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Business School
Incontro con Enrico Loccioni
AUTO-IMPRENDITORIALITA’
Nato in campagna tra le colline marchigiane, Enrico Loccioni, studia e lavora nelle
sue terre d’origine dove, nel 1968, fonda un’impresa che oggi rappresenta uno dei
più grandi gruppi di successo in tutto il mondo per quanto riguarda qualità, cura
e sviluppo delle “persone” che in essa “collaborano” tanto da meritarsi, protratto
negli anni, il riconoscimento di essere un “Great Place to Work”. Loccioni ama
definire al sua impresa “una sartoria tecnologica, in cui ogni sistema di misura,
controllo, automazione, per il miglioramento della qualità e dell’efficienza di
prodotti e processi, viene progettato e realizzato su misura per il cliente, integrando
le migliori competenze e tecnologie interne ed esterne e costruendo con clienti e
fornitori relazioni di lungo periodo per lo sviluppo reciproco”.
“Perché non provarci? Al massimo, se non vuole,
possono sempre dirci di no”. Deve essere stato
questo il nostro pensiero quando abbiamo deciso
di scrivere all’ufficio comunicazione della Loccioni,
impresa conosciuta come ”l’azienda che trasforma
i dipendenti in imprenditori”, chiedendo di
incontrare il suo fondatore per un’intervista. E mai
avremmo potuto ottenere una risposta più gradita:
Enrico Loccioni in persona sarebbe stato a nostra
disposizione!
Eccoci quindi ad Angeli di Rosora, nell’entroterra
marchigiano in marcia verso la sede di Loccioni.
All’apparire dell’insegna, già visibile dalla statale,
l’impazienza è alle stelle e la soddisfazione è
tanta. Arrivati alla reception, Maria Paola Palermi,
la communication manager di Loccioni con cui
abbiamo organizzato l’appuntamento, ci
accompagna nell’ufficio del signor Loccioni che
ci accoglie offrendoci degli squisiti mandarini:
lo vediamo compiere questo gesto con una
sincerità, una franchezza e una genuinità davvero
disarmanti. Veniamo quindi fatti accomodare
attorno al grande tavolo presente nella stanza
e il nostro interlocutore vuole subito conoscere
chi siamo, qual è la nostra storia. Vuole sapere di
noi, vuole ascoltarci. Mentre rispondiamo, Enrico
Loccioni ci segue e ci osserva attentamente, tiene
davanti a lui un taccuino e spesso scrive commenti
o annotazioni.
Passiamo poi all’intervista vera e propria: invece
di rispondere domanda per domanda il nostro
testimone preferisce leggerle dall’inizio alla fine,
EnricoLocci
oni-PresidenteGruppo
Loccioni
appuntarsele e rispondere spaziando liberamente
e proponendo il suo personale ordine.
Abbiamo perciò preferito conservare intatta questa
impostazione per renderci testimoni del clima e
del calore che si sono respirati durante il nostro
straordinario incontro.
“La decisione di concedere questa intervista a voi
studenti del Master in Risorse Umane deriva
dal modo aperto che abbiamo di fare impresa.
Dico “impresa” e non “azienda” perché l’azienda,
l’impresa e il no-profit esprimono tutte un risultato,
ma di esse solo l’impresa esprime le proprie
performances attraverso il risultato economico.
Un’azienda come quella ospedaliera o dei trasporti
esprime il proprio risultato attraverso i servizi
come il no-profit, ma un’impresa come la nostra
è valutata attraverso il bilancio annuale. L’impresa
normalmente viene associata all’imprenditore-
sfruttatore e non all’imprenditore-organizzatore
quale era, per esempio, Camillo Olivetti prima e il
figlio Adriano poi. In molti vedono l’impresa come
qualcosa di chiuso e privato e non come un bene
sociale che permette lo scambio di conoscenza
come sta succedendo oggi. L’apertura serve a
noi per capire di più usando il confronto come
strumento di crescita la quale, potenzialmente,
non ha più limiti. Penso all’olivettiano ottantenne
Francesco Novara che veniva qui in Loccioni da
Torino perché ogni giorno c’era da imparare
qualcosa.Questotipodicuriositàèunacaratteristica
ricercatissima da noi.
Qui ogni persona è un’impresa perché
ognuno di noi ogni giorno si trova, più o meno
consapevolmente, a sviluppare iniziative.
La differenza che vedo dai primi anni della mia
esperienza lavorativa riguarda la più o meno
ampia apertura verso la condivisione del sapere.
Nel passato il tecnico che sapeva qualcosa
era assolutamente geloso di ciò che era il suo
bagaglio di conoscenza, adesso internet e la
connettività permettono alle persone di collegarsi
e di scegliere. Uscire dal proprio guscio domestico
viaggiando è considerato perciò fondamentale
poiché favorisce l’apertura. Quello che vedo oggi,
e credo sia interpretato come un disagio, è che un
tempo l’obiettivo delle famiglie era quello di avere
abbastanza da mangiare per tutti i componenti
mentre oggi l’obiettivo è fortunatamente altro,
cioè avere un figlio diplomato o laureato. Oggi il
lavoro non aspetta nessuno, neanche le persone
con livelli formativi altissimi ma, anzi, il lavoro va
cercato con tutte le proprie forze.
La nostra impresa non è definibile come un unico
posto dove si lavora e dove gli spazi sono ben
definiti, noi la vediamo più come un “hub” che
cresce in funzione del mercato.
Mettiamo a disposizione dei nostri clienti le nostre
competenze e non meri prodotti da catalogo,
quindi li scegliamo su una serie di parametri:
il cliente internazionale, innovativo, solvibile e
con un bilancio sociale e dei valori compatibili
ai nostri. Questo significa ascoltare il cliente,
dialogare con lui e confrontarsi per portare avanti
un progetto che è la soluzione alla sua domanda,
ossia come se fosse un vestito su misura cucito
sulla base della sua richiesta. A questo tipo di
servizio personalizzato consegue una grande
fidelizzazione del cliente.
Per cercare i nostri collaboratori ci rivolgiamo alla
scuola principalmente e preferiremmo conoscere
la persona mentre studia, anche 10 anni prima
dell’inserimento. Dalla scuola cerchiamo la persona
intraprendente, che non ha quindi paura di
prendere l’iniziativa, ed è ‘azionista di se stesso’
nel senso che investe nella propria formazione.
L’investimento di denaro e di tempo profuso nello
studio produce informazioni e conoscenza che, se
portata all’interno del nostro “hub” anche per solo
un mese, produce un beneficio che la persona
porta via con sè e, al tempo stesso, ci lascia dei
semi che noi cercheremo di mettere a frutto per
raccogliere nel futuro. Questi contatti con la scuola
e con il territorio ci permettono di individuare risorse
coerenti con il nostro lavoro che, cioè, non sono
spettatori ma assolutamente partecipi del nostro
obiettivo. Queste figure le portiamo all’interno
del nostro vivaio perché amiamo coltivare i nostri
talenti anziché cercarli all’esterno, un po’ come fa
il Barcellona con la propria “cantera”.
All’interno di questo vivaio ci sono due categorie
di persone: gli studenti che vengono dalla scuola
e gli esperti che, selezionati alla fine del proprio
percorso lavorativo, decidono di tornare durante
la pensione per tornare ad avere un proprio
rapporto con i propri interessi e le proprie passioni.
Questo programma lo chiamiamo Silverzone
e riguarda le persone più mature della nostra
organizzazione che vengono messe in contatto
con i ragazzi più giovani che vengono reclutati
attraverso il programma Bluzone. Dal vivaio quindi
attingiamo le persone coerenti ai nostri valori
che inseriamo nel lavoro vero e proprio, ma solo
seguendo le proprie inclinazioni. È infatti possibile
che la persona sia coerente con noi ma non lo
è la sua passione. In questo caso, se la persona
è particolarmente intraprendente, l’impresa
può avviare un progetto costruito attorno alle
particolari capacità e inclinazioni del ragazzo. Per
esempio adesso abbiamo delle commesse in un
ambito nuovo per noi, che è quello aeronautico,
grazie a Massimo Peretti che, essendo un brillante
ingegnere aeronautico laureato a Pisa, ci ha
permesso di sperimentare un nuovo campo.
L’impresa si adatta al collaboratore rompendo gli
schemi classici in cui il lavoratore deve solamente
fare ciò che l’impresa richiede. La nostra impresa
è basata sulla conoscenza e per noi è stimolante
mettere assieme soggetti con background diversi
e, conseguentemente, con conoscenze diverse.
Mettere nello stesso team un architetto, un giurista
e un filosofo è estremamente moderno e ritengo
sia interessante oltre che produttivo.
Cerchiamo costantemente di incoraggiare i
collaboratori a esprimere al meglio le proprie
attitudini anche se queste dovessero portare ad
uscire dall’organizzazione. Con “Avvia l’impresa”
cerchiamo di mettere a disposizione di coloro i
quali hanno una buona idea imprenditoriale la
nostra esperienza e forza aziendale. Possiamo
anche essere i loro principali clienti ma dopo un
anno cominciamo a staccarci affinché comincino
a camminare con le proprie gambe e avere il
proprio pacchetto clienti. Un’impresa che non ha
profitto non è più un’impresa. Il profitto senza il
principio dei valori appartiene ad un’impresa
destinata a distruggersi. La responsabilità sociale
di impresa, il welfare e le buone pratiche
imprenditoriali verso la società rientrano nelle
azioni che comunque sottostanno al profitto e alla
disponibilità economica. Per quanto ci riguarda
riteniamo di avere investito tanto nel nostro
territorio evitando di spendere denaro in pubblicità.
Queste energie non sono spese inutilmente,
ma anzi, in una decina d’anni abbiamo il ritorno
dell’investimento grazie anche all’intervento della
fiscalità dell’impresa. Da non sottovalutare le
conseguenze positive a cascata che seguono un
investimento in favore della collettività: il nostro
impegno nella salvaguardia dell’ambiente con
la bonifica di 2 km del fiume che bagna il nostro sito,
ci ha portato ad essere presenti all’Expo senza che
noi ne facessimo richiesta risparmiando una cifra
considerevole. Dalla bonifica del fiume ne è nata
anche una concessione demaniale che porta alla
produzione da parte nostra di energia idroelettrica
che ci ripaga velocemente dell’investimento fatto.
Master in Risorse Umane e Organizzazione 2014-2015
II Project Work
Intervista a cura di:
•	 Valeria Sarobba
•	 Claudio Grippi
•	 Stefano Zullo
-> www.istud.it
Business School
La nostra carta dei valori del ’92 ci serve per
selezionare le persone capendo se i valori della
persona sono compatibili con noi e veritieri.
Andiamo a capire, basandoci su quattro virtù
cardinali, se la persona, oltre alle proprie capacità,
è dotata dell’aspetto caratteriale che spinge me
imprenditore a riporre nel ragazzo appena entrato
la propria fiducia. Il rapporto di valutazione non
è assolutamente univoco anche perché la nostra
rete non è gerarchica ma è formata da nodi di
conoscenza che dialogano alla pari.
La nostra attenzione alle persone riguarda anche i
clienti che invitiamo continuamente qui a toccare
con mano ciò che raccontiamo. La bellezza che
c’è qui e l’armonia vengono recepite appena si
entra in contatto col nostro mondo e i clienti,
che mettiamo al centro di tutto, ci raccontano di
rimanere stupiti di ciò che vedono. E’ per questo
motivo che vogliamo essere sempre più aperti e
integrati”.

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Project Work Master ISTUD: Incontro con Enrico Loccioni

  • 1. Business School Incontro con Enrico Loccioni AUTO-IMPRENDITORIALITA’ Nato in campagna tra le colline marchigiane, Enrico Loccioni, studia e lavora nelle sue terre d’origine dove, nel 1968, fonda un’impresa che oggi rappresenta uno dei più grandi gruppi di successo in tutto il mondo per quanto riguarda qualità, cura e sviluppo delle “persone” che in essa “collaborano” tanto da meritarsi, protratto negli anni, il riconoscimento di essere un “Great Place to Work”. Loccioni ama definire al sua impresa “una sartoria tecnologica, in cui ogni sistema di misura, controllo, automazione, per il miglioramento della qualità e dell’efficienza di prodotti e processi, viene progettato e realizzato su misura per il cliente, integrando le migliori competenze e tecnologie interne ed esterne e costruendo con clienti e fornitori relazioni di lungo periodo per lo sviluppo reciproco”. “Perché non provarci? Al massimo, se non vuole, possono sempre dirci di no”. Deve essere stato questo il nostro pensiero quando abbiamo deciso di scrivere all’ufficio comunicazione della Loccioni, impresa conosciuta come ”l’azienda che trasforma i dipendenti in imprenditori”, chiedendo di incontrare il suo fondatore per un’intervista. E mai avremmo potuto ottenere una risposta più gradita: Enrico Loccioni in persona sarebbe stato a nostra disposizione! Eccoci quindi ad Angeli di Rosora, nell’entroterra marchigiano in marcia verso la sede di Loccioni. All’apparire dell’insegna, già visibile dalla statale, l’impazienza è alle stelle e la soddisfazione è tanta. Arrivati alla reception, Maria Paola Palermi, la communication manager di Loccioni con cui abbiamo organizzato l’appuntamento, ci accompagna nell’ufficio del signor Loccioni che ci accoglie offrendoci degli squisiti mandarini: lo vediamo compiere questo gesto con una sincerità, una franchezza e una genuinità davvero disarmanti. Veniamo quindi fatti accomodare attorno al grande tavolo presente nella stanza e il nostro interlocutore vuole subito conoscere chi siamo, qual è la nostra storia. Vuole sapere di noi, vuole ascoltarci. Mentre rispondiamo, Enrico Loccioni ci segue e ci osserva attentamente, tiene davanti a lui un taccuino e spesso scrive commenti o annotazioni. Passiamo poi all’intervista vera e propria: invece di rispondere domanda per domanda il nostro testimone preferisce leggerle dall’inizio alla fine, EnricoLocci oni-PresidenteGruppo Loccioni
  • 2. appuntarsele e rispondere spaziando liberamente e proponendo il suo personale ordine. Abbiamo perciò preferito conservare intatta questa impostazione per renderci testimoni del clima e del calore che si sono respirati durante il nostro straordinario incontro. “La decisione di concedere questa intervista a voi studenti del Master in Risorse Umane deriva dal modo aperto che abbiamo di fare impresa. Dico “impresa” e non “azienda” perché l’azienda, l’impresa e il no-profit esprimono tutte un risultato, ma di esse solo l’impresa esprime le proprie performances attraverso il risultato economico. Un’azienda come quella ospedaliera o dei trasporti esprime il proprio risultato attraverso i servizi come il no-profit, ma un’impresa come la nostra è valutata attraverso il bilancio annuale. L’impresa normalmente viene associata all’imprenditore- sfruttatore e non all’imprenditore-organizzatore quale era, per esempio, Camillo Olivetti prima e il figlio Adriano poi. In molti vedono l’impresa come qualcosa di chiuso e privato e non come un bene sociale che permette lo scambio di conoscenza come sta succedendo oggi. L’apertura serve a noi per capire di più usando il confronto come strumento di crescita la quale, potenzialmente, non ha più limiti. Penso all’olivettiano ottantenne Francesco Novara che veniva qui in Loccioni da Torino perché ogni giorno c’era da imparare qualcosa.Questotipodicuriositàèunacaratteristica ricercatissima da noi. Qui ogni persona è un’impresa perché ognuno di noi ogni giorno si trova, più o meno consapevolmente, a sviluppare iniziative. La differenza che vedo dai primi anni della mia esperienza lavorativa riguarda la più o meno ampia apertura verso la condivisione del sapere. Nel passato il tecnico che sapeva qualcosa era assolutamente geloso di ciò che era il suo bagaglio di conoscenza, adesso internet e la connettività permettono alle persone di collegarsi e di scegliere. Uscire dal proprio guscio domestico viaggiando è considerato perciò fondamentale poiché favorisce l’apertura. Quello che vedo oggi, e credo sia interpretato come un disagio, è che un tempo l’obiettivo delle famiglie era quello di avere abbastanza da mangiare per tutti i componenti mentre oggi l’obiettivo è fortunatamente altro, cioè avere un figlio diplomato o laureato. Oggi il lavoro non aspetta nessuno, neanche le persone con livelli formativi altissimi ma, anzi, il lavoro va cercato con tutte le proprie forze. La nostra impresa non è definibile come un unico posto dove si lavora e dove gli spazi sono ben definiti, noi la vediamo più come un “hub” che cresce in funzione del mercato. Mettiamo a disposizione dei nostri clienti le nostre competenze e non meri prodotti da catalogo, quindi li scegliamo su una serie di parametri: il cliente internazionale, innovativo, solvibile e con un bilancio sociale e dei valori compatibili ai nostri. Questo significa ascoltare il cliente, dialogare con lui e confrontarsi per portare avanti un progetto che è la soluzione alla sua domanda, ossia come se fosse un vestito su misura cucito sulla base della sua richiesta. A questo tipo di servizio personalizzato consegue una grande fidelizzazione del cliente. Per cercare i nostri collaboratori ci rivolgiamo alla scuola principalmente e preferiremmo conoscere la persona mentre studia, anche 10 anni prima dell’inserimento. Dalla scuola cerchiamo la persona intraprendente, che non ha quindi paura di prendere l’iniziativa, ed è ‘azionista di se stesso’ nel senso che investe nella propria formazione. L’investimento di denaro e di tempo profuso nello studio produce informazioni e conoscenza che, se portata all’interno del nostro “hub” anche per solo un mese, produce un beneficio che la persona porta via con sè e, al tempo stesso, ci lascia dei semi che noi cercheremo di mettere a frutto per raccogliere nel futuro. Questi contatti con la scuola e con il territorio ci permettono di individuare risorse coerenti con il nostro lavoro che, cioè, non sono spettatori ma assolutamente partecipi del nostro obiettivo. Queste figure le portiamo all’interno del nostro vivaio perché amiamo coltivare i nostri talenti anziché cercarli all’esterno, un po’ come fa il Barcellona con la propria “cantera”. All’interno di questo vivaio ci sono due categorie di persone: gli studenti che vengono dalla scuola e gli esperti che, selezionati alla fine del proprio percorso lavorativo, decidono di tornare durante la pensione per tornare ad avere un proprio rapporto con i propri interessi e le proprie passioni. Questo programma lo chiamiamo Silverzone e riguarda le persone più mature della nostra organizzazione che vengono messe in contatto con i ragazzi più giovani che vengono reclutati attraverso il programma Bluzone. Dal vivaio quindi
  • 3. attingiamo le persone coerenti ai nostri valori che inseriamo nel lavoro vero e proprio, ma solo seguendo le proprie inclinazioni. È infatti possibile che la persona sia coerente con noi ma non lo è la sua passione. In questo caso, se la persona è particolarmente intraprendente, l’impresa può avviare un progetto costruito attorno alle particolari capacità e inclinazioni del ragazzo. Per esempio adesso abbiamo delle commesse in un ambito nuovo per noi, che è quello aeronautico, grazie a Massimo Peretti che, essendo un brillante ingegnere aeronautico laureato a Pisa, ci ha permesso di sperimentare un nuovo campo. L’impresa si adatta al collaboratore rompendo gli schemi classici in cui il lavoratore deve solamente fare ciò che l’impresa richiede. La nostra impresa è basata sulla conoscenza e per noi è stimolante mettere assieme soggetti con background diversi e, conseguentemente, con conoscenze diverse. Mettere nello stesso team un architetto, un giurista e un filosofo è estremamente moderno e ritengo sia interessante oltre che produttivo. Cerchiamo costantemente di incoraggiare i collaboratori a esprimere al meglio le proprie attitudini anche se queste dovessero portare ad uscire dall’organizzazione. Con “Avvia l’impresa” cerchiamo di mettere a disposizione di coloro i quali hanno una buona idea imprenditoriale la nostra esperienza e forza aziendale. Possiamo anche essere i loro principali clienti ma dopo un anno cominciamo a staccarci affinché comincino a camminare con le proprie gambe e avere il proprio pacchetto clienti. Un’impresa che non ha profitto non è più un’impresa. Il profitto senza il principio dei valori appartiene ad un’impresa destinata a distruggersi. La responsabilità sociale di impresa, il welfare e le buone pratiche imprenditoriali verso la società rientrano nelle azioni che comunque sottostanno al profitto e alla disponibilità economica. Per quanto ci riguarda riteniamo di avere investito tanto nel nostro territorio evitando di spendere denaro in pubblicità. Queste energie non sono spese inutilmente, ma anzi, in una decina d’anni abbiamo il ritorno dell’investimento grazie anche all’intervento della fiscalità dell’impresa. Da non sottovalutare le conseguenze positive a cascata che seguono un investimento in favore della collettività: il nostro impegno nella salvaguardia dell’ambiente con la bonifica di 2 km del fiume che bagna il nostro sito, ci ha portato ad essere presenti all’Expo senza che noi ne facessimo richiesta risparmiando una cifra considerevole. Dalla bonifica del fiume ne è nata anche una concessione demaniale che porta alla produzione da parte nostra di energia idroelettrica che ci ripaga velocemente dell’investimento fatto.
  • 4. Master in Risorse Umane e Organizzazione 2014-2015 II Project Work Intervista a cura di: • Valeria Sarobba • Claudio Grippi • Stefano Zullo -> www.istud.it Business School La nostra carta dei valori del ’92 ci serve per selezionare le persone capendo se i valori della persona sono compatibili con noi e veritieri. Andiamo a capire, basandoci su quattro virtù cardinali, se la persona, oltre alle proprie capacità, è dotata dell’aspetto caratteriale che spinge me imprenditore a riporre nel ragazzo appena entrato la propria fiducia. Il rapporto di valutazione non è assolutamente univoco anche perché la nostra rete non è gerarchica ma è formata da nodi di conoscenza che dialogano alla pari. La nostra attenzione alle persone riguarda anche i clienti che invitiamo continuamente qui a toccare con mano ciò che raccontiamo. La bellezza che c’è qui e l’armonia vengono recepite appena si entra in contatto col nostro mondo e i clienti, che mettiamo al centro di tutto, ci raccontano di rimanere stupiti di ciò che vedono. E’ per questo motivo che vogliamo essere sempre più aperti e integrati”.