La coltura del grano saraceno tra tradizione
e presente in Valtellina
Le tipicità sono determinate dall’insieme delle caratteristiche di un luogo e dagli adattamenti che l’uomo ha operato in esso.
le nostre piante economiche ve ne sono poche che diano al paesaggio una nota più lieta; le campagne coperte di grano saraceno assomigliano ad un vasto giardino di fiori bianchi e rosati, o variegati di verde, di rosso, di bianco, riuniti in diversi ciuffi sul sommo degli steli”.
– V. Giacomini -1955-”E noi pure raccogliamo la stessa impressione percorrendo d’autunno alcuni tratti della Valtellina, del Poschavino, dell’Alto Adige, e di altre valli alpine, dove biancheggiano vaste fioriture di Saraceno su tanta parte dei fianchi delle montagne.”
Feeding the City: Production, Representation and Engagement
Symposium - Siena, 25th June
Introductory Panel
Sustainability in Tuscany: a modern for an ancient story?
Feeding the City: Production, Representation and Engagement
Symposium - Siena, 25th June
Introductory Panel
Sustainability in Tuscany: a modern for an ancient story?
Fiume Olona, Mulini, Corti Storiche a Pogliano MilaneseIniziativa 21058
IL FIUME OLONA, I MULINI E LE CORTI STORICHE
L’ACQUA: UNA RISORSA PER POGLIANO MILANESE
In questo breve escursus sulla vita poglianese
e sulle sue architetture tipiche, i cortili e i mulini,
spero di aver dato uno scorcio importante del
nostro paese che si è realizzato attraverso
la fatica del lavoro e il senso di comunità,
che si raccoglieva nei momenti di gioia e
di dolore,come su due colonne portanti si
costruisce un edificio.
Spero che questo lavoro porti anche la voglia
e la gioia di altri approfondimenti e soprattutto
serva agli abitanti del paese a valorizzare e a
“voler bene” al loro paese.
Tesi di Giorgio Bassetti
http://www.poglianomilanese.org/homepage/docs/pdf/fiume_Olona_mulini_cortiStoriche.pdf
Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di bresciaMarco Garoffolo
In passato, l’importante ruolo svolto dalla coltivazione dei cereali minori (orzo, segale, grano saraceno, frumento ecc.) in zone di montagna - nel rifornimento di farine per il sostentamento delle popolazioni alpine - ha garantito per molti anni la gestione del
territorio. Le colture minori sono specie “antiche”, che hanno avuto un ruolo fondamentale nella storia dell’alimentazione umana, oltre a occupare una posizione strategica
nell’origine delle attuali forme coltivate. Purtroppo, dopo gli anni Cinquanta, la coltivazione dei cereali minori nelle zone di montagna è progressivamente calata, lasciando
spazio a colture più remunerative o, peggio ancora, all’abbandono. Tale evoluzione ha portato un cambiamento del paesaggio: là dove i campi sono pianeggianti sono
stati mantenuti a seminativo o a prato stabile; ma dove le caratteristiche pedologiche e strutturali (terreni poco fertili e con molto scheletro, pendenza elevata, difficoltà di accesso,
appezzamenti poco meccanizzabili) il terreno una volta seminato a segale o frumento ha lasciato il posto al rimboschimento delle superfici. Questo ha comportato un abbassamento della diversificazione visiva del paesaggio, con un impoverimento della
biodiversità vegetale e animale. I cereali minori possono essere definiti come piante rustiche, tolleranti a stress ambientali,
capaci di dare una produzione economicamente valida anche in condizioni di modesta fertilità del terreno. Hanno spesso pregevoli caratteristiche qualitative e nutrizionali, che ne fanno ingredienti principali in preparazioni dietetiche e salutistiche, in gradevoli
preparazioni culinarie attorno alle quali si muovono tradizioni popolari e usanze.
http://www.saporidivallecamonica.it/uploads/docs/512b37a2aade4.pdf
http://bit.ly/RESISTENZA_VENETO_STRAGE_COMANDANTI_LAICI_CARISMATICI
Audio video recente, con una prospettiva inedita sulla storia della resistenza locale
https://www.slideshare.net/sergiobernardi/presentations
Tutte le mie pubblicazioni su temi storici ed ambientali locali, sulle rive del Muson (TV)
Una prospettiva concentrata sull’antropizzazione del territorio
I nostri antenati erano molto poveri, difficilmente potremo trovare nuovi insediamenti con reperti preziosi, ovvero durevoli.
Ma l’archeologia può progredire con altri metodi; i nostri avi ci parlano con “picco e paea”, basta essere attenti al loro linguaggio.
Ho provato ad utilizzare google earth per rivisitare le mie zone, evidenziando alcuni interventi umani sul paesaggio naturale.
Sull’abnorme ”ignoranza” di molti veneti ho una mia ipotesi.
La dominazione romana ha prodotto un effetto globalizzante molto simile a quello moderno dove usiamo, molto a sproposito e con pessimo gusto, solo termini inglesi per qualsiasi nuova definizione.
Il provincialismo, l’abdicazione alla propria identità, è proseguito poi per tutta la nostra storia, raggiungendo il parossismo con il risorgimento ed il fascismo.
Ma la cultura veneta ha comunque qualche tara particolarmente grave.
Penso alla sua reazione al lavaggio di cervello operato dall’insigne storico Umberto Bossi, che ci ha rivelato la nostra identità di celti.
Poche voci autorevoli si sono fatte sentire per ridicolizzarlo.
In compenso, pensosi personaggi, travestiti da esperti, "accademici", si sono cimentati nel divulgare il verbo bossiano, producendo una non trascurabile quantità di spazzatura editoriale.
Transumanza fra Puglia e Abruzzi: Note StorichePortante Andrea
Presentazione realizzata durante la visita "Alle Radici della Transumanza", Sabato 24 Agosto 2013 organizzata dal Corpo Consolare del Touring Club Italiano (Lazio e Abruzzo).
Fiume Olona, Mulini, Corti Storiche a Pogliano MilaneseIniziativa 21058
IL FIUME OLONA, I MULINI E LE CORTI STORICHE
L’ACQUA: UNA RISORSA PER POGLIANO MILANESE
In questo breve escursus sulla vita poglianese
e sulle sue architetture tipiche, i cortili e i mulini,
spero di aver dato uno scorcio importante del
nostro paese che si è realizzato attraverso
la fatica del lavoro e il senso di comunità,
che si raccoglieva nei momenti di gioia e
di dolore,come su due colonne portanti si
costruisce un edificio.
Spero che questo lavoro porti anche la voglia
e la gioia di altri approfondimenti e soprattutto
serva agli abitanti del paese a valorizzare e a
“voler bene” al loro paese.
Tesi di Giorgio Bassetti
http://www.poglianomilanese.org/homepage/docs/pdf/fiume_Olona_mulini_cortiStoriche.pdf
Valorizzazione cereali minori di montagna in provincia di bresciaMarco Garoffolo
In passato, l’importante ruolo svolto dalla coltivazione dei cereali minori (orzo, segale, grano saraceno, frumento ecc.) in zone di montagna - nel rifornimento di farine per il sostentamento delle popolazioni alpine - ha garantito per molti anni la gestione del
territorio. Le colture minori sono specie “antiche”, che hanno avuto un ruolo fondamentale nella storia dell’alimentazione umana, oltre a occupare una posizione strategica
nell’origine delle attuali forme coltivate. Purtroppo, dopo gli anni Cinquanta, la coltivazione dei cereali minori nelle zone di montagna è progressivamente calata, lasciando
spazio a colture più remunerative o, peggio ancora, all’abbandono. Tale evoluzione ha portato un cambiamento del paesaggio: là dove i campi sono pianeggianti sono
stati mantenuti a seminativo o a prato stabile; ma dove le caratteristiche pedologiche e strutturali (terreni poco fertili e con molto scheletro, pendenza elevata, difficoltà di accesso,
appezzamenti poco meccanizzabili) il terreno una volta seminato a segale o frumento ha lasciato il posto al rimboschimento delle superfici. Questo ha comportato un abbassamento della diversificazione visiva del paesaggio, con un impoverimento della
biodiversità vegetale e animale. I cereali minori possono essere definiti come piante rustiche, tolleranti a stress ambientali,
capaci di dare una produzione economicamente valida anche in condizioni di modesta fertilità del terreno. Hanno spesso pregevoli caratteristiche qualitative e nutrizionali, che ne fanno ingredienti principali in preparazioni dietetiche e salutistiche, in gradevoli
preparazioni culinarie attorno alle quali si muovono tradizioni popolari e usanze.
http://www.saporidivallecamonica.it/uploads/docs/512b37a2aade4.pdf
http://bit.ly/RESISTENZA_VENETO_STRAGE_COMANDANTI_LAICI_CARISMATICI
Audio video recente, con una prospettiva inedita sulla storia della resistenza locale
https://www.slideshare.net/sergiobernardi/presentations
Tutte le mie pubblicazioni su temi storici ed ambientali locali, sulle rive del Muson (TV)
Una prospettiva concentrata sull’antropizzazione del territorio
I nostri antenati erano molto poveri, difficilmente potremo trovare nuovi insediamenti con reperti preziosi, ovvero durevoli.
Ma l’archeologia può progredire con altri metodi; i nostri avi ci parlano con “picco e paea”, basta essere attenti al loro linguaggio.
Ho provato ad utilizzare google earth per rivisitare le mie zone, evidenziando alcuni interventi umani sul paesaggio naturale.
Sull’abnorme ”ignoranza” di molti veneti ho una mia ipotesi.
La dominazione romana ha prodotto un effetto globalizzante molto simile a quello moderno dove usiamo, molto a sproposito e con pessimo gusto, solo termini inglesi per qualsiasi nuova definizione.
Il provincialismo, l’abdicazione alla propria identità, è proseguito poi per tutta la nostra storia, raggiungendo il parossismo con il risorgimento ed il fascismo.
Ma la cultura veneta ha comunque qualche tara particolarmente grave.
Penso alla sua reazione al lavaggio di cervello operato dall’insigne storico Umberto Bossi, che ci ha rivelato la nostra identità di celti.
Poche voci autorevoli si sono fatte sentire per ridicolizzarlo.
In compenso, pensosi personaggi, travestiti da esperti, "accademici", si sono cimentati nel divulgare il verbo bossiano, producendo una non trascurabile quantità di spazzatura editoriale.
Transumanza fra Puglia e Abruzzi: Note StorichePortante Andrea
Presentazione realizzata durante la visita "Alle Radici della Transumanza", Sabato 24 Agosto 2013 organizzata dal Corpo Consolare del Touring Club Italiano (Lazio e Abruzzo).
PROGETTAZIONE ED IMPLEMENTAZIONE DI STRUMENTI PER LA VALUTAZIONE DI RETI COMP...Marco Garoffolo
Tesi Cirnigliaro Giulio su Progettazione Ed Implementazione Di Strumenti Per La Valutazione Di Reti Complesse Con Proprietà Scale-free.
Barabasi Albert
Interazione, innovazione e collaborazione sono i principi base della Social Innovation, sapientemente riproposti e rielaborati all’interno del testo Il libro bianco dell’innovazione sociale scritto da Robin Murray, Julie Caulier Grice e Geoff Mulgan e curato per l’edizione italiana da Alex Giordano e Adam Arvidsson.
Con un chiaro approccio realistico, dimenticando le teorie e le formule da manuale, il testo vi propone nient’altro che un’attenta e cosciente osservazione dei meccanismi odierni, filtrando il tutto con un forte senso critico volto alla praticità delle soluzioni.
Non si tratta dunque di rimpastare modelli passati e pochi affini alle attuali dinamiche socio- economiche, ma si tratta di una chiara esortazione all’impiego delle risorse di cui noi tutti siamo detentori: dalla sfida per la riduzione delle emissioni di Co2, alla lotta alla povertà fino alla salvaguardia per la salute delle persone.
Murray, Grice e Geoff dalle pagine dell’opera definiscono la Social Innovation come un fenomeno che parte dal basso, dalla società moderna virata dalla spinta dirompente della nuova generazione, fatta di giovani caparbi ed entusiasti, pronti a mettersi in gioco . La Social Innovation dunque è un fenomeno irruente e spontaneo che non impone soluzioni astratte ma nuove e concrete possibilità per il miglioramento degli obiettivi mondiali. Dopo il crollo dei vecchi dogmi sociali , divenuti ormai obsoleti, la società mondiale si è trovata a fare i conti con una repentina decadenza dell’intero apparato socio- economico. Per effetto domino, ciò ha portato ad un consequenziale compromissione del lineare andamento del mercato, ad un incremento vertiginoso dei costi e infine alla necessità di reinventarsi.
La sfida che lancia la Social Innovation è quella di riprendersi gli spazi e di attribuirgli nuovi segmenti di esistenza, rielaborando i vecchi modelli.
Fonte http://www.societing.org/wp-content/uploads/Open-Book.pdf
Comunicazione, Potere e Contropotere nella network societyMarco Garoffolo
Il presente articolo formula una serie di fondate ipotesi sull’interazione tra comunicazione e
rapporti di potere nel contesto tecnologico che caratterizza la network society, o “società in rete”.
Partendo da un corpus selezionato di studi sulla comunicazione e da una serie di case study ed
esempi, si giunge alla conclusione che i media siano divenuti lo spazio sociale ove il potere viene
deliberato. Mostrando il legame diretto tra politica, politica dei media, politica dello scandalo e crisi
della legittimità politica in una prospettiva globale. E avanzando l’idea che lo sviluppo di reti di
comunicazione interattiva orizzontale ha favorito l’affermazione di una nuova forma di
comunicazione, la mass self-communication (comunicazione individuale di massa), attraverso
Internet e le reti di comunicazione wireless. In un tale contesto, politiche insurrezionali e
movimenti sociali sono in grado di intervenire con maggiore efficacia nel nuovo spazio di
comunicazione. Sul quale, però, hanno investito anche i media ufficiali o corporate media e la
politica mainstream. Tutto ciò si è tradotto nella convergenza tra mass media e reti di
comunicazione orizzontale. E, più in generale, in uno storico spostamento della sfera pubblica
dall’universo istituzionale al nuovo spazio di comunicazione.
Fonte http://www.caffeeuropa.it/socinrete/castells.pdf
Non è facile immaginare una società in cui l'organizzazione industriale sia equilibrata e compensata da modi di produzione complementari, distinti e ad alto rendimento. Siamo talmente deformati dalle abitudini industriali che non osiamo più scrutare il campo del possibile, e l'idea di rinunciare alla produzione di massa di tutti gli articoli e servizi è per noi come un ritorno alle catene del passato o al mito del buon selvaggio. Ma se vogliamo ampliare il nostro angolo di visuale, adeguandolo alle dimensioni della realtà, dobbiamo ammettere che non esiste un unico modo di utilizzare le scoperte scientifiche, ma per lo meno due, tra loro antinomici.
C'è un uso della scoperta che conduce alla specializzazione dei compiti, alla istituzionalizzazione dei valori, alla centralizzazione del potere: l'uomo diviene l'accessorio della megamacchina, un ingranaggio della burocrazia. Ma c'è un secondo modo di mettere a frutto I invenzione, che accresce il potere e il sapere di ognuno, consentendo a ognuno di esercitare la propria creatività senza per questo negare lo stesso spazio d'iniziativa e di produttività agli altri.
Se vogliamo poter dire qualcosa sul mondo futuro, disegnare i contorni di una società a venire che non sia iperindustriale, dobbiamo riconoscere l'esistenza di scale e limiti naturali. L'equilibrio della vita si dispiega in varie dimensioni; fragile e complesso, non oltrepassa certi limiti. Esistono delle soglie che non si possono superare. La macchina non ha soppresso la schiavitù umana, ma le ha dato una diversa configurazione. Infatti, superato il limite, lo strumento da servitore diviene despota. Oltrepassata la soglia, la società diventa scuola, ospedale, prigione, e comincia la grande reclusione. Occorre individuare esattamente dove si trova, per ogni componente dell'equilibrio globale, questo limite critico. Sarà allora possibile articolare in modo nuovo la millenaria triade dell'uomo, dello strumento e della società. Chiamo società conviviale una società in cui lo strumento moderno sia utilizzabile dalla persona integrata con la collettività, e non riservato a un corpo di specialisti che lo tiene sotto il proprio controllo. Conviviale è la società in cui prevale la possibilità per ciascuno di usare lo strumento per realizzare le proprie intenzioni.
Fonte http://periferiesurbanes.org/wp-content/uploads/2010/08/La-Convivialit%C3%A0.pdf
A RFID web-based infotracing system for the artisanal Italian cheese quality ...Marco Garoffolo
The aim of this study is the integration of an electronic tracing system with a non-destructive quality analysis system for single product of a typical Italian cheese, prepared with buffalo milk and called “Caciottina massaggiata di Amaseno”, a typical diary product of Lazio Region. The tracing and quality information are combined on a web platform to obtain a complete procedure to develop what we define as an “infotracing system”. Quality analyses (chemical, sensorial and spectrophotometric) were carried out on a total of 23 cheese wheels (8 with TAGs) and for three cheese maturation classes (3, 6 or 9 months after production). Two typologies of RFID tags were tested. Results were screened by Partial Least Squares regressions (PLS) on reflectance values for the prediction of chemical content, while classifica- tion of cheese maturation classes (3, 6 or 9 months) was carried out by Partial Least Squares Discriminant Analysis (PLSDA) on reflectance values. The RFID system turned out as effective, reliable and compatible with the production process tool. A good estimation of maturation degree by spectral and chemical analysis was obtained. Moreover an infotracing web-based system was designed to acquire and link basic information that can be made available to the final consumer or to different food chain actors before or after purchasing, using the RFID code to identify the single and specific cheese product. The projected web-based tracing system could improve the products commerce by increasing the information trans- parency for the consumer.
Con un fatturato di oltre 43 miliardi di euro nel 2013, l’Italia è la terza potenza agricola dell’Unione Europa. A dirlo è Eurostat, che ha da poco diffuso l’edizione 2015 del dossier “Agriculture, forestry and fishery statistics”, un rapporto che descrive non solo la produzione agricola, ma anche l’allevamento, la diffusione delle coltivazioni biologiche e l’inquinamento prodotto da questi settori.
Sul fronte del fatturato a primeggiare è la Francia, che nel 2013 ha sfiorato i 57 miliardi di euro, quindi c’è la Germania con 46,2 miliardi e, come detto, l’Italia. È però interessante notare come siano stati raggiunti questi risultati: Parigi e Berlino, infatti, ci sono arrivati coltivando una superficie maggiore di territorio rispetto a quello italiano e dando lavoro a meno persone. In Francia sono destinati a coltivazione e pascolo qualcosa come 27,7 milioni di ettari di territorio, il dato più alto di tutta l’Unione, sui quali lavorano 725mila persone. Mentre sono 523mila i “contadini” tedeschi, che coltivano una superficie pari a poco meno di 17 milioni di ettari. Tra Trento e Palermo, invece, sono 12 milioni gli ettari utilizzati in agricoltura. E gli occupati raggiungono quota 817mila, il terzo valore più alto dell’UE dopo quelli di Polonia e Romania.
L’industria dei brevetti sta prendendo il controllo sul nostro cibo?Marco Garoffolo
L'industria dei brevetti svende il futuro del nostro cibo!
http://www.semirurali.net/modul…/wfdownloads/singlefile.php…
Per chi lo avesse perso l'anno scorso la Rete Semi Rurali ha tradotto in italiano il rapporto sui brevetti che concernono le sementi a cura della coalizione internazionale No patents on Seeds! Lo spunto per il rapporto nasce dal fatto che l'Epo -Ufficio Europeo per i Brevetti- ha concesso migliaia di brevetti su vegetali e sementi, con un numero crescente di brevetti concessi su piante e sementi ottenuti con metodi di miglioramento genetico convenzionali. Dagli anni '80, in Europa, sono stati concessi 2.400 brevetti su vegetali e 1.400 brevetti su animali. 7.500 brevetti su vegetali e 5.000 su animali sono in attesa di concessione. L'Epo ha già concesso più di 120 brevetti su vegetali ottenuti con metodi convenzionali di miglioramento genetico e circa 1000 altre richieste sono in attesa di concessione. Spesso la portata di questi brevetti è molto ampia e prende in considerazione intere filiere, dalla produzione al consumo.
Milano ha finalmente la sua Food Policy alla cui elaborazione anche tu hai contribuito!
Nella seduta del 5 ottobre scorso il Consiglio Comunale ha infatti approvato il Milan Urban Food Policy Pact e le Linee di Indirizzo della Food Policy di Milano 2015-2020
Il documento individua 4 aree prioritarie emerse nel corso del processo di consultazione della Food Policy:
1) Garantire cibo sano per tutti
2) Promuovere la sostenibilità del sistema alimentare
3) Educare al cibo
4) Lottare contro gli sprechi.
Per ognuna di queste priorità il documento suggerisce una serie di azioni concrete, tra queste favorire l'accesso al cibo sano e all'acqua potabile anche alle fasce più deboli, promuovere l'agricoltura urbana e il cibo locale, sostenere le filiere alimentari corte, aumentare la consapevolezza sugli sprechi con campagne mirate.
Per favorire la diffusione di queste linee di indirizzo il piano istituisce il Consiglio Metropolitano del Cibo, lo strumento attraverso il quale continuare a coinvolgere gli attori del sistema alimentare di Milano e i cittadini sui progetti della Food Policy.
Il testo della delibera è disponibile sul sito della Food Policy di Milano a questo link
Il Consiglio comunale ha anche approvato il Milan Urban Food Policy Pact che sarà firmato da più di 100 città il 15 ottobre prossimo e presentato il 16 ottobre al Segretario generale delle Nazioni Unite, Ban Ki -moon .
Con questo, e rimandandovi alle future comunicazioni in merito alla Food Policy, cogliamo anche l'occasione per invitarvi al "Feeding the 5000" il pranzo per 5000 persone cucinato con cibo recuperato che avrà luogo Sabato 17 ottobre dalle 12,00 alle 15,00 in Piazza Castello, con il fine di sensibilizzare la popolazione alla lotta contro gli sprechi alimentari.
fonte
http://www.foodpolicymilano.org/wp-content/uploads/2015/10/CC-n.-25-del-5.10.2015.pdf
Dal Centro Nuovo Modello di Sviluppo un dossier, realizzato con la collaborazione grafica di Andrea Rosellini e Margherita Brunori, che ricostruisce con efficacissime infografiche la storia dei cibi che finiscono nei nostri piatti e soprattutto svela quali sono le multinazionali che gestiscono il nostri alimenti interessandosi non certo di salute, qualità, ambiente e meno che mai di sovranità alimentare, ma solo ed esclusivamente badando al loro profitto.
Fonte http://expodeipopoli.it/wp-content/uploads/2015/07/i_padroni_del_nostro_ciboalta.pdf
Rapporto Coop 2015
Potremmo abbozzare il titolo del film prendendo in prestito un tema caro ai sociologi: «La fine del ceto medio». Superando definitivamente la «cetomedizzazione» della società, definizione cara a Giuseppe De Rita che negli anni Novanta la coniò per descrivere la crescita di una piccola borghesia del nord-est basata sulla «fabbrichetta» con simpatie leghiste. Nel tradizionale rapporto Coop sui consumi, diffuso oggi a Milano, emerge uno spaccato sociale interessante perché s’intravede per la prima volta un’Italia dinamica dopo sette anni di Grande Crisi seppur estremamente polarizzata su diverse dicotomie: giovani-vecchi, nord-sud, occupati-disoccupati, uomini-donne. Presto per parlare di scenario sudamericano dove le differenze si acuiscono invece che ridursi grazie allo Stato sociale, eppure la tendenza dei consumi rileva come la spesa al carrello diminuisce nonostante una clamorosa flessione dei prezzi al dettaglio operata da tutti i marchi della grande distribuzione. La cartina di tornasole della sparizione del ceto medio sta tutta nel declino del modello dell’ipermercato: store con grandi metrature all’interno di grossi centri commerciali nella cosiddetta cintura urbana....
Fonte
http://www.corriere.it/economia/15_settembre_03/ecco-l-italia-bipolare-consumi-singhiozzo-db924372-5234-11e5-aea2-071d869373e1.shtml
Exploring the production capacity of rooftop gardens (RTGs) in urban agricult...Marco Garoffolo
Exploring the production capacity of rooftop gardens (RTGs)
in urban agriculture: the potential impact on food and nutrition
security, biodiversity and other ecosystem services
in the city of Bologna
Francesco Orsini & Daniela Gasperi & Livia Marchetti &
Chiara Piovene & Stefano Draghetti & Solange Ramazzotti &
Giovanni Bazzocchi & Giorgio Gianquinto
This document provides an introduction to Alexander Chayanov's book "The Theory of Peasant Co-operatives". It summarizes that Chayanov predicted aspects of Stalin's collectivization program and offered an alternative model of agricultural development based on peasant co-operatives. The book argues that different forms of farming organization need to be combined for co-operatives to succeed. Although written in the 1920s, the concepts are still relevant today for discussions around smallholders, informal economies, and Soviet agricultural restructuring.
This document discusses alternative trade networks and social movements in the food sector. It argues that alternative networks, like organic, fair trade, and local food networks, aim to change power relationships in society by introducing social and environmental values into business. These networks empower participants by reducing costs and risks as the networks develop closed feedback loops and routines between producers, consumers, retailers and other actors. The networks gain power as they become "black boxes" represented by shared symbols like labels. Once established, the networks can either integrate further into conventional systems or help launch new alternative networks, influencing the dominant economic logic.
n che modo consumatori
consapevoli possono
contribuire allo sviluppo
sostenibile?
Un’analisi a partire dal
consumo alimentare.
Gianluca Brunori, Adanella Rossi,
Francesca Guidi, Alessandra Lari
This document discusses different approaches to marketing, including conventional, post-modern, cognitive, and radical marketing. It proposes that a "radical marketing" approach is needed to account for changing relationships between producers and consumers in alternative agrifood networks (AAFNs). The document uses a case study of a Slow Food presidium that helped valorize raw sheep milk cheese in Italy. Through building producer and consumer networks, the presidium was able to commercially succeed despite initial health authority concerns, demonstrating elements of a radical marketing approach aimed at social transformation rather than just satisfying existing consumer needs.
1. La coltura del grano saraceno tra tradizione
e presente in Valtellina
Dottoressa Giancarla Maestroni
Teglio
Le tipicità sono determinate dall’insieme delle caratteristiche di un
luogo e dagli adattamenti che l’uomo ha operato in esso.
Le caratteristiche fisiche del territorio valtellinese non hanno presentato elementi
favorevoli all’insediamento umano. Infatti a partire dal fondovalle dell’Adda, il forte
dislivello tra questo e i più comodi terrazzi in quota, in condizioni climatiche stagionali
avverse, ha determinato in passato l’isolamento delle sedi umane.
La stessa morfologia delle valli laterali con versanti ripidi, difficilmente sfruttabili, sono
tutti elementi che hanno offerto più difficoltà che vantaggi allo stanziamento umano.
Le coltivazioni, sul versante retico favorite dalla naturale esposizione soliva, si sono
sviluppate grazie all’opera ciclopica dei contadini. Occorre infatti ricordare che la terra
coltivabile fu portata su dal basso a spalle e consolidata mediante la costruzione di
muretti a secco, andando così a costituire i tipici terrazzamenti che ancora oggi si
possono ammirare.
In passato era diffusa la pratica, corrispondente alla logica dello sfruttamento
massimo del terreno coltivabile, di seminare il grano saraceno fra i filari della vite.
Le descritte condizioni ambientali sfavorevoli sono del resto testimoniate dalla
espressione “Incidimus in mala tempora” (trad.: Viviamo in tempi avversi) nelle
Memorie (1813-1836) di G.Lavizzari, ove si riferisce che l’8 ottobre 1814 la brina
caduta comportò la totale distruzione del formentone coltivato tra i filari più alti.
A documentare quanto fossero temute le incursioni improvvise, tra settembre/
ottobre, di brine e gelate che allettavano le coltivazioni di saraceno e ne impedivano il
raccolto troviamo un’altra “Cronaca”del Bormiese (1762-1787) di G.A.Zamboni.
Ci riferisce l’autore che nel 1764, dopo uno scarso raccolto di segale, seminato
il formentone e vista la bella fioritura a settembre si sperava in un buon raccolto, ma
una “grande borasca” di freddo rigoroso con brine e gelo provocarono “il più danno si
fu delli formentoni ch’ erano alla montagna”.
Fino a qualche decennio fa, in agosto e settembre le fioriture bianco rosate della
coltura del formentone – termine più in uso a livello locale di quello di grano saraceno
– ricoprivano la sponda retica della Valtellina e costituivano un elemento pittoresco del
suo paesaggio.
2. A PROPOSITO DI FIORITURE DI QUESTA POLIGONACEA COSÌ SI
ESPRESSERO ALCUNI IMPORTANTI BOTANICI:
- Haller 1742...”Sub extremum autumnum eleganti florum spectaculo
agros exhilarat” (“al termine dell’autunno questo grano allieta i campi con
l’elegante spettaccolo della sua fioritura”)
– Poiret nella sua Storia delle piante d’Europa (1827) che:
“Tra le nostre piante economiche ve ne sono poche che diano al paesaggio una
nota più lieta; le campagne coperte di grano saraceno assomigliano ad un vasto
giardino di fiori bianchi e rosati, o variegati di verde, di rosso, di bianco,
riuniti in diversi ciuffi sul sommo degli steli”.
– V. Giacomini -1955-”E noi pure raccogliamo la stessa impressione
percorrendo d’autunno alcuni tratti della Valtellina, del Poschavino, dell’Alto
Adige, e di altre valli alpine, dove biancheggiano vaste fioriture di Saraceno su
tanta parte dei fianchi delle montagne.”
Ma l’aspetto estetico di questa pianta erbacea non è il solo elemento significativo,
visto che essa per quasi cinque secoli ha rappresentato una fonte di sostentamento
per le popolazioni montane .
La presenza abbondante in Europa centrale, e specialmente in Germania
settentrionale, già nel sec.XV, supporta l’ipotesi che la principale via di diffusione sia
stata l’Asia, attraverso le vie comunemente percorse dai Mongoli.
Secondo gli studi del botanico italianoV. Giacomini non ci sono notizie sulla presenza di
coltivazione del saraceno antecedenti al ‘400. Il primo documento ove se ne fa
menzione – segnalato dal Pritzel – risale al 1436: si tratta di un registro proveniente
dalla zona di Gadebusch, in Mecklemburgo, che tra gli altri prodotti agricoli contiene
un riferimento al “Bukweten” (termine antico tedesco del saraceno).
Anche l’ipotesi della sua introduzione agli inizi del XVI Sec. attraverso il porto
di Venezia, ove affluivano tante derrate dal vicino Oriente, appare altrettanto
verosimile, soprattutto se si considera che il “formentone” risulta conosciuto
nel Veneto abbastanza anticamente.
Ne riferisce tra i primi, nella metà del Cinquecento, Pietro Andrea Mattioli, studioso e
medico della Signora di Cles, ne “I Discorsi”, opera pubblicata in Venezia nel 1568.
L’opera del Mattioli viene segnalata anche da Luigi Messedaglia, attento studioso della
storia dell’agricoltura nel nostro Paese, che riferisce tra l’altro come solo dopo il 1630
il mais cominciò a diventare comune in Lombardia, mentre “i contadini delle zone più
alte della Lombardia usavano allora per le polente, oltre che i soliti vecchi cereali, uno
arrivato relativamente tardi, ossia il grano saraceno”.
Un alimento popolare, legato all’economia di sussistenza del mondo contadino,
tanto da essere definito dal Messedaglia “A proposito di grano saraceno e polenta -
Note manzoniane” (Milano, 1931) il “grano dei famelichi”.
Infatti, in un passo dei Promessi Sposi (capitolo VI) si racconta di Renzo, che,
alla ricerca di Tonio, “lo trovò con un ginocchio sullo scalino del focolare, e tenendo
con una mano, l’orlo di un paiolo ... dimenava, col mattarello ricurvo, una piccola
polenta bigia, di gran saraceno”. Secondo il Messedaglia, “la scena è del 1628, il mais
in Lombardia allora non era usato, come il Manzoni sapeva benissimo.
Ma era conosciuto da un secolo e più, il grano saraceno, che nella zona collinosa
e montana serviva all’alimentazione dei contadini: solo dopo l’anno della peste e della
fame, 1630, il mais cominciò a diventare comune in Lombardia, e ad entrare
nell’alimentazione delle classi rurali”.
3. INTRODUZIONE DEL SARACENO NEL TERRITORIO VALTELLINESE
Date le comunicazioni con il Trentino e la Svizzera è possibile che nell’Alta
Valtellina già da tempo ci fosse stato un qualche tentativo di coltivazione, ma
è solo tra la fine ‘600 inizio ‘700 che la coltivazione si afferma e se ne trova
riscontro nei documenti.
Fonti documentali
La prima testimonianza scritta risale al 1616, anno in cui Giovanni Guler Von Weinech,
governatore grigionese della Valle dell’Adda, stila una relazione sui principali prodotti
della cosiddetta valle nel Terziere di Mezzo.
Fin dalla comparsa nella valle dell’Adda, nei rari documenti a partire dalla
seconda metà del XVII sec. i termini riferiti al grano saraceno sono formentone o
fraina (Furmentùn nel dialetto locale).
Formentone è voce accrescitiva del comune frumento, quasi a sottolineare
la diversità di questo grano atipico.
In proposito, è interessante notare come nelle voci Heiden e Heidekorn, usati
da due autori elvetici , G. GULER(1616)e H.L.Lehmann(1797) si riassumano due
distinti ambiti semantici che richiamano l’origine esotica. L’ambiente naturale:
la brughiera stepposa, (die) Heide–korn (grano della steppa); Heiden (= etnici Pagani)
per indicare i non cristiani; dunque equivalente al nostro grano saraceno.
Viene in tal modo posto l’accento sulla lontana provenienza di questo vegetale,
esotico rispetto al mondo germanico, portato da oriente ove era coltivato
diffusamente presso gente “heiden”, cioè non cristiana.
In un atto datato 14 agosto 1654 sui “Beni Incantati al Signor Paulo Besta” a cura del
notaio Faij Pietro, viene nominato in forma abbreviata il “form.ne”, coltivato nel campo
“in la Della, acquistato dalli signori De Bernardini” (Carta 40, atto not. Faij Pietro,
anno 1653-1654, Teglio 5004 - Archivio di Stato di Sondrio).” Le Delle “è la
denominazione di una località di Teglio ancora oggi agricola.
Il documento riveste un certo interesse, in quanto attesta l’esistenza della coltivazione
a Teglio in quel periodo. Momento storico cruciale per la comunità valtellinese, travolta
dalle guerre di religione tra cattolici e protestanti e percorsa da frequenti carestie e
pestilenze durante la prima fase di dominio dei Grigioni.
Tuttavia le condizioni critiche in cui versavano le comunità rurali si protrarranno
fino al nuovo assetto geopolitico disegnato dalle conquiste napoleoniche prima e dalla
Restaurazione poi. Le trasformazioni economiche dell’età moderna, connesse in special
modo alla crescente diffusione della viticoltura e alle conseguenti difficoltà di
approvvigionamento dei cereali, avevano in questa fase imposto la necessità di
ricorrere alle colture alternative del grano saraceno e del mais. La diffusione delle
colture di grano saraceno ebbe inevitabili conseguenze sulle abitudini alimentari della
popolazione valtellinese e, in particolare, della massa dei contadini.
L’utilizzazione dei prodotti (cereali) di importazione era prevista solo in funzione di
integrazione, nei periodi durante i quali la produzione locale non era sufficiente.
Pertanto, il modello di sistema alimentare era basato sull’autoconsumo. Per supplire
parzialmente al grave disagio derivante dalla carenza di granaglie, fu inizialmente
istituita in alcune comunità della Valtellina (Ponte, Teglio, Montagna, Sondalo, Dazio e
Talamona) una sorta di Monti di Pietà agrari, che prestavano, a tassi di interesse assai
diversi, limitate quantità di cereali nella stagione invernale o primaverile, per
ottenerne la restituzione a raccolto avvenuto. In questi casi il grano saraceno,
coltivato in seconda turnazione, serviva almeno in parte ad affrontare la carestia.
Da un documento d’archivio, il Bilancio del grano del Sacro Monte di Pietà di
Sondrio cominciando dall’Anno 1730, a tutto l’anno 1760 risultano l’entrata e
4. l’uscita di formenturco, formentone, turco, segale e miglio.
INTERESSANTE NOTARE COME DALLE “TARIFFE DEL DAZIO DELLE ECCELSE TRE
LEGHE CHE SI SCODE NELLA VALTELINA”-1710-IL FORMENTONE È SOGGETTO AD
UNA TASSAZIONE INFERIORE RISPETTO LE ALTRE GRANAGLIE. ( LA VALTELLINA E’
SUDDITA DEI GRIGIONI DAL 1512 AL 1797)
*Soma: unità di misura usata prima dell’introduzione del S.M.D., che
localmente equivaleva a 144 litri/28staia/140 chilogrammi circa.
LA DIETA DEL CONTADINO
Nella relazione di un medico di Teglio del 1798, Bartolomeo Besta, sono riportate le
pietanze principali della dieta del contadino, tutte aventi come ingrediente
fondamentale il grano saraceno: “... Nella loro varietà i piatti forniti
dalla farina di fagopiro (Fagopyrum Sagittatum) forniscono il cibo di magro
preferito dal devoto benestante, e la pietanza di invito del contadino”.
La speciale pietanza per entrambi era rappresentata o da grossolane tagliatelle
dette pizzoccheri, bollite nell’acqua con ortaggi (verze e, a partire dall’inizio
dell’Ottocento, patate) e poi scolate e condite con buona dose di cacio e
butirro (burro), oppure dalla polenta.
Ad ogni modo, è nel corso del Settecento che i piatti tradizionali assunsero
una forma simile a quella odierna, attraverso la preparazione di polente più
sostanziose e soprattutto della pietanza simbolo della cucina valtellinese: i
“pizzoccheri di Teglio”, di cui si fa menzione per la prima volta in un atto
testamentario dell’epoca.
IL CONTRATTO DI LIVELLO
Per comprendere meglio le effettive condizioni di vita dei contadini in passato,
occorre infine menzionare brevemente l’importanza del contratto di livello.
Per molti versi simile all’enfiteusi, questo istituto consentiva di costituire un
diritto perpetuo su un fondo rustico (cedibile e trasmissibile agli eredi), in maniera che
il livellario aveva le stesse facoltà di godimento spettanti al proprietario, ma con due
obblighi specifici assai onerosi: 1) di apportare migliorie al fondo; 2) di corrispondere
al proprietario un canone periodico. In questo modo, il livellario assumeva l’impegno
di effettuare costosi e faticosi lavori (tra i quali, il riporto di terreno fertile).
Appare evidente come costi e fatiche non fossero adeguatamente compensati
dalla quota di prodotto di propria spettanza, il cui valore non era comunque
sufficiente per acquistare la quantità di cereali, in gran parte importati,
necessari all’alimentazione.
D’altro canto, nelle testimonianze di alcuni anziani del posto che hanno continuato
ininterrottamente la coltivazione , è ancora vivo il ricordo del “livel” e delle fatiche che
comportava l’assolvimento degli obblighi derivanti da questo contratto.
Interessante è il modo in cui conferivano i grani per la molitura : al molino si
portavano 5 stai (lo staio, nella misura locale, equivaleva a circa 5 Kg) alla
volta, che in base al consumo medio familiare DURAVA DA UN MESE A UN MESE E
MEZZO CIRCA.
LA SITUAZIONE ATTUALE
Il grano saraceno coltivato nelle nostre Valli, sulla sponda soliva, è andato
incontro a una drastica riduzione di superficie nel periodo successivo all’ultimo
conflitto mondiale.
In particolare, a partire da tale momento, viene introdotta una nuova e più
redditizia varietà della pianta, denominata localmente “furest”.
Le principali cause di simile fenomeno di progressivo rischio di scomparsa della
coltura tradizionale vanno ricondotte a: