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CONOSCERE IL BALDO – GARDA
I° CORSO DI FORMAZIONE PER ANIMATORI TURISTICI AMBIENTALI
6° INCONTRO: VENERDI’ 30 GENNAIO 2015
AMBIENTE E TRADIZIONI
RELATORE: PROF. GIORGIO VEDOVELLI
Tra le curiosità che si possono offrire al turista per fargli diventare più piacevole il
soggiorno è la visita al “Baloc tacà via”.
Questa è anche l’occasione per parlare dei “Catari”.
Per andare in questo luogo si va ad Assenza, si sale a Sommavilla, alla sommità della
Via de Loc si superano alcuni gradini in cemento si prosegue su una strada vecchia,
dopo una ventina di minuti si entra nella valle e si prosegue in una forra. Le forre
sono una caratteristica della costa lacustre veronese del Monte Baldo, sono delle
valli molto strette con le pareti alte interessate dalla glaciazione. In questa forra
troviamo questo “baloc”, praticamente è un masso che è rimasto incastrato e
impedisce di proseguire, praticamente per andare nella forra successiva bisogna
deviare prima di arrivare al baloc, questa è un’attrazione molto particolare e molti ci
vanno per vedere questa curiosità.
Si dice che queste forre hanno dato ospitalità ai “Catari”. I Catari facevano parte di
una setta eretica del 1200, venivano dalla Francia Meridionale, dalla zona Occitanica
della Francia (per approfondimenti vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Catarismo).
La persecuzione era religiosa ma anche politica, all’inizio i Vescovi ed il Papa
avevano cercato di tollerare questo movimento, poi è intervenuto anche il potere
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politico che li ha perseguitati in maniera pesante, in quegli anni si istituisce anche il
Tribunale dell’Inquisizione, è la prima forma di Inquisizione che abbiamo, questo per
una questione di potere perché i grossi feudatari del Sud della Francia facevano
ombra a quelli del Nord, fra l’altro il Sud della Francia aveva una lingua diversa, la
Lingua d’Oc mentre al Nord c’era la Lingua d’Oil, ancora adesso c’è una parte della
popolazione francese che parla l’Occitanico, ce ne sono anche in Italia, circa 200.000
nelle valli alpine del Cuneese che conoscono questa lingua Occitanica che è molto
interessante non solo per la lingua ma anche per questa cultura Occitanica canti,
tradizioni e tante altre cose che riguardano questa cultura.
Con Papa Innocenzo III, nel 1209 iniziò la persecuzione contro questi Catari, molto
fuggirono ed andarono in Italia e si stabilirono sulle rive Meridionali del Lago di
Garda. Questa setta era suddivisa in vari gradi e i perfetti, quelli che erano al
massimo grado di perfezione erano vegetariani e quando si spostavano dicevano
che lo facevano sempre alla ricerca di luoghi ricchi di pesce, si stabilirono quindi
soprattutto a Desenzano e a Sirmione e in altri paesi del Basso Lago, ce n’erano
parecchi quindi nel XIII Secolo sulle coste Meridionali del Lago di Garda. Fino a che
gli Scaligeri erano Ghibellini, quindi un po’ in contrasto con il Papa tutto andò bene,
quando gli Scaligeri cercarono di accattivarsi la simpatia del Papa per loro motivi,
cominciò la persecuzione anche qua in Italia e il 13 febbraio del 1278, 166 Catari
perfetti, che si erano rifugiati a Sirmione, vennero catturati ed arsi vivi nell’Arena di
Verona.
Si dice che alcuni Catari che si salvarono da queste retate degli Scaligeri si diressero
verso il Nord del Lago di Garda per cercare qualche rifugio dove sistemarsi. Nella
parte Nord del Garda ci sono queste rocce che scendono diritte e non danno la
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possibilità di rifugiarsi, invece sulla sponda veronese ci sono tante valli, le cosiddette
forre, che hanno la caratteristica di penetrare nel massiccio del Baldo
trasversalmente e danno la possibilità di rifugiarsi e si racconta che qui si siano
rifugiati i Catari. Il ricordo di questo è rimasto anche nel parlare, parlo per mia
esperienza e ricordo che mia nonna quando io magari dicevo qualche parola in più
mi diceva: “Tàsi, lèngua da Càtaro” e mia nonna era quasi analfabeta quindi non le
veniva da cose apprese sui libri ma era una cosa di tradizione. Poi mi hanno detto
che a Cassone, un’altra espressione che si sente è: “Boca da Càtaro”. Quindi queste
espressioni ricordano la presenza di questi Catari, è impressionante il fatto che dopo
700 anni ci sia ancora un ricordo anche se molto tenue.
Un’altra cosa anche forse più interessante è che questi Catari avevano vari gradi di
perfezione e il massimo a cui arrivavano era verso la fine della vita; loro non
avevano i Sacramenti, avevano una specie di confessione pubblica collettiva e il
“Consolamentum”, alla fine di questo rito che si aveva con l’imposizione delle mani
venivano come dire “consolati”, da qui si ipotizza l’origine del cognome Consolati
che è qui della zona come pure dei Consolini. Io ho chiesto ad un Consolini di Crero
da dove venisse la sua famiglia e lui mi ha risposto: “dicono che veniamo dalla
Francia” e questo mi ha incuriosito perché lui probabilmente avrà avuto la seconda
o terza elementare per cui non erano dei ricordi dotti che gli erano venuti per
studio, erano ricordi di famiglia che raccontavano di questi Consolini che venivano
dalla Francia, quindi c’era il collegamento tra i Consolini e i Consolati e il termine
“Consolamentum”. Per cui il “Baloc tacà via” è il pretesto per parlare di altre cose fra
cui di questi Catari che erano qua presenti, anche in antichi documenti si parla di un
Cataro che era stato arrestato a Lazise dai capi dei maggiorenti del paese e venne
liberato grazie alla popolazione che si era ribellata a questa cattura.
Il monaco che aveva combattuto l’eresia Catara era San Pietro Martire di Verona, a
Torri in una casa in paese c’è un affresco del 1400 che rappresenta appunto il
martirio di questo San Pietro Martire che è stato martirizzato con un colpo di scure
in testa. Quindi ci sono tutti questi ricordi e agganci con questa popolazione Catara.
Hanno avuto un grande seguito perché avevano una vita molto morigerata, in
pratica erano come i Francescani ma erano critici verso il Papa quindi vennero
perseguitati.
4
La Chiesa di San Zeno de l’Oselèt, è una Chiesa interessantissima soprattutto per la
presenza all’interno di alcuni affreschi che rappresentano delle persone che hanno
caratteri decisamente Longobardi. Tutta la nostra zona era stata popolata dai
Longobardi che si stabilirono soprattutto nel medio e basso Lago Veronese ma
c’erano anche qua da noi, ho trovato dei documenti a Torri firmati da persone con in
calce la precisazione di “Legge Longobarda” e altri invece che riportavano “Legge
Latina”, quindi i Longobardi qua erano di casa, e in questi affreschi si vede appunto
che i personaggi hanno le caratteristiche di popolazioni nordiche, tedesche,
germaniche. Poi, purtroppo ora non ci sono più, c’erano le stampelle, le grucce,
dentro alla Chiesa c’erano delle stampelle che ricordavano passate guarigioni, non
capisco perché le hanno tolte in quanto le potevano lasciare come ricordo storico.
Sulla facciata esterna c’è l’immagine di San Cristoforo, come in tante altre chiese,
era quello che proteggeva i viandanti, e chi riusciva a vederlo era convinto che per
tutta la giornata sarebbe vissuti, perché un tempo i pellegrini che andavano in giro
per il mondo non erano sicuri di arrivare a sera perché c’erano pericoli dappertutto,
allora se uno vedeva San Cristoforo pensava ed era convinto che almeno per quel
giorno era a posto.
Presenta poi una foto dove si vedono da dietro le due Chiese di Castelletto, risalente
probabilmente attorno agli anni ’20, c’è la Chiesa Cinquecentesca di forma
esagonale e quella fatta da Monsignor Nascimbeni in primo piano.
In un’altra foto si vede la chiesa di Brenzone, da notare, cosa interessante, la
presenza di una limonara, una serra di limoni. Sempre parlando delle curiosità,
dentro alla Chiesa dovrebbe esserci il famoso “San Reciòn”, dentro alla Chiesa in
alto, c’è un Santo che era oggetto di molte storie, barzellette, burle, praticamente
quando c’era qualche burrasca, qualche temporale davano la colpa a lui di quello
che succedeva.
Parlando sempre delle tradizioni, una particolare è la sagra de “l’ondes de luj”.
Nel Comune di brenzone le sagre hanno due motivazioni. Una motivazione relativa
all’allevamento oppure a passate epidemie, sono degli ex-voto, passata qualche
epidemia, prima la peste, poi il colera, da dire che le epidemie di colera sono due,
una nel 1836 e una nel 1855, la peggiore fu la prima, ovviamente non è stata come
quella famosa di peste di Manzoniano ricordo, che aveva dimezzato la popolazione
5
nella nostra zona, però i suoi morti li fece anche il colera, a Torri per esempio, ci
sono stati quasi 100 morti su una popolazione di 600 abitanti. Interessante vedere la
distribuzione dei morti perché di solito era d’estate e si sviluppava col caldo,
cominciavano a morire dal porto, quindi veniva dal lago, veniva portata da altre
persone con barche e da altri viandanti, poi col passare dei giorni i morti si avevano
fin verso le contrade. Era un’epidemia come detto che colpiva d’estate e difatti la
sagra de “l’ondes de luj” ricorda questa epidemia a Castello. Il giorno prima, il 10
luglio, si fa una sagra analoga, quella delle “agole” a Castelletto, tutte e due sono
rivolte alla Madonna del Colera, quindi era questo colera che si cercava di
esorcizzare, era un ringraziamento per lo scampato pericolo.
Quella dell’”ondes de luj” che si fa a Castello è interessante perché, oltre che essere
un ex-voto è anche una specie di ricognizione del territorio, una caratteristica di
molte processioni di un tempo era quella di andare a controllare i confini, i termni,
perché i termini spesso erano costituiti da mucchi di sassi ed era quindi facile
spostarli, allora, specialmente durante le rogazioni, prendevano l’occasione di fare l
giro del territorio per controllare se i termini corrispondevano, se erano al loro
posto. Questa processione de l’”ondes de luj” è lunga circa sei chilometri e dura
parecchie ore, da mattina presto fino a tarda mattinata, comprende tre messe, una
alla partenza a Castello, una ad Assenza dove c’è anche il rinfresco con una pausa, e
poi si sale e si ritorna a Castello per la terza messa. L’orario è: Santa messa a Castello
alle 6,00, inizio del pellegrinaggio 6,30, Santa messa ad Assenza alle 8,00,
conclusione alle 10,30. Poi, come tutte le sagre che si rispettino, dopo il momento
religioso c’è anche il momento ricreativo o, più che ricreativo era il momento di
socializzazione, cioè era una maniera per socializzare, per stare insieme.
Queste sagre hanno sempre avuto una forte valenza identitaria. Anche ai giorni
nostri per esempio a Torri dove c’è la sagra di San Faustino, ci sono degli americani
che abitano a Springfield o da quelle parti, che quando c’è questa sagra il 15 di
febbraio, tornano al paese perché vogliono rinfrescarsi le origini, il bello è che non
sanno più neanche una parola di italiano, sono americani di terza generazione, ma
quello che hanno sentito a casa gli ha fatto entrare dentro questa voglia di andare a
vedere il patrono, il “genius loci” il genio del luogo, che, parlando in termini pagani
era la divinità del posto.
6
In una foto si vede la Chiesa di Castello, a tale riguardo ricordo che, a parte le
chiesette piccole che hanno conservato la loro impronta romanica, le Chiese
Parrocchiali anche nei paesi vicini, Malcesine, Cassone, Torri, Garda, le hanno tutte
rifatte nel 1700. Il ‘700 è stato un secolo particolarmente felice per la nostra
economia quindi c’era qualche soldo che girava e allora hanno costruito le nuove
chiese anche perché la gente era aumentata come popolazione. Vediamo delle foto
del giorno della festa: la messa alla mattina, si vede ancora poca gente perché è
molto presto. La statua della Madonna è del 1606 fatta fare, come dice anche la
targa che poi leggeremo, da una signora come ex-voto, per sua devozione, c’è la
sedia, il trono.
Fuori la gente aspetta che inizi la processione. Questa è una processione molto
lunga come abbiamo visto, è una delle sagra più interessanti che ci siano, è
abbastanza particolare, fra l’altro c’è una buona partecipazione. Ad ogni frazione
che tocca la processione si ferma per delle preghiere e per far riposare i portatori
che possono così scambiarsi. Queste sagre sono diventate un’attrazione turistica
però hanno conservato molto della genuinità di un tempo e sono molto sentite dalla
popolazione. A Torri per esempio, la Sagra di Sant’Antonio chiama duecento
persone quando la fanno, praticamente chiudono la strada e si fa festa. Sono quelle
feste identitarie, la gente si riconosce in quella festa. Le feste si conservano genuine
fino a quando non entrano in campo le pro loco, non ho niente contro le pro loco
ma siccome loro hanno una finalità puramente turistica, alle volte la snaturano e
diventa meno genuina, Come San Filippo a Torri, è sì ancora abbastanza genuina ma
una volta era meglio, era più semplice e aveva le caratteristiche più genuine, questo
a volte non c’è quando vogliono fare un piacere ai turisti.
Una molto bella è quella di Vilmezzano a Caprino dove si fa la processione in mezzo
alla campagna, si passa nei cortili, vicino alle stalle, con le mucche che ti guardano,
la messa si celebra nella chiesetta che è molto bella tra l’altro, e merita di andarla a
vedere, e poi, al termine c’è il momento conviviale che è offerto, in genere nelle
sagre l’aspetto conviviale è sempre offerto, non si paga, quando si paga vuol dire
che si è perso qualcosa della tradizione, ovviamente si dà la possibilità di fare
un’offerta per cui una persona si sdebita come vuole ed è sempre molto semplice,
una pastasciutta, un panino e un bicchiere di vino.
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Tornando alla processione di Castello, si percorre la Gardesana da Brenzone verso
Nord, arrivati ad Assenza, dopo aver fatto sosta a Porto, c’è la seconda Messa. La
committente di cui parlavamo prima risulta da una scritta sul trono ed è: “donna
Caterina moglie del signor Bernardino Sardena di Brenzone ha fatto per sua
devozione”. Questa donna Caterina è quindi diventata eterna perché ancora adesso
dopo 500 anni la ricordano. E’ una bella statua, di statue in legno di quel periodo,
conserevate così bene ce ne sono poche, ce n’è una molto bella a Torri, quella di San
Filippo del 1600 ma questa è ancora più bella.
La processione prosegue si sale a Sommavilla, alla sommità della salita ci sono gli
scalini dai quali si prosegue per andare al “baloc tacà via”, si attraversano con soste
paesi di Sommavilla, Pozzo, Borago, si fa sosta davanti al Cimitero a Castello e quindi
si arriva alla Chiesa Parrocchiale dove si celebra la terza Messa, qui la gente è molto
più numerosa.
A Castelletto il giorno precedente, il 10 di luglio, c’è la Festa della Madonna della
Salute, Festa dell’Agola, anche questa è una festa ex-voto per scampato pericolo
dopo il colera.
L’antico protettore contro le epidemie era San Rocco e prima ancora c’era San
Sebastiano, per essere sicuri che ci fosse l’aiuto di tutti e due, tante volte si
festeggiano entrambi, a Magugnano.
Tante volte queste feste sono l’occasione per conservare anche degli aspetti
caratteristici, per esempio si gioca a “trisàc” un gioco di carte che si fa unicamente in
questa zona e in alcune zone del basso Trentino, quindi è molto limitato come
diffusione. Un altro gioco caratteristico è la “morra”.
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Abbiamo visto che le sagre sono collegate a epidemie oppure alla transumanza,
all’allevamento, qui vediamo la località “Le Cà”
che si trova nella zona del “Magengo” che poi è il “Mont”, siamo sugli 800 – 900
metri, all’altezza della zona delle castagne, quando portavano il bestiame in Prada,
non facevano una tratta unica, anche perché magari partivano in aprile e certe volte
in quel periodo in Prada c’è ancora la neve, quindi si partiva a San Zeno, il 12 di
aprile, per essere sicuri seguivano delle date (giorno più, giorno meno) che venivano
dalla tradizione, prima però di arrivare in Prada si fermavano agli 800 – 900 metri al
“Mont”, quello denominato “Le Cà” è la zona del “Mont” di Castelletto, perché ogni
paese aveva il suo “Mont”, quelli che avevano la casetta qua praticamente erano
quasi tutti di Castelletto, quindi la gente andava su, sistemava la casa, faceva dei
lavori, lasciava il bestiame per qualche settimana fino a quando veniva l momento di
portarlo in Prada, questo dopo circa un mese, e là lo consegnavano ai malghesi
perché solitamente quando il bestiame era al “Mont” veniva accudito dai proprietari
e quando veniva portato in Prada veniva lasciato ai malghesi del posto che erano poi
quasi tutti di origine della zona, quindi di Brenzone. Qui a “Le Cà” dove si
concentrano alcune case, c’è anche una chiesetta. Il ritorno si effettuava in ottobre,
a San Michele, il 29 settembre, finiva l’alpeggio in Prada e là c’era la Sagra di San
Michel che è stata recuperata una trentina di anni fa e adesso è una delle più attive,
nel ritorno da Prada si fermavano ancora a “Le Cà” ed era l’occasione per raccogliere
le castagne, si iniziava questa raccolta. La chiesetta non è antica, è stata costruita nei
primi del ‘900, è dedicata a San Francesco per cui di solito fanno la festa il 4 ottobre,
ma è dedicata a San Francesco Saverio, a San Francesco di Sales e a San Francesco
d’Assisi, l prete che l’ha promossa l’ha dedicata a tutti e tre questi S. Francesco,
quindi al rientro da Prada si fa la festa di San Francesco.
9
Naturalmente perché le sagre continuino ed abbiano un certo risultato devono
avere alle spalle un gruppo che le sostiene, qui per esempio c’è il gruppo degli alpini
di Castelletto, a Torri c’è un Comitato che cura la Festa di Sant’Antonio, è come una
specie di confraternita, anche a San Faustino dove la chiesa è privata, insomma ci
deve essere un gruppo alle spalle tanto è vero che quando il gruppo si scioglie
finisce anche la sagra, non si fa più, in quanto appunto manca il gruppo che cura
l’organizzazione.
La Messa a “Le Cà” è all’aperto, naturalmente il panorama è stupendo, si arriva da
sotto a piedi o con la macchina attraverso una zona privata dei sordomuti di san
Zeno di Montagna. L’aspetto conviviale viene curato dal Gruppo Alpini, le penne col
ragù sono l’alimento base della festa.
Un’altra sagra, sempre in territorio di Brenzone, in Prada, a Madonna della Neve, qui
c’è il Palazzo dei Carlotti.
Durante la peste del 1630 i Carlotti volevano sfuggire all’epidemia e si sono costruiti
un “palazzaccio” siamo sui 1500 metri di altitudine in un posto che è un incrocio di
mulattiere che vanno verso Lumini, verso Caprino, oppure verso il lago, alla fine poi
dell’epidemia, anche loro come ex-voto hanno eretto una chiesa, la chiesa della
Madonna della Neve appunto, ma il nome prende origine da un miracolo che è
avvenuto a Roma nel IV secolo e aveva avuto una così grande risonanza che il
termine Madonna della Neve si è diffuso dappertutto. C’è una grande festa dedicata
alla Madonna della Neve a Colà, c’è questa, e ce n’è una verso Avio, sul Baldo
Trentino. Questa di Brenzone in origine era la messa dei malghesi, oggi i malghesi
sono pochi ma ci sono tanti turisti ed escursionisti che prendono l’occasione per
andare a questa festa. Anche questa è una festa che è stata ripresa; dopo la Seconda
10
Guerra Mondiale molte feste erano scomparse, la Guerra come si sa crea dei traumi,
e forse anche la voglia di dimenticare il passato ha fatto sì che molte feste
decadessero, dopo ci si è accorti che non si può dimenticare tutto ma qualcosa si
deve tenere visto che l’alternativa è non avere niente, allora hanno ripreso queste
feste. Questa della Madonna della Neve è stata ripresa dal CTG con Delibori e il
maestro Marangoni di Caprino, questa come altre feste che hanno avuto un buon
successo. Anche la festa di San Michel in Prada era quasi scomparsa, adesso è
diventata una fiera. Dopo la festa si va sulla malga, che è la malga dell’Ortigara, dove
si mangia con menù completo e qui è a pagamento naturalmente con costi quasi
simbolici, queste malghe sono molto caratteristiche, sono chiamate “le navi” perché
sembrano delle navi che puntano verso il lago. Anche qui l’afflusso di gente è
notevole.
Un’altra festa della Madonna della Neve si fa a Malcesine dove c’è l’arrivo della
funivia, una volta andavano a quella che c’è in Trentino, poi, essendo distante,
hanno fatto una chiesetta per ricordare questa Madonna della Neve.
Scorrendo le foto viene mostrata quella della “Fintana querta” Fontana coperta, si
trova sulla strada per andare a “Le Cà”.
11
A Malcesine ci sono le feste dei Santi Benigno e Caro, i due eremiti che vivevano
sopra Cassone a oltre 800 metri di altitudine dove c’è l’eremo.
Le ossa sono in un’urna a Malcesine, per aprirla ci vogliono tre chiavi che sono
custodite da tre persone diverse, per essere sicuri che nessuno le porti via. Al giorno
d’oggi le reliquie non hanno un significato particolare ma un tempo erano
importantissime perché avere una reliquia di qualche santo voleva dire avere la sua
protezione. C’è da dire che non badavano tanto per il sottile per potersele
procurare, per esempio i Veneziani hanno rubato le reliquie di San Marco in Egitto,
lo hanno messo su una nave in mezzo a carne di maiale in modo che i musulmani
non la controllassero, anche Santa Lucia è arrivata a Venezia attraverso qualche giro
non proprio chiaro, il furto delle reliquie era una cosa che succedeva normalmente.
A riguardo dei Santi Benigno e Caro, raccontano che, essendoci una rivalità fra gli
abitanti di Cassone e quelli di Malcesine, quelli di Cassone sono chiamati “ciusa
santi” cioè quelli che prendono in giro i Santi perché secondo la tradizione sono
quelli che hanno fatto la spia quando nel romitorio dove c’erano questi due santi
che non erano fratelli come alcuni pensano, Benigno era il priore e Caro era il
discepolo, c’era una donna, Santa Olivetta o Oliva, che dicevano venisse dalla
sponda Bresciana e andava a fare le faccende domestiche agli eremiti, veniva senza
farsi vedere da nessuno, alcuni di Cassone hanno fatto la spia al Vescovo e lui ha
mandato un ispettore per vedere cosa succedeva, quando arriva all’eremo non c’era
niente da dargli da mangiare, San Benigno allora disse a Caro di andare nell’orto a
cercare qualcosa, lui va e gli porta le rape, non era la stagione delle rape, erano state
piantate la sera prima e il giorno dopo erano già cresciute, da qui il detto: “le è come
le ràve de San Benigno e Caro” per indicare qualcosa che cresce in fretta. Visto
12
questo l’ispettore del Vescovo disse che loro non avevano fatto niente di male e gli
diede l’assoluzione.
Al tempo Cassone era nel Comune di Brenzone, poi sono stati cacciati e sono andati
sotto il Comune di Malcesine, come quasi per punizione, dicono che questo fatto
nascondesse un altro aspetto, cioè che quelli di Malcesine avessero rubato le
reliquie di San Benigno e Caro che erano a Cassone, da qui questa storia del furto
delle reliquie e in alcuni aspetti anche folkloristici bisogna saper estrarre anche
qualche aspetto reale. Dicono che le due teste di notte si spostano e il giorno dopo
si ritrova la testa che era a sinistra a destra e viceversa. Questo è interessante
perché si vede il contorno che c’era attorno alla figura di questi due Santi Eremiti,
come le rape, o quello della merla, era tutta una mitologia che si creava, erano
storie che si raccontavano nei “filò”, quando non c’era la televisione, la gente si
radunava nelle stalle e si raccontavano le storie ed erano anche queste storie, e
c’era sempre quello che aggiungeva qualcosa, più uno aveva fantasia più era
considerato bravo e ricercato, tutti questi aneddoti poi diventavano eterni perché
poi chissà da quanto tempo raccontano di questo. San Benigno e Caro comunque
sono esistiti, non erano completamente immaginari, ma anche qui, come in altri
aspetti, storia e leggenda si mescolano. Il fatto che vengono chiamati a Verona per
spostare il corpo di San Zeno da una chiesa all’altra dicono sia realmente accaduto.
Traslazione di San Zeno: i santi Begnino e Caro trasportano il corpo di san Zeno; Basilica di San Zeno,
Verona.
13
Una curiosità riguardante Malcesine, vicino al castello c’è il vicolo più stretto al
mondo, si chiama “Pica l’of” dovrebbe essere largo 70 centimetri, ricorda un lupo
che si era perso sul Baldo e terrorizzava il paese, venne inseguito dagli abitanti che
lo incastrarono n questo vicolo e riuscirono ad ucciderlo, nella zona poi c’è il fiume
Aril, a Cassone, che è considerato il fiume più corto del mondo con i suoi 173 metri
di lunghezza, è un fiume e non un torrente perché ha sempre acqua, cioè non si è
mai asciugato anche se dicono che nel 2003 quando c’è stata la famosa siccità, per
poco tempo si è fermato l’afflusso di acqua ma sembra che nessuno l’abbia reso
noto quindi è sempre rimasto fiume.
I Santi Benigno e Caro si trovano anche nella Chiesa di San Giovanni a Torri, questo
indica che il loro culto era diffuso anche nelle zone vicine. Una curiosità: mio
bisnonno si chiamava Benigno, suo fratello Caro e sua sorella Oliva ed erano di Torri.
A Malcesine ci sono 40 capitelli intitolati a questi Santi.
Sulla strada che porta da Cassone all’eremo dei Santi si trova il Capitello della Merla
che ricorda il miracolo della merla appunto. E’ posto sulla Valle del Torrente che è
quella che comprende il Baloc tacà via, la valle del Torrente quindi non è aperta fino
in fondo ad Assenza ma si ferma perché ostruita dal Baloc come abbiamo visto
precedentemente.
14
Tornando alla Merla, quando San Benigno parte per andare a Verona perché
chiamato dal Vescovo, trova una merla che lo blocca sulla strada starnazzando,
praticamente è il simbolo del demonio, che cerca di fermarlo, lui gli ordina di
fermarsi lì, lei si blocca, al ritorno poi si dimentica di togliere la maledizione e quindi
la trova morta stecchita e allora si dice che abbia fatto un periodo di digiuno ad
espiazione, allora rispettavano molto gli animali questi eremiti. Il capitello è del
1837 ed è stato fatto a ricordo di questo episodio.
La chiesa che c’è all’eremo venne costruita con le rimesse degli emigranti
dell’America, gli emigranti di Malcesine e di Cassone che erano andati in America
mandavano i sodi per fare questa chiesa.
L’eremo non era dove c’è la chiesa ma vicino, nella roccia.
Alla festa dei Santi, dopo la messa si fa una processione molto breve, si parte dalla
chiesa e si va sul bordo della valle, il panorama è uno spettacolo unico. Malcesine e
Cassone fanno due feste distinte, il 27 luglio quelli di Malcesine, il giorno della morte
degli eremiti, e invece il 16 agosto quelli di Cassone, non riescono ad unificare la
festa. C’è sempre la gara a chi fa la festa più ricca.
Un’altra curiosità e anche una cosa bella da vedere a Malcesine è il Triduo. C’è una
confraternita che cura l’allestimento di questo Triduo, organizza delle lotterie per
autofinanziarsi. C’è la “macchina del Triduo” che è praticamente tutto il supporto
tutto lo scheletro, l’intelaiatura che sostiene le candele. Questo Triduo di Malcesine,
a differenza di altri, è originale perché le candele sono vere e proprie candele,
mentre per esempio in un altro paese dove si fa, un paese del Basso Lago Bresciano
all’interno, in Val Vestino, mi sembra Magasa, adoperano candele elettriche. A
Malcesine sono 627 candele e ricordano tutti i capo famiglie di Malcesine che hanno
fatto per ex-voto questa festa che era una festa dei morti, venivano ricordati i morti
15
del tempo, allora morivano come le mosche, sia per epidemie sia per le guerre, in
quei tempi, ai primi del ‘700 quando hanno fatto questo apparato, c’era la Guerra di
Secessione Spagnola che ha interessato i nostri paesi del Lago, e ha provocato
numerosi morti.
Entrando in Chiesa si vede una tenda tirata davanti all’altare, questo per nascondere
quelli che stanno preparando accendendo le candele, questo c’era anche a Torri fino
all’inizio del ‘900 poi non l’hanno più fatta e le assi dell’impalcatura le hanno messe
a San Giovanni nella Chiesa sconsacrata dove erano accampati dei soldati francesi
che per scaldarsi hanno bruciato tutto. Le statue che fanno parte di questo arredo è
Barocco, infatti è un esplosione di Barocco, un colpo d’occhio notevole, il gusto
Barocco che deve colpire i sensi, una persona che vede questo spettacolo deve
uscire con i sensi soddisfatti.

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Conoscere il Baldo - Garda - CTG - 6. Ambiente e tradizioni

  • 1. 1 CONOSCERE IL BALDO – GARDA I° CORSO DI FORMAZIONE PER ANIMATORI TURISTICI AMBIENTALI 6° INCONTRO: VENERDI’ 30 GENNAIO 2015 AMBIENTE E TRADIZIONI RELATORE: PROF. GIORGIO VEDOVELLI Tra le curiosità che si possono offrire al turista per fargli diventare più piacevole il soggiorno è la visita al “Baloc tacà via”. Questa è anche l’occasione per parlare dei “Catari”. Per andare in questo luogo si va ad Assenza, si sale a Sommavilla, alla sommità della Via de Loc si superano alcuni gradini in cemento si prosegue su una strada vecchia, dopo una ventina di minuti si entra nella valle e si prosegue in una forra. Le forre sono una caratteristica della costa lacustre veronese del Monte Baldo, sono delle valli molto strette con le pareti alte interessate dalla glaciazione. In questa forra troviamo questo “baloc”, praticamente è un masso che è rimasto incastrato e impedisce di proseguire, praticamente per andare nella forra successiva bisogna deviare prima di arrivare al baloc, questa è un’attrazione molto particolare e molti ci vanno per vedere questa curiosità. Si dice che queste forre hanno dato ospitalità ai “Catari”. I Catari facevano parte di una setta eretica del 1200, venivano dalla Francia Meridionale, dalla zona Occitanica della Francia (per approfondimenti vedi http://it.wikipedia.org/wiki/Catarismo). La persecuzione era religiosa ma anche politica, all’inizio i Vescovi ed il Papa avevano cercato di tollerare questo movimento, poi è intervenuto anche il potere
  • 2. 2 politico che li ha perseguitati in maniera pesante, in quegli anni si istituisce anche il Tribunale dell’Inquisizione, è la prima forma di Inquisizione che abbiamo, questo per una questione di potere perché i grossi feudatari del Sud della Francia facevano ombra a quelli del Nord, fra l’altro il Sud della Francia aveva una lingua diversa, la Lingua d’Oc mentre al Nord c’era la Lingua d’Oil, ancora adesso c’è una parte della popolazione francese che parla l’Occitanico, ce ne sono anche in Italia, circa 200.000 nelle valli alpine del Cuneese che conoscono questa lingua Occitanica che è molto interessante non solo per la lingua ma anche per questa cultura Occitanica canti, tradizioni e tante altre cose che riguardano questa cultura. Con Papa Innocenzo III, nel 1209 iniziò la persecuzione contro questi Catari, molto fuggirono ed andarono in Italia e si stabilirono sulle rive Meridionali del Lago di Garda. Questa setta era suddivisa in vari gradi e i perfetti, quelli che erano al massimo grado di perfezione erano vegetariani e quando si spostavano dicevano che lo facevano sempre alla ricerca di luoghi ricchi di pesce, si stabilirono quindi soprattutto a Desenzano e a Sirmione e in altri paesi del Basso Lago, ce n’erano parecchi quindi nel XIII Secolo sulle coste Meridionali del Lago di Garda. Fino a che gli Scaligeri erano Ghibellini, quindi un po’ in contrasto con il Papa tutto andò bene, quando gli Scaligeri cercarono di accattivarsi la simpatia del Papa per loro motivi, cominciò la persecuzione anche qua in Italia e il 13 febbraio del 1278, 166 Catari perfetti, che si erano rifugiati a Sirmione, vennero catturati ed arsi vivi nell’Arena di Verona. Si dice che alcuni Catari che si salvarono da queste retate degli Scaligeri si diressero verso il Nord del Lago di Garda per cercare qualche rifugio dove sistemarsi. Nella parte Nord del Garda ci sono queste rocce che scendono diritte e non danno la
  • 3. 3 possibilità di rifugiarsi, invece sulla sponda veronese ci sono tante valli, le cosiddette forre, che hanno la caratteristica di penetrare nel massiccio del Baldo trasversalmente e danno la possibilità di rifugiarsi e si racconta che qui si siano rifugiati i Catari. Il ricordo di questo è rimasto anche nel parlare, parlo per mia esperienza e ricordo che mia nonna quando io magari dicevo qualche parola in più mi diceva: “Tàsi, lèngua da Càtaro” e mia nonna era quasi analfabeta quindi non le veniva da cose apprese sui libri ma era una cosa di tradizione. Poi mi hanno detto che a Cassone, un’altra espressione che si sente è: “Boca da Càtaro”. Quindi queste espressioni ricordano la presenza di questi Catari, è impressionante il fatto che dopo 700 anni ci sia ancora un ricordo anche se molto tenue. Un’altra cosa anche forse più interessante è che questi Catari avevano vari gradi di perfezione e il massimo a cui arrivavano era verso la fine della vita; loro non avevano i Sacramenti, avevano una specie di confessione pubblica collettiva e il “Consolamentum”, alla fine di questo rito che si aveva con l’imposizione delle mani venivano come dire “consolati”, da qui si ipotizza l’origine del cognome Consolati che è qui della zona come pure dei Consolini. Io ho chiesto ad un Consolini di Crero da dove venisse la sua famiglia e lui mi ha risposto: “dicono che veniamo dalla Francia” e questo mi ha incuriosito perché lui probabilmente avrà avuto la seconda o terza elementare per cui non erano dei ricordi dotti che gli erano venuti per studio, erano ricordi di famiglia che raccontavano di questi Consolini che venivano dalla Francia, quindi c’era il collegamento tra i Consolini e i Consolati e il termine “Consolamentum”. Per cui il “Baloc tacà via” è il pretesto per parlare di altre cose fra cui di questi Catari che erano qua presenti, anche in antichi documenti si parla di un Cataro che era stato arrestato a Lazise dai capi dei maggiorenti del paese e venne liberato grazie alla popolazione che si era ribellata a questa cattura. Il monaco che aveva combattuto l’eresia Catara era San Pietro Martire di Verona, a Torri in una casa in paese c’è un affresco del 1400 che rappresenta appunto il martirio di questo San Pietro Martire che è stato martirizzato con un colpo di scure in testa. Quindi ci sono tutti questi ricordi e agganci con questa popolazione Catara. Hanno avuto un grande seguito perché avevano una vita molto morigerata, in pratica erano come i Francescani ma erano critici verso il Papa quindi vennero perseguitati.
  • 4. 4 La Chiesa di San Zeno de l’Oselèt, è una Chiesa interessantissima soprattutto per la presenza all’interno di alcuni affreschi che rappresentano delle persone che hanno caratteri decisamente Longobardi. Tutta la nostra zona era stata popolata dai Longobardi che si stabilirono soprattutto nel medio e basso Lago Veronese ma c’erano anche qua da noi, ho trovato dei documenti a Torri firmati da persone con in calce la precisazione di “Legge Longobarda” e altri invece che riportavano “Legge Latina”, quindi i Longobardi qua erano di casa, e in questi affreschi si vede appunto che i personaggi hanno le caratteristiche di popolazioni nordiche, tedesche, germaniche. Poi, purtroppo ora non ci sono più, c’erano le stampelle, le grucce, dentro alla Chiesa c’erano delle stampelle che ricordavano passate guarigioni, non capisco perché le hanno tolte in quanto le potevano lasciare come ricordo storico. Sulla facciata esterna c’è l’immagine di San Cristoforo, come in tante altre chiese, era quello che proteggeva i viandanti, e chi riusciva a vederlo era convinto che per tutta la giornata sarebbe vissuti, perché un tempo i pellegrini che andavano in giro per il mondo non erano sicuri di arrivare a sera perché c’erano pericoli dappertutto, allora se uno vedeva San Cristoforo pensava ed era convinto che almeno per quel giorno era a posto. Presenta poi una foto dove si vedono da dietro le due Chiese di Castelletto, risalente probabilmente attorno agli anni ’20, c’è la Chiesa Cinquecentesca di forma esagonale e quella fatta da Monsignor Nascimbeni in primo piano. In un’altra foto si vede la chiesa di Brenzone, da notare, cosa interessante, la presenza di una limonara, una serra di limoni. Sempre parlando delle curiosità, dentro alla Chiesa dovrebbe esserci il famoso “San Reciòn”, dentro alla Chiesa in alto, c’è un Santo che era oggetto di molte storie, barzellette, burle, praticamente quando c’era qualche burrasca, qualche temporale davano la colpa a lui di quello che succedeva. Parlando sempre delle tradizioni, una particolare è la sagra de “l’ondes de luj”. Nel Comune di brenzone le sagre hanno due motivazioni. Una motivazione relativa all’allevamento oppure a passate epidemie, sono degli ex-voto, passata qualche epidemia, prima la peste, poi il colera, da dire che le epidemie di colera sono due, una nel 1836 e una nel 1855, la peggiore fu la prima, ovviamente non è stata come quella famosa di peste di Manzoniano ricordo, che aveva dimezzato la popolazione
  • 5. 5 nella nostra zona, però i suoi morti li fece anche il colera, a Torri per esempio, ci sono stati quasi 100 morti su una popolazione di 600 abitanti. Interessante vedere la distribuzione dei morti perché di solito era d’estate e si sviluppava col caldo, cominciavano a morire dal porto, quindi veniva dal lago, veniva portata da altre persone con barche e da altri viandanti, poi col passare dei giorni i morti si avevano fin verso le contrade. Era un’epidemia come detto che colpiva d’estate e difatti la sagra de “l’ondes de luj” ricorda questa epidemia a Castello. Il giorno prima, il 10 luglio, si fa una sagra analoga, quella delle “agole” a Castelletto, tutte e due sono rivolte alla Madonna del Colera, quindi era questo colera che si cercava di esorcizzare, era un ringraziamento per lo scampato pericolo. Quella dell’”ondes de luj” che si fa a Castello è interessante perché, oltre che essere un ex-voto è anche una specie di ricognizione del territorio, una caratteristica di molte processioni di un tempo era quella di andare a controllare i confini, i termni, perché i termini spesso erano costituiti da mucchi di sassi ed era quindi facile spostarli, allora, specialmente durante le rogazioni, prendevano l’occasione di fare l giro del territorio per controllare se i termini corrispondevano, se erano al loro posto. Questa processione de l’”ondes de luj” è lunga circa sei chilometri e dura parecchie ore, da mattina presto fino a tarda mattinata, comprende tre messe, una alla partenza a Castello, una ad Assenza dove c’è anche il rinfresco con una pausa, e poi si sale e si ritorna a Castello per la terza messa. L’orario è: Santa messa a Castello alle 6,00, inizio del pellegrinaggio 6,30, Santa messa ad Assenza alle 8,00, conclusione alle 10,30. Poi, come tutte le sagre che si rispettino, dopo il momento religioso c’è anche il momento ricreativo o, più che ricreativo era il momento di socializzazione, cioè era una maniera per socializzare, per stare insieme. Queste sagre hanno sempre avuto una forte valenza identitaria. Anche ai giorni nostri per esempio a Torri dove c’è la sagra di San Faustino, ci sono degli americani che abitano a Springfield o da quelle parti, che quando c’è questa sagra il 15 di febbraio, tornano al paese perché vogliono rinfrescarsi le origini, il bello è che non sanno più neanche una parola di italiano, sono americani di terza generazione, ma quello che hanno sentito a casa gli ha fatto entrare dentro questa voglia di andare a vedere il patrono, il “genius loci” il genio del luogo, che, parlando in termini pagani era la divinità del posto.
  • 6. 6 In una foto si vede la Chiesa di Castello, a tale riguardo ricordo che, a parte le chiesette piccole che hanno conservato la loro impronta romanica, le Chiese Parrocchiali anche nei paesi vicini, Malcesine, Cassone, Torri, Garda, le hanno tutte rifatte nel 1700. Il ‘700 è stato un secolo particolarmente felice per la nostra economia quindi c’era qualche soldo che girava e allora hanno costruito le nuove chiese anche perché la gente era aumentata come popolazione. Vediamo delle foto del giorno della festa: la messa alla mattina, si vede ancora poca gente perché è molto presto. La statua della Madonna è del 1606 fatta fare, come dice anche la targa che poi leggeremo, da una signora come ex-voto, per sua devozione, c’è la sedia, il trono. Fuori la gente aspetta che inizi la processione. Questa è una processione molto lunga come abbiamo visto, è una delle sagra più interessanti che ci siano, è abbastanza particolare, fra l’altro c’è una buona partecipazione. Ad ogni frazione che tocca la processione si ferma per delle preghiere e per far riposare i portatori che possono così scambiarsi. Queste sagre sono diventate un’attrazione turistica però hanno conservato molto della genuinità di un tempo e sono molto sentite dalla popolazione. A Torri per esempio, la Sagra di Sant’Antonio chiama duecento persone quando la fanno, praticamente chiudono la strada e si fa festa. Sono quelle feste identitarie, la gente si riconosce in quella festa. Le feste si conservano genuine fino a quando non entrano in campo le pro loco, non ho niente contro le pro loco ma siccome loro hanno una finalità puramente turistica, alle volte la snaturano e diventa meno genuina, Come San Filippo a Torri, è sì ancora abbastanza genuina ma una volta era meglio, era più semplice e aveva le caratteristiche più genuine, questo a volte non c’è quando vogliono fare un piacere ai turisti. Una molto bella è quella di Vilmezzano a Caprino dove si fa la processione in mezzo alla campagna, si passa nei cortili, vicino alle stalle, con le mucche che ti guardano, la messa si celebra nella chiesetta che è molto bella tra l’altro, e merita di andarla a vedere, e poi, al termine c’è il momento conviviale che è offerto, in genere nelle sagre l’aspetto conviviale è sempre offerto, non si paga, quando si paga vuol dire che si è perso qualcosa della tradizione, ovviamente si dà la possibilità di fare un’offerta per cui una persona si sdebita come vuole ed è sempre molto semplice, una pastasciutta, un panino e un bicchiere di vino.
  • 7. 7 Tornando alla processione di Castello, si percorre la Gardesana da Brenzone verso Nord, arrivati ad Assenza, dopo aver fatto sosta a Porto, c’è la seconda Messa. La committente di cui parlavamo prima risulta da una scritta sul trono ed è: “donna Caterina moglie del signor Bernardino Sardena di Brenzone ha fatto per sua devozione”. Questa donna Caterina è quindi diventata eterna perché ancora adesso dopo 500 anni la ricordano. E’ una bella statua, di statue in legno di quel periodo, conserevate così bene ce ne sono poche, ce n’è una molto bella a Torri, quella di San Filippo del 1600 ma questa è ancora più bella. La processione prosegue si sale a Sommavilla, alla sommità della salita ci sono gli scalini dai quali si prosegue per andare al “baloc tacà via”, si attraversano con soste paesi di Sommavilla, Pozzo, Borago, si fa sosta davanti al Cimitero a Castello e quindi si arriva alla Chiesa Parrocchiale dove si celebra la terza Messa, qui la gente è molto più numerosa. A Castelletto il giorno precedente, il 10 di luglio, c’è la Festa della Madonna della Salute, Festa dell’Agola, anche questa è una festa ex-voto per scampato pericolo dopo il colera. L’antico protettore contro le epidemie era San Rocco e prima ancora c’era San Sebastiano, per essere sicuri che ci fosse l’aiuto di tutti e due, tante volte si festeggiano entrambi, a Magugnano. Tante volte queste feste sono l’occasione per conservare anche degli aspetti caratteristici, per esempio si gioca a “trisàc” un gioco di carte che si fa unicamente in questa zona e in alcune zone del basso Trentino, quindi è molto limitato come diffusione. Un altro gioco caratteristico è la “morra”.
  • 8. 8 Abbiamo visto che le sagre sono collegate a epidemie oppure alla transumanza, all’allevamento, qui vediamo la località “Le Cà” che si trova nella zona del “Magengo” che poi è il “Mont”, siamo sugli 800 – 900 metri, all’altezza della zona delle castagne, quando portavano il bestiame in Prada, non facevano una tratta unica, anche perché magari partivano in aprile e certe volte in quel periodo in Prada c’è ancora la neve, quindi si partiva a San Zeno, il 12 di aprile, per essere sicuri seguivano delle date (giorno più, giorno meno) che venivano dalla tradizione, prima però di arrivare in Prada si fermavano agli 800 – 900 metri al “Mont”, quello denominato “Le Cà” è la zona del “Mont” di Castelletto, perché ogni paese aveva il suo “Mont”, quelli che avevano la casetta qua praticamente erano quasi tutti di Castelletto, quindi la gente andava su, sistemava la casa, faceva dei lavori, lasciava il bestiame per qualche settimana fino a quando veniva l momento di portarlo in Prada, questo dopo circa un mese, e là lo consegnavano ai malghesi perché solitamente quando il bestiame era al “Mont” veniva accudito dai proprietari e quando veniva portato in Prada veniva lasciato ai malghesi del posto che erano poi quasi tutti di origine della zona, quindi di Brenzone. Qui a “Le Cà” dove si concentrano alcune case, c’è anche una chiesetta. Il ritorno si effettuava in ottobre, a San Michele, il 29 settembre, finiva l’alpeggio in Prada e là c’era la Sagra di San Michel che è stata recuperata una trentina di anni fa e adesso è una delle più attive, nel ritorno da Prada si fermavano ancora a “Le Cà” ed era l’occasione per raccogliere le castagne, si iniziava questa raccolta. La chiesetta non è antica, è stata costruita nei primi del ‘900, è dedicata a San Francesco per cui di solito fanno la festa il 4 ottobre, ma è dedicata a San Francesco Saverio, a San Francesco di Sales e a San Francesco d’Assisi, l prete che l’ha promossa l’ha dedicata a tutti e tre questi S. Francesco, quindi al rientro da Prada si fa la festa di San Francesco.
  • 9. 9 Naturalmente perché le sagre continuino ed abbiano un certo risultato devono avere alle spalle un gruppo che le sostiene, qui per esempio c’è il gruppo degli alpini di Castelletto, a Torri c’è un Comitato che cura la Festa di Sant’Antonio, è come una specie di confraternita, anche a San Faustino dove la chiesa è privata, insomma ci deve essere un gruppo alle spalle tanto è vero che quando il gruppo si scioglie finisce anche la sagra, non si fa più, in quanto appunto manca il gruppo che cura l’organizzazione. La Messa a “Le Cà” è all’aperto, naturalmente il panorama è stupendo, si arriva da sotto a piedi o con la macchina attraverso una zona privata dei sordomuti di san Zeno di Montagna. L’aspetto conviviale viene curato dal Gruppo Alpini, le penne col ragù sono l’alimento base della festa. Un’altra sagra, sempre in territorio di Brenzone, in Prada, a Madonna della Neve, qui c’è il Palazzo dei Carlotti. Durante la peste del 1630 i Carlotti volevano sfuggire all’epidemia e si sono costruiti un “palazzaccio” siamo sui 1500 metri di altitudine in un posto che è un incrocio di mulattiere che vanno verso Lumini, verso Caprino, oppure verso il lago, alla fine poi dell’epidemia, anche loro come ex-voto hanno eretto una chiesa, la chiesa della Madonna della Neve appunto, ma il nome prende origine da un miracolo che è avvenuto a Roma nel IV secolo e aveva avuto una così grande risonanza che il termine Madonna della Neve si è diffuso dappertutto. C’è una grande festa dedicata alla Madonna della Neve a Colà, c’è questa, e ce n’è una verso Avio, sul Baldo Trentino. Questa di Brenzone in origine era la messa dei malghesi, oggi i malghesi sono pochi ma ci sono tanti turisti ed escursionisti che prendono l’occasione per andare a questa festa. Anche questa è una festa che è stata ripresa; dopo la Seconda
  • 10. 10 Guerra Mondiale molte feste erano scomparse, la Guerra come si sa crea dei traumi, e forse anche la voglia di dimenticare il passato ha fatto sì che molte feste decadessero, dopo ci si è accorti che non si può dimenticare tutto ma qualcosa si deve tenere visto che l’alternativa è non avere niente, allora hanno ripreso queste feste. Questa della Madonna della Neve è stata ripresa dal CTG con Delibori e il maestro Marangoni di Caprino, questa come altre feste che hanno avuto un buon successo. Anche la festa di San Michel in Prada era quasi scomparsa, adesso è diventata una fiera. Dopo la festa si va sulla malga, che è la malga dell’Ortigara, dove si mangia con menù completo e qui è a pagamento naturalmente con costi quasi simbolici, queste malghe sono molto caratteristiche, sono chiamate “le navi” perché sembrano delle navi che puntano verso il lago. Anche qui l’afflusso di gente è notevole. Un’altra festa della Madonna della Neve si fa a Malcesine dove c’è l’arrivo della funivia, una volta andavano a quella che c’è in Trentino, poi, essendo distante, hanno fatto una chiesetta per ricordare questa Madonna della Neve. Scorrendo le foto viene mostrata quella della “Fintana querta” Fontana coperta, si trova sulla strada per andare a “Le Cà”.
  • 11. 11 A Malcesine ci sono le feste dei Santi Benigno e Caro, i due eremiti che vivevano sopra Cassone a oltre 800 metri di altitudine dove c’è l’eremo. Le ossa sono in un’urna a Malcesine, per aprirla ci vogliono tre chiavi che sono custodite da tre persone diverse, per essere sicuri che nessuno le porti via. Al giorno d’oggi le reliquie non hanno un significato particolare ma un tempo erano importantissime perché avere una reliquia di qualche santo voleva dire avere la sua protezione. C’è da dire che non badavano tanto per il sottile per potersele procurare, per esempio i Veneziani hanno rubato le reliquie di San Marco in Egitto, lo hanno messo su una nave in mezzo a carne di maiale in modo che i musulmani non la controllassero, anche Santa Lucia è arrivata a Venezia attraverso qualche giro non proprio chiaro, il furto delle reliquie era una cosa che succedeva normalmente. A riguardo dei Santi Benigno e Caro, raccontano che, essendoci una rivalità fra gli abitanti di Cassone e quelli di Malcesine, quelli di Cassone sono chiamati “ciusa santi” cioè quelli che prendono in giro i Santi perché secondo la tradizione sono quelli che hanno fatto la spia quando nel romitorio dove c’erano questi due santi che non erano fratelli come alcuni pensano, Benigno era il priore e Caro era il discepolo, c’era una donna, Santa Olivetta o Oliva, che dicevano venisse dalla sponda Bresciana e andava a fare le faccende domestiche agli eremiti, veniva senza farsi vedere da nessuno, alcuni di Cassone hanno fatto la spia al Vescovo e lui ha mandato un ispettore per vedere cosa succedeva, quando arriva all’eremo non c’era niente da dargli da mangiare, San Benigno allora disse a Caro di andare nell’orto a cercare qualcosa, lui va e gli porta le rape, non era la stagione delle rape, erano state piantate la sera prima e il giorno dopo erano già cresciute, da qui il detto: “le è come le ràve de San Benigno e Caro” per indicare qualcosa che cresce in fretta. Visto
  • 12. 12 questo l’ispettore del Vescovo disse che loro non avevano fatto niente di male e gli diede l’assoluzione. Al tempo Cassone era nel Comune di Brenzone, poi sono stati cacciati e sono andati sotto il Comune di Malcesine, come quasi per punizione, dicono che questo fatto nascondesse un altro aspetto, cioè che quelli di Malcesine avessero rubato le reliquie di San Benigno e Caro che erano a Cassone, da qui questa storia del furto delle reliquie e in alcuni aspetti anche folkloristici bisogna saper estrarre anche qualche aspetto reale. Dicono che le due teste di notte si spostano e il giorno dopo si ritrova la testa che era a sinistra a destra e viceversa. Questo è interessante perché si vede il contorno che c’era attorno alla figura di questi due Santi Eremiti, come le rape, o quello della merla, era tutta una mitologia che si creava, erano storie che si raccontavano nei “filò”, quando non c’era la televisione, la gente si radunava nelle stalle e si raccontavano le storie ed erano anche queste storie, e c’era sempre quello che aggiungeva qualcosa, più uno aveva fantasia più era considerato bravo e ricercato, tutti questi aneddoti poi diventavano eterni perché poi chissà da quanto tempo raccontano di questo. San Benigno e Caro comunque sono esistiti, non erano completamente immaginari, ma anche qui, come in altri aspetti, storia e leggenda si mescolano. Il fatto che vengono chiamati a Verona per spostare il corpo di San Zeno da una chiesa all’altra dicono sia realmente accaduto. Traslazione di San Zeno: i santi Begnino e Caro trasportano il corpo di san Zeno; Basilica di San Zeno, Verona.
  • 13. 13 Una curiosità riguardante Malcesine, vicino al castello c’è il vicolo più stretto al mondo, si chiama “Pica l’of” dovrebbe essere largo 70 centimetri, ricorda un lupo che si era perso sul Baldo e terrorizzava il paese, venne inseguito dagli abitanti che lo incastrarono n questo vicolo e riuscirono ad ucciderlo, nella zona poi c’è il fiume Aril, a Cassone, che è considerato il fiume più corto del mondo con i suoi 173 metri di lunghezza, è un fiume e non un torrente perché ha sempre acqua, cioè non si è mai asciugato anche se dicono che nel 2003 quando c’è stata la famosa siccità, per poco tempo si è fermato l’afflusso di acqua ma sembra che nessuno l’abbia reso noto quindi è sempre rimasto fiume. I Santi Benigno e Caro si trovano anche nella Chiesa di San Giovanni a Torri, questo indica che il loro culto era diffuso anche nelle zone vicine. Una curiosità: mio bisnonno si chiamava Benigno, suo fratello Caro e sua sorella Oliva ed erano di Torri. A Malcesine ci sono 40 capitelli intitolati a questi Santi. Sulla strada che porta da Cassone all’eremo dei Santi si trova il Capitello della Merla che ricorda il miracolo della merla appunto. E’ posto sulla Valle del Torrente che è quella che comprende il Baloc tacà via, la valle del Torrente quindi non è aperta fino in fondo ad Assenza ma si ferma perché ostruita dal Baloc come abbiamo visto precedentemente.
  • 14. 14 Tornando alla Merla, quando San Benigno parte per andare a Verona perché chiamato dal Vescovo, trova una merla che lo blocca sulla strada starnazzando, praticamente è il simbolo del demonio, che cerca di fermarlo, lui gli ordina di fermarsi lì, lei si blocca, al ritorno poi si dimentica di togliere la maledizione e quindi la trova morta stecchita e allora si dice che abbia fatto un periodo di digiuno ad espiazione, allora rispettavano molto gli animali questi eremiti. Il capitello è del 1837 ed è stato fatto a ricordo di questo episodio. La chiesa che c’è all’eremo venne costruita con le rimesse degli emigranti dell’America, gli emigranti di Malcesine e di Cassone che erano andati in America mandavano i sodi per fare questa chiesa. L’eremo non era dove c’è la chiesa ma vicino, nella roccia. Alla festa dei Santi, dopo la messa si fa una processione molto breve, si parte dalla chiesa e si va sul bordo della valle, il panorama è uno spettacolo unico. Malcesine e Cassone fanno due feste distinte, il 27 luglio quelli di Malcesine, il giorno della morte degli eremiti, e invece il 16 agosto quelli di Cassone, non riescono ad unificare la festa. C’è sempre la gara a chi fa la festa più ricca. Un’altra curiosità e anche una cosa bella da vedere a Malcesine è il Triduo. C’è una confraternita che cura l’allestimento di questo Triduo, organizza delle lotterie per autofinanziarsi. C’è la “macchina del Triduo” che è praticamente tutto il supporto tutto lo scheletro, l’intelaiatura che sostiene le candele. Questo Triduo di Malcesine, a differenza di altri, è originale perché le candele sono vere e proprie candele, mentre per esempio in un altro paese dove si fa, un paese del Basso Lago Bresciano all’interno, in Val Vestino, mi sembra Magasa, adoperano candele elettriche. A Malcesine sono 627 candele e ricordano tutti i capo famiglie di Malcesine che hanno fatto per ex-voto questa festa che era una festa dei morti, venivano ricordati i morti
  • 15. 15 del tempo, allora morivano come le mosche, sia per epidemie sia per le guerre, in quei tempi, ai primi del ‘700 quando hanno fatto questo apparato, c’era la Guerra di Secessione Spagnola che ha interessato i nostri paesi del Lago, e ha provocato numerosi morti. Entrando in Chiesa si vede una tenda tirata davanti all’altare, questo per nascondere quelli che stanno preparando accendendo le candele, questo c’era anche a Torri fino all’inizio del ‘900 poi non l’hanno più fatta e le assi dell’impalcatura le hanno messe a San Giovanni nella Chiesa sconsacrata dove erano accampati dei soldati francesi che per scaldarsi hanno bruciato tutto. Le statue che fanno parte di questo arredo è Barocco, infatti è un esplosione di Barocco, un colpo d’occhio notevole, il gusto Barocco che deve colpire i sensi, una persona che vede questo spettacolo deve uscire con i sensi soddisfatti.