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Indice
INTRODUZIONE……………………………………………………………………2
Il patrimonio di vigilanza
1.1 REQUISITI STRUMENTI……………………………………………………...4
1.2 BASILEA 2……………………………………………………………………...8
1.3 BASILEA 3…………………………………………………………………….11
I CoCo Bonds
2.1 IL CAPITALE CONTINGENTE……………………………………………....18
2.2 CLASSIFICAZIONE E VANTAGGI………………………………………..…20
2.3 STRUTTURA E CRITICITÀ…………………………………………………...25
2.4 PROPOSTE E RISCHIO SISTEMICO…………………………………….......29
2.5 IL MERCATO: PROSPETTIVE, CRITICITÀ, PRICING…………………….32
CONLCUSIONE……………………………………………………………………44
INDICE FIGURE……………………………………………………………………46
BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………………47
2
Introduzione
La classe degli strumenti obbligazionari ha subito un mutamento nel corso degli anni
che l’ha portata ad ampliare la propria gamma di prodotti. Le obbligazioni si sono
evolute inglobando nella propria struttura alcuni aspetti caratteristici dei titoli di
capitale. In questo senso è venuta a crearsi una tipologia di strumenti finanziari
difficilmente inquadrabili in modo univoco come titoli rappresentativi del capitale di
rischio o del capitale di debito. All’interno di questo contesto assumono un ruolo
importante i contingent convertible bonds, vale a dire titoli che al momento
dell’emissione configurano strumenti di debito ma che al verificarsi di un evento
attivatore, definito trigger event, operano meccanismi di conversione in titoli del
capitale di rischio o subiscono la cancellazione del debito che rappresentano al fine
di compiere un rafforzamento patrimoniale dell’istituto emittente. Le banche
emittenti tali titoli possono sfruttare le caratteristiche proprie del capitale contingente
a loro favore garantendosi un aumento della dotazione di capitale e alleggerendo la
loro esposizione debitoria, soprattutto se l’istituto versa in condizioni di crisi
economica o finanziaria. Scopo di questo lavoro è analizzare l’aspetto strutturale dei
contingent convertible bonds, approfondendone classificazione, vantaggi e svantaggi
ed andando a delineare i contorni del mercato di tali strumenti evidenziandone
prospettive e criticità. I CoCo bonds assumono grande rilevanza all’interno del
sistema bancario, in particolar modo in riferimento alla composizione del patrimonio
di vigilanza degli istituti bancari. La direttiva e il regolamento UE che recepiscono il
framework di Basilea 3 in ottica di regolamentazione e vigilanza bancaria hanno dato
grande spazio a questi strumenti. La nuova riforma di Basilea 3 ha, infatti, tra i suoi
punti più importanti proprio il concetto di capitale contingente. L’analisi di questo
strumento non poteva dunque prescindere dalla composizione del patrimonio di
vigilanza degli istituti bancari che vede, appunto, grazie a Basilea 3 l’introduzione di
strumenti le cui caratteristiche ricalcano quelle del capitale contingente. La parte
introduttiva del lavoro è dunque dedicata alla comprensione del funzionamento degli
strumenti del patrimonio di vigilanza e alle dinamiche che hanno portato ad assumere
un ruolo sempre più centrale degli strumenti di contingent capital dal framework di
3
Basilea 2 all’impianto regolamentare di Basilea 3. Per quanto concerne la struttura
dello strumento l’analisi effettuata si concentra sulle principali variabili che
contraddistinguono il design del CoCo bond e fanno capo al trigger event. In questo
senso le diverse tipologie di evento attivatore (endogeno o esogeno), il metodo di
assorbimento delle perdite (CE CoCo, PWD CoCo), il grado di automatismo del
meccanismo di conversione (discrezionale o predefinito) e la tipologia di parametro
cui agganciare il trigger event (contabile o di mercato), rappresentano un vasta
gamma di opzioni i cui pro e contro devono essere attentamente analizzati al fine di
generare uno strumento efficiente in ottica di rafforzamento patrimoniale della banca
ed appetibile ai target di rendimento degli investitori. Le proposte di struttura
ottimale che riguardano i CoCo bonds sono molte ed evidenziano la complessità
nonché la precocità di questi strumenti nel mercato. Riguardo quest’ ultimo, nel
lavoro, vengono analizzate alcune emissioni di coco bonds e le prospettive di crescita
di questo mercato, del bacino di investitori ad esso collegato e come il framework di
Basilea 3 possa dare un impulso alla crescita dello stesso. In conclusione viene
esaminato il pricing di questi strumenti per quanto concerne il mercato primario
andando ad analizzare lo yeld to maturity spread dei CoCo bonds rispetto a quello di
altri strumenti di debito subordinati emessi da una stessa banca. Mentre, per il
mercato secondario, viene esaminata la correlazione tra gli spread dei CoCo bonds e
i prezzi/spread di altri strumenti dello stesso emittente. In ultima analisi, all’interno
del lavoro, viene ripresa la tematica del rischio sistemico ed evidenziata la possibilità
per gli strumenti del capitale contingente di ridurre tale rischio e favorire una
maggiore integrità del sistema bancario.
4
1
Il patrimonio di vigilanza
1.1 Requisiti strumenti
Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria è un organo consultivo internazionale
istituito nel 1974 dai governatori delle banche centrali dei paesi del G101
.Il Comitato
ha sede a Basilea presso la B.R.I.2
Il suo principale obiettivo è quello di definire una
regolamentazione della vigilanza bancaria per assicurare stabilità al sistema
finanziario globale. Il Comitato di Basilea non ha potere legislativo ma formula
proposte che dovranno essere recepite nell'ambito dei singoli ordinamenti nazionali.
L’organo redige gli Accordi di Basilea ovvero linee guida riguardanti i requisiti
patrimoniali e prudenziali degli Istituti di Credito. Tra questi rientra il patrimonio di
vigilanza, una forma di capitale regolamentare che le banche devono detenere per
contenere entro livelli giudicati tollerabili la loro probabilità di insolvenza e i costi
che ne derivano a carico del bilancio pubblico. Funzione del patrimonio di vigilanza
è dunque quella di tutelare la stabilità del sistema bancario e assicurare che le banche
siano in grado di assorbire eventuali perdite senza pregiudicare le ragioni dei
depositanti. La regolamentazione dettata dagli Accordi di Basilea stabilisce il livello
minimo di capitale in relazione ai rischi assunti dalle banche e ne definisce la
composizione in termini di strumenti finanziari ammissibili al computo all’interno
del patrimonio al fine di rispettare i requisiti minimi richiesti. I criteri attraverso i
quali la regolamentazione definisce il livello minimo e la qualità del patrimonio di
vigilanza sono guidati dallo scopo di minimizzare i costi sociali delle insolvenze
bancarie nell’interesse della collettività ma soprattutto dei soggetti tutelati dalla
regolamentazione del sistema finanziario quali i creditori ma soprattutto i depositanti.
Esistono dei requisiti per il computo degli strumenti finanziari all’interno del
patrimonio di vigilanza:
1
Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia ,Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti, Svezia e
Svizzera. Il Comitato oggi è composto dai rappresentanti delle banche centrali e dalle autorità di
vigilanza bancaria di ben 27 Paesi.
2
Banca dei regolamenti internazionali
5
 Il grado di subordinazione
 La flessibilità della remunerazione
 Permanenza
 Capacità di assorbimento delle perdite
Per quanto concerne il grado di subordinazione esiste una priorità per quanto
riguarda l’assorbimento delle perdite o in senso inverso il recupero del capitale
investito. Gli azionisti, ad esempio, presentano un grado di priorità massimo
nell’assorbire le perdite e sono gli ultimi, ovvero i più subordinati, a recuperare il
valore del loro investimento. Gli azionisti sono i residual claimant in caso di
liquidazione di una società, ovvero gli ultimi ad essere soddisfatti nella ripartizione
dell’attivo. I soggetti finanziatori con massima priorità nel rimborso, ovvero i
creditori con massima seniority, sono gli ultimi ad assorbire le perdite. Quanto
minore è la seniority di uno strumento tanto migliore sarà la sua capacità di assorbire
le perdite. L’ordine di priorità in ipotesi di liquidazione, senza pretese di esaustività,
può essere riassunto in questa graduatoria semplificata:
1. Depositanti
2. Dipendenti
3. Creditori Senior garantiti
4. Creditori Senior non garantiti
5. Creditori subordinati
6. Azionisti privilegiati
7. Azionisti ordinari
Riguardo alla flessibilità della remunerazione, questa risulta massima nel momento
in cui la banca emittente dello strumento finanziario possiede la piena discrezionalità
circa l’an e il quantum della remunerazione senza che ciò comporti l’inadempimento
dell’istituto e il conseguente diritto dei finanziatori di richiedere la dichiarazione
dello stato di insolvenza della banca. Maggiore è la discrezionalità in possesso della
banca nel gestire la remunerazione ad esempio sospendendola o cancellandola tanto
maggiore è per la banca la possibilità di destinare risorse all’assorbimento delle
6
perdite. Esistono clausole in grado di ridurre la discrezionalità dell’emittente nel
pagamento della remunerazione quali quelle di dividend stopper3
e dividend pusher4
.
La permanenza è un altro elemento da cui dipende l’ammissibilità di uno strumento
finanziario nel computo del patrimonio di vigilanza. Tale requisito è massimo se lo
strumento finanziario presenta una durata perpetua, e se esso può essere rimborsato
unicamente su iniziativa dell’emittente e con l’autorizzazione dell’Autorità di
vigilanza. Il requisito di permanenza scema se lo strumento finanziario prevede un
rimborso ad una determinata scadenza. Esistono clausole a favore dei finanziatori
che rappresentano degli incentivi per la banca emittente al rimborso anticipato. Si
tratta di clausole contrattuali suscettibili di generare l’aspettativa che lo strumento
verrà rimborsato dall’emittente alla data di esercizio dell’opzione di rimborso
anticipato dello strumento stesso. Sono considerati incentivi al rimborso anticipato le
clausole che, in caso di mancato esercizio dell’opzione di rimborso,
alternativamente:
1. Determinino la revisione automatica del tasso di remunerazione (Clausole
Step-up).
2. Comportino il rimborso del capitale attraverso la consegna di azioni della
banca. (Principal Stock Settlement)
3. Possano esercitare sull’emittente una pressione, economica o reputazionale,
ad esercitare l’opzione di rimborso anticipato dello strumento.5
Per evitare, dunque un maggior costo, una diluizione dell’azionariato o perdite di
natura reputazionale la banca potrebbe sentirsi costretta ad esercitare l’opzione di
rimborso anticipato dello strumento.
Ultimo requisito in analisi è la capacità di assorbimento delle perdite (loss
absorbency). La copertura delle perdite può avvenire prima che la banca si trovi in
una situazione di crisi, cioè in condizioni in cui la banca, seppur in difficoltà, è
ancora vitale e può operare ancora regolarmente. Si tratta di una capacità di
3
Dispositivo che non permette il pagamento di dividendi o cedole ad altri strumenti se prima questi
non vengono pagati allo strumento in questione.
4
Dispositivo che prevede il pagamento obbligatorio di dividendi o cedole ad uno strumento nel caso
questi siano stati pagati ad altri specifici strumenti.
5
Paolo Biffis, Il settore bancario.
7
assorbimento on a going concern. Gli strumenti finanziari possiedono questa
capacità quando i meccanismi di copertura delle perdite si attivano prima che la
banca incorra in situazioni di crisi e subentrino le autorità di gestione competenti. Gli
strumenti finanziari possiedono, invece, una capacità di assorbimento delle perdite
on a gone concern nel momento in cui il loro meccanismo di copertura si attiva
quando la banca è in liquidazione. Esiste una terza tipologia di assorbimento delle
perdite chiamata loss absorbency at the point of non viability. Si tratta di una
particolare accezione di loss absorbency on a gone concern estesa non solo alla
liquidazione ma anche alla risoluzione. Il punto di insostenibilità economica6
è inteso
come il punto nel quale l’autorità di risoluzione stabilisce che la banca deve essere
assoggettata ad una procedura di risoluzione. La regolamentazione ammette a
computo nel patrimonio di vigilanza sia strumenti che operano l’assorbimento delle
perdite on a going concern sia strumenti che operano l’assorbimento delle perdite on
a gone concern. Tutti gli strumenti del patrimonio di vigilanza coprono le perdite
quando la banca è in liquidazione. Strumenti quali le azioni ordinarie e altri strumenti
con equity content7
elevato sono in grado di coprire le perdite prima che si verifichi
uno stato di crisi. Tali strumenti andranno a formare il patrimonio di vigilanza di
qualità superiore, Tier1. Gli strumenti deputati all’assorbimento di perdite
esclusivamente on a gone concern vanno invece a formare un patrimonio di classe
inferiore, il Tier2. Analizziamo ora l’evoluzione della composizione del patrimonio
di vigilanza dagli Accordi di Basilea 2 agli Accordi di Basilea3.
6
Tale accezione è stata accolta in Europa dalla Direttiva 2014/59/UE su Risanamento e Risoluzione
degli enti creditizi e delle imprese di investimento (Bank Recovery and Resolution Directive, BRRD)
del 15 maggio 2014.
7
Gli strumenti ibridi presentano una combinazione di caratteristiche dei titoli di capitale e dei titoli
di debito. L’equity content rappresenta l’attitudine di tali strumenti a possedere un elevata capacità
di assorbimento delle perdite ed essere dunque assimilabili alle azioni. Tanto più l’equity content è
elevato tanto più sono assimilabili ad azioni.
8
1.2 Basilea 2
Per quanto concerne Basilea 2, il 28 giugno 2004 il Comitato ha approvato la
versione definitiva dell’accordo , che è entrato definitivamente in vigore il 1 gennaio
2008.Il patrimonio di vigilanza secondo le linee guida di Basilea 2 era costituito da
tre componenti fondamentali8
:
1. Il Patrimonio di Base (Tier1)
Rappresenta il patrimonio di qualità migliore. È costruito come somma algebrica di
elementi positivi e negativi. Il requisito patrimoniale minimo di questa grandezza di
patrimonio è previsto da Basilea 2 nell’ordine del 4% dell’attivo ponderato per il
rischio. La sua composizione vede tra gli elementi qualitativamente migliori il
capitale versato, le riserve e gli utili non distribuiti. Questo aggregato identifica una
componente chiamata Core Tier 1 il cui computo è ammesso senza limiti all’interno
del patrimonio di vigilanza e secondo Basilea 2 doveva essere ≥ 2% dell’attivo
ponderato per il rischio. Anche strumenti ibridi possono entrare a far parte del Tier1,
ad esempio gli strumenti innovativi di capitale, i quali presentano incentivi al
rimborso anticipato, e gli strumenti non innovativi di capitale. Questi due strumenti
sono ammessi nel Tier1 in misura minore o uguale al 15% del patrimonio di base
lordo9
. La somma degli strumenti innovativi e non innovativi di capitale è ammessa
nel Tier 1 entro e non oltre il 35%10
del patrimonio di base lordo. Risultano
ammissibili nel Tier 1 anche strumenti ibridi non innovativi di capitale che
presentano l’obbligo di conversione in azioni nel momento in cui il patrimonio di
vigilanza scenda al di sotto del requisito patrimoniale minimo o su richiesta
dell’autorità di vigilanza. Tali strumenti sono ammessi fino ad un importo ≤ 50%11
del patrimonio di base lordo.
8
In merito alle informazioni seguenti sulla composizione del patrimonio si veda BANCA D’ITALIA,
Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, Circolare n. 263, 27 dicembre 2006.
9
Il Patrimonio di Base Lordo è il Patrimonio di Base (Tier1) calcolato prima delle deduzioni
regolamentari (ad esempio: partecipazioni e interessenza in enti creditizi o finanziari) che vengono
applicate per il 50% al Tier1 e per il 50% al Tier2.
10
Il peso sul patrimonio di base lordo viene calcolato tenendo conto degli strumenti innovativi e non
di capitale
11
Il peso sul patrimonio di base lordo tiene conto delle precedenti classi di strumenti ibridi.
9
Cumulativamente gli strumenti ibridi sono ammessi secondo Basilea 2 entro una
soglia ≤ 50% del patrimonio di base lordo. Questi strumenti ibridi sono caratterizzati
da una permanenza attenuata rispetto a quella del capitale in senso stretto. Questi
strumenti devono essere irredimibili o avere una scadenza non inferiore ai 30 anni.
L’ eventuale facoltà di rimborso da parte dell’emittente non può essere prevista
prima che siano trascorsi 5 anni dall’emissione e previa autorizzazione dell’Autorità
di vigilanza. Gli strumenti innovativi di capitale presentano incentivi al rimborso
anticipato e ciò comporta una diminuzione del grado di permanenza di uno
strumento. Eventuali incentivi al rimborso anticipato non possono essere previsti
prima di 10 anni dall’emissione. Sotto il profilo della flessibilità dei pagamenti,
l’emittente ha la possibilità di non corrispondere gli interessi se necessario in
relazione alla propria situazione finanziaria e di solvibilità (ad esempio nel caso in
cui, nell’esercizio precedente, la banca non abbia avuto utili distribuibili o non abbia
pagato dividendi agli azionisti). È previsto inoltre il divieto di corrispondere la
remunerazione qualora per effetto di tale pagamento o di perdite, il patrimonio di
vigilanza scenda al di sotto del requisito patrimoniale complessivo. Tali strumenti
devono prevedere la possibilità per l’emittente o l’Autorità di vigilanza di attivare i
meccanismi di assorbimento delle perdite (conversione in azioni ordinarie o
svalutazione del valore nominale dello strumento) laddove ciò sia necessario o
comunque in modo automatico quando il requisito patrimoniale complessivo della
banca scenda al di sotto del 6%.Il diritto alla remunerazione non è cumulabile12
. In
caso di liquidazione della banca, i possessori di questi titoli, privilegiati rispetto ai
detentori di azioni, devono essere subordinati a tutti gli altri creditori.
2. Patrimonio supplementare (Tier2)
La qualità degli strumenti che compongono questo patrimonio è inferiore a quella
degli strumenti ammissibili nel Tier1. Era composto quasi esclusivamente da ibridi;
nel dettaglio: gli ibridi del Tier1 eccedenti le soglie massime previste per la loro
computabilità nel patrimonio di base, gli strumenti ibridi di patrimonializzazione e le
passività subordinate.
12
La remunerazione non pagata è definitivamente persa dall’investitore e l’emittente ha la piena
disponibilità delle somme risparmiate.
10
Gli strumenti ibridi di patrimonializzazione sono passività redimibili o irredimibili,
di durata non inferiore a 10 anni, il cui rimborso è subordinato all’autorizzazione
dell’Autorità di vigilanza, e la cui cedola può essere sospesa in caso di andamenti
negativi della gestione nella misura necessaria a evitare o limitare il più possibile
l'insorgere di perdite. Inoltre, in caso di perdite di bilancio che determino una
diminuzione del capitale versato e delle riserve al di sotto del livello minimo di
capitale previsto per l’autorizzazione all’attività bancaria, le somme rivenienti dalle
suddette passività e dagli interessi maturati possono essere utilizzate per far fronte
alle perdite al fine di consentire all’ente emittente di continuare l’attività. Queste
passività, in caso di liquidazione, sono rimborsate solo dopo che sono stati soddisfatti
tutti gli altri creditori non ugualmente subordinati. I debiti subordinati hanno
scadenza pari o superiore a 5 anni. Il loro rimborso anticipato è consentito solo su
iniziativa dell’emittente e previa autorizzazione dell’Autorità di vigilanza. In caso di
liquidazione i debiti subordinati sono rimborsati solo dopo gli altri creditori non
ugualmente subordinati. Gli strumenti presenti nel Tier2 potevano concorrere in
misura limitata alla formazione del patrimonio di vigilanza in quanto il Tier2 doveva
essere minore o uguale al Tier1.
3. Patrimonio di classe 3 (Tier3)
Basilea 2 prevedeva una particolare componente del patrimonio di vigilanza
utilizzabile solo per la copertura del rischio di mercato. Il Tier 3 era costituito da
debiti subordinati a breve scadenza (maggiore o uguale a 2 anni) non redimibili
prima della scadenza.
11
1.3 Basilea 3
Gli Accordi di Basilea 3 mutano radicalmente la composizione del patrimonio di
vigilanza. La regolamentazione di Basilea 3 è stata introdotta gradualmente dal 2014.
La struttura patrimoniale delle banche verrà rafforzata gradatamente fino al 1
gennaio 2019, data in cui le nuove soglie entreranno pienamente in vigore. Gli
strumenti finanziari non più ammessi da Basilea 3 verranno progressivamente
eliminati dal patrimonio di vigilanza lungo un periodo, definito di grandfathering,
che avrà termine nel 2023. Ciò comporta che, fino a quella data, gli strumenti
ammessi da Basilea 2 all’interno delle diverse componenti del patrimonio di
vigilanza continueranno ad essere presenti nello stesso, seppur in misura inferiore di
anno in anno. La composizione muta dunque in questo senso13
:
1. Il Common Equity Tier 1 (CET1) Capitale primario di classe 1
Si tratta del capitale primario di classe 1, la componente del patrimonio di migliore
qualità. È composto prevalentemente da azioni ordinarie, utili non distribuiti e
riserve. Il comitato ha dunque riconosciuto che queste componenti posseggono una
spiccata capacità di assorbire le perdite nella prospettiva della continuazione
dell’attività aziendale, superiore alle altre fonti, e per questo motivo ha deciso di
calibrare su di esse in misura preminente la nuova composizione del Tier 1. Il CET1
dovrà essere aumentato dalla precedente misura del 2% al 4,5% dell’attivo ponderato
per il rischio.
2. Additional Tier 1 (AT1) Capitale aggiuntivo di Classe 1
In questa fascia di patrimonio rientrano per lo più strumenti ibridi, strumenti del
capitale contingente, ossia titoli di debito convertibili in azioni o il cui valore
nominale può essere ridotto al verificarsi di un determinato evento attivatore al fine
di rafforzare dal punto di vista patrimoniale l’istituto emittente. Tali strumenti
devono presentare specifiche caratteristiche per essere giudicati ammissibili
13
In merito alle informazioni seguenti sul patrimonio si veda RETTIFICA DEL REGOLAMENTO (UE) N.
575/2013, Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 26 giugno 2013, e DIRETTIVA 2014/59/UE DEL
PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, Gazzetta Ufficiale dell’ Unione Europea, 15 Maggio 2014.
12
all’interno di questa classe. Per quanto concerne la subordinazione, in caso di
insolvenza dell’ente gli strumenti devono essere di classe inferiore agli strumenti di
classe 2. Gli strumenti sono perpetui e le disposizioni che li governano non
prevedono alcun incentivo al rimborso per l’ente (es. clausole di step-up). Possono
essere rimborsati su iniziativa dell’emittente e su autorizzazione dell’Autorità di
vigilanza, e comunque non prima di 5 anni dalla data di emissione. La banca non
può, inoltre, adottare comportamenti che creino aspettative di rimborso per il
finanziatore. Relativamente alla flessibilità della remunerazione, le disposizioni che
governano gli strumenti devono conferire all’ente piena discrezionalità, in qualsiasi
momento, di annullare i pagamenti, su base non cumulativa. Il mancato pagamento
della remunerazione non deve costituire un evento di default. Le remunerazioni,
inoltre, devono essere pagate solo a valere sugli utili o le riserve di utili distribuibili.
Le disposizioni che governano gli strumenti prescrivono che, al verificarsi di un
evento attivatore (trigger event), il valore nominale degli strumenti sia svalutato in
via permanente o temporanea o che gli strumenti siano convertiti in strumenti del
capitale primario di classe 1. Un evento attivatore si verifica nel momento in cui il
coefficiente del capitale primario di classe 1 scende al di sotto del 5,125% o un
livello superiore se determinato dall’ente e specificato nelle disposizioni che
governano lo strumento. Gli enti possono specificare, nelle disposizioni che
governano lo strumento, uno o più eventi attivatori in aggiunta a questo. Nel caso in
cui lo strumento preveda la possibilità di svalutare il proprio valore nominale al
raggiungimento di un trigger event il write-down dovrà riguardare:
 Il credito del possessore dello strumento in caso di insolvenza
o liquidazione.
 L’importo da pagare in caso di rimborso.
 Le distribuzioni effettuate sullo strumento.
In virtù della piena discrezionalità di cancellare in qualsiasi momento la
remunerazione, le clausole di dividend pusher e di dividend stopper non possono
essere applicate a questi strumenti.
13
Il capitale di classe 1 (Tier1) viene costruito attraverso la somma di CET1 e AT1. La
sua misura dovrà essere secondo Basilea 3, non inferiore al 6% dell’attivo ponderato
per il rischio.
3. Tier2 (T2) Capitale di classe 2
Le principali componenti di questa classe sono i debiti subordinati con scadenza
minima non inferiore ai 5 anni e strumenti del capitale contingente a basso trigger,
ossia convertibili in azioni o il cui valore nominale può essere ridotto ad una soglia
minore di quella prevista per gli strumenti dell’ AT1. Tali strumenti devono
soddisfare specifici requisiti per essere ammissibili a computo all’interno di questa
fascia del patrimonio di vigilanza. Lo strumento deve presentare un grado di
subordinazione maggiore rispetto ai depositanti e ai creditori chirografari. Il profilo
della permanenza si esplica in una scadenza contrattuale non inferiore ai 5 anni e non
devono essere presenti incentivi al rimborso anticipato. Lo strumento può essere
rimborsato solo su iniziativa dell’emittente e previa autorizzazione dell’ autorità di
vigilanza, comunque non prima di 5 anni. La logica di assorbimento delle perdite
opera in ottica gone concern estesa al concetto di point of non viability, attraverso
meccanismi di conversione in azioni o riduzione del valore nominale del titolo.
4. Il Tier 3 è eliminato.
Gli strumenti aggiuntivi di classe 1 e gli strumenti di classe 2 devono essere in grado
di assorbire le perdite nel momento in cui l’ente raggiunga il punto di insostenibilità
economica. L’autorità di risoluzione deve, dunque, essere in grado di azzerare tali
strumenti o convertirli in capitale primario di classe 114
. Il patrimonio di vigilanza
totale è dunque composto dalle 3 classi appena descritte (CET1+AT1+T2). La sua
misura non dovrà essere inferiore all’8% dell’attivo ponderato per il rischio. Basilea
3 ha inoltre previsto dei buffer di capitale. Il capital conservation buffer è concepito
con il fine di consentire alle banche di accumulare una riserva di capitale durante le
fasi positive del ciclo economico, affinché il livello del patrimonio possa restare al di
sopra dei requisiti minimi nel caso si verificassero perdite in corso d’esercizio. Si
14
Direttiva 2014/59/UE, (81).
14
tratta di una riserva composta da capitale primario di classe 1, di conseguenza opera
l’assorbimento delle perdite secondo le normali procedure di assorbimento che
caratterizzano gli strumenti di common equity tier 1. Il Common Equity Tier 1 deve
essere utilizzato in via prioritaria per soddisfare i requisiti patrimoniali minimi
(inclusi quelli relativi al patrimonio di base del 6% e al patrimonio di vigilanza
dell’8%), prima di poter contribuire al rispetto del buffer di conservazione del
capitale. Nel momento in cui questa riserva dovesse diminuire a causa di perdite, la
banca non potrà distribuire utili fino a che non ne sarà ripristinato il livello minimo.
Basilea 3 prevede che questo buffer sia costituito in misura pari al 2,5% delle attività
ponderate per il rischio. Il buffer di conservazione del capitale sarà introdotto
gradualmente tra il 1° gennaio 2016 e la fine del 2018 per diventare pienamente
operativo il 1° gennaio 2019. Il Countercyclical buffer ha il compito di creare una
relazione più stringente tra i requisiti patrimoniali del settore bancario e il contesto
macrofinanziario in cui operano le banche. Il sistema bancario può subire, infatti,
ingenti perdite quando una fase di recessione del ciclo economico è preceduta da un
periodo di eccessiva espansione del credito. In questa situazione, la fase negativa
dell’economia reale si trasmetterebbe al sistema finanziario, dove a seguito del credit
crunch, tornerebbe a riflettersi al settore reale. In situazioni di recessione i rating
assegnati alle attività tendono a deteriorarsi e ciò richiede agli istituti di credito una
maggiore disponibilità di capitale. Una fase negativa del ciclo economico rende
onerosa la raccolta di capitale per diversi istituti che dunque contraggono l’offerta di
credito (credit crunch), proprio nel momento in cui sarebbe più necessaria
all’economia. In questo modo il sistema di adeguatezza patrimoniale non fa altro che
enfatizzare le fasi recessive del ciclo economico e non prepara le banche al meglio
per affrontare tali situazioni. Qualora l’Autorità di vigilanza reputi che vi sia una
crescita eccessiva del credito in un determinato periodo associata ad un accumulo di
rischi sistemici, essa potrà richiedere la costituzione di un buffer di questo tipo per un
ammontare variabile tra lo 0 e il 2,5% delle attività ponderate per il rischio. Il buffer
sarà evidentemente attivato su base occasionale. Le banche dovranno soddisfare il
requisito relativo a questo buffer con Common Equity Tier 1 o altro capitale
pienamente in grado di assorbire le perdite. Il requisito di buffer anticiclico sarà
introdotto gradualmente dal 2016 e diventerà pienamente operativo dal 1 gennaio
15
2019. Altri buffer vengono identificati come: global sistemically important
institutions buffer, che richiede una riserva addizionale di capitale primario di classe
1 variabile tra l’1% e il 3.5% in base al grado di importanza sistemica delle
istituzioni finanziarie sistemicamente rilevanti a livello globale; other sistemically
important institutions buffer, che richiede una riserva di capitale primario di classe 1
fino a un massimo del 2% dell’attivo ponderato per il rischio; systemic risk buffer,
che prevede una riserva di capitale primario di classe 1 per prevenire e mitigare il
rischio sistemico, nel senso di un rischio di perturbazione del sistema finanziario che
può avere gravi conseguenze negative per il sistema finanziario e per l'economia
reale. Il framework di Basilea 3 rivede, dunque, i requisiti patrimoniali sia da un
punto di vista qualitativo che quantitativo. Tale modifica è risultata necessaria al fine
di correggere l’inadeguatezza del framework di Basilea 2. Quest’ ultimo consentiva
di far rientrare nel calcolo del requisito patrimoniale strumenti che si sarebbero
dimostrati inadatti per quanto concerne la copertura delle perdite on a going concern.
Spesso le banche, anche in casi di difficoltà, non rinunciavano al pagamento di
interessi o capitale su quegli strumenti per evitare perdite di natura reputazionale e
per scongiurare possibili problemi sulla futura attività di raccolta. In questo modo le
banche annullavano la capacità di assorbimento delle perdite degli strumenti. Dal
punto di vista quantitativo la percentuale minima di common equity richiesta dagli
standard di Basilea 2 era fissata al 2% dell’attivo ponderato per il rischio. Fissato al
4% il livello minimo del Tier 1, gli strumenti diversi dal common equity potevano
rientrare fino al 50% del totale del patrimonio di base. In questo modo le banche
riuscivano a incrementare il proprio coefficiente patrimoniale in modo considerevole
attraverso l’emissione di strumenti ibridi e innovativi. Basilea 3 ha come compito
quello di caricare di maggior peso all’interno del patrimonio di base la componente
del common equity e definire caratteristiche più stringenti e specifiche per gli
strumenti ibridi che possono rientrare a far parte del Tier 1 al fine di accrescere la
capacità dello stesso di assorbire le perdite on a going concern. Tale capacità viene
definita in modo più chiaro per gli strumenti di additional tier 1. Le caratteristiche
qualitative di questi strumenti vengono maggiormente marcate dal nuovo framework,
viene ribadito infatti il carattere di perpetuità che consente a tali strumenti di
garantire stabilità alla banca in caso di stress finanziario, tale qualità viene rafforzata
16
ulteriormente attraverso il divieto di clausole contrattuali che prevedano incentivi al
rimborso anticipato dello strumento. Alla luce di queste disposizioni, gli strumenti
innovativi di capitale computabili nel patrimonio di vigilanza fino ad un massimo del
15% del patrimonio di base lordo, vengono esclusi dal nuovo framework in quanto
incapaci di garantire le caratteristiche di stabilità e permanenza che i nuovi ibridi
sono chiamati a soddisfare. I nuovi strumenti di additional tier 1 si caratterizzano, in
riferimento alla qualità della flessibilità nei pagamenti, per il fatto che le distribuzioni
cui danno titolo gli strumenti sono a valere sugli elementi distribuibili15
. La
regolamentazione precedente invece non stabiliva in modo esplicito che la
remunerazione degli ibridi potesse essere distribuita solo a valere sui distributable
items ma si limitava a prevedere la possibilità per la banca di non procedere al
pagamento degli interessi sui titoli ibridi tenuto conto della situazione finanziaria e di
solvibilità dell’ente, e il divieto di corresponsioni qualora, per effetto dell’eventuale
pagamento o di perdite intervenute, il patrimonio di vigilanza si fosse ridotto al si
dotto dei requisiti minimi. Si proibisce, inoltre, differentemente da quanto previsto
dalla vecchia normativa, la possibilità di inserire clausole di dividend pusher che
impongano il pagamento delle cedole agli strumenti di additional tier 1 qualora la
distribuzione venga effettuata su titoli junior quali le azioni ordinarie. Sono vietate
anche clausole dividend stopper che impediscono le distribuzioni sulle azioni
ordinarie nel momento in cui non siano state effettuate sui titoli ibridi dell’additional
tier 1. Questi divieti sono fondamentali nell’ottica di una maggiore flessibilità della
remunerazione che caratterizza i nuovi ibridi. Maggiore enfasi rispetto al framework
di basilea 2 viene data al principio secondo il quale gli strumenti del capitale
aggiuntivo di classe 1 debbano prevedere meccanismi che al verificarsi di
determinate circostanze comportino la loro conversione in capitale primario di classe
1 o, alternativamente, la svalutazione del loro valore nominale. Il nuovo quadro
regolamentare ha tra i diversi obiettivi quello di ampliare e raffinare le regole in tema
di requisiti di capitale e strumenti computabili nel patrimonio di vigilanza al fine di
promuovere una maggiore capacità di resistenza delle banche di fronte a stress di
natura economico-finanziaria e una maggiore stabilità patrimoniale. I cambiamenti
15
I ditributable items comprendono, in sintesi: i profitti dell’ultimo esercizio, gli utili portati a nuovo
e le riserve disponibili, al netto di eventuali perdite di esercizi precedenti, degli utili non distribuibili e
delle somme iscritte in riserve non distribuibili.
17
più rilevanti hanno per oggetto proprio il trattamento dei nuovi titoli ibridi
ammissibili nel additional tier 1. Come evidenziato, questi strumenti presentano una
spiccata capacità di assorbimento delle perdite finalizzata soprattutto ad una
situazione di going concern. Questa caratteristica si esplica nel meccanismo con il
quale tali strumenti assorbono le perdite, ovvero la conversione degli stessi in
strumenti del capitale primario di classe 1, o la riduzione del loro valore nominale, al
verificarsi di un determinato evento (trigger event). Tale meccanismo è proprio
anche degli strumenti del tier 2 nel monento in cui la banca raggiunga il punto di
insostenibilità economica. L’obiettivo di rafforzamento patrimoniale dell’emittente,
insito in questi strumenti, e il loss absorption mechanism che caratterizza questi
ibridi sono caratteristiche fondamentali del capitale contingente e consentono di
qualificarli come tali.
18
2
I CoCo Bonds
2.1 Il Capitale Contingente
Gli strumenti di Contingent Capital sono strumenti finanziari che rappresentano un
modo innovativo per adempiere alla necessità di rafforzamento patrimoniale di un
istituto a seguito di uno specifico evento. Lo schema regolamentare di Basilea 3 ha
posto molta attenzione al capitale contingente, ne è prova il fatto che tutti gli
strumenti diversi dal common equity ne posseggano le caratteristiche fondamentali in
ottica gone concern (strumenti di AT1 e T2) e in ottica going concern (strumenti di
AT1), il riferimento è alla possibilità di tali strumenti di convertirsi in equity o
ridurre il loro valore nominale al fine di garantire un rafforzamento patrimoniale
dell’ente emittente a seguito di uno specifico evento. Alla luce della crisi questi
strumenti, denominati Contigent Convertible Bonds, risultano importanti anche nella
misura in cui favoriscono alla banca la possibilità di un aumento della dotazione di
capitale a costi ragionevoli anche durante fasi di turbolenza finanziaria; prima della
conversione, infatti, questi titoli configurano strumenti di debito, di conseguenza le
cedole staccate da questi strumenti sono deducibili ai fini fiscali e meno onerose
rispetto ai dividendi delle azioni ordinarie. Tali strumenti consentono di migliorare la
resilienza delle banche e la loro capacità di sopportare le perdite. Questi strumenti
del capitale contingente sono anche definiti come automatic bail-in hybrid securities,
in quanto possono consentire un salvataggio dall’interno della banca in situazioni di
stress finanziario senza incorrere in situazioni di insolvenza che richiedano un
intervento statale e senza, dunque, traslare i costi di tali fallimenti sui depositi e sui
risparmiatori. Tali strumenti del capitale contingente hanno dunque una funzione di
mitigazione del rischio sistemico. Tali strumenti possono essere utilizzati anche per
ridurre la prociclicità del sistema di adeguatezza patrimoniale di una banca in quanto
funzionano come i buffer previsti da Basilea 3 ma con un vantaggio che non può
essere sottovalutato, essi sono infatti più convenienti per la banca emittente in
relazione alla loro minore onerosità e alla loro deducibilità fiscale rispetto alle azioni
di cui i buffer sono costituiti. Il capitale contingente è stato a lungo utilizzato dalle
compagnie di assicurazione. I CoCo bonds sono simili agli strumenti utilizzati dalle
19
compagnie di assicurazione chiamati strumenti non tradizionali di capitale il cui
scopo è quello di trasferire il rischio. Gli strumenti del capitale contingente più
utilizzati, in questo senso, sono le catastrophe equity puts16
e i contingent surplus
notes17
. Il primo strumento consente all’assicuratore il diritto di vendere azioni ad un
prezzo fissato nel caso in cui uno specifico trigger event si manifesti e di
conseguenza rafforzare la propria disponibilità di capitale. Il secondo strumento
conferisce, invece, il diritto all’assicuratore di emettere surplus notes verso un
Contingent surplus note trust in cambio di liquidità che consentirà di coprire
eventuali perdite. I trigger event per questi strumenti sono legati a rischi catastrofali.
Gli strumenti di contingent capital forniscono dunque una ricapitalizzazione
automatica nel momento in cui l’emittente si trovi in situazioni di stress economico-
finanziario. Diverse società emettono strumenti di contingent capital al fine di
proteggersi da una eventuale condizione di deterioramento della situazione
patrimoniale o al fine di incrementare il buffer di capitale per futuri eventi avversi.
Esistono diverse proposte che mirano a creare un design ottimale per questi
strumenti, tali proposte si focalizzano soprattutto sulla definizione del trigger event.
Le differenti opzioni dimostrano la complessità dello strumento e la sua precocità
all’interno del mercato. Sussistono, infine, diverse preoccupazioni riguardo il
comportamento che gli stakeholder potrebbero adottare attraverso operazioni
speculative o condotte opportunistiche, le quali porterebbero gli istituti emittenti in
situazioni ancora peggiori, e questo è esattamente l’opposto del fine al quale questi
strumenti sono stati creati.
16
Compensating Catastrophe Victims: A Comparative Law and Economics Approach
Di Véronique Bruggeman, pagina 161.
17
Compensating Catastrophe Victims: A Comparative Law and Economics Approach
Di Véronique Bruggeman, pagina 161.
20
2.2 Classificazione e vantaggi
Le obbligazioni sono titoli rappresentativi di un debito dell’emittente nei confronti
dei sottoscrittori. Il capitale sottoscritto è un finanziamento concesso dai sottoscrittori
all’emittente, il quale si impegna a rimborsare a scadenza il capitale ricevuto e,
periodicamente, a remunerare i sottoscrittori attraverso il pagamento di interessi.
Rispetto a questa originaria definizione le obbligazioni hanno subito nel corso degli
anni un’evoluzione che le ha portate ad avvicinarsi sotto l’aspetto strutturale ai titoli
di capitale e ad evolversi verso una maggiore flessibilità della categoria. Al fine di
incentivare la propensione dei risparmiatori all’investimento in tali strumenti sono
state creati tipi speciali di obbligazioni che si differenziano per la moltitudine di
diritti ad esse attribuibili. Una particolare categoria di questa classe di strumenti
finanziari sono le obbligazioni convertibili, si tratta di titoli a reddito fisso analoghi
ad un’obbligazione tradizionale che offrono ai possessori la possibilità di convertire
il titolo in azioni della stessa società o di una società terza sulla base di condizioni
prefissate. Questa classe di strumenti si colloca all’interno di una terra di confine in
cui è labile la linea di demarcazione tra l’equity, inteso come capitale di rischio, e
debt, inteso come capitale di debito. In questo contesto prende forma una particolare
classe di strumenti ibridi inquadrabili all’interno del capitale contingente, i CoCo
bonds. I contingent convertible bond sono titoli che, al momento dell’emissione,
configurano strumenti di debito ma che al verificarsi di uno specifico evento definito
trigger event, determinano il rafforzamento patrimoniale della banca mediante la
conversione dei titoli in azioni o la cancellazione del relativo debito. Il Comitato di
Basilea per la vigilanza bancaria ha voluto correggere l’inefficienza della
regolamentazione prudenziale messa in evidenza dalla recente crisi e, con il nuovo
framework regolamentare, ha dato spazio a questi strumenti apprezzandone il
contributo che offrono in termini di accrescimento della dotazione di capitale per le
banche a costi ragionevoli anche durante fasi di dissesto finanziario e garantendone
una valutazione al fine di utilizzarli sia nell’ambito del capitale minimo
regolamentare sia nell’ambito dei buffer patrimoniali. Potranno infatti rientrare a far
parte degli strumenti del Tier 1 diversi dal common equity e degli strumenti del Tier
2 (v. figura 1).
21
(Figura 1)18
In quanto strumenti computabili nel Additional Tier 1 e nel Tier 2 sono soggetti alla
clausola PONV. Il nuovo impianto di vigilanza bancaria richiede la capacità di
assorbimento delle perdite at the point of non viability per tutti gli strumenti di
capitale AT1 e T2. La Banca raggiunge il punto di insostenibilità economica quando
l’autorità di risoluzione stabilisce che la banca deve essere assoggettata ad una
procedura di risoluzione, o che, comunque, essa non sarebbe più in grado di operare
se gli strumenti di AT1 e del capitale di classe 2 non fossero svalutati o convertiti in
CET1.La possibilità che tali strumenti, in tali condizioni, possano essere svalutati o
convertiti deve essere prevista dalle clausole contrattuali di questi strumenti, ivi
compresi i prospetti e i documenti di offerta pubblica resi disponibili agli investitori
al momento dell’emissione. Al di fuori della clausola PONV, gli strumenti di capitale
contingente sono chiamati ad assorbire le perdite in ottica “on a going concern”, se
questi sono classificati come passività e rientrano nel AT1, altrimenti, in caso di
18
Fonte: ANASTASIA KARTASHEVA, BILYANA BOGDANOVA, STEFAN AVDJIEV; CoCos: a primer, 15
settembre 2013.
22
computazione all’interno del Tier 2, devono poter assorbire le perdite “on a gone
concern”. Oltre ad una distinzione basata sul collocamento di tali strumenti
all’interno del patrimonio di vigilanza è possibile categorizzare gli stessi in base al
loro trigger point. L’Autorità di vigilanza svizzera ha previsto per le proprie banche
più rilevanti dal punto di vista sistemico19
un patrimonio minimo regolamentare pari
al 19% dei Risk Weighted Assets che dovrà essere suddiviso in 10% Common equity
e 9% Contingent Capital (v. figura 2).
(Figura 2)20
In particolare, per quanto attiene al Contingent Capital il regulator elvetico ha
identificato due tipologie di CoCo Bond; una prima volta a rafforzare il patrimonio
nelle situazioni in cui la banca, pur in condizioni di difficoltà, è ancora viable e può
pertanto operare regolarmente. Ciò comporta, quindi, che lo strumento agisca in
logica going concern. La seconda, invece, mira a contrastare gli effetti di un grave
dissesto che vada a inficiare i presupposti della continuità aziendale ponendo la
19
UBS e Credit Suisse.
20
Fonte: FMI (2011), pag. 17.
23
banca in una situazione non più viable. Dunque lo strumento agirà in logica gone
concern. La prima delle tipologie suddette è definita High Level Trigger CoCos e
opera la conversione nel momento in cui il common equity ratio si riduce al di sotto
della soglia del 7%. La seconda è definita Low Level Trigger CoCos ed innesca il
meccanismo di conversione quando il ratio patrimoniale scende al di sotto della
soglia del 5%. Le diverse tipologie di CoCo bonds si distinguono inoltre in base al
meccanismo di assorbimento delle perdite. I CoCos infatti possono assorbire le
perdite attraverso la riduzione del loro valore nominale21
ed essere quindi qualificati
come Principal Write Down CoCos, oppure attraverso la loro conversione in azioni
venendo denominati Conversion-to-Equity CoCos. Uno dei vantaggi che l’utilizzo di
questi strumenti permetterebbe di conseguire è quello di ricapitalizzare un istituto
qualora esso versi in uno stato di crisi economica o finanziaria consentendo un
rafforzamento patrimoniale a condizioni economiche più vantaggiose rispetto a
quelle ottenibili attraverso il ricorso al mercato azionario. I vantaggi di costo per
l’istituto, a discapito di un’emissione di azioni ordinarie, constano nella deducibilità
delle cedole staccate dai CoCos in quanto rappresentano oneri finanziari a differenza
dei dividendi. Le stesse cedole inoltre sono meno onerose rispetto ai dividendi
collegati alle azioni. Sebbene, infatti, questi titoli siano più onerosi degli strumenti
innovativi e ibridi che andranno a sostituire (circa un punto percentuale in più22
), in
virtù del più efficiente meccanismo di assorbimento delle perdite; i CoCo bonds
offrono rendimenti meno onerosi dei titoli azionari. Uno studio23
relativo ad un
campione di banche italiane ha, infatti, evidenziato come se il costo degli strumenti
di contingent capital si aggiri attorno al 9,50%, quello del capitale si attesti attorno a
percentuali che spaziano tra l’11% e il 15%. Oltretutto l’effetto signalling24
che si
genera in seguito ad un aumento di capitale attraverso l’emissione di azioni ordinarie
e si sostanzia in un ribasso del titolo azionario viene mitigato se il finanziamento
viene recepito attraverso l’emissione di coco bonds. Un altro pregio è la possibilità
21
La clausola di write-down consente di assorbire le perdite attraverso il capitale di debito ottenuto
dalla riduzione del valore nominale del titolo di debito.
22
In merito si veda: SERGIO PARIS, Contingent Convertible Bonds: strumenti non diluitivi di
patrimonializzazione per le banche, in Banche e banchieri, n.5, 2011. Paragrafo 5.1.
23
In merito si veda: SERGIO PARIS, Contingent Convertible Bonds: strumenti non diluitivi di
patrimonializzazione per le banche, in Banche e banchieri, n.5, 2011. Paragrafi 5.1 e 5.2.
24
Il varo di un aumento di capitale lancia un segnale di sopravalutazione del prezzo delle azioni che
di conseguenza verranno scambiate sul mercato a prezzi inferiori.
24
di rafforzarsi dal punto di vista patrimoniale senza comportare effetti diluitivi sulla
compagine sociale, perlomeno fino al verificarsi del trigger event. I CoCos svolgono
un importante ruolo anche nel ridurre la prociclicità del sistema di adeguatezza
patrimoniale25
che porta le banche ad accentuare le fasi negative del ciclo
economico. In tali situazioni, infatti, verrà richiesta agli istituti una maggior
detenzione patrimoniale in virtù di aumento del rischio legato alle attività. Il processo
di raccolta di capitale per una banca risulta, però, molto oneroso in queste fasi di
mercato se non addirittura inoperabile. In questo senso la banca sarà costretta a
contrarre l’offerta di credito con effetti potenzialmente molto negativi sull’economia
reale. Basilea 3 ha previsto dei buffer patrimoniali per ridurre la prociclicità del
sistema di adeguatezza patrimoniale. I coco bonds potrebbero assolvere agli stessi
obiettivi dei buffer indicati dal framework di Basilea 3 ma con un vantaggio non
indifferente; questi strumenti sono infatti meno onerosi delle azioni di cui il Capital
Conservation Buffer26
e il Countercyclical Buffer27
sono costituiti, inoltre
garantiscono un vantaggio fiscale in termini di deducibiltà delle cedole che i
dividendi delle azioni non possono garantire. In sostanza presentano un eguale livello
di protezione contro fasi negative del ciclo economico ma ad un costo
significativamente più basso.
25
Flannery (2002)
26
Riserva precauzionale di capitale che le banche dovrebbero costituire quando la congiuntura è
favorevole e il prezzo del capitale è basso, per attingervi durante frangenti sfavorevoli quando il
prezzo del capitale è alto. Il nuovo regolamento prevede che le istituzioni bancarie accantonino un
buffer pari al 2,5% delle attività ponderate per il rischio costituito interamente da azioni ordinarie
27
Buffer anticiclico costituibile in situazioni in cui viene registrata un’espansione del credito
anomala. La sua ampiezza può variare dallo 0 al 2,5 degli RWA.
25
2.3 Struttura e criticità
Criticità e dubbi su questo particolare strumento finanziario si manifestano
nell’analisi del suo design. Fondamentale è la definizione del trigger event (v. Figura
3), che può essere scelto in relazione ad un evento specifico della singola banca
oppure ad un evento che riguardi il sistema bancario nel suo complesso. La seconda
ipotesi, tuttavia, non produce adeguati incentivi alla mitigazione dei rischi da parte
della società emittente. Altro aspetto da definire è il grado di automatismo del
meccanismo di conversione, quest’ ultimo può essere predefinito o lasciato alla
discrezionalità di un soggetto quale solitamente l’Autorità di vigilanza sull’emittente.
La prima ipotesi si presta alle esigenze di analisti e società di rating, le quali in
presenza di meccanismi chiari e automatici riuscirebbero ad operare in modo
migliore. La seconda ha l’obiettivo di evitare condotte opportunistiche e manovre
speculative, d’altro canto si presta a risposte tardive e atteggiamenti indulgenti
dell’autorità di vigilanza che mirano a prevenire fenomeni di contagio. Una scelta
cruciale riguarda il parametro di riferimento a cui il trigger event deve essere legato
(v. Figura 4). La discussione verte sull’utilizzo di un parametro contabile o uno di
mercato come indicatore strumentalmente ottimale. Il parametro contabile si presta
maggiormente ad un impianto regolamentare che ponga i coefficienti patrimoniali al
centro del sistema di regole della vigilanza bancaria. Per contro va evidenziata la
natura backward looking del parametro contabile che riflette essenzialmente
situazioni passate senza modificarsi in relazione a mutamenti futuri. Il gap temporale
tra una situazione di dissesto finanziario e la sua contabilizzazione rende questo
indicatore imperfetto ai fini della rappresentazione finanziaria dell’istituto. Ancora,
indicatori contabili ben si prestano ai frames28
di manager a cui vengono lasciate
diverse opzioni sul come e sul quando riconoscere mutamenti nei valori contabili. I
manager potrebbero essere riluttanti al lancio di messaggi negativi nei confronti del
mercato e, invece, essere propensi a mantenere il consenso degli azionisti; di
conseguenza andrebbero a nascondere la situazione finanziaria manovrando la
contabilità. Parametri di mercato, invece, sono caratterizzati da una natura forward
looking e sono garantiti da un monitoraggio costante; per contro, però, sono esposti
28
I frames sono particolari strutture mentali che permettono ad ogni individuo di definire in modo
diverso dagli altri le modalità di approccio ad un problema.
26
ad alterazioni dovute a manovre speculative. Nel caso, infatti, che il meccanismo di
conversione sia predefinito e la conversione dipenda da parametri di mercato (ad
esempio: il prezzo delle azioni) i possessori dei CoCos potrebbero accelerare il
raggiungimento del trigger event, di conseguenza potrebbero assumere una posizione
short sulle azioni dell’emittente ed esercitare una pressione sul loro prezzo,
beneficiando di un’ elevata quota di azioni emessa al servizio della conversione dei
CoCos. Dall’altra parte gli azionisti in previsione di questo comportamento
potrebbero vendere le loro azioni. Questa spirale potrebbe contrastare i benefici della
conversione e portare ad effetti diluitivi della compagine azionaria e ad un ribasso
del prezzo delle azioni. Attraverso questo tipo di manipolazione i CoCo holders
porterebbero a conversioni non necessarie, non giustificate dalla posizione
economico-finanziaria della banca. In ultima analisi ci si pone di fronte
all’alternativa fra la conversione delle obbligazioni in azioni e la cancellazione del
debito contratto dall’emittente nei confronti dei sottoscrittori (v. Figura 5). La figura
in questione consente di comprendere i pro e contro delle due opzioni e i fattori che
incidono sulle preferenze degli stakeholders. L’opzione della conversione porta
inevitabilmente alla definizione di un rapporto di conversione. Quest’ ultimo può
avvenire a prezzi predefiniti; quando il numero di azioni da assegnare è certo e
fissato in quantità pari al rapporto fra il valore nominale dei CoCos e un prestabilito
prezzo delle azioni. Questo metodo permette di conoscere ex-ante l’effetto diluitivo
in caso di conversione, d’altra parte espone i detentori dei CoCos alle perdite e
svalutazioni antecedenti al momento della conversione. A prezzi correnti; in questo
modo il numero di azioni da assegnare è variabile in relazione al rapporto tra il
valore nominale dei CoCos e il prezzo delle azioni al momento della conversione.
Con questo metodo i detentori dei titoli di debito verrebbero esposti alle sole perdite
successive alla conversione e al loro ingresso nella compagine azionaria. Ciò
nonostante questo procedimento è quello maggiormente esposto a rischi di manovre
speculative. Il rapporto di conversione può essere flessibile; quando il prezzo delle
azioni viene calcolato mediando la quotazione al momento dell’emissione e al
momento della conversione, oppure quando viene stabilito un floor al prezzo delle
azioni. Questa forma ibrida attenua pregi e difetti degli altri due metodi.
27
Trigger In base al capitale A discrezione
della Vigilanza
In base al mercato
Parametro che attiva la
conversione
Ratio patrimoniali Discrezionali Quotazione di borsa
Pro e contro
Vantaggi
Obiettivo
trasparente e non
soggetto a
manipolazioni di
mercato
Flessibile e
Ponderato
Obiettivo,
trasparente e
Forward-looking
Calcolato
quotidianamente
Svantaggi
Calcolabile con
frequenza ridotta
(trimestrale),
Manipolabile dal
management,
Backward-looking
Rischio eccessiva
prudenza
Soggetto a
manipolazioni di
mercato
Preferenze
degli
Stakeholder
Investitori
Soluzione
preferibile in quanto
trasparente e facile
da prezzare
Sgradito per
impossibilità di
stimare probabilità
evento e corretto
pricing,
Rischio interventi
tardivi
Sgradito per le
possibili
manipolazioni di
mercato
Regulator
Gradito, data la
centralità del
patrimonio nella
regolamentazione
Gradito dai
Regulator per
flessibilità e
valutazione
congiunta di più
fattori
Sgradito per le
possibili
manipolazioni di
mercato
Altre considerazioni
Richiede elevati
standard di
disclosure,
Stress test periodici
potrebbero
accrescere
l’affidabilità del
trigger
Maggiore
disclosure da parte
di banche e
vigilanza
minimizzerebbe i
timori del mercato
di interventi “a
sorpresa”
Elevato rischio di
spirale negativa
(Figura 4)
28
(Figura 3)
Tipo di conversione: Conversione in azioni Cancellazione debito
Pro e contro
Vantaggi
Forte disincentivo
all’assunzione di rischi
eccessivi al fine di evitare
una diluizione della
compagine azionaria
Non trasforma i detentori di
strumenti di debito in
azionisti
(La trasformazione potrebbe
confliggere con alcune
politiche di in investimento)
Più ampio bacino di
investitori
Svantaggi
Ridotto interesse per lo
strumento (se la
conversione avviene tardi,
così che i detentori dei
cocos subentrano
nell’azionariato quando il
valore aziendale residuo è
basso e c’è poco potenziale
di rivalutazione)
Eventualità per i detentori di
strumenti di debito di
perdere irrimediabilmente il
loro investimento
(permanent PWD CoCo)
Preferenze
degli
stakeholder
Investitori
Poco gradito agli investitori
istituzionali i cui mandati
precludono gli investimenti
in titoli azionari o
convertibili.
Gradito agli investitori in
titoli a reddito fisso,
soprattutto se i titoli
prevedono clausole di write-
back (quando la banca torna
in “salute”)
Regulator
Disincentiva il management
ad assumere rischi eccessivi
Poco gradito se contiene
clausole che stabiliscono un
pagamento parziale al
momento del write-down,
perché sottrae liquidità in
condizioni di stress
(Figura 5)
29
2.4 Proposte e rischio sistemico
Diverse teorie sono state proposte riguardo al design ottimale di questo strumento
finanziario. Lo Squam Lake Working Group è un gruppo di lavoro che ha elaborato
una propria teoria sul Contingent Capital29
. Questa prevede un trigger articolato in
due fasi consecutive: in prima battuta è necessario che l’Autorità di vigilanza dichiari
l’esistenza di una crisi sistemica in corso; a questo punto il coefficiente patrimoniale
di una singola banca deve scendere al di sotto di un valore predeterminato. Un’ altra
proposta è stata formulata da due studiosi Bolton e Samama (2011)30
i quali
propongono uno strumento battezzato capital access bond (CAB). Quest’ ultimo
presenta una struttura molto simile ad un’ obbligazione reverse convertible. La banca
emette questo strumento con la facoltà di poterlo ripagare in qualsiasi momento
prima della scadenza attraverso l’emissione di azioni, ad un prezzo specifico. Lo
strumento prevede un rimborso a maturità in cash o altrimenti in azioni. Se a
scadenza il prezzo delle azioni scende al di sotto dello strike price, rilevato attraverso
la divisione tra l’ammontare pagato dal sottoscrittore e il numero di azioni che
l’emittente deve consegnare al posto di rimborsare cash quanto speso dal
sottoscrittore, la banca ha un forte incentivo a ripagare il bond attraverso le azioni.
Diversamente se il prezzo delle azioni è superiore allo strike price l’emittente ha un
incentivo a ripagare il bond in cash. Convertire l’obbligazione in equity prima della
scadenza genera un costo oppurtinità dovuto al fatto di non aver convertito in un
momento successivo il bond, per questo motivo tale opzione viene esercitata
dall’emittente solo nel caso in cui il prezzo delle azioni scenda sufficientemente al di
sotto dello strike price. Fintanto che l’opzione non viene esercitata l’emittente paga
periodicamente una cedola al sottoscrittore. La proposta di Colomiris e Herring31
vede, invece, uno strumento di capitale contingente con un trigger basato sulla media
mobile a 90 giorni del quasi market value of equity ratio (QMVER). È calcolato
come rapporto tra il valore di mercato dell’equity e il QMVA, ovvero quasi market
value of the assets, che è uguale alla somma tra il valore di libro del debito e il valore
di mercato dell’equity. Il trigger event viene in questo caso costruito con il preciso
29
Squam Lake Working Group (2009)
30
Bolton and Samama, “Capital Access Bonds”.
31
Colomiris and Herring (2011), “Why and how to design contingent convertible debt requirement”.
30
scopo di ridurre le situazioni di manipolazione del prezzo delle azioni, tende in
questo senso ad appiattire le fluttuazioni che impattano sul prezzo delle azioni. La
media del valore di mercato dell’equity consente, infatti, di ridurre l’effetto diluitivo
di una conversione e in questo senso limita gli incentivi per gli azionisti ad attuare
comportamenti che possano impattare sul prezzo delle azioni. Se il trigger viene
costruito come una media mobile, inoltre, il punto di trigger deve essere infranto per
un periodo di tempo definito, non solo un istante. In questo modo gli azionisti non si
appresteranno a vendere le loro azioni in prossimità del punto di trigger al fine di
recuperarne il più possibile il valore. Un diverso approccio alla tematica del trigger è
stato proposto dallo studioso M.J.Flannery32
. Quest’ ultimo suggerisce di legare il
trigger al valore di mercato istantaneo delle azioni ordinarie in circolazione. Il prezzo
delle azioni incorpora le aspettative sul futuro dell’ istituto e riflette in modo
tempestivo eventuali problemi che potrebbero presentarsi. Inoltre il trigger viene
legato alle condizioni della singola banca, si ha cioè la possibilità di innescare la
conversione anche se è un unico istituto a trovarsi in difficoltà. Ciò permetterebbe di
evitare la nascita di crisi sistemiche o il salvataggio tramite denaro pubblico delle
banche denominate Sistemically Important Financial Institutions. Secondo Flannery
questi strumenti finanziari sarebbero diretti proprio a detta categoria di banche nella
misura in cui assorbono le perdite in modo alternativo all’utilizzo di denaro pubblico
per il salvataggio di istituti importanti sotto il profilo sistemico. Comparati agli
strumenti di puro debito i CoCos potrebbero essere, quindi, in grado di ridurre il
rischio sistemico e la probabilità di default dell’emittente, riducendo anche gli
incentivi ad assumere rischi da parte del management dell’istituto. La capacità dei
coco bonds di ridurre il rischio sistemico è strettamente connessa all’importanza
sistemica dei soggetti acquirenti di tali titoli. Di conseguenza, al fine di raggiungere
l’obiettivo di mitigare tale rischio, risulta inappropriata la collocazione di coco bonds
presso altre banche o investitori istituzionali considerati rilevanti dal punto di vista
sistemico. In sostanza il collocamento di tali titoli non dovrebbe essere effettuato in
un ottica di trasferimento del rischio a differenti settori del sistema finanziario quanto
piuttosto in ottica di riduzione complessiva dello stesso rischio. I CoCos non hanno,
32
Flannery (2009)
31
tuttavia, la pretesa di risolvere la questione too-big-too-fail33
, si tratta essenzialmente
di una misura di protezione contro i fallimenti finanziari o eventi del mercato non
previsti. Questi strumenti non sono in grado di eliminare completamente il rischio
sistemico. Anche quando un istituto in condizioni di difficoltà potesse rafforzare il
suo patrimonio grazie ai CoCos, resterebbe comunque esposto al rischio di liquidità34
che è normalmente la prima e diretta causa di bancarotta35
. Il rischio di controparte36
sussisterebbe ugualmente anche se in misura minore, se il contributo di tutte le
banche al rischio sistemico venisse ridotto grazie al ricorso ai CoCo Bonds37
. Le
perdite in eccesso del valore dell’equity e del capitale contingente per le Sifi sono
ancora probabilmente protette dai governi, perciò esiste ancora un incentivo ad
assumere rischi oltre la capacità. L’obiettivo di correggere il moral hazard38
concesso dall’implicita garanzia dei governi risulta perciò non pienamente
raggiungibile.
33
Espressione che enuncia il principio per cui il governo è disposto a varare il bail-out di istituti
finanziari di importanza sistemica allorquando essi vertano in situazioni di crisi.
34
è il rischio che l’intermediario non sia in grado di far fronte economicamente e tempestivamente
alle future uscite di cassa a causa di una difficoltà nel reperimento delle risorse (funding liquidity risk)
o a causa della necessità di vendere rapidamente un elevato volume di attività realizzando una
perdita (market liquidity risk)
35
Achayra et al (2009)
36
Rischio che la controparte di un'operazione non adempia, entro i termini stabiliti, ai propri obblighi
contrattuali.
37
Achayra et al (2009)
38
L’espressione moral hazard, o azzardo morale, nella sua definizione macroeconomica,
è l’assunzione, da parte di un soggetto o di un collettivo, di un rischio estremamente
elevato, le cui eventuali conseguenze positive recano un vantaggio a chi ha assunto il
rischio, mentre le eventuali conseguenze negative ricadono su terzi. L’azzardo morale,
dunque, implica una presa di rischio passibile di essere ritenuto eccessivo a fronte del
disallineamento degli effetti del rischio stesso.
32
2.5 Il mercato: prospettive, criticità, pricing
Il mercato dei CoCos non è ancora maturo, ma in continua crescita. In questo senso
la decisione del livello del trigger, determinata dal trade-off tra l’analisi di
ammissibilità a capitale dei regolatori e il costo dell’emissione, gioca un ruolo
fondamentale. CoCos caratterizzati da low-trigger hanno una minore capacità di
assorbire le perdite e per questo non sono qualificabili come capitale AT1. Ciò
nondimeno i low-trigger CoCos permettono alla banca di aumentare il suo capitale
T2 con efficienza rispetto ai costi. Nel corso del tempo le banche sono state messe
sotto pressione dal mercato e dai regolatori per accrescere il loro capitale Tier1, in
questo senso ha avuto inizio un’emissione di CoCos a trigger più elevato per
soddisfare il requisito di “going concern”. Come conseguenza il volume dei CoCos
classificabile nel capitale AT1 è cresciuto considerevolmente dall’inizio del 2012 (v.
Figura 6 in alto a sinistra). L’avvento di Basilea 3 ha fissato il trigger minimo per
l’ammissibilità degli strumenti di contingent capital nel capitale AT1 al 5,125% ( in
termini di CET1/RWA). La tendenza ad emettere CoCos a questo livello di trigger è
salita col passare degli anni in quanto appetibili per la banca per la loro ammissibilità
all’ AT1 e contemporaneamente meno onerosi di CoCos a trigger elevato (v. Figura
6 in alto a destra). Grazie al framework di Basilea 3 tutti gli strumenti classificabili
come Additional Tier 1 devono soddisfare il massimo requisito di permanenza, la
perpetuità, che diventa dunque fattore discriminante nell’analisi di tale mercato. In
risposta a tale requisito la gran parte dei CoCos emessi non presentano la data di
scadenza. La restante parte presenta invece la maturity date ed è classificabile come
capitale Tier2. Le prime emissioni di CoCos hanno visto prevalere la forma che
prevede un meccanismo di assorbimento delle perdite tramite conversione (v. Figura
6 in basso a sinistra), tale meccanismo infatti risulta meno rischioso e porta il
detentore dei CoCos ad esporsi a perdite meno rilevanti rispetto ad un detentore di
PWD CoCos il quale è esposto alla cancellazione del debito della banca nei suoi
confronti. Infatti la conversione in azioni rappresenta una sorta di parziale
compensazione per i detentori di CE CoCos, così non è per i detentori di PWD
CoCos in quanto il principal writedown mechanism può essere permanente in molti
casi e quindi può non prevedere la clausola di write-back che prevede la
ricostituzione del valore nominale del titolo al raggiungimento di condizioni di
33
profittabilità dell’ente. Il mercato tuttavia si è evoluto aprendo le porte ai PWD
CoCos soprattutto per quegli investitori il cui mandato vieta l’acquisto di titoli che
prevedono la possibilità di mutare l’ asset class di appartenenza e quindi vedono
precluso l’acquisto degli CE CoCos. Di conseguenza i PWD CoCos hanno
rappresentato più della metà delle totali emissioni di CoCos dall’inizio del 2013. Dal
punto di vista geografico le emissioni di coco bonds risultano ampiamente
diversificate (v. Figura 6 in basso a destra). Le banche inglesi e svizzere primeggiano
nell’emissione di tali titoli, una spiegazione può essere ravvisata nei requisiti minimi
patrimoniali che le stesse sono costrette a rispettare. La direttiva e il regolamento UE
che recepiscono il framework di Basilea 3 rappresentano di certo un impulso al
mercato di questi titoli per quanto concerne l’Unione Europea.
(Figura 6)39
Per quanto riguarda gli investitori il taglio minimo di questi titoli è 100.000/200.000
euro, è evidente come lo strumento non sia rivolto ai piccoli risparmiatori ma
piuttosto ad investitori istituzionali. La crescente partecipazione di investitori quali le
39
Fonte: ANASTASIA KARTASHEVA, BILYANA BOGDANOVA, STEFAN AVDJIEV; CoCos: a primer, 15
settembre 2013.
34
compagnie di asset management, le compagnie assicurative e i fondi pensione sta
dando un grande contributo alla crescita di questo mercato. I fattori che andranno a
determinare l’ampiezza di tale mercato sono ravvisabili nella presenza di rating, nel
tipo di remunerazione offerta dal titolo e nella tensione esistente fra gli obiettivi delle
banche emittenti e gli investitori in tali titoli. L’assenza di rating per questi strumenti
potrebbe rappresentare un significativo ostacolo alla crescita del loro mercato. Il
mandato di diversi investitori istituzionali vieta infatti l’acquisto di strumenti che non
hanno un rating o con rating inferiore ad una certa soglia. Agenzie di rating quali
Fitch Ratings40
e Moody’s41
si sono espresse a favore dell’attribuzione di un rating a
tali strumenti ma solo in presenza di meccanismi chiari e automatici di conversione.
Secondo le metodologie di rating di Standard & Poor’s42
il titolo CoCo dovrebbe
avere un rating almeno di 2 o 3 notches al di sotto del rating dell’emittente e non
potrebbe superare il rating BBB+. Normalmente sono stati applicati rating più bassi
per CoCos con trigger vicino al PONV e per quelli che presentano trigger
discrezionali. In media43
, i rating dei cocos sono di un noch inferiori a quelli di altri
strumenti di debito subordinato e più di 5 noches al di sotto del debito senior non
garantito dello stesso emittente. Inoltre, la tensione che intercorre tra i contrastanti
obiettivi delle banche emittenti e degli investitori, è un fattore che può influenzare la
domanda di questi strumenti. Da una parte, le banche saranno favorevoli a CoCo
bonds con un elevata capacità di assorbimento delle perdite; dall’altra, gli investitori
sono focalizzati sulle possibili perdite in cui possono incorrere, in questo senso
saranno propensi a CoCos con una capacità di assorbimento delle perdite inferiore.
40
Fitch ratings, Statement, 8 novembre 2011
41
Moody’s, Statement, 11 febbraio 2011
42
Standard & Poor’s (2011).
43
CoCos: a primer.
35
(Figura 7)44
In questa tabella (v. Figura 7) vengono esplicate le caratteristiche delle emissioni di
Contingent Convertible di alcune grandi banche europee. Le diverse emissioni
spaziano caratteristiche eterogenee sotto svariati punti di vista; per quanto riguarda la
modalità di emissione vi sono stati scambi sul mercato primario (Rabobank,
Unicredit, Intesa Sanpaolo e Credit Suisse) e offerte di scambio con titoli già in
circolazione (Lloyds e Credit Suisse). Sotto il profilo della seniority degli strumenti
sono stati emessi sia titoli qualificabili come capitale Tier1(Unicredit e Intesa
Sanpaolo) sia titoli ammissibili nel capitale Tier 2 (Lloyds e Credit Suisse). Per ciò
che concerne il trigger si è rilevata una tendenza all’utilizzo di ratio patrimoniali in
linea con il framework normativo di vigilanza. Riguardo all’effetto prodotto dal
44
Fonte: SERGIO PARIS, Contingent Convertible Bonds: strumenti non diluitivi di patrimonializzazione
per le banche, in Banche e banchieri, n.5, 2011.
36
trigger event solamente Lloyds ha optato per la conversione dello strumento in
equity, i restanti istituti hanno previsto la cancellazione del debito.
(Figura 8)45
Come già evidenziato uno dei fattori cruciali nell’ottica di successo di questo
strumento è il rendimento che offre, ovvero il costo che l’istituto deve sopportare per
garantirsi una ricapitalizzazione attraverso i CoCos. Uno studio di Goldman Sachs
(2011) ha stimato il rendimento ottimale di questo strumento in un intervallo tra 7,5 e
10%. Un’analisi del Fondo Monetario internazionale (v. Figura 8) ha invece fissato
un range che oscilla tra l’8% e il 12%, secondo le aspettative di un campione di
investitori istituzionali. I rendimenti più bassi sono identificativi di Low Trigger
CoCos, appetibili e in linea con i target di rendimento di investitori quali Fixed
Income investors, Retail Investors/Private banking e SWF. I rendimenti più alti
invece caratterizzano gli High Trigger CoCos, quindi strumenti in grado di assorbire
le perdite “going concern” ed esposti in questo senso ad un più alto livello di rischio
che si sostanzia nel maggior rendimento; questa specifica classe risulta appetibile e
in linea con i target di rendimento di una parte diversa del campione (Hedge Founds,
45
Fonte: Pazarbasioglu et al. (2011), pag. 32
37
Equity investors e HY investors). Il grafico in questo senso lega i target di
rendimento degli investitori e i rendimenti attesi dalle diverse tipologie di coco bonds
evidenziando lo scenario che caratterizza gli investitori in tali titoli.
(Figura 9)46
Questo grafico (v. Figura 9) raffigura l’emissione di azioni ordinarie a confronto con
quella di Contingent Capital effettuata da Intesa Sanpaolo in due periodi differenti.
Quando Intesa ha annunciato in data 23 settembre 2010 l’emissione di un miliardo di
CoCos, la quotazione delle azioni dell’emittente ha subito un ribasso contenuto (-
2,48%) nel corso di una giornata di borsa in cui il settore bancario italiano ha
registrato un -0,79%. Il mercato ha avuto una reazione ancor più negativa quando in
data 19 maggio 2011 ha annunciato un aumento di capitale per 5 miliardi di euro
segnando un ribasso per il titolo azionario dell’emittente del 3,48% a cui è seguito un
ulteriore calo del 12,89% per 1/3 motivato dallo stacco dei dividendi. Il mercato
primario dei titoli bancari può, non di rado, portare a forti ribassi di borsa nel
momento in cui vengono varati ingenti aumenti di capitale. In quest’ ottica i CoCos
rappresentano una valida alternativa al finanziamento tramite equity per il
rafforzamento patrimoniale.
46
Fonte: SERGIO PARIS, Contingent Convertible Bonds: strumenti non diluitivi di patrimonializzazione
per le banche, in Banche e banchieri, n.5, 2011.
38
Riguardo al pricing di questo strumento è utile effettuare alcuni ragionamenti. Il
rendimento legato ai cocos è strettamente legato al loro grado di subordinazione
rispetto agli altri strumenti finanziari. Infatti, maggiore è il suo grado di priorità
nell’assorbire le perdite, maggiore sarà il rendimento legato a quel coco. Il livello del
trigger gioca dunque un ruolo fondamentale, i coco holders preferiranno trigger bassi
(low triggers). A questi ultimi infatti è collegata una bassa probabilità di innesco del
trigger e di conseguenza una ridotta possibilità che lo strumento sia chiamato ad
assorbire le perdite. Gli azionisti della società emittente, invece, preferiranno trigger
alti (high triggers). Tali livelli di trigger sono infatti agganciati ad una più alta
porbabilità per i detentori dei cocos di incorrere nel raggiungimento del trigger e di
essere chiamati ad assorbire le perdite. Queste riflessioni risultano adeguate se
applicate a PWD cocos. Il rendimento legato a PWD cocos caratterizzati da high
trigger sarà più elevato rispetto a quello previsto per cocos caratterizzati da low
trigger in ragione del maggior rischio sopportato. Per quanto riguarda i CE cocos,
invece, la situazione è più articolata in quanto tali titoli saranno appetibili ai detentori
a seconda del numero di azioni che riceveranno e quindi del rapporto di conversione
e in questo senso saranno sgraditi agli azionisti se, in caso di high trigger, dovessero
comportare una diluizione dell’azionariato in un momento in cui l’impresa non versa
ancora in cattive acque. Sotto il profilo del metodo di assorbimento delle perdite, la
compagine azionaria preferirà di gran lunga PWD cocos che, in virtù della riduzione
del valore nominale del titolo, non comportano una diluizione dell’azionariato.
Contrariamente, i detentori di cocos preferiranno titoli che presentano meccanismi di
conversione in equity al raggiungimento del trigger event in quanto ciò
permetterebbe loro di rimpiazzare il coco con azioni e sperare in un upside del valore
delle stesse, al contrario di un PWD coco che nel caso in cui dovesse prevedere una
riduzione permanente del valore nominale del titolo comporterebbe la totale perdita
dell’investimento da parte del sottoscrittore del titolo.
39
( Figura 10)47
La tabella (v. Figura 10) presenta il pricing di un campione di coco bonds suddivisi
in relazione al loro meccanismo di assorbimento delle perdite e alla definizione del
loro livello di trigger. I PWD cocos presentano un YTM48
all’emissione molto più
alto rispetto ai CE cocos. In media l’YTM dei PWD cocos è il 3,9% più alto rispetto
agli altri strumenti di debito subordinato emessi dalla stessa banca. Contrariamente lo
spred dei CE cocos sugli altri strumenti di debito subordinato è pari al 2,5%. Lo
YTM spread medio per gli high trigger cocos è il 3,6%, diversamente dai low trigger
cocos che presentano uno spread rispetto all’altro debito subordinato della banca del
2,5%. I cocos meno costosi all’emissione risultano, dunque, essere quelli
caratterizzati da un meccanismo di assorbimento delle perdite basato sulla
conversione in azioni e un basso livello di trigger. Lo spread medio di questo tipo di
titolo sull’altro debito subordinato è del 2,3%. Diversamente lo spread medio per i
CE cocos con alto trigger è del 3,5%. Più costosi di questi ultimi risultano i PWD
cocos con livello di trigger alto che presentano uno spread del 3,6%. In conclusione
si può notare come i cocos più costosi siano quelli che presentano una combinazione
di basso trigger e meccanismo di assorbimento delle perdite PWD, questi infatti
presentano uno spread all’emissione del 4,8% sul restante debito subordinato della
banca. PWD cocos a basso trigger risultano quindi più costosi di quelli ad alto trigger
anche se l’intuizione potrebbe far credere l’opposto. La spiegazione viene indicata
nel fatto che, per quanto riguarda il campione in esame, i PWD cocos a basso trigger
47
Fonte: ANASTASIA KARTASHEVA, BILYANA BOGDANOVA, STEFAN AVDJIEV; CoCos: a primer, 15
settembre 2013.
48
Yeld to maturity, il rendimento di un titolo nell’ipotesi che sia detenuto fino a scadenza.
40
presentano la clausola PONV che maggiora la probabilità di incorrere nel trigger
event, a differenza degli PWD cocos ad alto trigger.
(Figura 11)49
Per quanto concerne il mercato secondario, in questa tabella (v. Figura 11) viene
presentato il grado di correlazione tra lo spread dei coco bond e gli spread di altri
strumenti finanziari emessi dalla stessa banca. Si può notare come gli spread dei
cocos siano maggiormente correlati con gli spread degli altri strumenti di debito
subordinati della stessa banca. Il coefficiente di correlazione medio con questo tipo
di strumenti è pari a 0,44. La correlazione, invece, con strumenti quali le azioni
risulta essere pari a -0,25. Quest’ultima osservazione è coerente con il risultato di
uno studio (v. Figura 12) sulle reazioni del prezzo delle azioni e dello spread dei
coco bond a critiche e giudizi negativi per quanto riguarda il livello di capitale di un
singolo istituto. Quest’ultimo è rappresentato dal Credit Suisse che il 14 giugno 2012
riceve delle critiche dalla Swiss National Bank a proposito del suo scarso livello di
capitalizzazione. La reazione a questi commenti vide il prezzo delle azioni crollare
per più del 10%, e il rendimento del cocos salire di 39 punti base. Interessante è
osservare il grado di correlazione che sussiste tra gli spread degli strumenti di debito
subordinato e gli spread dei cocos a trigger basso e a trigger alto. Il coefficiente di
correlazione medio tra gli strumenti di debito subordinato e i cocos a basso trigger è
0,50, relativamente alto rispetto a quello con i cocos ad alto trigger che risulta essere
0,32. Queste conclusioni risultano in linea con il fatto che i cocos a basso trigger
49
Fonte: ANASTASIA KARTASHEVA, BILYANA BOGDANOVA, STEFAN AVDJIEV; CoCos: a primer, 15
settembre 2013.
41
sono molto più simili nell’assorbire le perdite agli strumenti di debito subordinato
diversi dai cocos emessi dalla stessa banca. Diversamente i cocos ad alto trigger
assorbono le perdite in modo molto più simile alle azioni, cioè molto prima degli altri
strumenti di debito subordinato. In conclusione la correlazione tra spread dei cocos e
prezzo dell’equity non è influenzata dal livello di trigger dei cocos. Normalmente ci
aspetteremmo che i cocos ad alto trigger si comportino in modo simile all’equity in
modo maggiore rispetto ai cocos a basso trigger. In questo senso ci aspetteremmo
una correlazione più forte tra cocos ad alto trigger ed equity rispetto a cocos a basso
trigger ed equity. In realtà il grado di correlazione risulta essere quasi lo stesso; 0,25
tra equity e cocos a basso trigger, 0,26 tra equity e cocos ad alto trigger.
(Figura 12)50
50
Fonte: ANASTASIA KARTASHEVA, BILYANA BOGDANOVA, STEFAN AVDJIEV; CoCos: a primer, 15
settembre 2015
42
Riguardo al potenziale mercato di questi strumenti diverse tra banche d’affari,
agenzie di rating e società di consulenza si sono espresse a riguardo formulando
attraverso uno studio diverse stime a proposito dell’ampiezza di tale mercato. Alcuni
di questi studi vengono di seguito riportati:
 Goldman Sachs51
, ha presentato una stima che oscilla in un intervallo tra i
925 e i 1.900 miliardi di dollari l’ammontare di contingent capital di cui le 50
maggiori banche internazionali dovranno dotarsi;
 Standard & Poor’s52
, ha stimato in 1.000 miliardi di dollari le potenziali
emissioni di coco bonds nei prossimi 10 anni;
 McKinsey53
, ha indicato in 600 miliardi di dollari l’esigenza di capitale che
dovrà essere coperto attraverso i coco bonds dalle banche europee fino al
2019, tenendo in considerazione anche l’esigenza per le banche di sostituire i
titoli non più conformi alle disposizioni di Basilea 3.
Queste stime sono state elaborate prima che il Comitato di Basilea decidesse di
precludere il contingent capital al buffer patrimoniale addizionale dei G-Sibs54
.
Questa decisione potrebbe riflettersi in un sostanziale ridimensionamento del
mercato potenziale di questi strumenti. In ultima analisi si evidenzia come
nell’attuale fase di mercato l’investimento in coco bonds presenti un appeal rilevante.
Cyril Parison, Responsabile della Ricerca Fixed Income di Exane Derivatives, elenca
quattro punti fondamentali per comprendere a pieno la validità di tale investimento:
1. Il livello di valorizzazione: i coco bonds presentano rendimenti piuttosto alti
rispetto alla media del comparto obbligazionario.
2. La solidità dei fondamentali: i ratio sul capitale si sono rafforzati a seguito
delle pressioni dei regolatori come conseguenza della crisi. In questo senso la
probabilità che il trigger event, che da luogo alla conversione del titolo o alla
sua svalutazione, venga raggiunto è piuttosto bassa. I ratio sul capitale dal
2013 stanno subendo un aumento dovuto alle nuove disposizione in materia
di vigilanza bancaria.
51
Goldman Sachs (2011).
52
Standard & Poor’s (2010)
53
McKinsey (2010).
54
BCBS, 2011b.
43
3. Dinamicità del mercato primario: il segmento dei CoCo bond vanta una
buona diversificazione geografica sul fronte degli emittenti e una buona
diversificazione della tipologia di strumenti emessi (low/high trigger,
conversion/write-down).
4. Effetto valuta: la maggior parte dei cocos è emessa in dollari e in questo
senso si punta a sfruttare il rafforzamento del dollaro rispetto all’euro.
44
Conclusione
In conclusione il lavoro ha evidenziato caratteristiche e peculiarità degli strumenti
del capitale contingente noti come CoCo bonds e del loro mercato. La struttura dello
strumento è guidata dall’obiettivo primario di offrire un rafforzamento patrimoniale
alle banche a condizioni di prezzo ottimali anche durante fasi di crisi economica o
finanziaria. Le emissioni di CoCo bonds sono principalmente indirizzate al bisogno
di soddisfare i requisiti di capitale richiesti per le banche e in questo senso la direttiva
e il regolamento UE che recepiscono il framework di Basilea 3 giocano un ruolo
fondamentale. I CoCo bonds possono, inoltre, dare un contributo per quanto
concerne il rafforzamento della resilienza di tutto il sistema bancario attraverso la
loro capacità di ridurre il rischio sistemico. Importanti dal punto di vista delle
prospettive di questo mercato risultano soprattutto il bacino degli investitori e i
rendimenti che tali strumenti sono in grado di garantire. Il livello del trigger e il
meccanismo di assorbimento delle perdite giocano un ruolo di primo piano per
quanto riguarda il pricing sul mercato primario. In riferimento al mercato secondario,
invece, possiamo concludere che i rendimenti dei CoCo bonds sono più correlati con
i rendimenti degli altri strumenti di debito subordinati, precisando che esistono
variazioni a seconda del livello di trigger degli strumenti di contingent capital. Altro
aspetto fondamentale che è stato rilevato è sicuramente la capacità dei CoCo bonds
di ridurre la prociclicità del sistema di adeguatezza patrimoniale che le banche sono
costrette a rispettare. In aggiunta alla capacità di questo strumento di migliorare la
condizione di propensione al rischio delle banche andandola a ridurre e contenendola
entro limiti accettabili, va evidenziata anche la sua funzione a livello pubblico che si
sostanzia nella riduzione del costo delle crisi finanziarie che i contribuenti
dovrebbero sopportare nel caso in cui la banca dovesse trovarsi in situazioni così
gravi da richiedere un intervento statale. Rapportandoli agli altri strumenti di debito
subordinato il contingent capital dimostra una migliore capacità di assorbimento
delle perdite, inoltre, rispetto all’equity, consente un rafforzamento patrimoniale
meno oneroso ed un effetto signalling più contenuto. Ad ogni modo sussistono
ancora alcune ombre riguardo al capitale contingente che non gli consentono un
ampio utilizzo e ne limitano il mercato. Il trigger event, ad esempio, risulta ancora
complicato da definire in quanto presenta molte possibilità e vie percorribili per la
45
sua composizione. Ciò rende complesso il procedimento che porta alla definizione
del design di un CoCo bond. Fondamentale risulta anche l’analisi sul comportamento
degli stakeholders, se irrazionale potrebbe, come si è visto, portare ad effetti antitetici
agli obiettivi primari del contingent capital stesso. Risulta necessario, dunque,
comprendere al meglio tali comportamenti, prevenirli e quantificare il loro potenziale
impatto. Infine l’alone di complessità ed incertezza che copre gli strumenti in
questione non facilita il processo di pricing, di valutazione dello strumento e di
valutazione dei rischi connessi allo stesso.
46
INDICE FIGURE
1. Collocazione CoCo Bonds all’interno del patrimonio di vigilanza, pag. 21.
2. Collocazione CoCo Bonds all’interno del patrimonio di vigilanza svizzero,
pag. 22.
3. Struttura Trigger Event, pag.28.
4. Analisi parametri a cui il trigger event deve essere legato, pag. 27.
5. Analisi meccanismo di conversione in azione e cancellazione del debito,
pag.28.
6. Emissioni CoCo Bonds: in base alla collocazione nel patrimonio di vigilanza
(in alto a sinistra), in base al meccanismo di assorbimento delle perdite (in
basso a sinistra), in base al livello di trigger del 5,125% (CET1/RWA) (in alto
a destra) e in base alla nazionalità della banca emittente(in basso a destra),
Pag.33.
7. Le caratteristiche di emissioni di CoCo Bonds di alcune grandi banche
europee, pag.35.
8. I target di rendimento degli investitori e i rendimenti attesi dalle diverse
tipologie di coco bonds, pag.36.
9. Reazione del mercato all’ emissione di azioni ordinarie e di CoCo Bonds,
pag.37.
10. Pricing CoCo Bonds sul mercato primario, pag.39.
11. Correlazione tra spread dei CoCo Bonds e prezzo/spread degli altri strumenti
emessi dallo stesso emittente, pag.40.
12. Reazione delle azioni e dei CoCo Bonds di Credit Swiss a critiche e giudizi
negativi riguardo il livello di capitale dell’istituto da parte della Swiss
National Bank, pag.41.
47
Bibliografia:
ANASTASIA KARTASHEVA, BILYANA BOGDANOVA, STEFAN AVDJIEV;
CoCos: a primer, 15 settembre 2013.
BANCA D’ITALIA, Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche,
Circolare n. 263, 27 dicembre 2006.
BENIAMINO ANDREA PICCONE, ISABELLA SORACE; I Contingent
Convertible Bonds: nuovi strumenti di patrimonializzazione, in Banche e Banchieri,
2012, pp. 102-112.
BOLTON PATRICK, FREDERIC SAMAMA, Capital Access Bonds: Contingent
Capital with an Option to Convert, September 2010 – Revised September 2011.
BRUGGEMAN VERONIQUE, Compensating Catastrophe Victims: A Comparative
Law and Economics Approach, pag. 161, Kluwer law international, 2010.
COLOROMIS CHARLES W., HERRING RICHARD J., Why and how to design a
Contingent Convertible debt requirement, April 2011.
DIRETTIVA 2014/59/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO,
Gazzetta Ufficiale dell’ Unione Europea, 15 Maggio 2014.
GOLDMAN SACHS, Contingent capital: possibilities, problems and opportunities,
March 2011.
KAILAN SHANG FSA, CFA, PRM, SCJP, Understanding Contingent Capital,
Casuality Actuarial Society, February 2013.
MICHAEL W. ELLIOTT, CPCU, AIAF, Contingent Capital Arrangements, Risk
Management Section Quarterly, Vol. 18, No. 2, September 2001.
MONTANARO ELISABETTA, La composizione del patrimonio di vigilanza, 2014.
PAZARBASIOGLU CEYLA, ZHOU JIANPING,LE LESLE VANESSA, MOORE
MICHAEL, Contingent Capital: Economic Rationaleand Design Features, IMF stuff
discussion note, january 25, 2011.
48
RETTIFICA DEL REGOLAMENTO (UE) N. 575/2013, Gazzetta Ufficiale
dell’Unione Europea, 26 giugno 2013.
SERGIO PARIS, Contingent Convertible Bonds: strumenti non diluitivi di
patrimonializzazione per le banche, in Banche e banchieri, n.5, 2011.

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The CoCo bonds: new capitalisation instruments for banks

  • 1. 1 Indice INTRODUZIONE……………………………………………………………………2 Il patrimonio di vigilanza 1.1 REQUISITI STRUMENTI……………………………………………………...4 1.2 BASILEA 2……………………………………………………………………...8 1.3 BASILEA 3…………………………………………………………………….11 I CoCo Bonds 2.1 IL CAPITALE CONTINGENTE……………………………………………....18 2.2 CLASSIFICAZIONE E VANTAGGI………………………………………..…20 2.3 STRUTTURA E CRITICITÀ…………………………………………………...25 2.4 PROPOSTE E RISCHIO SISTEMICO…………………………………….......29 2.5 IL MERCATO: PROSPETTIVE, CRITICITÀ, PRICING…………………….32 CONLCUSIONE……………………………………………………………………44 INDICE FIGURE……………………………………………………………………46 BIBLIOGRAFIA……………………………………………………………………47
  • 2. 2 Introduzione La classe degli strumenti obbligazionari ha subito un mutamento nel corso degli anni che l’ha portata ad ampliare la propria gamma di prodotti. Le obbligazioni si sono evolute inglobando nella propria struttura alcuni aspetti caratteristici dei titoli di capitale. In questo senso è venuta a crearsi una tipologia di strumenti finanziari difficilmente inquadrabili in modo univoco come titoli rappresentativi del capitale di rischio o del capitale di debito. All’interno di questo contesto assumono un ruolo importante i contingent convertible bonds, vale a dire titoli che al momento dell’emissione configurano strumenti di debito ma che al verificarsi di un evento attivatore, definito trigger event, operano meccanismi di conversione in titoli del capitale di rischio o subiscono la cancellazione del debito che rappresentano al fine di compiere un rafforzamento patrimoniale dell’istituto emittente. Le banche emittenti tali titoli possono sfruttare le caratteristiche proprie del capitale contingente a loro favore garantendosi un aumento della dotazione di capitale e alleggerendo la loro esposizione debitoria, soprattutto se l’istituto versa in condizioni di crisi economica o finanziaria. Scopo di questo lavoro è analizzare l’aspetto strutturale dei contingent convertible bonds, approfondendone classificazione, vantaggi e svantaggi ed andando a delineare i contorni del mercato di tali strumenti evidenziandone prospettive e criticità. I CoCo bonds assumono grande rilevanza all’interno del sistema bancario, in particolar modo in riferimento alla composizione del patrimonio di vigilanza degli istituti bancari. La direttiva e il regolamento UE che recepiscono il framework di Basilea 3 in ottica di regolamentazione e vigilanza bancaria hanno dato grande spazio a questi strumenti. La nuova riforma di Basilea 3 ha, infatti, tra i suoi punti più importanti proprio il concetto di capitale contingente. L’analisi di questo strumento non poteva dunque prescindere dalla composizione del patrimonio di vigilanza degli istituti bancari che vede, appunto, grazie a Basilea 3 l’introduzione di strumenti le cui caratteristiche ricalcano quelle del capitale contingente. La parte introduttiva del lavoro è dunque dedicata alla comprensione del funzionamento degli strumenti del patrimonio di vigilanza e alle dinamiche che hanno portato ad assumere un ruolo sempre più centrale degli strumenti di contingent capital dal framework di
  • 3. 3 Basilea 2 all’impianto regolamentare di Basilea 3. Per quanto concerne la struttura dello strumento l’analisi effettuata si concentra sulle principali variabili che contraddistinguono il design del CoCo bond e fanno capo al trigger event. In questo senso le diverse tipologie di evento attivatore (endogeno o esogeno), il metodo di assorbimento delle perdite (CE CoCo, PWD CoCo), il grado di automatismo del meccanismo di conversione (discrezionale o predefinito) e la tipologia di parametro cui agganciare il trigger event (contabile o di mercato), rappresentano un vasta gamma di opzioni i cui pro e contro devono essere attentamente analizzati al fine di generare uno strumento efficiente in ottica di rafforzamento patrimoniale della banca ed appetibile ai target di rendimento degli investitori. Le proposte di struttura ottimale che riguardano i CoCo bonds sono molte ed evidenziano la complessità nonché la precocità di questi strumenti nel mercato. Riguardo quest’ ultimo, nel lavoro, vengono analizzate alcune emissioni di coco bonds e le prospettive di crescita di questo mercato, del bacino di investitori ad esso collegato e come il framework di Basilea 3 possa dare un impulso alla crescita dello stesso. In conclusione viene esaminato il pricing di questi strumenti per quanto concerne il mercato primario andando ad analizzare lo yeld to maturity spread dei CoCo bonds rispetto a quello di altri strumenti di debito subordinati emessi da una stessa banca. Mentre, per il mercato secondario, viene esaminata la correlazione tra gli spread dei CoCo bonds e i prezzi/spread di altri strumenti dello stesso emittente. In ultima analisi, all’interno del lavoro, viene ripresa la tematica del rischio sistemico ed evidenziata la possibilità per gli strumenti del capitale contingente di ridurre tale rischio e favorire una maggiore integrità del sistema bancario.
  • 4. 4 1 Il patrimonio di vigilanza 1.1 Requisiti strumenti Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria è un organo consultivo internazionale istituito nel 1974 dai governatori delle banche centrali dei paesi del G101 .Il Comitato ha sede a Basilea presso la B.R.I.2 Il suo principale obiettivo è quello di definire una regolamentazione della vigilanza bancaria per assicurare stabilità al sistema finanziario globale. Il Comitato di Basilea non ha potere legislativo ma formula proposte che dovranno essere recepite nell'ambito dei singoli ordinamenti nazionali. L’organo redige gli Accordi di Basilea ovvero linee guida riguardanti i requisiti patrimoniali e prudenziali degli Istituti di Credito. Tra questi rientra il patrimonio di vigilanza, una forma di capitale regolamentare che le banche devono detenere per contenere entro livelli giudicati tollerabili la loro probabilità di insolvenza e i costi che ne derivano a carico del bilancio pubblico. Funzione del patrimonio di vigilanza è dunque quella di tutelare la stabilità del sistema bancario e assicurare che le banche siano in grado di assorbire eventuali perdite senza pregiudicare le ragioni dei depositanti. La regolamentazione dettata dagli Accordi di Basilea stabilisce il livello minimo di capitale in relazione ai rischi assunti dalle banche e ne definisce la composizione in termini di strumenti finanziari ammissibili al computo all’interno del patrimonio al fine di rispettare i requisiti minimi richiesti. I criteri attraverso i quali la regolamentazione definisce il livello minimo e la qualità del patrimonio di vigilanza sono guidati dallo scopo di minimizzare i costi sociali delle insolvenze bancarie nell’interesse della collettività ma soprattutto dei soggetti tutelati dalla regolamentazione del sistema finanziario quali i creditori ma soprattutto i depositanti. Esistono dei requisiti per il computo degli strumenti finanziari all’interno del patrimonio di vigilanza: 1 Belgio, Canada, Francia, Germania, Giappone, Italia ,Paesi Bassi, Regno Unito, Stati Uniti, Svezia e Svizzera. Il Comitato oggi è composto dai rappresentanti delle banche centrali e dalle autorità di vigilanza bancaria di ben 27 Paesi. 2 Banca dei regolamenti internazionali
  • 5. 5  Il grado di subordinazione  La flessibilità della remunerazione  Permanenza  Capacità di assorbimento delle perdite Per quanto concerne il grado di subordinazione esiste una priorità per quanto riguarda l’assorbimento delle perdite o in senso inverso il recupero del capitale investito. Gli azionisti, ad esempio, presentano un grado di priorità massimo nell’assorbire le perdite e sono gli ultimi, ovvero i più subordinati, a recuperare il valore del loro investimento. Gli azionisti sono i residual claimant in caso di liquidazione di una società, ovvero gli ultimi ad essere soddisfatti nella ripartizione dell’attivo. I soggetti finanziatori con massima priorità nel rimborso, ovvero i creditori con massima seniority, sono gli ultimi ad assorbire le perdite. Quanto minore è la seniority di uno strumento tanto migliore sarà la sua capacità di assorbire le perdite. L’ordine di priorità in ipotesi di liquidazione, senza pretese di esaustività, può essere riassunto in questa graduatoria semplificata: 1. Depositanti 2. Dipendenti 3. Creditori Senior garantiti 4. Creditori Senior non garantiti 5. Creditori subordinati 6. Azionisti privilegiati 7. Azionisti ordinari Riguardo alla flessibilità della remunerazione, questa risulta massima nel momento in cui la banca emittente dello strumento finanziario possiede la piena discrezionalità circa l’an e il quantum della remunerazione senza che ciò comporti l’inadempimento dell’istituto e il conseguente diritto dei finanziatori di richiedere la dichiarazione dello stato di insolvenza della banca. Maggiore è la discrezionalità in possesso della banca nel gestire la remunerazione ad esempio sospendendola o cancellandola tanto maggiore è per la banca la possibilità di destinare risorse all’assorbimento delle
  • 6. 6 perdite. Esistono clausole in grado di ridurre la discrezionalità dell’emittente nel pagamento della remunerazione quali quelle di dividend stopper3 e dividend pusher4 . La permanenza è un altro elemento da cui dipende l’ammissibilità di uno strumento finanziario nel computo del patrimonio di vigilanza. Tale requisito è massimo se lo strumento finanziario presenta una durata perpetua, e se esso può essere rimborsato unicamente su iniziativa dell’emittente e con l’autorizzazione dell’Autorità di vigilanza. Il requisito di permanenza scema se lo strumento finanziario prevede un rimborso ad una determinata scadenza. Esistono clausole a favore dei finanziatori che rappresentano degli incentivi per la banca emittente al rimborso anticipato. Si tratta di clausole contrattuali suscettibili di generare l’aspettativa che lo strumento verrà rimborsato dall’emittente alla data di esercizio dell’opzione di rimborso anticipato dello strumento stesso. Sono considerati incentivi al rimborso anticipato le clausole che, in caso di mancato esercizio dell’opzione di rimborso, alternativamente: 1. Determinino la revisione automatica del tasso di remunerazione (Clausole Step-up). 2. Comportino il rimborso del capitale attraverso la consegna di azioni della banca. (Principal Stock Settlement) 3. Possano esercitare sull’emittente una pressione, economica o reputazionale, ad esercitare l’opzione di rimborso anticipato dello strumento.5 Per evitare, dunque un maggior costo, una diluizione dell’azionariato o perdite di natura reputazionale la banca potrebbe sentirsi costretta ad esercitare l’opzione di rimborso anticipato dello strumento. Ultimo requisito in analisi è la capacità di assorbimento delle perdite (loss absorbency). La copertura delle perdite può avvenire prima che la banca si trovi in una situazione di crisi, cioè in condizioni in cui la banca, seppur in difficoltà, è ancora vitale e può operare ancora regolarmente. Si tratta di una capacità di 3 Dispositivo che non permette il pagamento di dividendi o cedole ad altri strumenti se prima questi non vengono pagati allo strumento in questione. 4 Dispositivo che prevede il pagamento obbligatorio di dividendi o cedole ad uno strumento nel caso questi siano stati pagati ad altri specifici strumenti. 5 Paolo Biffis, Il settore bancario.
  • 7. 7 assorbimento on a going concern. Gli strumenti finanziari possiedono questa capacità quando i meccanismi di copertura delle perdite si attivano prima che la banca incorra in situazioni di crisi e subentrino le autorità di gestione competenti. Gli strumenti finanziari possiedono, invece, una capacità di assorbimento delle perdite on a gone concern nel momento in cui il loro meccanismo di copertura si attiva quando la banca è in liquidazione. Esiste una terza tipologia di assorbimento delle perdite chiamata loss absorbency at the point of non viability. Si tratta di una particolare accezione di loss absorbency on a gone concern estesa non solo alla liquidazione ma anche alla risoluzione. Il punto di insostenibilità economica6 è inteso come il punto nel quale l’autorità di risoluzione stabilisce che la banca deve essere assoggettata ad una procedura di risoluzione. La regolamentazione ammette a computo nel patrimonio di vigilanza sia strumenti che operano l’assorbimento delle perdite on a going concern sia strumenti che operano l’assorbimento delle perdite on a gone concern. Tutti gli strumenti del patrimonio di vigilanza coprono le perdite quando la banca è in liquidazione. Strumenti quali le azioni ordinarie e altri strumenti con equity content7 elevato sono in grado di coprire le perdite prima che si verifichi uno stato di crisi. Tali strumenti andranno a formare il patrimonio di vigilanza di qualità superiore, Tier1. Gli strumenti deputati all’assorbimento di perdite esclusivamente on a gone concern vanno invece a formare un patrimonio di classe inferiore, il Tier2. Analizziamo ora l’evoluzione della composizione del patrimonio di vigilanza dagli Accordi di Basilea 2 agli Accordi di Basilea3. 6 Tale accezione è stata accolta in Europa dalla Direttiva 2014/59/UE su Risanamento e Risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento (Bank Recovery and Resolution Directive, BRRD) del 15 maggio 2014. 7 Gli strumenti ibridi presentano una combinazione di caratteristiche dei titoli di capitale e dei titoli di debito. L’equity content rappresenta l’attitudine di tali strumenti a possedere un elevata capacità di assorbimento delle perdite ed essere dunque assimilabili alle azioni. Tanto più l’equity content è elevato tanto più sono assimilabili ad azioni.
  • 8. 8 1.2 Basilea 2 Per quanto concerne Basilea 2, il 28 giugno 2004 il Comitato ha approvato la versione definitiva dell’accordo , che è entrato definitivamente in vigore il 1 gennaio 2008.Il patrimonio di vigilanza secondo le linee guida di Basilea 2 era costituito da tre componenti fondamentali8 : 1. Il Patrimonio di Base (Tier1) Rappresenta il patrimonio di qualità migliore. È costruito come somma algebrica di elementi positivi e negativi. Il requisito patrimoniale minimo di questa grandezza di patrimonio è previsto da Basilea 2 nell’ordine del 4% dell’attivo ponderato per il rischio. La sua composizione vede tra gli elementi qualitativamente migliori il capitale versato, le riserve e gli utili non distribuiti. Questo aggregato identifica una componente chiamata Core Tier 1 il cui computo è ammesso senza limiti all’interno del patrimonio di vigilanza e secondo Basilea 2 doveva essere ≥ 2% dell’attivo ponderato per il rischio. Anche strumenti ibridi possono entrare a far parte del Tier1, ad esempio gli strumenti innovativi di capitale, i quali presentano incentivi al rimborso anticipato, e gli strumenti non innovativi di capitale. Questi due strumenti sono ammessi nel Tier1 in misura minore o uguale al 15% del patrimonio di base lordo9 . La somma degli strumenti innovativi e non innovativi di capitale è ammessa nel Tier 1 entro e non oltre il 35%10 del patrimonio di base lordo. Risultano ammissibili nel Tier 1 anche strumenti ibridi non innovativi di capitale che presentano l’obbligo di conversione in azioni nel momento in cui il patrimonio di vigilanza scenda al di sotto del requisito patrimoniale minimo o su richiesta dell’autorità di vigilanza. Tali strumenti sono ammessi fino ad un importo ≤ 50%11 del patrimonio di base lordo. 8 In merito alle informazioni seguenti sulla composizione del patrimonio si veda BANCA D’ITALIA, Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, Circolare n. 263, 27 dicembre 2006. 9 Il Patrimonio di Base Lordo è il Patrimonio di Base (Tier1) calcolato prima delle deduzioni regolamentari (ad esempio: partecipazioni e interessenza in enti creditizi o finanziari) che vengono applicate per il 50% al Tier1 e per il 50% al Tier2. 10 Il peso sul patrimonio di base lordo viene calcolato tenendo conto degli strumenti innovativi e non di capitale 11 Il peso sul patrimonio di base lordo tiene conto delle precedenti classi di strumenti ibridi.
  • 9. 9 Cumulativamente gli strumenti ibridi sono ammessi secondo Basilea 2 entro una soglia ≤ 50% del patrimonio di base lordo. Questi strumenti ibridi sono caratterizzati da una permanenza attenuata rispetto a quella del capitale in senso stretto. Questi strumenti devono essere irredimibili o avere una scadenza non inferiore ai 30 anni. L’ eventuale facoltà di rimborso da parte dell’emittente non può essere prevista prima che siano trascorsi 5 anni dall’emissione e previa autorizzazione dell’Autorità di vigilanza. Gli strumenti innovativi di capitale presentano incentivi al rimborso anticipato e ciò comporta una diminuzione del grado di permanenza di uno strumento. Eventuali incentivi al rimborso anticipato non possono essere previsti prima di 10 anni dall’emissione. Sotto il profilo della flessibilità dei pagamenti, l’emittente ha la possibilità di non corrispondere gli interessi se necessario in relazione alla propria situazione finanziaria e di solvibilità (ad esempio nel caso in cui, nell’esercizio precedente, la banca non abbia avuto utili distribuibili o non abbia pagato dividendi agli azionisti). È previsto inoltre il divieto di corrispondere la remunerazione qualora per effetto di tale pagamento o di perdite, il patrimonio di vigilanza scenda al di sotto del requisito patrimoniale complessivo. Tali strumenti devono prevedere la possibilità per l’emittente o l’Autorità di vigilanza di attivare i meccanismi di assorbimento delle perdite (conversione in azioni ordinarie o svalutazione del valore nominale dello strumento) laddove ciò sia necessario o comunque in modo automatico quando il requisito patrimoniale complessivo della banca scenda al di sotto del 6%.Il diritto alla remunerazione non è cumulabile12 . In caso di liquidazione della banca, i possessori di questi titoli, privilegiati rispetto ai detentori di azioni, devono essere subordinati a tutti gli altri creditori. 2. Patrimonio supplementare (Tier2) La qualità degli strumenti che compongono questo patrimonio è inferiore a quella degli strumenti ammissibili nel Tier1. Era composto quasi esclusivamente da ibridi; nel dettaglio: gli ibridi del Tier1 eccedenti le soglie massime previste per la loro computabilità nel patrimonio di base, gli strumenti ibridi di patrimonializzazione e le passività subordinate. 12 La remunerazione non pagata è definitivamente persa dall’investitore e l’emittente ha la piena disponibilità delle somme risparmiate.
  • 10. 10 Gli strumenti ibridi di patrimonializzazione sono passività redimibili o irredimibili, di durata non inferiore a 10 anni, il cui rimborso è subordinato all’autorizzazione dell’Autorità di vigilanza, e la cui cedola può essere sospesa in caso di andamenti negativi della gestione nella misura necessaria a evitare o limitare il più possibile l'insorgere di perdite. Inoltre, in caso di perdite di bilancio che determino una diminuzione del capitale versato e delle riserve al di sotto del livello minimo di capitale previsto per l’autorizzazione all’attività bancaria, le somme rivenienti dalle suddette passività e dagli interessi maturati possono essere utilizzate per far fronte alle perdite al fine di consentire all’ente emittente di continuare l’attività. Queste passività, in caso di liquidazione, sono rimborsate solo dopo che sono stati soddisfatti tutti gli altri creditori non ugualmente subordinati. I debiti subordinati hanno scadenza pari o superiore a 5 anni. Il loro rimborso anticipato è consentito solo su iniziativa dell’emittente e previa autorizzazione dell’Autorità di vigilanza. In caso di liquidazione i debiti subordinati sono rimborsati solo dopo gli altri creditori non ugualmente subordinati. Gli strumenti presenti nel Tier2 potevano concorrere in misura limitata alla formazione del patrimonio di vigilanza in quanto il Tier2 doveva essere minore o uguale al Tier1. 3. Patrimonio di classe 3 (Tier3) Basilea 2 prevedeva una particolare componente del patrimonio di vigilanza utilizzabile solo per la copertura del rischio di mercato. Il Tier 3 era costituito da debiti subordinati a breve scadenza (maggiore o uguale a 2 anni) non redimibili prima della scadenza.
  • 11. 11 1.3 Basilea 3 Gli Accordi di Basilea 3 mutano radicalmente la composizione del patrimonio di vigilanza. La regolamentazione di Basilea 3 è stata introdotta gradualmente dal 2014. La struttura patrimoniale delle banche verrà rafforzata gradatamente fino al 1 gennaio 2019, data in cui le nuove soglie entreranno pienamente in vigore. Gli strumenti finanziari non più ammessi da Basilea 3 verranno progressivamente eliminati dal patrimonio di vigilanza lungo un periodo, definito di grandfathering, che avrà termine nel 2023. Ciò comporta che, fino a quella data, gli strumenti ammessi da Basilea 2 all’interno delle diverse componenti del patrimonio di vigilanza continueranno ad essere presenti nello stesso, seppur in misura inferiore di anno in anno. La composizione muta dunque in questo senso13 : 1. Il Common Equity Tier 1 (CET1) Capitale primario di classe 1 Si tratta del capitale primario di classe 1, la componente del patrimonio di migliore qualità. È composto prevalentemente da azioni ordinarie, utili non distribuiti e riserve. Il comitato ha dunque riconosciuto che queste componenti posseggono una spiccata capacità di assorbire le perdite nella prospettiva della continuazione dell’attività aziendale, superiore alle altre fonti, e per questo motivo ha deciso di calibrare su di esse in misura preminente la nuova composizione del Tier 1. Il CET1 dovrà essere aumentato dalla precedente misura del 2% al 4,5% dell’attivo ponderato per il rischio. 2. Additional Tier 1 (AT1) Capitale aggiuntivo di Classe 1 In questa fascia di patrimonio rientrano per lo più strumenti ibridi, strumenti del capitale contingente, ossia titoli di debito convertibili in azioni o il cui valore nominale può essere ridotto al verificarsi di un determinato evento attivatore al fine di rafforzare dal punto di vista patrimoniale l’istituto emittente. Tali strumenti devono presentare specifiche caratteristiche per essere giudicati ammissibili 13 In merito alle informazioni seguenti sul patrimonio si veda RETTIFICA DEL REGOLAMENTO (UE) N. 575/2013, Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 26 giugno 2013, e DIRETTIVA 2014/59/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, Gazzetta Ufficiale dell’ Unione Europea, 15 Maggio 2014.
  • 12. 12 all’interno di questa classe. Per quanto concerne la subordinazione, in caso di insolvenza dell’ente gli strumenti devono essere di classe inferiore agli strumenti di classe 2. Gli strumenti sono perpetui e le disposizioni che li governano non prevedono alcun incentivo al rimborso per l’ente (es. clausole di step-up). Possono essere rimborsati su iniziativa dell’emittente e su autorizzazione dell’Autorità di vigilanza, e comunque non prima di 5 anni dalla data di emissione. La banca non può, inoltre, adottare comportamenti che creino aspettative di rimborso per il finanziatore. Relativamente alla flessibilità della remunerazione, le disposizioni che governano gli strumenti devono conferire all’ente piena discrezionalità, in qualsiasi momento, di annullare i pagamenti, su base non cumulativa. Il mancato pagamento della remunerazione non deve costituire un evento di default. Le remunerazioni, inoltre, devono essere pagate solo a valere sugli utili o le riserve di utili distribuibili. Le disposizioni che governano gli strumenti prescrivono che, al verificarsi di un evento attivatore (trigger event), il valore nominale degli strumenti sia svalutato in via permanente o temporanea o che gli strumenti siano convertiti in strumenti del capitale primario di classe 1. Un evento attivatore si verifica nel momento in cui il coefficiente del capitale primario di classe 1 scende al di sotto del 5,125% o un livello superiore se determinato dall’ente e specificato nelle disposizioni che governano lo strumento. Gli enti possono specificare, nelle disposizioni che governano lo strumento, uno o più eventi attivatori in aggiunta a questo. Nel caso in cui lo strumento preveda la possibilità di svalutare il proprio valore nominale al raggiungimento di un trigger event il write-down dovrà riguardare:  Il credito del possessore dello strumento in caso di insolvenza o liquidazione.  L’importo da pagare in caso di rimborso.  Le distribuzioni effettuate sullo strumento. In virtù della piena discrezionalità di cancellare in qualsiasi momento la remunerazione, le clausole di dividend pusher e di dividend stopper non possono essere applicate a questi strumenti.
  • 13. 13 Il capitale di classe 1 (Tier1) viene costruito attraverso la somma di CET1 e AT1. La sua misura dovrà essere secondo Basilea 3, non inferiore al 6% dell’attivo ponderato per il rischio. 3. Tier2 (T2) Capitale di classe 2 Le principali componenti di questa classe sono i debiti subordinati con scadenza minima non inferiore ai 5 anni e strumenti del capitale contingente a basso trigger, ossia convertibili in azioni o il cui valore nominale può essere ridotto ad una soglia minore di quella prevista per gli strumenti dell’ AT1. Tali strumenti devono soddisfare specifici requisiti per essere ammissibili a computo all’interno di questa fascia del patrimonio di vigilanza. Lo strumento deve presentare un grado di subordinazione maggiore rispetto ai depositanti e ai creditori chirografari. Il profilo della permanenza si esplica in una scadenza contrattuale non inferiore ai 5 anni e non devono essere presenti incentivi al rimborso anticipato. Lo strumento può essere rimborsato solo su iniziativa dell’emittente e previa autorizzazione dell’ autorità di vigilanza, comunque non prima di 5 anni. La logica di assorbimento delle perdite opera in ottica gone concern estesa al concetto di point of non viability, attraverso meccanismi di conversione in azioni o riduzione del valore nominale del titolo. 4. Il Tier 3 è eliminato. Gli strumenti aggiuntivi di classe 1 e gli strumenti di classe 2 devono essere in grado di assorbire le perdite nel momento in cui l’ente raggiunga il punto di insostenibilità economica. L’autorità di risoluzione deve, dunque, essere in grado di azzerare tali strumenti o convertirli in capitale primario di classe 114 . Il patrimonio di vigilanza totale è dunque composto dalle 3 classi appena descritte (CET1+AT1+T2). La sua misura non dovrà essere inferiore all’8% dell’attivo ponderato per il rischio. Basilea 3 ha inoltre previsto dei buffer di capitale. Il capital conservation buffer è concepito con il fine di consentire alle banche di accumulare una riserva di capitale durante le fasi positive del ciclo economico, affinché il livello del patrimonio possa restare al di sopra dei requisiti minimi nel caso si verificassero perdite in corso d’esercizio. Si 14 Direttiva 2014/59/UE, (81).
  • 14. 14 tratta di una riserva composta da capitale primario di classe 1, di conseguenza opera l’assorbimento delle perdite secondo le normali procedure di assorbimento che caratterizzano gli strumenti di common equity tier 1. Il Common Equity Tier 1 deve essere utilizzato in via prioritaria per soddisfare i requisiti patrimoniali minimi (inclusi quelli relativi al patrimonio di base del 6% e al patrimonio di vigilanza dell’8%), prima di poter contribuire al rispetto del buffer di conservazione del capitale. Nel momento in cui questa riserva dovesse diminuire a causa di perdite, la banca non potrà distribuire utili fino a che non ne sarà ripristinato il livello minimo. Basilea 3 prevede che questo buffer sia costituito in misura pari al 2,5% delle attività ponderate per il rischio. Il buffer di conservazione del capitale sarà introdotto gradualmente tra il 1° gennaio 2016 e la fine del 2018 per diventare pienamente operativo il 1° gennaio 2019. Il Countercyclical buffer ha il compito di creare una relazione più stringente tra i requisiti patrimoniali del settore bancario e il contesto macrofinanziario in cui operano le banche. Il sistema bancario può subire, infatti, ingenti perdite quando una fase di recessione del ciclo economico è preceduta da un periodo di eccessiva espansione del credito. In questa situazione, la fase negativa dell’economia reale si trasmetterebbe al sistema finanziario, dove a seguito del credit crunch, tornerebbe a riflettersi al settore reale. In situazioni di recessione i rating assegnati alle attività tendono a deteriorarsi e ciò richiede agli istituti di credito una maggiore disponibilità di capitale. Una fase negativa del ciclo economico rende onerosa la raccolta di capitale per diversi istituti che dunque contraggono l’offerta di credito (credit crunch), proprio nel momento in cui sarebbe più necessaria all’economia. In questo modo il sistema di adeguatezza patrimoniale non fa altro che enfatizzare le fasi recessive del ciclo economico e non prepara le banche al meglio per affrontare tali situazioni. Qualora l’Autorità di vigilanza reputi che vi sia una crescita eccessiva del credito in un determinato periodo associata ad un accumulo di rischi sistemici, essa potrà richiedere la costituzione di un buffer di questo tipo per un ammontare variabile tra lo 0 e il 2,5% delle attività ponderate per il rischio. Il buffer sarà evidentemente attivato su base occasionale. Le banche dovranno soddisfare il requisito relativo a questo buffer con Common Equity Tier 1 o altro capitale pienamente in grado di assorbire le perdite. Il requisito di buffer anticiclico sarà introdotto gradualmente dal 2016 e diventerà pienamente operativo dal 1 gennaio
  • 15. 15 2019. Altri buffer vengono identificati come: global sistemically important institutions buffer, che richiede una riserva addizionale di capitale primario di classe 1 variabile tra l’1% e il 3.5% in base al grado di importanza sistemica delle istituzioni finanziarie sistemicamente rilevanti a livello globale; other sistemically important institutions buffer, che richiede una riserva di capitale primario di classe 1 fino a un massimo del 2% dell’attivo ponderato per il rischio; systemic risk buffer, che prevede una riserva di capitale primario di classe 1 per prevenire e mitigare il rischio sistemico, nel senso di un rischio di perturbazione del sistema finanziario che può avere gravi conseguenze negative per il sistema finanziario e per l'economia reale. Il framework di Basilea 3 rivede, dunque, i requisiti patrimoniali sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. Tale modifica è risultata necessaria al fine di correggere l’inadeguatezza del framework di Basilea 2. Quest’ ultimo consentiva di far rientrare nel calcolo del requisito patrimoniale strumenti che si sarebbero dimostrati inadatti per quanto concerne la copertura delle perdite on a going concern. Spesso le banche, anche in casi di difficoltà, non rinunciavano al pagamento di interessi o capitale su quegli strumenti per evitare perdite di natura reputazionale e per scongiurare possibili problemi sulla futura attività di raccolta. In questo modo le banche annullavano la capacità di assorbimento delle perdite degli strumenti. Dal punto di vista quantitativo la percentuale minima di common equity richiesta dagli standard di Basilea 2 era fissata al 2% dell’attivo ponderato per il rischio. Fissato al 4% il livello minimo del Tier 1, gli strumenti diversi dal common equity potevano rientrare fino al 50% del totale del patrimonio di base. In questo modo le banche riuscivano a incrementare il proprio coefficiente patrimoniale in modo considerevole attraverso l’emissione di strumenti ibridi e innovativi. Basilea 3 ha come compito quello di caricare di maggior peso all’interno del patrimonio di base la componente del common equity e definire caratteristiche più stringenti e specifiche per gli strumenti ibridi che possono rientrare a far parte del Tier 1 al fine di accrescere la capacità dello stesso di assorbire le perdite on a going concern. Tale capacità viene definita in modo più chiaro per gli strumenti di additional tier 1. Le caratteristiche qualitative di questi strumenti vengono maggiormente marcate dal nuovo framework, viene ribadito infatti il carattere di perpetuità che consente a tali strumenti di garantire stabilità alla banca in caso di stress finanziario, tale qualità viene rafforzata
  • 16. 16 ulteriormente attraverso il divieto di clausole contrattuali che prevedano incentivi al rimborso anticipato dello strumento. Alla luce di queste disposizioni, gli strumenti innovativi di capitale computabili nel patrimonio di vigilanza fino ad un massimo del 15% del patrimonio di base lordo, vengono esclusi dal nuovo framework in quanto incapaci di garantire le caratteristiche di stabilità e permanenza che i nuovi ibridi sono chiamati a soddisfare. I nuovi strumenti di additional tier 1 si caratterizzano, in riferimento alla qualità della flessibilità nei pagamenti, per il fatto che le distribuzioni cui danno titolo gli strumenti sono a valere sugli elementi distribuibili15 . La regolamentazione precedente invece non stabiliva in modo esplicito che la remunerazione degli ibridi potesse essere distribuita solo a valere sui distributable items ma si limitava a prevedere la possibilità per la banca di non procedere al pagamento degli interessi sui titoli ibridi tenuto conto della situazione finanziaria e di solvibilità dell’ente, e il divieto di corresponsioni qualora, per effetto dell’eventuale pagamento o di perdite intervenute, il patrimonio di vigilanza si fosse ridotto al si dotto dei requisiti minimi. Si proibisce, inoltre, differentemente da quanto previsto dalla vecchia normativa, la possibilità di inserire clausole di dividend pusher che impongano il pagamento delle cedole agli strumenti di additional tier 1 qualora la distribuzione venga effettuata su titoli junior quali le azioni ordinarie. Sono vietate anche clausole dividend stopper che impediscono le distribuzioni sulle azioni ordinarie nel momento in cui non siano state effettuate sui titoli ibridi dell’additional tier 1. Questi divieti sono fondamentali nell’ottica di una maggiore flessibilità della remunerazione che caratterizza i nuovi ibridi. Maggiore enfasi rispetto al framework di basilea 2 viene data al principio secondo il quale gli strumenti del capitale aggiuntivo di classe 1 debbano prevedere meccanismi che al verificarsi di determinate circostanze comportino la loro conversione in capitale primario di classe 1 o, alternativamente, la svalutazione del loro valore nominale. Il nuovo quadro regolamentare ha tra i diversi obiettivi quello di ampliare e raffinare le regole in tema di requisiti di capitale e strumenti computabili nel patrimonio di vigilanza al fine di promuovere una maggiore capacità di resistenza delle banche di fronte a stress di natura economico-finanziaria e una maggiore stabilità patrimoniale. I cambiamenti 15 I ditributable items comprendono, in sintesi: i profitti dell’ultimo esercizio, gli utili portati a nuovo e le riserve disponibili, al netto di eventuali perdite di esercizi precedenti, degli utili non distribuibili e delle somme iscritte in riserve non distribuibili.
  • 17. 17 più rilevanti hanno per oggetto proprio il trattamento dei nuovi titoli ibridi ammissibili nel additional tier 1. Come evidenziato, questi strumenti presentano una spiccata capacità di assorbimento delle perdite finalizzata soprattutto ad una situazione di going concern. Questa caratteristica si esplica nel meccanismo con il quale tali strumenti assorbono le perdite, ovvero la conversione degli stessi in strumenti del capitale primario di classe 1, o la riduzione del loro valore nominale, al verificarsi di un determinato evento (trigger event). Tale meccanismo è proprio anche degli strumenti del tier 2 nel monento in cui la banca raggiunga il punto di insostenibilità economica. L’obiettivo di rafforzamento patrimoniale dell’emittente, insito in questi strumenti, e il loss absorption mechanism che caratterizza questi ibridi sono caratteristiche fondamentali del capitale contingente e consentono di qualificarli come tali.
  • 18. 18 2 I CoCo Bonds 2.1 Il Capitale Contingente Gli strumenti di Contingent Capital sono strumenti finanziari che rappresentano un modo innovativo per adempiere alla necessità di rafforzamento patrimoniale di un istituto a seguito di uno specifico evento. Lo schema regolamentare di Basilea 3 ha posto molta attenzione al capitale contingente, ne è prova il fatto che tutti gli strumenti diversi dal common equity ne posseggano le caratteristiche fondamentali in ottica gone concern (strumenti di AT1 e T2) e in ottica going concern (strumenti di AT1), il riferimento è alla possibilità di tali strumenti di convertirsi in equity o ridurre il loro valore nominale al fine di garantire un rafforzamento patrimoniale dell’ente emittente a seguito di uno specifico evento. Alla luce della crisi questi strumenti, denominati Contigent Convertible Bonds, risultano importanti anche nella misura in cui favoriscono alla banca la possibilità di un aumento della dotazione di capitale a costi ragionevoli anche durante fasi di turbolenza finanziaria; prima della conversione, infatti, questi titoli configurano strumenti di debito, di conseguenza le cedole staccate da questi strumenti sono deducibili ai fini fiscali e meno onerose rispetto ai dividendi delle azioni ordinarie. Tali strumenti consentono di migliorare la resilienza delle banche e la loro capacità di sopportare le perdite. Questi strumenti del capitale contingente sono anche definiti come automatic bail-in hybrid securities, in quanto possono consentire un salvataggio dall’interno della banca in situazioni di stress finanziario senza incorrere in situazioni di insolvenza che richiedano un intervento statale e senza, dunque, traslare i costi di tali fallimenti sui depositi e sui risparmiatori. Tali strumenti del capitale contingente hanno dunque una funzione di mitigazione del rischio sistemico. Tali strumenti possono essere utilizzati anche per ridurre la prociclicità del sistema di adeguatezza patrimoniale di una banca in quanto funzionano come i buffer previsti da Basilea 3 ma con un vantaggio che non può essere sottovalutato, essi sono infatti più convenienti per la banca emittente in relazione alla loro minore onerosità e alla loro deducibilità fiscale rispetto alle azioni di cui i buffer sono costituiti. Il capitale contingente è stato a lungo utilizzato dalle compagnie di assicurazione. I CoCo bonds sono simili agli strumenti utilizzati dalle
  • 19. 19 compagnie di assicurazione chiamati strumenti non tradizionali di capitale il cui scopo è quello di trasferire il rischio. Gli strumenti del capitale contingente più utilizzati, in questo senso, sono le catastrophe equity puts16 e i contingent surplus notes17 . Il primo strumento consente all’assicuratore il diritto di vendere azioni ad un prezzo fissato nel caso in cui uno specifico trigger event si manifesti e di conseguenza rafforzare la propria disponibilità di capitale. Il secondo strumento conferisce, invece, il diritto all’assicuratore di emettere surplus notes verso un Contingent surplus note trust in cambio di liquidità che consentirà di coprire eventuali perdite. I trigger event per questi strumenti sono legati a rischi catastrofali. Gli strumenti di contingent capital forniscono dunque una ricapitalizzazione automatica nel momento in cui l’emittente si trovi in situazioni di stress economico- finanziario. Diverse società emettono strumenti di contingent capital al fine di proteggersi da una eventuale condizione di deterioramento della situazione patrimoniale o al fine di incrementare il buffer di capitale per futuri eventi avversi. Esistono diverse proposte che mirano a creare un design ottimale per questi strumenti, tali proposte si focalizzano soprattutto sulla definizione del trigger event. Le differenti opzioni dimostrano la complessità dello strumento e la sua precocità all’interno del mercato. Sussistono, infine, diverse preoccupazioni riguardo il comportamento che gli stakeholder potrebbero adottare attraverso operazioni speculative o condotte opportunistiche, le quali porterebbero gli istituti emittenti in situazioni ancora peggiori, e questo è esattamente l’opposto del fine al quale questi strumenti sono stati creati. 16 Compensating Catastrophe Victims: A Comparative Law and Economics Approach Di Véronique Bruggeman, pagina 161. 17 Compensating Catastrophe Victims: A Comparative Law and Economics Approach Di Véronique Bruggeman, pagina 161.
  • 20. 20 2.2 Classificazione e vantaggi Le obbligazioni sono titoli rappresentativi di un debito dell’emittente nei confronti dei sottoscrittori. Il capitale sottoscritto è un finanziamento concesso dai sottoscrittori all’emittente, il quale si impegna a rimborsare a scadenza il capitale ricevuto e, periodicamente, a remunerare i sottoscrittori attraverso il pagamento di interessi. Rispetto a questa originaria definizione le obbligazioni hanno subito nel corso degli anni un’evoluzione che le ha portate ad avvicinarsi sotto l’aspetto strutturale ai titoli di capitale e ad evolversi verso una maggiore flessibilità della categoria. Al fine di incentivare la propensione dei risparmiatori all’investimento in tali strumenti sono state creati tipi speciali di obbligazioni che si differenziano per la moltitudine di diritti ad esse attribuibili. Una particolare categoria di questa classe di strumenti finanziari sono le obbligazioni convertibili, si tratta di titoli a reddito fisso analoghi ad un’obbligazione tradizionale che offrono ai possessori la possibilità di convertire il titolo in azioni della stessa società o di una società terza sulla base di condizioni prefissate. Questa classe di strumenti si colloca all’interno di una terra di confine in cui è labile la linea di demarcazione tra l’equity, inteso come capitale di rischio, e debt, inteso come capitale di debito. In questo contesto prende forma una particolare classe di strumenti ibridi inquadrabili all’interno del capitale contingente, i CoCo bonds. I contingent convertible bond sono titoli che, al momento dell’emissione, configurano strumenti di debito ma che al verificarsi di uno specifico evento definito trigger event, determinano il rafforzamento patrimoniale della banca mediante la conversione dei titoli in azioni o la cancellazione del relativo debito. Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria ha voluto correggere l’inefficienza della regolamentazione prudenziale messa in evidenza dalla recente crisi e, con il nuovo framework regolamentare, ha dato spazio a questi strumenti apprezzandone il contributo che offrono in termini di accrescimento della dotazione di capitale per le banche a costi ragionevoli anche durante fasi di dissesto finanziario e garantendone una valutazione al fine di utilizzarli sia nell’ambito del capitale minimo regolamentare sia nell’ambito dei buffer patrimoniali. Potranno infatti rientrare a far parte degli strumenti del Tier 1 diversi dal common equity e degli strumenti del Tier 2 (v. figura 1).
  • 21. 21 (Figura 1)18 In quanto strumenti computabili nel Additional Tier 1 e nel Tier 2 sono soggetti alla clausola PONV. Il nuovo impianto di vigilanza bancaria richiede la capacità di assorbimento delle perdite at the point of non viability per tutti gli strumenti di capitale AT1 e T2. La Banca raggiunge il punto di insostenibilità economica quando l’autorità di risoluzione stabilisce che la banca deve essere assoggettata ad una procedura di risoluzione, o che, comunque, essa non sarebbe più in grado di operare se gli strumenti di AT1 e del capitale di classe 2 non fossero svalutati o convertiti in CET1.La possibilità che tali strumenti, in tali condizioni, possano essere svalutati o convertiti deve essere prevista dalle clausole contrattuali di questi strumenti, ivi compresi i prospetti e i documenti di offerta pubblica resi disponibili agli investitori al momento dell’emissione. Al di fuori della clausola PONV, gli strumenti di capitale contingente sono chiamati ad assorbire le perdite in ottica “on a going concern”, se questi sono classificati come passività e rientrano nel AT1, altrimenti, in caso di 18 Fonte: ANASTASIA KARTASHEVA, BILYANA BOGDANOVA, STEFAN AVDJIEV; CoCos: a primer, 15 settembre 2013.
  • 22. 22 computazione all’interno del Tier 2, devono poter assorbire le perdite “on a gone concern”. Oltre ad una distinzione basata sul collocamento di tali strumenti all’interno del patrimonio di vigilanza è possibile categorizzare gli stessi in base al loro trigger point. L’Autorità di vigilanza svizzera ha previsto per le proprie banche più rilevanti dal punto di vista sistemico19 un patrimonio minimo regolamentare pari al 19% dei Risk Weighted Assets che dovrà essere suddiviso in 10% Common equity e 9% Contingent Capital (v. figura 2). (Figura 2)20 In particolare, per quanto attiene al Contingent Capital il regulator elvetico ha identificato due tipologie di CoCo Bond; una prima volta a rafforzare il patrimonio nelle situazioni in cui la banca, pur in condizioni di difficoltà, è ancora viable e può pertanto operare regolarmente. Ciò comporta, quindi, che lo strumento agisca in logica going concern. La seconda, invece, mira a contrastare gli effetti di un grave dissesto che vada a inficiare i presupposti della continuità aziendale ponendo la 19 UBS e Credit Suisse. 20 Fonte: FMI (2011), pag. 17.
  • 23. 23 banca in una situazione non più viable. Dunque lo strumento agirà in logica gone concern. La prima delle tipologie suddette è definita High Level Trigger CoCos e opera la conversione nel momento in cui il common equity ratio si riduce al di sotto della soglia del 7%. La seconda è definita Low Level Trigger CoCos ed innesca il meccanismo di conversione quando il ratio patrimoniale scende al di sotto della soglia del 5%. Le diverse tipologie di CoCo bonds si distinguono inoltre in base al meccanismo di assorbimento delle perdite. I CoCos infatti possono assorbire le perdite attraverso la riduzione del loro valore nominale21 ed essere quindi qualificati come Principal Write Down CoCos, oppure attraverso la loro conversione in azioni venendo denominati Conversion-to-Equity CoCos. Uno dei vantaggi che l’utilizzo di questi strumenti permetterebbe di conseguire è quello di ricapitalizzare un istituto qualora esso versi in uno stato di crisi economica o finanziaria consentendo un rafforzamento patrimoniale a condizioni economiche più vantaggiose rispetto a quelle ottenibili attraverso il ricorso al mercato azionario. I vantaggi di costo per l’istituto, a discapito di un’emissione di azioni ordinarie, constano nella deducibilità delle cedole staccate dai CoCos in quanto rappresentano oneri finanziari a differenza dei dividendi. Le stesse cedole inoltre sono meno onerose rispetto ai dividendi collegati alle azioni. Sebbene, infatti, questi titoli siano più onerosi degli strumenti innovativi e ibridi che andranno a sostituire (circa un punto percentuale in più22 ), in virtù del più efficiente meccanismo di assorbimento delle perdite; i CoCo bonds offrono rendimenti meno onerosi dei titoli azionari. Uno studio23 relativo ad un campione di banche italiane ha, infatti, evidenziato come se il costo degli strumenti di contingent capital si aggiri attorno al 9,50%, quello del capitale si attesti attorno a percentuali che spaziano tra l’11% e il 15%. Oltretutto l’effetto signalling24 che si genera in seguito ad un aumento di capitale attraverso l’emissione di azioni ordinarie e si sostanzia in un ribasso del titolo azionario viene mitigato se il finanziamento viene recepito attraverso l’emissione di coco bonds. Un altro pregio è la possibilità 21 La clausola di write-down consente di assorbire le perdite attraverso il capitale di debito ottenuto dalla riduzione del valore nominale del titolo di debito. 22 In merito si veda: SERGIO PARIS, Contingent Convertible Bonds: strumenti non diluitivi di patrimonializzazione per le banche, in Banche e banchieri, n.5, 2011. Paragrafo 5.1. 23 In merito si veda: SERGIO PARIS, Contingent Convertible Bonds: strumenti non diluitivi di patrimonializzazione per le banche, in Banche e banchieri, n.5, 2011. Paragrafi 5.1 e 5.2. 24 Il varo di un aumento di capitale lancia un segnale di sopravalutazione del prezzo delle azioni che di conseguenza verranno scambiate sul mercato a prezzi inferiori.
  • 24. 24 di rafforzarsi dal punto di vista patrimoniale senza comportare effetti diluitivi sulla compagine sociale, perlomeno fino al verificarsi del trigger event. I CoCos svolgono un importante ruolo anche nel ridurre la prociclicità del sistema di adeguatezza patrimoniale25 che porta le banche ad accentuare le fasi negative del ciclo economico. In tali situazioni, infatti, verrà richiesta agli istituti una maggior detenzione patrimoniale in virtù di aumento del rischio legato alle attività. Il processo di raccolta di capitale per una banca risulta, però, molto oneroso in queste fasi di mercato se non addirittura inoperabile. In questo senso la banca sarà costretta a contrarre l’offerta di credito con effetti potenzialmente molto negativi sull’economia reale. Basilea 3 ha previsto dei buffer patrimoniali per ridurre la prociclicità del sistema di adeguatezza patrimoniale. I coco bonds potrebbero assolvere agli stessi obiettivi dei buffer indicati dal framework di Basilea 3 ma con un vantaggio non indifferente; questi strumenti sono infatti meno onerosi delle azioni di cui il Capital Conservation Buffer26 e il Countercyclical Buffer27 sono costituiti, inoltre garantiscono un vantaggio fiscale in termini di deducibiltà delle cedole che i dividendi delle azioni non possono garantire. In sostanza presentano un eguale livello di protezione contro fasi negative del ciclo economico ma ad un costo significativamente più basso. 25 Flannery (2002) 26 Riserva precauzionale di capitale che le banche dovrebbero costituire quando la congiuntura è favorevole e il prezzo del capitale è basso, per attingervi durante frangenti sfavorevoli quando il prezzo del capitale è alto. Il nuovo regolamento prevede che le istituzioni bancarie accantonino un buffer pari al 2,5% delle attività ponderate per il rischio costituito interamente da azioni ordinarie 27 Buffer anticiclico costituibile in situazioni in cui viene registrata un’espansione del credito anomala. La sua ampiezza può variare dallo 0 al 2,5 degli RWA.
  • 25. 25 2.3 Struttura e criticità Criticità e dubbi su questo particolare strumento finanziario si manifestano nell’analisi del suo design. Fondamentale è la definizione del trigger event (v. Figura 3), che può essere scelto in relazione ad un evento specifico della singola banca oppure ad un evento che riguardi il sistema bancario nel suo complesso. La seconda ipotesi, tuttavia, non produce adeguati incentivi alla mitigazione dei rischi da parte della società emittente. Altro aspetto da definire è il grado di automatismo del meccanismo di conversione, quest’ ultimo può essere predefinito o lasciato alla discrezionalità di un soggetto quale solitamente l’Autorità di vigilanza sull’emittente. La prima ipotesi si presta alle esigenze di analisti e società di rating, le quali in presenza di meccanismi chiari e automatici riuscirebbero ad operare in modo migliore. La seconda ha l’obiettivo di evitare condotte opportunistiche e manovre speculative, d’altro canto si presta a risposte tardive e atteggiamenti indulgenti dell’autorità di vigilanza che mirano a prevenire fenomeni di contagio. Una scelta cruciale riguarda il parametro di riferimento a cui il trigger event deve essere legato (v. Figura 4). La discussione verte sull’utilizzo di un parametro contabile o uno di mercato come indicatore strumentalmente ottimale. Il parametro contabile si presta maggiormente ad un impianto regolamentare che ponga i coefficienti patrimoniali al centro del sistema di regole della vigilanza bancaria. Per contro va evidenziata la natura backward looking del parametro contabile che riflette essenzialmente situazioni passate senza modificarsi in relazione a mutamenti futuri. Il gap temporale tra una situazione di dissesto finanziario e la sua contabilizzazione rende questo indicatore imperfetto ai fini della rappresentazione finanziaria dell’istituto. Ancora, indicatori contabili ben si prestano ai frames28 di manager a cui vengono lasciate diverse opzioni sul come e sul quando riconoscere mutamenti nei valori contabili. I manager potrebbero essere riluttanti al lancio di messaggi negativi nei confronti del mercato e, invece, essere propensi a mantenere il consenso degli azionisti; di conseguenza andrebbero a nascondere la situazione finanziaria manovrando la contabilità. Parametri di mercato, invece, sono caratterizzati da una natura forward looking e sono garantiti da un monitoraggio costante; per contro, però, sono esposti 28 I frames sono particolari strutture mentali che permettono ad ogni individuo di definire in modo diverso dagli altri le modalità di approccio ad un problema.
  • 26. 26 ad alterazioni dovute a manovre speculative. Nel caso, infatti, che il meccanismo di conversione sia predefinito e la conversione dipenda da parametri di mercato (ad esempio: il prezzo delle azioni) i possessori dei CoCos potrebbero accelerare il raggiungimento del trigger event, di conseguenza potrebbero assumere una posizione short sulle azioni dell’emittente ed esercitare una pressione sul loro prezzo, beneficiando di un’ elevata quota di azioni emessa al servizio della conversione dei CoCos. Dall’altra parte gli azionisti in previsione di questo comportamento potrebbero vendere le loro azioni. Questa spirale potrebbe contrastare i benefici della conversione e portare ad effetti diluitivi della compagine azionaria e ad un ribasso del prezzo delle azioni. Attraverso questo tipo di manipolazione i CoCo holders porterebbero a conversioni non necessarie, non giustificate dalla posizione economico-finanziaria della banca. In ultima analisi ci si pone di fronte all’alternativa fra la conversione delle obbligazioni in azioni e la cancellazione del debito contratto dall’emittente nei confronti dei sottoscrittori (v. Figura 5). La figura in questione consente di comprendere i pro e contro delle due opzioni e i fattori che incidono sulle preferenze degli stakeholders. L’opzione della conversione porta inevitabilmente alla definizione di un rapporto di conversione. Quest’ ultimo può avvenire a prezzi predefiniti; quando il numero di azioni da assegnare è certo e fissato in quantità pari al rapporto fra il valore nominale dei CoCos e un prestabilito prezzo delle azioni. Questo metodo permette di conoscere ex-ante l’effetto diluitivo in caso di conversione, d’altra parte espone i detentori dei CoCos alle perdite e svalutazioni antecedenti al momento della conversione. A prezzi correnti; in questo modo il numero di azioni da assegnare è variabile in relazione al rapporto tra il valore nominale dei CoCos e il prezzo delle azioni al momento della conversione. Con questo metodo i detentori dei titoli di debito verrebbero esposti alle sole perdite successive alla conversione e al loro ingresso nella compagine azionaria. Ciò nonostante questo procedimento è quello maggiormente esposto a rischi di manovre speculative. Il rapporto di conversione può essere flessibile; quando il prezzo delle azioni viene calcolato mediando la quotazione al momento dell’emissione e al momento della conversione, oppure quando viene stabilito un floor al prezzo delle azioni. Questa forma ibrida attenua pregi e difetti degli altri due metodi.
  • 27. 27 Trigger In base al capitale A discrezione della Vigilanza In base al mercato Parametro che attiva la conversione Ratio patrimoniali Discrezionali Quotazione di borsa Pro e contro Vantaggi Obiettivo trasparente e non soggetto a manipolazioni di mercato Flessibile e Ponderato Obiettivo, trasparente e Forward-looking Calcolato quotidianamente Svantaggi Calcolabile con frequenza ridotta (trimestrale), Manipolabile dal management, Backward-looking Rischio eccessiva prudenza Soggetto a manipolazioni di mercato Preferenze degli Stakeholder Investitori Soluzione preferibile in quanto trasparente e facile da prezzare Sgradito per impossibilità di stimare probabilità evento e corretto pricing, Rischio interventi tardivi Sgradito per le possibili manipolazioni di mercato Regulator Gradito, data la centralità del patrimonio nella regolamentazione Gradito dai Regulator per flessibilità e valutazione congiunta di più fattori Sgradito per le possibili manipolazioni di mercato Altre considerazioni Richiede elevati standard di disclosure, Stress test periodici potrebbero accrescere l’affidabilità del trigger Maggiore disclosure da parte di banche e vigilanza minimizzerebbe i timori del mercato di interventi “a sorpresa” Elevato rischio di spirale negativa (Figura 4)
  • 28. 28 (Figura 3) Tipo di conversione: Conversione in azioni Cancellazione debito Pro e contro Vantaggi Forte disincentivo all’assunzione di rischi eccessivi al fine di evitare una diluizione della compagine azionaria Non trasforma i detentori di strumenti di debito in azionisti (La trasformazione potrebbe confliggere con alcune politiche di in investimento) Più ampio bacino di investitori Svantaggi Ridotto interesse per lo strumento (se la conversione avviene tardi, così che i detentori dei cocos subentrano nell’azionariato quando il valore aziendale residuo è basso e c’è poco potenziale di rivalutazione) Eventualità per i detentori di strumenti di debito di perdere irrimediabilmente il loro investimento (permanent PWD CoCo) Preferenze degli stakeholder Investitori Poco gradito agli investitori istituzionali i cui mandati precludono gli investimenti in titoli azionari o convertibili. Gradito agli investitori in titoli a reddito fisso, soprattutto se i titoli prevedono clausole di write- back (quando la banca torna in “salute”) Regulator Disincentiva il management ad assumere rischi eccessivi Poco gradito se contiene clausole che stabiliscono un pagamento parziale al momento del write-down, perché sottrae liquidità in condizioni di stress (Figura 5)
  • 29. 29 2.4 Proposte e rischio sistemico Diverse teorie sono state proposte riguardo al design ottimale di questo strumento finanziario. Lo Squam Lake Working Group è un gruppo di lavoro che ha elaborato una propria teoria sul Contingent Capital29 . Questa prevede un trigger articolato in due fasi consecutive: in prima battuta è necessario che l’Autorità di vigilanza dichiari l’esistenza di una crisi sistemica in corso; a questo punto il coefficiente patrimoniale di una singola banca deve scendere al di sotto di un valore predeterminato. Un’ altra proposta è stata formulata da due studiosi Bolton e Samama (2011)30 i quali propongono uno strumento battezzato capital access bond (CAB). Quest’ ultimo presenta una struttura molto simile ad un’ obbligazione reverse convertible. La banca emette questo strumento con la facoltà di poterlo ripagare in qualsiasi momento prima della scadenza attraverso l’emissione di azioni, ad un prezzo specifico. Lo strumento prevede un rimborso a maturità in cash o altrimenti in azioni. Se a scadenza il prezzo delle azioni scende al di sotto dello strike price, rilevato attraverso la divisione tra l’ammontare pagato dal sottoscrittore e il numero di azioni che l’emittente deve consegnare al posto di rimborsare cash quanto speso dal sottoscrittore, la banca ha un forte incentivo a ripagare il bond attraverso le azioni. Diversamente se il prezzo delle azioni è superiore allo strike price l’emittente ha un incentivo a ripagare il bond in cash. Convertire l’obbligazione in equity prima della scadenza genera un costo oppurtinità dovuto al fatto di non aver convertito in un momento successivo il bond, per questo motivo tale opzione viene esercitata dall’emittente solo nel caso in cui il prezzo delle azioni scenda sufficientemente al di sotto dello strike price. Fintanto che l’opzione non viene esercitata l’emittente paga periodicamente una cedola al sottoscrittore. La proposta di Colomiris e Herring31 vede, invece, uno strumento di capitale contingente con un trigger basato sulla media mobile a 90 giorni del quasi market value of equity ratio (QMVER). È calcolato come rapporto tra il valore di mercato dell’equity e il QMVA, ovvero quasi market value of the assets, che è uguale alla somma tra il valore di libro del debito e il valore di mercato dell’equity. Il trigger event viene in questo caso costruito con il preciso 29 Squam Lake Working Group (2009) 30 Bolton and Samama, “Capital Access Bonds”. 31 Colomiris and Herring (2011), “Why and how to design contingent convertible debt requirement”.
  • 30. 30 scopo di ridurre le situazioni di manipolazione del prezzo delle azioni, tende in questo senso ad appiattire le fluttuazioni che impattano sul prezzo delle azioni. La media del valore di mercato dell’equity consente, infatti, di ridurre l’effetto diluitivo di una conversione e in questo senso limita gli incentivi per gli azionisti ad attuare comportamenti che possano impattare sul prezzo delle azioni. Se il trigger viene costruito come una media mobile, inoltre, il punto di trigger deve essere infranto per un periodo di tempo definito, non solo un istante. In questo modo gli azionisti non si appresteranno a vendere le loro azioni in prossimità del punto di trigger al fine di recuperarne il più possibile il valore. Un diverso approccio alla tematica del trigger è stato proposto dallo studioso M.J.Flannery32 . Quest’ ultimo suggerisce di legare il trigger al valore di mercato istantaneo delle azioni ordinarie in circolazione. Il prezzo delle azioni incorpora le aspettative sul futuro dell’ istituto e riflette in modo tempestivo eventuali problemi che potrebbero presentarsi. Inoltre il trigger viene legato alle condizioni della singola banca, si ha cioè la possibilità di innescare la conversione anche se è un unico istituto a trovarsi in difficoltà. Ciò permetterebbe di evitare la nascita di crisi sistemiche o il salvataggio tramite denaro pubblico delle banche denominate Sistemically Important Financial Institutions. Secondo Flannery questi strumenti finanziari sarebbero diretti proprio a detta categoria di banche nella misura in cui assorbono le perdite in modo alternativo all’utilizzo di denaro pubblico per il salvataggio di istituti importanti sotto il profilo sistemico. Comparati agli strumenti di puro debito i CoCos potrebbero essere, quindi, in grado di ridurre il rischio sistemico e la probabilità di default dell’emittente, riducendo anche gli incentivi ad assumere rischi da parte del management dell’istituto. La capacità dei coco bonds di ridurre il rischio sistemico è strettamente connessa all’importanza sistemica dei soggetti acquirenti di tali titoli. Di conseguenza, al fine di raggiungere l’obiettivo di mitigare tale rischio, risulta inappropriata la collocazione di coco bonds presso altre banche o investitori istituzionali considerati rilevanti dal punto di vista sistemico. In sostanza il collocamento di tali titoli non dovrebbe essere effettuato in un ottica di trasferimento del rischio a differenti settori del sistema finanziario quanto piuttosto in ottica di riduzione complessiva dello stesso rischio. I CoCos non hanno, 32 Flannery (2009)
  • 31. 31 tuttavia, la pretesa di risolvere la questione too-big-too-fail33 , si tratta essenzialmente di una misura di protezione contro i fallimenti finanziari o eventi del mercato non previsti. Questi strumenti non sono in grado di eliminare completamente il rischio sistemico. Anche quando un istituto in condizioni di difficoltà potesse rafforzare il suo patrimonio grazie ai CoCos, resterebbe comunque esposto al rischio di liquidità34 che è normalmente la prima e diretta causa di bancarotta35 . Il rischio di controparte36 sussisterebbe ugualmente anche se in misura minore, se il contributo di tutte le banche al rischio sistemico venisse ridotto grazie al ricorso ai CoCo Bonds37 . Le perdite in eccesso del valore dell’equity e del capitale contingente per le Sifi sono ancora probabilmente protette dai governi, perciò esiste ancora un incentivo ad assumere rischi oltre la capacità. L’obiettivo di correggere il moral hazard38 concesso dall’implicita garanzia dei governi risulta perciò non pienamente raggiungibile. 33 Espressione che enuncia il principio per cui il governo è disposto a varare il bail-out di istituti finanziari di importanza sistemica allorquando essi vertano in situazioni di crisi. 34 è il rischio che l’intermediario non sia in grado di far fronte economicamente e tempestivamente alle future uscite di cassa a causa di una difficoltà nel reperimento delle risorse (funding liquidity risk) o a causa della necessità di vendere rapidamente un elevato volume di attività realizzando una perdita (market liquidity risk) 35 Achayra et al (2009) 36 Rischio che la controparte di un'operazione non adempia, entro i termini stabiliti, ai propri obblighi contrattuali. 37 Achayra et al (2009) 38 L’espressione moral hazard, o azzardo morale, nella sua definizione macroeconomica, è l’assunzione, da parte di un soggetto o di un collettivo, di un rischio estremamente elevato, le cui eventuali conseguenze positive recano un vantaggio a chi ha assunto il rischio, mentre le eventuali conseguenze negative ricadono su terzi. L’azzardo morale, dunque, implica una presa di rischio passibile di essere ritenuto eccessivo a fronte del disallineamento degli effetti del rischio stesso.
  • 32. 32 2.5 Il mercato: prospettive, criticità, pricing Il mercato dei CoCos non è ancora maturo, ma in continua crescita. In questo senso la decisione del livello del trigger, determinata dal trade-off tra l’analisi di ammissibilità a capitale dei regolatori e il costo dell’emissione, gioca un ruolo fondamentale. CoCos caratterizzati da low-trigger hanno una minore capacità di assorbire le perdite e per questo non sono qualificabili come capitale AT1. Ciò nondimeno i low-trigger CoCos permettono alla banca di aumentare il suo capitale T2 con efficienza rispetto ai costi. Nel corso del tempo le banche sono state messe sotto pressione dal mercato e dai regolatori per accrescere il loro capitale Tier1, in questo senso ha avuto inizio un’emissione di CoCos a trigger più elevato per soddisfare il requisito di “going concern”. Come conseguenza il volume dei CoCos classificabile nel capitale AT1 è cresciuto considerevolmente dall’inizio del 2012 (v. Figura 6 in alto a sinistra). L’avvento di Basilea 3 ha fissato il trigger minimo per l’ammissibilità degli strumenti di contingent capital nel capitale AT1 al 5,125% ( in termini di CET1/RWA). La tendenza ad emettere CoCos a questo livello di trigger è salita col passare degli anni in quanto appetibili per la banca per la loro ammissibilità all’ AT1 e contemporaneamente meno onerosi di CoCos a trigger elevato (v. Figura 6 in alto a destra). Grazie al framework di Basilea 3 tutti gli strumenti classificabili come Additional Tier 1 devono soddisfare il massimo requisito di permanenza, la perpetuità, che diventa dunque fattore discriminante nell’analisi di tale mercato. In risposta a tale requisito la gran parte dei CoCos emessi non presentano la data di scadenza. La restante parte presenta invece la maturity date ed è classificabile come capitale Tier2. Le prime emissioni di CoCos hanno visto prevalere la forma che prevede un meccanismo di assorbimento delle perdite tramite conversione (v. Figura 6 in basso a sinistra), tale meccanismo infatti risulta meno rischioso e porta il detentore dei CoCos ad esporsi a perdite meno rilevanti rispetto ad un detentore di PWD CoCos il quale è esposto alla cancellazione del debito della banca nei suoi confronti. Infatti la conversione in azioni rappresenta una sorta di parziale compensazione per i detentori di CE CoCos, così non è per i detentori di PWD CoCos in quanto il principal writedown mechanism può essere permanente in molti casi e quindi può non prevedere la clausola di write-back che prevede la ricostituzione del valore nominale del titolo al raggiungimento di condizioni di
  • 33. 33 profittabilità dell’ente. Il mercato tuttavia si è evoluto aprendo le porte ai PWD CoCos soprattutto per quegli investitori il cui mandato vieta l’acquisto di titoli che prevedono la possibilità di mutare l’ asset class di appartenenza e quindi vedono precluso l’acquisto degli CE CoCos. Di conseguenza i PWD CoCos hanno rappresentato più della metà delle totali emissioni di CoCos dall’inizio del 2013. Dal punto di vista geografico le emissioni di coco bonds risultano ampiamente diversificate (v. Figura 6 in basso a destra). Le banche inglesi e svizzere primeggiano nell’emissione di tali titoli, una spiegazione può essere ravvisata nei requisiti minimi patrimoniali che le stesse sono costrette a rispettare. La direttiva e il regolamento UE che recepiscono il framework di Basilea 3 rappresentano di certo un impulso al mercato di questi titoli per quanto concerne l’Unione Europea. (Figura 6)39 Per quanto riguarda gli investitori il taglio minimo di questi titoli è 100.000/200.000 euro, è evidente come lo strumento non sia rivolto ai piccoli risparmiatori ma piuttosto ad investitori istituzionali. La crescente partecipazione di investitori quali le 39 Fonte: ANASTASIA KARTASHEVA, BILYANA BOGDANOVA, STEFAN AVDJIEV; CoCos: a primer, 15 settembre 2013.
  • 34. 34 compagnie di asset management, le compagnie assicurative e i fondi pensione sta dando un grande contributo alla crescita di questo mercato. I fattori che andranno a determinare l’ampiezza di tale mercato sono ravvisabili nella presenza di rating, nel tipo di remunerazione offerta dal titolo e nella tensione esistente fra gli obiettivi delle banche emittenti e gli investitori in tali titoli. L’assenza di rating per questi strumenti potrebbe rappresentare un significativo ostacolo alla crescita del loro mercato. Il mandato di diversi investitori istituzionali vieta infatti l’acquisto di strumenti che non hanno un rating o con rating inferiore ad una certa soglia. Agenzie di rating quali Fitch Ratings40 e Moody’s41 si sono espresse a favore dell’attribuzione di un rating a tali strumenti ma solo in presenza di meccanismi chiari e automatici di conversione. Secondo le metodologie di rating di Standard & Poor’s42 il titolo CoCo dovrebbe avere un rating almeno di 2 o 3 notches al di sotto del rating dell’emittente e non potrebbe superare il rating BBB+. Normalmente sono stati applicati rating più bassi per CoCos con trigger vicino al PONV e per quelli che presentano trigger discrezionali. In media43 , i rating dei cocos sono di un noch inferiori a quelli di altri strumenti di debito subordinato e più di 5 noches al di sotto del debito senior non garantito dello stesso emittente. Inoltre, la tensione che intercorre tra i contrastanti obiettivi delle banche emittenti e degli investitori, è un fattore che può influenzare la domanda di questi strumenti. Da una parte, le banche saranno favorevoli a CoCo bonds con un elevata capacità di assorbimento delle perdite; dall’altra, gli investitori sono focalizzati sulle possibili perdite in cui possono incorrere, in questo senso saranno propensi a CoCos con una capacità di assorbimento delle perdite inferiore. 40 Fitch ratings, Statement, 8 novembre 2011 41 Moody’s, Statement, 11 febbraio 2011 42 Standard & Poor’s (2011). 43 CoCos: a primer.
  • 35. 35 (Figura 7)44 In questa tabella (v. Figura 7) vengono esplicate le caratteristiche delle emissioni di Contingent Convertible di alcune grandi banche europee. Le diverse emissioni spaziano caratteristiche eterogenee sotto svariati punti di vista; per quanto riguarda la modalità di emissione vi sono stati scambi sul mercato primario (Rabobank, Unicredit, Intesa Sanpaolo e Credit Suisse) e offerte di scambio con titoli già in circolazione (Lloyds e Credit Suisse). Sotto il profilo della seniority degli strumenti sono stati emessi sia titoli qualificabili come capitale Tier1(Unicredit e Intesa Sanpaolo) sia titoli ammissibili nel capitale Tier 2 (Lloyds e Credit Suisse). Per ciò che concerne il trigger si è rilevata una tendenza all’utilizzo di ratio patrimoniali in linea con il framework normativo di vigilanza. Riguardo all’effetto prodotto dal 44 Fonte: SERGIO PARIS, Contingent Convertible Bonds: strumenti non diluitivi di patrimonializzazione per le banche, in Banche e banchieri, n.5, 2011.
  • 36. 36 trigger event solamente Lloyds ha optato per la conversione dello strumento in equity, i restanti istituti hanno previsto la cancellazione del debito. (Figura 8)45 Come già evidenziato uno dei fattori cruciali nell’ottica di successo di questo strumento è il rendimento che offre, ovvero il costo che l’istituto deve sopportare per garantirsi una ricapitalizzazione attraverso i CoCos. Uno studio di Goldman Sachs (2011) ha stimato il rendimento ottimale di questo strumento in un intervallo tra 7,5 e 10%. Un’analisi del Fondo Monetario internazionale (v. Figura 8) ha invece fissato un range che oscilla tra l’8% e il 12%, secondo le aspettative di un campione di investitori istituzionali. I rendimenti più bassi sono identificativi di Low Trigger CoCos, appetibili e in linea con i target di rendimento di investitori quali Fixed Income investors, Retail Investors/Private banking e SWF. I rendimenti più alti invece caratterizzano gli High Trigger CoCos, quindi strumenti in grado di assorbire le perdite “going concern” ed esposti in questo senso ad un più alto livello di rischio che si sostanzia nel maggior rendimento; questa specifica classe risulta appetibile e in linea con i target di rendimento di una parte diversa del campione (Hedge Founds, 45 Fonte: Pazarbasioglu et al. (2011), pag. 32
  • 37. 37 Equity investors e HY investors). Il grafico in questo senso lega i target di rendimento degli investitori e i rendimenti attesi dalle diverse tipologie di coco bonds evidenziando lo scenario che caratterizza gli investitori in tali titoli. (Figura 9)46 Questo grafico (v. Figura 9) raffigura l’emissione di azioni ordinarie a confronto con quella di Contingent Capital effettuata da Intesa Sanpaolo in due periodi differenti. Quando Intesa ha annunciato in data 23 settembre 2010 l’emissione di un miliardo di CoCos, la quotazione delle azioni dell’emittente ha subito un ribasso contenuto (- 2,48%) nel corso di una giornata di borsa in cui il settore bancario italiano ha registrato un -0,79%. Il mercato ha avuto una reazione ancor più negativa quando in data 19 maggio 2011 ha annunciato un aumento di capitale per 5 miliardi di euro segnando un ribasso per il titolo azionario dell’emittente del 3,48% a cui è seguito un ulteriore calo del 12,89% per 1/3 motivato dallo stacco dei dividendi. Il mercato primario dei titoli bancari può, non di rado, portare a forti ribassi di borsa nel momento in cui vengono varati ingenti aumenti di capitale. In quest’ ottica i CoCos rappresentano una valida alternativa al finanziamento tramite equity per il rafforzamento patrimoniale. 46 Fonte: SERGIO PARIS, Contingent Convertible Bonds: strumenti non diluitivi di patrimonializzazione per le banche, in Banche e banchieri, n.5, 2011.
  • 38. 38 Riguardo al pricing di questo strumento è utile effettuare alcuni ragionamenti. Il rendimento legato ai cocos è strettamente legato al loro grado di subordinazione rispetto agli altri strumenti finanziari. Infatti, maggiore è il suo grado di priorità nell’assorbire le perdite, maggiore sarà il rendimento legato a quel coco. Il livello del trigger gioca dunque un ruolo fondamentale, i coco holders preferiranno trigger bassi (low triggers). A questi ultimi infatti è collegata una bassa probabilità di innesco del trigger e di conseguenza una ridotta possibilità che lo strumento sia chiamato ad assorbire le perdite. Gli azionisti della società emittente, invece, preferiranno trigger alti (high triggers). Tali livelli di trigger sono infatti agganciati ad una più alta porbabilità per i detentori dei cocos di incorrere nel raggiungimento del trigger e di essere chiamati ad assorbire le perdite. Queste riflessioni risultano adeguate se applicate a PWD cocos. Il rendimento legato a PWD cocos caratterizzati da high trigger sarà più elevato rispetto a quello previsto per cocos caratterizzati da low trigger in ragione del maggior rischio sopportato. Per quanto riguarda i CE cocos, invece, la situazione è più articolata in quanto tali titoli saranno appetibili ai detentori a seconda del numero di azioni che riceveranno e quindi del rapporto di conversione e in questo senso saranno sgraditi agli azionisti se, in caso di high trigger, dovessero comportare una diluizione dell’azionariato in un momento in cui l’impresa non versa ancora in cattive acque. Sotto il profilo del metodo di assorbimento delle perdite, la compagine azionaria preferirà di gran lunga PWD cocos che, in virtù della riduzione del valore nominale del titolo, non comportano una diluizione dell’azionariato. Contrariamente, i detentori di cocos preferiranno titoli che presentano meccanismi di conversione in equity al raggiungimento del trigger event in quanto ciò permetterebbe loro di rimpiazzare il coco con azioni e sperare in un upside del valore delle stesse, al contrario di un PWD coco che nel caso in cui dovesse prevedere una riduzione permanente del valore nominale del titolo comporterebbe la totale perdita dell’investimento da parte del sottoscrittore del titolo.
  • 39. 39 ( Figura 10)47 La tabella (v. Figura 10) presenta il pricing di un campione di coco bonds suddivisi in relazione al loro meccanismo di assorbimento delle perdite e alla definizione del loro livello di trigger. I PWD cocos presentano un YTM48 all’emissione molto più alto rispetto ai CE cocos. In media l’YTM dei PWD cocos è il 3,9% più alto rispetto agli altri strumenti di debito subordinato emessi dalla stessa banca. Contrariamente lo spred dei CE cocos sugli altri strumenti di debito subordinato è pari al 2,5%. Lo YTM spread medio per gli high trigger cocos è il 3,6%, diversamente dai low trigger cocos che presentano uno spread rispetto all’altro debito subordinato della banca del 2,5%. I cocos meno costosi all’emissione risultano, dunque, essere quelli caratterizzati da un meccanismo di assorbimento delle perdite basato sulla conversione in azioni e un basso livello di trigger. Lo spread medio di questo tipo di titolo sull’altro debito subordinato è del 2,3%. Diversamente lo spread medio per i CE cocos con alto trigger è del 3,5%. Più costosi di questi ultimi risultano i PWD cocos con livello di trigger alto che presentano uno spread del 3,6%. In conclusione si può notare come i cocos più costosi siano quelli che presentano una combinazione di basso trigger e meccanismo di assorbimento delle perdite PWD, questi infatti presentano uno spread all’emissione del 4,8% sul restante debito subordinato della banca. PWD cocos a basso trigger risultano quindi più costosi di quelli ad alto trigger anche se l’intuizione potrebbe far credere l’opposto. La spiegazione viene indicata nel fatto che, per quanto riguarda il campione in esame, i PWD cocos a basso trigger 47 Fonte: ANASTASIA KARTASHEVA, BILYANA BOGDANOVA, STEFAN AVDJIEV; CoCos: a primer, 15 settembre 2013. 48 Yeld to maturity, il rendimento di un titolo nell’ipotesi che sia detenuto fino a scadenza.
  • 40. 40 presentano la clausola PONV che maggiora la probabilità di incorrere nel trigger event, a differenza degli PWD cocos ad alto trigger. (Figura 11)49 Per quanto concerne il mercato secondario, in questa tabella (v. Figura 11) viene presentato il grado di correlazione tra lo spread dei coco bond e gli spread di altri strumenti finanziari emessi dalla stessa banca. Si può notare come gli spread dei cocos siano maggiormente correlati con gli spread degli altri strumenti di debito subordinati della stessa banca. Il coefficiente di correlazione medio con questo tipo di strumenti è pari a 0,44. La correlazione, invece, con strumenti quali le azioni risulta essere pari a -0,25. Quest’ultima osservazione è coerente con il risultato di uno studio (v. Figura 12) sulle reazioni del prezzo delle azioni e dello spread dei coco bond a critiche e giudizi negativi per quanto riguarda il livello di capitale di un singolo istituto. Quest’ultimo è rappresentato dal Credit Suisse che il 14 giugno 2012 riceve delle critiche dalla Swiss National Bank a proposito del suo scarso livello di capitalizzazione. La reazione a questi commenti vide il prezzo delle azioni crollare per più del 10%, e il rendimento del cocos salire di 39 punti base. Interessante è osservare il grado di correlazione che sussiste tra gli spread degli strumenti di debito subordinato e gli spread dei cocos a trigger basso e a trigger alto. Il coefficiente di correlazione medio tra gli strumenti di debito subordinato e i cocos a basso trigger è 0,50, relativamente alto rispetto a quello con i cocos ad alto trigger che risulta essere 0,32. Queste conclusioni risultano in linea con il fatto che i cocos a basso trigger 49 Fonte: ANASTASIA KARTASHEVA, BILYANA BOGDANOVA, STEFAN AVDJIEV; CoCos: a primer, 15 settembre 2013.
  • 41. 41 sono molto più simili nell’assorbire le perdite agli strumenti di debito subordinato diversi dai cocos emessi dalla stessa banca. Diversamente i cocos ad alto trigger assorbono le perdite in modo molto più simile alle azioni, cioè molto prima degli altri strumenti di debito subordinato. In conclusione la correlazione tra spread dei cocos e prezzo dell’equity non è influenzata dal livello di trigger dei cocos. Normalmente ci aspetteremmo che i cocos ad alto trigger si comportino in modo simile all’equity in modo maggiore rispetto ai cocos a basso trigger. In questo senso ci aspetteremmo una correlazione più forte tra cocos ad alto trigger ed equity rispetto a cocos a basso trigger ed equity. In realtà il grado di correlazione risulta essere quasi lo stesso; 0,25 tra equity e cocos a basso trigger, 0,26 tra equity e cocos ad alto trigger. (Figura 12)50 50 Fonte: ANASTASIA KARTASHEVA, BILYANA BOGDANOVA, STEFAN AVDJIEV; CoCos: a primer, 15 settembre 2015
  • 42. 42 Riguardo al potenziale mercato di questi strumenti diverse tra banche d’affari, agenzie di rating e società di consulenza si sono espresse a riguardo formulando attraverso uno studio diverse stime a proposito dell’ampiezza di tale mercato. Alcuni di questi studi vengono di seguito riportati:  Goldman Sachs51 , ha presentato una stima che oscilla in un intervallo tra i 925 e i 1.900 miliardi di dollari l’ammontare di contingent capital di cui le 50 maggiori banche internazionali dovranno dotarsi;  Standard & Poor’s52 , ha stimato in 1.000 miliardi di dollari le potenziali emissioni di coco bonds nei prossimi 10 anni;  McKinsey53 , ha indicato in 600 miliardi di dollari l’esigenza di capitale che dovrà essere coperto attraverso i coco bonds dalle banche europee fino al 2019, tenendo in considerazione anche l’esigenza per le banche di sostituire i titoli non più conformi alle disposizioni di Basilea 3. Queste stime sono state elaborate prima che il Comitato di Basilea decidesse di precludere il contingent capital al buffer patrimoniale addizionale dei G-Sibs54 . Questa decisione potrebbe riflettersi in un sostanziale ridimensionamento del mercato potenziale di questi strumenti. In ultima analisi si evidenzia come nell’attuale fase di mercato l’investimento in coco bonds presenti un appeal rilevante. Cyril Parison, Responsabile della Ricerca Fixed Income di Exane Derivatives, elenca quattro punti fondamentali per comprendere a pieno la validità di tale investimento: 1. Il livello di valorizzazione: i coco bonds presentano rendimenti piuttosto alti rispetto alla media del comparto obbligazionario. 2. La solidità dei fondamentali: i ratio sul capitale si sono rafforzati a seguito delle pressioni dei regolatori come conseguenza della crisi. In questo senso la probabilità che il trigger event, che da luogo alla conversione del titolo o alla sua svalutazione, venga raggiunto è piuttosto bassa. I ratio sul capitale dal 2013 stanno subendo un aumento dovuto alle nuove disposizione in materia di vigilanza bancaria. 51 Goldman Sachs (2011). 52 Standard & Poor’s (2010) 53 McKinsey (2010). 54 BCBS, 2011b.
  • 43. 43 3. Dinamicità del mercato primario: il segmento dei CoCo bond vanta una buona diversificazione geografica sul fronte degli emittenti e una buona diversificazione della tipologia di strumenti emessi (low/high trigger, conversion/write-down). 4. Effetto valuta: la maggior parte dei cocos è emessa in dollari e in questo senso si punta a sfruttare il rafforzamento del dollaro rispetto all’euro.
  • 44. 44 Conclusione In conclusione il lavoro ha evidenziato caratteristiche e peculiarità degli strumenti del capitale contingente noti come CoCo bonds e del loro mercato. La struttura dello strumento è guidata dall’obiettivo primario di offrire un rafforzamento patrimoniale alle banche a condizioni di prezzo ottimali anche durante fasi di crisi economica o finanziaria. Le emissioni di CoCo bonds sono principalmente indirizzate al bisogno di soddisfare i requisiti di capitale richiesti per le banche e in questo senso la direttiva e il regolamento UE che recepiscono il framework di Basilea 3 giocano un ruolo fondamentale. I CoCo bonds possono, inoltre, dare un contributo per quanto concerne il rafforzamento della resilienza di tutto il sistema bancario attraverso la loro capacità di ridurre il rischio sistemico. Importanti dal punto di vista delle prospettive di questo mercato risultano soprattutto il bacino degli investitori e i rendimenti che tali strumenti sono in grado di garantire. Il livello del trigger e il meccanismo di assorbimento delle perdite giocano un ruolo di primo piano per quanto riguarda il pricing sul mercato primario. In riferimento al mercato secondario, invece, possiamo concludere che i rendimenti dei CoCo bonds sono più correlati con i rendimenti degli altri strumenti di debito subordinati, precisando che esistono variazioni a seconda del livello di trigger degli strumenti di contingent capital. Altro aspetto fondamentale che è stato rilevato è sicuramente la capacità dei CoCo bonds di ridurre la prociclicità del sistema di adeguatezza patrimoniale che le banche sono costrette a rispettare. In aggiunta alla capacità di questo strumento di migliorare la condizione di propensione al rischio delle banche andandola a ridurre e contenendola entro limiti accettabili, va evidenziata anche la sua funzione a livello pubblico che si sostanzia nella riduzione del costo delle crisi finanziarie che i contribuenti dovrebbero sopportare nel caso in cui la banca dovesse trovarsi in situazioni così gravi da richiedere un intervento statale. Rapportandoli agli altri strumenti di debito subordinato il contingent capital dimostra una migliore capacità di assorbimento delle perdite, inoltre, rispetto all’equity, consente un rafforzamento patrimoniale meno oneroso ed un effetto signalling più contenuto. Ad ogni modo sussistono ancora alcune ombre riguardo al capitale contingente che non gli consentono un ampio utilizzo e ne limitano il mercato. Il trigger event, ad esempio, risulta ancora complicato da definire in quanto presenta molte possibilità e vie percorribili per la
  • 45. 45 sua composizione. Ciò rende complesso il procedimento che porta alla definizione del design di un CoCo bond. Fondamentale risulta anche l’analisi sul comportamento degli stakeholders, se irrazionale potrebbe, come si è visto, portare ad effetti antitetici agli obiettivi primari del contingent capital stesso. Risulta necessario, dunque, comprendere al meglio tali comportamenti, prevenirli e quantificare il loro potenziale impatto. Infine l’alone di complessità ed incertezza che copre gli strumenti in questione non facilita il processo di pricing, di valutazione dello strumento e di valutazione dei rischi connessi allo stesso.
  • 46. 46 INDICE FIGURE 1. Collocazione CoCo Bonds all’interno del patrimonio di vigilanza, pag. 21. 2. Collocazione CoCo Bonds all’interno del patrimonio di vigilanza svizzero, pag. 22. 3. Struttura Trigger Event, pag.28. 4. Analisi parametri a cui il trigger event deve essere legato, pag. 27. 5. Analisi meccanismo di conversione in azione e cancellazione del debito, pag.28. 6. Emissioni CoCo Bonds: in base alla collocazione nel patrimonio di vigilanza (in alto a sinistra), in base al meccanismo di assorbimento delle perdite (in basso a sinistra), in base al livello di trigger del 5,125% (CET1/RWA) (in alto a destra) e in base alla nazionalità della banca emittente(in basso a destra), Pag.33. 7. Le caratteristiche di emissioni di CoCo Bonds di alcune grandi banche europee, pag.35. 8. I target di rendimento degli investitori e i rendimenti attesi dalle diverse tipologie di coco bonds, pag.36. 9. Reazione del mercato all’ emissione di azioni ordinarie e di CoCo Bonds, pag.37. 10. Pricing CoCo Bonds sul mercato primario, pag.39. 11. Correlazione tra spread dei CoCo Bonds e prezzo/spread degli altri strumenti emessi dallo stesso emittente, pag.40. 12. Reazione delle azioni e dei CoCo Bonds di Credit Swiss a critiche e giudizi negativi riguardo il livello di capitale dell’istituto da parte della Swiss National Bank, pag.41.
  • 47. 47 Bibliografia: ANASTASIA KARTASHEVA, BILYANA BOGDANOVA, STEFAN AVDJIEV; CoCos: a primer, 15 settembre 2013. BANCA D’ITALIA, Nuove disposizioni di vigilanza prudenziale per le banche, Circolare n. 263, 27 dicembre 2006. BENIAMINO ANDREA PICCONE, ISABELLA SORACE; I Contingent Convertible Bonds: nuovi strumenti di patrimonializzazione, in Banche e Banchieri, 2012, pp. 102-112. BOLTON PATRICK, FREDERIC SAMAMA, Capital Access Bonds: Contingent Capital with an Option to Convert, September 2010 – Revised September 2011. BRUGGEMAN VERONIQUE, Compensating Catastrophe Victims: A Comparative Law and Economics Approach, pag. 161, Kluwer law international, 2010. COLOROMIS CHARLES W., HERRING RICHARD J., Why and how to design a Contingent Convertible debt requirement, April 2011. DIRETTIVA 2014/59/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO, Gazzetta Ufficiale dell’ Unione Europea, 15 Maggio 2014. GOLDMAN SACHS, Contingent capital: possibilities, problems and opportunities, March 2011. KAILAN SHANG FSA, CFA, PRM, SCJP, Understanding Contingent Capital, Casuality Actuarial Society, February 2013. MICHAEL W. ELLIOTT, CPCU, AIAF, Contingent Capital Arrangements, Risk Management Section Quarterly, Vol. 18, No. 2, September 2001. MONTANARO ELISABETTA, La composizione del patrimonio di vigilanza, 2014. PAZARBASIOGLU CEYLA, ZHOU JIANPING,LE LESLE VANESSA, MOORE MICHAEL, Contingent Capital: Economic Rationaleand Design Features, IMF stuff discussion note, january 25, 2011.
  • 48. 48 RETTIFICA DEL REGOLAMENTO (UE) N. 575/2013, Gazzetta Ufficiale dell’Unione Europea, 26 giugno 2013. SERGIO PARIS, Contingent Convertible Bonds: strumenti non diluitivi di patrimonializzazione per le banche, in Banche e banchieri, n.5, 2011.