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Form@re, Open Journal per la formazione in rete
ISSN 1825-7321
Numero 2, Volume 13, anno 2013, pp. 144-147
Firenze University Press
http:// www.fupress.com/formare
recensioni
John Hattie, Visible Learning. A synthesis of over 800
meta-analyses relating to achievement. London & New
York: Routledge (2009).
John Hattie, Visible Learning for teachers. Maximizing
impact on learning. London & New York: Routledge
(2012).
Visible Learning. A synthesis of over 800 meta-analyses relating to achievement, si può
considerare il più significativo contributo uscito negli ultimi anni nell’ambito
dell’Evidence Based Education (EBE): esso si basa sul lavoro di quindici anni di ricerca e
su 800 meta-analisi, che riuniscono più di 50 000 studi minori che hanno coinvolto circa
250 milioni di studenti1
. Come noto, una meta-analisi è una tecnica di ricerca utilizzata
per riassumere diversi studi condotti sulla stessa variabile con metodologie sperimentali.
Le statistiche ottenute dalle meta-analisi vengono sintetizzate in un unico valore, quello
dell’“ampiezza di effetto” o effect size (nel testo tradizionalmente indicato con d),
risultato della differenza tra la media del gruppo sperimentale e la media del gruppo di
controllo (o, se in uno stesso gruppo, tra la condizione precedente il trattamento e quella
successiva), divisa per la deviazione standard del campione aggregato2
. Da tali studi
l’autore individua 138 fattori di influenza afferenti a sei diverse aree: gli studenti, la
famiglia, la scuola, i curricula, gli insegnanti e le strategie di insegnamento.
A seguito di questo libro si è riacceso un vivace dibattito sulle possibilità della ricerca
educativa di pervenire a definire uno stato dell’arte per quanto riguarda l’efficacia dei
metodi didattici (Gardner, 2012; Lythe, 2013; Mansell, 2009; Orlich, 2010; Spiewak,
2013; Terhart, 2011; Topphol, 2012)3
. Le reazioni registrate oscillano tra estremi opposti:
1
Per un maggiore approfondimento circa i volumi, i risultati e le metodologie della ricerca,
l’autore e il suo team si consiglia di visitare i seguenti siti: http://visiblelearningplus.com/ (ver.
28.06.13), in particolare la sezione FAQs http://visiblelearningplus.com/faqs (ver. 28.06.13);
http://www.challenginglearning.com/ (ver. 28.06.13); http://visible-learning.org/ (ver. 28.06.13).
2
Per un approfondimento in merito si suggerisce di consultare
http://www.leeds.ac.uk/educol/documents/00002182.htm (ver. 28.06.13).
3
Reperibili nell’ordine ai seguenti link:
- http://www.independent.co.uk/news/education/schools/uniforms-academies-targets-class-
sizes-are-british-schools-worrying-about-the-wrong-things-8294758.html,
- http://visiblelearningplus.com/news/book-review-visible-learning-john-hattie,
- http://www.tes.co.uk/article.aspx?storycode=6005393,
- http://www.educationnews.org/commentaries/book_reviews/90501.html,
- http://www.currentconcerns.ch/index.php?id=2243,
145
alcuni hanno considerato questo lavoro come il “Sacro Graal”; altri, invece, hanno messo
in dubbio il metodo usato e i calcoli statistici applicati nella ricerca educativa.
Il volume, dopo una prima presentazione del quadro teorico, spiega ogni singolo fattore
di influenza e le ragioni dell’effect size ottenuto. In appendice sono riportate tutte le
meta-analisi, organizzate per aree, e la lista dei 138 fattori di influenza in ordine
decrescente di impatto ed efficacia. Ai primi cinque posti troviamo le aspettative e le
autoattribuzioni degli studenti (d = 1.44), i programmi piagetiani (d = 1.28), la
valutazione formativa (d = 0.90), il microteaching (d = 0.88) e l’anticipazione scolastica
(d = 0.88). Agli ultimi cinque, con risultati negativi, il cambio di scuola (d = -0.34), la
televisione (d = -0.18), la bocciatura (d = -0.16), le politiche di welfare (d = -0.12) e le
vacanze estive (d = -0.09)4
.
Ad una prima analisi degli effect size raccolti, si potrebbe affermare che in campo
educativo tutto sembra funzionare. Il 90% dei 138 fattori di influenza individuati, infatti,
ottiene risultati positivi sull’apprendimento degli studenti. L’autore però intende portare
alla luce le evidenze di ciò che funziona meglio. Per questa ragione stabilisce che si può
parlare di efficacia significativa di un fattore o una strategia educativa quando questi
ottengono d maggiore di 0.40. Questo valore sintetizza gli effetti tipici di tutte le possibili
influenze in campo educativo e, per questo, può essere usato come riferimento, punto-
cardine (hinge-point). L’autore poi, per rendere immediata la lettura, associa a ciascun
fattore di influenza un barometro, il “barometro delle influenze”, che segna con una
freccia la zona in cui si colloca quel particolare fattore (cfr. il contributo di Landriscina in
questo numero).
Di tutte le variabili esaminate, il 48% supera lo 0.40, collocandosi nella zona degli effetti
desiderati, mentre il 52% ottiene risultati inferiori. Tra i fattori di maggiore efficacia vi
sono le strategie didattiche istruttive (d medio = 0.60), ad esempio il reciprocal teaching,
il feedback, le strategie metacognitive, il mastery learning, la direct instruction, mentre tra
quelli di scarsa efficacia ci sono le strategie che prevedono una guida minima (d medio =
0.17), ad esempio l’apprendimento per scoperta, il problem-based learning, l’inquiry
learning, l’apprendimento per esperienza, l’apprendimento costruttivista.
Al di là delle strategie didattiche, riconosciute come di maggiore impatto ed efficacia,
l’autore sostiene che gli insegnanti e gli approcci all’insegnamento siano i cardini del
cambiamento volto a conseguire maggiore efficacia nel processo di apprendimento: il
successo o il fallimento scolastico degli studenti è il risultato di ciò che gli insegnanti
fanno e/o non fanno, gli altri fattori ambientali o di contesto, seppur influenti, hanno un
ruolo minore.
- http://visibleteachingandlearning.wikispaces.com/file/view/Has%20John%20Hattie%20R
eally%20Found%20the%20Holy%20Grail.pdf/348408992/Has%20John%20Hattie%20R
eally%20Found%20the%20Holy%20Grail.pdf,
- http://uv-net.uio.no/wpmu/lpu2/2012/02/08/kan-vi-stole-pa-hattie-ii-kommentar-fra-john-
hattie/,
- http://uv-net.uio.no/wpmu/lpu2/2012/02/11/kan-vi-stole-pa-hattiestatistikkbruk-i-
utdanningsforskningen-iii-kommentar-fra-arne-kare-topphol/ – ver. 28.06.13.
4
Per una presentazione sintetica in forma grafica del libro si suggerisce di consultare le pagine
web http://www.learningandteaching.info/teaching/what_works.htm, http://visible-
learning.org/2013/03/visible-learning-infographic/ e http://visible-
learning.org/2013/02/infographic-john-hattie-visible-learing/ (ver. 28.06.13).
146
Questo concetto è messo in risalto in un’ulteriore pubblicazione, Visible Learning for
Teachers. Maximizing impact on learning, in cui l’autore cerca di trasferire sul piano
della professionalità dell’insegnante quanto precedentemente acquisito. Dopo una prima
parte riepilogativa del quadro teorico e metodologico della ricerca, egli analizza i
momenti cruciali della lezione (la preparazione, l’avvio, l’apprendimento, il feedback e la
conclusione): rivolgendosi direttamente agli insegnanti, fornisce loro indicazioni precise
circa i modi concreti per rendere più efficace l’insegnamento e sollecita una riflessione
attraverso esercizi, domande e checklist. In appendice, indicativa dell’attenzione
dell’autore verso il livello della pratica didattica, è inserita la spiegazione circa l’impiego
dell’effect size con piccoli campioni, ad esempio quelli di una classe, per verificare i
progressi degli studenti.
Nella fase di preparazione della lezione l’insegnante deve porre attenzione alle
preconoscenze del soggetto e alle auto-attribuzioni che lo stesso ha elaborato nel corso
delle proprie esperienze pregresse: queste sono la base per il nuovo apprendimento da cui
non si può prescindere. L’autore, inoltre, sollecita negli insegnanti un lavoro di comunità
in cui critica reciproca e passione per l’insegnamento siano pienamente condivisi e
apprezzati.
Nella fase di avvio della lezione l’autore pone al centro la relazione tra docente e allievo:
nella prospettiva dell’insegnante come attivatore e valutatore, è opportuno promuovere un
dialogo tra i due e non un monologo, con domande e interazioni volte a cogliere eventuali
difficoltà, misconcezioni e tutto quanto possa essere un segnale per l’insegnante del
livello dello studente.
Nella fase di apprendimento è essenziale la pratica (intesa anche come ripetizione, puro
esercizio) e la persistenza nella concentrazione: come l’autore afferma, qualche volta
l’apprendimento non è divertente (p. 108). In questa fase il clima dovrebbe essere
positivo: gli insegnanti dovrebbero manifestare fiducia negli studenti e riconoscere
l’errore come un’opportunità che segnala il gap tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere,
consentendo, anche grazie al feedback che segue, a tutti di poter procedere nella direzione
del successo.
Nella fase di restituzione feedback l’autore suggerisce le tre domande cardine da porsi per
poter dare un feedback adeguato: “Dove sto andando?”, “Come intendo raggiungere il
mio obiettivo?”, “Dove penso di andare dopo?” (pp. 116-118, mia traduzione). In questa
fase non possono essere dimenticati i pari, che pure hanno un ruolo importante nella
restituzione del feedback.
Nell’ultima fase della lezione, quella conclusiva, l’obiettivo è dare agli insegnanti una
prospettiva diversa (dal punto di vista degli studenti, dei colleghi, della valutazione
formativa e sommativa) della lezione svolta per vedere e poter misurare l’impatto del
proprio intervento.
L’autore sostiene che è necessario rendere visibile il processo di apprendimento-
insegnamento, da qui il titolo Visible Learning. In questo senso tale processo deve essere
trasparente: gli obiettivi devono essere esplicitati, le proposte didattiche sfidanti, i
feedback forniti e ricercati, i soggetti partecipi in maniera attiva, appassionata e coinvolta.
«La caratteristica notevole dell’evidenza è che i maggiori effetti sull’apprendimento degli
studenti si verificano quando gli insegnanti diventano allievi del proprio insegnamento, e
quando gli studenti diventano i propri insegnanti» (2009, p. 22, mia traduzione). In altre
parole, il processo di apprendimento-insegnamento è visibile quando l’insegnante vede
l’apprendimento attraverso gli occhi degli studenti, e lo studente si vede con gli occhi del
147
suo insegnante. Il modello di apprendimento-insegnamento visibile combina al suo
interno, anche se in contrasto tra di loro, l’insegnamento centrato sull’insegnante, ossia
l’impostazione didattica, e l’apprendimento centrato sullo studente, ossia la
partecipazione attiva dello studente, in una dialettica tra istruzione diretta e
costruttivismo.
Entrambi i volumi non vogliono essere un ricettario ma piuttosto intendono orientare sui
fattori di maggiore influenza nell’apprendimento degli studenti.
Anche se c’è il rischio di creare una nuova mitologia dell’evidence based, va tuttavia
riconosciuto che siamo di fronte ad una svolta significativa nel tentativo di definire lo
stato dell’arte dei metodi didattici. È interessante scoprire che al termine di elaborazioni
con quantità così smisurate di dati, gli aspetti che emergono come più determinanti
nell’apprendimento sono proprio quelli fisici e concreti impliciti nella relazione didattica,
quali la passione per l’insegnamento, le aspettative dell’insegnante, lo scambio di
feedback e soprattutto la visibilità dell’apprendimento che si percepisce persino nel gioco
degli sguardi tra insegnante e allievo.
Silvia Micheletta
Università degli Studi di Firenze, silvia.micheletta@unifi.it

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Introduzione al testo di John Hattie Visible learning. A synthesis of over 800 meta analyses relating to echievement

  • 1. Form@re, Open Journal per la formazione in rete ISSN 1825-7321 Numero 2, Volume 13, anno 2013, pp. 144-147 Firenze University Press http:// www.fupress.com/formare recensioni John Hattie, Visible Learning. A synthesis of over 800 meta-analyses relating to achievement. London & New York: Routledge (2009). John Hattie, Visible Learning for teachers. Maximizing impact on learning. London & New York: Routledge (2012). Visible Learning. A synthesis of over 800 meta-analyses relating to achievement, si può considerare il più significativo contributo uscito negli ultimi anni nell’ambito dell’Evidence Based Education (EBE): esso si basa sul lavoro di quindici anni di ricerca e su 800 meta-analisi, che riuniscono più di 50 000 studi minori che hanno coinvolto circa 250 milioni di studenti1 . Come noto, una meta-analisi è una tecnica di ricerca utilizzata per riassumere diversi studi condotti sulla stessa variabile con metodologie sperimentali. Le statistiche ottenute dalle meta-analisi vengono sintetizzate in un unico valore, quello dell’“ampiezza di effetto” o effect size (nel testo tradizionalmente indicato con d), risultato della differenza tra la media del gruppo sperimentale e la media del gruppo di controllo (o, se in uno stesso gruppo, tra la condizione precedente il trattamento e quella successiva), divisa per la deviazione standard del campione aggregato2 . Da tali studi l’autore individua 138 fattori di influenza afferenti a sei diverse aree: gli studenti, la famiglia, la scuola, i curricula, gli insegnanti e le strategie di insegnamento. A seguito di questo libro si è riacceso un vivace dibattito sulle possibilità della ricerca educativa di pervenire a definire uno stato dell’arte per quanto riguarda l’efficacia dei metodi didattici (Gardner, 2012; Lythe, 2013; Mansell, 2009; Orlich, 2010; Spiewak, 2013; Terhart, 2011; Topphol, 2012)3 . Le reazioni registrate oscillano tra estremi opposti: 1 Per un maggiore approfondimento circa i volumi, i risultati e le metodologie della ricerca, l’autore e il suo team si consiglia di visitare i seguenti siti: http://visiblelearningplus.com/ (ver. 28.06.13), in particolare la sezione FAQs http://visiblelearningplus.com/faqs (ver. 28.06.13); http://www.challenginglearning.com/ (ver. 28.06.13); http://visible-learning.org/ (ver. 28.06.13). 2 Per un approfondimento in merito si suggerisce di consultare http://www.leeds.ac.uk/educol/documents/00002182.htm (ver. 28.06.13). 3 Reperibili nell’ordine ai seguenti link: - http://www.independent.co.uk/news/education/schools/uniforms-academies-targets-class- sizes-are-british-schools-worrying-about-the-wrong-things-8294758.html, - http://visiblelearningplus.com/news/book-review-visible-learning-john-hattie, - http://www.tes.co.uk/article.aspx?storycode=6005393, - http://www.educationnews.org/commentaries/book_reviews/90501.html, - http://www.currentconcerns.ch/index.php?id=2243,
  • 2. 145 alcuni hanno considerato questo lavoro come il “Sacro Graal”; altri, invece, hanno messo in dubbio il metodo usato e i calcoli statistici applicati nella ricerca educativa. Il volume, dopo una prima presentazione del quadro teorico, spiega ogni singolo fattore di influenza e le ragioni dell’effect size ottenuto. In appendice sono riportate tutte le meta-analisi, organizzate per aree, e la lista dei 138 fattori di influenza in ordine decrescente di impatto ed efficacia. Ai primi cinque posti troviamo le aspettative e le autoattribuzioni degli studenti (d = 1.44), i programmi piagetiani (d = 1.28), la valutazione formativa (d = 0.90), il microteaching (d = 0.88) e l’anticipazione scolastica (d = 0.88). Agli ultimi cinque, con risultati negativi, il cambio di scuola (d = -0.34), la televisione (d = -0.18), la bocciatura (d = -0.16), le politiche di welfare (d = -0.12) e le vacanze estive (d = -0.09)4 . Ad una prima analisi degli effect size raccolti, si potrebbe affermare che in campo educativo tutto sembra funzionare. Il 90% dei 138 fattori di influenza individuati, infatti, ottiene risultati positivi sull’apprendimento degli studenti. L’autore però intende portare alla luce le evidenze di ciò che funziona meglio. Per questa ragione stabilisce che si può parlare di efficacia significativa di un fattore o una strategia educativa quando questi ottengono d maggiore di 0.40. Questo valore sintetizza gli effetti tipici di tutte le possibili influenze in campo educativo e, per questo, può essere usato come riferimento, punto- cardine (hinge-point). L’autore poi, per rendere immediata la lettura, associa a ciascun fattore di influenza un barometro, il “barometro delle influenze”, che segna con una freccia la zona in cui si colloca quel particolare fattore (cfr. il contributo di Landriscina in questo numero). Di tutte le variabili esaminate, il 48% supera lo 0.40, collocandosi nella zona degli effetti desiderati, mentre il 52% ottiene risultati inferiori. Tra i fattori di maggiore efficacia vi sono le strategie didattiche istruttive (d medio = 0.60), ad esempio il reciprocal teaching, il feedback, le strategie metacognitive, il mastery learning, la direct instruction, mentre tra quelli di scarsa efficacia ci sono le strategie che prevedono una guida minima (d medio = 0.17), ad esempio l’apprendimento per scoperta, il problem-based learning, l’inquiry learning, l’apprendimento per esperienza, l’apprendimento costruttivista. Al di là delle strategie didattiche, riconosciute come di maggiore impatto ed efficacia, l’autore sostiene che gli insegnanti e gli approcci all’insegnamento siano i cardini del cambiamento volto a conseguire maggiore efficacia nel processo di apprendimento: il successo o il fallimento scolastico degli studenti è il risultato di ciò che gli insegnanti fanno e/o non fanno, gli altri fattori ambientali o di contesto, seppur influenti, hanno un ruolo minore. - http://visibleteachingandlearning.wikispaces.com/file/view/Has%20John%20Hattie%20R eally%20Found%20the%20Holy%20Grail.pdf/348408992/Has%20John%20Hattie%20R eally%20Found%20the%20Holy%20Grail.pdf, - http://uv-net.uio.no/wpmu/lpu2/2012/02/08/kan-vi-stole-pa-hattie-ii-kommentar-fra-john- hattie/, - http://uv-net.uio.no/wpmu/lpu2/2012/02/11/kan-vi-stole-pa-hattiestatistikkbruk-i- utdanningsforskningen-iii-kommentar-fra-arne-kare-topphol/ – ver. 28.06.13. 4 Per una presentazione sintetica in forma grafica del libro si suggerisce di consultare le pagine web http://www.learningandteaching.info/teaching/what_works.htm, http://visible- learning.org/2013/03/visible-learning-infographic/ e http://visible- learning.org/2013/02/infographic-john-hattie-visible-learing/ (ver. 28.06.13).
  • 3. 146 Questo concetto è messo in risalto in un’ulteriore pubblicazione, Visible Learning for Teachers. Maximizing impact on learning, in cui l’autore cerca di trasferire sul piano della professionalità dell’insegnante quanto precedentemente acquisito. Dopo una prima parte riepilogativa del quadro teorico e metodologico della ricerca, egli analizza i momenti cruciali della lezione (la preparazione, l’avvio, l’apprendimento, il feedback e la conclusione): rivolgendosi direttamente agli insegnanti, fornisce loro indicazioni precise circa i modi concreti per rendere più efficace l’insegnamento e sollecita una riflessione attraverso esercizi, domande e checklist. In appendice, indicativa dell’attenzione dell’autore verso il livello della pratica didattica, è inserita la spiegazione circa l’impiego dell’effect size con piccoli campioni, ad esempio quelli di una classe, per verificare i progressi degli studenti. Nella fase di preparazione della lezione l’insegnante deve porre attenzione alle preconoscenze del soggetto e alle auto-attribuzioni che lo stesso ha elaborato nel corso delle proprie esperienze pregresse: queste sono la base per il nuovo apprendimento da cui non si può prescindere. L’autore, inoltre, sollecita negli insegnanti un lavoro di comunità in cui critica reciproca e passione per l’insegnamento siano pienamente condivisi e apprezzati. Nella fase di avvio della lezione l’autore pone al centro la relazione tra docente e allievo: nella prospettiva dell’insegnante come attivatore e valutatore, è opportuno promuovere un dialogo tra i due e non un monologo, con domande e interazioni volte a cogliere eventuali difficoltà, misconcezioni e tutto quanto possa essere un segnale per l’insegnante del livello dello studente. Nella fase di apprendimento è essenziale la pratica (intesa anche come ripetizione, puro esercizio) e la persistenza nella concentrazione: come l’autore afferma, qualche volta l’apprendimento non è divertente (p. 108). In questa fase il clima dovrebbe essere positivo: gli insegnanti dovrebbero manifestare fiducia negli studenti e riconoscere l’errore come un’opportunità che segnala il gap tra ciò che è e ciò che dovrebbe essere, consentendo, anche grazie al feedback che segue, a tutti di poter procedere nella direzione del successo. Nella fase di restituzione feedback l’autore suggerisce le tre domande cardine da porsi per poter dare un feedback adeguato: “Dove sto andando?”, “Come intendo raggiungere il mio obiettivo?”, “Dove penso di andare dopo?” (pp. 116-118, mia traduzione). In questa fase non possono essere dimenticati i pari, che pure hanno un ruolo importante nella restituzione del feedback. Nell’ultima fase della lezione, quella conclusiva, l’obiettivo è dare agli insegnanti una prospettiva diversa (dal punto di vista degli studenti, dei colleghi, della valutazione formativa e sommativa) della lezione svolta per vedere e poter misurare l’impatto del proprio intervento. L’autore sostiene che è necessario rendere visibile il processo di apprendimento- insegnamento, da qui il titolo Visible Learning. In questo senso tale processo deve essere trasparente: gli obiettivi devono essere esplicitati, le proposte didattiche sfidanti, i feedback forniti e ricercati, i soggetti partecipi in maniera attiva, appassionata e coinvolta. «La caratteristica notevole dell’evidenza è che i maggiori effetti sull’apprendimento degli studenti si verificano quando gli insegnanti diventano allievi del proprio insegnamento, e quando gli studenti diventano i propri insegnanti» (2009, p. 22, mia traduzione). In altre parole, il processo di apprendimento-insegnamento è visibile quando l’insegnante vede l’apprendimento attraverso gli occhi degli studenti, e lo studente si vede con gli occhi del
  • 4. 147 suo insegnante. Il modello di apprendimento-insegnamento visibile combina al suo interno, anche se in contrasto tra di loro, l’insegnamento centrato sull’insegnante, ossia l’impostazione didattica, e l’apprendimento centrato sullo studente, ossia la partecipazione attiva dello studente, in una dialettica tra istruzione diretta e costruttivismo. Entrambi i volumi non vogliono essere un ricettario ma piuttosto intendono orientare sui fattori di maggiore influenza nell’apprendimento degli studenti. Anche se c’è il rischio di creare una nuova mitologia dell’evidence based, va tuttavia riconosciuto che siamo di fronte ad una svolta significativa nel tentativo di definire lo stato dell’arte dei metodi didattici. È interessante scoprire che al termine di elaborazioni con quantità così smisurate di dati, gli aspetti che emergono come più determinanti nell’apprendimento sono proprio quelli fisici e concreti impliciti nella relazione didattica, quali la passione per l’insegnamento, le aspettative dell’insegnante, lo scambio di feedback e soprattutto la visibilità dell’apprendimento che si percepisce persino nel gioco degli sguardi tra insegnante e allievo. Silvia Micheletta Università degli Studi di Firenze, silvia.micheletta@unifi.it