IL
LINO
LA PIANTA DEL LINO
È una pianta della famiglia delle Linaceae
Il fusto varia dai 90
a 120 cm
Le foglie di forma
allungata sono
disposte sullo stelo
secondo la linea a
spirale
I fiori hanno la
corolla formata da 5
petali
blu bianchi
STRUTTURA DELLA PIANTA:
UNA PIANTA PREZIOSA
Il lino, detto anche linum usitatissimum è una pianta molto utile per il suo fusto
dal quale si può ricavare la più antica fibra vegetale che porta il suo nome
appunto, ma anche per il suo seme dalle molteplici proprietà sia nell’ambito
alimentare sia nella lavorazione di alcuni prodotti manufatturieri.
PROPRIETA’ DEL SEME DEL LINO
Se fatto cuocere produce un'emulsione
densa e viscida utilizzata per decotti a
scopo antinfiammatorio.
Se pestati e macinati si
ottiene la farina di lino, una
polvere untuosa utilizzata
per cataplasmi
Possono essere utilizzati
per prevenire tumori al
seno, al colon e alla
prostata.
Durante la gravidanza, la
loro assunzione può
favorire lo sviluppo della
corteccia cerebrale del
feto. (perché contiene la
folina)
Gli acidi grassi omega3 sono in grado di
prevenire le malattie riguardanti
l'apparato circolatorio e curare malattie
come l'ipertensione e l'osteoporosi
L'olio di lino, linosa, è un olio che si ottiene dalla spremitura di semi di lino precedentemente
essiccati o tostati. Può essere usato come condimento ma ha anche diverse proprietà
terapeutiche
L’OLIO DI LINO
Nella pittura a olio costituisce uno degli elementi atti a legare
i pigmenti di colore e tra tutti gli olii si distingue per una spiccata siccatività.
Trova impiego negli stucchi. L'olio di lino è il principale componente
del linoleum a cui dà il nome. È inoltre utilizzato dall'industria cosmetica
come ingrediente base di gel per capelli, sapone e profumi.
L'olio di lino cotto è utilizzato come legante per vernici o, da solo, per la
finitura di superfici in legno. Col riscaldamento e l'aggiunta di essiccanti
metallici , l'olio di lino subisce una polimerizzazione e una ossidazione,
diventando più viscoso e con un tempo di essiccazione minore.
IL LINO NELLA STORIA
• Le prime testimonianze certe vengono dall’Egitto nel
V millenio a.C. ma si ritiene abbia origini dalla Persia
Settentrionale Il lino è la più antica tra le fibre
vegetali.
• Era nota anche ai Babilonesi, ai Greci, ai Romani e ai
Germani.
• Nel medioevo assunse grande rilievo nel centro
Europa , in Russia e in Italia.
• Nell'800 comincia il suo declino a favore di altre
piante più facilmente lavorabili nell’industria tessile.
LA LAVORAZIONE DEL LINO
nel periodo preindustriale
La semina era fatta su una superficie calcolata in proporzione al numero delle
famiglie dei salariati che poi dovevano lavorarlo in forma di compartecipazione.
La lavorazione del lino era lunga e complessa; la maggior parte del lavoro veniva
svolto da donne, anche di notte, perché durante il giorno si doveva provvedere ai
lavori nei campi molto intensi nella stagione estiva. Non era insolito affacciarsi alle
finestre la sera e vedere molti fuochi sparsi nella campagna per illuminare il lavoro
fatto spesso da donne e bambini.
La lavorazione avveniva attraverso varie fasi ognuna delle quali richiedeva utensili
particolari.
1.Raccolta
L’epoca di raccolta iniziava quando un terzo della pianta è
defogliata (solitamente tra metà luglio e metà agosto). Il
fusto assume allora un colore verde-giallo; in questo
stadio si può ottenere anche una discreta quantità di seme.
Tuttavia, ci sono delle varietà che mantengono le foglie
anche a maturazione fisiologica e altre che le perdono a
fine fioritura. Quindi era importante scegliere il momento
giusto, solitamente sfibrando qualche fusto per capire con
quale facilità si staccavano le fibre.
Un ritardo eccessivo nella raccolta comportava una fibra
più dura e di minor pregio, una raccolta anticipata invece
comprometteva la maturazione del seme e la produzione
dei suoi derivati così utili nella vita quotidiana.
Deciso il momento più opportuno, la raccolta avveniva
strappando a mano piantina per piantina, ben attenti a
pulire le radici dalla terra e a non rovinare i semi. Il
raccolto veniva lasciato in covoni sui campi per un paio di
giorni dopo di che veniva portato in cascina, dove i semi
venivano separati dal resto.
2.Macerazione
Esistevano due tipo di macerazioni del lino: la macerazione a terra e la
macerazione ad umido.
•Macerazione ad umido
Si immergevano i fusti tagliati in acqua
stagnante, per render più veloce il processo di
fermentazione. Solitamente venivano lasciati in
un tratto di fosso opportunamente
pulito(talvolta rivestito di mattoni), detto
“moja”, per una quindicina di giorni, durante i
quali venivano rivoltati un paio di volte.
•Macerazione a terra
Nel caso della macerazione a terra, le
piante estirpate venivano lasciate sul
terreno in andane, con gli steli disposti
parallelamente fra di loro e
perpendicolarmente alla direzione di
avanzamento della macchina.
Un’operazione fondamentale era il
rivoltamento, consistente nel rivoltare
l’andana per esporre alla luce la parte della
pianta rimasta a contatto con il terreno, in
modo da consentire una macerazione
omogenea.
3.Essicazione
Dopo la macerazione i covoni venivano asciugati ed essiccati. L’essiccazione
consisteva nel disporre gli steli su una griglia di legno riscaldandoli. In questo
modo gli steli diventavano più fragili e potevano essere lavorati più facilmente.
Molte cascine avevano un proprio essiccatoio, coperto da un tetto, in modo da
garantirne la lavorazione indipendentemente dalle condizioni atmosferiche.
Questi essiccatoi erano dotati di forno. Il fornello in pietra veniva scaldato con
molta legna e quando era caldissimo si toglievano le braci e la cenere. Doveva
essere ripulito con molta cura, una brace dimenticata poteva incendiare tutto il
raccolto.
4.GRAMOLATURA
Tolto dal’acqua e fatto asciugare, il resto della
lavorazione del lino era spesso compito della donna.
Prima si faceva la battitura, finalizzata ad
ammorbidire e frantumare le parti legnose degli steli,
poi, i fusti venivano sfibrati il più possibile attraverso
la fase della gramolatura.
Per gramolatura si intende appunto la fase di
lavorazione in cui l’involucro esterno dello stelo
veniva rotto, liberando le fibre.
La gramola era un’asse, una sorta di coltello di legno
piatto e mobile, sopra un ripiano scanalato fissato ad
un cavalletto. Il covone di lino veniva fissato fra i
listelli del ripiano e l’asse di legno e tirato prima da un
lato e poi dall’altro.
Il lavoro della gramolatura avveniva nel tardo
autunno quando i lavori dei campi erano terminati.
5. Stigliatura
• Terminato il lavoro di
gramolatura, avveniva la
separazione del restante
materiale corticale e legnoso
attraverso un altro strumento
chiamato scotola.
• Con questo strumento
venivano eliminati per
battitura gli ultimi avanzi di
corteccia. Questi ultimi
potevano essere utilizzati
come strame nella stalla,
lettiere per gli animali, o per
essere bruciati nei camini.
6. Pettinatura
Le fibre di lino estratte dalla pianta, venivano poi lavorate con l’impiego di pettini, con utensili
manuali o macchine pettinatrici dai denti via via più fitti. La pettinatura consisteva nella
preparazione delle fibre di lino al processo di filatura. La fibra di lino stigliato veniva pettinata o
affinata grazie alla diversa densità dei denti dei pettini cardatori. Questa procedura aveva lo
scopo sciogliere i nodi, eliminare le fibre più corte e ripulire ulteriormente le fibre dai rimasugli
delle parti legnose. I cascami di fibra, più o meno lunghi, o filaccia, così ottenuti venivano quindi
divisi a seconda della lunghezza. Dalla filaccia più lunga si ricavava il filato più pregiato mentre
dalla filaccia più corta si ricavava la stoppa. Anche la stoppa può essere filata, preferibilmente a
seguito di ulteriori procedure di cardatura e riordino delle fibre, ma il risultato da luogo ad un
filato grossolano rispetto ai filati di lino pettinato e veniva utilizzato per manufatti da lavoro o di
uso quotidiano come sacchi o asciugamani.
7. Filatura
Anche per il lino, come per le altre fibre tessili, la filatura è la lavorazione con la quale
si trasforma la fibra pettinata o la stoppa in filato.Una volta la filatura si faceva a mano.
Con la brutta stagione , al chiuso delle stalle, le donne con fuso, “fus”, e con conocchia,
“ruka”, un bastone di legno con una gabbietta o altro ingrossamento in alto intorno al
quale si legava la massa del filato, filavano il lino e lo avvolgevano in rocchetti pronti
per essere portati da un vicino tessitore, “testù”e averne indietro la tela, “tila”.
La conocchia poteva anche essere sostituita da un arcolaio. Ciascuno di questi oggetti
aveva forme diverse secondo le regioni in cui si lavorava.
8.Tessitura
La tessitura, che è arte molto antica, e avviene attraverso i telai, si ottiene
attraverso una serie di fili posti perpendicolarmente tra loro (la trama e
l’ordito). La tessitura fu un’attività di grande rilievo nel Medioevo poiché
grazie all’invenzione del telaio a pedale, che sostituì quello a mano, divenne
un’importante attività per l’economia di esportazione.
LA FIGURA FEMMINILE NELLA LAVORAZIONE DEL LINO
• La lavorazione del lino era spesso affidata alle donne, che supportavano così gli uomini
interamente impegnati nelle attività dei campi durante la bella stagione e con il loro lavoro
contribuivano a migliorare la qualità di vita della famiglia, in quanto il lino e i suoi derivati
erano solo complementari alle attività primarie della vita contadina e il ricavato si aggiungeva
al reddito base della famiglia.
• Ricordiamo che il lino era materia prima fondamentale nella realizzazione della dote. In base
alle testimonianze raccolte, la dote minima consisteva mediamente in 12 lenzuoli, un numero
doppio di federe, 3 o 4 finite, una ventina di camice, una decina di salviette. Era usanza,
inoltre, portare una cassapanca e l’occorrente per filare: uno scanno, fusi e conocchia.
VITA E LINGUA SI INTRECCIANO
CURIOSITA' ETIMOLOGICHE
• Molte delle operazioni svolte nella lavorazione del lino erano condivise anche da
uomini e bambini secondo le loro capacità e competenze. La filatura, però, pur nel
trascorrere del tempo e nonostante la rivoluzione industriale ( ricordiamo che l'
industria tessile si occupò principalmente della lavorazione della lana e del cotone
proprio per la difficoltà di lavorare meccanicamente le fibre vegetali del lino e della
canapa), restò prerogativa muliebre, tanto da associare la figura femminile agli
attrezzi usati in questa fase di lavoro.
• A questo proposito è interessante notare come i costumi quotidiani abbiano
influito sull'evoluzione della lingua nel paese in cui è partita la spinta per
l'industrializzazione: la Gran Bretagna.
• In inglese, infatti, la parola “filatore”/”filatrice” corrisponde a “spinner” da cui
deriva la parola “spinster” che significa “donna nubile, da marito”. Allo stesso
modo la parola “conocchia” corrisponde all'inglese “distaff” dalla quale deriva
“distaff side” che significa “ramo femminile della famiglia”.
FROM FLAX TO LINEN
FLAX = linum usitatissimum, fibra di lino LINEN= tela di lino
Between the festivals of S. Joseph (19th March) and of Our Lady of March (25th March) the cultivation of
flax began.
The sowing of flax was done by wage-earners and the quantity of surface they had to cultivate was
calculated in proportion to the number of their families because they had to work the land jointly .
In June the plants put capsules (linseed) and were ready for harvesting: farmers had to pull up by hand
plant by plant, paying attention to clear the roots from the soil without spoiling the seeds.
The sheaves were left on the fields for a couple of days and then carried to the farm.
The plant of flax were spread on the farmyard and pressed by means of a wooden roller (“rigul”) drawn by
a horse in order to part the seeds from the rest.
The seeds (“linusa”) were gathered, cleaned and sent to the press (torchio) to squeeze out the oil to be
used as food or for medical purposes.
For a couple of weeks, the stalks were left to macerate in the water of part of a ditch duly cleaned for that
purpose (sometimes even covered with bricks) which was called “moja”. During this period they had to be
turned twice.
Once taken out from the water an let dry the women attended to the rest of the work.
First it was threshing time, then the stalks, decorticated as much as possible, were passed through the
carder reeds that combed and cleaned the fibres.
Finally they went on with the washing and sometimes with the bleaching.
Only in the bad season, inside the cattleshed, the women with a distaff (“ruk”) and a spindle (“fus”) spun
the flax and wound it round the reels ready to be brought to a nearby weaver (“testu”) and have the cloth
(“Tila”) back.
In the past linen was the only textile vegetable fibre produced by farmers, that is the base of the peasant
world.
La Classe 2^C CAT
Anno scolastico
2015/2016

Il Lino

  • 1.
  • 2.
    LA PIANTA DELLINO È una pianta della famiglia delle Linaceae Il fusto varia dai 90 a 120 cm Le foglie di forma allungata sono disposte sullo stelo secondo la linea a spirale I fiori hanno la corolla formata da 5 petali blu bianchi STRUTTURA DELLA PIANTA:
  • 3.
    UNA PIANTA PREZIOSA Illino, detto anche linum usitatissimum è una pianta molto utile per il suo fusto dal quale si può ricavare la più antica fibra vegetale che porta il suo nome appunto, ma anche per il suo seme dalle molteplici proprietà sia nell’ambito alimentare sia nella lavorazione di alcuni prodotti manufatturieri.
  • 4.
    PROPRIETA’ DEL SEMEDEL LINO Se fatto cuocere produce un'emulsione densa e viscida utilizzata per decotti a scopo antinfiammatorio. Se pestati e macinati si ottiene la farina di lino, una polvere untuosa utilizzata per cataplasmi Possono essere utilizzati per prevenire tumori al seno, al colon e alla prostata. Durante la gravidanza, la loro assunzione può favorire lo sviluppo della corteccia cerebrale del feto. (perché contiene la folina) Gli acidi grassi omega3 sono in grado di prevenire le malattie riguardanti l'apparato circolatorio e curare malattie come l'ipertensione e l'osteoporosi L'olio di lino, linosa, è un olio che si ottiene dalla spremitura di semi di lino precedentemente essiccati o tostati. Può essere usato come condimento ma ha anche diverse proprietà terapeutiche
  • 5.
    L’OLIO DI LINO Nellapittura a olio costituisce uno degli elementi atti a legare i pigmenti di colore e tra tutti gli olii si distingue per una spiccata siccatività. Trova impiego negli stucchi. L'olio di lino è il principale componente del linoleum a cui dà il nome. È inoltre utilizzato dall'industria cosmetica come ingrediente base di gel per capelli, sapone e profumi. L'olio di lino cotto è utilizzato come legante per vernici o, da solo, per la finitura di superfici in legno. Col riscaldamento e l'aggiunta di essiccanti metallici , l'olio di lino subisce una polimerizzazione e una ossidazione, diventando più viscoso e con un tempo di essiccazione minore.
  • 6.
    IL LINO NELLASTORIA • Le prime testimonianze certe vengono dall’Egitto nel V millenio a.C. ma si ritiene abbia origini dalla Persia Settentrionale Il lino è la più antica tra le fibre vegetali. • Era nota anche ai Babilonesi, ai Greci, ai Romani e ai Germani. • Nel medioevo assunse grande rilievo nel centro Europa , in Russia e in Italia. • Nell'800 comincia il suo declino a favore di altre piante più facilmente lavorabili nell’industria tessile.
  • 8.
    LA LAVORAZIONE DELLINO nel periodo preindustriale La semina era fatta su una superficie calcolata in proporzione al numero delle famiglie dei salariati che poi dovevano lavorarlo in forma di compartecipazione. La lavorazione del lino era lunga e complessa; la maggior parte del lavoro veniva svolto da donne, anche di notte, perché durante il giorno si doveva provvedere ai lavori nei campi molto intensi nella stagione estiva. Non era insolito affacciarsi alle finestre la sera e vedere molti fuochi sparsi nella campagna per illuminare il lavoro fatto spesso da donne e bambini. La lavorazione avveniva attraverso varie fasi ognuna delle quali richiedeva utensili particolari.
  • 9.
    1.Raccolta L’epoca di raccoltainiziava quando un terzo della pianta è defogliata (solitamente tra metà luglio e metà agosto). Il fusto assume allora un colore verde-giallo; in questo stadio si può ottenere anche una discreta quantità di seme. Tuttavia, ci sono delle varietà che mantengono le foglie anche a maturazione fisiologica e altre che le perdono a fine fioritura. Quindi era importante scegliere il momento giusto, solitamente sfibrando qualche fusto per capire con quale facilità si staccavano le fibre. Un ritardo eccessivo nella raccolta comportava una fibra più dura e di minor pregio, una raccolta anticipata invece comprometteva la maturazione del seme e la produzione dei suoi derivati così utili nella vita quotidiana. Deciso il momento più opportuno, la raccolta avveniva strappando a mano piantina per piantina, ben attenti a pulire le radici dalla terra e a non rovinare i semi. Il raccolto veniva lasciato in covoni sui campi per un paio di giorni dopo di che veniva portato in cascina, dove i semi venivano separati dal resto.
  • 10.
    2.Macerazione Esistevano due tipodi macerazioni del lino: la macerazione a terra e la macerazione ad umido. •Macerazione ad umido Si immergevano i fusti tagliati in acqua stagnante, per render più veloce il processo di fermentazione. Solitamente venivano lasciati in un tratto di fosso opportunamente pulito(talvolta rivestito di mattoni), detto “moja”, per una quindicina di giorni, durante i quali venivano rivoltati un paio di volte. •Macerazione a terra Nel caso della macerazione a terra, le piante estirpate venivano lasciate sul terreno in andane, con gli steli disposti parallelamente fra di loro e perpendicolarmente alla direzione di avanzamento della macchina. Un’operazione fondamentale era il rivoltamento, consistente nel rivoltare l’andana per esporre alla luce la parte della pianta rimasta a contatto con il terreno, in modo da consentire una macerazione omogenea.
  • 11.
    3.Essicazione Dopo la macerazionei covoni venivano asciugati ed essiccati. L’essiccazione consisteva nel disporre gli steli su una griglia di legno riscaldandoli. In questo modo gli steli diventavano più fragili e potevano essere lavorati più facilmente. Molte cascine avevano un proprio essiccatoio, coperto da un tetto, in modo da garantirne la lavorazione indipendentemente dalle condizioni atmosferiche. Questi essiccatoi erano dotati di forno. Il fornello in pietra veniva scaldato con molta legna e quando era caldissimo si toglievano le braci e la cenere. Doveva essere ripulito con molta cura, una brace dimenticata poteva incendiare tutto il raccolto.
  • 12.
    4.GRAMOLATURA Tolto dal’acqua efatto asciugare, il resto della lavorazione del lino era spesso compito della donna. Prima si faceva la battitura, finalizzata ad ammorbidire e frantumare le parti legnose degli steli, poi, i fusti venivano sfibrati il più possibile attraverso la fase della gramolatura. Per gramolatura si intende appunto la fase di lavorazione in cui l’involucro esterno dello stelo veniva rotto, liberando le fibre. La gramola era un’asse, una sorta di coltello di legno piatto e mobile, sopra un ripiano scanalato fissato ad un cavalletto. Il covone di lino veniva fissato fra i listelli del ripiano e l’asse di legno e tirato prima da un lato e poi dall’altro. Il lavoro della gramolatura avveniva nel tardo autunno quando i lavori dei campi erano terminati.
  • 13.
    5. Stigliatura • Terminatoil lavoro di gramolatura, avveniva la separazione del restante materiale corticale e legnoso attraverso un altro strumento chiamato scotola. • Con questo strumento venivano eliminati per battitura gli ultimi avanzi di corteccia. Questi ultimi potevano essere utilizzati come strame nella stalla, lettiere per gli animali, o per essere bruciati nei camini.
  • 14.
    6. Pettinatura Le fibredi lino estratte dalla pianta, venivano poi lavorate con l’impiego di pettini, con utensili manuali o macchine pettinatrici dai denti via via più fitti. La pettinatura consisteva nella preparazione delle fibre di lino al processo di filatura. La fibra di lino stigliato veniva pettinata o affinata grazie alla diversa densità dei denti dei pettini cardatori. Questa procedura aveva lo scopo sciogliere i nodi, eliminare le fibre più corte e ripulire ulteriormente le fibre dai rimasugli delle parti legnose. I cascami di fibra, più o meno lunghi, o filaccia, così ottenuti venivano quindi divisi a seconda della lunghezza. Dalla filaccia più lunga si ricavava il filato più pregiato mentre dalla filaccia più corta si ricavava la stoppa. Anche la stoppa può essere filata, preferibilmente a seguito di ulteriori procedure di cardatura e riordino delle fibre, ma il risultato da luogo ad un filato grossolano rispetto ai filati di lino pettinato e veniva utilizzato per manufatti da lavoro o di uso quotidiano come sacchi o asciugamani.
  • 15.
    7. Filatura Anche peril lino, come per le altre fibre tessili, la filatura è la lavorazione con la quale si trasforma la fibra pettinata o la stoppa in filato.Una volta la filatura si faceva a mano. Con la brutta stagione , al chiuso delle stalle, le donne con fuso, “fus”, e con conocchia, “ruka”, un bastone di legno con una gabbietta o altro ingrossamento in alto intorno al quale si legava la massa del filato, filavano il lino e lo avvolgevano in rocchetti pronti per essere portati da un vicino tessitore, “testù”e averne indietro la tela, “tila”. La conocchia poteva anche essere sostituita da un arcolaio. Ciascuno di questi oggetti aveva forme diverse secondo le regioni in cui si lavorava.
  • 16.
    8.Tessitura La tessitura, cheè arte molto antica, e avviene attraverso i telai, si ottiene attraverso una serie di fili posti perpendicolarmente tra loro (la trama e l’ordito). La tessitura fu un’attività di grande rilievo nel Medioevo poiché grazie all’invenzione del telaio a pedale, che sostituì quello a mano, divenne un’importante attività per l’economia di esportazione.
  • 17.
    LA FIGURA FEMMINILENELLA LAVORAZIONE DEL LINO • La lavorazione del lino era spesso affidata alle donne, che supportavano così gli uomini interamente impegnati nelle attività dei campi durante la bella stagione e con il loro lavoro contribuivano a migliorare la qualità di vita della famiglia, in quanto il lino e i suoi derivati erano solo complementari alle attività primarie della vita contadina e il ricavato si aggiungeva al reddito base della famiglia. • Ricordiamo che il lino era materia prima fondamentale nella realizzazione della dote. In base alle testimonianze raccolte, la dote minima consisteva mediamente in 12 lenzuoli, un numero doppio di federe, 3 o 4 finite, una ventina di camice, una decina di salviette. Era usanza, inoltre, portare una cassapanca e l’occorrente per filare: uno scanno, fusi e conocchia.
  • 18.
    VITA E LINGUASI INTRECCIANO CURIOSITA' ETIMOLOGICHE • Molte delle operazioni svolte nella lavorazione del lino erano condivise anche da uomini e bambini secondo le loro capacità e competenze. La filatura, però, pur nel trascorrere del tempo e nonostante la rivoluzione industriale ( ricordiamo che l' industria tessile si occupò principalmente della lavorazione della lana e del cotone proprio per la difficoltà di lavorare meccanicamente le fibre vegetali del lino e della canapa), restò prerogativa muliebre, tanto da associare la figura femminile agli attrezzi usati in questa fase di lavoro. • A questo proposito è interessante notare come i costumi quotidiani abbiano influito sull'evoluzione della lingua nel paese in cui è partita la spinta per l'industrializzazione: la Gran Bretagna. • In inglese, infatti, la parola “filatore”/”filatrice” corrisponde a “spinner” da cui deriva la parola “spinster” che significa “donna nubile, da marito”. Allo stesso modo la parola “conocchia” corrisponde all'inglese “distaff” dalla quale deriva “distaff side” che significa “ramo femminile della famiglia”.
  • 19.
    FROM FLAX TOLINEN FLAX = linum usitatissimum, fibra di lino LINEN= tela di lino Between the festivals of S. Joseph (19th March) and of Our Lady of March (25th March) the cultivation of flax began. The sowing of flax was done by wage-earners and the quantity of surface they had to cultivate was calculated in proportion to the number of their families because they had to work the land jointly . In June the plants put capsules (linseed) and were ready for harvesting: farmers had to pull up by hand plant by plant, paying attention to clear the roots from the soil without spoiling the seeds. The sheaves were left on the fields for a couple of days and then carried to the farm. The plant of flax were spread on the farmyard and pressed by means of a wooden roller (“rigul”) drawn by a horse in order to part the seeds from the rest. The seeds (“linusa”) were gathered, cleaned and sent to the press (torchio) to squeeze out the oil to be used as food or for medical purposes. For a couple of weeks, the stalks were left to macerate in the water of part of a ditch duly cleaned for that purpose (sometimes even covered with bricks) which was called “moja”. During this period they had to be turned twice. Once taken out from the water an let dry the women attended to the rest of the work. First it was threshing time, then the stalks, decorticated as much as possible, were passed through the carder reeds that combed and cleaned the fibres. Finally they went on with the washing and sometimes with the bleaching. Only in the bad season, inside the cattleshed, the women with a distaff (“ruk”) and a spindle (“fus”) spun the flax and wound it round the reels ready to be brought to a nearby weaver (“testu”) and have the cloth (“Tila”) back. In the past linen was the only textile vegetable fibre produced by farmers, that is the base of the peasant world.
  • 20.
    La Classe 2^CCAT Anno scolastico 2015/2016