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Allo stesso modo, avendo qua-
le punto di riferimento un Re-
golamento Europeo vincolante,
erano chiari alcuni requisiti di
coerenza. Eppure, per merito e
per metodo, la bozza resa pub-
blica dal Ministro della Semplifi-
cazione e della Pubblica Ammi-
nistrazione, Marianna Madia, ha
suscitato notevoli polemiche,
scatenando, ex post, un dibatti-
to con gli addetti ai lavori sui ri-
sultati di un prodotto che, al
momento, viene letto in modo
molto contraddittorio, rilevando
l’introduzione di principi forti,
quali i diritti digitali di cittadini e
di imprese, ma anche segnalan-
do la rinuncia a perseguire con
convinzione quei temi altrettan-
to delicati e importanti su cui la
PA si è mostrata più refrattaria.
Secondo ‘round’
Il 23 febbraio, alcuni referenti isti-
tuzionali, tra cui Paolo Coppola,
Presidente del Tavolo permanente
per l’innovazione e l’agenda digitale
alla Presidenza del Consiglio dei Mi-
nistri e consigliere per il digitale del
ministro Madia, Stefano Quintarelli,
Presidente del Comitato d’indiriz-
zo dell’Agenzia per l’Italia digitale,
Antonio Samaritani, Direttore ge-
nerale di Agid, Elio Gullo, dirigen-
te del Dipartimento della Funzione
Pubblica presso l’Ufficio per la Mo-
dernizzazione delle Pubbliche Am-
ministrazioni, Riccardo Luna, Digi-
tal Champion italiano hanno invitato
a Palazzo Vidoni alcuni esponenti
del mondo associativo, accademi-
co e diversi esperti di diritto a con-
frontarsi sul tema. In questa sede,
sono state raccolte le osservazioni
dei presenti e, ancora, sono nate
polemiche sui criteri di scelta degli
stessi. Di certo, la bozza di decre-
to dovrà adesso essere discussa nel-
le opportune sedi parlamentari,
prima di essere approvata nella
sua versione definitiva (approva-
zione che dovrebbe avvenire in
tempi piuttosto rapidi, visto che il
d.lgs. dovrebbe entrare in vigore a
partire dal 1° luglio 2016).
Una revisione indispensabile
Su tutto, emerge la voglia di get-
tare basi giuridiche forti per quei
punti dell’Agenda digitale legati al-
l’identità digitale, quali l’Anagrafe
unica, lo Spid e Italia Login, co-
struendo un percorso che superi la
frammentazione attuale, ma le im-
plicazioni insite nella stesura dei di-
versi articoli hanno innescato rea-
zioni e osservazioni che fanno in-
travvedere la necessità di un con-
fronto più aperto e condiviso di
quanto fatto.
Innov@zione.PA ha raccolto così le
impressioni di due stakeholder
‘pre’ e ‘post’ confronto, registran-
do considerazioni e necessità di ri-
flessione sui diversi punti.
GENNAIO FEBBRAIO 2016
‘NUOVO’ CAD
S ICENAR
16
L’Avvocato Andrea Lisi, Presi-
dente dell’Associazione Nazio-
nale per Operatori e Responsabili
della Conservazione digitale dei
documenti (ANORC), è uno degli os-
servatori recentemente intervenuti
nel dibattito suscitato dallo schema
di revisione del CAD.
Ne abbiamo raccolto le impressio-
ni come giurista e esperto di docu-
menti digitali e conservazione degli
stessi, aspetto centrale per il famo-
so spin off digitale della PA.
“L'azione di revisione del CAD de-
nota sicuramente attenzione al tema
dell'Amministrazione digitale da
parte di questo Governo e si inse-
risce in un solco di interventi nor-
mativi sul Codice cui, in effetti, non
sono stati estranei neanche i governi
precedenti. In effetti, esiste la ne-
cessità di armonizzarlo con la nor-
mativa comunitaria prevista dal Re-
golamento e-IDAS. Fatta questa
premessa, emergono però alcune
note problematiche connesse al-
l'intenzione stessa di innovare tra-
mite normativa”.
È un sistema che non la convince?
“In Italia, il primo taglio necessario,
piuttosto che alle spese, andrebbe
rivolto alle normative. Purtroppo si
continua ad affastellare normativa
primaria, rendendo il nostro sistema
sempre più pletorico. In Italia, se-
condo Luca Attias, le norme sono un
numero imprecisato tra le 70.000 e
165.000. Il Paese europeo che ci se-
gue più da vicino è la Francia, con
circa 7.000 leggi. Pensare di som-
mare normative e credere di fare in-
novazione è sbagliato. Serve un
grande lavoro di semplificazione.
È un problema già noto al diritto ro-
mano, arrivato intatto sino a noi.
Tacito ricorda che ‘corruptissima re
publica, plurimae leges’. Abbiamo
un'emergenza normativa nazionale
che non risolve l'emergenza digita-
le. La nostra è una Repubblica dove
due fenomeni sono evidenti e col-
legati: la corruzione e il ritardo di-
gitale. Oggi il governo sta cercan-
do di risolvere il ritardo con nor-
mative generali, aggiungendo nuo-
ve indicazioni a quelle esistenti”.
Quali sono gli elementi di maggio-
re debolezza del CAD?
“Nel Codice mancavano e conti-
nuano a mancare le sanzioni.
Continuano a indicare all’Ammini-
strazione pubblica, centrale e loca-
le, di digitalizzarsi, a dirgli che que-
sto sforzo deve essere compiuto a
costo zero, ma, al tempo stesso, ras-
sicurano chi non fa nulla. Riformare
il Codice senza questo elemento è
fare un ulteriore passo indietro.
Si dovrebbe premiare chi ha af-
frontato i cambiamenti del digitale
e rendere cogenti i principi intro-
dotti, sostenere il tutto con regole
tecniche più precise e stabilire le san-
zioni per i 'burocrati della carta'”.
Cosa cambia per il tema della digi-
talizzazione?
“Si deve riconoscere il lavoro fatto
sulle definizioni per renderle più
compatibili con il regolamento di e-
IDAS. In questo senso, si sta conti-
nuando a lavorare ed il Governo si
sta aprendo anche ai contributi di as-
sociazioni e portatori di interesse di-
versi. Probabilmente avrebbe do-
vuto farlo prima, anche per una mag-
giore trasparenza sull'iter formativo
di questa norma. Notiamo che si è
cercato di rendere più severe le nor-
me di accreditamento dei certifica-
tori per gestire determinati pro-
cessi delicati, come il rilascio di fir-
me elettroniche, pec e conserva-
zione dei documenti digitali.
Sono stati stabiliti nuovi requisiti eco-
nomici per svolgere questi compi-
ti e si richiedono garanzie analoghe
a quelle richieste dal legislatore
alle banche. Molti certificatori, ac-
creditati con un capitale di 200.000
euro, con il nuovo testo se ne ve-
dono richiedere milioni. Si rischia di
bloccare un mercato, dopo averlo in
precedenza autorizzato.
Altro principio generale che lascia
VERSO LA RICOMPOSIZIONE DEL DIBATTITO SULLE NUOVE NORME PER LA PA DIGITALE
In attesa di un Codice ‘più partecipato’
Lo schema di decreto, al momento, viene letto in modo contraddittorio
LE OSSERVAZIONI CHE RIASSUMONO MOLTE DELLE PERPLESSITÀ SUL TEMA
Le riflessioni degli esperti
Marianna Madia,
Ministro della Semplificazione e della PA
segue da pag.1
‘NUOVO’ CAD
S ICENAR
17GENNAIO FEBBRAIO 2016
perplessi riguarda la difficoltà, per
i privati, di conservare tante tipolo-
gie di documenti digitali, come fat-
ture, pec ecc., alla quale il Codice
risponde esentando il privato lad-
dove i documenti siano conservabili
e conservati all'interno di un fasci-
colo digitale previsto dalla PA,
come quello sanitario o fiscale: mi
sembra un approccio semplicistico
ad un problema reale”.
Quali problemi intravede?
“C'è il rischio che i cittadini risulti-
no spossessati dei propri docu-
menti, essendo tutto affidato alla PA
che, in determinate occasioni, il
cittadino può ritrovare nel ruolo di
controparte. Immaginiamo un Ente
come l'Agenzia delle entrate che
conservi copia delle fatture o le di-
chiarazioni dei redditi di un privato:
se dovesse aprirsi un contenzioso tri-
butario, di fronte ad un giudice, il cit-
tadino sarebbe nella condizione di
dover chiedere documenti e prove
a chi ha l'interesse contrapposto.
Si tratta di uno stra-
volgimento delle re-
gole del diritto: i cit-
tadini devono rima-
nere nel pieno con-
trollo dei propri do-
cumenti, anche se di-
gitalizzati. Probabil-
mente lo Stato dovrebbe favorire la
creazione di poli archivistici digita-
li anche a favore dei privati, che so-
stengano soprattutto cittadini, pro-
fessionisti e piccole imprese nella
complessa attività di conservazione,
garantendone l'imparzialità nella
gestione”.
Uno degli aspetti più controversi tra
chi ha commentato lo schema di
decreto è il tema delle fantomati-
che ‘regole tecniche’, senza le
quali i principi non possono trova-
re applicazione. La sua opinione?
“Il Codice è pieno di principi che
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senti per altri. Occorre uniformar-
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professionisti digitali nella PA che
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to in essere e la trasformazione”.
In altre parole, poche persone capaci
e un contesto che non invoglia a
cambiare le cose?
“Le Amministrazioni, nel quotidia-
no, sono guidate da burocrati ancora
legati ad una visione cartacea dei
documenti e, al tempo stesso, tra i
cittadini non c'è consapevolezza e
attesa nelle alternative. Ricordo che
il Codice prevedeva sin dal 2005
l'importanza di azioni di formazione
sui dipendenti e di informazione ed
alfabetizzazione per i cittadini.
Mi sembra che nel complesso i di-
versi governi succedutisi in questi
anni non abbiano conseguito par-
ticolari risultati”.
A proposito di sicurezza, cosa ne
pensa della rimozione dell’articolo
50 bis, l’obbligo di predisposizione
dei piani di disaster recovery e con-
tinuità operativa per le PA?
“Era un elemento fondamentale.
Si trattava di disposizione cogente
ma non sanzionata, cui alcune Am-
ministrazioni virtuose si erano ade-
guate inoltrando i pia-
ni ad AgID. Di fronte
alle mancanze delle
altre, piuttosto che
semplificare o inter-
venire a sostegno, si è
ritenuto più realistico
abrogare l'articolo.
Ma senza serie regole sulla sicurez-
za la digitalizzazione è un processo
difficile da completare”.
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Affidare il compito a operatori spe-
cializzati, ai certificatori stessi?
“Il problema è il metodo poco tra-
sparente con il quale si è arrivati al-
l’articolato: operazioni come quel-
la dell'articolo 50bis non sono spie-
gate, si possono fare soltanto del-
le supposizioni. Forse l'intenzione è
quella di affidare ad un ente come
AgID il compito di sviluppare un
quadro di regole e disposizioni uni-
tario. Ma, guardando allo stato rea-
le delle cose, risulta difficile pensa-
re che questo possa concretizzarsi.”.
Flavia Marzano, Presidente degli
Stati Generali dell'Innovazione, è tra
gli esperti che hanno partecipato alla
riunione di Palazzo Vidoni.
Durante l’incontro, le Associazioni
hanno illustrato le proprie osserva-
zioni, sollecitando un confronto per
accompagnare ancora l’iter di que-
sto importante strumento...
"È positivo il fatto di essere stati au-
diti. Non si sa con certezza quale sia
stata la nascita dell'invito né con
quale criterio siano stati scelti i par-
tecipanti. Scelte che lasciano per-
plessi nel metodo e nel merito.
Comunque, l'invito è stato corredato
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emendamenti che ritenevamo op-
portuni. Come Stati Generali del-
l'Innovazione abbiamo presentato
una ventina di proposte”.
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le modalità poco condivise che
hanno portato alla proposta.
“In effetti, c'è ancora tempo per ar-
rivare ad una elaborazione più ra-
gionata e attenta del testo. Sareb-
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to un relatore per questa legge.
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cia carico, in modo trasparente e
continuativo, di mantenere aperto
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Si decida quanti e quali, ma sempre
in maniera trasparen-
te. Nei giorni scorsi è
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ci è stato chiesto,
come associazione,
di aiutare a definire
strumenti e modelli di consultazio-
ne. Abbiamo fatto un percorso di la-
voro e proposto un paio di soluzio-
ni sulla cui base è stata è stata pre-
sa una decisione ed intavolata una
discussione. C'è un documento on
line e la possibilità di fare osserva-
zioni, commenti e proposte per un
periodo di tre mesi. Secondo me, l'i-
ter per il CAD dovrebbe essere ana-
logo: individuare una guida sicura,
ma consentire anche la discussione
e la condivisione. E lo stesso di-
scorso vale per il Foia”.
Anche su questo fronte è mancata
l’apertura al confronto?
“Sul Freedom of Information Act la
mancanza di confronto ha portato
addirittura all'inserimento di un
principio che è la negazione stessa
del nome. Si tratta del ‘silenzio - di-
niego’. Se il cittadino vuole dei
dati, deve ricorrere al Tar, non ci sono
alternative. Di fatto, l'Amministra-
zione Pubblica può prendere tem-
po per valutare la richiesta di accesso
alle informazioni e, se non risponde
nei termini previsti, la richiesta si ri-
tiene rifiutata. Come titolo, a que-
sto punto, “Libertà di informazione”
sembra almeno un po' stridente”.
Sembrano soluzioni che giustifica-
no e risolvono l’inerzia burocratica.
“Mettendo vicine disposizioni come
la rimozione dell'obbligo dei piani
di disaster recovery a concetti come
il silenzio-diniego per il FOIA, sem-
bra farsi strada l'idea di eliminare
quelle norme che, nella realtà, le PA
non sono state in grado o non
hanno interesse ad adottare, inclu-
si gli open data, mentre bisogne-
rebbe chiedersi come mai queste di-
sposizioni siano state disattese.
Probabilmente, occorre rivederle
alla luce della reale applicabilità ma,
prima di azzerarle, andrebbe mes-
so in campo un gruppo di lavoro per
decidere realmente quelle neces-
sarie e come sia possibile arrivare ad
un risultato ragionevole. Eliminare
dal codice ogni riferimento alla di-
saster recovery e al piano di conti-
nuità operativa, invece, significa
prendere atto del fat-
to che, essendo po-
che quelle dotate di
questo strumento, si
levano tutte le altre
dall’imbarazzo. D’altra
parte, la grande fram-
mentarietà delle PA
rende difficile pensare soluzioni
univoche, a prescindere da dimen-
sioni e capacità. Però è anche vero
che un conto è perdere i dati di un
Comune di 100 abitanti, un altro è
perdere i dati dei pazienti di un
ospedale. Se non si possono lasciare
come sono norme che non hanno
portato frutti, forse occorre vedere
cosa non ha funzionato: mancanza
di sanzioni, di strumenti d'aiuto, di
regole tecniche?”.
Sono state decise ulteriori tappe di
confronto?
"No, per il momento. Alle persone
invitate è stato indicato un tempo
per produrre delle osservazioni.
Questi emendamenti sono stati
raccolti, ma sul prosieguo dell'iter
non ci sono indicazioni. In termini di
trasparenza sarebbe interessante
definire e rendere pubblica una
road map sui passi che porteranno
alla normativa completa. Così da sa-
pere sino a quando gli stakeholder
potranno partecipare alla discus-
sione e quando, invece, comincerà
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  • 1. Allo stesso modo, avendo qua- le punto di riferimento un Re- golamento Europeo vincolante, erano chiari alcuni requisiti di coerenza. Eppure, per merito e per metodo, la bozza resa pub- blica dal Ministro della Semplifi- cazione e della Pubblica Ammi- nistrazione, Marianna Madia, ha suscitato notevoli polemiche, scatenando, ex post, un dibatti- to con gli addetti ai lavori sui ri- sultati di un prodotto che, al momento, viene letto in modo molto contraddittorio, rilevando l’introduzione di principi forti, quali i diritti digitali di cittadini e di imprese, ma anche segnalan- do la rinuncia a perseguire con convinzione quei temi altrettan- to delicati e importanti su cui la PA si è mostrata più refrattaria. Secondo ‘round’ Il 23 febbraio, alcuni referenti isti- tuzionali, tra cui Paolo Coppola, Presidente del Tavolo permanente per l’innovazione e l’agenda digitale alla Presidenza del Consiglio dei Mi- nistri e consigliere per il digitale del ministro Madia, Stefano Quintarelli, Presidente del Comitato d’indiriz- zo dell’Agenzia per l’Italia digitale, Antonio Samaritani, Direttore ge- nerale di Agid, Elio Gullo, dirigen- te del Dipartimento della Funzione Pubblica presso l’Ufficio per la Mo- dernizzazione delle Pubbliche Am- ministrazioni, Riccardo Luna, Digi- tal Champion italiano hanno invitato a Palazzo Vidoni alcuni esponenti del mondo associativo, accademi- co e diversi esperti di diritto a con- frontarsi sul tema. In questa sede, sono state raccolte le osservazioni dei presenti e, ancora, sono nate polemiche sui criteri di scelta degli stessi. Di certo, la bozza di decre- to dovrà adesso essere discussa nel- le opportune sedi parlamentari, prima di essere approvata nella sua versione definitiva (approva- zione che dovrebbe avvenire in tempi piuttosto rapidi, visto che il d.lgs. dovrebbe entrare in vigore a partire dal 1° luglio 2016). Una revisione indispensabile Su tutto, emerge la voglia di get- tare basi giuridiche forti per quei punti dell’Agenda digitale legati al- l’identità digitale, quali l’Anagrafe unica, lo Spid e Italia Login, co- struendo un percorso che superi la frammentazione attuale, ma le im- plicazioni insite nella stesura dei di- versi articoli hanno innescato rea- zioni e osservazioni che fanno in- travvedere la necessità di un con- fronto più aperto e condiviso di quanto fatto. Innov@zione.PA ha raccolto così le impressioni di due stakeholder ‘pre’ e ‘post’ confronto, registran- do considerazioni e necessità di ri- flessione sui diversi punti. GENNAIO FEBBRAIO 2016 ‘NUOVO’ CAD S ICENAR 16 L’Avvocato Andrea Lisi, Presi- dente dell’Associazione Nazio- nale per Operatori e Responsabili della Conservazione digitale dei documenti (ANORC), è uno degli os- servatori recentemente intervenuti nel dibattito suscitato dallo schema di revisione del CAD. Ne abbiamo raccolto le impressio- ni come giurista e esperto di docu- menti digitali e conservazione degli stessi, aspetto centrale per il famo- so spin off digitale della PA. “L'azione di revisione del CAD de- nota sicuramente attenzione al tema dell'Amministrazione digitale da parte di questo Governo e si inse- risce in un solco di interventi nor- mativi sul Codice cui, in effetti, non sono stati estranei neanche i governi precedenti. In effetti, esiste la ne- cessità di armonizzarlo con la nor- mativa comunitaria prevista dal Re- golamento e-IDAS. Fatta questa premessa, emergono però alcune note problematiche connesse al- l'intenzione stessa di innovare tra- mite normativa”. È un sistema che non la convince? “In Italia, il primo taglio necessario, piuttosto che alle spese, andrebbe rivolto alle normative. Purtroppo si continua ad affastellare normativa primaria, rendendo il nostro sistema sempre più pletorico. In Italia, se- condo Luca Attias, le norme sono un numero imprecisato tra le 70.000 e 165.000. Il Paese europeo che ci se- gue più da vicino è la Francia, con circa 7.000 leggi. Pensare di som- mare normative e credere di fare in- novazione è sbagliato. Serve un grande lavoro di semplificazione. È un problema già noto al diritto ro- mano, arrivato intatto sino a noi. Tacito ricorda che ‘corruptissima re publica, plurimae leges’. Abbiamo un'emergenza normativa nazionale che non risolve l'emergenza digita- le. La nostra è una Repubblica dove due fenomeni sono evidenti e col- legati: la corruzione e il ritardo di- gitale. Oggi il governo sta cercan- do di risolvere il ritardo con nor- mative generali, aggiungendo nuo- ve indicazioni a quelle esistenti”. Quali sono gli elementi di maggio- re debolezza del CAD? “Nel Codice mancavano e conti- nuano a mancare le sanzioni. Continuano a indicare all’Ammini- strazione pubblica, centrale e loca- le, di digitalizzarsi, a dirgli che que- sto sforzo deve essere compiuto a costo zero, ma, al tempo stesso, ras- sicurano chi non fa nulla. Riformare il Codice senza questo elemento è fare un ulteriore passo indietro. Si dovrebbe premiare chi ha af- frontato i cambiamenti del digitale e rendere cogenti i principi intro- dotti, sostenere il tutto con regole tecniche più precise e stabilire le san- zioni per i 'burocrati della carta'”. Cosa cambia per il tema della digi- talizzazione? “Si deve riconoscere il lavoro fatto sulle definizioni per renderle più compatibili con il regolamento di e- IDAS. In questo senso, si sta conti- nuando a lavorare ed il Governo si sta aprendo anche ai contributi di as- sociazioni e portatori di interesse di- versi. Probabilmente avrebbe do- vuto farlo prima, anche per una mag- giore trasparenza sull'iter formativo di questa norma. Notiamo che si è cercato di rendere più severe le nor- me di accreditamento dei certifica- tori per gestire determinati pro- cessi delicati, come il rilascio di fir- me elettroniche, pec e conserva- zione dei documenti digitali. Sono stati stabiliti nuovi requisiti eco- nomici per svolgere questi compi- ti e si richiedono garanzie analoghe a quelle richieste dal legislatore alle banche. Molti certificatori, ac- creditati con un capitale di 200.000 euro, con il nuovo testo se ne ve- dono richiedere milioni. Si rischia di bloccare un mercato, dopo averlo in precedenza autorizzato. Altro principio generale che lascia VERSO LA RICOMPOSIZIONE DEL DIBATTITO SULLE NUOVE NORME PER LA PA DIGITALE In attesa di un Codice ‘più partecipato’ Lo schema di decreto, al momento, viene letto in modo contraddittorio LE OSSERVAZIONI CHE RIASSUMONO MOLTE DELLE PERPLESSITÀ SUL TEMA Le riflessioni degli esperti Marianna Madia, Ministro della Semplificazione e della PA segue da pag.1
  • 2. ‘NUOVO’ CAD S ICENAR 17GENNAIO FEBBRAIO 2016 perplessi riguarda la difficoltà, per i privati, di conservare tante tipolo- gie di documenti digitali, come fat- ture, pec ecc., alla quale il Codice risponde esentando il privato lad- dove i documenti siano conservabili e conservati all'interno di un fasci- colo digitale previsto dalla PA, come quello sanitario o fiscale: mi sembra un approccio semplicistico ad un problema reale”. Quali problemi intravede? “C'è il rischio che i cittadini risulti- no spossessati dei propri docu- menti, essendo tutto affidato alla PA che, in determinate occasioni, il cittadino può ritrovare nel ruolo di controparte. Immaginiamo un Ente come l'Agenzia delle entrate che conservi copia delle fatture o le di- chiarazioni dei redditi di un privato: se dovesse aprirsi un contenzioso tri- butario, di fronte ad un giudice, il cit- tadino sarebbe nella condizione di dover chiedere documenti e prove a chi ha l'interesse contrapposto. Si tratta di uno stra- volgimento delle re- gole del diritto: i cit- tadini devono rima- nere nel pieno con- trollo dei propri do- cumenti, anche se di- gitalizzati. Probabil- mente lo Stato dovrebbe favorire la creazione di poli archivistici digita- li anche a favore dei privati, che so- stengano soprattutto cittadini, pro- fessionisti e piccole imprese nella complessa attività di conservazione, garantendone l'imparzialità nella gestione”. Uno degli aspetti più controversi tra chi ha commentato lo schema di decreto è il tema delle fantomati- che ‘regole tecniche’, senza le quali i principi non possono trova- re applicazione. La sua opinione? “Il Codice è pieno di principi che rinviano a regole tecniche, per certi aspetti troppo numerose e as- senti per altri. Occorre uniformar- le e completarle, portandole al- l'interno di un testo unico, specie nel campo della sicurezza. Oggi ab- biamo un codice migliorato, ma an- cora privo di elementi sanzionato- ri e di regole tecniche coordinate. Il tema principale è la mancanza di professionisti digitali nella PA che dovrebbero gestire il cambiamen- to in essere e la trasformazione”. In altre parole, poche persone capaci e un contesto che non invoglia a cambiare le cose? “Le Amministrazioni, nel quotidia- no, sono guidate da burocrati ancora legati ad una visione cartacea dei documenti e, al tempo stesso, tra i cittadini non c'è consapevolezza e attesa nelle alternative. Ricordo che il Codice prevedeva sin dal 2005 l'importanza di azioni di formazione sui dipendenti e di informazione ed alfabetizzazione per i cittadini. Mi sembra che nel complesso i di- versi governi succedutisi in questi anni non abbiano conseguito par- ticolari risultati”. A proposito di sicurezza, cosa ne pensa della rimozione dell’articolo 50 bis, l’obbligo di predisposizione dei piani di disaster recovery e con- tinuità operativa per le PA? “Era un elemento fondamentale. Si trattava di disposizione cogente ma non sanzionata, cui alcune Am- ministrazioni virtuose si erano ade- guate inoltrando i pia- ni ad AgID. Di fronte alle mancanze delle altre, piuttosto che semplificare o inter- venire a sostegno, si è ritenuto più realistico abrogare l'articolo. Ma senza serie regole sulla sicurez- za la digitalizzazione è un processo difficile da completare”. Quale può essere la soluzione? Affidare il compito a operatori spe- cializzati, ai certificatori stessi? “Il problema è il metodo poco tra- sparente con il quale si è arrivati al- l’articolato: operazioni come quel- la dell'articolo 50bis non sono spie- gate, si possono fare soltanto del- le supposizioni. Forse l'intenzione è quella di affidare ad un ente come AgID il compito di sviluppare un quadro di regole e disposizioni uni- tario. Ma, guardando allo stato rea- le delle cose, risulta difficile pensa- re che questo possa concretizzarsi.”. Flavia Marzano, Presidente degli Stati Generali dell'Innovazione, è tra gli esperti che hanno partecipato alla riunione di Palazzo Vidoni. Durante l’incontro, le Associazioni hanno illustrato le proprie osserva- zioni, sollecitando un confronto per accompagnare ancora l’iter di que- sto importante strumento... "È positivo il fatto di essere stati au- diti. Non si sa con certezza quale sia stata la nascita dell'invito né con quale criterio siano stati scelti i par- tecipanti. Scelte che lasciano per- plessi nel metodo e nel merito. Comunque, l'invito è stato corredato da un modulo sul quale annotare gli emendamenti che ritenevamo op- portuni. Come Stati Generali del- l'Innovazione abbiamo presentato una ventina di proposte”. Molte delle perplessità riguardano le modalità poco condivise che hanno portato alla proposta. “In effetti, c'è ancora tempo per ar- rivare ad una elaborazione più ra- gionata e attenta del testo. Sareb- be opportuno che venisse nomina- to un relatore per questa legge. Serve un referente politico che si fac- cia carico, in modo trasparente e continuativo, di mantenere aperto lo spazio collaborativo di interazio- ne e confronto con gli stakeholder. Si decida quanti e quali, ma sempre in maniera trasparen- te. Nei giorni scorsi è stato presentato un disegno di legge sul- la sharing economy e ci è stato chiesto, come associazione, di aiutare a definire strumenti e modelli di consultazio- ne. Abbiamo fatto un percorso di la- voro e proposto un paio di soluzio- ni sulla cui base è stata è stata pre- sa una decisione ed intavolata una discussione. C'è un documento on line e la possibilità di fare osserva- zioni, commenti e proposte per un periodo di tre mesi. Secondo me, l'i- ter per il CAD dovrebbe essere ana- logo: individuare una guida sicura, ma consentire anche la discussione e la condivisione. E lo stesso di- scorso vale per il Foia”. Anche su questo fronte è mancata l’apertura al confronto? “Sul Freedom of Information Act la mancanza di confronto ha portato addirittura all'inserimento di un principio che è la negazione stessa del nome. Si tratta del ‘silenzio - di- niego’. Se il cittadino vuole dei dati, deve ricorrere al Tar, non ci sono alternative. Di fatto, l'Amministra- zione Pubblica può prendere tem- po per valutare la richiesta di accesso alle informazioni e, se non risponde nei termini previsti, la richiesta si ri- tiene rifiutata. Come titolo, a que- sto punto, “Libertà di informazione” sembra almeno un po' stridente”. Sembrano soluzioni che giustifica- no e risolvono l’inerzia burocratica. “Mettendo vicine disposizioni come la rimozione dell'obbligo dei piani di disaster recovery a concetti come il silenzio-diniego per il FOIA, sem- bra farsi strada l'idea di eliminare quelle norme che, nella realtà, le PA non sono state in grado o non hanno interesse ad adottare, inclu- si gli open data, mentre bisogne- rebbe chiedersi come mai queste di- sposizioni siano state disattese. Probabilmente, occorre rivederle alla luce della reale applicabilità ma, prima di azzerarle, andrebbe mes- so in campo un gruppo di lavoro per decidere realmente quelle neces- sarie e come sia possibile arrivare ad un risultato ragionevole. Eliminare dal codice ogni riferimento alla di- saster recovery e al piano di conti- nuità operativa, invece, significa prendere atto del fat- to che, essendo po- che quelle dotate di questo strumento, si levano tutte le altre dall’imbarazzo. D’altra parte, la grande fram- mentarietà delle PA rende difficile pensare soluzioni univoche, a prescindere da dimen- sioni e capacità. Però è anche vero che un conto è perdere i dati di un Comune di 100 abitanti, un altro è perdere i dati dei pazienti di un ospedale. Se non si possono lasciare come sono norme che non hanno portato frutti, forse occorre vedere cosa non ha funzionato: mancanza di sanzioni, di strumenti d'aiuto, di regole tecniche?”. Sono state decise ulteriori tappe di confronto? "No, per il momento. Alle persone invitate è stato indicato un tempo per produrre delle osservazioni. Questi emendamenti sono stati raccolti, ma sul prosieguo dell'iter non ci sono indicazioni. In termini di trasparenza sarebbe interessante definire e rendere pubblica una road map sui passi che porteranno alla normativa completa. Così da sa- pere sino a quando gli stakeholder potranno partecipare alla discus- sione e quando, invece, comincerà l'iter parlamentare". I cittadini devono rimanere nel pieno controllo dei propri documenti, anche digitalizzati I Piani di disaster recovery e continuità operativa elementi fondamentali non sopprimibili