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INTRODUZIONE: IL CONTESTO
SOCIALE E TECNOLOGICO
Questo articolo cerca di definire un campo
relativamente nuovo e promettente per l’uso
dei computer e delle telecomunicazioni
nell’educazione e nell’addestramento: l’ap-
prendimento collaborativo basato sul com-
puter, indicato da qui in poi con l’acronimo
CSCL (Computer-Supported Collaborative
Learning). L’articolo enfatizza i modi in cui
la tecnologia dell’informazione può essere
usata per mediare e supportare la comunica-
zione tra i membri di gruppi impegnati in
un’attività di apprendimento, rimuovendo i
limiti spaziali e temporali. Anche se strate-
gie di CSCL possono essere messe in atto in
ambito scolastico, probabilmente è nel con-
testo dell’apprendimento aperto a distanza
che il CSCL presenta maggiori potenzialità
per la realizzazione di programmi per la for-
mazione postsecondaria degli adulti.
Diversi fattori sono alla base dell’interesse
per la tecnologia come supporto dell’appren-
dimento collaborativo. L’enfatizzazione
dell’apprendimento come processo sociale,
che prevede la costruzione attiva di nuove
conoscenze attraverso l’interazione di grup-
po e la discussione tra pari, può essere inter-
pretata come una reazione alla visione com-
portamentista, dove l’apprendimento è visto
come un’attività puramente individuale. I
metodi dell’apprendimento collaborativo e
dell’interazione tra pari sono adottati sia in
contesti scolastici, come base di attività
strutturate di gruppo, sia in ambiti di educa-
zione degli adulti e formazione e aggiorna-
mento professionale (si pensi ai giochi di
ruolo di gruppo nella formazione dei mana-
ger). Dede (1990) sostiene che l’efficacia
degli approcci di apprendimento cooperativo
(o collaborativo) dipende dai seguenti fatto-
ri:
- la costruzione attiva della conoscenza;
- l’insegnamento tra pari e l’opportunità di
sviluppare abilità di esposizione orale;
- il feedback motivante proveniente dagli al-
tri.
Fa anche notare che l’uso a scuola dei com-
puter e della tecnologia dell’informazione ha
indotto una crescita di metodi di apprendi-
mento collaborativo e di lavoro di gruppo in-
torno al computer.
Ci sono pressioni socioeconomiche che fa-
voriscono lo sviluppo di programmi flessibi-
li di educazione, addestramento e riconver-
sione. Un modo di introdurre la flessibilità è
fornire ambienti in cui gli esperti sono con-
sultabili attraverso una rete di comunicazio-
ne. La tendenza di molte grandi organizza-
zioni a passare da strutture gerarchiche a or-
ganizzazioni cellulari e reticolari e l’enfasi
crescente sull’importanza del lavoro di grup-
po forniscono un clima positivo in cui pos-
TD n.4 Autunno 1994 9
Anthony Kaye
Ricercatore della
Open University
Apprendimento collaborativo
basato sul computer
Una panoramica sulle idee, i metodi e gli
strumenti dell’apprendimento collaborativo
basato sul computer
sono svilupparsi metodi di apprendimento
collaborativo.
L’influenza della tecnologia sui metodi, i si-
stemi e il software che può essere usato per
l’educazione e la formazione riguarda:
- L’accresciuta disponibilità di personal
computer economici e potenti sia a casa
che sul lavoro.
- La comparsa sul mercato di “teleputer”
multimediali che possono essere usati per
tutte le applicazioni tradizionali dei PC,
per la ricezione dei segnali radio e televisi-
vi e come centri di comunicazione perso-
nali, con audio e videotelefoni, ed anche
per comunicazione asincrona (fax, posta
elettronica, computer conferencing, acces-
so a banche dati remote etc.).
- L’accresciuta miniaturizzazione dei com-
ponenti con una risultante crescita della
portabilità dei personal computer.
- Lo sviluppo di interfacce per input vocale
e scrittura manuale.
In parallelo con queste tendenze, sulla for-
mazione e l’addestramento a distanza1
avranno un influenza significativa alcuni svi-
luppi nelle reti di comunicazione pubbliche
e private:
- La progressiva installazione di reti ISDN e
di dorsali a fibre ottiche a larga banda da
parte di molti operatori del settore delle te-
lecomunicazioni.
- La globalizzazione e la crescita esponen-
ziale delle reti accademiche e non: per
esempio, il numero totale degli utenti di
Internet è cresciuto dai meno di 2 milioni
nel gennaio 1991 a una stima dei 20 milio-
ni negli ultimi tre anni.
- L’espansione di comunicazioni “senza-fi-
lo” dalla telefonia al trasferimento dati
(comunicazioni via satellite, trasferimento
dati via etere etc.)
Nello stesso tempo si assiste a un tentativo
di cercare di identificare opportunità com-
merciali rimunerative da parte di consorzi e
gruppi operanti nel settore delle telecomuni-
cazioni, come compagnie di TV via cavo,
imprese che si occupano di media e di intrat-
tenimento, aziende produttrici di apparec-
chiature elettroniche. La formazione a di-
stanza è vista come un mercato potenzial-
mente remunerativo dalle società di teleco-
municazione e dagli operatori nel settore
delle reti telematiche. In Europa, sia la Briti-
sh Telecom che la France Telecom guardano
alle società di formazione e addestramento
come clienti per i servizi ISDN. In Nord
America, la US West vede l’educazione a di-
stanza come un’area chiave di sviluppo per i
diversi servizi telematici. Con il migliora-
mento e la crescente economicità della video
e audio conferenza, il suo uso a scopi orga-
nizzativi si sta già diffondendo nell’aggior-
namento e nello sviluppo dei quadri azien-
dali. In parallelo, c’è stata una crescita conti-
nua nell’uso della teleconferenza nell’educa-
zione e nella formazione. Sistemi personali
di teleconferenza sono già disponibili e per
molte organizzazioni si avviano ad essere
funzionalità standard dei loro sistemi di ela-
borazione in rete telematica: un analista pre-
vede una crescita dei sistemi personali di vi-
deoconferenza (che include altri aspetti co-
me lavagne elettroniche, condivisione dello
schermo etc.) da 10.000 nel 1994 a circa
800.000 nel 1997 (Reinhardt,1993).
APPRENDIMENTO COLLABORATIVO
Ciò che distingue le comunità collaborati-
ve dalla gran parte delle comunità è il de-
siderio di costruire nuovi significati del
mondo attraverso l’interazione con altri.
La comunità collaborativa diventa un
mezzo sia per conoscere se stessi sia per
esprimere se stessi. (Schrage, 1990, p. 48)
(…) I computer possono fornire un am-
biente conversazionale in cui chi apprende
può applicare conoscenza a problemi e
considerare le sue azioni come eventi riu-
sabili. Chi apprende può controllare il
proprio apprendimento, apprendere da al-
tri, sviluppare abilità metacognitive come
il riflettere sulle proprie azioni... Credia-
mo che una costruzione collaborativa del-
la conoscenza che coinvolga sia i docenti
che gli studenti dovrebbe essere supporta-
ta da opportuni ambienti didattici (…) Gli
ambienti collaborativi per la costruzione
della conoscenza fanno sì che tutti i mem-
bri di una classe o di un gruppo di ap-
prendimento possano confrontare le loro
interpretazioni. È importante per l’acqui-
sizione di una conoscenza avanzata che
chi apprende comprenda che per ogni og-
getto o evento esistono interpretazioni
multiple. Queste interpretazioni possono
essere dissonanti o consonanti, ma esse ri-
flettono la complessità naturale che defini-
sce i domini di conoscenza più avanzati.
Gli ambienti collaborativi mettono in gra-
do coloro che apprendono di identificare e
10 TD n.4 Autunno 1994
1
Il termine inglese
“distance learning” è
tradotto con “forma-
zione a distanza”. La
traduzione letterale
“apprendimento a di-
stanza” appare un po’
strana perché “a di-
stanza” possono esse-
re disponibili le con-
dizioni che produco-
no un apprendimento
che però di per sé è
un processo locale
che riguarda un indi-
viduo in un dato tem-
po e in dato luogo.
riconciliare questi diversi punti di vista al
fine di risolvere i problemi. (Jonassen et
al, 1993).
Gruppi, collaborazione e cooperazione
È più facile dire che cosa non può essere
classificato come apprendimento collabora-
tivo che non dare una definizione universal-
mente accettabile. L’apprendimento basato
su un modello di educazione intesa come
trasmissione del sapere o di trattamento
dell’informazione, dove la principale attività
di apprendimento è lo studio individuale e
l’organizzazione dell’informazione dai libri,
le lezioni, i video o il software didattico, non
è collaborativo. D’altro canto, coloro che ap-
prendono organizzati in gruppi (come in
classi o gruppi in addestramento) non stanno
apprendendo in modo collaborativo quando
sono impegnati in una discussione o in una
comunicazione. Perché ci sia una efficace
collaborazione o cooperazione, ci deve esse-
re una reale interdipendenza tra i membri di
un gruppo nella realizzazione di un compito,
un impegno nel mutuo aiuto, un senso di re-
sponsabilità per il gruppo e i suoi obiettivi e
deve essere posta attenzione alle abilità so-
ciali e interpersonali nello sviluppo dei pro-
cessi di gruppo.
E’ importante distinguere la collaborazio-
ne dalla comunicazione. Una chiara comuni-
cazione e efficaci strumenti e canali di co-
municazione possono essere prerequisiti ne-
cessari per una efficace collaborazione, ma
non sono sufficienti. Un buon insegnante o
un buon moderatore di una riunione, fornito
di cartelli, trasparenze, diapositive può esse-
re un eccellente comunicatore, ma non sape-
re affatto come realizzare un efficace am-
biente di collaborazione. Una lezione o un
meeting possono essere un modo efficace di
trasmettere e condividere informazioni, ma
sarebbe un errore se i partecipanti pensasse-
ro che essi stanno in qualche modo collabo-
rando tra di loro nel processo di apprendi-
mento.
Molte persone ingannano solo se stesse
quando pensano di lavorare con altri,
mentre invece stanno solo pronunciando
parole. I modi tradizionali del discorso
non catturano in nessun modo la sottigliez-
za, l’ampiezza, il potere e il grado di inte-
razione necessario per una efficace colla-
borazione. Le presentazioni e i modi usuali
delle comunicazioni stanno alla collabora-
zione come i segnali di fumo stanno al ci-
nema epico; gli sbuffi di fumo nel vento
proprio non sono così pieni di colore e
commoventi come Via col vento. In realtà
la collaborazione richiede un coinvolgi-
mento di ordine superiore e un approccio
differente nel condividere e creare infor-
mazione (Schrage, 1990, p. 29).
Collaborare (co-labore) vuol dire lavorare
insieme, il che implica una condivisione di
compiti, e una esplicita intenzione di “ag-
giungere valore” - per creare qualcosa di
nuovo o differente attraverso un processo
collaborativo deliberato e strutturato, in con-
trasto con un semplice scambio di informa-
zioni o esecuzione di istruzioni. Un’ampia
definizione di apprendimento collaborativo
potrebbe essere l’acquisizione da parte degli
individui di conoscenze, abilità o atteggia-
menti che sono il risultato di un’interazione
di gruppo, o, detto più chiaramente, un ap-
prendimento individuale come risultato di
un processo di gruppo (Kaye, 1992). Una
collaborazione di successo prevede un qual-
che accordo su obiettivi e valori comuni, il
mettere insieme competenze individuali a
vantaggio del gruppo come un tutt’uno, l’au-
tonomia di chi apprende nello scegliere con
chi lavorare e la flessibilità nell’organizza-
zione di gruppo. I fattori identificati da Sch-
rage (Schrage, 1990, cap. 11) che determina-
no il probabile successo di qualsiasi forma
di collaborazione sono indubbiamente rile-
vanti per le attività di apprendimento colla-
borativo. Questi includono: la competenza
tra i membri del gruppo, un obiettivo condi-
viso e compreso; mutuo rispetto e fiducia; la
creazione e la manipolazione di spazi condi-
visi; molteplici forme di rappresentazione;
costante - ma non continua - comunicazione;
ambienti formali e informali; chiare linee di
responsabilità, ma non confini restrittivi;
l’accettazione che le decisioni non devono
essere basate sul consenso e che la presenza
fisica non è necessaria; l’uso selettivo di per-
sone al di fuori del gruppo; la consapevolez-
za che la collaborazione termina quando i
suoi obiettivi sono stati raggiunti.
In un contesto educativo, il successo
dell’apprendimento collaborativo dipende da
un certo numero di fattori importanti, non
ultimo dei quali è la struttura dentro cui i
processi di gruppo hanno luogo e il modo in
cui questi vengono gestiti. Il ruolo del tutore
come facilitatore e organizzatore è cruciale,
nel formare i gruppi, nello strutturare le atti-
TD n.4 Autunno 1994 11
vità e nel supportare il lavoro del gruppo at-
traverso l’osservazione e il feedback, la va-
lutazione del successo o il fallimento dei
processi di gruppo e dei contributi indivi-
duali a essi. Per esempio un aspetto impor-
tante nel processo di gruppo, che deve essere
tenuto in considerazione dal docente, è fare
in modo che i membri di un gruppo che la-
vorano in parallelo su un compito si aiutino
l’un l’altro, o, se differenti compiti vengono
dati a differenti membri (specializzazione
dei compiti), verificare che alla fine i risulta-
ti siano messi insieme. Alcuni ricercatori co-
me Hooper (1992) chiamerebbero “appren-
dimento cooperativo” l’approccio con cui
ciascun membro esegue un compito diverso
e riserverebbero il termine “apprendimento
collaborativo” per i casi in cui ciascun mem-
bro lavora in parallelo sullo stesso compito,
nello stesso tempo condividendo le proprie
acquisizioni e le difficoltà con gli altri mem-
bri del gruppo.
Aspetti teorici e di ricerca
L’interesse per l’apprendimento collaborati-
vo e i suoi supporti tecnologici sembra esse-
re associato con un certo numero di assun-
zioni collegate a varie prospettive teoriche.
Quelle che seguono sono solo alcune di que-
ste assunzioni:
- Dalla conversazione, dal confronto, dal di-
battito e dalla discussione (sovente non
pianificata e talvolta strutturata) tra stu-
denti, tra pari, tra colleghi, tra esperti e tra
docenti scaturisce un apprendimento assai
significativo e una comprensione profon-
da; l’apprendimento è essenzialmente
un’attività che si svolge in comune (Bru-
ner, 1984) e che coinvolge la costruzione
sociale della conoscenza.
- La collaborazione tra pari nell’apprendi-
mento aiuta a sviluppare abilità e strategie
generali di problem solving attraverso l’in-
teriorizzazione di processi cognitivi impli-
citi nell’interazione e nella comunicazione
(Damon, 1984; Vygotsky, 1978).
- I punti di forza dell’apprendimento colla-
borativo attraverso la discussione e la con-
versazione includono la condivisione di
diverse prospettive, l’obbligo di esplicitare
e comunicare ad altri la propria conoscen-
za e comprensione attraverso la verbaliz-
zazione o la scrittura (Vygotsky, 1962) e il
valore motivante di essere un membro di
un gruppo vivace (Rogers, 1970).
- Molte attività prevedono lavoro di squadra
e di gruppo, e i risultati del lavoro spesso
dipendono pesantemente da una collabora-
zione fruttuosa con i colleghi; l’educazio-
ne formale dovrebbe preparare le persone
a lavorare insieme proficuamente in grup-
po.
- Gruppi di adulti che seguono programmi
educativi o di addestramento, specialmen-
te programmi di aggiornamento in servi-
zio, spesso hanno un prezioso bagaglio di
conoscenza personale e di esperienza da
mettere in comune (Knowles, 1970).
- Al di là dell’educazione formale (in gene-
rale nella società, nelle organizzazioni),
molta parte dell’apprendimento deriva da
interazioni informali all’interno di gruppi
e dall’aiuto e dal supporto fornito da pari e
da colleghi, attraverso quella che Illich
(1971), molti anni fa, chiamò “rete di ap-
prendimento”.
Comunque non è sempre facile progettare
ambienti di apprendimento basati su queste
assunzioni:
- Molta pratica educativa assume un model-
lo trasmissivo, con tutta l’autorità e la co-
noscenza investita nel docente; come risul-
tato, può essere spesso difficoltoso usare
una discussione di gruppo costruttiva co-
me mezzo di apprendimento (Beard and
Hartley, 1984).
- L’esperienza di lavorare o apprendere in
gruppo può essere associata con cadute
d’attenzione e perdite di tempo ed essere
frustrante, costosa in termini di tempo,
conflittuale.
- Le acquisizioni della ricerca sui risultati
educativi e i metodi di apprendimento col-
laborativo sono controversi, alcuni ricerca-
tori suggeriscono che la competizione in-
dividuale produce risultati migliori che le
condizioni di gruppo, altri sostengono che
non c’è una differenza significativa, altri
mostrano una tendenza opposta (Webb,
1982); in una situazione scolastica, sembra
che metodi di apprendimento cooperativo
migliorano i livelli dei risultati solo se in-
corporano obiettivi di gruppo e riconosci-
mento individuale (Slavin, 1990).
- L’ampliamento di possibilità per collabo-
razione di gruppo all’interno del sistema
esistente può portare al rigetto, perché le
nuove opportunità possono scontrarsi con
le pratiche lavorative tradizionali, i metodi
di valutazione o le gerarchie.
Insomma, i seguenti sette elementi sono
12 TD n.4 Autunno 1994
tra i più importanti nel cercare di definire il
settore dell’apprendimento collaborativo:
• L’apprendimento è un processo intrinseca-
mente individuale e non collettivo, che è
influenzato da una varietà di fattori ester-
ni, che includono le interazioni di gruppo
e interpersonali.
• Le interazioni di gruppo e interpersonali
prevedono l’uso del linguaggio (un pro-
cesso sociale) nella riorganizzazione e mo-
difica di comprensioni individuali e strut-
ture di conoscenza, così l’apprendimento è
ad un tempo un fenomeno privato e socia-
le.
• Apprendere in modo cooperativo implica
scambio tra pari, interazione tra eguali,
una negoziazione fruttuosa di relazioni di
potere all’interno del gruppo e un’inter-
cambiabilità di ruoli.
• La collaborazione implica sinergia e assu-
me che in qualche modo “il tutto è di più
della somma delle singole parti”, cosicché
l’apprendimento collaborativo ha il poten-
ziale di produrre un guadagno superiore
all’apprendimento da solo.
• Non tutti i tentativi di apprendimento col-
laborativo avranno successo: in alcuni casi
la collaborazione può portare alla confor-
mità, a perdite di tempo, mancanza di ini-
ziativa, conflitto, incomprensioni e com-
promessi e i potenziali benefici non sem-
pre sono realizzati.
• L’apprendimento collaborativo non sem-
pre implica apprendere in un gruppo orga-
nizzato, ma significa essere capace di affi-
darsi ad altre persone per avere un suppor-
to al proprio apprendimento e per dare
feedback, come e quando necessario,
all’interno di un ambiente non competiti-
vo.
• Qualsiasi compito o processo collaborati-
vo ha una durata definita, un inizio e una
fine, e la natura delle interazioni di gruppo
e i bisogni del supporto del gruppo cam-
bieranno in questo arco di tempo.
Vale la pena di sviluppare l’ultimo punto,
perché ha una relazione con le tecnologie e i
sistemi usati per supportare e mediare la col-
laborazione. Un gruppo è un’entità social-
mente costituita, aggregata per un dato pe-
riodo di tempo per uno scopo specifico.
Un’attività di gruppo (McGrath, 1990) può
essere vista in termini di:
- progetti o scopi generali;
- compiti, che devono essere svolti durante
un arco di tempo per realizzare il progetto;
- attività o passi che formano i compiti indi-
viduali.
Durante il periodo di un progetto di gruppo,
in ogni momento bisogna badare al dinami-
co bilanciamento delle funzioni di produzio-
ne, di supporto e anche di quelle funziona-
lità che permettono all’utente di trovarsi a
proprio agio. La natura dei compiti, i passi
che li compongono, il tipo di strumenti di
supporto e dei sistemi necessari, varieranno
durante ciascuna delle classiche quattro fasi
del processo di gruppo (aggregazione, libero
scambio di idee, definizione di regole, rea-
lizzazione) in funzione del relativo bilancia-
mento delle funzioni in ciascuna fase. Per
esempio, nella prima fase, in generale sarà
necessario un ambiente interpersonale e so-
ciale ricco dal punto di vista della comunica-
zione (per esempio una serie di incontri fac-
cia a faccia e di attività sociali); mentre nelle
ultime due fasi potrebbe giocare un ruolo
molto più importante il supporto della tecno-
logia.
TECNOLOGIE PER L’APPRENDI-
MENTO COLLABORATIVO SUPPOR-
TATO DAL COMPUTER
Ci sono tre classi di tecnologie che, com-
binate, possono fornire ambienti software
per supportare attività di gruppo (gruopwa-
re) adatti per l’apprendimento collaborativo
(Van Eijkelenberg et al, 1992):
- Sistemi di comunicazione (sincroni: testo,
audio, audio grafica e comunicazione vi-
deo; asincroni: posta elettronica, computer
conferencing messaggi sonori e fax)
- Sistemi per la condivisione di risorse (sin-
croni: condivisione dello schermo e lava-
gna elettronica, strumenti per la rappresen-
tazione di progetti; asincroni: accesso ai
sistemi di file e banche dati).
- Sistemi di supporto a processi di gruppo
(sistemi per la gestione dei progetti, calen-
dari condivisi, sistemi per la produzione,
strumenti di votazione, strumenti per la
generazione di idee e per discussioni a
ruota libera).
Un tempo, questi strumenti per lo più erano
usati in modo indipendente e naturalmente i
classici sistemi audio, audio grafici e di vi-
deoconferenza erano usati molto prima
dell’avvento dei personal computer multi-
mediali. Tuttavia, la maggiore differenza
qualitativa nel potenziale educativo dell’ap-
prendimento collaborativo e del lavoro di
TD n.4 Autunno 1994 13
gruppo supportati dal computer deriva
dall’aver integrato queste tre classi di tecno-
logie in un ambiente unico basato sul com-
puter, o in centri di risorse educative. Questa
affermazione è confortata dall’evidenza del-
le sperimentazioni di ambienti collaborativi
sui luoghi di lavoro: per esempio gli esperi-
menti condotti allo Xerox PARC dal 1985-
1987, quando fu usato un “media space” ba-
sato su collegamenti video per il coordina-
mento di lavoro di gruppo tra i membri di un
laboratorio suddiviso su due diverse località:
Palo Alto in California e Portland in Oregon
(Bly et al, 1993). Sebbene il sistema sia sta-
to giudicato eccellente per mantenere i con-
tatti tra i membri del gruppo sia attraverso
comunicazioni informali che incontri forma-
li, uno dei problemi incontrati è stata la
mancanza di strumenti condivisi (come una
superficie per disegnare condivisa) per il la-
voro collaborativo - puntare la videocamera
sulla lavagna o sul muro è un povero sostitu-
to rispetto a una risorsa informatica condivi-
sa. Il lavoro svolto alla Hewlett-Packard, che
ha affrontato questo aspetto da una differen-
te prospettiva, cioè attraverso l’aggiunta di
un collegamento audio e video a una lavagna
elettronica su una rete telematica locale, ha
mostrato il valore del video nel mantenere la
comunicazione (spesso inconscia) durante la
realizzazione di un compito del gruppo e per
le comunicazioni informali non di lavoro
(Gale, 1991).
Come ha dimostrato Vallée (1992), è ele-
vato il numero possibile delle configurazioni
di groupware multimediale ottenute combi-
nando queste varie tecnologie: la sfida per i
progettisti di sistemi risiede nel mettere in-
sieme specifiche combinazioni in sistemi in-
tegrati che forniscano un supporto adeguato
ai processi sociali, educativi e di gruppo im-
plicati in attività di CSCL. A questo proposi-
to, molti concetti e idee utili riguardo al
software possono essere derivate dalla pre-
cedente ricerca nel settore del lavoro colla-
borativo supportato dal computer, CSCW
(Computer Supported Collaborative Work).
Sistemi di comunicazione
In tempo reale
Le tecnologie per la comunicazione sincrona,
o in tempo reale, hanno una lunga e rispetta-
bile storia di applicazioni didattiche. Per
esempio il distretto scolastico dell’Iowa nel
1935 iniziò con l’uso del telefono per l’inse-
gnamento ai bambini malati, a casa o ricove-
rati in ospedale. Oggi l’audio-video confe-
renza è abitualmente usata in molte univer-
sità e organizzazioni (Olgren e Parker, 1983).
Sistemi audio grafici aggiungono al canale
audio varie forme di grafica a bassa banda,
come testo, diagrammi, o immagini fisse.
L’aggiunta della grafica ovvia alle evidenti
limitazioni riguardanti le immagini della te-
leconferenza puramente “audio”, e alcune ri-
cerche hanno indicato che anche in argomen-
ti che non hanno un chiaro contenuto visivo,
l’uso della grafica aiuta il processo didattico,
probabilmente perché lo schermo fornisce
agli studenti un fuoco dell’attenzione. I primi
sistemi (come i terminali alfanumerici e i
primi terminali grafici) erano abbastanza pri-
mitivi, con immagini in bianco e nero a bassa
risoluzione, bassa velocità di trasmissione, e
nessun feedback grafico da parte del riceven-
te. All’Università del Wisconsin, i sistemi
usati per qualche tempo furono abbandonati
nel 1987 a causa di tali problemi, e l’uso
dell’audiografica è riemerso come un fatto
interessante solo con l’introduzione di un si-
stema basato su PC ad alta risoluzione utiliz-
zante un modem a 9600 baud e linee telefo-
niche doppie (Smith, 1992).
Dalla valutazione delle conferenze basate
sia sul canale audio che audiografico è
emerso un certo numero di punti. Una pre-
ventiva preparazione degli insegnanti e degli
animatori è ancora più importante che nella
scuola: le sessioni devono essere strutturate
accuratamente e possibilmente divise in
blocchi di 15-20 minuti, con una varietà di
diversi tipi di attività; i supporti visivi devo-
no essere di alta qualità e, se non possono
essere spediti dal sistema, devono essere
preparati anche materiali a stampa. È impor-
tante che i partecipanti siano regolarmente
sollecitati con domande e invitati a contri-
buire alla discussione scambiandosi i propri
punti di vista. Dal punto di vista tecnico
hanno grossa importanza la qualità del suo-
no e un buon supporto per la moderazione
della discussione. Gli aspetti sociali del pro-
cesso di gruppo richiedono un’attenzione
particolare a causa della mancanza di tutti
quei suggerimenti visivi e dei segnali del lin-
guaggio del corpo, e bisogna prevedere un
certo tempo per la presentazione dei parteci-
panti, per le comunicazioni informali e per
un’adeguata conclusione (in particolare nei
sistemi che usano ponti radio riservati per
ben definiti periodi di tempo).
14 TD n.4 Autunno 1994
Le videoconferenze tradizionali richiedo-
no installazioni di trasmissione e ricezione
alquanto costose e prevedono alti costi di
trasmissione su canali di video a larga banda
o canali digitali ad alta capacità. Servizi al-
quanto sofisticati permettono la comunica-
zione a due vie sia audio che video tra luo-
ghi diversi; una configurazione più comune
è costituita dalla comunicazione video a una
via con comunicazione audio a due vie. I co-
sti e la mancanza di flessibilità delle installa-
zioni fisse hanno limitato l’uso della video-
conferenza in passato, sebbene esistano un
certo numero di esempi ben conosciuti (co-
me il sistema televisivo interattivo di Irvine,
il consorzio per la comunicazione istruzio-
nale dell’Alasca, la rete universitaria nazio-
nale di teleconferenza, la rete educativa inte-
rattiva basata su satellite dell’IBM, e il siste-
ma Livenet dell’università di Londra). Re-
centemente, lo sviluppo delle tecniche di
compressione video di codifica e decodifica
sta conducendo a una crescita delle applica-
zioni della videoconferenza anche su circuiti
ISDN con banda relativamente bassa, che
usano una varietà di formati di display come
videoproiettori, grandi monitor, videotelefo-
ni, o finestre video su personal computer
(Mason e Bacsic 1994).
È ingenuo pensare che aggiungendo un ca-
nale video in tempo reale a una postazione
remota di videoconferenza si possa realizza-
re a distanza una situazione “ideale” di clas-
se “faccia a faccia”. La possibilità di vedere
un tutor remoto, o da parte del tutor di vede-
re un gruppo di partecipanti in un luogo di-
stante, di per sé non aumenta il livello di in-
terazione (cioè le interruzioni spontanee e le
domande che supportano e sviluppano il
processo di comunicazione). Molti studi
hanno dimostrato che le videoconferenze a
due vie non possono servire per rimpiazzare
incontri “faccia a faccia” (Edigo, 1988);
Gensollen e Curien (1985) studiando i risul-
tati sulle interazioni nelle video (e audio)
conferenze, mostrano che i canali di comu-
nicazione tecnologici usati inevitabilmente
filtrano e distorcono molti dei segnali (spes-
so inconsci) che, in una situazione faccia a
faccia, regolano la conduzione e la progres-
sione dell’interazione verbale in un gruppo
in un solo luogo. Paradossalmente, l’esisten-
za di un canale video può incoraggiare un
docente che usa un sistema di videoconfe-
renza a essere meno attento a sollecitare do-
mande e risposte che non in una conferenza
solo audio, proprio perché può vedere i par-
tecipanti e verificare, senza bisogno di inter-
rompere il discorso, che essi sono ancora lì .
L’alto costo e le limitazioni di comunicazio-
ne della videoconferenza tradizionale sugge-
riscono che è meglio usarla per lezioni ben
strutturate a grandi gruppi remoti dove
l’informazione visiva è di cruciale importan-
za per la comprensione dei contenuti (per
esempio per dimostrazioni scientifiche e me-
diche).
Nel caso di un piccolo gruppo, in cui la
collaborazione è necessaria per esempio per
risolvere un dato problema, l’esistenza di un
canale video per avere un contatto visivo tra
partecipanti remoti, oltre al canale audio,
può portare a una collaborazione più natura-
le e a una prestazione più efficace (Taylor et
al., 1991). Comunque, in situazioni di ap-
prendimento-insegnamento di gruppo, non è
possibile generalizzare la relativa importan-
za della comunicazione audio e video in
tempo reale senza definire chiaramente lo
scenario educativo, la grandezza del gruppo
e il ruolo del tutore.
In tempo differito
La diffusione dei personal computer e dei
servizi di rete telematica ha portato ad un
uso crescente per l’educazione e la forma-
zione di conferenze telematiche (conferen-
cing) in tempo differito (o asincrone). Le
conferenze telematiche supportano la comu-
nicazione molti-a-molti (mentre la posta
elettronica è essenzialmente per l’invio di
messaggi uno-a-uno o uno-a-molti) e il
software per le conferenze telematiche com-
prende strumenti progettati proprio come
aiuto nell’organizzazione, nella strutturazio-
ne e nel reperimento dei messaggi. Alcune
recenti pubblicazioni passano in rassegna le
applicazioni didattiche (vedi per esempio:
Mason e Kaye, 1989; Harasim, 1990; Wag-
goner, 1992; Kaye, 1992). Queste mostrano
che la conferenza telematica è un mezzo di
comunicazione a tutti gli effetti, sebbene
condivida alcune caratteristiche con il di-
scorso orale (come l’interazione di gruppo e
la possibilità di scambi rapidi e spontanei) e
con il discorso scritto (mediato dal testo,
asincrono, modificabile). Essa può essere un
mezzo eccellente per il lavoro di gruppo e
per l’apprendimento collaborativo. Dal mo-
mento che tutte le battute di dialogo sono
conservate, reperibili e modificabili i parte-
cipanti possono contribuire secondo il loro
TD n.4 Autunno 1994 15
ritmo, nei momenti più comodi per loro, e la
natura asincrona del mezzo permette tempi
di riflessione e una accurata composizione
dei contributi. Diversi tipi di attività di grup-
po possono essere supportate dalle conferen-
ze telematiche, inclusi i seminari, piccole di-
scussioni di gruppo, presentazioni di gruppo,
dibattiti, gruppi di apprendimento tra perso-
ne dello stesso livello e così via.
Sistemi per la condivisione di risorse
Il software che consente di condividere risor-
se in tempo reale comprende strumenti per la
condivisione dello schermo e lavagne elettro-
niche “intelligenti” basate sul principio di
uno “spazio pubblico” visibile e accessibile a
tutti i partecipanti sulla base del principio
WYSIWIS (What You See Is What I See) (tu
vedi quello che vedo io). Ogni partecipante
ha accesso a una varietà di strumenti (per
scrivere, disegnare, indicare, sottolineare,
cancellare...) con input via mouse, trackball,
tavoletta grafica o touch-sensitive screen
(schermo sensibile al tocco). Un problema
nell’imparare a usare con successo questi
strumenti per il lavoro di gruppo è quello di
imparare a rispettare il proprio turno evitan-
do “guerre di mouse” e “guerre di finestre”
(Morris et al, 1992). Alcuni sistemi assegna-
no ai diversi partecipanti differenti colori de-
gli strumenti grafici e di scrittura per aiutare
a identificare chi sta facendo cosa. L’audio
e/o il video sincrono consente di discutere e
di comunicare su un compito che si sta svol-
gendo. Alcuni sistemi consentono spazi di
lavoro privati (una finestra sul video di ogni
utente visibile solo a quell’utente) che per-
mettono di abbozzare e preparare il materiale
prima di trasferirlo nella finestra comune.
Altri strumenti, semi-privati, realizzati per
conversare in tempo reale, sono quelli che
consentono di comporre e mandare messaggi
di testo a uno o più partecipanti, in parallelo
con la discussione verbale con tutto il gruppo
(come quando si passa un appunto scritto ad
un altro partecipante in un incontro di grup-
po faccia-a-faccia). Un esempio di tale am-
biente tagliato specificamente su misura
dell’apprendimento di gruppo e l’ambiente
di conferencing per la comunicazione multi-
mediale nel sistema Co-Learn (Deryke and
Kaye, 1993; Kaye, 1994). I sistemi cosiddetti
“lavagne intelligenti” estenderanno questi ti-
pi di possibilità con funzioni per controllare
le differenti versioni, funzioni di ipertesto,
funzioni di raccolta, riorganizzazione e stam-
pa (Wilson, 1991).
Risorse condivise, accessibili in modo
asincrono, possono essere immagazzinate in
uno o più server: queste possono essere solo
“lette” (come grafica, suoni, testi di riferi-
mento usati come materiale base per la di-
scussione di gruppo), o file che possono es-
sere modificati interattivamente da qualsiasi
utente. Tra questi due estremi c’è il concetto
di “base di conoscenza che si evolve”, in cui
i contributi dei diversi partecipanti (come in
una discussione in una conferenza telemati-
ca) sono analizzati, riordinati, selezionati e
poi trasferiti in un archivio di materiale che
riflette la saggezza e l’esperienza accumula-
ta nel gruppo preso come un tutt’uno (Bo-
der, 1994).
Diversi strumenti software sono disponibi-
li per lavorare interattivamente su documenti
testuali e grafici, sia lineari che ipertestuali.
Per molte situazioni di apprendimento colla-
borativo, è particolarmente interessante il
software per rappresentare i concetti, che
permette ai partecipanti di preparare insieme
rappresentazioni di un corpo di conoscenze,
collegando visivamente i concetti tra loro
correlati (Heeren and Collins, 1993). I mag-
giori problemi da risolvere nell’uso di questi
sistemi sono il controllo dell’accesso a un fi-
le (per impedire a due o più utenti di cercare
di modificare un documento simultaneamen-
te), il controllo delle diverse versioni (qual è
la versione corrente e quando c’è stata l’ulti-
ma modifica), e l’attribuzione delle modifi-
che ai diversi individui del gruppo. In un uso
efficace di tale software diventa cruciale il
ruolo del moderatore o del tutor.
Sistemi di supporto ai processi di gruppo
Alcuni strumenti software, sviluppati per un
uso di ufficio come parte di ambienti CSCW
(Computer Supported Cooperative Work)
possono essere utilmente integrati in sistemi
CSCL. Questi includono strumenti per la ge-
stione di progetti (per elencare i compiti da
svolgere, del gruppo e individuali, e le sca-
denze per la loro esecuzione), diari e calen-
dari condivisi con possibilità di segreteria
automatica, strumenti per generare e stabili-
re priorità tra le idee, strumenti per struttura-
re specifici tipi di formati di discussione,
browser per aiutare gli utenti a navigare
all’interno di ambienti virtuali complessi,
fornendo in ogni momento informazioni sul-
16 TD n.4 Autunno 1994
le tre domande essenziali nella navigazione
(Dove sono? Dove sono stato? Dove posso
andare?). In contesti educativi e di forma-
zione, in cui differenti membri di un gruppo
assumono differenti ruoli in differenti mo-
menti (tutor, studente, operatore, animatore,
esperto, etc.) il software che dà supporto ai
ruoli specialistici, dando accesso differen-
ziato a risorse, strumenti e attività, può gio-
care un ruolo importante nell’organizzazione
e nel funzionamento del gruppo di lavoro.
Infine, è molto importante inserire in ogni
sistema strumenti e risorse per conversare
informalmente, per socializzare e per rende-
re il gruppo più compatto. In un campus o in
un ufficio, le discussioni informali o casuali
nel corridoio, nella mensa, intorno alla mac-
china del caffè, in biblioteca forniscono il
“collante sociale” per la collaborazione in-
terpersonale. Simili opportunità per incontri,
tanto preziosi e fruttuosi quanto casuali, de-
vono essere fornite anche dagli ambienti te-
lematici affinché essi siano efficaci per l’ap-
prendimento di gruppo.
Esempi sono “le aree del caffè” disponibili
nella maggior parte degli ambienti di confe-
rencing, il “corridoio elettronico” (Johansen,
1988), i video “media spaces” allo Xerox
PARK (Bly et al, 1993), o gli strumenti “di
crociera e di osservazione” che forniscono
opportunità di “un’interazione sociale legge-
ra” nel sistema videotelefonico Cruiser svi-
luppato ai Bellcore Labs (Fish et al, 1993).
GLI EFFETTI E LE IMPLICAZIONI
DELLA MEDIAZIONE TECNOLOGICA
Le dinamiche dell’interazione educativa e
interpersonale mutano, più o meno profon-
damente, quando sono mediate da canali di
comunicazione tecnologici. Questo è il caso
delle teleconferenze audio e audiografiche,
dove uno potrebbe aspettarsi che la mancan-
za di un canale visivo sia compensato da
scambi verbali più frequenti che in una clas-
se faccia-a-faccia.
È proprio perché ero atterrito dai silenzi
che cercammo di definire una pedagogia
dell’azione […] Evito i silenzi ponendo
domande molto puntuali […] Ho bisogno
di mantenere un frequente contatto verba-
le con i miei studenti (…) Vario gli esercizi
e cerco continuamente di stare attorno ad
ogni studente, per compensare la mancan-
za di gesti... È una forma di insegnamento
più personale e lo sforzo di concentrazio-
ne ci impedisce di distrarci […] Sentire il
discorso degli altri è bene per notare i no-
stri errori, e l’uso del telefono ci rende più
attenti a ciò che gli altri dicono […] il te-
lefono ci forza a parlare (tradotto da Kaye
and Kerbrat, 1992).
L’impatto a lungo termine è una pedago-
gia centrata su una interazione nel grup-
po, dove il docente è un facilitatore e un
regolatore della discussione; ciò mette in
questione i metodi di insegnamento tradi-
zionali (dove i docenti dominano e gli stu-
denti sono passivi) e li rimpiazza con una
pedagogia attiva (tradotto da Laure,
1993).
Ma dalle valutazioni delle videoconferenze
emerge anche che i tutor e gli studenti non
possono aspettarsi di replicare i modelli e gli
stili di una classe ‘faccia-a-faccia’, anche se
hanno qualche contatto visivo.
[…] la tecnologia della videoconferenza
digitale compressa richiede una metodolo-
gia di insegnamento diversa da tutte quel-
le prima usate dai docenti. Necessita di
differenti modi di interazione, differenti
modi di muoversi, diversi modi di presen-
tare l’informazione e differenti modi di
giudicare il significato dei messaggi in en-
trambe le direzioni (Schriller e Mitchel,
1992).
Nelle situazioni tipiche di audio e video con-
ferenza, il docente o il tutor deve gestire un
gruppo che è fisicamente presente e uno o
più gruppi remoti: ciò cambia completamen-
te i modelli che si incontrano in situazioni di
classe, e solleva il problema di quale sia il
gruppo a cui il docente dovrebbe rivolgersi
prioritariamente, come anche la ulteriore
complessità dei canali di comunicazione
(spesso molto limitati) tra i membri del
gruppo nei diversi luoghi. Questi fattori, di
nuovo, pongono la necessità di cambiare gli
stili di insegnamento e di interazione.
Nel caso della comunicazione di gruppo
asincrona, basata solo su testo, c’è una di-
vergenza ancora maggiore dagli approcci
convenzionali in classe: così dice un docente
universitario di storia che usa le conferenze
telematiche per gli studenti che non vivono
nel campus:
[…] Parlo a titolo personale. Quando co-
minciai a usare la comunicazione mediata
dal computer (CMC) una dozzina di anni
fa, pensavo di riprodurre con gli studenti
lontano dal campus le stesse interazioni di
quando facevo lezione in classe. Non ave-
TD n.4 Autunno 1994 17
vo nessuna intenzione di usare questo tipo
di comunicazione per modificare ciò che
facevo o come lo facevo. Ma senza voler-
lo, di fatto successe proprio questo.
(Coombs, 1992).
Nella normale vita accademica (primaria,
secondaria, terziaria e oltre) il dialogo
orale di solito porta all’attività dello scri-
vere per valutare o pubblicare, mentre nel
CMC è il dialogo scritto (io l’ho chiamato
“dire-scrivendo”) che porta all’attività
dello scrivere per valutare o pubblicare.
Ed è proprio questo “dire-scrivendo” che
fa sì che la discussione proceda al rallen-
tatore - abbastanza veloce e spontanea
per motivare la gente a rimanere coinvolta
e a rischiare con le idee, abbastanza lenta
(e questa è una ulteriore dimensione offer-
ta dalla comunicazione mediata dal com-
puter) per permettere alla gente di riflette-
re, durante (e soprattutto dopo) lo scam-
bio, sulla natura dello scambio stesso e
sul suo significato. (McMahon e O’Neill,
1993).
I nuovi sistemi desktop multimediali per le
conferenze telematiche e quei sistemi in via
di sviluppo che combinano in un solo am-
biente sia la comunicazione in tempo reale
che quella in differita, richiederanno un
adattamento ancora maggiore negli stili di
insegnamento e di apprendimento, e svilup-
peranno ulteriormente le potenzialità di pe-
dagogie innovative e concettualmente avan-
zate. Si potrebbe sostenere che un sistema di
supporto alle attività di gruppo ben progetta-
to potrebbe fornire un ambiente più ricco di
una situazione faccia-a-faccia per quanto ri-
guarda la conversazione, l’interazione e la
discussione, e ciò per la possibilità di svol-
gere attività in parallelo, per la possibilità di
immagazzinare, organizzare e recuperare
informazione e per la possibilità di integrare
le interazioni in tempo reale e differito. Le
ricche potenzialità di tali ambienti per la co-
municazione costituiscono una sfida sia per
chi sviluppa software di supporto alle atti-
vità di gruppo, sia per gli educatori.
Sviluppo del software di supporto alle at-
tività di gruppo
Forse la sfida più grande è nello sviluppo di
ambienti per un’efficace comunicazione del-
la “telepresenza”, per verificare la presenza
e l’attività del gruppo, e per non perdere tutti
quei suggerimenti non verbali che controlla-
no la comunicazione in una situazione fac-
cia-a-faccia. Infatti in tale situazione, il pro-
gredire della discussione dipende da un in-
sieme di atti, gesti, intonazioni della voce
(Watzlawick et al, 1972) e sottintesi segnali
di controllo emessi dai partecipanti, che so-
no separati dal contenuto attuale della con-
versazione. In un ambiente di comunicazio-
ne basato sui media, che dipende da un ca-
nale audio e video, in cui il video magari è
relegato in una finestra dello schermo, molti
di questi segnali di controllo o di metacomu-
nicazione sono persi o attenuati. Gli ambien-
ti di CSCL progettati per supportare conver-
sazioni e discussioni dovranno fornire attivi
indicatori di telepresenza per compensare
tutti quei segnali che usiamo per regolare
una conversazione faccia-a-faccia. Un con-
tatto video non sarà né sufficiente né appro-
priato per fornire un buon livello di telepre-
senza, specialmente quando la situazione
coinvolge più di tre o quattro partecipanti.
Forse qui potrebbero tornare utili tecniche di
realtà virtuale per simulare situazioni faccia
a faccia (Benford e Fahléen, 1993). Bisogna
anche sottolineare che il suono, considerato
uno strumento di relazione povero nelle ap-
plicazioni tradizionali di CSCW, può giocare
un ruolo importante nel supportare la tele-
presenza. Ora che il suono di alta qualità sta
diventando disponibile comunemente su si-
stemi di personal computer, bisogna badare
a manipolare la spazializzazione del suono,
alle funzioni dei differenti tipi di suggeri-
menti auditivi, al ruolo psicologico che l’im-
maginario auditivo può giocare negli am-
bienti CSCL (Derycke e Barme, 1993).
Una seconda area da approfondire riguar-
da la scelta di metafore appropriate per gli
ambienti di apprendimento collaborativo, e
ciò per aiutare i partecipanti a navigare attra-
verso i differenti spazi di discussione e di la-
voro, e per aiutarli a sfruttare in pieno il po-
tenziale dell’ambiente virtuale. Alcuni siste-
mi groupware (come Co-Learn, Co-Op Lab,
ShareME…) usano una metafora spaziale,
ma tale metafora rischia di limitare le poten-
zialità di comunicazione di quelli che si tro-
vano in un stesso spazio fisico, come un edi-
ficio (aula seminario, studio privato, aula,
biblioteca etc.). Questo approccio a ruota li-
bera può ostacolare lo sviluppo di modi di
attività e di comunicazione che sono partico-
lari di un ambiente virtuale. Il supporto per i
differenti ruoli e le differenti azioni appro-
18 TD n.4 Autunno 1994
priate per le esigenze dell’apprendimento
collaborativo deve essere progettato in modo
tale che i gruppi e gli utenti possano adattare
l’ambiente ai compiti che vogliono affronta-
re, ai differenti stadi del processo del grup-
po, e alle relazione e ai privilegi che pensano
siano appropriati per i loro progetti.
Infine, ci sono differenti aspetti di ergono-
mia e di interfaccia che richiedono maggiore
attenzione. L’organizzazione, la gestione e il
filtraggio dei messaggi immagazzinati è uno
di questi: ora è potenzialmente fattibile im-
magazzinare sia comunicazioni in tempo
reale che quelle in tempo differito, inclusi
messaggi audio e video, oltre che quelli più
familiari di posta elettronica e di conferenze
telematiche. Tali potenzialità accrescono i
problemi di navigazione e di sovraccarico di
informazione. Sono necessarie interfacce
che possano gestire in modo trasparente una
varietà di dispositivi di input (telecamere,
microfoni, tastiere, tavolette grafiche, scan-
ner, CD-ROM etc.) e mostrare l’informazio-
ne necessaria circa lo stato del flusso di
informazione delle postazioni remote; sia
nelle modalità “tempo reale” che “tempo
differito”.
LA SFIDA PER GLI EDUCATORI
Ci sono volute quasi due decadi per svilup-
pare linee guida e scenari di buona pratica
nell’uso didattico di audioconferenze, video-
conferenze e conferenze telematiche. Non è
ancora chiaro se l’esperienza accumulata in
queste aree possa essere integrata e applicata
nell’uso dei nuovi sistemi multimediali e
‘multitemporali’. Gli educatori dovranno
mettere in atto molta creatività nella defini-
zione di scenari per un uso efficace del
CSCL.
Un aspetto ovvio riguarda la gestione del
flusso di comunicazione tra i partecipanti di-
slocati in cinque sei postazioni diverse, ma-
gari anche con un gruppo ‘co-present’: una
situazione in cui gruppi o individui in luoghi
diversi possono comunicare solo con il tutor
è abbastanza diversa da quella in cui ci sono
comunicazioni aperte e trasparenti tra tutti i
partecipanti in tutti i luoghi tra loro collega-
ti. La natura delle attività che si possono in-
traprendere dipenderà anche dal numero di
partecipanti in ogni postazione remota - la
situazione di apprendimento è molto diffe-
rente se ogni postazione remota è rappresen-
tata da un solo studente con una stazione di
lavoro, o una stanza con 20 o 30 persone che
guardano uno schermo o una lavagna elet-
tronica. E nel caso che nelle postazioni re-
mote siano presenti intermediari di informa-
zione, assistenti o animatori, sarà necessario
definire accuratamente quali sono i loro ruo-
li di persone che interagiscono faccia-a-fac-
cia e qual è invece il ruolo del tutor.
Nel definire scenari educativi bisognereb-
be sfruttare in pieno le caratteristiche speci-
fiche del groupware. Un esempio emblema-
tico è la potenzialità di gestire processi pa-
ralleli (per esempio due o più partecipanti
che nello stesso tempo introducono dati;
partecipanti che sono nello stesso posto e
che parlano fra di loro mentre simultanea-
mente prendono parte a una discussione
elettronica con studenti remoti; attività che
si svolgono in finestre private, o con mes-
saggi privati, che procedono contemporanea-
mente con discussioni di gruppo). Un altro
esempio è l’uso creativo dei differenti stru-
menti per il supporto del gruppo e per la
condivisione di risorse, e i modi più efficaci
di integrarli nelle differenti fasi del lavoro di
un gruppo impegnato in un compito di ap-
prendimento collaborativo. Una terza sfida è
l’assegnazione di ruoli appropriati e compiti
collaborativi alle modalità di tempo reale e
tempo differito: la qualità del lento procede-
re di una conferenza telematica che somiglia
a una discussione a fumetti (McMahon e
O’Neill, 1993), contrasta con il taglio rapido
e focoso di una discussione in tempo reale -
gli scenari pedagogici dovrebbero sfruttare
in pieno i benefici di ciascuna modalità.
Gli educatori dovrebbero acquisire abilità
nuove per la gestione del controllo sociale: è
più facile squagliarsela da una stanza elettro-
nica virtuale che andarsene all’inglese da
una classe faccia-a-faccia; dovrebbero essere
possibili contributi anonimi; potrebbe essere
necessario strutturare il dare la parola
all’uno e all’altro o monitorare la presenza
in modo più rigoroso che in una discussione
faccia-a-faccia; bisogna coordinare efficace-
mente il mescolarsi dell’interazione del
gruppo e l’attività individuale sulla stessa
stazione di lavoro.
Infine, il fatto che vengano integrate in
ambienti di apprendimento telematici risorse
umane e informative disponibili a livello re-
gionale, nazionale e planetario presenta da
un lato un enorme potenzialità per l’educa-
zione, dall’altro seri rischi di un sovraccari-
co di informazione e di perdita di tempo.
TD n.4 Autunno 1994 19
CONCLUSIONI
L’usare efficacemente la comunicazione me-
diata dalla tecnologia e il computer come
strumento di supporto all’apprendimento
collaborativo richiederà molto ingegno da
parte degli insegnanti e dei progettisti di cor-
si. Le situazioni di insegnamento-apprendi-
mento tradizionali (sia in un contesto di
classe che di educazione a distanza) non
sembrano fornire i modelli più appropriati:
non sembra un buon approccio guardare al
passato perché non abbiamo l’immaginazio-
ne per prefigurare il futuro. Quanti di noi
usano il telefono per sentire un sermone o
ascoltare un’opera? Eppure queste erano due
delle principali potenziali applicazioni della
telefonia previste da Alexander Graham
Bell. Sarà necessario inventare nuovi scenari
per l’attività di gruppo e l’apprendimento
collaborativo, e nuovi modi di interazione
educativa, se vogliamo sfruttare in pieno per
l’educazione e la formazione il potenziale
dei sistemi groupware integrati. Se il softwa-
re e i sistemi devono essere accettati e usati
efficacemente e se il mondo dell’educazione
vuole beneficiare dalle lezioni apprese dai
successi e dai fallimenti delle implementa-
zioni groupware in ambito di ufficio (Gru-
din, 1994), gli educatori e gli sviluppatori di
groupware dovranno lavorare gomito a go-
mito, valutando le differenti applicazioni e
tornando al tavolo da disegno tutte le volte
che è necessario.
Tratto da Kaye, A.R., Computer supported colla-
borative learning, Open University.
I copyright di questo articolo sono della Open
University che gentilmente ci ha concesso di tra-
durlo e pubblicarlo.
[traduzione a cura di Vittorio Midoro]
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Apprendimento collaborativo

  • 1. INTRODUZIONE: IL CONTESTO SOCIALE E TECNOLOGICO Questo articolo cerca di definire un campo relativamente nuovo e promettente per l’uso dei computer e delle telecomunicazioni nell’educazione e nell’addestramento: l’ap- prendimento collaborativo basato sul com- puter, indicato da qui in poi con l’acronimo CSCL (Computer-Supported Collaborative Learning). L’articolo enfatizza i modi in cui la tecnologia dell’informazione può essere usata per mediare e supportare la comunica- zione tra i membri di gruppi impegnati in un’attività di apprendimento, rimuovendo i limiti spaziali e temporali. Anche se strate- gie di CSCL possono essere messe in atto in ambito scolastico, probabilmente è nel con- testo dell’apprendimento aperto a distanza che il CSCL presenta maggiori potenzialità per la realizzazione di programmi per la for- mazione postsecondaria degli adulti. Diversi fattori sono alla base dell’interesse per la tecnologia come supporto dell’appren- dimento collaborativo. L’enfatizzazione dell’apprendimento come processo sociale, che prevede la costruzione attiva di nuove conoscenze attraverso l’interazione di grup- po e la discussione tra pari, può essere inter- pretata come una reazione alla visione com- portamentista, dove l’apprendimento è visto come un’attività puramente individuale. I metodi dell’apprendimento collaborativo e dell’interazione tra pari sono adottati sia in contesti scolastici, come base di attività strutturate di gruppo, sia in ambiti di educa- zione degli adulti e formazione e aggiorna- mento professionale (si pensi ai giochi di ruolo di gruppo nella formazione dei mana- ger). Dede (1990) sostiene che l’efficacia degli approcci di apprendimento cooperativo (o collaborativo) dipende dai seguenti fatto- ri: - la costruzione attiva della conoscenza; - l’insegnamento tra pari e l’opportunità di sviluppare abilità di esposizione orale; - il feedback motivante proveniente dagli al- tri. Fa anche notare che l’uso a scuola dei com- puter e della tecnologia dell’informazione ha indotto una crescita di metodi di apprendi- mento collaborativo e di lavoro di gruppo in- torno al computer. Ci sono pressioni socioeconomiche che fa- voriscono lo sviluppo di programmi flessibi- li di educazione, addestramento e riconver- sione. Un modo di introdurre la flessibilità è fornire ambienti in cui gli esperti sono con- sultabili attraverso una rete di comunicazio- ne. La tendenza di molte grandi organizza- zioni a passare da strutture gerarchiche a or- ganizzazioni cellulari e reticolari e l’enfasi crescente sull’importanza del lavoro di grup- po forniscono un clima positivo in cui pos- TD n.4 Autunno 1994 9 Anthony Kaye Ricercatore della Open University Apprendimento collaborativo basato sul computer Una panoramica sulle idee, i metodi e gli strumenti dell’apprendimento collaborativo basato sul computer
  • 2. sono svilupparsi metodi di apprendimento collaborativo. L’influenza della tecnologia sui metodi, i si- stemi e il software che può essere usato per l’educazione e la formazione riguarda: - L’accresciuta disponibilità di personal computer economici e potenti sia a casa che sul lavoro. - La comparsa sul mercato di “teleputer” multimediali che possono essere usati per tutte le applicazioni tradizionali dei PC, per la ricezione dei segnali radio e televisi- vi e come centri di comunicazione perso- nali, con audio e videotelefoni, ed anche per comunicazione asincrona (fax, posta elettronica, computer conferencing, acces- so a banche dati remote etc.). - L’accresciuta miniaturizzazione dei com- ponenti con una risultante crescita della portabilità dei personal computer. - Lo sviluppo di interfacce per input vocale e scrittura manuale. In parallelo con queste tendenze, sulla for- mazione e l’addestramento a distanza1 avranno un influenza significativa alcuni svi- luppi nelle reti di comunicazione pubbliche e private: - La progressiva installazione di reti ISDN e di dorsali a fibre ottiche a larga banda da parte di molti operatori del settore delle te- lecomunicazioni. - La globalizzazione e la crescita esponen- ziale delle reti accademiche e non: per esempio, il numero totale degli utenti di Internet è cresciuto dai meno di 2 milioni nel gennaio 1991 a una stima dei 20 milio- ni negli ultimi tre anni. - L’espansione di comunicazioni “senza-fi- lo” dalla telefonia al trasferimento dati (comunicazioni via satellite, trasferimento dati via etere etc.) Nello stesso tempo si assiste a un tentativo di cercare di identificare opportunità com- merciali rimunerative da parte di consorzi e gruppi operanti nel settore delle telecomuni- cazioni, come compagnie di TV via cavo, imprese che si occupano di media e di intrat- tenimento, aziende produttrici di apparec- chiature elettroniche. La formazione a di- stanza è vista come un mercato potenzial- mente remunerativo dalle società di teleco- municazione e dagli operatori nel settore delle reti telematiche. In Europa, sia la Briti- sh Telecom che la France Telecom guardano alle società di formazione e addestramento come clienti per i servizi ISDN. In Nord America, la US West vede l’educazione a di- stanza come un’area chiave di sviluppo per i diversi servizi telematici. Con il migliora- mento e la crescente economicità della video e audio conferenza, il suo uso a scopi orga- nizzativi si sta già diffondendo nell’aggior- namento e nello sviluppo dei quadri azien- dali. In parallelo, c’è stata una crescita conti- nua nell’uso della teleconferenza nell’educa- zione e nella formazione. Sistemi personali di teleconferenza sono già disponibili e per molte organizzazioni si avviano ad essere funzionalità standard dei loro sistemi di ela- borazione in rete telematica: un analista pre- vede una crescita dei sistemi personali di vi- deoconferenza (che include altri aspetti co- me lavagne elettroniche, condivisione dello schermo etc.) da 10.000 nel 1994 a circa 800.000 nel 1997 (Reinhardt,1993). APPRENDIMENTO COLLABORATIVO Ciò che distingue le comunità collaborati- ve dalla gran parte delle comunità è il de- siderio di costruire nuovi significati del mondo attraverso l’interazione con altri. La comunità collaborativa diventa un mezzo sia per conoscere se stessi sia per esprimere se stessi. (Schrage, 1990, p. 48) (…) I computer possono fornire un am- biente conversazionale in cui chi apprende può applicare conoscenza a problemi e considerare le sue azioni come eventi riu- sabili. Chi apprende può controllare il proprio apprendimento, apprendere da al- tri, sviluppare abilità metacognitive come il riflettere sulle proprie azioni... Credia- mo che una costruzione collaborativa del- la conoscenza che coinvolga sia i docenti che gli studenti dovrebbe essere supporta- ta da opportuni ambienti didattici (…) Gli ambienti collaborativi per la costruzione della conoscenza fanno sì che tutti i mem- bri di una classe o di un gruppo di ap- prendimento possano confrontare le loro interpretazioni. È importante per l’acqui- sizione di una conoscenza avanzata che chi apprende comprenda che per ogni og- getto o evento esistono interpretazioni multiple. Queste interpretazioni possono essere dissonanti o consonanti, ma esse ri- flettono la complessità naturale che defini- sce i domini di conoscenza più avanzati. Gli ambienti collaborativi mettono in gra- do coloro che apprendono di identificare e 10 TD n.4 Autunno 1994 1 Il termine inglese “distance learning” è tradotto con “forma- zione a distanza”. La traduzione letterale “apprendimento a di- stanza” appare un po’ strana perché “a di- stanza” possono esse- re disponibili le con- dizioni che produco- no un apprendimento che però di per sé è un processo locale che riguarda un indi- viduo in un dato tem- po e in dato luogo.
  • 3. riconciliare questi diversi punti di vista al fine di risolvere i problemi. (Jonassen et al, 1993). Gruppi, collaborazione e cooperazione È più facile dire che cosa non può essere classificato come apprendimento collabora- tivo che non dare una definizione universal- mente accettabile. L’apprendimento basato su un modello di educazione intesa come trasmissione del sapere o di trattamento dell’informazione, dove la principale attività di apprendimento è lo studio individuale e l’organizzazione dell’informazione dai libri, le lezioni, i video o il software didattico, non è collaborativo. D’altro canto, coloro che ap- prendono organizzati in gruppi (come in classi o gruppi in addestramento) non stanno apprendendo in modo collaborativo quando sono impegnati in una discussione o in una comunicazione. Perché ci sia una efficace collaborazione o cooperazione, ci deve esse- re una reale interdipendenza tra i membri di un gruppo nella realizzazione di un compito, un impegno nel mutuo aiuto, un senso di re- sponsabilità per il gruppo e i suoi obiettivi e deve essere posta attenzione alle abilità so- ciali e interpersonali nello sviluppo dei pro- cessi di gruppo. E’ importante distinguere la collaborazio- ne dalla comunicazione. Una chiara comuni- cazione e efficaci strumenti e canali di co- municazione possono essere prerequisiti ne- cessari per una efficace collaborazione, ma non sono sufficienti. Un buon insegnante o un buon moderatore di una riunione, fornito di cartelli, trasparenze, diapositive può esse- re un eccellente comunicatore, ma non sape- re affatto come realizzare un efficace am- biente di collaborazione. Una lezione o un meeting possono essere un modo efficace di trasmettere e condividere informazioni, ma sarebbe un errore se i partecipanti pensasse- ro che essi stanno in qualche modo collabo- rando tra di loro nel processo di apprendi- mento. Molte persone ingannano solo se stesse quando pensano di lavorare con altri, mentre invece stanno solo pronunciando parole. I modi tradizionali del discorso non catturano in nessun modo la sottigliez- za, l’ampiezza, il potere e il grado di inte- razione necessario per una efficace colla- borazione. Le presentazioni e i modi usuali delle comunicazioni stanno alla collabora- zione come i segnali di fumo stanno al ci- nema epico; gli sbuffi di fumo nel vento proprio non sono così pieni di colore e commoventi come Via col vento. In realtà la collaborazione richiede un coinvolgi- mento di ordine superiore e un approccio differente nel condividere e creare infor- mazione (Schrage, 1990, p. 29). Collaborare (co-labore) vuol dire lavorare insieme, il che implica una condivisione di compiti, e una esplicita intenzione di “ag- giungere valore” - per creare qualcosa di nuovo o differente attraverso un processo collaborativo deliberato e strutturato, in con- trasto con un semplice scambio di informa- zioni o esecuzione di istruzioni. Un’ampia definizione di apprendimento collaborativo potrebbe essere l’acquisizione da parte degli individui di conoscenze, abilità o atteggia- menti che sono il risultato di un’interazione di gruppo, o, detto più chiaramente, un ap- prendimento individuale come risultato di un processo di gruppo (Kaye, 1992). Una collaborazione di successo prevede un qual- che accordo su obiettivi e valori comuni, il mettere insieme competenze individuali a vantaggio del gruppo come un tutt’uno, l’au- tonomia di chi apprende nello scegliere con chi lavorare e la flessibilità nell’organizza- zione di gruppo. I fattori identificati da Sch- rage (Schrage, 1990, cap. 11) che determina- no il probabile successo di qualsiasi forma di collaborazione sono indubbiamente rile- vanti per le attività di apprendimento colla- borativo. Questi includono: la competenza tra i membri del gruppo, un obiettivo condi- viso e compreso; mutuo rispetto e fiducia; la creazione e la manipolazione di spazi condi- visi; molteplici forme di rappresentazione; costante - ma non continua - comunicazione; ambienti formali e informali; chiare linee di responsabilità, ma non confini restrittivi; l’accettazione che le decisioni non devono essere basate sul consenso e che la presenza fisica non è necessaria; l’uso selettivo di per- sone al di fuori del gruppo; la consapevolez- za che la collaborazione termina quando i suoi obiettivi sono stati raggiunti. In un contesto educativo, il successo dell’apprendimento collaborativo dipende da un certo numero di fattori importanti, non ultimo dei quali è la struttura dentro cui i processi di gruppo hanno luogo e il modo in cui questi vengono gestiti. Il ruolo del tutore come facilitatore e organizzatore è cruciale, nel formare i gruppi, nello strutturare le atti- TD n.4 Autunno 1994 11
  • 4. vità e nel supportare il lavoro del gruppo at- traverso l’osservazione e il feedback, la va- lutazione del successo o il fallimento dei processi di gruppo e dei contributi indivi- duali a essi. Per esempio un aspetto impor- tante nel processo di gruppo, che deve essere tenuto in considerazione dal docente, è fare in modo che i membri di un gruppo che la- vorano in parallelo su un compito si aiutino l’un l’altro, o, se differenti compiti vengono dati a differenti membri (specializzazione dei compiti), verificare che alla fine i risulta- ti siano messi insieme. Alcuni ricercatori co- me Hooper (1992) chiamerebbero “appren- dimento cooperativo” l’approccio con cui ciascun membro esegue un compito diverso e riserverebbero il termine “apprendimento collaborativo” per i casi in cui ciascun mem- bro lavora in parallelo sullo stesso compito, nello stesso tempo condividendo le proprie acquisizioni e le difficoltà con gli altri mem- bri del gruppo. Aspetti teorici e di ricerca L’interesse per l’apprendimento collaborati- vo e i suoi supporti tecnologici sembra esse- re associato con un certo numero di assun- zioni collegate a varie prospettive teoriche. Quelle che seguono sono solo alcune di que- ste assunzioni: - Dalla conversazione, dal confronto, dal di- battito e dalla discussione (sovente non pianificata e talvolta strutturata) tra stu- denti, tra pari, tra colleghi, tra esperti e tra docenti scaturisce un apprendimento assai significativo e una comprensione profon- da; l’apprendimento è essenzialmente un’attività che si svolge in comune (Bru- ner, 1984) e che coinvolge la costruzione sociale della conoscenza. - La collaborazione tra pari nell’apprendi- mento aiuta a sviluppare abilità e strategie generali di problem solving attraverso l’in- teriorizzazione di processi cognitivi impli- citi nell’interazione e nella comunicazione (Damon, 1984; Vygotsky, 1978). - I punti di forza dell’apprendimento colla- borativo attraverso la discussione e la con- versazione includono la condivisione di diverse prospettive, l’obbligo di esplicitare e comunicare ad altri la propria conoscen- za e comprensione attraverso la verbaliz- zazione o la scrittura (Vygotsky, 1962) e il valore motivante di essere un membro di un gruppo vivace (Rogers, 1970). - Molte attività prevedono lavoro di squadra e di gruppo, e i risultati del lavoro spesso dipendono pesantemente da una collabora- zione fruttuosa con i colleghi; l’educazio- ne formale dovrebbe preparare le persone a lavorare insieme proficuamente in grup- po. - Gruppi di adulti che seguono programmi educativi o di addestramento, specialmen- te programmi di aggiornamento in servi- zio, spesso hanno un prezioso bagaglio di conoscenza personale e di esperienza da mettere in comune (Knowles, 1970). - Al di là dell’educazione formale (in gene- rale nella società, nelle organizzazioni), molta parte dell’apprendimento deriva da interazioni informali all’interno di gruppi e dall’aiuto e dal supporto fornito da pari e da colleghi, attraverso quella che Illich (1971), molti anni fa, chiamò “rete di ap- prendimento”. Comunque non è sempre facile progettare ambienti di apprendimento basati su queste assunzioni: - Molta pratica educativa assume un model- lo trasmissivo, con tutta l’autorità e la co- noscenza investita nel docente; come risul- tato, può essere spesso difficoltoso usare una discussione di gruppo costruttiva co- me mezzo di apprendimento (Beard and Hartley, 1984). - L’esperienza di lavorare o apprendere in gruppo può essere associata con cadute d’attenzione e perdite di tempo ed essere frustrante, costosa in termini di tempo, conflittuale. - Le acquisizioni della ricerca sui risultati educativi e i metodi di apprendimento col- laborativo sono controversi, alcuni ricerca- tori suggeriscono che la competizione in- dividuale produce risultati migliori che le condizioni di gruppo, altri sostengono che non c’è una differenza significativa, altri mostrano una tendenza opposta (Webb, 1982); in una situazione scolastica, sembra che metodi di apprendimento cooperativo migliorano i livelli dei risultati solo se in- corporano obiettivi di gruppo e riconosci- mento individuale (Slavin, 1990). - L’ampliamento di possibilità per collabo- razione di gruppo all’interno del sistema esistente può portare al rigetto, perché le nuove opportunità possono scontrarsi con le pratiche lavorative tradizionali, i metodi di valutazione o le gerarchie. Insomma, i seguenti sette elementi sono 12 TD n.4 Autunno 1994
  • 5. tra i più importanti nel cercare di definire il settore dell’apprendimento collaborativo: • L’apprendimento è un processo intrinseca- mente individuale e non collettivo, che è influenzato da una varietà di fattori ester- ni, che includono le interazioni di gruppo e interpersonali. • Le interazioni di gruppo e interpersonali prevedono l’uso del linguaggio (un pro- cesso sociale) nella riorganizzazione e mo- difica di comprensioni individuali e strut- ture di conoscenza, così l’apprendimento è ad un tempo un fenomeno privato e socia- le. • Apprendere in modo cooperativo implica scambio tra pari, interazione tra eguali, una negoziazione fruttuosa di relazioni di potere all’interno del gruppo e un’inter- cambiabilità di ruoli. • La collaborazione implica sinergia e assu- me che in qualche modo “il tutto è di più della somma delle singole parti”, cosicché l’apprendimento collaborativo ha il poten- ziale di produrre un guadagno superiore all’apprendimento da solo. • Non tutti i tentativi di apprendimento col- laborativo avranno successo: in alcuni casi la collaborazione può portare alla confor- mità, a perdite di tempo, mancanza di ini- ziativa, conflitto, incomprensioni e com- promessi e i potenziali benefici non sem- pre sono realizzati. • L’apprendimento collaborativo non sem- pre implica apprendere in un gruppo orga- nizzato, ma significa essere capace di affi- darsi ad altre persone per avere un suppor- to al proprio apprendimento e per dare feedback, come e quando necessario, all’interno di un ambiente non competiti- vo. • Qualsiasi compito o processo collaborati- vo ha una durata definita, un inizio e una fine, e la natura delle interazioni di gruppo e i bisogni del supporto del gruppo cam- bieranno in questo arco di tempo. Vale la pena di sviluppare l’ultimo punto, perché ha una relazione con le tecnologie e i sistemi usati per supportare e mediare la col- laborazione. Un gruppo è un’entità social- mente costituita, aggregata per un dato pe- riodo di tempo per uno scopo specifico. Un’attività di gruppo (McGrath, 1990) può essere vista in termini di: - progetti o scopi generali; - compiti, che devono essere svolti durante un arco di tempo per realizzare il progetto; - attività o passi che formano i compiti indi- viduali. Durante il periodo di un progetto di gruppo, in ogni momento bisogna badare al dinami- co bilanciamento delle funzioni di produzio- ne, di supporto e anche di quelle funziona- lità che permettono all’utente di trovarsi a proprio agio. La natura dei compiti, i passi che li compongono, il tipo di strumenti di supporto e dei sistemi necessari, varieranno durante ciascuna delle classiche quattro fasi del processo di gruppo (aggregazione, libero scambio di idee, definizione di regole, rea- lizzazione) in funzione del relativo bilancia- mento delle funzioni in ciascuna fase. Per esempio, nella prima fase, in generale sarà necessario un ambiente interpersonale e so- ciale ricco dal punto di vista della comunica- zione (per esempio una serie di incontri fac- cia a faccia e di attività sociali); mentre nelle ultime due fasi potrebbe giocare un ruolo molto più importante il supporto della tecno- logia. TECNOLOGIE PER L’APPRENDI- MENTO COLLABORATIVO SUPPOR- TATO DAL COMPUTER Ci sono tre classi di tecnologie che, com- binate, possono fornire ambienti software per supportare attività di gruppo (gruopwa- re) adatti per l’apprendimento collaborativo (Van Eijkelenberg et al, 1992): - Sistemi di comunicazione (sincroni: testo, audio, audio grafica e comunicazione vi- deo; asincroni: posta elettronica, computer conferencing messaggi sonori e fax) - Sistemi per la condivisione di risorse (sin- croni: condivisione dello schermo e lava- gna elettronica, strumenti per la rappresen- tazione di progetti; asincroni: accesso ai sistemi di file e banche dati). - Sistemi di supporto a processi di gruppo (sistemi per la gestione dei progetti, calen- dari condivisi, sistemi per la produzione, strumenti di votazione, strumenti per la generazione di idee e per discussioni a ruota libera). Un tempo, questi strumenti per lo più erano usati in modo indipendente e naturalmente i classici sistemi audio, audio grafici e di vi- deoconferenza erano usati molto prima dell’avvento dei personal computer multi- mediali. Tuttavia, la maggiore differenza qualitativa nel potenziale educativo dell’ap- prendimento collaborativo e del lavoro di TD n.4 Autunno 1994 13
  • 6. gruppo supportati dal computer deriva dall’aver integrato queste tre classi di tecno- logie in un ambiente unico basato sul com- puter, o in centri di risorse educative. Questa affermazione è confortata dall’evidenza del- le sperimentazioni di ambienti collaborativi sui luoghi di lavoro: per esempio gli esperi- menti condotti allo Xerox PARC dal 1985- 1987, quando fu usato un “media space” ba- sato su collegamenti video per il coordina- mento di lavoro di gruppo tra i membri di un laboratorio suddiviso su due diverse località: Palo Alto in California e Portland in Oregon (Bly et al, 1993). Sebbene il sistema sia sta- to giudicato eccellente per mantenere i con- tatti tra i membri del gruppo sia attraverso comunicazioni informali che incontri forma- li, uno dei problemi incontrati è stata la mancanza di strumenti condivisi (come una superficie per disegnare condivisa) per il la- voro collaborativo - puntare la videocamera sulla lavagna o sul muro è un povero sostitu- to rispetto a una risorsa informatica condivi- sa. Il lavoro svolto alla Hewlett-Packard, che ha affrontato questo aspetto da una differen- te prospettiva, cioè attraverso l’aggiunta di un collegamento audio e video a una lavagna elettronica su una rete telematica locale, ha mostrato il valore del video nel mantenere la comunicazione (spesso inconscia) durante la realizzazione di un compito del gruppo e per le comunicazioni informali non di lavoro (Gale, 1991). Come ha dimostrato Vallée (1992), è ele- vato il numero possibile delle configurazioni di groupware multimediale ottenute combi- nando queste varie tecnologie: la sfida per i progettisti di sistemi risiede nel mettere in- sieme specifiche combinazioni in sistemi in- tegrati che forniscano un supporto adeguato ai processi sociali, educativi e di gruppo im- plicati in attività di CSCL. A questo proposi- to, molti concetti e idee utili riguardo al software possono essere derivate dalla pre- cedente ricerca nel settore del lavoro colla- borativo supportato dal computer, CSCW (Computer Supported Collaborative Work). Sistemi di comunicazione In tempo reale Le tecnologie per la comunicazione sincrona, o in tempo reale, hanno una lunga e rispetta- bile storia di applicazioni didattiche. Per esempio il distretto scolastico dell’Iowa nel 1935 iniziò con l’uso del telefono per l’inse- gnamento ai bambini malati, a casa o ricove- rati in ospedale. Oggi l’audio-video confe- renza è abitualmente usata in molte univer- sità e organizzazioni (Olgren e Parker, 1983). Sistemi audio grafici aggiungono al canale audio varie forme di grafica a bassa banda, come testo, diagrammi, o immagini fisse. L’aggiunta della grafica ovvia alle evidenti limitazioni riguardanti le immagini della te- leconferenza puramente “audio”, e alcune ri- cerche hanno indicato che anche in argomen- ti che non hanno un chiaro contenuto visivo, l’uso della grafica aiuta il processo didattico, probabilmente perché lo schermo fornisce agli studenti un fuoco dell’attenzione. I primi sistemi (come i terminali alfanumerici e i primi terminali grafici) erano abbastanza pri- mitivi, con immagini in bianco e nero a bassa risoluzione, bassa velocità di trasmissione, e nessun feedback grafico da parte del riceven- te. All’Università del Wisconsin, i sistemi usati per qualche tempo furono abbandonati nel 1987 a causa di tali problemi, e l’uso dell’audiografica è riemerso come un fatto interessante solo con l’introduzione di un si- stema basato su PC ad alta risoluzione utiliz- zante un modem a 9600 baud e linee telefo- niche doppie (Smith, 1992). Dalla valutazione delle conferenze basate sia sul canale audio che audiografico è emerso un certo numero di punti. Una pre- ventiva preparazione degli insegnanti e degli animatori è ancora più importante che nella scuola: le sessioni devono essere strutturate accuratamente e possibilmente divise in blocchi di 15-20 minuti, con una varietà di diversi tipi di attività; i supporti visivi devo- no essere di alta qualità e, se non possono essere spediti dal sistema, devono essere preparati anche materiali a stampa. È impor- tante che i partecipanti siano regolarmente sollecitati con domande e invitati a contri- buire alla discussione scambiandosi i propri punti di vista. Dal punto di vista tecnico hanno grossa importanza la qualità del suo- no e un buon supporto per la moderazione della discussione. Gli aspetti sociali del pro- cesso di gruppo richiedono un’attenzione particolare a causa della mancanza di tutti quei suggerimenti visivi e dei segnali del lin- guaggio del corpo, e bisogna prevedere un certo tempo per la presentazione dei parteci- panti, per le comunicazioni informali e per un’adeguata conclusione (in particolare nei sistemi che usano ponti radio riservati per ben definiti periodi di tempo). 14 TD n.4 Autunno 1994
  • 7. Le videoconferenze tradizionali richiedo- no installazioni di trasmissione e ricezione alquanto costose e prevedono alti costi di trasmissione su canali di video a larga banda o canali digitali ad alta capacità. Servizi al- quanto sofisticati permettono la comunica- zione a due vie sia audio che video tra luo- ghi diversi; una configurazione più comune è costituita dalla comunicazione video a una via con comunicazione audio a due vie. I co- sti e la mancanza di flessibilità delle installa- zioni fisse hanno limitato l’uso della video- conferenza in passato, sebbene esistano un certo numero di esempi ben conosciuti (co- me il sistema televisivo interattivo di Irvine, il consorzio per la comunicazione istruzio- nale dell’Alasca, la rete universitaria nazio- nale di teleconferenza, la rete educativa inte- rattiva basata su satellite dell’IBM, e il siste- ma Livenet dell’università di Londra). Re- centemente, lo sviluppo delle tecniche di compressione video di codifica e decodifica sta conducendo a una crescita delle applica- zioni della videoconferenza anche su circuiti ISDN con banda relativamente bassa, che usano una varietà di formati di display come videoproiettori, grandi monitor, videotelefo- ni, o finestre video su personal computer (Mason e Bacsic 1994). È ingenuo pensare che aggiungendo un ca- nale video in tempo reale a una postazione remota di videoconferenza si possa realizza- re a distanza una situazione “ideale” di clas- se “faccia a faccia”. La possibilità di vedere un tutor remoto, o da parte del tutor di vede- re un gruppo di partecipanti in un luogo di- stante, di per sé non aumenta il livello di in- terazione (cioè le interruzioni spontanee e le domande che supportano e sviluppano il processo di comunicazione). Molti studi hanno dimostrato che le videoconferenze a due vie non possono servire per rimpiazzare incontri “faccia a faccia” (Edigo, 1988); Gensollen e Curien (1985) studiando i risul- tati sulle interazioni nelle video (e audio) conferenze, mostrano che i canali di comu- nicazione tecnologici usati inevitabilmente filtrano e distorcono molti dei segnali (spes- so inconsci) che, in una situazione faccia a faccia, regolano la conduzione e la progres- sione dell’interazione verbale in un gruppo in un solo luogo. Paradossalmente, l’esisten- za di un canale video può incoraggiare un docente che usa un sistema di videoconfe- renza a essere meno attento a sollecitare do- mande e risposte che non in una conferenza solo audio, proprio perché può vedere i par- tecipanti e verificare, senza bisogno di inter- rompere il discorso, che essi sono ancora lì . L’alto costo e le limitazioni di comunicazio- ne della videoconferenza tradizionale sugge- riscono che è meglio usarla per lezioni ben strutturate a grandi gruppi remoti dove l’informazione visiva è di cruciale importan- za per la comprensione dei contenuti (per esempio per dimostrazioni scientifiche e me- diche). Nel caso di un piccolo gruppo, in cui la collaborazione è necessaria per esempio per risolvere un dato problema, l’esistenza di un canale video per avere un contatto visivo tra partecipanti remoti, oltre al canale audio, può portare a una collaborazione più natura- le e a una prestazione più efficace (Taylor et al., 1991). Comunque, in situazioni di ap- prendimento-insegnamento di gruppo, non è possibile generalizzare la relativa importan- za della comunicazione audio e video in tempo reale senza definire chiaramente lo scenario educativo, la grandezza del gruppo e il ruolo del tutore. In tempo differito La diffusione dei personal computer e dei servizi di rete telematica ha portato ad un uso crescente per l’educazione e la forma- zione di conferenze telematiche (conferen- cing) in tempo differito (o asincrone). Le conferenze telematiche supportano la comu- nicazione molti-a-molti (mentre la posta elettronica è essenzialmente per l’invio di messaggi uno-a-uno o uno-a-molti) e il software per le conferenze telematiche com- prende strumenti progettati proprio come aiuto nell’organizzazione, nella strutturazio- ne e nel reperimento dei messaggi. Alcune recenti pubblicazioni passano in rassegna le applicazioni didattiche (vedi per esempio: Mason e Kaye, 1989; Harasim, 1990; Wag- goner, 1992; Kaye, 1992). Queste mostrano che la conferenza telematica è un mezzo di comunicazione a tutti gli effetti, sebbene condivida alcune caratteristiche con il di- scorso orale (come l’interazione di gruppo e la possibilità di scambi rapidi e spontanei) e con il discorso scritto (mediato dal testo, asincrono, modificabile). Essa può essere un mezzo eccellente per il lavoro di gruppo e per l’apprendimento collaborativo. Dal mo- mento che tutte le battute di dialogo sono conservate, reperibili e modificabili i parte- cipanti possono contribuire secondo il loro TD n.4 Autunno 1994 15
  • 8. ritmo, nei momenti più comodi per loro, e la natura asincrona del mezzo permette tempi di riflessione e una accurata composizione dei contributi. Diversi tipi di attività di grup- po possono essere supportate dalle conferen- ze telematiche, inclusi i seminari, piccole di- scussioni di gruppo, presentazioni di gruppo, dibattiti, gruppi di apprendimento tra perso- ne dello stesso livello e così via. Sistemi per la condivisione di risorse Il software che consente di condividere risor- se in tempo reale comprende strumenti per la condivisione dello schermo e lavagne elettro- niche “intelligenti” basate sul principio di uno “spazio pubblico” visibile e accessibile a tutti i partecipanti sulla base del principio WYSIWIS (What You See Is What I See) (tu vedi quello che vedo io). Ogni partecipante ha accesso a una varietà di strumenti (per scrivere, disegnare, indicare, sottolineare, cancellare...) con input via mouse, trackball, tavoletta grafica o touch-sensitive screen (schermo sensibile al tocco). Un problema nell’imparare a usare con successo questi strumenti per il lavoro di gruppo è quello di imparare a rispettare il proprio turno evitan- do “guerre di mouse” e “guerre di finestre” (Morris et al, 1992). Alcuni sistemi assegna- no ai diversi partecipanti differenti colori de- gli strumenti grafici e di scrittura per aiutare a identificare chi sta facendo cosa. L’audio e/o il video sincrono consente di discutere e di comunicare su un compito che si sta svol- gendo. Alcuni sistemi consentono spazi di lavoro privati (una finestra sul video di ogni utente visibile solo a quell’utente) che per- mettono di abbozzare e preparare il materiale prima di trasferirlo nella finestra comune. Altri strumenti, semi-privati, realizzati per conversare in tempo reale, sono quelli che consentono di comporre e mandare messaggi di testo a uno o più partecipanti, in parallelo con la discussione verbale con tutto il gruppo (come quando si passa un appunto scritto ad un altro partecipante in un incontro di grup- po faccia-a-faccia). Un esempio di tale am- biente tagliato specificamente su misura dell’apprendimento di gruppo e l’ambiente di conferencing per la comunicazione multi- mediale nel sistema Co-Learn (Deryke and Kaye, 1993; Kaye, 1994). I sistemi cosiddetti “lavagne intelligenti” estenderanno questi ti- pi di possibilità con funzioni per controllare le differenti versioni, funzioni di ipertesto, funzioni di raccolta, riorganizzazione e stam- pa (Wilson, 1991). Risorse condivise, accessibili in modo asincrono, possono essere immagazzinate in uno o più server: queste possono essere solo “lette” (come grafica, suoni, testi di riferi- mento usati come materiale base per la di- scussione di gruppo), o file che possono es- sere modificati interattivamente da qualsiasi utente. Tra questi due estremi c’è il concetto di “base di conoscenza che si evolve”, in cui i contributi dei diversi partecipanti (come in una discussione in una conferenza telemati- ca) sono analizzati, riordinati, selezionati e poi trasferiti in un archivio di materiale che riflette la saggezza e l’esperienza accumula- ta nel gruppo preso come un tutt’uno (Bo- der, 1994). Diversi strumenti software sono disponibi- li per lavorare interattivamente su documenti testuali e grafici, sia lineari che ipertestuali. Per molte situazioni di apprendimento colla- borativo, è particolarmente interessante il software per rappresentare i concetti, che permette ai partecipanti di preparare insieme rappresentazioni di un corpo di conoscenze, collegando visivamente i concetti tra loro correlati (Heeren and Collins, 1993). I mag- giori problemi da risolvere nell’uso di questi sistemi sono il controllo dell’accesso a un fi- le (per impedire a due o più utenti di cercare di modificare un documento simultaneamen- te), il controllo delle diverse versioni (qual è la versione corrente e quando c’è stata l’ulti- ma modifica), e l’attribuzione delle modifi- che ai diversi individui del gruppo. In un uso efficace di tale software diventa cruciale il ruolo del moderatore o del tutor. Sistemi di supporto ai processi di gruppo Alcuni strumenti software, sviluppati per un uso di ufficio come parte di ambienti CSCW (Computer Supported Cooperative Work) possono essere utilmente integrati in sistemi CSCL. Questi includono strumenti per la ge- stione di progetti (per elencare i compiti da svolgere, del gruppo e individuali, e le sca- denze per la loro esecuzione), diari e calen- dari condivisi con possibilità di segreteria automatica, strumenti per generare e stabili- re priorità tra le idee, strumenti per struttura- re specifici tipi di formati di discussione, browser per aiutare gli utenti a navigare all’interno di ambienti virtuali complessi, fornendo in ogni momento informazioni sul- 16 TD n.4 Autunno 1994
  • 9. le tre domande essenziali nella navigazione (Dove sono? Dove sono stato? Dove posso andare?). In contesti educativi e di forma- zione, in cui differenti membri di un gruppo assumono differenti ruoli in differenti mo- menti (tutor, studente, operatore, animatore, esperto, etc.) il software che dà supporto ai ruoli specialistici, dando accesso differen- ziato a risorse, strumenti e attività, può gio- care un ruolo importante nell’organizzazione e nel funzionamento del gruppo di lavoro. Infine, è molto importante inserire in ogni sistema strumenti e risorse per conversare informalmente, per socializzare e per rende- re il gruppo più compatto. In un campus o in un ufficio, le discussioni informali o casuali nel corridoio, nella mensa, intorno alla mac- china del caffè, in biblioteca forniscono il “collante sociale” per la collaborazione in- terpersonale. Simili opportunità per incontri, tanto preziosi e fruttuosi quanto casuali, de- vono essere fornite anche dagli ambienti te- lematici affinché essi siano efficaci per l’ap- prendimento di gruppo. Esempi sono “le aree del caffè” disponibili nella maggior parte degli ambienti di confe- rencing, il “corridoio elettronico” (Johansen, 1988), i video “media spaces” allo Xerox PARK (Bly et al, 1993), o gli strumenti “di crociera e di osservazione” che forniscono opportunità di “un’interazione sociale legge- ra” nel sistema videotelefonico Cruiser svi- luppato ai Bellcore Labs (Fish et al, 1993). GLI EFFETTI E LE IMPLICAZIONI DELLA MEDIAZIONE TECNOLOGICA Le dinamiche dell’interazione educativa e interpersonale mutano, più o meno profon- damente, quando sono mediate da canali di comunicazione tecnologici. Questo è il caso delle teleconferenze audio e audiografiche, dove uno potrebbe aspettarsi che la mancan- za di un canale visivo sia compensato da scambi verbali più frequenti che in una clas- se faccia-a-faccia. È proprio perché ero atterrito dai silenzi che cercammo di definire una pedagogia dell’azione […] Evito i silenzi ponendo domande molto puntuali […] Ho bisogno di mantenere un frequente contatto verba- le con i miei studenti (…) Vario gli esercizi e cerco continuamente di stare attorno ad ogni studente, per compensare la mancan- za di gesti... È una forma di insegnamento più personale e lo sforzo di concentrazio- ne ci impedisce di distrarci […] Sentire il discorso degli altri è bene per notare i no- stri errori, e l’uso del telefono ci rende più attenti a ciò che gli altri dicono […] il te- lefono ci forza a parlare (tradotto da Kaye and Kerbrat, 1992). L’impatto a lungo termine è una pedago- gia centrata su una interazione nel grup- po, dove il docente è un facilitatore e un regolatore della discussione; ciò mette in questione i metodi di insegnamento tradi- zionali (dove i docenti dominano e gli stu- denti sono passivi) e li rimpiazza con una pedagogia attiva (tradotto da Laure, 1993). Ma dalle valutazioni delle videoconferenze emerge anche che i tutor e gli studenti non possono aspettarsi di replicare i modelli e gli stili di una classe ‘faccia-a-faccia’, anche se hanno qualche contatto visivo. […] la tecnologia della videoconferenza digitale compressa richiede una metodolo- gia di insegnamento diversa da tutte quel- le prima usate dai docenti. Necessita di differenti modi di interazione, differenti modi di muoversi, diversi modi di presen- tare l’informazione e differenti modi di giudicare il significato dei messaggi in en- trambe le direzioni (Schriller e Mitchel, 1992). Nelle situazioni tipiche di audio e video con- ferenza, il docente o il tutor deve gestire un gruppo che è fisicamente presente e uno o più gruppi remoti: ciò cambia completamen- te i modelli che si incontrano in situazioni di classe, e solleva il problema di quale sia il gruppo a cui il docente dovrebbe rivolgersi prioritariamente, come anche la ulteriore complessità dei canali di comunicazione (spesso molto limitati) tra i membri del gruppo nei diversi luoghi. Questi fattori, di nuovo, pongono la necessità di cambiare gli stili di insegnamento e di interazione. Nel caso della comunicazione di gruppo asincrona, basata solo su testo, c’è una di- vergenza ancora maggiore dagli approcci convenzionali in classe: così dice un docente universitario di storia che usa le conferenze telematiche per gli studenti che non vivono nel campus: […] Parlo a titolo personale. Quando co- minciai a usare la comunicazione mediata dal computer (CMC) una dozzina di anni fa, pensavo di riprodurre con gli studenti lontano dal campus le stesse interazioni di quando facevo lezione in classe. Non ave- TD n.4 Autunno 1994 17
  • 10. vo nessuna intenzione di usare questo tipo di comunicazione per modificare ciò che facevo o come lo facevo. Ma senza voler- lo, di fatto successe proprio questo. (Coombs, 1992). Nella normale vita accademica (primaria, secondaria, terziaria e oltre) il dialogo orale di solito porta all’attività dello scri- vere per valutare o pubblicare, mentre nel CMC è il dialogo scritto (io l’ho chiamato “dire-scrivendo”) che porta all’attività dello scrivere per valutare o pubblicare. Ed è proprio questo “dire-scrivendo” che fa sì che la discussione proceda al rallen- tatore - abbastanza veloce e spontanea per motivare la gente a rimanere coinvolta e a rischiare con le idee, abbastanza lenta (e questa è una ulteriore dimensione offer- ta dalla comunicazione mediata dal com- puter) per permettere alla gente di riflette- re, durante (e soprattutto dopo) lo scam- bio, sulla natura dello scambio stesso e sul suo significato. (McMahon e O’Neill, 1993). I nuovi sistemi desktop multimediali per le conferenze telematiche e quei sistemi in via di sviluppo che combinano in un solo am- biente sia la comunicazione in tempo reale che quella in differita, richiederanno un adattamento ancora maggiore negli stili di insegnamento e di apprendimento, e svilup- peranno ulteriormente le potenzialità di pe- dagogie innovative e concettualmente avan- zate. Si potrebbe sostenere che un sistema di supporto alle attività di gruppo ben progetta- to potrebbe fornire un ambiente più ricco di una situazione faccia-a-faccia per quanto ri- guarda la conversazione, l’interazione e la discussione, e ciò per la possibilità di svol- gere attività in parallelo, per la possibilità di immagazzinare, organizzare e recuperare informazione e per la possibilità di integrare le interazioni in tempo reale e differito. Le ricche potenzialità di tali ambienti per la co- municazione costituiscono una sfida sia per chi sviluppa software di supporto alle atti- vità di gruppo, sia per gli educatori. Sviluppo del software di supporto alle at- tività di gruppo Forse la sfida più grande è nello sviluppo di ambienti per un’efficace comunicazione del- la “telepresenza”, per verificare la presenza e l’attività del gruppo, e per non perdere tutti quei suggerimenti non verbali che controlla- no la comunicazione in una situazione fac- cia-a-faccia. Infatti in tale situazione, il pro- gredire della discussione dipende da un in- sieme di atti, gesti, intonazioni della voce (Watzlawick et al, 1972) e sottintesi segnali di controllo emessi dai partecipanti, che so- no separati dal contenuto attuale della con- versazione. In un ambiente di comunicazio- ne basato sui media, che dipende da un ca- nale audio e video, in cui il video magari è relegato in una finestra dello schermo, molti di questi segnali di controllo o di metacomu- nicazione sono persi o attenuati. Gli ambien- ti di CSCL progettati per supportare conver- sazioni e discussioni dovranno fornire attivi indicatori di telepresenza per compensare tutti quei segnali che usiamo per regolare una conversazione faccia-a-faccia. Un con- tatto video non sarà né sufficiente né appro- priato per fornire un buon livello di telepre- senza, specialmente quando la situazione coinvolge più di tre o quattro partecipanti. Forse qui potrebbero tornare utili tecniche di realtà virtuale per simulare situazioni faccia a faccia (Benford e Fahléen, 1993). Bisogna anche sottolineare che il suono, considerato uno strumento di relazione povero nelle ap- plicazioni tradizionali di CSCW, può giocare un ruolo importante nel supportare la tele- presenza. Ora che il suono di alta qualità sta diventando disponibile comunemente su si- stemi di personal computer, bisogna badare a manipolare la spazializzazione del suono, alle funzioni dei differenti tipi di suggeri- menti auditivi, al ruolo psicologico che l’im- maginario auditivo può giocare negli am- bienti CSCL (Derycke e Barme, 1993). Una seconda area da approfondire riguar- da la scelta di metafore appropriate per gli ambienti di apprendimento collaborativo, e ciò per aiutare i partecipanti a navigare attra- verso i differenti spazi di discussione e di la- voro, e per aiutarli a sfruttare in pieno il po- tenziale dell’ambiente virtuale. Alcuni siste- mi groupware (come Co-Learn, Co-Op Lab, ShareME…) usano una metafora spaziale, ma tale metafora rischia di limitare le poten- zialità di comunicazione di quelli che si tro- vano in un stesso spazio fisico, come un edi- ficio (aula seminario, studio privato, aula, biblioteca etc.). Questo approccio a ruota li- bera può ostacolare lo sviluppo di modi di attività e di comunicazione che sono partico- lari di un ambiente virtuale. Il supporto per i differenti ruoli e le differenti azioni appro- 18 TD n.4 Autunno 1994
  • 11. priate per le esigenze dell’apprendimento collaborativo deve essere progettato in modo tale che i gruppi e gli utenti possano adattare l’ambiente ai compiti che vogliono affronta- re, ai differenti stadi del processo del grup- po, e alle relazione e ai privilegi che pensano siano appropriati per i loro progetti. Infine, ci sono differenti aspetti di ergono- mia e di interfaccia che richiedono maggiore attenzione. L’organizzazione, la gestione e il filtraggio dei messaggi immagazzinati è uno di questi: ora è potenzialmente fattibile im- magazzinare sia comunicazioni in tempo reale che quelle in tempo differito, inclusi messaggi audio e video, oltre che quelli più familiari di posta elettronica e di conferenze telematiche. Tali potenzialità accrescono i problemi di navigazione e di sovraccarico di informazione. Sono necessarie interfacce che possano gestire in modo trasparente una varietà di dispositivi di input (telecamere, microfoni, tastiere, tavolette grafiche, scan- ner, CD-ROM etc.) e mostrare l’informazio- ne necessaria circa lo stato del flusso di informazione delle postazioni remote; sia nelle modalità “tempo reale” che “tempo differito”. LA SFIDA PER GLI EDUCATORI Ci sono volute quasi due decadi per svilup- pare linee guida e scenari di buona pratica nell’uso didattico di audioconferenze, video- conferenze e conferenze telematiche. Non è ancora chiaro se l’esperienza accumulata in queste aree possa essere integrata e applicata nell’uso dei nuovi sistemi multimediali e ‘multitemporali’. Gli educatori dovranno mettere in atto molta creatività nella defini- zione di scenari per un uso efficace del CSCL. Un aspetto ovvio riguarda la gestione del flusso di comunicazione tra i partecipanti di- slocati in cinque sei postazioni diverse, ma- gari anche con un gruppo ‘co-present’: una situazione in cui gruppi o individui in luoghi diversi possono comunicare solo con il tutor è abbastanza diversa da quella in cui ci sono comunicazioni aperte e trasparenti tra tutti i partecipanti in tutti i luoghi tra loro collega- ti. La natura delle attività che si possono in- traprendere dipenderà anche dal numero di partecipanti in ogni postazione remota - la situazione di apprendimento è molto diffe- rente se ogni postazione remota è rappresen- tata da un solo studente con una stazione di lavoro, o una stanza con 20 o 30 persone che guardano uno schermo o una lavagna elet- tronica. E nel caso che nelle postazioni re- mote siano presenti intermediari di informa- zione, assistenti o animatori, sarà necessario definire accuratamente quali sono i loro ruo- li di persone che interagiscono faccia-a-fac- cia e qual è invece il ruolo del tutor. Nel definire scenari educativi bisognereb- be sfruttare in pieno le caratteristiche speci- fiche del groupware. Un esempio emblema- tico è la potenzialità di gestire processi pa- ralleli (per esempio due o più partecipanti che nello stesso tempo introducono dati; partecipanti che sono nello stesso posto e che parlano fra di loro mentre simultanea- mente prendono parte a una discussione elettronica con studenti remoti; attività che si svolgono in finestre private, o con mes- saggi privati, che procedono contemporanea- mente con discussioni di gruppo). Un altro esempio è l’uso creativo dei differenti stru- menti per il supporto del gruppo e per la condivisione di risorse, e i modi più efficaci di integrarli nelle differenti fasi del lavoro di un gruppo impegnato in un compito di ap- prendimento collaborativo. Una terza sfida è l’assegnazione di ruoli appropriati e compiti collaborativi alle modalità di tempo reale e tempo differito: la qualità del lento procede- re di una conferenza telematica che somiglia a una discussione a fumetti (McMahon e O’Neill, 1993), contrasta con il taglio rapido e focoso di una discussione in tempo reale - gli scenari pedagogici dovrebbero sfruttare in pieno i benefici di ciascuna modalità. Gli educatori dovrebbero acquisire abilità nuove per la gestione del controllo sociale: è più facile squagliarsela da una stanza elettro- nica virtuale che andarsene all’inglese da una classe faccia-a-faccia; dovrebbero essere possibili contributi anonimi; potrebbe essere necessario strutturare il dare la parola all’uno e all’altro o monitorare la presenza in modo più rigoroso che in una discussione faccia-a-faccia; bisogna coordinare efficace- mente il mescolarsi dell’interazione del gruppo e l’attività individuale sulla stessa stazione di lavoro. Infine, il fatto che vengano integrate in ambienti di apprendimento telematici risorse umane e informative disponibili a livello re- gionale, nazionale e planetario presenta da un lato un enorme potenzialità per l’educa- zione, dall’altro seri rischi di un sovraccari- co di informazione e di perdita di tempo. TD n.4 Autunno 1994 19
  • 12. CONCLUSIONI L’usare efficacemente la comunicazione me- diata dalla tecnologia e il computer come strumento di supporto all’apprendimento collaborativo richiederà molto ingegno da parte degli insegnanti e dei progettisti di cor- si. Le situazioni di insegnamento-apprendi- mento tradizionali (sia in un contesto di classe che di educazione a distanza) non sembrano fornire i modelli più appropriati: non sembra un buon approccio guardare al passato perché non abbiamo l’immaginazio- ne per prefigurare il futuro. Quanti di noi usano il telefono per sentire un sermone o ascoltare un’opera? Eppure queste erano due delle principali potenziali applicazioni della telefonia previste da Alexander Graham Bell. Sarà necessario inventare nuovi scenari per l’attività di gruppo e l’apprendimento collaborativo, e nuovi modi di interazione educativa, se vogliamo sfruttare in pieno per l’educazione e la formazione il potenziale dei sistemi groupware integrati. Se il softwa- re e i sistemi devono essere accettati e usati efficacemente e se il mondo dell’educazione vuole beneficiare dalle lezioni apprese dai successi e dai fallimenti delle implementa- zioni groupware in ambito di ufficio (Gru- din, 1994), gli educatori e gli sviluppatori di groupware dovranno lavorare gomito a go- mito, valutando le differenti applicazioni e tornando al tavolo da disegno tutte le volte che è necessario. Tratto da Kaye, A.R., Computer supported colla- borative learning, Open University. I copyright di questo articolo sono della Open University che gentilmente ci ha concesso di tra- durlo e pubblicarlo. [traduzione a cura di Vittorio Midoro] 20 TD n.4 Autunno 1994 Beard, R. e Hartley, J. (1984) Teaching and learning in higher edu- cation. London, Harper Benford, S. e Fahlén, L. (1993) ’A spatial model of interaction in large virtual environments’ in Proceedings of the Third European Confe- rence on Computer Supported Cooperative Work Milan, Sept 1993, Amsterdam: Kluwer Academic Pu- blishers Bly, S.A., Harrison, S.R., e Irwin, S. (1993) ‘Media spaces: bringing people together in a vi- deo, audio, and com- puting environment’, Communications of the ACM, vol. 36, no.1, pp. 28-47 Boder, A. (1994) ‘Buil- ding an evolving knowledge base from computer teleconferen- cing’, in Verdejo, F. (ed) Collaborative dia- logue technologies in distance learning, Springer-Verlag (in press) Bruner, J.S. (1984) Ac- tual minds, possible worlds. London: Har- vard University Press Coombs, N. (1992) ‘How does CMC im- pact the teaching and learning process?’ Edu- tel , February 18, 1992 Damon, W. (1984) ‘Peer education: the un- tapped potential’. Jour- nal of applied Develo- pemntal Psychology, vol. 5, pp. 331-343 Dede, C.J. (1990) ‘The evolution of distance learning: technology- mediated interactive learning’ Journal of re- search on Computing in Education, vol. 22, pp. 247-264 Derycke, A.C. and Bar- me, L.B. (1993) Some issues on sound in CSCW: an often ne- glected factor. Lille: Université de Lille 1, Laboratoire Trigone, CUEEP (mimeo) Derycke, A.C. e Kaye, A.R. (1993) ‘Participa- tive modelling and the design of collaborative distance learning tools in the Co-Learn project’, in Davies, G. and Samways, B. (eds) Teleteaching, Procee- dings of the IFIP TC3 Third teleteaching Conference, Tron- dheim, Norway, 20-25 August, 1993. Amster- dam: North-Holland, pp. 191-200 Edigo, C. (1988) ‘Vi- deoconferencing as a technology to support group work: a review of its failure’. In Pro- ceedings of the Confe- rence on CSCW, Por- tland; OR, September 26-28, 1988, pp. 13- 24. Van Eijkelenberg, K., Heeren, E., e Vermeu- len, L. (1992) ECOLE as a computer-suppor- ted cooperative lear- ning service, Eindho- ven: PTT Research Fish, R.S., Kraut, R.E., Root, R.W., e Rice, R.E. (1993) ‘Video as a technology for infor- mal communication’, Communications of the ACM, vol. 36, no.1, pp. 48-61 Gale, S. (1991) ‘Ad- ding audio and video to an office environ- ment’, ECSCW ‘91 Proceedings, pp. 121- 130 Gensollen, M. e Cu- rien, N. (1985) ‘De l’analyse du fonction- nement interactif à l’évaluation des mar- chés des téléconféren- ces’, Annales des Télé- communications, vol. 40, no.1-2, Jan/Feb 1985 Riferimenti Bibliografici
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