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Innovare per le persone
Stefano Dominici - usertest/lab
L’idea di innovazione che spesso è associata al nostro lavoro è quella di fornire applicativi software o siti
web in grado di distinguersi da quelli dei concorrenti (slide 2). Ma come lo facciamo di solito? (slide 3)
Molto spesso un progetto si sviluppa in base a quello che ci chiede il committente, o se operiamo
all’interno di una organizzazione, da quello che i vertici e l’ufficio marketing ci chiedono, e basiamo tutto
sui loro dati o le loro affermazioni (slide 4). Le nostre fonti di ispirazione sono le pubblicazioni specializzate
oppure qualche prodotto che ci ha particolarmente colpito e che giudichiamo all’avanguardia (slide 5) e in
qualche caso, partecipiamo a seminari e a conferenze per imparare dai nostri colleghi (slide 6). A nostro
avviso il valore innovativo di un progetto non dipende solo da questo ma (slide 7) condividiamo quanto
afferma Steve Mulder, ovvero che l’innovazione inizia con la comprensione di quello che veramente serve
alle persone e che facilita loro la vita e non dall’utilizzo della tecnologia più in voga (slide 8). Quindi il modo
migliore per conoscere le necessità delle persone è quello di andare a trovarle nel loro ambiente oppure, se
questo non è possibile, farsi raccontare quello che fanno e come la fanno (slide 9). Cosa possiamo scoprire
in questo modo? Possiamo scoprire come organizzano il loro ambiente di lavoro, quali strumenti usano,
software e hardware, per esempio (slide 10). Farsi raccontare come svolgono il loro lavoro o una
determinata attività (slide 11) oppure, quello che fanno durante un periodo di tempo troppo lungo per
essere osservato direttamente (slide 12). Raccogliere documenti o oggetti che possono farci comprendere
meglio il loro mondo (slide 13). Scoprire come si comportano quando incontrano dei problemi e come
questi comportamenti sono diversi in base all’ambiente in cui operano (slide 14). Raccogliere idee e
soluzioni da poter sviluppare per rendere facile il loro lavoro. In poche parole tutti gli elementi per
progettare in modo informato e non al buio (slide 15).

Passiamo ora in rassegna quali sono le attività che si possono svolgere per la raccolta di informazioni di
questo tipo. La attività sono raccolte in tre tipologie di ricerca, sostanzialmente diverse, e che possono
essere utilizzate in modo combinato (slide 16). Sotto l’etichetta “ricerche etnografiche” trovano posto tutte
le tecniche che prevedono l’osservazione diretta delle persone nel loro ambiente, con l’obiettivo di
conoscere meglio le esperienze e i processi che interessano il progetto che stiamo sviluppando (slide 17).
Due sono le tecniche che usiamo più frequentemente. La prima, sono i test di usabilità sul campo. Come
per quelli in laboratorio vengono forniti dei task ai partecipanti e si osserva il loro svolgimento. La seconda,
sono le osservazioni contestuali. In questo caso si tratta di osservare solamente, senza interferire. In
entrambi i casi, si registra l’audio, si raccolgono artefatti (riviste, documenti, ecc) e si scattano fotografie
(slide18). Nelle interviste sul campo non c’è osservazione diretta ma solo il racconto dettagliato delle
esperienze da parte dell’intervistato. In questo modo si può arrivare a conoscere questa esperienza in
maniera molto deragliata Le interviste possono essere non strutturate, strutturate, oppure semi strutturate.
Dipende molto dall’argomento dell’intervista: più lo conosciamo e più siamo in grado di definire le
domande a priori (slide 19). Anche in questo caso, due sono le tecniche che utilizziamo prevalentemente.
Le interviste faccia a faccia, in cui l’intervistato ci racconta in che modo svolge un determinato compito. Il
coached walkthrough, in cui ci poniamo nel ruolo di apprendista, e ci facciamo spiegare l’attività, mentre la
svolgiamo direttamente. Quest’ultima attività è molto utile quando si deve diventare padroni di un dominio
che non conosciamo (slide 20). L’ultima tipologia di ricerca sono i diari, utili nel caso in cui non sia possibile
osservare direttamente le persone, o perché l’attività si svolge durante un lasso di tempo molto lungo,
oppure perché non si ha accesso ai luoghi in cui l’attività si svolge (slide 21). Le modalità di raccolta dei dati
varia in base alle caratteristiche dei partecipanti e ai luoghi in cui l’esperienza si svolge. Dal diario su carta,
valido in molte occasioni e poco costoso, alle annotazioni audio, quando la carta è difficile da utilizzare, ai
blog, quando l’attività si svolge durante sessioni di lavoro al computer, fino ad arrivare a twitter, ottimo per
la mobile experience (slide 22). Alla fine di una campagna di ricerca, qualunque sia la tecnica utilizzata, si
avrà una gran quantità di dati da analizzare. Come lo facciamo e soprattutto come possiamo renderli utili al
progetto? Per chiarezza espositiva analizzeremo due percorsi, che partono dalle diverse tipologie di ricerca,
ma che non sono mutualmente esclusivi (slide 23).

Il primo parte dalle ricerche etnografiche, utilizza i diagrammi di affinità per l’analisi e arriva ai personaggi,
che sono lo strumento di condivisione e progetto (slide 24). Vediamo il percorso in dettaglio. I diagrammi di
affinità, come detto, sono uno strumento per l'analisi dei dati. Nel nostro caso lo utilizziamo per individuare
gruppi omogenei nel nostro caso obiettivi o comportamenti o modalità d’uso. La scelta delle caratteristiche
di raggruppamento viene effettuata in base alle caratteristiche del progetto (slide 25). Si parte analizzando i
risultati delle ricerche, per raccogliere microdati significativi, che vengono annotati su un post-it. Un

Web Senza Barriere 2008
Versione 1 del 9/05/2008
esempio di microdato è quello che vedete sullo schermo. Sul post-it, oltre al microdato, deve essere inserito
anche l’identificativo della ricerca di provenienza (slide 26). Terminata la raccolta si inizia il lavoro di
raggruppamento, che procederà fino a quando non ci saranno gruppi stabili e riconoscìbili sotto un
nominativo condiviso. A partire da questi gruppi, si svilupperanno poi i personaggi. A questo punto, ogni
membro del team sceglie uno dei gruppi/nominativi e cerca di costruire una storia o una esperienza d’uso
con esso. La storia può essere ritenuta valida se è plausibile e scorre fluida. Si raccomanda di registrare
queste storie, perché saranno alla base degli scenari (slide 27). Ora, per chi non li conosce, una breve
introduzione ai personaggi. I personaggi sono una sintesi descrittiva degli utilizzatori di riferimento. In
nessun caso i personaggi sono basati su una sola persona e, soprattutto, non sono inventati. La tecnica che
ne prevede l’uso è definita come “progettazione finalizzata agli obiettivi” ed è stata descritta da Alan
Cooper nel 1999 nel suo libro The Inmates Are Running the Asylum. Torniamo al nostro percorso e a come
si sviluppano i personaggi (slide 28). Prima si definisce la struttura, composta da poche, ma essenziali,
informazioni. Questa struttura ci aiuterà a definire quali personaggi sono prioritari in base agli obiettivi
aziendali e quindi a svilupparli dettagliatamente (slide 29). Dopo di che si preparano le schede dei
personaggi e gli scenari a loro abbinati, di cui vedete un esempio. Ogni scheda personaggio comprende il
profilo, la sintesi dei suoi obiettivi, la sintesi degli obiettivi aziendali, le informazioni demografiche e quelle
sull’uso di internet. Non è necesario essere accurati nelle rifiniture, ma precisi nella scelta delle informazioni
da inserire (slide 30).

Il secondo percorso, parte dai diari e dalle interviste e utilizza le reality map come strumento di analisi e
arriva alle design map, che, in questo caso, sono lo strumento di condivisione e progetto (slide 31).
Vediamo il percorso in dettaglio. Le Reality map permettono di visualizzare e analizzare le esperienze cosi
come sono descritte dalle persone, in maniera molto efficace. Vediamo come (slide 32). Questo è un
esempio molto semplice di Reality map all'inizio del lavoro di analisi (slide 33). Questo è il punto di arrivo
con le annotazioni fatte dal team che ha effettuato l’analisi delle ricerche (slide 34). Dalle Reality map, sia
arriva alle Design map, che invece raccontano le esperienze, così come le stiamo progettando (slide 35).
Eccone una, che illustra la struttura dell’esperienza sviluppata a partire dalla Reality map vista in precedenza.
Le design map lavorano molto efficacemente in abbinamento con i personaggi (slide 36).

Per cosa possono essere utilizzati i personaggi e le deisgn map? Per l’analisi competitiva, per la
prioritarizzazione delle funzionalità da implementare, per l’analisi dei task, per la progettazione
dell’architettura informativa, della struttura di navigazione e dell’interfaccia grafica, per la preparazione dei
contenuti, degli help e dei manuali, per il reclutamento dei partecipanti al card sorting, alla progettazione
partecipata e ai test di usabilità, per le analisi di usabilità, per pianificare le campagne di marketing (slide
37).

Prima di chiudere alcune considerazioni e consigli. Pianificare le ricerche con obiettivi ben definiti; per
definire gli obiettivi in modo efficace domandarsi: con quali informazioni svilupperò un progetto valido;
utilizzare più tipi di ricerca per ottenere i risultati voluti; è possibile fare le attività di ricerca anche con
budget limitati; iniziare con piccoli progetti facilmente gestibili; assicurarsi in anticipo il sostegno della
dirigenza (slide 38). Per quest’ultimo punto consiglio l’argomento così ben spiegato dagli autori di questa
ricerca che affermano che “market research tells us what market need is but it also tells your competitors
the same thing. Ethnographic research tells us what the market needs are that are not being met or are
unknown at the moment”. Quindi le attività che abbiamo descritto ci permettono di offrire soluzioni a
bisogni che esistono ma non conosciamo e che spesso neanche le persone sanno descrivere (slide 39).




Paper Better Software 2010
Versione 1 del 10/05/2010

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Innovare per le persone

  • 1. Innovare per le persone Stefano Dominici - usertest/lab L’idea di innovazione che spesso è associata al nostro lavoro è quella di fornire applicativi software o siti web in grado di distinguersi da quelli dei concorrenti (slide 2). Ma come lo facciamo di solito? (slide 3) Molto spesso un progetto si sviluppa in base a quello che ci chiede il committente, o se operiamo all’interno di una organizzazione, da quello che i vertici e l’ufficio marketing ci chiedono, e basiamo tutto sui loro dati o le loro affermazioni (slide 4). Le nostre fonti di ispirazione sono le pubblicazioni specializzate oppure qualche prodotto che ci ha particolarmente colpito e che giudichiamo all’avanguardia (slide 5) e in qualche caso, partecipiamo a seminari e a conferenze per imparare dai nostri colleghi (slide 6). A nostro avviso il valore innovativo di un progetto non dipende solo da questo ma (slide 7) condividiamo quanto afferma Steve Mulder, ovvero che l’innovazione inizia con la comprensione di quello che veramente serve alle persone e che facilita loro la vita e non dall’utilizzo della tecnologia più in voga (slide 8). Quindi il modo migliore per conoscere le necessità delle persone è quello di andare a trovarle nel loro ambiente oppure, se questo non è possibile, farsi raccontare quello che fanno e come la fanno (slide 9). Cosa possiamo scoprire in questo modo? Possiamo scoprire come organizzano il loro ambiente di lavoro, quali strumenti usano, software e hardware, per esempio (slide 10). Farsi raccontare come svolgono il loro lavoro o una determinata attività (slide 11) oppure, quello che fanno durante un periodo di tempo troppo lungo per essere osservato direttamente (slide 12). Raccogliere documenti o oggetti che possono farci comprendere meglio il loro mondo (slide 13). Scoprire come si comportano quando incontrano dei problemi e come questi comportamenti sono diversi in base all’ambiente in cui operano (slide 14). Raccogliere idee e soluzioni da poter sviluppare per rendere facile il loro lavoro. In poche parole tutti gli elementi per progettare in modo informato e non al buio (slide 15). Passiamo ora in rassegna quali sono le attività che si possono svolgere per la raccolta di informazioni di questo tipo. La attività sono raccolte in tre tipologie di ricerca, sostanzialmente diverse, e che possono essere utilizzate in modo combinato (slide 16). Sotto l’etichetta “ricerche etnografiche” trovano posto tutte le tecniche che prevedono l’osservazione diretta delle persone nel loro ambiente, con l’obiettivo di conoscere meglio le esperienze e i processi che interessano il progetto che stiamo sviluppando (slide 17). Due sono le tecniche che usiamo più frequentemente. La prima, sono i test di usabilità sul campo. Come per quelli in laboratorio vengono forniti dei task ai partecipanti e si osserva il loro svolgimento. La seconda, sono le osservazioni contestuali. In questo caso si tratta di osservare solamente, senza interferire. In entrambi i casi, si registra l’audio, si raccolgono artefatti (riviste, documenti, ecc) e si scattano fotografie (slide18). Nelle interviste sul campo non c’è osservazione diretta ma solo il racconto dettagliato delle esperienze da parte dell’intervistato. In questo modo si può arrivare a conoscere questa esperienza in maniera molto deragliata Le interviste possono essere non strutturate, strutturate, oppure semi strutturate. Dipende molto dall’argomento dell’intervista: più lo conosciamo e più siamo in grado di definire le domande a priori (slide 19). Anche in questo caso, due sono le tecniche che utilizziamo prevalentemente. Le interviste faccia a faccia, in cui l’intervistato ci racconta in che modo svolge un determinato compito. Il coached walkthrough, in cui ci poniamo nel ruolo di apprendista, e ci facciamo spiegare l’attività, mentre la svolgiamo direttamente. Quest’ultima attività è molto utile quando si deve diventare padroni di un dominio che non conosciamo (slide 20). L’ultima tipologia di ricerca sono i diari, utili nel caso in cui non sia possibile osservare direttamente le persone, o perché l’attività si svolge durante un lasso di tempo molto lungo, oppure perché non si ha accesso ai luoghi in cui l’attività si svolge (slide 21). Le modalità di raccolta dei dati varia in base alle caratteristiche dei partecipanti e ai luoghi in cui l’esperienza si svolge. Dal diario su carta, valido in molte occasioni e poco costoso, alle annotazioni audio, quando la carta è difficile da utilizzare, ai blog, quando l’attività si svolge durante sessioni di lavoro al computer, fino ad arrivare a twitter, ottimo per la mobile experience (slide 22). Alla fine di una campagna di ricerca, qualunque sia la tecnica utilizzata, si avrà una gran quantità di dati da analizzare. Come lo facciamo e soprattutto come possiamo renderli utili al progetto? Per chiarezza espositiva analizzeremo due percorsi, che partono dalle diverse tipologie di ricerca, ma che non sono mutualmente esclusivi (slide 23). Il primo parte dalle ricerche etnografiche, utilizza i diagrammi di affinità per l’analisi e arriva ai personaggi, che sono lo strumento di condivisione e progetto (slide 24). Vediamo il percorso in dettaglio. I diagrammi di affinità, come detto, sono uno strumento per l'analisi dei dati. Nel nostro caso lo utilizziamo per individuare gruppi omogenei nel nostro caso obiettivi o comportamenti o modalità d’uso. La scelta delle caratteristiche di raggruppamento viene effettuata in base alle caratteristiche del progetto (slide 25). Si parte analizzando i risultati delle ricerche, per raccogliere microdati significativi, che vengono annotati su un post-it. Un Web Senza Barriere 2008 Versione 1 del 9/05/2008
  • 2. esempio di microdato è quello che vedete sullo schermo. Sul post-it, oltre al microdato, deve essere inserito anche l’identificativo della ricerca di provenienza (slide 26). Terminata la raccolta si inizia il lavoro di raggruppamento, che procederà fino a quando non ci saranno gruppi stabili e riconoscìbili sotto un nominativo condiviso. A partire da questi gruppi, si svilupperanno poi i personaggi. A questo punto, ogni membro del team sceglie uno dei gruppi/nominativi e cerca di costruire una storia o una esperienza d’uso con esso. La storia può essere ritenuta valida se è plausibile e scorre fluida. Si raccomanda di registrare queste storie, perché saranno alla base degli scenari (slide 27). Ora, per chi non li conosce, una breve introduzione ai personaggi. I personaggi sono una sintesi descrittiva degli utilizzatori di riferimento. In nessun caso i personaggi sono basati su una sola persona e, soprattutto, non sono inventati. La tecnica che ne prevede l’uso è definita come “progettazione finalizzata agli obiettivi” ed è stata descritta da Alan Cooper nel 1999 nel suo libro The Inmates Are Running the Asylum. Torniamo al nostro percorso e a come si sviluppano i personaggi (slide 28). Prima si definisce la struttura, composta da poche, ma essenziali, informazioni. Questa struttura ci aiuterà a definire quali personaggi sono prioritari in base agli obiettivi aziendali e quindi a svilupparli dettagliatamente (slide 29). Dopo di che si preparano le schede dei personaggi e gli scenari a loro abbinati, di cui vedete un esempio. Ogni scheda personaggio comprende il profilo, la sintesi dei suoi obiettivi, la sintesi degli obiettivi aziendali, le informazioni demografiche e quelle sull’uso di internet. Non è necesario essere accurati nelle rifiniture, ma precisi nella scelta delle informazioni da inserire (slide 30). Il secondo percorso, parte dai diari e dalle interviste e utilizza le reality map come strumento di analisi e arriva alle design map, che, in questo caso, sono lo strumento di condivisione e progetto (slide 31). Vediamo il percorso in dettaglio. Le Reality map permettono di visualizzare e analizzare le esperienze cosi come sono descritte dalle persone, in maniera molto efficace. Vediamo come (slide 32). Questo è un esempio molto semplice di Reality map all'inizio del lavoro di analisi (slide 33). Questo è il punto di arrivo con le annotazioni fatte dal team che ha effettuato l’analisi delle ricerche (slide 34). Dalle Reality map, sia arriva alle Design map, che invece raccontano le esperienze, così come le stiamo progettando (slide 35). Eccone una, che illustra la struttura dell’esperienza sviluppata a partire dalla Reality map vista in precedenza. Le design map lavorano molto efficacemente in abbinamento con i personaggi (slide 36). Per cosa possono essere utilizzati i personaggi e le deisgn map? Per l’analisi competitiva, per la prioritarizzazione delle funzionalità da implementare, per l’analisi dei task, per la progettazione dell’architettura informativa, della struttura di navigazione e dell’interfaccia grafica, per la preparazione dei contenuti, degli help e dei manuali, per il reclutamento dei partecipanti al card sorting, alla progettazione partecipata e ai test di usabilità, per le analisi di usabilità, per pianificare le campagne di marketing (slide 37). Prima di chiudere alcune considerazioni e consigli. Pianificare le ricerche con obiettivi ben definiti; per definire gli obiettivi in modo efficace domandarsi: con quali informazioni svilupperò un progetto valido; utilizzare più tipi di ricerca per ottenere i risultati voluti; è possibile fare le attività di ricerca anche con budget limitati; iniziare con piccoli progetti facilmente gestibili; assicurarsi in anticipo il sostegno della dirigenza (slide 38). Per quest’ultimo punto consiglio l’argomento così ben spiegato dagli autori di questa ricerca che affermano che “market research tells us what market need is but it also tells your competitors the same thing. Ethnographic research tells us what the market needs are that are not being met or are unknown at the moment”. Quindi le attività che abbiamo descritto ci permettono di offrire soluzioni a bisogni che esistono ma non conosciamo e che spesso neanche le persone sanno descrivere (slide 39). Paper Better Software 2010 Versione 1 del 10/05/2010