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LA  CAMPANA RICERCA STORICA E TOPONOMASTICA
LO  SPAZIO
LEGENDA Casa Centa Negozio di verdura Panificio Coassin Casa Mauro Casa Pilon Condomini Casa Bertoli LO SPAZIO ATTUALE
In questo punto era situata la fontana A nord il palazzo Centa A est la casa dei Mauro A sud Via C. Battisti e i condomini di Via degli Eroi A ovest Via Piave
Il luogo dove era situata la fontana ha acquisito con il trascorrere del tempo vari nomi. Il più antico è “Piazzetta dei Caporali”, successivamente il nome cambierà in “la campana”. In una fotografia risulta la denominazione Piazzetta Umberto I. Il Luogo si trova nella zona centrale di Maniago, all’incrocio tra Via Umberto I, Via Cesare Battisti, Viale degli Eroi, Via Piave. E’ uno slargo circondato da edifici antichi di tipo diverso e condomini. Via Piave
PIAZZETTA DEI CAPORAI La testimonianza orale che riporta tale nome, afferma che erano i “veci, veci, veci..” a chiamare in quel modo lo slargo. Il fatto può risalire agli inizi del 1800, quando nelle nostre zone c’era la presenza sia dell’esercito napoleonico che di quello austro - ungarico. Cercando notizie sulla formazione dei due eserciti abbiamo trovato che: nell’esercito austriaco c’erano i caporali che avevano il compito di usare e curare i cannoni; nell’esercito napoleonico c’erano i caporali che facevano parte dei “dragoni montati”, cioè  a cavallo. L’ipotesi più probabile è che il nome si riferisca a un fatto avvenuto durante la presenza di Napoleone nelle nostre terre. I TOPONIMI
Campagna napoleonica del marzo 1797 Itinerario di Napoleone  Itinerario di Massena   (Generale di Napoleone)
Tra il 1808 e il 1850 una casa è stata demolita. Il terreno così ricavato viene adibito a campo. E’ probabile che la fontana sia stata costruita dopo la demolizione della casa, avvenuta per questi possibili motivi: c’era stato un terremoto, un  incendio , un abbandono in seguito ad un periodo di carestia (che si verificò in Friuli tra il 1816 e il 1821) o di epidemia (come quella di colera del 1833). La casa, in disuso, lascia il posto a terreno coltivabile e alla fontana, necessaria per gli usi agricoli e domestici. Carta del catasto napoleonico 1808 Carta del catasto austriaco 1850  Casa  Campo
LA CAMPANA In seguito alla demolizione della casa, la forma della piazza cambia: ci sono meno incroci, è più larga, non ci sono gli angoli. La piazza acquista una forma nuova: a campana. Il nome della piazza e della fontana deriva quindi dalla forma del luogo. La piazza nel 1808 La piazza nel 1850
I NOMI DELLE STRADE ADIACENTI Via Umberto I era chiamata: dalla casa Pitton al Teatro Verdi  “  RIBA DI FUGON”.
Era chiamata Riba di Fugon perché nella casa situata dove oggi c’è il negozio “Sogno di Cupido”, abitava una famiglia chiamata i FUGON. Erano carbonai venuti giù dalle montagne di Erto. Vendevano il carbone e tutti andavano a prenderlo da loro. Il nome Fugon può essere una trasformazione di “fumon o fogheron”. I carbonai producevano il carbone facendo bruciare cataste di legna poi ricoperte di terra. Il fuoco continuava lentamente a bruciare e produceva molto fumo. Quella che oggi è un piccolo innalzamento della strada, in origine era una collinetta, da qui il nome RIBA (salita). Il rugo che vi scorreva durante le piene straripava e portava giù materiale che depositava e colmava la riba. E’ stata abbassata di 60 cm. quando è stata fatta la piazza di Largo S. Carlo, che era chiamata “placiuta da li Grisis”.
La località dove oggi c’è il Teatro Verdi veniva chiamato: “ALLA FILANDA”, perché c’era la Filanda Zecchin. Via Umberto I - 1910
La strada che oggi è Via De Amicis, era la vecchia Via Balarina (dalla britola). Bravo artigiano per la balarina era il “vecio Balarin”, marito di una maestra, padre di Gigi Marinar (marittimo a Venezia). L’attuale Via Cesare Battisti era una strada, non più larga di 2 metri (consentiva il passaggio di un carro) che scendeva diretta verso Pordenone. Via Piave era chiamata Via di Mezzo.
LA FONTANA La Piazza era molto più piccola. Non c’erano i marciapiedi.
Il muro correva dalla casa dei Bertoli (su Via Piave) sormontato da una ringhiera, si trovava subito la fontana e poi il muro risaliva ad arco per congiungersi con la colonna che sosteneva un monumentale cancello in ferro battuto (ringhiera e cancello erano opera dei  Mauro , artigiani del ferro battuto) per poi formare un angolo e proseguire con un muro.
La fontana era di forma rettangolare in pietra, con il “bucchignol” da cui zampillava l’acqua, il braccio   per pompare l’acqua e la vasca sempre piena. Sul lato sinistro (verso il cancello) c’era lo scarico. L’acqua scaricata scorreva sottoterra e usciva lungo il muro nel RUGO. Il rugo proseguiva fino in fondo oltre l’attuale ferrovia e si chiamava Rugo de Cadel. Il Rugo circondava il BROLO De Cadel, grande campo di proprietà della famiglia Cadel.
IL PALAZZO DEI CENTA Il Palazzo risale alla fine del 1700. Viene anche chiamato il “palazzo delle tre C” per via delle famiglie proprietarie: Centazzo, Cadel, Centa. I primi proprietari furono i CENTAZZO, poi è stato acquistato dai CADEL, grande famiglia di proprietari terrieri, i quali possedevano anche i campi che stavano sul davanti del palazzo (BROLO DE CADEL) oltre a molte altre proprietà alla Tiepola, in Fratta, e nel resto del paese.
Antonio Giuseppe Cadel, oriundo della Germania, pare sia stato un operaio che aveva fatto fortuna. A Maniago la famiglia Cadel costruisce la  Filanda  di Via Colvera, compera terreni e proprietà, le migliori e le più costose. Dopo alterne vicende le figlie muoiono e rimane Carlo Cadel, il figlio. La Filanda subisce una grave crisi dopo il 1929. Cadel resta a terra e si trasferisce a Vittorio Veneto abbandonando il Palazzo. Il palazzo era una grande azienda agricola ad economia chiusa. Al suo interno si produceva tutto quanto poteva servire, dal latte al formaggio, all’allevamento degli animali, alla produzione di foraggio, granoturco, frutta ed ortaggi. Nel 1934 è stato acquistato dalla famiglia Centa.
Il palazzo è stato più volte rifatto e restaurato e, pur mantenendo la forma originaria, ha perso gli elementi che lo caratterizzavano. La facciata era interamente affrescata. Sul lato interno due scale a specchio con gradini in pietra bianca salivano al piano superiore lungo la facciata. Molti dei pavimenti sono stati demoliti e rifatti, così come i soffitti e le pareti di molte stanze. Gli edifici interni adibiti ad abitazione degli affittuari, a fienili, stalle e pertinenze per l’attività agricola sono per lo più demoliti. Attualmente è ben conservato il pavimento dell’ingresso in cotto e altri due pavimenti in due stanze adiacenti, sempre al piano terra, uno in granito pepe - sale e uno in pietra nera e grigia a incastri. All’esterno rimane visibile la struttura a cortile degli edifici adibiti ad uso agricolo e una costruzione originaria.
Lo spazio del cortile interno, che in origine era usato per le attività agricole (deposito attrezzi, movimenti dei carri, piccoli animali, orto …), è ora trasformato in giardino.
LA CASA MAURO La casa Mauro, 1813, era della Famiglia Metz di Venezia. Una Metz aveva sposato un Mauro e così la casa è rimasta poi alla famiglia.
La casa dei Mauro conserva  la forma originaria e l’arco con il portone autentici.
Nella casa Mauro, al piano terra c’era la vecchia Osteria “Alla Campana”. Era il ritrovo della gente del circondario. Le bestie stavano legate alla fontana dove potevano abbeverarsi, mentre i proprietari  bevevano un “gotut di vin” Tabella originaria dell’Osteria
Proprietaria dell’Osteria era la “Cuta”. A quel tempo nelle case non c’erano molte cose e l’osteria era il ritrovo della gente. Nell’osteria si vendevano anche: burro, conserva, olio, pane e “clinton” che arrivava da Rauscedo. Alla sera i vecchi “stracs” si trovavano  e “i fasevin la partiduta fin ca era ora da si a durmì”. Di domenica nell’osteria si ritrovavano le famiglie con i “canais” a comperare i “pandoli”. I pandoli erano dei pani dolci a forma di otto un  po’ più grossi di un grissino. Li facevano ad Andreis quelli del “CIT”. (Nella parlata maniaghese il termine “pandoli” designa un ragazzo buono e ingenuo, che si fa facilmente prendere in giro)
Il lunedì, giorno di mercato, la gente veniva giù da Barcis, Andreis, Claut, arrivava da Giais, Montereale, Grizzo, Vivaro... Se non c’era acqua nel Cellina passavano lungo il guado, altrimenti facevano il giro per il Ponte Giulio. Quelli di Giais raccoglievano stracci e avevano il deposito dei sacchi dalla “Cuta”. Si fermavano all’osteria per mangiare qualcosa e poi ripartire. Alla sera si salutavano tutti: quelli di Vivaro scendevano a Vivaro, quelli di Basaldella a Basaldella, quelli della Val Cellina su in montagna e così via. C’era tanta allegria e armonia e la piazza era piena di cavalli e carretti. Il mercato del lunedì
La vigilia di Natale, dopo la messa di mezzanotte, all’Osteria alla Campana si trovava sempre un po’ di cioccolata per i più giovani e le trippe per i più vecchi, il “morar” che bruciava allegro nel “fogher” e si stava tutti seduti accocolati intorno al fuoco contenti. L’indomani, giorno di Natale, tutti “rincuras” si andava a messa grande. Poi ci si fermava a bere un goccio di vino all’Osteria e poi a mangiare. Alla sera si ritornava e intanto l’inverno passava.
Racconta Mauro Vittorio che durante la prima guerra i tedeschi avevano le cucine dentro dai Plateo (vecchia casa dei MEI). Lui e uno dei Mei andavano a curiosare e i tedeschi li chiamavano: “KINDER BROT” (bambini pane). Loro correvano e i soldati gli dicevano: “TU DIRE: VIVA AUSTRIA, ITALIA KAPUT”. I bambini correvano via e dicevano invece: “VIVA ITALIA, AUSTRIA KAPUT”. Occupazione austriaca 1917
LA CASA PILON La casa Pilon era in origine formata da due stanze. Alla fine del 1800 i Pilon vendono la loro proprietà in Valpiccola e comperano. Un po’ alla volta hanno ampliato e costruito, fino a come la si vede oggi. Seminato a stella di uno dei pavimenti interni

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Alla campana

  • 1. LA CAMPANA RICERCA STORICA E TOPONOMASTICA
  • 3. LEGENDA Casa Centa Negozio di verdura Panificio Coassin Casa Mauro Casa Pilon Condomini Casa Bertoli LO SPAZIO ATTUALE
  • 4. In questo punto era situata la fontana A nord il palazzo Centa A est la casa dei Mauro A sud Via C. Battisti e i condomini di Via degli Eroi A ovest Via Piave
  • 5. Il luogo dove era situata la fontana ha acquisito con il trascorrere del tempo vari nomi. Il più antico è “Piazzetta dei Caporali”, successivamente il nome cambierà in “la campana”. In una fotografia risulta la denominazione Piazzetta Umberto I. Il Luogo si trova nella zona centrale di Maniago, all’incrocio tra Via Umberto I, Via Cesare Battisti, Viale degli Eroi, Via Piave. E’ uno slargo circondato da edifici antichi di tipo diverso e condomini. Via Piave
  • 6. PIAZZETTA DEI CAPORAI La testimonianza orale che riporta tale nome, afferma che erano i “veci, veci, veci..” a chiamare in quel modo lo slargo. Il fatto può risalire agli inizi del 1800, quando nelle nostre zone c’era la presenza sia dell’esercito napoleonico che di quello austro - ungarico. Cercando notizie sulla formazione dei due eserciti abbiamo trovato che: nell’esercito austriaco c’erano i caporali che avevano il compito di usare e curare i cannoni; nell’esercito napoleonico c’erano i caporali che facevano parte dei “dragoni montati”, cioè a cavallo. L’ipotesi più probabile è che il nome si riferisca a un fatto avvenuto durante la presenza di Napoleone nelle nostre terre. I TOPONIMI
  • 7. Campagna napoleonica del marzo 1797 Itinerario di Napoleone Itinerario di Massena (Generale di Napoleone)
  • 8. Tra il 1808 e il 1850 una casa è stata demolita. Il terreno così ricavato viene adibito a campo. E’ probabile che la fontana sia stata costruita dopo la demolizione della casa, avvenuta per questi possibili motivi: c’era stato un terremoto, un incendio , un abbandono in seguito ad un periodo di carestia (che si verificò in Friuli tra il 1816 e il 1821) o di epidemia (come quella di colera del 1833). La casa, in disuso, lascia il posto a terreno coltivabile e alla fontana, necessaria per gli usi agricoli e domestici. Carta del catasto napoleonico 1808 Carta del catasto austriaco 1850 Casa Campo
  • 9. LA CAMPANA In seguito alla demolizione della casa, la forma della piazza cambia: ci sono meno incroci, è più larga, non ci sono gli angoli. La piazza acquista una forma nuova: a campana. Il nome della piazza e della fontana deriva quindi dalla forma del luogo. La piazza nel 1808 La piazza nel 1850
  • 10. I NOMI DELLE STRADE ADIACENTI Via Umberto I era chiamata: dalla casa Pitton al Teatro Verdi “ RIBA DI FUGON”.
  • 11. Era chiamata Riba di Fugon perché nella casa situata dove oggi c’è il negozio “Sogno di Cupido”, abitava una famiglia chiamata i FUGON. Erano carbonai venuti giù dalle montagne di Erto. Vendevano il carbone e tutti andavano a prenderlo da loro. Il nome Fugon può essere una trasformazione di “fumon o fogheron”. I carbonai producevano il carbone facendo bruciare cataste di legna poi ricoperte di terra. Il fuoco continuava lentamente a bruciare e produceva molto fumo. Quella che oggi è un piccolo innalzamento della strada, in origine era una collinetta, da qui il nome RIBA (salita). Il rugo che vi scorreva durante le piene straripava e portava giù materiale che depositava e colmava la riba. E’ stata abbassata di 60 cm. quando è stata fatta la piazza di Largo S. Carlo, che era chiamata “placiuta da li Grisis”.
  • 12. La località dove oggi c’è il Teatro Verdi veniva chiamato: “ALLA FILANDA”, perché c’era la Filanda Zecchin. Via Umberto I - 1910
  • 13. La strada che oggi è Via De Amicis, era la vecchia Via Balarina (dalla britola). Bravo artigiano per la balarina era il “vecio Balarin”, marito di una maestra, padre di Gigi Marinar (marittimo a Venezia). L’attuale Via Cesare Battisti era una strada, non più larga di 2 metri (consentiva il passaggio di un carro) che scendeva diretta verso Pordenone. Via Piave era chiamata Via di Mezzo.
  • 14. LA FONTANA La Piazza era molto più piccola. Non c’erano i marciapiedi.
  • 15. Il muro correva dalla casa dei Bertoli (su Via Piave) sormontato da una ringhiera, si trovava subito la fontana e poi il muro risaliva ad arco per congiungersi con la colonna che sosteneva un monumentale cancello in ferro battuto (ringhiera e cancello erano opera dei Mauro , artigiani del ferro battuto) per poi formare un angolo e proseguire con un muro.
  • 16. La fontana era di forma rettangolare in pietra, con il “bucchignol” da cui zampillava l’acqua, il braccio per pompare l’acqua e la vasca sempre piena. Sul lato sinistro (verso il cancello) c’era lo scarico. L’acqua scaricata scorreva sottoterra e usciva lungo il muro nel RUGO. Il rugo proseguiva fino in fondo oltre l’attuale ferrovia e si chiamava Rugo de Cadel. Il Rugo circondava il BROLO De Cadel, grande campo di proprietà della famiglia Cadel.
  • 17. IL PALAZZO DEI CENTA Il Palazzo risale alla fine del 1700. Viene anche chiamato il “palazzo delle tre C” per via delle famiglie proprietarie: Centazzo, Cadel, Centa. I primi proprietari furono i CENTAZZO, poi è stato acquistato dai CADEL, grande famiglia di proprietari terrieri, i quali possedevano anche i campi che stavano sul davanti del palazzo (BROLO DE CADEL) oltre a molte altre proprietà alla Tiepola, in Fratta, e nel resto del paese.
  • 18. Antonio Giuseppe Cadel, oriundo della Germania, pare sia stato un operaio che aveva fatto fortuna. A Maniago la famiglia Cadel costruisce la Filanda di Via Colvera, compera terreni e proprietà, le migliori e le più costose. Dopo alterne vicende le figlie muoiono e rimane Carlo Cadel, il figlio. La Filanda subisce una grave crisi dopo il 1929. Cadel resta a terra e si trasferisce a Vittorio Veneto abbandonando il Palazzo. Il palazzo era una grande azienda agricola ad economia chiusa. Al suo interno si produceva tutto quanto poteva servire, dal latte al formaggio, all’allevamento degli animali, alla produzione di foraggio, granoturco, frutta ed ortaggi. Nel 1934 è stato acquistato dalla famiglia Centa.
  • 19. Il palazzo è stato più volte rifatto e restaurato e, pur mantenendo la forma originaria, ha perso gli elementi che lo caratterizzavano. La facciata era interamente affrescata. Sul lato interno due scale a specchio con gradini in pietra bianca salivano al piano superiore lungo la facciata. Molti dei pavimenti sono stati demoliti e rifatti, così come i soffitti e le pareti di molte stanze. Gli edifici interni adibiti ad abitazione degli affittuari, a fienili, stalle e pertinenze per l’attività agricola sono per lo più demoliti. Attualmente è ben conservato il pavimento dell’ingresso in cotto e altri due pavimenti in due stanze adiacenti, sempre al piano terra, uno in granito pepe - sale e uno in pietra nera e grigia a incastri. All’esterno rimane visibile la struttura a cortile degli edifici adibiti ad uso agricolo e una costruzione originaria.
  • 20. Lo spazio del cortile interno, che in origine era usato per le attività agricole (deposito attrezzi, movimenti dei carri, piccoli animali, orto …), è ora trasformato in giardino.
  • 21. LA CASA MAURO La casa Mauro, 1813, era della Famiglia Metz di Venezia. Una Metz aveva sposato un Mauro e così la casa è rimasta poi alla famiglia.
  • 22. La casa dei Mauro conserva la forma originaria e l’arco con il portone autentici.
  • 23. Nella casa Mauro, al piano terra c’era la vecchia Osteria “Alla Campana”. Era il ritrovo della gente del circondario. Le bestie stavano legate alla fontana dove potevano abbeverarsi, mentre i proprietari bevevano un “gotut di vin” Tabella originaria dell’Osteria
  • 24. Proprietaria dell’Osteria era la “Cuta”. A quel tempo nelle case non c’erano molte cose e l’osteria era il ritrovo della gente. Nell’osteria si vendevano anche: burro, conserva, olio, pane e “clinton” che arrivava da Rauscedo. Alla sera i vecchi “stracs” si trovavano e “i fasevin la partiduta fin ca era ora da si a durmì”. Di domenica nell’osteria si ritrovavano le famiglie con i “canais” a comperare i “pandoli”. I pandoli erano dei pani dolci a forma di otto un po’ più grossi di un grissino. Li facevano ad Andreis quelli del “CIT”. (Nella parlata maniaghese il termine “pandoli” designa un ragazzo buono e ingenuo, che si fa facilmente prendere in giro)
  • 25. Il lunedì, giorno di mercato, la gente veniva giù da Barcis, Andreis, Claut, arrivava da Giais, Montereale, Grizzo, Vivaro... Se non c’era acqua nel Cellina passavano lungo il guado, altrimenti facevano il giro per il Ponte Giulio. Quelli di Giais raccoglievano stracci e avevano il deposito dei sacchi dalla “Cuta”. Si fermavano all’osteria per mangiare qualcosa e poi ripartire. Alla sera si salutavano tutti: quelli di Vivaro scendevano a Vivaro, quelli di Basaldella a Basaldella, quelli della Val Cellina su in montagna e così via. C’era tanta allegria e armonia e la piazza era piena di cavalli e carretti. Il mercato del lunedì
  • 26. La vigilia di Natale, dopo la messa di mezzanotte, all’Osteria alla Campana si trovava sempre un po’ di cioccolata per i più giovani e le trippe per i più vecchi, il “morar” che bruciava allegro nel “fogher” e si stava tutti seduti accocolati intorno al fuoco contenti. L’indomani, giorno di Natale, tutti “rincuras” si andava a messa grande. Poi ci si fermava a bere un goccio di vino all’Osteria e poi a mangiare. Alla sera si ritornava e intanto l’inverno passava.
  • 27. Racconta Mauro Vittorio che durante la prima guerra i tedeschi avevano le cucine dentro dai Plateo (vecchia casa dei MEI). Lui e uno dei Mei andavano a curiosare e i tedeschi li chiamavano: “KINDER BROT” (bambini pane). Loro correvano e i soldati gli dicevano: “TU DIRE: VIVA AUSTRIA, ITALIA KAPUT”. I bambini correvano via e dicevano invece: “VIVA ITALIA, AUSTRIA KAPUT”. Occupazione austriaca 1917
  • 28. LA CASA PILON La casa Pilon era in origine formata da due stanze. Alla fine del 1800 i Pilon vendono la loro proprietà in Valpiccola e comperano. Un po’ alla volta hanno ampliato e costruito, fino a come la si vede oggi. Seminato a stella di uno dei pavimenti interni