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La discalculia evolutiva: importanza di un intervento precoce
nella scuola dell’infanzia.
di Lara Polsoni
La discalculia evolutiva viene classificata come un disturbo specifico dell’apprendimento, in
assenza di ritardo mentale o altre patologie neurologiche. Comporta una difficoltà selettiva
nell’apprendimento dei concetti logico-matematici e può essere associata a dislessia.
In genere ci si accorge che un bambino è affetto da questo genere di disturbi soltanto al suo
ingresso nella scuola primaria. Il problema però risale ad un periodo anteriore e potrebbe essere
individuato attraverso segnali che, purtroppo, vengono invece sottovalutati dall’insegnante di scuola
dell’infanzia.
Secondo quanto indicato nell’ICD-10 ed in accordo con quanto descritto nel DSM-IV, i
sintomi delle difficoltà aritmetiche sono:
a) incapacità di comprendere i concetti di base di particolari operazioni;
b) mancanza di comprensione dei termini o dei segni matematici;
c) mancato riconoscimento dei simboli numerici;
d) difficoltà ad attuare le manipolazioni aritmetiche standard;
e) difficoltà nel comprendere quali numeri sono pertinenti al problema aritmetico che si
sta considerando;
f) difficoltà ad allineare correttamente i numeri o ad inserire decimali
g) problemi nella comprensione e nell’uso dei simboli durante i calcoli;
h) scorretta organizzazione spaziale dei calcoli;
i) incapacità ad apprendere in modo soddisfacente le «tabelline» della moltiplicazione.
Questa classificazione comprende varie forme di disturbo, tutte accomunate da deficit nelle
abilità di elaborazione numerica e di calcolo, ma con differenze considerevoli per quanto riguarda la
natura del deficit e le specifiche abilità compromesse: dalla comprensione dei simboli aritmetici,
alla comprensione del valore quantitativo dei numeri; dalla scelta dei dati per la soluzione di un
problema, all’allineamento in colonna; dalla semplice memorizzazione di combinazioni tra numeri
(come nel caso delle tabelline), all’uso competente delle procedure di calcolo.
Secondo la classificazione proposta da Trisciuzzi possiamo distinguere:
a) una discalculia legata a disturbi dello schema motorio, in cui è compromessa la
capacità di formarsi un’immagine mentale, che a sua volta sta alla base della
formazione del concetto di quantità;
b) una discalculia legata ad una difficoltà nel riconoscere i numeri, a leggerli secondo la
posizione delle cifre, a eseguire operazioni in colonna, a memorizzare tabellone e
così via. Questa forma sarebbe spesso associata a dislessia.
c) una discalculia legata ad una carenza nella formazione dei concetti di tempo e di
spazio e nell’attribuzione di un ordine cronologico alle operazioni e agli eventi.
Trisciuzzi pone l’accento sulle varie tappe della formazione del concetto di tempo che sta
alla base di tutte le operazioni logiche del bambino. Per il lattante fino ai sei mesi (quando inizia a
comparire una primordiale capacità di cogliere le modificazioni nell’oggetto esterno) il tempo non
esiste. Il bambino è governato dalle sensazioni di benessere e malessere ed è tutto incentrato sulle
informazioni provenienti dal proprio corpo. Ripercorrendo gli stadi di sviluppo del pensiero
individuati da Piaget ci si rende conto che il concetto di tempo come misura del movimento degli
oggetti all’interno dello spazio è una conquista raggiunta non prima dello stadio delle operazioni
concrete, cioè intorno agli otto anni, con la liberazione dall’egocentrismo spaziale e mentale. Prima
di questo stadio l’idea di tempo è inclusa in quella di spazio e si riferisce alla trasformazione degli
oggetti come risultato di una manipolazione che sottende unicamente una ricognizione percettiva e
non una reale consapevolezza della reversibilità delle operazioni logiche. La reversibilità è molto
importante perché permette al bambino di ricostruire la storia delle proprie azioni e di apprendere
da esse nuovi concetti e abilità, di riordinare cronologicamente un insieme di contenuti e di
anticipare le conseguenze di una determinata azione, avviandosi alla risoluzione dei problemi.
Un disturbo nell’apprendimento dei concetti logico – matematici non comporta
soltanto una diminuzione del profitto scolastico ma si traduce in difficoltà ben più gravi di
problematizzazione della realtà e di apprendimento di abilità sociali che richiedono la
reversibilità, la seriazione, la classificazione e la comprensione delle relazioni spaziali e
temporali.
La discalculia evolutiva rappresenta un fenomeno estremamente complesso. Dagli anni ’90
in poi gli studi scientifici si sono focalizzati meno sulle classificazioni e sulle descrizioni, per
occuparsi invece dei processi neuropsicologici alla base delle operazioni di calcolo. Gli studi,
condotti per lo più su soggetti adulti, cercando poi un riscontro nei bambini, hanno evidenziato che
la rappresentazione mentale della conoscenza numerica, oltre ad essere indipendente da altri sistemi
cognitivi, è strutturata in tre moduli a loro volta distinti funzionalmente. Il sistema di comprensione
trasforma la struttura superficiale dei numeri (diversa a seconda del codice, verbale o arabo) in una
rappresentazione astratta di quantità. Il sistema del calcolo assume questa rappresentazione come
input, per poi manipolarla attraverso il funzionamento di tre componenti: i segni delle operazioni, i
«fatti aritmetici» o operazioni base e le procedure del calcolo. I meccanismi di produzione
rappresentano l’ output del sistema del calcolo, forniscono cioè le risposte numeriche.
Secondo tale modello, nella produzione e nella comprensione dei numeri intervengono
meccanismi lessicali e sintattici, tra loro indipendenti, responsabili rispettivamente
dell’elaborazione delle singole cifre contenute nel numero e dell’elaborazione dei rapporti fra le
cifre che costituiscono il numero. L’elaborazione di un numero comporta inizialmente una sua
rappresentazione concettuale o semantica, tramite cui vengono identificati tutti gli elementi che
costituiscono il numero, specificando per ciascuno di essi le informazioni relative alla quantità e
all’ordine di grandezza. Tali informazioni regolano il lessico dei numeri e sono in stretta
interdipendenza con la sintassi che regola i numeri stessi (valore posizionale delle cifre).
Ricostruendo l’architettura del sistema di calcolo si è agevolati nell’individuazione di quelle
componenti il cui cattivo funzionamento compromette l’esecuzione del compito.
L’analisi degli errori commessi dai bambini e la conoscenza dei suddetti modelli di
elaborazione hanno permesso alla Temple di individuare tre tipi di discalculia:
1) La dislessia per le cifre, caratterizzata da difficoltà nell’acquisizione dei processi lessicali
sia nel sistema di comprensione del numero che di produzione del calcolo. La processazione
sintattica è intatta, mentre risulta compromessa la processazione lessicale per la selezione e il
recupero dei singoli elementi lessicali.
2) La discalculia procedurale è caratterizzata da difficoltà nell’acquisizione delle procedure
e degli algoritmi implicati nel sistema del calcolo. Il bambino affetto da questo tipo di discalculia
riesce a leggere e scrivere correttamente i numeri, ha compreso il significato di addizione,
sottrazione, etc. ma non è in grado di applicare le procedure necessarie all’esecuzione del calcolo
(ad esempio commette errori nell’incolonnamento, nel riporto, nel prestito).
3) La discalculia per i fatti aritmetici è caratterizzata da difficoltà nell’acquisizione dei fatti
numerici all’interno del sistema del calcolo. La capacità di elaborazione dei numeri è intatta, così
come la conoscenza delle procedure di calcolo, mentre risulta compromesso il recupero dei fatti
aritmetici.
Possiamo ipotizzare, quindi, che dietro questi differenti tipi di disturbi ci sia la
compromissione di processi mentali in qualche misura indipendenti.
Anche se la classificazione fornita da Temple è giudicata la più completa poiché fornisce
un’analisi dei tipi di errore in base ai modelli neuropsicologici che stanno dietro i processi di
calcolo, manca tuttora una modalità univoca di interpretazione, diagnosi e riabilitazione per le
discalculie.
Esistono tuttavia degli strumenti di diagnosi sufficientemente attendibili grazie a quali è
possibile focalizzare il problema ed elaborare strategie di intervento mirate.
Attraverso l’analisi degli errori commessi durante l’esecuzione di un compito è possibile
riconoscere le componenti del sistema di elaborazione che risultano compromesse ed individuare
una strategia d’intervento adeguata.
Seguendo la classificazione della Temple esposta poco sopra possiamo distinguere: a) errori
procedurali e di applicazione di strategie; b) errori nel recupero di fatti aritmetici; c) difficoltà
visuo-spaziali.
Esistono poi delle batterie di test che permettono di evidenziare le difficoltà in matematica,
ad esempio quelle proposte dal gruppo MT (AC-MT 6-11 e 11-14) e da Lucangeli e Tressoldi
(ABCA).
Nella scuola dell’Infanzia tuttavia non è possibile somministrare questo genere di prove. A
quest’età non i può ancora parlare di vera e propria discalculia, dal momento che il bambino non ha
ancora avuto accesso all’apprendimento formale dei fatti aritmetici. È possibile tuttavia rilevare
eventuali anomalie nelle abilità considerate prerequisiti per il successivo apprendimento attraverso
altri strumenti diagnostici in forma di questionario come il test IPDA di Tretti, Terrani e Corcella, o
altre checklist volte a verificare l’acquisizione di concetti spaziali e temporali (test TCR di
Edmoston e Thane) o di abilità cognitive in generale (la sezione “abilità cognitive” del LAP di
Kiernan e Jones, ad esempio).
Una volta rilevata l’anomalia è possibile approfondire la conoscenza dei processi che non
funzionano come dovrebbero, per elaborare un piano di intervento. Bisogna, cioè, osservare il
bambino durante l’esecuzione di vari tipi di compito (ad esempio, nelle attività di seriazione, di
classificazione, di riordino delle sequenze secondo la successione temporale, di confronto tra
quantità) e capire perché fallisce in quel compito. Bisogna, in altre parole, scomporre il compito in
varie fasi ed individuare l’anello mancante della catena.
Se il bambino non riesce ad eseguire un compito di classificazione, dobbiamo anzitutto
verificare che non ci siano a monte problemi di attenzione. Una volta escluso questo, passiamo ad
esaminare la sua capacità di discriminazione visiva, sottoponendogli stimoli sempre più ricchi di
particolari e dalle differenze sempre meno marcate. Se anche la discriminazione visiva è a posto,
dobbiamo verificare che il bambino sia in possesso delle abilità cognitive e linguistiche necessarie a
comprendere la consegna e a ricordarsene. Se i “processi che non funzionano” riguardano soltanto
l’esecuzione di compiti di natura logico-matematica, se vengono esclusi, cioè, carenze in processi
più generali di attenzione, comprensione e memoria, ci troviamo di fronte ad un potenziale soggetto
con discalculia evolutiva.
Questo non deve portarci a pensare che il nostro intervento debba consistere soltanto nella
proposta di operazioni logico-matematiche. Se il bambino, ad esempio, ha avuto difficoltà non
nell’individuare, ma solo nel raggruppare gli elementi simili e nel collocarli dentro un’area
delimitata da uno spago sul pavimento, non diremo semplicemente che quel bambino ha difficoltà
nel classificare gli oggetti, ma che ha soprattutto dei problemi di orientamento spaziale. In questi
casi è molto utile fare dei giochi motori che sviluppino le sue capacità di orientamento e favoriscano
l’acquisizione di concetti spaziali di base: sopra/sotto, dentro/fuori, davanti/dietro. Se la difficoltà
principale consiste nel nominare gli oggetti possiamo proporre giochi linguistici, filastrocche con o
senza accompagnamento musicale, tombole o altri giochi da tavolo in cui vengano coinvolte le
abilità lessicali. La conoscenza dei fatti aritmetici è legata al concetto di tempo, al concetto di
quantità e alle trasformazioni. Il concetto di tempo può essere sviluppato attraverso l’ascolto e
l’invenzione di storie, il riordino di fotografie scattate durante un’attività svolta a scuola dal
bambino stesso, la “lettura” di libri illustrati, l’ascolto di canzoni con un testo sufficientemente
lungo. La manipolazione di oggetti e materiali diversi favorisce l’acquisizione dei concetti di
quantità e di trasformazione.
Come si vede non occorre per forza predisporre delle attività specifiche per l’intervento
precoce sulla discalculia evolutiva nella scuola dell’infanzia. È auspicabile però condurre le
consuete attività didattiche con un “occhio di riguardo” per le abilità di cui abbiamo parlato poco
sopra. È anche molto importante organizzare gli spazi della scuola in modo da favorire
l’orientamento del bambino, fornire contenitori in plastica colorata di grandi e piccole dimensioni,
scaffali e cassetti contrassegnati da simboli noti al bambino. L’attività del “mettere in ordine le
costruzioni” non deve essere vista come sgradevole interruzione dei giochi, ma come una preziosa
opportunità per mettere in gioco le proprie capacità di classificazione. Il bambino prova una grande
soddisfazione nel mettere da solo, senza l’aiuto dell’adulto, ogni cosa al proprio posto; così come la
prova nel distribuire oggetti, nell’accumularli, nel nominarli e perché no nel trasformarli in
qualcos’altro.
Bibliografia
Lucangeli, D., Tressoldi, P., “La discalculia evolutiva”, in: PSICOLOGIA CLINICA DELLO SVILUPPO,
Anno V, n. 2, agosto 2001, pp. 147-167.
Trisciuzzi, L., La pedagogia clinica, Bari, Laterza 2003.
Soresi, S., Le difficoltà di apprendimento in matematica, in: Cornoldi, C. (a c. di), I disturbi
dell’apprendimento, Bologna, Il Mulino 1991.
Vio, C., Gruppo di Lavoro AIRIPA (Associazione Italiana Ricerca ed Intervento nella Psicopatologia
dell’Apprendimento), Linee guida per la diagnosi dei disturbi specifici di apprendimento, A.S.L. San Donà di Piave,
2003.
NOTA: I test citati nell’articolo (IPDA, TCR, LAP, AC-MT, ABCA) sono reperibili nella traduzione italiana
presso le edizioni Erickson (sito web: http://www.erickson.it).

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  • 1. La discalculia evolutiva: importanza di un intervento precoce nella scuola dell’infanzia. di Lara Polsoni La discalculia evolutiva viene classificata come un disturbo specifico dell’apprendimento, in assenza di ritardo mentale o altre patologie neurologiche. Comporta una difficoltà selettiva nell’apprendimento dei concetti logico-matematici e può essere associata a dislessia. In genere ci si accorge che un bambino è affetto da questo genere di disturbi soltanto al suo ingresso nella scuola primaria. Il problema però risale ad un periodo anteriore e potrebbe essere individuato attraverso segnali che, purtroppo, vengono invece sottovalutati dall’insegnante di scuola dell’infanzia. Secondo quanto indicato nell’ICD-10 ed in accordo con quanto descritto nel DSM-IV, i sintomi delle difficoltà aritmetiche sono: a) incapacità di comprendere i concetti di base di particolari operazioni; b) mancanza di comprensione dei termini o dei segni matematici; c) mancato riconoscimento dei simboli numerici; d) difficoltà ad attuare le manipolazioni aritmetiche standard; e) difficoltà nel comprendere quali numeri sono pertinenti al problema aritmetico che si sta considerando; f) difficoltà ad allineare correttamente i numeri o ad inserire decimali g) problemi nella comprensione e nell’uso dei simboli durante i calcoli; h) scorretta organizzazione spaziale dei calcoli; i) incapacità ad apprendere in modo soddisfacente le «tabelline» della moltiplicazione. Questa classificazione comprende varie forme di disturbo, tutte accomunate da deficit nelle abilità di elaborazione numerica e di calcolo, ma con differenze considerevoli per quanto riguarda la natura del deficit e le specifiche abilità compromesse: dalla comprensione dei simboli aritmetici, alla comprensione del valore quantitativo dei numeri; dalla scelta dei dati per la soluzione di un problema, all’allineamento in colonna; dalla semplice memorizzazione di combinazioni tra numeri (come nel caso delle tabelline), all’uso competente delle procedure di calcolo. Secondo la classificazione proposta da Trisciuzzi possiamo distinguere: a) una discalculia legata a disturbi dello schema motorio, in cui è compromessa la capacità di formarsi un’immagine mentale, che a sua volta sta alla base della formazione del concetto di quantità; b) una discalculia legata ad una difficoltà nel riconoscere i numeri, a leggerli secondo la posizione delle cifre, a eseguire operazioni in colonna, a memorizzare tabellone e così via. Questa forma sarebbe spesso associata a dislessia. c) una discalculia legata ad una carenza nella formazione dei concetti di tempo e di spazio e nell’attribuzione di un ordine cronologico alle operazioni e agli eventi. Trisciuzzi pone l’accento sulle varie tappe della formazione del concetto di tempo che sta alla base di tutte le operazioni logiche del bambino. Per il lattante fino ai sei mesi (quando inizia a
  • 2. comparire una primordiale capacità di cogliere le modificazioni nell’oggetto esterno) il tempo non esiste. Il bambino è governato dalle sensazioni di benessere e malessere ed è tutto incentrato sulle informazioni provenienti dal proprio corpo. Ripercorrendo gli stadi di sviluppo del pensiero individuati da Piaget ci si rende conto che il concetto di tempo come misura del movimento degli oggetti all’interno dello spazio è una conquista raggiunta non prima dello stadio delle operazioni concrete, cioè intorno agli otto anni, con la liberazione dall’egocentrismo spaziale e mentale. Prima di questo stadio l’idea di tempo è inclusa in quella di spazio e si riferisce alla trasformazione degli oggetti come risultato di una manipolazione che sottende unicamente una ricognizione percettiva e non una reale consapevolezza della reversibilità delle operazioni logiche. La reversibilità è molto importante perché permette al bambino di ricostruire la storia delle proprie azioni e di apprendere da esse nuovi concetti e abilità, di riordinare cronologicamente un insieme di contenuti e di anticipare le conseguenze di una determinata azione, avviandosi alla risoluzione dei problemi. Un disturbo nell’apprendimento dei concetti logico – matematici non comporta soltanto una diminuzione del profitto scolastico ma si traduce in difficoltà ben più gravi di problematizzazione della realtà e di apprendimento di abilità sociali che richiedono la reversibilità, la seriazione, la classificazione e la comprensione delle relazioni spaziali e temporali. La discalculia evolutiva rappresenta un fenomeno estremamente complesso. Dagli anni ’90 in poi gli studi scientifici si sono focalizzati meno sulle classificazioni e sulle descrizioni, per occuparsi invece dei processi neuropsicologici alla base delle operazioni di calcolo. Gli studi, condotti per lo più su soggetti adulti, cercando poi un riscontro nei bambini, hanno evidenziato che la rappresentazione mentale della conoscenza numerica, oltre ad essere indipendente da altri sistemi cognitivi, è strutturata in tre moduli a loro volta distinti funzionalmente. Il sistema di comprensione trasforma la struttura superficiale dei numeri (diversa a seconda del codice, verbale o arabo) in una rappresentazione astratta di quantità. Il sistema del calcolo assume questa rappresentazione come input, per poi manipolarla attraverso il funzionamento di tre componenti: i segni delle operazioni, i «fatti aritmetici» o operazioni base e le procedure del calcolo. I meccanismi di produzione rappresentano l’ output del sistema del calcolo, forniscono cioè le risposte numeriche. Secondo tale modello, nella produzione e nella comprensione dei numeri intervengono meccanismi lessicali e sintattici, tra loro indipendenti, responsabili rispettivamente dell’elaborazione delle singole cifre contenute nel numero e dell’elaborazione dei rapporti fra le cifre che costituiscono il numero. L’elaborazione di un numero comporta inizialmente una sua rappresentazione concettuale o semantica, tramite cui vengono identificati tutti gli elementi che costituiscono il numero, specificando per ciascuno di essi le informazioni relative alla quantità e all’ordine di grandezza. Tali informazioni regolano il lessico dei numeri e sono in stretta interdipendenza con la sintassi che regola i numeri stessi (valore posizionale delle cifre). Ricostruendo l’architettura del sistema di calcolo si è agevolati nell’individuazione di quelle componenti il cui cattivo funzionamento compromette l’esecuzione del compito. L’analisi degli errori commessi dai bambini e la conoscenza dei suddetti modelli di elaborazione hanno permesso alla Temple di individuare tre tipi di discalculia: 1) La dislessia per le cifre, caratterizzata da difficoltà nell’acquisizione dei processi lessicali sia nel sistema di comprensione del numero che di produzione del calcolo. La processazione sintattica è intatta, mentre risulta compromessa la processazione lessicale per la selezione e il recupero dei singoli elementi lessicali. 2) La discalculia procedurale è caratterizzata da difficoltà nell’acquisizione delle procedure e degli algoritmi implicati nel sistema del calcolo. Il bambino affetto da questo tipo di discalculia riesce a leggere e scrivere correttamente i numeri, ha compreso il significato di addizione,
  • 3. sottrazione, etc. ma non è in grado di applicare le procedure necessarie all’esecuzione del calcolo (ad esempio commette errori nell’incolonnamento, nel riporto, nel prestito). 3) La discalculia per i fatti aritmetici è caratterizzata da difficoltà nell’acquisizione dei fatti numerici all’interno del sistema del calcolo. La capacità di elaborazione dei numeri è intatta, così come la conoscenza delle procedure di calcolo, mentre risulta compromesso il recupero dei fatti aritmetici. Possiamo ipotizzare, quindi, che dietro questi differenti tipi di disturbi ci sia la compromissione di processi mentali in qualche misura indipendenti. Anche se la classificazione fornita da Temple è giudicata la più completa poiché fornisce un’analisi dei tipi di errore in base ai modelli neuropsicologici che stanno dietro i processi di calcolo, manca tuttora una modalità univoca di interpretazione, diagnosi e riabilitazione per le discalculie. Esistono tuttavia degli strumenti di diagnosi sufficientemente attendibili grazie a quali è possibile focalizzare il problema ed elaborare strategie di intervento mirate. Attraverso l’analisi degli errori commessi durante l’esecuzione di un compito è possibile riconoscere le componenti del sistema di elaborazione che risultano compromesse ed individuare una strategia d’intervento adeguata. Seguendo la classificazione della Temple esposta poco sopra possiamo distinguere: a) errori procedurali e di applicazione di strategie; b) errori nel recupero di fatti aritmetici; c) difficoltà visuo-spaziali. Esistono poi delle batterie di test che permettono di evidenziare le difficoltà in matematica, ad esempio quelle proposte dal gruppo MT (AC-MT 6-11 e 11-14) e da Lucangeli e Tressoldi (ABCA). Nella scuola dell’Infanzia tuttavia non è possibile somministrare questo genere di prove. A quest’età non i può ancora parlare di vera e propria discalculia, dal momento che il bambino non ha ancora avuto accesso all’apprendimento formale dei fatti aritmetici. È possibile tuttavia rilevare eventuali anomalie nelle abilità considerate prerequisiti per il successivo apprendimento attraverso altri strumenti diagnostici in forma di questionario come il test IPDA di Tretti, Terrani e Corcella, o altre checklist volte a verificare l’acquisizione di concetti spaziali e temporali (test TCR di Edmoston e Thane) o di abilità cognitive in generale (la sezione “abilità cognitive” del LAP di Kiernan e Jones, ad esempio). Una volta rilevata l’anomalia è possibile approfondire la conoscenza dei processi che non funzionano come dovrebbero, per elaborare un piano di intervento. Bisogna, cioè, osservare il bambino durante l’esecuzione di vari tipi di compito (ad esempio, nelle attività di seriazione, di classificazione, di riordino delle sequenze secondo la successione temporale, di confronto tra quantità) e capire perché fallisce in quel compito. Bisogna, in altre parole, scomporre il compito in varie fasi ed individuare l’anello mancante della catena. Se il bambino non riesce ad eseguire un compito di classificazione, dobbiamo anzitutto verificare che non ci siano a monte problemi di attenzione. Una volta escluso questo, passiamo ad esaminare la sua capacità di discriminazione visiva, sottoponendogli stimoli sempre più ricchi di particolari e dalle differenze sempre meno marcate. Se anche la discriminazione visiva è a posto, dobbiamo verificare che il bambino sia in possesso delle abilità cognitive e linguistiche necessarie a comprendere la consegna e a ricordarsene. Se i “processi che non funzionano” riguardano soltanto l’esecuzione di compiti di natura logico-matematica, se vengono esclusi, cioè, carenze in processi più generali di attenzione, comprensione e memoria, ci troviamo di fronte ad un potenziale soggetto con discalculia evolutiva.
  • 4. Questo non deve portarci a pensare che il nostro intervento debba consistere soltanto nella proposta di operazioni logico-matematiche. Se il bambino, ad esempio, ha avuto difficoltà non nell’individuare, ma solo nel raggruppare gli elementi simili e nel collocarli dentro un’area delimitata da uno spago sul pavimento, non diremo semplicemente che quel bambino ha difficoltà nel classificare gli oggetti, ma che ha soprattutto dei problemi di orientamento spaziale. In questi casi è molto utile fare dei giochi motori che sviluppino le sue capacità di orientamento e favoriscano l’acquisizione di concetti spaziali di base: sopra/sotto, dentro/fuori, davanti/dietro. Se la difficoltà principale consiste nel nominare gli oggetti possiamo proporre giochi linguistici, filastrocche con o senza accompagnamento musicale, tombole o altri giochi da tavolo in cui vengano coinvolte le abilità lessicali. La conoscenza dei fatti aritmetici è legata al concetto di tempo, al concetto di quantità e alle trasformazioni. Il concetto di tempo può essere sviluppato attraverso l’ascolto e l’invenzione di storie, il riordino di fotografie scattate durante un’attività svolta a scuola dal bambino stesso, la “lettura” di libri illustrati, l’ascolto di canzoni con un testo sufficientemente lungo. La manipolazione di oggetti e materiali diversi favorisce l’acquisizione dei concetti di quantità e di trasformazione. Come si vede non occorre per forza predisporre delle attività specifiche per l’intervento precoce sulla discalculia evolutiva nella scuola dell’infanzia. È auspicabile però condurre le consuete attività didattiche con un “occhio di riguardo” per le abilità di cui abbiamo parlato poco sopra. È anche molto importante organizzare gli spazi della scuola in modo da favorire l’orientamento del bambino, fornire contenitori in plastica colorata di grandi e piccole dimensioni, scaffali e cassetti contrassegnati da simboli noti al bambino. L’attività del “mettere in ordine le costruzioni” non deve essere vista come sgradevole interruzione dei giochi, ma come una preziosa opportunità per mettere in gioco le proprie capacità di classificazione. Il bambino prova una grande soddisfazione nel mettere da solo, senza l’aiuto dell’adulto, ogni cosa al proprio posto; così come la prova nel distribuire oggetti, nell’accumularli, nel nominarli e perché no nel trasformarli in qualcos’altro. Bibliografia Lucangeli, D., Tressoldi, P., “La discalculia evolutiva”, in: PSICOLOGIA CLINICA DELLO SVILUPPO, Anno V, n. 2, agosto 2001, pp. 147-167. Trisciuzzi, L., La pedagogia clinica, Bari, Laterza 2003. Soresi, S., Le difficoltà di apprendimento in matematica, in: Cornoldi, C. (a c. di), I disturbi dell’apprendimento, Bologna, Il Mulino 1991. Vio, C., Gruppo di Lavoro AIRIPA (Associazione Italiana Ricerca ed Intervento nella Psicopatologia dell’Apprendimento), Linee guida per la diagnosi dei disturbi specifici di apprendimento, A.S.L. San Donà di Piave, 2003. NOTA: I test citati nell’articolo (IPDA, TCR, LAP, AC-MT, ABCA) sono reperibili nella traduzione italiana presso le edizioni Erickson (sito web: http://www.erickson.it).