Argomenti trattati durante il corso che si è svolto sabato 26 marzo a Foggia, organizzato dall'Ordine dei Giornalisti di Puglia, in collaborazione con Digital Media e Web In Fermento.
2. • Come internet ha cambiato la comunicazione;
• Come internet ha cambiato il giornalismo;
• Gli strumenti del giornalismo digitale;
• L’articolo ai tempi di Google;
• Come usare efficacemente i social media;
• La nuova frontiera del brand journalism.
2
3. 3
“Internet non è solo un veicolo,
è una forma di cultura”.
Jovanotti
4. 1) Relazioni online:
Il web ha annullato le distanze
comunicative tra le persone,
consentendo legami (sentimentali,
familiari e di lavoro) che prima non
sarebbero mai nati, utilizzando vari
canali: social media, siti di incontri…
4
5. 2) Spazio libero di pensiero:
il web permette a chiunque di dire la
propria, senza più filtri o
intermediazioni, usando i tanti
strumenti online a disposizione:
social media, forum…
5
6. 3) Spazio libero di informazione:
il web contiene milioni di informazioni su ogni tipo di argomento, nella stragrande
maggioranza dei casi accessibile gratuitamente.
Ne è un esempio Wikipedia.
6
7. 4) Semplificazione:
il web consente di recuperare
tempo grazie ai servizi che
consentono di effettuare
operazioni che prima
costringevano a spostarsi da casa
(azioni bancarie, e-commerce…).
7
8. Chiamare dal telefono fisso:
oggi sms, chat e servizi di
messaggistica (come Whatsapp)
sostituiscono le chiamate al telefono
di una volta, dove non è detto che
l’interlocutore fosse quello desiderato
(succedeva di attaccare il telefono al
padre della propria fiamma… Ora
invece basta attendere che la doppia
spunta passi da grigia a blu…).
8
9. Scrivere lettere e bigliettini:
prima dell’avvento di internet, per comunicare
con parenti, amici e amori lontani, si scrivevano
lettere o s’inviavano cartoline. A scuola, invece,
il passaggio da una mano all’altra dei bigliettini
era un ‘must’.
Oggi, invece, ci sono le e-mail (gratuite e con
possibilità di allegare file, tra cui le immagini) e
servizi di messaggistica online.
9
10. La ricerca:
prima dell’avvento del web, per
un qualsivoglia argomento, bisognava
giocoforza fare affidamento ai libri, a quelli
posseduti a casa (enciclopedie) o
a quelli che si trovavano nelle biblioteche.
Oggi, invece, la rete è un contenitore
sterminato di informazioni e soprattutto
gratuite, come Wikipedia. La regola, però, è
stare attenti alla credibilità della sorgente
delle fonti.fonti.
10
11. Gli appuntamenti:
prima del web – e soprattutto della telefonia
mobile – quando si fissava un appuntamento,
spesso si facevo un largo uso dell’anticipo: “ci
vediamo alle 15.45 – 16.00…”. E si entrava in
ansia in caso di ritardo, perché non c’era
modo di contattare la persona che si stava
aspettando. Oggi, invece, questo problema è
superato: basta chiamarla al telefono o
un messaggio su Whatsapp o informare chi ci
sta aspettando di un eventuale ritardo.
11
12. Radio e Televisione:
prima del web, guai a perdersi il proprio
programma radiofonico o televisivo
preferito. O si sperava in una replica o si
doveva registrarlo in VHS. Oggi, invece,
esistono i podcast e i siti dove si possono
tranquillamente vedere i programmi
televisivi andati in onda (come Rai Replay).
12
13. Il computer:
ebbene sì, nelle case c’era il computer,
oggi impossibile scindere dal web
(anzi, si ritiene quasi inutile senza la
possibilità di connettersi). Prima,
tuttavia, si usava – oltre che per
giocare – anche per scrivere testi,
elaborare fogli di calcolo, abbozzare
immagini, ecc.
13
14. • Andare a comprare musica in un negozio:
internet ormai la fa da padrona. Sia illegalmente – vi
ricordate Napster? – sia legalmente (iTunes, Spotify…).
• Imparare a memoria:
‘grazie’ alla miriade di informazioni presenti sul web e
alla facilità di accesso, non ci sforziamo più di
ricordare. Lo ha ‘certificato’ uno studio dell’Università
di Harvard: Google sta cambiamento il nostro sistema
cognitivo.
• Produttività:
I social media (lo è anche YouTube) distraggono e
tanto. Secondo una ricerca di Forbes, il 64% dei
lavoratori USA visita abitualmente siti che non
riguardano la propria professione (soprattutto mentre
dovrebbero lavorare!).
• Appuntamenti al buio:
è ormai impossibile incontrare una persona che non
conosce del tutto. Basta una ricerca su Facebook…
Inoltre, un terzo di chi si è sposato negli USA tra il
2005 e il 2012 si è incontrato su internet.
• Riviste per adulti:
il cartaceo pornografico è ormai inesistente.
L’industria del porno su internet, invece, è un
business incredibile.
• La scrittura:
sempre meno impugniamo una penna per scrivere,
preferiamo soprattutto digitare. Una causa? C’era una
volta la calligrafia…
• I numeri di telefono:
quanti di voi ricordano i numeri dei telefoni cellulari
dei vostri familiari o degli amici più stretti? Inutile, no?
C’è la rubrica sullo smartphone (magari sincronizzata
con il tablet e il desktop).
• I gradi di separazione:
prima dei social network erano 6, oggi sono 3
(ovvero il numero di contatti umani da stabilire prima
di incontrare qualcuno di sconosciuto).
14
15. Forse il più grande cambiamento che
internet ha apportato al giornalismo è il
crescente coinvolgimento del lettore.
Prima del web, il lettore ‘interveniva’ nel
giornale scrivendo lettere o chiamando
al telefono.
Oggi, il lettore, invece si è trasformato in
utente.
15
16. La caratteristica fondamentale delle
notizie online è che tutto è connesso.
Il lettore – utente è solo a un click o
una ricerca di distanza da qualcos’altro.
Opportunità: il giornalista oggi può
creare collegamenti a documenti
completi, relazioni precedenti o
materiale inedito.
Svantaggio: lo stesso può fare il
lettore…
16
17. L’RSS rappresenta una delle innovazioni
più sottovalutate nel giornalismo.
I giornalisti possono iscriversi a un feed
RSS: non c’è bisogno di stare dietro a
decine di siti web per seguire gli
aggiornamenti.
Il lettore può iscriversi a una sola sezione
del giornale.
17
18. Ogni grande evento –
spiacevole o felice – è
condiviso in tempo reale sui
social network da chi lo sta
vivendo.
La diffusione di videocamere e
smartphone a basso costo,
connessi a internet, hanno
determinato una ‘competizione’
tra gli editori e i lettori dei
giornali.
18
19. 19
A cosa serve internet? A parte andare su
internet…
Jacob Berger
20. Definizione:
Software, installato su un server, che facilita la
gestione dei contenuti di siti web, svincolando il
webmaster da conoscenze tecniche specifiche di
programmazione web.
I CMS più usati:
Wordpress, Joomla!, Drupal, Magento e
PrestaShop.
20
21. I vantaggi
• Semplice da installare, configurare
e usare;
• Facilmente estendibile (tramite i
plugin);
• Economico;
• In continua evoluzione e segue i
ritmi della rete.
I Numeri
• Oltre 66 milioni di siti sviluppati con
Wordpress;
• 368 milioni di persone che ogni
mese visualizzano siti costruiti con
Wordpress;
• 4.1 miliardi di pagine di siti WP
visualizzate ogni mese;
• 100.000 nuovi blog WP creati ogni
giorno.
21
22. • New York Times
• The Huffington Post
• Il Fatto Quotidiano
• Il Post
• Resto Al Sud
• I siti informativi di Italiaonline
(Si Viaggia, Motori Virgilio, Di lei…).
22
23. Social Network:
Gruppo di persone collegate tra di loro
attraverso interessi comuni (familiari, affettivi,
politici, religiosi, ecc.).
Social media:
Insieme di strumenti, tecniche e pratiche di
creazione e condivisione dei contenuti online.
Social media marketing:
branca del marketing che si occupa di
generare visibilità sui social media.
23
24. • Comunicazione e informazione in tempo
reale: aggiornamento istantaneo non solo
sulle news condivise dai media ma anche su
come sta un amico o un parente che vive
lontano;
• Comunicazione e informazione globale:
contatto tra persone che vivono in Paesi
lontanissimi tra di loro (sia dal punto di vista
geografico che culturale).
• Comodità:
si può accedere da social media
da casa, dall’ufficio o in qualsiasi altri posto
grazie al mobile.
• Relazioni interpersonali:
mantenimento e miglioramento delle relazioni
esistenti, creazione di nuove.
• Perdita di contatto con il mondo reale:
si predilige il rapporto virtuale da quello
diretto. Ne soffre la comunicazione
paraverbale.
• Creazione di un’identità alternativa:
differenziazione – per dirla alla Shakespeare –
tra l’essere e il non essere.
• Informazioni errate:
incapacità a distinguere le notizie vere da
quelle false (bufale), creando confusione e
falsi allarmi attraverso le condivisioni.
• Dipendenza:
esiste anche quella da ‘social media’ con
sintomi fisici quali l’emicrania, la tachicardia e
l’ipersudorazione.
• Privacy:
si tendono a condividere informazioni private
o ad acconsentire al loro utilizzo anche in
maniera inconsapevole.
24
25. • Profilo personale (con login).
• Messaggi pubblici e privati tra utenti (anche
in modalità chat).
• Caricamento di contenuti multimediali (foto,
video).
• Organizzazione dei contenuti in raccolte
(album)
• Aggiornamento dello status con un
pensiero.
• Geolocalizzazione tramite coordinate o
GPS.
• Commento, voto, condivisione dei
contenuti.
• Creazione di gruppi, eventi, applicazioni.
• Motore di ricerca interno.
• Importazione ed esportazione di contenuti.
25
26. • Social network: Facebook, Twitter, Google Plus e LinkedIn.
• Video Sharing: YouTube, Vimeo.
• Photo Sharing: Flickr, Instagram, Pinterest.
• GeoSocial: Foursquare, Swarm.
• Aggregatori: Diggita, Blog-News.it.
• Forum.
26
27. Facebook: a me piace il caffè.
Twitter: Sto bevendo un caffè.
LinkeDin: Sono bravo a bere il caffè.
YouTube: Guardami mentre bevo un caffè.
Pinterest: Questa è una collezione di
fotografie di caffè.
Google Plus: Sono un impiegato di Google
che beve il caffè… (capita l’ironia?).
FourSquare: qui è dove bevo il caffè.
Instagram: questa è una foto con gli effetti di
me che bevo il caffè.
27
28. Facebook nasce il 4 febbraio 2004, fondato da Mark
Zuckerberg quando aveva 19 anni ed era studente di
Harvard.
Sei anni dopo, nel 2010, Facebook è il secondo sito più
visitato al mondo dopo Google. Nel marzo del 2010, per
una settimana, Facebook superò Google per numero di
pagine viste.
Nell’ottobre 2012 Facebook raggiunse il primo miliardo di
iscritti.
Gli iscritti italiani su Facebook sono 27 milioni (su una
popolazione totale di 60, quasi uno su due).
28
30. Aprire un profilo e non una pagina, pur essendo un ‘brand’ e non una persona fisica, violando
i ‘Terms of Service’ di Facebook. Un profilo simile è sempre soggetto ad eliminazione.
Concepire la pagina come semplice vetrina dove condividere post ‘nudi e crudi’, magari con
sistemi automatizzati.
Non interagire con gli utenti della pagina.
Utilizzare solo il sistema della condivisione dei link.
Aggiornare la pagina senza strategia.
Assenza di analisi degli insight.
Collegare Facebook a Twitter (o viceversa).
30
31. • Scegliere la tipologia di servizio più opportuna.
• Scegliere il nome più opportuno.
• Il nome deve avere solo la prima lettera maiuscola (salvo
esigenze di branding name).
• Scegliere una url facilmente memorizzabile e
comunicabile.
• Scegliere come foto del profilo il logo del brand (le foto
copertina, invece, vanno cambiate spesso).
• Aggiungere qualche contenuto prima di promuovere la
pagina (e invitare i primi ‘amici’ ad iscriversi, usando le
proprie cerchie).
• Non impedire agli iscritti di pubblicare liberamente sulla
bacheca della pagina.
31
32. • Attraverso foto e didascalia con ‘call-
to-action’, ‘link ridotto’ e ‘segni
grafici di indirizzamento’.
• Attraverso la classica condivisione
del link ma con una ‘call-to-action’
nell’introduzione.
• Con una ‘mention’ nel caso in cui il
protagonista del post è presente su
Facebook.
• Condividere non solo post ma anche
video, immagini e ‘semplici’ status.
• Non dimenticare la capacità di
engagement di un contest.
32
33. Nel dicembre 2016 sono apparse “nuove opzioni per i post, per aiutarti a
connetterti con i clienti e ottenere i risultati che desideri”.
Ovvero:
• Condividi una foto o un video: carica foto/video; crea album fotografico; crea
slideshow; crea un’unità Canvas.
• Fai in modo che le persone scoprano di più: condivisione di post con i
pulsanti per spingere i clienti a compiere una determinata azione (come visitare
il sito).
• Advertise your business: campagna advertising.
33
34. • Ricevi chiamate telefoniche: invitare il
pubblico al contatto tramite telefono.
• Ricevi i messaggi: invitare a inviare un
messaggio privato.
• Crea un evento: creazione di un evento con cui
si possono ‘invitare’ gli ‘amici.
• Crea un’offerta: possibilità di ‘piazzare’ un’offerta
su un bene o un servizio (come uno sconto).
• Scrivi una nota: scrivere un post direttamente su
Facebook.
34
35. • Gestire la pagina 7 giorni su 7, dalle 8
alle 24.
• Aggiornare la pagina con uno stacco
che varia tra i 30 minuti e le 2 ore tra un
contenuto e l'altro così da evitare
l'effetto 'spamming' nelle bacheche dei
'liker' (eccetto 'breaking news',
ovviamente).
• Attivare le notifiche per conoscere in
tempo reale quando un fan commenta o
compie un'azione significativa (e
interagire entro pochissimo tempo).
35
36. • Al contrario della foto del profilo che, in caso di quotidiano online, deve essere il logo,
l'immagine della copertina andrebbe modificata spesso, magari con scatti inviati dai
legati allo scorrere delle stagioni, alle feste, agli eventi, ecc.
• Risorsa consigliata: www.coverphotofinder.com.
36
37. • Per la stessa ragione che riguarda gli album
di foto, può essere necessario per un
quotidiano online scaricare un video da
Facebook anziché usare l'embed.
• In questo caso il consiglio è
www.downvids.net.
37
38. • I giornali possono essere su Facebook solo
con una pagina e mai con un profilo
personale.
• Non esiste il limite dei 5.000 amici.
• Si possono pianificare campagne ADV.
• Si possono visualizzare gli insight.
• Si possono programmare le uscite dei
post nel futuro (nei profili privati, invece, si
può solo verso il passato).
• Categoria: Media/Notizie/Editoria.
• Nome: quello della testa (no tutto
maiuscolo).
38
39. Facebook è un social network, in quanto tale non va usato come una vetrina dove
'collocare' i link degli articoli, nudi e crudi, e poi 'chi s'è visto, s'è visto...'.
No, Facebook è una rete sociale dove il giornale (la redazione) deve interagire con il
lettore, coinvolgendoli (engagement) finanche nel racconto della notizia. Es. “Avete sentito
il terremoto? Raccontateci le vostre esperienze”.
L'interrogativo non è che la prima tecnica da tenere in considerazione: è la cosiddetta call-
to-action, ovvero la formula che incentiva l'utente/lettore a compiere un'azione. Es. “Vuoi
saperne di più? Approfondisci su...”.
39
41. • Ecco tutti gli ingredienti dell'articolo condiviso su Facebook: Foto o
immagine della notizia.
• Simboli grafici tematici* al cui interno c'è formula per attirare
l'attenzione del lettore e menzione alla pagina dei protagonisti della
notizia?
• Sintesi della notizia.
• Call-to-action con segni di reindirizzamento e link in uscita ridotto**.
• * Esistono in rete varie risorse dove ricavare tanti simboli da usare nelle condivisioni. Esempio:
https://trucchifacebook.com/download/emoji/emoji-commenti-facebook.htm
• ** Il link ridotto è utilissimo per rendere il collegamento più semplice da 'digerire' agli occhi del lettore e, su Twitter, per usare
meno caratteri possibili, visto il limite (momentaneo, perché le cose stanno per cambiare) dei 140 caratteri.
• Il link ridotto (short link) si può ottenere su: Goo.gl (http://goo.gl).
TinyUrl (http://tinyurl.com).
TinyCC (http://tinycc.com).
41
42. • Come consigliato, la pagina pubblica di un
giornale non andrebbe mai 'spenta', perché gli
utenti/lettori non si collegano tutti allo stesso
orario ma è ovvio che non si può stare collegati
24 ore su 24, 7 giorni su 7.
• Ecco perché è importante programmare le uscite
dei contenuti.
• L'operazione è semplice: anziché pubblicare il
contenuto, bisogna selezionare “programma
post”, selezionare una data e un orario nel futuro.
• L'azione non è irreversibile: si può eliminare la
programmazione, modificare l'orario di uscita o
optare per la pubblicazione immediata.
42
44. • 2006: anno di nascita di Twitter
• 140: il numero massimo di caratteri consentiti in un tweet.
• 8,4 miliardi di dollari: il valore stimato di Twitter.
• 320 milioni di iscritti.
• 1 miliardo di utenti consultano Twitter senza essere iscritti.
• 500 miliardi di tweet condivisi dalla nascita, in 35 lingue diverse.
• 400 milioni di tweet pubblicati ogni giorno.
• 208 follower di media a utente.
44
45. La cantante Katy Perry è la persona con più follower (96,6 milioni di seguaci).
Tra gli italiani, Valentino Rossi (4,88 milioni) batte l’account italiano di Papa Francesco (4,26
Milioni) e Balotelli (3,82 milioni).
45
46. • Twitter è il nome dell’intero social network.
• Tweet è il singolo contenuto.
• Retweet (RT) è un tweet di un utente condiviso da un altro.
• Following è l’utente di cui seguono i tweet.
• Follower è l’utente che segue i nostri tweet.
• Hashtag (#) è la parola chiave (o etichetta o tag) che
identifica e archivia un determinato argomento.
• Messaggio Diretto (DM): messaggio privato tra utenti che
si seguono vicendevolmente.
46
47. • Timeline: flusso dei tweet inviati dai profili che seguiamo.
• Mention (@): la possibilità di menzionare un utente in un tweet (anche se
non ci segue).
• Rispondi (reply): facoltà di rispondere ai tweet dei profili che seguiamo o
meno, i quali saranno visualizzati solo nella timeline di coloro che seguono
sia l’autore sia il destinatario a cui ci si rivolge.
• Trend è l’argomento di tendenza su Twitter, cioé quello su cui si stanno
inviando molti tweet.
• Follow Friday (#FF) è il tweet del venerdì con cui un utente segnala agli altri i
propri profili preferiti.
47
49. • Obiettivo: 2mila follower nel primo anno di attività.
• Monitoraggio dei competitor: individuarli e spiarli (cosa pubblicano? Quanti
tweet?).
• 1° step: seguire per essere seguiti. Non a oltranza, però. Meglio, all’inizio, non
superare i 500 follower.
• 2° step (periodico): non seguire chi non segue. Strumento utile è http://it.nofollow.me
• Lunghezza del tweet: max 100 caratteri. I restanti 40 da occupare con link esterno
al contenuto che vogliamo condividere.
• Programmare i tweet con uscite almeno ogni 30 minuti. Strumento utile è
http://laterbro.com
• Allegare, dove possibili, immagini (più potenziale di engagement).
• Menzionare i citati: @ + username.
49
50. Perché bisogna fare uso degli hashtag nel social media
marketing?
Per due fondamentali ragioni:
• Scovare il target di riferimento (esempio: se il profilo
gestito fa riferimento a un’azienda che produce pasta,
meglio buttarsi in uno degli hashtag più gettonati del
settore: #cucinasostenibile).
• Per raggiungere più utenti possibili: sì, perché su
Twitter il numero dei follower non è un recinto al di là del
quale non si può andare. In pratica, anche un profilo con
100 follower può raggiungere migliaia di iscritti, se si
usano gli hashtag giusti e si ha la capacità di insinuarsi
con creatività nelle tendenze (ovvero negli argomenti più
twittati).
50
51. Ecco 3 siti per individuare gli hashtag più usati su Twitter. Lo scopo è inserirsi nelle discussioni
più ‘calde’ per creare più engagment possibile.
• www.hashtags.org (in lingua inglese).
• www.twubs.com (in lingua inglese).
• www.it.tagdef.com (in lingua italiana).
51
52. A differenza di Facebook e Instagram, su Twitter, quando inviamo un tweet e ci accorgiamo di
avere commesso un errore, non abbiamo altra scelta che non sia quella di eliminarlo,
riscriverlo e pubblicarlo nuovamente.
Il 2017, tuttavia, potrebbe essere l’anno dell’introduzione della modifica dei tweet, come
emerso da un Q&A (domande e risposte) organizzato sulla piattaforma nel gennaio di
quest’anno.
La modifica del contenuto, però, potrebbe essere concessa solo entro un determinato periodo di
tempo – si è parlato della forbice 5 – 30 minuti – e per un tot di volte prestabilito.
Nota bene: ad oggi solo i profili verificati (VIP) possono modificare i tweet una volta pubblicati.
52
54. Sul web esistono varie risorse dove si possono scaricare immagini libere da diritti.
Eccone alcuni:
• Image.google.com (utilizzando il filtro corretto);
• www.pixabay.com;
• www.fotolia.com;
• www.freepik.com;
• www.flickr.com (selezionando il filtro più conforme alle necessità).
54
55. Un contenuto, di qualsiasi cosa esso parli, sul
web non è composto solo da parole: anche
l’occhio vuole la sua parte.
Più un post, infatti, è ‘bello’ anche a vedersi, più
acchiapperà l’attenzione del lettore, evitando
che, nel giro di pochi secondi, rimbalzi altrove,
diminuendo così il tempo medio sul sito e,
soprattutto, perdendolo per sempre (lo scopo
è farlo tornare!).
Un articolo, quindi, deve essere curato anche
esteticamente.
55
56. • Dimensione del font: con 16 pt lettura più
agevole;
• Variare il colore del font: ad esempio, usare
un colore diverso per la parola collegata a
un link in uscita;
• Evitare il post 'mattone': dividere il
contenuto in paragrafi (con criterio logico).
I lettori così non saranno 'intimoriti' dal
contenuto;
• Usare il grassetto per evidenziare i punti
chiave del post;
• La foto è fondamentale: sceglierne una a
dovere. Se c'è anche un video, ancora
meglio;
• Fare domande all'interno del contenuto in
modo tale da coinvolgere il lettore;
• Contenuto con un minimo di 400 parole e
con una lunghezza consigliata di massimo
600.
56
57. • Lunghezza: il post è scarso se composto
da 200 a 300 parole; è buono se contiene
da 400 a 600 parole;
• Originalità: il post è scarso se il contenuto
è il classico 'copia & incolla'. In questo
Google può penalizzare il sito che lo
contiene nel ranking;
• Ricerca: l'articolo è scarso se l'autore si
ferma a una sola fonte, senza citazione,
riferimenti, link in uscita e immagini per
approfondire;
• Correttezza: l'articolo è scarso se presenta
refusi o evidenti errori grammaticali e/o
sintattici. Rileggere almeno due volte è
fondamentale prima di pubblicare;
• SEO: l'articolo è scarso se non è scritto in
chiave SEO.
57
59. Il brand journalism (in
italiano giornalismo
d'impresa) è il giornalismo
che si occupa della
comunicazione di tutto ciò
che ruota attorno a un
marchio (brand).
Lo scopo è informare i
lettori sulla storia
dell'azienda attraverso gli
strumenti e le regole del
professionista che opera nei
mass media.
59
60. • Media e Marketing
convergono su più brand e si
occupano entrambi delle
operazioni di pubblicazione.
• Lo Storytelling è un modo
potente per connettersi con i
lettori.
• La chiave per ottenere fiducia
dal proprio target (audience)
è pubblicare contenuto che
sia credibile e onesto
(trasparenza).
60
61. • Convergere su più brand rimarca l'importanza della professionalizzazione della figura del brand
journalist, anche in chiave freelance.
• I brand più piccoli, non potendosi permettere giornalisti a tempo pieno, da inserire all'interno della
propria struttura, dovrebbero rivolgersi a liberi professionisti.
• Conseguenza ➡➡ più clienti su cui lavorare
61
62. Nel brand journalism
riveste molta importanza
il racconto delle storie
per suscitare emozioni,
focalizzarsi sui 'come',
invogliare i lettori a
conoscere il marchio
(aumentandone così la
notorietà: brand
awareness).
62
63. Il giornalista non deve
vendere ma
raccontare l'azienda
(brand) e deve sempre
basarsi sui fatti, così
come richiede la
deontologia. Solo così
s'instaura un rapporto
di fiducia tra il
giornale d'impresa e il
lettore.
63
64. Larry Light, capo dell'ufficio marketing di Mc
Donald's nel 2004, ha definito così il brand
journalism:
“è la cronaca delle varie cose che accadono al
mondo di un marchio, attraverso i giorni e gli
anni. E' così che creiamo un valore reale
percepito per sempre dal consumatore”.
64
65. Il brand journalist ha una
funzione fondamentale
nell'incrementare la
notorietà e la reputazione
del marchio.
La brand awaress, infatti, è la
capacità della domanda di
identificare un particolare
marchio attraverso lo
strumento del ricordo.
65
66. • 1° livello: assenza di
conoscenza del brand.
• 2° livello: la domanda
identifica il brand ma solo
dopo stimolo (ricordo
aiutato).
• 3° livello: la domanda
identifica il brand senza
stimolo (ricordo
spontaneo).
• 4° livello: il prodotto
coincide con il marchio.
66
67. • L'editore coincide spesso con l'azienda e
un'azienda non ha l'obiettivo di ricavare
profitto dall'attività giornalistica in sé ma
dagli effetti che questa può generare nel
proprio mercato di riferimento.
• L'azienda, quindi, ha bisogno di giornalisti
capaci di costruire storie e abili nell'uso degli
strumenti del web per incrementare la
notorietà del marchio.
67
68. Nella Carta dei Doveri si vieta al giornalista di
confondere il suo messaggio con quello
pubblicitario.
Nel brand journalism, però, il giornalista non
è né deve essere mai coinvolto
nelle vendite dei beni o dei servizi
dell'azienda.
Il brand journalist non vende ma informa
brand, non inganna il lettore ma gli dà
notizie sul marchio di cui è o potrebbe
diventare cliente.
68
69. Thomas Scott, pioniere del brand journalism negli USA,
disse:
“Lo è assolutamente. Si tratta di un altro tipo di
giornalismo, così come esiste il giornalismo politico,
sportivo, ecc.”.
“Prima di internet, le aziende assumevano addetti stampa
per scrivere comunicati e inviarli ai giornalisti. Oggi,
un'azienda può fare a meno di tutto questo e pubblicarsi
da sola i suoi pezzi”.
69
70. • L'addetto stampa deve generare
interesse in media già esistenti, facendo
da tramite tra il brand e i giornali, la tv,
radio, internet...
• Il brand journalist pubblica direttamente
sul brand magazine e si occupa non
della scrittura del contenuto (post) ma
anche della sua diffusione e di generare
traffico su di esso.
70