi maggiormente a rischio di evoluzione. La diagnosi precoce del melanoma rientra negli obiettivi di primaria importanza. È la presenza di atipia strutturale, cioè la perdita di un aspetto omogeneo, regolare e compatto, che si cerca di individuare in una lesione nevica. Quando si evidenziano i caratteri dermoscopici di atipia/displasia tipici del melanoma cutaneo, si memorizzano le immagini in digitale e si indirizza il paziente dal chirurgo. Il follow-up dei pazienti è indispensabile per i pazienti che presentano un numero elevato di nevi atipici o displastici e per quelli che hanno un’anamnesi oncologica personale o familiare positiva per il melanoma cutaneo. Si effettuano in tal caso controlli periodici ravvicinati facendo riferimento ai controlli precedenti per poter valutare iniziali modificazioni strutturali dei singoli nevi o la comparsa di nuove lesioni. È bene ricordare come la difficoltà nella diagnosi del melanoma sia legata soprattutto agli stadi iniziali della malattia, quando non è sempre possibile evidenziare quei parametri dermoscopici di malignità o quando alcune lesioni non presentano affatto caratteri di malignità o di displasia melanocitaria. L’utilizzo della dermatoscopia digitalizzata consente di raggiungere un incremento della sensibilità diagnostica delle lesioni cutanee pigmentate con possibilità di intervento precoce e salvaguardia della salute del paziente. * medico chirurgo dermoncologo I Cosìinéquipe sipuòbattere ilmelanoma PressolaCasadicura«SanPioX» diMilanoungruppopolidisciplinare diagnosticaetrattailtumoredellapelle Il dottor Mascheroni durante uno screening DI LUIGI MASCHERONI * a precocità della diagnosi di melanoma ha influito in modo importante sulla terapia chirurgica, per cui si è passati da un’ampia escissione della lesione, con un margine libero di 5 centimetri associato a dissezione linfonodale eseguito negli anni ’60, alla attuale asportazione completa con esame istologico. L’esecuzione di una biopsia (asportazione parziale) oggigiorno non è più raccomandabile, non permettendo una diagnosi completa: unica eccezione nei casi di grosse lesioni del volto, della testa o dei piedi. Non è più neppure corretta l’ampia asportazione in quanto, in caso di diagnosi di melanoma, si verrebbe ad alterare la struttura del sistema linfatico circostante, indispensabile per l’esecuzione corretta dell’asportazione del linfonodo sentinella: questa particolare tecnica chirurgica prevede preventivamente l’esecuzione di un esame medico-nucleare detto linfoscintigrafia, che permette di individuare con certezza la sede anatomica del drenaggio linfatico della lesione. Se il linfonodo asportato contiene anche una sola cellula di melanoma, il paziente viene sottoposto a un trattamento chirurgico di completamento. Nel melanoma metastatico la chirurgia esercita ancora un ruolo quando può contribuire ad allungare la sopravvivenza e/o la qualità di vita del paziente. La chemioterapia tradizionale offre poche chances e la radioterapia viene utilizzata per il controllo delle metastasi cerebrali, ossee o midollari. Però recentemente sono stati fatti importanti progressi nel campo dell’immunoterapia grazie all’utilizzo di anticorpi monoclonali e di farmaci specifici contro singole molecole L proprie del dna tumorale (oncogeni), la cosiddetta «target terapy». Pertanto il melanoma, per essere combattuto in maniera veramente efficace, deve essere anzitutto riconosciuto precocemente attraverso un buon esame clinico e l’utilizzo della dermatoscopia. Successivamente deve essere trattato con una corretta tecnica chirurgica e, nel caso compaiano metastasi inoperabili, con adeguate terapie mediche. I centri di riferimento devono assolutamente avere a disposizione tutte queste armi. Nel giugno del 2008 è stato costituito presso la Casa di Cura «San Pio X» il Centro polidisciplinare per la diagnosi e cura del melanoma (Cpm). La caratteristica principale del centro è la polidisciplinarietà e ha come obiettivo principale il coprire tutte le possibili necessità diagnostico- terapeutiche, grazie a una stretta collaborazione e integrazione tra le differenti competenze. Le aree in cui il Cpm si sviluppa sono: diagnostica clinica dermatologica ambulatoriale, dermatoscopia digitale, mappatura dei nevi; chirurgia ambulatoriale; chirurgia in regime di ricovero per il trattamento del tumore primitivo, asportazione del linfonodo sentinella, linfoadenectomia e metastasectomia; interventi di chirurgia plastica e ricostruttiva; medicina nucleare con la linfoscintigrafia per la ricerca del linfonodo sentinella; anatomia patologica con area dedicata per immunocitochimica, consulenza per seconda opinione e telepatologia; oncologia; radioterapia; visite ambulatoriali di controllo (follow-up); radiologia tradizionale, Tac e Rmn; ricerca applicata e di base. * coordinatore del Gruppo polidisciplinare melanoma (Cpm) a Fondazione Opera San Camillo, nata nel 2008, gestisce 18 strutture tra case di cura, o- spedali accreditati, ambulatori, residenze di ria- bilitazione, residenze per anziani non autosuffi- cienti e comunità residenziali per malati psichici. Si tratta di un ente non profit i cui risultati positi- vi sono utilizzati nella gestione delle opere stesse e nelle missioni. La cultura alla base dell’assisten- za sanitaria è l’attenzione al malato nella sua di- mensione di persona, in conformità ai valori del- la carità cristiana propri dell’Ordine Camilliano e del suo fondatore, san Camillo De Lellis. La Fon- dazioneèdestinataavalorizzarelapresenzadei camillianineisettoridellaformazione,dellosvi- luppo di professionalità in ambito sanitario-as- sistenzialeedellagestionediiniziativesanitarie, con l’obiettivo di coniugare lo spirito di servizio ai malati con i principi dell’efficienza e dell’effi- cacia propri della cultura d’impresa. La Fonda- zione Opera San Camillo opera dunque come realtà del terzo settore che, attraverso un rap- portodisussidiarietàconilSistemasanitariona- zionale, si impegna a offrire un servizio di ec- cellenza medica e di carità cristiana. L lla Casa di Cura «San Pio X» sono stati costituiti specifici percorsi preferenziali per la diagnostica digitale, mappatura dei nevi e asportazione ambulatoriale delle lesioni sospette con liste di attesa dedicate. Fanno parte del Cpm i seguenti specialisti: Mascheroni (Chirurgia generale, segretario e coordinatore del gruppo), Bestetti (medicina nucleare), Clemente (anatomia patologica e presidente Cpm), Crupi (dermatologia oncologica e dermatoscopia), Guidarelli (dermatologia e dermatoscopia), Grisotti (chirurgia plastica), Lenisa (chirurgia generale), Mihm Jr (consulente anatomo patologo) Raina (oncologo) e Rao (anatomia patologica). Responsabile dipartimento di chirurgia generale: professor Jacques Mégevand. Contatti Casa di cura «San Pio X» Prenotazioni Servizio sa- nitario nazionale: 02.69516000, dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 16. Privati e assicurati: 02.69517000, dal lunedì al venerdì, dalle 8.30 alle 16 e il sabato dalle 8 alle 12. Centralino 02.69511. Per informazioni e pre- notare via web: www.sanpiox.net. A Lo studio dei nevi comprende un’accurata anamnesi familiare e personale del paziente. Prosegue con l’osservazione clinica di cute e mucose, per ricercare quelli a rischio di evoluzione L’autoesamechefascattareilprimoallarme Comeevitare guaiseri?È necessarioche ognunoosservi attentamente lapropriapelle echesiaffidi almedico difamigliao allospecialista perriconoscerli intempo La piramide della clinica «San Pio X» Melanoma primitivo Oggi parlare di forte aggressività non sembra realistico, a meno che non esistano metastasi a distanza, poco responsive alla chemioterapia Unnevodiversochegodedicattivafama iconoscere un melanoma è come riconoscere il «brutto anatroccolo»; si tratta in altri termini d’identificare un neo diverso da tutti gli altri: nessuno sa com’è fatto il «brutto anatroccolo», ma quando lo si osserva a confronto dei suoi fratelli lo si riconosce subito. Il melanoma è una delle neoplasie più diffuse, arrivando al quarto posto come frequenza di nuovi casi (circa 6000 all’anno) fra le persone che hanno da 1 a 44 anni. Quando ci si riferisce al melanoma si è soliti affermare che questo tumore è uno dei più aggressivi fra le neoplasie maligne: affermazione sbagliata, perché al giorno d’oggi i pazienti affetti da melanoma al primo stadio clinico hanno una sopravvivenza a 20 anni superiore all’80 %, mentre fra i soggetti con malattia al terzo stadio il 63% con micro metastasi è libero da malattia dopo più di cinque anni, sopravvivenza ridotta al 43% in presenza di macrometastasi. A fronte di questi dati, la definizione di forte aggressività sembra non essere realistica a meno che non esistano metastasi a distanza della malattia, poco responsive alla chemioterapia tradizionale: anche in questo caso, però, il paziente non può considerarsi perso in ordine di principio, in quanto sono stati fatti reali progressi nel campo delle terapie molecolari, inimmaginabili fino a qualche anno fa. Come mai la definizione di «particolare aggressività» è così diffusa? Una possibile spiegazione è legata alla pessima gestione della malattia negli anni ’50, quando nessuna lesione escissa veniva sottoposta a esame istologico. Solo le lesioni cutanee con un diametro massimo superiore ai 3 centimetri, di uno spessore di almeno 1, ulcerate e sanguinanti venivano definite «melanoma», mentre tutte le altre erano considerati «nei». I «nei» o «nevi» venivano spesso asportati senza una conferma istologica. Non pochi di questi «nevi atipici», però, erano di fatto melanomi in fase localmente avanzata, per cui non sorprende che questi ricrescessero dopo l’asportazione. Questo fatto aveva dato origine al preconcetto che l’escissione chirurgica di una lesione benigna potesse essere di per sé la causa di una trasformazione maligna («mai svegliare il can che dorme»). Per questo motivo i nevi non venivano rimossi, solo i melanomi con le caratteristiche sopra riportate venivano trattati chirurgicamente e la tardività del trattamento chirurgico non poteva che dare risultati disastrosi. Fortunatamente gli studi multicentrici internazionali successivi hanno confermato l’utilità dell’esame istologico e hanno dimostrato che più precocemente veniva riconosciuto e asportato il melanoma e più si garantiva la sopravvivenza dei pazienti. Per fare diagnosi con lesioni piccole e asintomatiche è necessario che ognuno osservi attentamente la propria pelle e che abbia la collaborazione anche del medico di famiglia per il riconoscimento. La classificazione che è di gran lunga più diffusa è l’«abcde» (A- asimmetria, B- bordi irregolari, C- colore, D- dimensione, E-evoluzione). A questo si associa, in mani esperte, l’esame dermatoscopico in epiluminescenza, che permette di riconoscere, all’interno di un nevo macroscopicamente sano, fattori predisponenti la malignità. Luigi Mascheroni R La mappatura dei nevi Centro polidisciplinare: ecco come funziona MERCOLEDÌ 26 GIUGNO 201312 speciale FONDAZIONE OPERA SAN CAMILLO Pagina a cura della Fondazione Opera San Camillo, Casa di cura San Pio X, via Francesco Nava 31, 20159 Milano tel. 02.69511; email: urp.plv.spx@camilliani.net; www.sanpiox.net Unafondazioneconalcentrolapersona chi siamo