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Personaggi
Tesi di Laurea
Carolina Covarelli
« Libera interpretazione dei suoi
personaggi»
La Divina Commedia,
L’Inferno
1
Canto I, vv 1-9
Dante nella selva oscura
2
« Nel mezzo del cammin di nostra vita
mi ritrovai per una selva oscura,
ché la diritta via era smarrita.
Ahi quanto a dir qual era è cosa dura
esta selva selvaggia e aspra e forte
che nel pensier rinova la paura!
Tant’è amara che poco è più morte;
ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai,
dirò de l’altre cose ch’i’ v’ ho scorte. ….. »
Canto I, vv 67-75, 79-81, 85-87
Virgilio
Rispuosemi: «Non omo, omo già fui,
e li parenti miei furon lombardi,
mantoani per patria ambedui.
Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi,
e vissi a Roma sotto ’l buono Augusto
al tempo de li dei falsi e bugiardi.
Poeta fui, e cantai di quel giusto
figliuol d’Anchise che venne di Troia
poi che il superbo Ilïón fu combusto….
…..«Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte
che spandi di parlar sì largo fiume?»,
rispuos’io lui con vergognosa fronte….
…..Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore,
tu se’ solo colui da cu’ io tolsi
lo bello stilo che m’ha fatto onore.
3
Canto II, vv 52-57, 70-72, 91-93
Beatrice
Io era tra color che son sospesi,
e donna mi chiamò beata e bella,
tal che di comandare io la richiesi.
Lucevan li occhi suoi più che la stella;
e cominciommi a dir soave e piana,
con angelica voce, in sua favella: ….
….I’ son Beatrice che ti faccio andare;
vegno del loco ove tornar disio;
amor mi mosse, che mi fa parlare….
…..I’ son fatta da Dio, sua mercé, tale,
che la vostra miseria non mi tange,
né fiamma d’esto incendio non m’assale.
4
Canto II, vv 94-102, 115-116
Santa Lucia
Donna è gentil nel ciel che si compiange
di questo ’mpedimento ov’io ti mando,
sì che duro giudicio là sù frange.
Questa chiese Lucia in suo dimando
e disse: - Or ha bisogno il tuo fedele
di te, e io a te lo raccomando -.
Lucia, nimica di ciascun crudele,
si mosse, e venne al loco dov’i’ era,
che mi sedea con l’antica Rachele …
….Poscia che m’ebbe ragionato questo,
li occhi lucenti lagrimando volse; …
5
Canto III, vv 82-89/93-96
Caronte
6
« Ed ecco verso noi venir per nave
un vecchio, bianco per antico pelo,
gridando: "Guai a voi, anime prave!
Non isperate mai veder lo cielo:
i’ vegno per menarvi a l’altra riva
ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo.
E tu che se’ costì, anima viva,
pàrtiti da cotesti che son morti »…
…E ’l duca lui: "Caron, non ti crucciare:
vuolsi così colà dove si puote
ciò che si vuole, e più non dimandare ».
7
Canto IV, vv 85-89
Omero
Lo buon maestro cominciò a dire:
«Mira colui con quella spada in mano,
che vien dinanzi ai tre sì come sire:
quelli è Omero poeta sovrano;
8
Canto IV, vv 89-90
Ovidio, Orazio, Lucano
…l’altro è Orazio satiro che vene;
Ovidio è ’l terzo, e l’ultimo Lucano
9
CantoV, vv 4-12
Minosse
« Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia:
essamina le colpe ne l’intrata;
giudica e manda secondo ch’avvinghia.
Dico che quando l’anima mal nata
li vien dinanzi, tutta si confessa;
e quel conoscitor de le peccata
vede qual loco d’inferno è da essa;
cignesi con la coda tante volte
quantunque gradi vuol che giù sia messa ».
CantoV, vv 127-138
Paolo e Francesca
10
« Noi leggiavamo un giorno per diletto
di Lancialotto come amor lo strinse;
soli eravamo e sanza alcun sospetto.
Per più fïate li occhi ci sospinse
quella lettura, e scolorocci il viso;
ma solo un punto fu quel che ci vinse.
Quando leggemmo il disïato riso
esser basciato da cotanto amante,
questi, che mai da me non fia diviso,
la bocca mi basciò tutto tremante.
Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse:
quel giorno più non vi leggemmo avante »" .
11
CantoVI, vv 13-21
Cerbero
« Cerbero, fiera crudele e diversa,
con tre gole caninamente latra
sovra la gente che quivi è sommersa.
Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra,
e ’l ventre largo, e unghiate le mani;
graffia li spirti ed iscoia ed isquatra.
Urlar li fa la pioggia come cani;
de l’un de’ lati fanno a l’altro schermo;
volgonsi spesso i miseri profani ».
12
CantoVII, vv 1-9
Pluto
«Pape Satàn, pape Satàn aleppe!»,
cominciò Pluto con la voce chioccia;
e quel savio gentil, che tutto seppe,
disse per confortarmi: «Non ti noccia
la tua paura; ché, poder ch’elli abbia,
non ci torrà lo scender questa roccia».
Poi si rivolse a quella ’nfiata labbia,
e disse: «Taci, maladetto lupo!
consuma dentro te con la tua rabbia.
13
Canto IX, vv 35-42
Le Furie:Aletto
….però che l’occhio m’avea tutto tratto
ver’ l’alta torre a la cima rovente,
dove in un punto furon dritte ratto
tre furïe infernal di sangue tinte,
che membra feminine avieno e atto,
e con idre verdissime eran cinte;
serpentelli e ceraste avien per crine,
onde le fiere tempie erano avvinte.
14
Canto IX, vv 35-42
Le Furie: Megera
….però che l’occhio m’avea tutto tratto
ver’ l’alta torre a la cima rovente,
dove in un punto furon dritte ratto
tre furïe infernal di sangue tinte,
che membra feminine avieno e atto,
e con idre verdissime eran cinte;
serpentelli e ceraste avien per crine,
onde le fiere tempie erano avvinte.
15
Canto IX, vv 35-42
Le Furie:Tesife
….però che l’occhio m’avea tutto tratto
ver’ l’alta torre a la cima rovente,
dove in un punto furon dritte ratto
tre furïe infernal di sangue tinte,
che membra feminine avieno e atto,
e con idre verdissime eran cinte;
serpentelli e ceraste avien per crine,
onde le fiere tempie erano avvinte.
16
Canto IX , vv 79-90
Il Messo Angelico
….vid’io più di mille anime distrutte
fuggir così dinanzi ad un ch’al passo
passava Stige con le piante asciutte.
Dal volto rimovea quell’aere grasso,
menando la sinistra innanzi spesso;
e sol di quell’angoscia parea lasso.
Ben m’accorsi ch’elli era da ciel messo,
e volsimi al maestro; e quei fé segno
ch’i’ stessi queto ed inchinassi ad esso.
Ahi quanto mi parea pien di disdegno!
Venne a la porta, e con una verghetta
l’aperse, che non v’ebbe alcun ritegno.
17
Canto XII, vv 19-27
Il Minotauro
Pàrtiti, bestia: ché questi non vene
ammaestrato da la tua sorella,
ma vassi per veder le vostre pene».
Qual è quel toro che si slaccia in quella
c’ha ricevuto già ’l colpo mortale,
che gir non sa, ma qua e là saltella,
vid’io lo Minotauro far cotale;
e quello accorto gridò: «Corri al varco:
mentre ch’e’ ’nfuria, è buon che tu ti cale».
18
Canto XII, vv 70-78
Il Centauro Chirone
E quel di mezzo, ch’al petto si mira,
è il gran Chirón, il qual nodrì Achille;
quell’altro è Folo, che fu sì pien d’ira.
Dintorno al fosso vanno a mille a mille,
saettando qual anima si svelle
del sangue più che sua colpa sortille".
Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle:
Chirón prese uno strale, e con la cocca
fece la barba in dietro a le mascelle.
19
Canto XIII , vv 10-15
L’Arpia
Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno,
che cacciar de le Strofade i Troiani
con tristo annunzio di futuro danno.
Ali hanno late, e colli e visi umani,
piè con artigli, e pennuto ’l gran ventre;
fanno lamenti in su li alberi strani.
20
Canto XIII, vv 4-6, 31-39
Pier dellaVigna
Non fronda verde, ma di color fosco;
non rami schietti, ma nodosi e ’nvolti;
non pomi v’eran, ma stecchi con tòsco:….
Allor porsi la mano un poco avante
e colsi un ramicel da un gran pruno;
e ’l tronco suo gridò: "Perché mi schiante?".
Da che fatto fu poi di sangue bruno,
ricominciò a dir: "Perché mi scerpi?
non hai tu spirto di pietade alcuno?
Uomini fummo, e or siam fatti sterpi:
ben dovrebb’esser la tua man più pia,
se state fossimo anime di serpi".
21
Canto XVII, vv 1-3/7-15
Gerione
"Ecco la fiera con la coda aguzza,
che passa i monti e rompe i muri e l'armi!
Ecco colei che tutto 'l mondo appuzza! »….
…..E quella sozza imagine di froda
sen venne, e arrivò la testa e ’l busto,
ma ’n su la riva non trasse la coda.
La faccia sua era faccia d’uom giusto,
tanto benigna avea di fuor la pelle,
e d’un serpente tutto l’altro fusto;
due branche avea pilose insin l’ascelle;
lo dosso e ’l petto e ambedue le coste
dipinti avea di nodi e di rotelle.
22
Canto XVIII, vv 127-136
Taide
Appresso ciò lo duca «Fa che pinghe»,
mi disse «il viso un poco più avante,
sì che la faccia ben con l’occhio attinghe
di quella sozza e scapigliata fante
che là si graffia con l’unghie merdose,
e or s’accoscia e ora è in piedi stante.
Taide è, la puttana che rispuose
al drudo suo quando disse "Ho io grazie
grandi apo te?": "Anzi maravigliose!".
E quinci sien le nostre viste sazie».
23
Canto XIX, vv 67-75
Papa Niccolò III
…..Se di saper ch’i’ sia ti cal cotanto,
che tu abbi però la ripa corsa,
sappi ch’i’ fui vestito del gran manto;
e veramente fui figliuol de l’orsa,
cupido sì per avanzar li orsatti,
che sù l’avere e qui me misi in borsa.
Di sotto al capo mio son li altri tratti
che precedetter me simoneggiando,
per le fessure de la pietra piatti.
24
Canto XXI, vv 73-78, 85-87
Il diavolo Malacoda
…..Innanzi che l’uncin vostro mi pigli,
traggasi avante l’un di voi che m’oda,
e poi d’arruncigliarmi si consigli».
Tutti gridaron: «Vada Malacoda!»;
per ch’un si mosse - e li altri stetter fermi -,
e venne a lui dicendo: «Che li approda?».
…….Allor li fu l’orgoglio sì caduto,
ch’e’ si lasciò cascar l’uncino a’ piedi,
e disse a li altri: «Omai non sia feruto».
25
Canto XXII, vv 136-141
Il diavolo Ciampolo
e come ’l barattier fu disparito,
così volse li artigli al suo compagno,
e fu con lui sopra ’l fosso ghermito.
Ma l’altro fu bene sparvier grifagno
ad artigliar ben lui, e amendue
cadder nel mezzo del bogliente stagno.
26
Canto XXIII, vv 100-108
Il Frate Catalano
E l’un rispuose a me: «Le cappe rance
son di piombo sì grosse, che li pesi
fan così cigolar le lor bilance.
Frati godenti fummo, e bolognesi;
io Catalano e questi Loderingo
nomati, e da tua terra insieme presi,
come suole esser tolto un uom solingo,
per conservar sua pace; e fummo tali,
ch’ancor si pare intorno dal Gardingo».
27
Canto XXIV, vv 91-99, 124-126
Vanni Fucci
Tra questa cruda e tristissima copia
correan genti nude e spaventate,
sanza sperar pertugio o elitropia:
con serpi le man dietro avean legate;
quelle ficcavan per le ren la coda
e ’l capo, ed eran dinanzi aggroppate.
Ed ecco a un ch’era da nostra proda,
s’avventò un serpente che ’l trafisse
là dove ’l collo a le spalle s’annoda.
«….. Vita bestial mi piacque e non umana,
sì come a mul ch’i’ fui; son Vanni Fucci
bestia, e Pistoia mi fu degna tana».
28
Mentre che tutto in lui veder m’attacco,
guardommi, e con le man s’aperse il petto,
dicendo: «Or vedi com’io mi dilacco!
vedi come storpiato è Maometto!
Dinanzi a me sen va piangendo Alì,
fesso nel volto dal mento al ciuffetto.
E tutti li altri che tu vedi qui,
seminator di scandalo e di scisma
fuor vivi, e però son fessi così.
Canto XXVIII, vv 28-36
Maometto
29
Canto XXVIII, vv 118-126
Bertram dal Bormio
Io vidi certo, e ancor par ch’io ’l veggia,
un busto sanza capo andar sì come
andavan li altri de la trista greggia;
e ’l capo tronco tenea per le chiome,
pesol con mano a guisa di lanterna;
e quel mirava noi e dicea: «Oh me!».
Di sé facea a sé stesso lucerna,
ed eran due in uno e uno in due:
com’esser può, quei sa che sì governa.
30
Canto XXXI, vv 85-96
Il gigante Efialte
A cigner lui qual che fosse ’l maestro,
non so io dir, ma el tenea soccinto
dinanzi l’altro e dietro il braccio destro
d’una catena che ’l tenea avvinto
dal collo in giù, sì che ’n su lo scoperto
si ravvolgea infino al giro quinto.
«Questo superbo volle esser esperto
di sua potenza contra ’l sommo Giove»,
disse ’l mio duca, «ond’elli ha cotal merto.
Fialte ha nome, e fece le gran prove
quando i giganti fer paura a’ dèi;
le braccia ch’el menò, già mai non move».
31
Canto XXXIII, vv 1-4, 13-15, 67-75
Il Conte Ugolino e i suoi figli
La bocca sollevò dal fiero pasto
quel peccator, forbendola a’capelli
del capo ch’elli avea di retro guasto.
Poi cominciò: …
Tu dei saper ch’i’ fui conte Ugolino,
e questi è l’arcivescovo Ruggieri:
or ti dirò perché i son tal vicino.
Poscia che fummo al quarto dì venuti,
Gaddo mi si gittò disteso a’ piedi,
dicendo: "Padre mio, ché non mi aiuti?".
Quivi morì; e come tu mi vedi,
vid’io cascar li tre ad uno ad uno
tra ’l quinto dì e ’l sesto; ond’io mi diedi,
già cieco, a brancolar sovra ciascuno,
e due dì li chiamai, poi che fur morti.
Poscia, più che ’l dolor, poté ’l digiuno».
32
Canto XXXIV, vv 46-57, 74-78
Lucifero
Sotto ciascuna uscivan due grand’ali,
quanto si convenia a tanto uccello:
vele di mar non vid’io mai cotali.
Non avean penne, ma di vispistrello
era lor modo; e quelle svolazzava,
sì che tre venti si movean da ello:
quindi Cocito tutto s’aggelava.
Con sei occhi piangea, e per tre menti
gocciava ’l pianto e sanguinosa bava.
Da ogne bocca dirompea co’ denti
un peccatore, a guisa di maciulla,
sì che tre ne facea così dolenti.
…….di vello in vello giù discese poscia
tra ’l folto pelo e le gelate croste.
Quando noi fummo là dove la coscia
si volge, a punto in sul grosso de l’anche,
lo duca, con fatica e con angoscia,
33
Canto XXXIV, vv 94-96, 133-139
«…e quindi uscimmo a riveder
le stelle »
«Lèvati sù», disse ’l maestro, «in piede:
la via è lunga e ’l cammino è malvagio,
e già il sole a mezza terza riede».
Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d’alcun riposo,
salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ’l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.
34
✤ Dante, Canto I……………………………………………………… pag.2
✤ Virgilio, Canto I……………………………………………………. pag.3
✤ Beatrice, Canto II…………………………………………………. pag.4
✤ Santa Lucia, Canto II…………………………………………….. pag.5
✤ Caronte, Canto III………………………………………………… pag.6
✤ Omero, Canto IV…………………………………………………. pag.7
✤ Ovidio, Orazio, Lucano, Canto IV…….……………………….. pag.8
✤ Minosse, CantoV………………………………………………… pag.9
✤ Paolo e Francesca, CantoV……………………………..……… pag.10
✤ Cerbero, CantoVI……………….………………………..……… pag.11
✤ Pluto, CantoVII…………………………………………..….…… pag.12
✤ Le furie :Aletto, Canto IX……………………………………….. pag.13
✤ Le furie : Megera, Canto IX……………………………………… pag.14
✤ Le furie :Tesife, Canto IX…………….………………………….. pag.15
✤ Il Messo Angelico, Canto IX…..…..…………………………….. pag.16
✤ Il Minotauro Canto XII……………………………………….. pag.17
✤ Il centauro Chirone, Canto XII….…………………………… pag.18
✤ L’Arpia, Canto XIII………..…………………………………… pag.19
✤ Pier de laVigna, Canto XIII………………………………….. pag.20
Index
35
✤ Gerione, Canto XVII… …………………………………………… pag.21
✤ Taide, Canto XVIII………………………………..………………. pag.22
✤ Papa Niccolò III, Canto XIX…………………..………….……. pag.23
✤ Diavolo Malacoda, Canto XXI………………………………….. pag.24
✤ Diavolo Ciampolo, Canto XXII…….…………………………… pag.25
✤ Frate Catalano, Canto XXIII……………………………………. pag.26
✤ Vanni Fucci, Canto XXIV…….……………………….……….. pag.27
✤ Maometto, CantoXXVIII ………………..……………………… pag.28
✤ Bertram dal Bormio, CantoXXVIII………..…………..……… pag.29
✤ Il gigante Efialte, Canto XXXI…….…………………..……….. pag.30
✤ Il conte Ugolino, Canto XXXIII………………………..….…… pag.31
✤ Lucifero, Canto XXXIV………………………………………… pag.32
✤ Dante, Canto XXXIV………..…………………………………… pag.33
Index
Webographie
✤ https://divinacommedia.weebly.com/
Anno accademico 1993-1994
« L’iconografia dell’Inferno Dantesco attraverso i secoli »
L’Accademia di Costume e Moda
Roma
36
Laureanda
Carolina Covarelli
Relatore
Prof. Mario Carlini
Correlatore
Prof.ssa Margherita Abruzzese
« Libera interpretazione dei suoi personaggi»

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L'inferno dantesco ed i suoi principali personaggi

  • 1. Personaggi Tesi di Laurea Carolina Covarelli « Libera interpretazione dei suoi personaggi» La Divina Commedia, L’Inferno 1
  • 2. Canto I, vv 1-9 Dante nella selva oscura 2 « Nel mezzo del cammin di nostra vita mi ritrovai per una selva oscura, ché la diritta via era smarrita. Ahi quanto a dir qual era è cosa dura esta selva selvaggia e aspra e forte che nel pensier rinova la paura! Tant’è amara che poco è più morte; ma per trattar del ben ch’i’ vi trovai, dirò de l’altre cose ch’i’ v’ ho scorte. ….. »
  • 3. Canto I, vv 67-75, 79-81, 85-87 Virgilio Rispuosemi: «Non omo, omo già fui, e li parenti miei furon lombardi, mantoani per patria ambedui. Nacqui sub Iulio, ancor che fosse tardi, e vissi a Roma sotto ’l buono Augusto al tempo de li dei falsi e bugiardi. Poeta fui, e cantai di quel giusto figliuol d’Anchise che venne di Troia poi che il superbo Ilïón fu combusto…. …..«Or se’ tu quel Virgilio e quella fonte che spandi di parlar sì largo fiume?», rispuos’io lui con vergognosa fronte…. …..Tu se’ lo mio maestro e ’l mio autore, tu se’ solo colui da cu’ io tolsi lo bello stilo che m’ha fatto onore. 3
  • 4. Canto II, vv 52-57, 70-72, 91-93 Beatrice Io era tra color che son sospesi, e donna mi chiamò beata e bella, tal che di comandare io la richiesi. Lucevan li occhi suoi più che la stella; e cominciommi a dir soave e piana, con angelica voce, in sua favella: …. ….I’ son Beatrice che ti faccio andare; vegno del loco ove tornar disio; amor mi mosse, che mi fa parlare…. …..I’ son fatta da Dio, sua mercé, tale, che la vostra miseria non mi tange, né fiamma d’esto incendio non m’assale. 4
  • 5. Canto II, vv 94-102, 115-116 Santa Lucia Donna è gentil nel ciel che si compiange di questo ’mpedimento ov’io ti mando, sì che duro giudicio là sù frange. Questa chiese Lucia in suo dimando e disse: - Or ha bisogno il tuo fedele di te, e io a te lo raccomando -. Lucia, nimica di ciascun crudele, si mosse, e venne al loco dov’i’ era, che mi sedea con l’antica Rachele … ….Poscia che m’ebbe ragionato questo, li occhi lucenti lagrimando volse; … 5
  • 6. Canto III, vv 82-89/93-96 Caronte 6 « Ed ecco verso noi venir per nave un vecchio, bianco per antico pelo, gridando: "Guai a voi, anime prave! Non isperate mai veder lo cielo: i’ vegno per menarvi a l’altra riva ne le tenebre etterne, in caldo e ’n gelo. E tu che se’ costì, anima viva, pàrtiti da cotesti che son morti »… …E ’l duca lui: "Caron, non ti crucciare: vuolsi così colà dove si puote ciò che si vuole, e più non dimandare ».
  • 7. 7 Canto IV, vv 85-89 Omero Lo buon maestro cominciò a dire: «Mira colui con quella spada in mano, che vien dinanzi ai tre sì come sire: quelli è Omero poeta sovrano;
  • 8. 8 Canto IV, vv 89-90 Ovidio, Orazio, Lucano …l’altro è Orazio satiro che vene; Ovidio è ’l terzo, e l’ultimo Lucano
  • 9. 9 CantoV, vv 4-12 Minosse « Stavvi Minòs orribilmente, e ringhia: essamina le colpe ne l’intrata; giudica e manda secondo ch’avvinghia. Dico che quando l’anima mal nata li vien dinanzi, tutta si confessa; e quel conoscitor de le peccata vede qual loco d’inferno è da essa; cignesi con la coda tante volte quantunque gradi vuol che giù sia messa ».
  • 10. CantoV, vv 127-138 Paolo e Francesca 10 « Noi leggiavamo un giorno per diletto di Lancialotto come amor lo strinse; soli eravamo e sanza alcun sospetto. Per più fïate li occhi ci sospinse quella lettura, e scolorocci il viso; ma solo un punto fu quel che ci vinse. Quando leggemmo il disïato riso esser basciato da cotanto amante, questi, che mai da me non fia diviso, la bocca mi basciò tutto tremante. Galeotto fu ’l libro e chi lo scrisse: quel giorno più non vi leggemmo avante »" .
  • 11. 11 CantoVI, vv 13-21 Cerbero « Cerbero, fiera crudele e diversa, con tre gole caninamente latra sovra la gente che quivi è sommersa. Li occhi ha vermigli, la barba unta e atra, e ’l ventre largo, e unghiate le mani; graffia li spirti ed iscoia ed isquatra. Urlar li fa la pioggia come cani; de l’un de’ lati fanno a l’altro schermo; volgonsi spesso i miseri profani ».
  • 12. 12 CantoVII, vv 1-9 Pluto «Pape Satàn, pape Satàn aleppe!», cominciò Pluto con la voce chioccia; e quel savio gentil, che tutto seppe, disse per confortarmi: «Non ti noccia la tua paura; ché, poder ch’elli abbia, non ci torrà lo scender questa roccia». Poi si rivolse a quella ’nfiata labbia, e disse: «Taci, maladetto lupo! consuma dentro te con la tua rabbia.
  • 13. 13 Canto IX, vv 35-42 Le Furie:Aletto ….però che l’occhio m’avea tutto tratto ver’ l’alta torre a la cima rovente, dove in un punto furon dritte ratto tre furïe infernal di sangue tinte, che membra feminine avieno e atto, e con idre verdissime eran cinte; serpentelli e ceraste avien per crine, onde le fiere tempie erano avvinte.
  • 14. 14 Canto IX, vv 35-42 Le Furie: Megera ….però che l’occhio m’avea tutto tratto ver’ l’alta torre a la cima rovente, dove in un punto furon dritte ratto tre furïe infernal di sangue tinte, che membra feminine avieno e atto, e con idre verdissime eran cinte; serpentelli e ceraste avien per crine, onde le fiere tempie erano avvinte.
  • 15. 15 Canto IX, vv 35-42 Le Furie:Tesife ….però che l’occhio m’avea tutto tratto ver’ l’alta torre a la cima rovente, dove in un punto furon dritte ratto tre furïe infernal di sangue tinte, che membra feminine avieno e atto, e con idre verdissime eran cinte; serpentelli e ceraste avien per crine, onde le fiere tempie erano avvinte.
  • 16. 16 Canto IX , vv 79-90 Il Messo Angelico ….vid’io più di mille anime distrutte fuggir così dinanzi ad un ch’al passo passava Stige con le piante asciutte. Dal volto rimovea quell’aere grasso, menando la sinistra innanzi spesso; e sol di quell’angoscia parea lasso. Ben m’accorsi ch’elli era da ciel messo, e volsimi al maestro; e quei fé segno ch’i’ stessi queto ed inchinassi ad esso. Ahi quanto mi parea pien di disdegno! Venne a la porta, e con una verghetta l’aperse, che non v’ebbe alcun ritegno.
  • 17. 17 Canto XII, vv 19-27 Il Minotauro Pàrtiti, bestia: ché questi non vene ammaestrato da la tua sorella, ma vassi per veder le vostre pene». Qual è quel toro che si slaccia in quella c’ha ricevuto già ’l colpo mortale, che gir non sa, ma qua e là saltella, vid’io lo Minotauro far cotale; e quello accorto gridò: «Corri al varco: mentre ch’e’ ’nfuria, è buon che tu ti cale».
  • 18. 18 Canto XII, vv 70-78 Il Centauro Chirone E quel di mezzo, ch’al petto si mira, è il gran Chirón, il qual nodrì Achille; quell’altro è Folo, che fu sì pien d’ira. Dintorno al fosso vanno a mille a mille, saettando qual anima si svelle del sangue più che sua colpa sortille". Noi ci appressammo a quelle fiere isnelle: Chirón prese uno strale, e con la cocca fece la barba in dietro a le mascelle.
  • 19. 19 Canto XIII , vv 10-15 L’Arpia Quivi le brutte Arpie lor nidi fanno, che cacciar de le Strofade i Troiani con tristo annunzio di futuro danno. Ali hanno late, e colli e visi umani, piè con artigli, e pennuto ’l gran ventre; fanno lamenti in su li alberi strani.
  • 20. 20 Canto XIII, vv 4-6, 31-39 Pier dellaVigna Non fronda verde, ma di color fosco; non rami schietti, ma nodosi e ’nvolti; non pomi v’eran, ma stecchi con tòsco:…. Allor porsi la mano un poco avante e colsi un ramicel da un gran pruno; e ’l tronco suo gridò: "Perché mi schiante?". Da che fatto fu poi di sangue bruno, ricominciò a dir: "Perché mi scerpi? non hai tu spirto di pietade alcuno? Uomini fummo, e or siam fatti sterpi: ben dovrebb’esser la tua man più pia, se state fossimo anime di serpi".
  • 21. 21 Canto XVII, vv 1-3/7-15 Gerione "Ecco la fiera con la coda aguzza, che passa i monti e rompe i muri e l'armi! Ecco colei che tutto 'l mondo appuzza! »…. …..E quella sozza imagine di froda sen venne, e arrivò la testa e ’l busto, ma ’n su la riva non trasse la coda. La faccia sua era faccia d’uom giusto, tanto benigna avea di fuor la pelle, e d’un serpente tutto l’altro fusto; due branche avea pilose insin l’ascelle; lo dosso e ’l petto e ambedue le coste dipinti avea di nodi e di rotelle.
  • 22. 22 Canto XVIII, vv 127-136 Taide Appresso ciò lo duca «Fa che pinghe», mi disse «il viso un poco più avante, sì che la faccia ben con l’occhio attinghe di quella sozza e scapigliata fante che là si graffia con l’unghie merdose, e or s’accoscia e ora è in piedi stante. Taide è, la puttana che rispuose al drudo suo quando disse "Ho io grazie grandi apo te?": "Anzi maravigliose!". E quinci sien le nostre viste sazie».
  • 23. 23 Canto XIX, vv 67-75 Papa Niccolò III …..Se di saper ch’i’ sia ti cal cotanto, che tu abbi però la ripa corsa, sappi ch’i’ fui vestito del gran manto; e veramente fui figliuol de l’orsa, cupido sì per avanzar li orsatti, che sù l’avere e qui me misi in borsa. Di sotto al capo mio son li altri tratti che precedetter me simoneggiando, per le fessure de la pietra piatti.
  • 24. 24 Canto XXI, vv 73-78, 85-87 Il diavolo Malacoda …..Innanzi che l’uncin vostro mi pigli, traggasi avante l’un di voi che m’oda, e poi d’arruncigliarmi si consigli». Tutti gridaron: «Vada Malacoda!»; per ch’un si mosse - e li altri stetter fermi -, e venne a lui dicendo: «Che li approda?». …….Allor li fu l’orgoglio sì caduto, ch’e’ si lasciò cascar l’uncino a’ piedi, e disse a li altri: «Omai non sia feruto».
  • 25. 25 Canto XXII, vv 136-141 Il diavolo Ciampolo e come ’l barattier fu disparito, così volse li artigli al suo compagno, e fu con lui sopra ’l fosso ghermito. Ma l’altro fu bene sparvier grifagno ad artigliar ben lui, e amendue cadder nel mezzo del bogliente stagno.
  • 26. 26 Canto XXIII, vv 100-108 Il Frate Catalano E l’un rispuose a me: «Le cappe rance son di piombo sì grosse, che li pesi fan così cigolar le lor bilance. Frati godenti fummo, e bolognesi; io Catalano e questi Loderingo nomati, e da tua terra insieme presi, come suole esser tolto un uom solingo, per conservar sua pace; e fummo tali, ch’ancor si pare intorno dal Gardingo».
  • 27. 27 Canto XXIV, vv 91-99, 124-126 Vanni Fucci Tra questa cruda e tristissima copia correan genti nude e spaventate, sanza sperar pertugio o elitropia: con serpi le man dietro avean legate; quelle ficcavan per le ren la coda e ’l capo, ed eran dinanzi aggroppate. Ed ecco a un ch’era da nostra proda, s’avventò un serpente che ’l trafisse là dove ’l collo a le spalle s’annoda. «….. Vita bestial mi piacque e non umana, sì come a mul ch’i’ fui; son Vanni Fucci bestia, e Pistoia mi fu degna tana».
  • 28. 28 Mentre che tutto in lui veder m’attacco, guardommi, e con le man s’aperse il petto, dicendo: «Or vedi com’io mi dilacco! vedi come storpiato è Maometto! Dinanzi a me sen va piangendo Alì, fesso nel volto dal mento al ciuffetto. E tutti li altri che tu vedi qui, seminator di scandalo e di scisma fuor vivi, e però son fessi così. Canto XXVIII, vv 28-36 Maometto
  • 29. 29 Canto XXVIII, vv 118-126 Bertram dal Bormio Io vidi certo, e ancor par ch’io ’l veggia, un busto sanza capo andar sì come andavan li altri de la trista greggia; e ’l capo tronco tenea per le chiome, pesol con mano a guisa di lanterna; e quel mirava noi e dicea: «Oh me!». Di sé facea a sé stesso lucerna, ed eran due in uno e uno in due: com’esser può, quei sa che sì governa.
  • 30. 30 Canto XXXI, vv 85-96 Il gigante Efialte A cigner lui qual che fosse ’l maestro, non so io dir, ma el tenea soccinto dinanzi l’altro e dietro il braccio destro d’una catena che ’l tenea avvinto dal collo in giù, sì che ’n su lo scoperto si ravvolgea infino al giro quinto. «Questo superbo volle esser esperto di sua potenza contra ’l sommo Giove», disse ’l mio duca, «ond’elli ha cotal merto. Fialte ha nome, e fece le gran prove quando i giganti fer paura a’ dèi; le braccia ch’el menò, già mai non move».
  • 31. 31 Canto XXXIII, vv 1-4, 13-15, 67-75 Il Conte Ugolino e i suoi figli La bocca sollevò dal fiero pasto quel peccator, forbendola a’capelli del capo ch’elli avea di retro guasto. Poi cominciò: … Tu dei saper ch’i’ fui conte Ugolino, e questi è l’arcivescovo Ruggieri: or ti dirò perché i son tal vicino. Poscia che fummo al quarto dì venuti, Gaddo mi si gittò disteso a’ piedi, dicendo: "Padre mio, ché non mi aiuti?". Quivi morì; e come tu mi vedi, vid’io cascar li tre ad uno ad uno tra ’l quinto dì e ’l sesto; ond’io mi diedi, già cieco, a brancolar sovra ciascuno, e due dì li chiamai, poi che fur morti. Poscia, più che ’l dolor, poté ’l digiuno».
  • 32. 32 Canto XXXIV, vv 46-57, 74-78 Lucifero Sotto ciascuna uscivan due grand’ali, quanto si convenia a tanto uccello: vele di mar non vid’io mai cotali. Non avean penne, ma di vispistrello era lor modo; e quelle svolazzava, sì che tre venti si movean da ello: quindi Cocito tutto s’aggelava. Con sei occhi piangea, e per tre menti gocciava ’l pianto e sanguinosa bava. Da ogne bocca dirompea co’ denti un peccatore, a guisa di maciulla, sì che tre ne facea così dolenti. …….di vello in vello giù discese poscia tra ’l folto pelo e le gelate croste. Quando noi fummo là dove la coscia si volge, a punto in sul grosso de l’anche, lo duca, con fatica e con angoscia,
  • 33. 33 Canto XXXIV, vv 94-96, 133-139 «…e quindi uscimmo a riveder le stelle » «Lèvati sù», disse ’l maestro, «in piede: la via è lunga e ’l cammino è malvagio, e già il sole a mezza terza riede». Lo duca e io per quel cammino ascoso intrammo a ritornar nel chiaro mondo; e sanza cura aver d’alcun riposo, salimmo sù, el primo e io secondo, tanto ch’i’ vidi de le cose belle che porta ’l ciel, per un pertugio tondo. E quindi uscimmo a riveder le stelle.
  • 34. 34 ✤ Dante, Canto I……………………………………………………… pag.2 ✤ Virgilio, Canto I……………………………………………………. pag.3 ✤ Beatrice, Canto II…………………………………………………. pag.4 ✤ Santa Lucia, Canto II…………………………………………….. pag.5 ✤ Caronte, Canto III………………………………………………… pag.6 ✤ Omero, Canto IV…………………………………………………. pag.7 ✤ Ovidio, Orazio, Lucano, Canto IV…….……………………….. pag.8 ✤ Minosse, CantoV………………………………………………… pag.9 ✤ Paolo e Francesca, CantoV……………………………..……… pag.10 ✤ Cerbero, CantoVI……………….………………………..……… pag.11 ✤ Pluto, CantoVII…………………………………………..….…… pag.12 ✤ Le furie :Aletto, Canto IX……………………………………….. pag.13 ✤ Le furie : Megera, Canto IX……………………………………… pag.14 ✤ Le furie :Tesife, Canto IX…………….………………………….. pag.15 ✤ Il Messo Angelico, Canto IX…..…..…………………………….. pag.16 ✤ Il Minotauro Canto XII……………………………………….. pag.17 ✤ Il centauro Chirone, Canto XII….…………………………… pag.18 ✤ L’Arpia, Canto XIII………..…………………………………… pag.19 ✤ Pier de laVigna, Canto XIII………………………………….. pag.20 Index
  • 35. 35 ✤ Gerione, Canto XVII… …………………………………………… pag.21 ✤ Taide, Canto XVIII………………………………..………………. pag.22 ✤ Papa Niccolò III, Canto XIX…………………..………….……. pag.23 ✤ Diavolo Malacoda, Canto XXI………………………………….. pag.24 ✤ Diavolo Ciampolo, Canto XXII…….…………………………… pag.25 ✤ Frate Catalano, Canto XXIII……………………………………. pag.26 ✤ Vanni Fucci, Canto XXIV…….……………………….……….. pag.27 ✤ Maometto, CantoXXVIII ………………..……………………… pag.28 ✤ Bertram dal Bormio, CantoXXVIII………..…………..……… pag.29 ✤ Il gigante Efialte, Canto XXXI…….…………………..……….. pag.30 ✤ Il conte Ugolino, Canto XXXIII………………………..….…… pag.31 ✤ Lucifero, Canto XXXIV………………………………………… pag.32 ✤ Dante, Canto XXXIV………..…………………………………… pag.33 Index Webographie ✤ https://divinacommedia.weebly.com/
  • 36. Anno accademico 1993-1994 « L’iconografia dell’Inferno Dantesco attraverso i secoli » L’Accademia di Costume e Moda Roma 36 Laureanda Carolina Covarelli Relatore Prof. Mario Carlini Correlatore Prof.ssa Margherita Abruzzese « Libera interpretazione dei suoi personaggi»