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27 Gennaio 1945 - Liberazione di Auschwitz

                                             27 Gennaio 2008 - Giornata della memoria




            Yom Ha Shoah

             A chi ha saputo perdonare, ma non dimenticare
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 Script della presentazione teatrale “Yom Ha Shoah”
  Prima Edizione ne ”Gliscuolamedia,” Gennaio 2008
             La biblioteca che c’è Casa Editrice
Scuola Media Griffini - via Olimpo, 6 - Casalpusterlengo – Lodi
             Sito Casa Editrice:www.griffini.lo.it


 Si ringraziano per la fattiva collaborazione i docenti di Lettere della terza C ed E e i docenti di Strumento delle classi ad Indirizzo Musicale.
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                                                27 Gennaio:Giorno della Memoria
Il prossimo 27 gennaio sarà celebrata nel mondo l’ottava Giornata della memoria, a sessantatre anni dal giorno della liberazione
dei prigionieri di Auschwitz.
A distanza di tanti anni rimane il dovere di ricordare quei milioni di persone, uomini, donne e bambini, per il novanta per cento ebrei (ma non si
devono dimenticare le migliaia di vittime tra gli zingari, gli omosessuali, gli oppositori politici e altre minoranze etniche e religiose) che morirono nei
campi di concentramento.
L’Italia ha istituito il «Giorno della memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici nei
campi nazisti» con la legge 20 luglio 2000, n. 211.
L’art. 1 definisce le finalità del Giorno della Memoria: «ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana
dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si
sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati».
L’art. 2 prevede che in tale giorno vengano organizzati momenti di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole dei due cicli
di istruzione, «affinché simili eventi non possano mai più accadere». Ma questo «mai più» rischia di rimanere un semplice auspicio, dati gli eventi
tragici che continuano ad accadere in varie parti del mondo.
Nella Dichiarazione del Foro Internazionale di Stoccolma sull’Olocausto si legge: «Di fronte ad un’umanità ancora segnata dal genocidio, dalla pulizia
etnica, dal razzismo, dall’antisemitismo e dalla xenofobia, la comunità internazionale condivide una responsabilità solenne nella lotta contro questi
mali».
Le scuole italiane anche quest’anno si impegneranno in manifestazioni e attività mirate all’approfondimento degli eventi ricollegabili con l’Olocausto,
accogliendo il monito sempre attuale di Primo Levi: ricordare la tragedia dei campi nazisti, non arrendendosi all’oblio, al potere anestetizzante degli
anni, soprattutto quando i testimoni diretti di simili tragedie saranno a loro volta scomparsi.
La Scuola Media “Griffini” di Casalpusterlengo per il 26 Gennaio ha preparato un momento di riflessione in cui sono state proposte letture e
musiche che commentano uno degli eventi tragici della storia del Novecento: il genocidio degli Ebrei. Una serata dedicata a” quelli hanno saputo
perdonare ma non dimenticare ”perché la Memoria, come afferma Amos Luzzatto significa ”scavare nel passato in modo selettivo per cercarvi non
tanto le gesta degli eroi sui campi di battaglia quanto gli esempi di solidarietà e di cooperazione; esempi forse rimasti nell’ombra ma non per questo
meno rilevanti, forse al contrario. E’ questa infine quella Memoria che può diventare uno strumento di fiducia nel domani”.
È questa la Memoria che ci accingiamo a celebrare il 27 gennaio 2008.


                                                                                          Prof. Piero Cattaneo
                                                                      Dirigente Scolastico della Scuola Media “ Griffini” di Casalpusterlengo
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Auditorium della Scuola Media Griffini                                     27 Gennaio 2008- Giornata della memoria

                       Script della presentazione teatrale “ Yom Ha Shoah”
Auditorium scuola

Luci soffuse. Telo abbassato. L’orchestra è posizionata a sinistra
del palco. Gli orchestrali portano sul braccio una fascia sulla quale
vi è stampato il numero di matricola del campo.
Parte degli alunni sono seduti sui gradini della scala centrale
dell’auditorium e indossano magliette colorate; i restanti sono
seduti,nella posizione del fiore chiuso, in ordine sparso al centro
dell’auditorium, tengono in mano la foto senza volto e indossano
magliette bianche.
Le luci si abbassano, inizia la colonna sonora (tema di Schindler’ s ” A chi ha saputo perdonare, ma non dimenticare”.
list- violino) e vengono proiettate sullo schermo la presentazione e
la citazione (prime due diapositive):.

Dopo 10 secondi, un musicista esegue la musica di sottofondo; le
luci si accendono mentre gli alunni seduti si alzano, si dispongono in
file serrate al centro dell’auditorium (gambe divaricate, occhi
chiusi) e si coprono il viso con la foto; gli alunni seduti sui gradini
scendono a rompere le file serrate, recitando la citazione di cui ” A chi ha saputo perdonare, ma non dimenticare”.
sopra e invitano i compagni ad aprire gli occhi, accompagnandoli
verso i lati dell’auditorium a formare due semicerchi; due alunni
posizionano microfoni e leggii davanti ai semicerchi.

Le luci si abbassano e contemporaneamente vengono proiettate in
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sequenza le tre parole chiave ( genocidio – olocausto – shoah: 3 Primo lettore: Frijo
dia); quattro lettori spiegano l’etimologia delle parole e il loro Genocidio deriva dal greco (ghénos, razza, stirpe) e dal latino
significato.                                                       (caedo,uccidere); il termine definisce “l’insieme degli atti
                                                                   commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un
                                                                   gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso".
                                                                   L’Olocausto è riconosciuto universalmente come un genocidio e da
                                                                   alcuni storici come una forma estrema di genocidio o addirittura
                                                                   come un fenomeno unico nella storia.

                                                                     Secondo lettore: Tedeschi Andrea
                                                                     Il governo del Terzo Reich dal 1938 iniziò l’annientamento
                                                                     sistematico degli Ebrei. Questo progetto fu denominato “soluzione
                                                                     finale”.
                                                                     La soluzione finale si articolava in quattro fasi: schedare le
                                                                     vittime, spogliarle dei loro beni, ridurre la loro libertà di
                                                                     movimento, e infine deportarle per l’eliminazione.
                                                                     Nel 1944 dopo la liberazione ,ad opera degli alleati, si stimò che
                                                                     furono sterminati, da 5 a 7 milioni di Ebrei.

                                                                     Terzo lettore: Bozzi
                                                                     Gli Ebrei sopravvissuti definirono lo sterminio del loro popolo con
                                                                     il termine “Olocausto” (dal greco holos "completo" e kaustos
                                                                     "rogo"). Il significato del termine inerisce alle vittime sacrificali
                                                                     prescritte dalla Torah, il libro sacro degli Ebrei, come offerte a
                                                                     Dio.
                                                                     Nel 1946 l’ONU definì il genocidio degli Ebrei come un crimine
                                                                     deliberato e intenzionale perpetrato nei confronti del popolo
                                                                     ebraico.
                                                                     Oggi gli Ebrei preferiscono usare il termine Shoah per definire lo
                                                                     sterminio del loro popolo nei campi di concentramento, un termine
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                                                                                                      libero da ogni implicazione teologica. Shoah significa “ distruzione,
                                                                                                      annientamento, demolizione “spirituale e fisica “ di un uomo.

Le luci si accendono e un lettore si avvicina al microfono e legge la Quarto lettore: Landoni Stefano
motivazione della serata.                                             Dedichiamo questa serata ai popoli che ancora oggi vivono
                                                                      situazioni di oppressione, perchè dalla riflessione sul passato
                                                                      possa nascere la consapevolezza che non sempre la storia è
                                                                      automaticamente maestra di vita. Evitare che gli errori della
                                                                      storia si ripetano dipende dalla nostra coscienza individuale: non
                                                                      essere indifferenti, studiare il passato, leggere il presente senza
                                                                      superficialità e senza pregiudizio.
                                                                      Le voci che sentiremo questa sera sono le voci di un popolo che è
                                                                      stato sterminato dalla nostra indifferenza.


Le luci si spengono; inizia il primo intervento musicale e
contemporaneamente il reportage (sette foto: da dia 6 a dia 13: Le
leggi razziali); dopo il fermo immagine della ultima foto( famiglia
ebrea con stella), tre alunni si avvicinano ai microfoni, accendono le
pile e leggono il testo “Che cos’è un ebreo” tratto da “Un
sacchetto di biglie” di J.Joffo.
                                                                                                      6°Lettore: Ghilardi Francesca
5°Lettore: Sgariboldi Andrea
                                                                                                      Ma cosa sta succedendo? Ero un bambino, io, con delle biglie, delle manate, delle corse, dei
Mamma tira con il filo. Un colpo di denti a livello del tessuto ed ecco fatto, sono
                                                                                                      giocattoli, delle lezioni da studiare, papà era parrucchiere, i miei fratelli pure, la mamma
stampigliato; con due dita della mano che ha appena cucito, la mamma dà un colpetto sulla
                                                                                                      cucinava, alla domenica papà ci portava a Longchamp a vedere i ronzini e a prendere aria,
stella, come una sarta di lusso che termina il punto difficile. E’ stato più forte di lei…
                                                                                                      durante la settimana andavo a scuola, ecco tutto, e improvvisamente mi appiccicano qualche
Papà apre la porta mentre mi infilo la giacca…
                                                                                                      centimetro quadrato di stoffa e divento ebreo.
A meno di duecento metri c’è il cancello della scuola, il cortile con i castagni neri in questa
                                                                                                      Ebreo. Cosa vuol dire, in primo luogo? Che cos'è un ebreo?
stagione…
                                                                                                      Sento la collera che raddoppia per la rabbia di non capire.
Ci sono dei gruppi sotto il portico, altri corrono, girano a tutta velocità tra i piloni che
                                                                                                      «Hai visto il suo naso?»
sostengono il tetto.
                                                                                                      In rue Marcadet c'era un manifesto sopra il negozio di scarpe, proprio all'angolo, un
“ Ehi, ragazzi, avete visto Joffo?”…
                                                                                                      manifesto molto grande, a colori. Ci si vedeva su un ragno che strisciava sul globo terrestre,
Si è formato un cerchio e io ne ero il centro.
                                                                                                      un grosso ragno peloso con la testa d'uomo, una brutta faccia con gli occhi stretti, le orecchie
Kraber ha sorriso subito, la lampada gli illuminava il viso.
                                                                                                      a sventola, la bocca labbruta e un naso orribile a lama di scimitarra. Sotto, c'era scritto
“Non sei mica solo, in seconda ce ne sono che l’hanno uguale”
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Dall’ombra, dietro viene un movimento e compaiono due visi, non sorridenti questi.                      qualcosa come: «L'ebreo che cerca di possedere il mondo». Ci si passava spesso davanti con
“ Sei un giudeo, tu?”                                                                                   Maurice. Non ci faceva né caldo né freddo, non eravamo noi quel mostro! Non eravamo
Difficile dire di no quando lo porti scritto sul risvolto della giacca.                                 ragni e non avevamo la faccia così, grazie al cielo: io ero biondiccio, con gli occhi azzurri e
“Sono i giudei che hanno fatto venire la guerra”…                                                       il naso come tutti gli altri. Quindi era semplice: l'ebreo non ero io.
                                                                                                        Ed ecco che, improvvisamente, quel cretino mi diceva che avevo il naso come sul manifesto!
                                                                                                        E tutto perché avevo una stella.
7°Lettore: Marchesi Francesca

Quel che mi rimane di quella mattina… più che l'indifferenza degli adulti, è quella
sensazione di impotenza a comprendere. Avevo lo stesso colore degli altri, la stessa faccia,
avevo sentito parlare di religioni diverse e mi avevano insegnato a scuola che della gente si
era battuta per cose del genere, in passato. Ma io non avevo religione, il giovedì andavo
addirittura all'oratorio con gli altri ragazzini del quartiere, si giocava a pallacanestro dietro
alla chiesa, mi piaceva quello e anche l'ora della merenda, l'abate ci dava un abbondante
spuntino, del pane nero con la cioccolata ripiena, la cioccolata dell'occupazione con dentro
una pasta bianca, un po' collosa e vagamente dolce. Certe volte ci aggiungeva anche una
banana rinsecchita, una mela... La mamma era tranquilla quando ci sapeva lì, preferiva così
che vederci correre per le strade o gironzolare tra i robivecchi della porta Saint-Ouen o
cercar legna nei cantieri in demolizione per costruirci delle capanne o delle spade.
E allora, dov'era la differenza?
Le undici e mezza…
Mi vesto ed esco. Fa freddo, Maurice mi aspetta… Non ci parliamo. Non ne vale la pena.
Assieme, risaliamo la strada. «Jo!»
Qualcuno mi corre dietro. È Zérati.
Ha il fiato corto. In mano tiene un sacco di tela chiuso
con un cordino. Me lo tende.
«Facciamo cambio.» Non capisco subito. «Con che
cosa?»
Con un dito eloquente indica il risvolto del mio cappotto. «Con la tua stella.»
Maurice non dice niente, aspetta sbattendo uno contro l'altro i tacchi delle scarpe.
Mi decido improvvisamente. «D'accordo.»
È cucita a grossi punti e il filo non è molto solido. Passoun dito, poi due e strappo.
«Ecco.»
Gli occhi di Zérati brillano.
La mia stella per un sacchetto di biglie. Fu il mio primo affare.


Le luci si spengono, inizia il secondo intervento musicale e
contemporaneamente scorrono dodici foto del reportage
(Evacuazione dei ghetti e Inizio del viaggio: da dia 14 a dia 25);
dopo il fermo immagine (salita sul treno); successivamente la
musica sfuma, le luci si spengono e due lettori si avvicinano ai
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microfoni per leggere il testo “ Il treno” tratto da “ La Notte dei
girondini “ di J. Presser e da “ Essere senza destino” di I. Kertész

8° lettore: Ghidelli Emanuele
                                                                                                          9°Lettore: Ferrari Dafne
Il treno. Questa parola mi perseguita : doveva venire, è venuta, e mi rimarrà addosso fino
alla fine di questo racconto…                                                                             Il mattino dopo ci hanno fatto iniziare il viaggio molto presto. Sotto un bellissimo sole
Il treno per me è diventato il simbolo dell'infelicità e del dolore, della morte, dell'essenza            estivo, il treno è partito davanti al cancello, sul binario della ferrovia suburbana - era uno
stessa del Male.                                                                                          di quei treni merci con un sacco di vagoni color rosso mattone, chiusi sopra e sui lati. Su
Il treno, il treno. Arriva e parte; ma più insopportabile dei suoi arrivi e delle sue partenze è la       ciascuno dovevamo starci in sessanta, oltre al bagaglio…
sua regolarità. Che soffi la tempesta, o nevichi, o grandini: il treno parte. Nessun allarme
aereo lo ferma: il treno parte. I nostri alleati riducono in polvere interi                               A quel punto hanno chiuso gli sportelli scorrevoli alle nostre spalle, dall'esterno hanno
nodi ferroviari, macinano ponti e tettoie, officine di riparazione, materiale rotabile:                   dato dei colpi di martello, poi si sono sentiti dei segnali, dei fischi come quelli usati di
ma il treno parte…                                                                                        solito per i treni, uno strattone: e siamo partiti I ragazzi e io ci siamo messi comodi, nel
Il treno ne porta via di qui migliaia e migliaia, senza sosta, e tutti fanno il loro                      primo terzo del vagone che avevamo occupato…
lavoro e nessuno dice no; non una traversina viene asportata, non una vite
allentata.                                                                                                Appena saliti vicino ad alcune feritoie situate molto in alto sui due lati, delle specie di
Il treno è il diavolo. Quando emerge dalle tenebre annunciato dal chiarore torbido dei suoi               finestrini… erano stati accuratamente bloccati con del filo spinato.
fanali, quando dà vento, in fischi striduli, al suo trionfo su di noi, quando scivola lento
lungo la banchina, pulsando e sbuffando, per arrestarsi poi in mezzo a getti di vapore
ardente e a vibrazioni sorde, appare come un mostro preistorico dalla forza immensa,
come un drago uscito da un mito crudele. Eccolo,sta in mezzo al campo quasi evocato
dagli inferi con un incantesimo…Ed allora, non appena questo demone è scaturito
tuonando dall'abisso, e si è fermato in attesa, ognuno sente che la sua silenziosa presenza
è altrettanto fatale quanto gli squilli laceranti delle trombe del Giudizio… Il trasporto
c’era sempre: il treno può forse ritardare di un’ora ma viene.



Le luci si spengono, inizia il terzo intervento musicale e
contemporaneamente scorrono 42 foto del reportage
(Arrivo e ingresso nel campo: da dia 26 a 68); dopo il fermo
immagine (appello uomini dopo selezione), le luci si accendono e tre
lettori si avvicinano ai microfoni per leggere il testo “Arrivo al
campo “tratto da “ Essere senza destino” di I. Kertesch, da “ La
Notte “ di E. Wiesel, da “ Se questo è un uomo” di Primo Levi
9
10°Lettore: Bertuzzi Fabio                                                                              11° Lettore: Scolaro Alessandra

…Da fuori udivo invece avvicinarsi dei colpi, il crepitare degli sportelli, il rumore                   In meno di dieci minuti tutti noi uomini validi fummo radunati in un gruppo. Quello
uniforme con cui i viaggiatori premono per scendere dal treno, e allora pensai che non c'era            accadde degli altri, delle donne, dei bambini, dei vecchi, noi non potemmo stabilire
dubbio, eravamo giunti proprio alla meta. Naturalmente ero felice, però mi sembrava di                  allora né dopo: la notte li inghiottí, puramente e semplicemente. Oggi però sappiamo che
esserlo in modo diverso da come lo sarei stato solo il giorno precedente, anzi, quello prima            in quella scelta rapida e sommaria, di ognuno di noi era stato giudicato se potesse o no
ancora. Poi anche sul nostro sportello si sentì il rumore di un attrezzo e il portellone                 lavorare utilmente per il Reich; sappiamo che nei campi rispettivamente di Buna
pesante fu fatto scorrere da uno o forse più persone.                                                    Monowitz e Birkenau, non entrarono, del nostro convoglio, che novantasei uomini e
Come prima cosa ho sentito le loro voci. Parlavano tedésco, o una lingua molto simile, e lo             ventinove donne, e che di tutti gli altri, in numero di piú di cinquecento, non uno era
facevano tutti contemporaneamente, o almeno così sembrava. Da quello che capivo,                        vivo due giorni piú tardi. Sappiamo anche, che non sempre questo pur tenue principio di
volevano che scendessimo, solo che intanto si infilavano loro stessi dentro il vagone; per il           discriminazione in abili e inabili fu seguito, e che successivamente fu adottato spesso il
momento, comunque, io non riuscivo a vedere niente. Ma già girava voce che le valigie e i               sistema più semplice di aprire entrambe le portiere dei vagoni, senza avvertimenti né
pacchi dovessero rimanere sul treno. Più tardi - così fu dichiarato, tradotto e riferito di             istruzioni ai nuovi arrivati. Entravano in campo quelli che il caso faceva scendere da un
bocca in bocca - tutti avrebbero ovviamente riavuto le cose di loro proprietà, ma prima                 lato del convoglio; andavano in gas gli altri.
queste dovevano passare la disinfestazione e, quanto a noi, ci aspettava un bagno: in effetti,          Così morí Emilia, che aveva tre anni; poiché ai tedeschi appariva palese la necessità storica
anch'io ritenevo che fosse proprio ora. Solo a quel punto le persone del posto si sono                  di mettere a morte i bambini degli ebrei. Emilia, figlia dell'ingegner Aldo Levi di Milano,
avvicinate nella bolgia generale e io sono riuscito a vederle. Sono rimasto piuttosto                   che era una bambina curiosa, ambiziosa, allegra e intelligente; alla quale, durante il viaggio
sorpreso, perché dopo tutto era la prima volta in vita mia che vedevo - così da vicino - dei            nel vagone gremito, il padre e la madre erano riusciti a fare il bagno in un mastello di zinco,
veri detenuti, con le divise a righe, la testa rasata a zero, i berretti rotondi dei delinquenti.       in acqua tiepida che il degenere macchinista tedesco aveva acconsentito a spillare dalla
                                                                                                        locomotiva che ci trascinava tutti alla morte.
                                                                                                        Scomparvero così in un istante, a tradimento, le nostre donne, i nostri genitori, i nostri figli.
                                                                                                        Quasi nessuno ebbe modo di salutarli. Li vedemmo un po' di tempo come una massa oscura
                                                                                                        all'altra estremità della banchina, poi non vedemmo piú nulla.


12°Lettore: Tavazzi Giorgia

Mai dimenticherò quella notte la prima notte al campo, che ha fatto della mia vita lunga
notte e per sette volte sprangata.
Mai dimenticherò quel fumo.
Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute
di i fumo sotto un cielo muto…
Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono… la mia anima e i miei- sogni, che
presero il volto del deserto.
Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai.
La baracca dove ci avevano fatto entrare era molto lunga. Sul tetto qualche lucernario
azzurrato. Era quello l'aspetto che deve avere l'anticamera dell'inferno.


Le luci si spengono, inizia il quarto intervento musicale e
successivamente scorrono 31 foto del reportage (L’annullamento
di un uomo: da dia 69 a 100); dopo il fermo immagine (bambini filo
10
spinato), due lettori + voce esterna si avvicinano per leggere il
testo “L’annullamento di un uomo” tratto da “Se questo è un uomo
“ di P. Levi.

Lettore: voce esterna                                                                             13° Lettore: Guselli Marco


Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per               Abbiamo ben presto imparato che gli ospiti del Lager sono distinti in tre categorie: i
esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi            criminali, i politici e gli ebrei. Tutti sono vestiti a righe, sono tutti Haftlinge, ma i criminali
profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Piú giú di cosí non si può        portano accanto al numero, cucito sulla giacca, un triangolo verde; i politici
andare: condizione umana piú misera non c'è, e non è pensabile. Nulla piú è nostro: ci            un triangolo rosso; gli ebrei, che costituiscono la grande maggioranza, portano la stella
hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci     ebraica, rossa e gialla. Le SS ci sono sí, ma poche, e fuori del campo, e si vedono
ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo,         relativamente di rado: i nostri padroni effettivi sono i triangoli verdi, i quali hanno mano
dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sí che dietro al nome, qualcosa ancora di       libera su di noi, e inoltre quelli fra le due altre categorie che si
noi, di noi quali eravamo, rimanga.                                                                prestano ad assecondarli: i quali non sono pochi.
Noi sappiamo che in questo difficilmente saremo compresi, ed è bene che cosí sia. Ma              Ed altro ancora abbiamo imparato, piú o meno rapidamente, a seconda del carattere di
consideri ognuno, quanto valore, quanto significato è racchiuso anche nelle piú piccole           ciascuno; a rispondere «Jawohl», a non fare mai domande, a fingere sempre di avere capito.
nostre abitudini quotidiane, nei cento oggetti nostri che il piú umile mendicante possiede:       Abbiamo appreso il valore degli alimenti; ora anche noi raschiamo diligentemente il fondo
un fazzoletto, una vecchia lettera, la fotografia di una persona cara. Queste cose sono           della gamella dopo il rancio, e la teniamo sotto il mento quando mangiamo il pane per non
parte di noi, quasi come membra del nostro corpo; né è pensabile di venirne privati, nel          disperderne le briciole. Anche noi adesso sappiamo che non è la stessa cosa ricevere il
nostro mondo, ché subito ne ritroveremmo altri a sostituire i vecchi, altri oggetti che sono      mestolo di zuppa prelevato dalla superficie o dal fondo del mastello, e siamo già in grado di
nostri in quanto custodi e suscitatori di memorie nostre.                                         calcolare, in base alla capacità dei vari mastelli, quale sia il posto più conveniente a cui
Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le        aspirare quando ci si mette in coda.
sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo
vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade
facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potrà a cuor
leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinità umana; nel caso
piú fortunato, in base ad un puro giudizio di utilità. Si comprenderà allora il duplice
significato del termine « Campo di annientamento », e sarà chiaro che cosa intendiamo
esprimere con questa frase: giacere sul fondo.
Haftling: ho imparato che io sono uno Haftling. Il mio nome è 174517; siamo stati
battezzati, porteremo finché vivremo il marchio tatuato sul braccio sinistro.


14° Lettore: Zani Marcello


Il Blockaltester (il kapò) ha chiuso la porta Tagesraum-dormitorio e ha aperto le altre due
che dal Tagesraum e dal dormitorio dànno all'esterno. Qui, davanti alle due porte, sta
l'arbitro del nostro destino, che è un sottufficiale delle SS. Ha a destra il Blockaltester, a
sinistra il furiere della baracca. Ognuno di noi, che esce nudo dal Tagesraum nel freddo
dell'aria di ottobre, deve fare di corsa i pochi passi fra le due porte davanti ai tre,
consegnare la scheda alla SS e rientrare per la porta del dormitorio. La SS, nella frazione di
11
secondo fra due passaggi successivi, con uno sguardo di faccia e di schiena giudica della
sorte di ognuno, e consegna a sua volta la scheda all'uomo alla sua destra o all'uomo alla
sua sinistra, e questo è la vita o la morte di ciascuno di noi. In tre o quattro minuti una
baracca di duecento uomini è «fatta», e nel pomeriggio l'intero campo di dodicimila
uomini. Io confitto nel carnaio del Tagesraum ho sentito gradualmente allentarsi la
pressione umana intorno a me, e in breve è stata la mia volta. Come tutti, sono passato con
passo energico ed elastico, cercando di tenere la testa alta, il petto in fuori e i muscoli
contratti e rilevati. Con la coda dell'occhio ho cercato di vedere alle mie spalle, e mi è
parso che la mia scheda sia finita a destra. A mano a mano che rientriamo nel dormitorio,
possiamo rivestirci. Nessuno conosce ancora con sicurezza il proprio destino, bisogna
anzitutto stabilire se le schede condannate sono quelle passate a destra o a sinistra. Ormai
non è piú il caso di risparmiarsi l'un l'altro e di avere scrupoli superstiziosi. Tutti si
accalcano intorno ai piú vecchi, ai piú denutriti, ai piú «mussulmani»; se le loro schede
sono andate a sinistra, la sinistra è certamente il lato dei condannati.


Le luci si spengono, inizia il quinto intervento musicale e
successivamente scorrono 18 foto del reportage (Nel campo:il
lavoro e la fame: da dia 101 a 119); dopo il fermo immagine
(deportati durante la pausa pranzo), un lettore si avvicina per
leggere il testo “La fame” tratto da “Anni di infanzia di J.
Oberski.

15° Lettore: Esposti Riccardo


In questo campo mangiavo pochissimo. La mamma diceva che dovevo mangiare di più,
altrimenti mi sarei ammalato. Ma io non avevo fame. Un giorno, dopo il pranzo, la mamma
mi portò nel posto dove stavano i pentoloni del cibo. Erano grossi pentoloni di ferro.
C'erano molti bambini lì. La mamma disse che dovevo aiutarli a riportare le pentole in
cucina. Le domandai se sarebbe venuta anche lei, ma lei rispose che non si poteva. Dovevo
semplicemente afferrare uno dei pentoloni da un lato e aiutare a portarlo; gli altri lo
reggevano dall'altra parte. Poi saremmo tornati indietro tutti insieme e lei sarebbe stata lì
ad aspettarmi. Io non avevo nessuna voglia di farlo, perché bisognava traversare il recinto
e fare tutta quella strada. E lì era pieno di soldati con i fucili. Forse non ci avrebbero più
lasciati tornare indietro. Ma la mamma disse che lo dovevo fare, tutti i bambini dovevano a
turno dare una mano a riportare i pentoloni e siccome io non lo avevo mai fatto finora,
adesso toccava a me aiutare, per una volta. Cominciai a piangere e a dire che davvero non
volevo. Ma la mamma mi carezzò la testa e disse che dovevo farlo per amor suo.
Altrimenti gli altri si sarebbero arrabbiati con lei, se io non volevo aiutare. Dissi che l'avrei
fatto il giorno dopo. Ma non si poteva. Dovevo farlo subito.Il manico era troppo alto per
12
me. I ragazzini più grandi portavano la pentola. Io non dovevo far altro che metterci sopra
una mano. Dissi che in questo caso non c'era nessuna necessità che andassi con loro, ma la
mamma disse che dovevo dimostrare che facevo del mio meglio.La mamma mi fece un
cenno di saluto e rise. Al cancello del recinto dovemmo aspettare un bel po'. Poi aprirono. I
soldati sollevavano il coperchio di ogni pentola e ci guardavano dentro. La nostra non
aveva coperchio così potemmo passare subito. Dovevamo percorrere un pezzo di strada.
Poi si arrivava alla baracca delle cucine. Lì faceva un caldo terribile. Sulla porta c'era un
uomo che aveva addosso solo un paio di calzoni. Ci mostrò dove dovevamo deporre il
pentolone. Disse anche che dovevamo far subito ben bene la pulizia delle pentole. Ci fu un
gran baccano. I bambini facevano rumore con i coperchi. L'uomo domandò se c'erano altri
bambini. Poi richiuse la porta. Alzò una mano e contò fino a tre. D'improvviso ci fu un
gran silenzio. Tutti i bambini si chinarono sull'orlo dei pentoloni. Alcuni non toccavano più
per terra con i piedi. Si vedevano solo le loro schiene curve e le gambe. Teste e braccia
erano scomparse. Io avrei volentieri dato una mano a pulire, ma non sapevo che cosa fare.
E l'uomo aveva molta premura. Mi misi accanto al nostro pentolone e cercai di guardare
oltre l'orlo. I bambini che lo avevano portato se n'erano già andati. Ora stavano ripulendone
un altro. L'uomo mi venne vicino. Aveva la barba nera e i baffi. Guardò nella pentola e poi
guardò me. Aveva visto che io non avevo aiutato a pulire. Mi domandò se andava bene. Io
feci cenno di sì, ma lui disse che io non arrivavo all'orlo. Mise una pentola più piccola
rovesciata accanto al pentolone. «Mettiti lì sopra». Guardai oltre l'orlo. Sulla parete interna
del pentolone c'erano ancora molti avanzi gialli di patate.


Le luci si spengono, inizia il sesto intervento musicale e
contemporaneamente scorrono 41 foto (La liberazione: da dia 120
a 161); dopo il fermo immagine ( incendio del campo), due lettori +
voce esterna si dirigono verso i microfoni e leggono il testo “
Liberazione” tratto da “La notte” di E. Wiesel; “ Essere senza
destino” di I. Kertesch e “Un sacchetto di biglie” di J.Joffo


Lettore: voce esterna

I superstiti raccontano che ci sono diversi modi per sopravvivere al campo di                      16° Lettore: Pedrazzini
concentramento: ascoltiamo una testimonianza…

                                                                                                   Il 5 aprile la ruota della Storia girò.
                                                                                                   tra pomeriggio inoltrato ed eravamo tutti in piedi nel blocco aspettando che una SS
Sta di fatto che, anche in prigionia, la nostra immaginazione rimane libera. Per esempio,          venisse a contarci, ma tardava a venire. Un tale ritardo non si era mai verificato a
sono riuscito ad arrivare al punto che, mentre le mie mani erano affaccendate con la pala o la     memoria di Buchenwald: doveva essere successo qualcosa.
zappa con movimenti dosati con parsimonia e sempre limitati allo strettissimo indispensabile       Due ore dopo gli altoparlanti trasmisero un ordine del capo del campo: tutti gli ebrei
13
- io ero come assente. Tuttavia la fantasia non è poi sconfinata, esistono - come ho avuto           dovevano recarsi sul piazzale dell'appello. Era la fine! Hitler stava per mantenere la sua
modo di provare - delle barriere. Infatti, a dire il vero, con lo stesso sforzo avrei potuto         promessa.
ritrovarmi ovunque, a Calcutta, in Florida, nei luoghi più belli del mondo. Ma questo non era        I ragazzi del nostro blocco si diressero verso il piazzale: non c'era altro da fare, visto che
abbastanza serio, non era credibile - diciamo così - quindi il più delle volte mi ritrovavo          Gustav, il responsabile del blocco, ci parlava col suo bastone... Ma, lungo la strada,
semplicemente a casa mia. Certo, anche in questo c'era dell'audacia e non meno di quanta ve          incontrammo dei prigionieri che ci sussurrarono:
ne fosse nella fantasia di traspormi per esempio a Calcutta; ma nell'immaginarmi a casa              - Tornate al vostro blocco. I tedeschi vi vogliono fucilare. Tornate al vostro blocco e non
trovavo ancora una certa modestia, diciamo una specie di lavoro che rendeva corretto il mio          muovetevi.
sforzo e quindi in qualche modo lo avvalorava. Per esempio, mi è stato ben presto chiaro che         Noi ritornammo al blocco, e apprendemmo strada facendo che l'organizzazione di
a casa non avevo vissuto veramente, che non avevo utilizzato veramente le mie giornate e             resistenza del campo aveva deciso di non abbandonare gli ebrei e di impedire la loro
che c'era tanto, tantissimo di cui pentirsi. C'erano delle pietanze - come mi tornò in mente -       liquidazione. Il 10 aprile eravamo ancora ventimila nel campo, fra cui qualche centinaio
che avevo spiluccato con aria schizzinosa per poi respingerle, semplicemente perché non mi           di ragazzi. Decisero di evacuarci tutti in una sola volta, fino a sera; poi avrebbero fatto
piacevano e in questo momento mi apparve come una mancanza, incomprensibile e                        saltare il campo. Eravamo quindi ammassati nell'immenso piazzale dell'appello, in file di
irreparabile… Inoltre a casa certe cose mi avevano sempre fatto innervosire, anzi mi                 cinque, aspettando di vedere aprirsi il portone, quando all'improvviso le sirene si misero a
avevano persino fatto paura - per quanto ridicolo possa essere - come determinate materie, i         urlare. Allarme. Ritornammo nei blocchi. Era troppo tardi per farci evacuare quella sera, e
professori, le ínterrogazioni, l'eventualità di fare brutta figura e, per finire, mio padre quando   l'evacuazione fu rinviata al giorno dopo. La fame ci attanagliava: non avevamo mangiato
dovevo comunicargli un voto: adesso continuavo a evocare quelle paure per il puro                    nulla da ben sei giorni, tranne un po' d'erba e qualche buccia di patata trovata vicino alle
divertimento di riviverle e di sorriderne. Ma la mia occupazione preferita consisteva                cucine. Alle dieci del mattino le SS si sparpagliarono per il campo e si misero a spingere
nell'immaginare e ripetermi continuamente un'intera giornata a casa, senza lacune, se                le ultime vittime verso il piazzale dell'appello. Il movimento di resistenza decise allora di
possibile dal mattino fino alla sera e di farlo limitandomi comunque a fatti modesti. Perché         entrare in azione. Uomini armati sorsero all'improvviso un po' dappertutto. Raffiche,
mi sarebbe costata troppa fatica immaginare una giornata eccezionale, magari addirittura la          scoppi di bombe a mano. Noi ragazzi restammo sdraiati per terra nel blocco. La battaglia
giornata ideale - e così immaginavo semplicemente una giornata brutta, la sveglia al mattino         non durò a lungo. Verso mezzogiorno tutto era ritornato calmo; le SS erano fuggite e i
presto, la scuola, l'imbarazzo, il pranzo cattivo, e qui nel campo di concentramento                 resistenti avevano preso la direzione del campo. Verso le sei del pomeriggio il primo
realizzavo tutte le innumerevoli opportunità che non avevo saputo cogliere, che avevo                carro armato americano si presentò alle porte di Buchenwald. Il nostro primo gesto di
rifiutato o magari nemmeno notato, e le realizzavo, oserei dire, il più compiutamente                uomini liberi fu quello di gettarci sulle vettovaglie Non pensavamo che a quello, né alla
possibile. Ne avevo già sentito parlare e adesso potevo testimoniarlo io stesso: davvero,            vendetta, né ai parenti: solo al pane. E anche quando non avemmo più fame non ci fu
neppure i muri opprimenti di una prigione possono frenare il volo dell'immaginazione. Il             nessuno che pensò alla vendetta. Il giorno dopo, qualche giovanotto corse a Weimar a
problema era soltanto questo: se mi spingevo fino a dimenticare persino le mani, allora la           raccogliere patate e vestiti, e qualche ragazza, ma di vendetta nessuna traccia. Tre giorni
realtà ben presto tornava a imporsi con grande vigore e determinazione perché, malgrado              dopo la liberazione di Buchenwald io caddi gravemente ammalato: un'intossicazione. Fui
tutto, qui continuava a esistere.                                                                    trasferito all'ospedale e passai due settimane fra la vita e la morte. Un giorno riuscii ad
                                                                                                     alzarmi, dopo aver raccolto tutte le mie forze. Volevo vedermi nello specchio che era
                                                                                                     appeso al muro di fronte: non mi ero più visto dal ghetto. Dal fondo dello specchio un
                                                                                                     cadavere mi contemplava. Il suo sguardo nei miei occhi non mi lascia più.
Lettore: voce esterna



Ecco tutto.
Oggi ho quarantadue anni e dei bambini. Tre bambini.
Guardo mio figlio come mi guardava, trent'anni fa, mio padre e mi viene una domanda,
idiota forse, come tante domande.
Perché ho scritto questo libro? Certo, è una domanda che avrei dovuto farmi prima di
incominciare, sarebbe stato più logico ma le cose non avvengono spesso logicamente, mi è
uscito come una cosa naturale, mi era forse necessario. Mi dico che lo leggerà più tardi e
questo mi basta. Lo respingerà, lo considererà un insieme di ricordi stantii o, al contrario, ci
rifletterà, adesso tocca a lui giocare questo gioco. In ogni caso, immagino di dovergli dire
14
stasera, all'ora in cui entrerà nella sua camera a fianco della mia, "Bambino mio, prendi la
tua sacca e 50.000 franchi (vecchi) e parti." A me è successo, è successo a mio padre e mi
invade una gioia senza limiti a pensare che a lui non succede.
Il mondo andrà meglio?
Guardando dormire mio figlio non posso che augurarmi una cosa: che mai provi il tempo
della sofferenza e della paura come lo ho conosciuto io durante quegli anni.
Ma cos’ ho da temere? Cose del genere non si riprodurranno più, mai più.
Le sacche sono in solaio e ci resteranno per sempre.
Forse...



L’ultimo lettore spegne le luci dei leggii; due alunni tolgono dal
palco i due leggii e si dirigono verso i lati dei semicerchi; mentre
inizia la musica finale (Corale di Bach), vengono proiettate le
ultime due diapositive; dalle loro postazioni, uno a uno fluiscono gli
alunni mentre il faretto illumina il centro del palco.



Ciascun alunno porta un sasso; depone il sasso al centro del palco a
formare un cumulo di sassi e subito dopo si siede assumendo la
posizione del fiore chiuso; l’ultimo alunno pone sul cumulo un lume
acceso. La musica scema, il palco si illumina ( luci soffuse).



Dopo il fermo immagine dell’ultima foto, gli alunni chiusi nella Nasceranno da noi/uomini migliori./La generazione
posizione a fiore si schiudono mentre recitano i versi della poesia che dovrà venire/sarà migliore/di chi è nato dalla terra,/dal ferro
di Nazim Hikmet.                                                    e dal fuoco./Senza paura
                                                                    e senza troppo riflettere/i nostri nipoti
                                                                    si daranno la mano/e rimirando/le stelle dei cielo
                                                                    diranno:/« Com'è bella la vita! ». Intoneranno
                                                                    una canzone nuovissima, profonda come gli occhi dell'uomo,/fresca
                                                                    come un grappolo d'uva,
                                                                    una canzone libera e gioiosa./Nessun albero
15
                                                               ha mai dato/frutti più belli. E nemmeno/la più bella
                                                               delle notti di primavera/ha mai conosciuto
                                                               questi suoni,/questi colori,/Nasceranno da noi
                                                               uomini migliori./La generazione/che dovrà venire
                                                               sarà migliore/di chi è nato/dalla terra,/dal ferro e dal fuoco.

Inizia l’ultimo intervento musicale. Scorrono sullo schermo le
immagini dei volti ritrovati dei sopravvissuti/ragazzi.
16


                      Bibliografia                                                Musicografia

                                                           Sukou     Quartetto per Flauti
A. Frank, Diario, Einaudi

J. Joffo, Un sacchetto di biglie, Sansoni                  Tema dal Film “Shindler List” : versione per Flauti e Clarinetti
                                                                                            versione per 2 Pianoforti a 4
J. Presser, La notte dei girondini, Adelphi,                                                mani
                                                                                            versione per Violino e basso
I. Kertész, Essere senza destino,                                                           versione per Chitarre

E. Wiesel, La notte, De Agostini,                          Adon Olam       Quartetto per chitarre

P. Levi, Se questo è un uomo, Einaudi,                     3 Danze ebraiche: Sham Hren Golam,
                                                                            Zemer Atik,
J. Oberski, Anni di infanzia, La Giuntina,                                  Ose Shalom versione per Orchestra

H. Schneider, Il rogo di Berlino, Adelphi,                 J.S.Bach Corale per Orchestra

H. Schneider, Lasciami andare, madre, Adelphi
                                                           Colonna sonora DVD
                                                           F. Schubert La morte e la fanciulla Quartetto per archi in Re
R. Loy, La parola ebreo, Einaudi,
                                                                                               Minore N.14 (D 810

N. Hikmet, Poesie, Einaudi

B. Bruneteau, Il secolo dei genocidi, Il Mulino                                   Sitografia
                                                           Alcuni siti italiani
L. Malle, Arrivederci ragazzi, Archimede
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Lettere di L. Jacobson: dal liceo ad Auschwitz, L’ Arca    testimonianze storiche ed informazioni e propone percorsi
17
                                               tematici per argomento.
I. Dische, Le lettere del Sabato, Loescher
                                              Olocausto – Seconda Guerra Mondiale . Sito dedicato alla Seconda
L. Araldi, Educare alla pace, Mattioli        Guerra Mondiale. Contiene un sezione dedicata all’olocausto con
                                              schede descrittive dei Lager.
F. Ulhman, L’amico ritrovato, Feltrinelli
                                              Galleria fotografica di Auschwitz. Contiene una serie di foto dei
Destinazione Auschwitz, Proedi Editore        luoghi della memoria.

                                              Auschwitz-Birkenau. Descrive e da informazioni sui campi di
C. Lanzmann, Shoah, Einaudi
                                              concentramento ed Auschwitz .

                                               Schiavi di Hitler. Museo virtuale della deportazione. Il sito è
                                              stato realizzato nell'anno 2001 dall'Istituto di Storia
                                              Contemporanea "Pier Amato Perretta" di Como.

                                              Alfabeto di Auschwitz. Si tratta della versione italiana di "An
                                              Auschwitz Alphabet" di Jonathan Fallace

                                               (www.spectacle.org/695/ausch.html ). E’ un lavoro sull’Olocausto
                                              degli ebrei e sul lager di Auschwitz in particolare, che Jonathan ha
                                              messo insieme come tributo a Primo Levi.

                                              Le foto del reportage fotografico, contenuto nel DVD allegato al
                                              testo, si possono reperire nel sito 20th Century History.
                                              about.com.




Casalpusterlengo, 27 Gennaio 2008
18


                 Note                                           Note
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19




  Anno scolastico 2007/2008: le classi 3^C e 3^E ricordano la Yom Ha Shoah, la Giornata della memoria, che si celebra il 27
  Gennaio, giorno della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, dando voce e volto a chi ha vissuto la tragedia dei
  campi di concentramento.
  In questa pubblicazione viene presentato il percorso teatrale che ha coinvolto gli alunni nella scelta di musiche, immagini e
  testi, tratti, questi ultimi, da scrittori che sono stati testimoni diretti del genocidio del popolo ebraico, nella convinzione che
  ricordare chi è stato dimenticato dalla Storia può diventare un “grido di pace”, un impegno rivolto a ciascuno di noi per
  mantenere la “Memoria”, per non dimenticare l’ “Indicibile” e al tempo stesso di operare in maniera decisiva a favore
  dell’armonia fra gli uomini.
  La presentazione del nostro lavoro teatrale è stata curata dal prof. Piero Cattaneo, Dirigente scolastico della Scuola Media
  Statale “Griffini” di Casalpusterlengo.




In copertina foto di bambini internati nel campo di concentramento di Auschwitz
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Yom Ha Shoah: la sceneggiatura

  • 1. 27 Gennaio 1945 - Liberazione di Auschwitz 27 Gennaio 2008 - Giornata della memoria Yom Ha Shoah A chi ha saputo perdonare, ma non dimenticare
  • 2. 2 Script della presentazione teatrale “Yom Ha Shoah” Prima Edizione ne ”Gliscuolamedia,” Gennaio 2008 La biblioteca che c’è Casa Editrice Scuola Media Griffini - via Olimpo, 6 - Casalpusterlengo – Lodi Sito Casa Editrice:www.griffini.lo.it Si ringraziano per la fattiva collaborazione i docenti di Lettere della terza C ed E e i docenti di Strumento delle classi ad Indirizzo Musicale.
  • 3. 3 27 Gennaio:Giorno della Memoria Il prossimo 27 gennaio sarà celebrata nel mondo l’ottava Giornata della memoria, a sessantatre anni dal giorno della liberazione dei prigionieri di Auschwitz. A distanza di tanti anni rimane il dovere di ricordare quei milioni di persone, uomini, donne e bambini, per il novanta per cento ebrei (ma non si devono dimenticare le migliaia di vittime tra gli zingari, gli omosessuali, gli oppositori politici e altre minoranze etniche e religiose) che morirono nei campi di concentramento. L’Italia ha istituito il «Giorno della memoria in ricordo dello sterminio e delle persecuzioni del popolo ebraico e dei deportati militari e politici nei campi nazisti» con la legge 20 luglio 2000, n. 211. L’art. 1 definisce le finalità del Giorno della Memoria: «ricordare la Shoah (sterminio del popolo ebraico), le leggi razziali, la persecuzione italiana dei cittadini ebrei, gli italiani che hanno subito la deportazione, la prigionia, la morte, nonché coloro che, anche in campi e schieramenti diversi, si sono opposti al progetto di sterminio, ed a rischio della propria vita hanno salvato altre vite e protetto i perseguitati». L’art. 2 prevede che in tale giorno vengano organizzati momenti di narrazione dei fatti e di riflessione, in modo particolare nelle scuole dei due cicli di istruzione, «affinché simili eventi non possano mai più accadere». Ma questo «mai più» rischia di rimanere un semplice auspicio, dati gli eventi tragici che continuano ad accadere in varie parti del mondo. Nella Dichiarazione del Foro Internazionale di Stoccolma sull’Olocausto si legge: «Di fronte ad un’umanità ancora segnata dal genocidio, dalla pulizia etnica, dal razzismo, dall’antisemitismo e dalla xenofobia, la comunità internazionale condivide una responsabilità solenne nella lotta contro questi mali». Le scuole italiane anche quest’anno si impegneranno in manifestazioni e attività mirate all’approfondimento degli eventi ricollegabili con l’Olocausto, accogliendo il monito sempre attuale di Primo Levi: ricordare la tragedia dei campi nazisti, non arrendendosi all’oblio, al potere anestetizzante degli anni, soprattutto quando i testimoni diretti di simili tragedie saranno a loro volta scomparsi. La Scuola Media “Griffini” di Casalpusterlengo per il 26 Gennaio ha preparato un momento di riflessione in cui sono state proposte letture e musiche che commentano uno degli eventi tragici della storia del Novecento: il genocidio degli Ebrei. Una serata dedicata a” quelli hanno saputo perdonare ma non dimenticare ”perché la Memoria, come afferma Amos Luzzatto significa ”scavare nel passato in modo selettivo per cercarvi non tanto le gesta degli eroi sui campi di battaglia quanto gli esempi di solidarietà e di cooperazione; esempi forse rimasti nell’ombra ma non per questo meno rilevanti, forse al contrario. E’ questa infine quella Memoria che può diventare uno strumento di fiducia nel domani”. È questa la Memoria che ci accingiamo a celebrare il 27 gennaio 2008. Prof. Piero Cattaneo Dirigente Scolastico della Scuola Media “ Griffini” di Casalpusterlengo
  • 4. 4 Auditorium della Scuola Media Griffini 27 Gennaio 2008- Giornata della memoria Script della presentazione teatrale “ Yom Ha Shoah” Auditorium scuola Luci soffuse. Telo abbassato. L’orchestra è posizionata a sinistra del palco. Gli orchestrali portano sul braccio una fascia sulla quale vi è stampato il numero di matricola del campo. Parte degli alunni sono seduti sui gradini della scala centrale dell’auditorium e indossano magliette colorate; i restanti sono seduti,nella posizione del fiore chiuso, in ordine sparso al centro dell’auditorium, tengono in mano la foto senza volto e indossano magliette bianche. Le luci si abbassano, inizia la colonna sonora (tema di Schindler’ s ” A chi ha saputo perdonare, ma non dimenticare”. list- violino) e vengono proiettate sullo schermo la presentazione e la citazione (prime due diapositive):. Dopo 10 secondi, un musicista esegue la musica di sottofondo; le luci si accendono mentre gli alunni seduti si alzano, si dispongono in file serrate al centro dell’auditorium (gambe divaricate, occhi chiusi) e si coprono il viso con la foto; gli alunni seduti sui gradini scendono a rompere le file serrate, recitando la citazione di cui ” A chi ha saputo perdonare, ma non dimenticare”. sopra e invitano i compagni ad aprire gli occhi, accompagnandoli verso i lati dell’auditorium a formare due semicerchi; due alunni posizionano microfoni e leggii davanti ai semicerchi. Le luci si abbassano e contemporaneamente vengono proiettate in
  • 5. 5 sequenza le tre parole chiave ( genocidio – olocausto – shoah: 3 Primo lettore: Frijo dia); quattro lettori spiegano l’etimologia delle parole e il loro Genocidio deriva dal greco (ghénos, razza, stirpe) e dal latino significato. (caedo,uccidere); il termine definisce “l’insieme degli atti commessi con l'intenzione di distruggere, in tutto o in parte, un gruppo nazionale, etnico, razziale o religioso". L’Olocausto è riconosciuto universalmente come un genocidio e da alcuni storici come una forma estrema di genocidio o addirittura come un fenomeno unico nella storia. Secondo lettore: Tedeschi Andrea Il governo del Terzo Reich dal 1938 iniziò l’annientamento sistematico degli Ebrei. Questo progetto fu denominato “soluzione finale”. La soluzione finale si articolava in quattro fasi: schedare le vittime, spogliarle dei loro beni, ridurre la loro libertà di movimento, e infine deportarle per l’eliminazione. Nel 1944 dopo la liberazione ,ad opera degli alleati, si stimò che furono sterminati, da 5 a 7 milioni di Ebrei. Terzo lettore: Bozzi Gli Ebrei sopravvissuti definirono lo sterminio del loro popolo con il termine “Olocausto” (dal greco holos "completo" e kaustos "rogo"). Il significato del termine inerisce alle vittime sacrificali prescritte dalla Torah, il libro sacro degli Ebrei, come offerte a Dio. Nel 1946 l’ONU definì il genocidio degli Ebrei come un crimine deliberato e intenzionale perpetrato nei confronti del popolo ebraico. Oggi gli Ebrei preferiscono usare il termine Shoah per definire lo sterminio del loro popolo nei campi di concentramento, un termine
  • 6. 6 libero da ogni implicazione teologica. Shoah significa “ distruzione, annientamento, demolizione “spirituale e fisica “ di un uomo. Le luci si accendono e un lettore si avvicina al microfono e legge la Quarto lettore: Landoni Stefano motivazione della serata. Dedichiamo questa serata ai popoli che ancora oggi vivono situazioni di oppressione, perchè dalla riflessione sul passato possa nascere la consapevolezza che non sempre la storia è automaticamente maestra di vita. Evitare che gli errori della storia si ripetano dipende dalla nostra coscienza individuale: non essere indifferenti, studiare il passato, leggere il presente senza superficialità e senza pregiudizio. Le voci che sentiremo questa sera sono le voci di un popolo che è stato sterminato dalla nostra indifferenza. Le luci si spengono; inizia il primo intervento musicale e contemporaneamente il reportage (sette foto: da dia 6 a dia 13: Le leggi razziali); dopo il fermo immagine della ultima foto( famiglia ebrea con stella), tre alunni si avvicinano ai microfoni, accendono le pile e leggono il testo “Che cos’è un ebreo” tratto da “Un sacchetto di biglie” di J.Joffo. 6°Lettore: Ghilardi Francesca 5°Lettore: Sgariboldi Andrea Ma cosa sta succedendo? Ero un bambino, io, con delle biglie, delle manate, delle corse, dei Mamma tira con il filo. Un colpo di denti a livello del tessuto ed ecco fatto, sono giocattoli, delle lezioni da studiare, papà era parrucchiere, i miei fratelli pure, la mamma stampigliato; con due dita della mano che ha appena cucito, la mamma dà un colpetto sulla cucinava, alla domenica papà ci portava a Longchamp a vedere i ronzini e a prendere aria, stella, come una sarta di lusso che termina il punto difficile. E’ stato più forte di lei… durante la settimana andavo a scuola, ecco tutto, e improvvisamente mi appiccicano qualche Papà apre la porta mentre mi infilo la giacca… centimetro quadrato di stoffa e divento ebreo. A meno di duecento metri c’è il cancello della scuola, il cortile con i castagni neri in questa Ebreo. Cosa vuol dire, in primo luogo? Che cos'è un ebreo? stagione… Sento la collera che raddoppia per la rabbia di non capire. Ci sono dei gruppi sotto il portico, altri corrono, girano a tutta velocità tra i piloni che «Hai visto il suo naso?» sostengono il tetto. In rue Marcadet c'era un manifesto sopra il negozio di scarpe, proprio all'angolo, un “ Ehi, ragazzi, avete visto Joffo?”… manifesto molto grande, a colori. Ci si vedeva su un ragno che strisciava sul globo terrestre, Si è formato un cerchio e io ne ero il centro. un grosso ragno peloso con la testa d'uomo, una brutta faccia con gli occhi stretti, le orecchie Kraber ha sorriso subito, la lampada gli illuminava il viso. a sventola, la bocca labbruta e un naso orribile a lama di scimitarra. Sotto, c'era scritto “Non sei mica solo, in seconda ce ne sono che l’hanno uguale”
  • 7. 7 Dall’ombra, dietro viene un movimento e compaiono due visi, non sorridenti questi. qualcosa come: «L'ebreo che cerca di possedere il mondo». Ci si passava spesso davanti con “ Sei un giudeo, tu?” Maurice. Non ci faceva né caldo né freddo, non eravamo noi quel mostro! Non eravamo Difficile dire di no quando lo porti scritto sul risvolto della giacca. ragni e non avevamo la faccia così, grazie al cielo: io ero biondiccio, con gli occhi azzurri e “Sono i giudei che hanno fatto venire la guerra”… il naso come tutti gli altri. Quindi era semplice: l'ebreo non ero io. Ed ecco che, improvvisamente, quel cretino mi diceva che avevo il naso come sul manifesto! E tutto perché avevo una stella. 7°Lettore: Marchesi Francesca Quel che mi rimane di quella mattina… più che l'indifferenza degli adulti, è quella sensazione di impotenza a comprendere. Avevo lo stesso colore degli altri, la stessa faccia, avevo sentito parlare di religioni diverse e mi avevano insegnato a scuola che della gente si era battuta per cose del genere, in passato. Ma io non avevo religione, il giovedì andavo addirittura all'oratorio con gli altri ragazzini del quartiere, si giocava a pallacanestro dietro alla chiesa, mi piaceva quello e anche l'ora della merenda, l'abate ci dava un abbondante spuntino, del pane nero con la cioccolata ripiena, la cioccolata dell'occupazione con dentro una pasta bianca, un po' collosa e vagamente dolce. Certe volte ci aggiungeva anche una banana rinsecchita, una mela... La mamma era tranquilla quando ci sapeva lì, preferiva così che vederci correre per le strade o gironzolare tra i robivecchi della porta Saint-Ouen o cercar legna nei cantieri in demolizione per costruirci delle capanne o delle spade. E allora, dov'era la differenza? Le undici e mezza… Mi vesto ed esco. Fa freddo, Maurice mi aspetta… Non ci parliamo. Non ne vale la pena. Assieme, risaliamo la strada. «Jo!» Qualcuno mi corre dietro. È Zérati. Ha il fiato corto. In mano tiene un sacco di tela chiuso con un cordino. Me lo tende. «Facciamo cambio.» Non capisco subito. «Con che cosa?» Con un dito eloquente indica il risvolto del mio cappotto. «Con la tua stella.» Maurice non dice niente, aspetta sbattendo uno contro l'altro i tacchi delle scarpe. Mi decido improvvisamente. «D'accordo.» È cucita a grossi punti e il filo non è molto solido. Passoun dito, poi due e strappo. «Ecco.» Gli occhi di Zérati brillano. La mia stella per un sacchetto di biglie. Fu il mio primo affare. Le luci si spengono, inizia il secondo intervento musicale e contemporaneamente scorrono dodici foto del reportage (Evacuazione dei ghetti e Inizio del viaggio: da dia 14 a dia 25); dopo il fermo immagine (salita sul treno); successivamente la musica sfuma, le luci si spengono e due lettori si avvicinano ai
  • 8. 8 microfoni per leggere il testo “ Il treno” tratto da “ La Notte dei girondini “ di J. Presser e da “ Essere senza destino” di I. Kertész 8° lettore: Ghidelli Emanuele 9°Lettore: Ferrari Dafne Il treno. Questa parola mi perseguita : doveva venire, è venuta, e mi rimarrà addosso fino alla fine di questo racconto… Il mattino dopo ci hanno fatto iniziare il viaggio molto presto. Sotto un bellissimo sole Il treno per me è diventato il simbolo dell'infelicità e del dolore, della morte, dell'essenza estivo, il treno è partito davanti al cancello, sul binario della ferrovia suburbana - era uno stessa del Male. di quei treni merci con un sacco di vagoni color rosso mattone, chiusi sopra e sui lati. Su Il treno, il treno. Arriva e parte; ma più insopportabile dei suoi arrivi e delle sue partenze è la ciascuno dovevamo starci in sessanta, oltre al bagaglio… sua regolarità. Che soffi la tempesta, o nevichi, o grandini: il treno parte. Nessun allarme aereo lo ferma: il treno parte. I nostri alleati riducono in polvere interi A quel punto hanno chiuso gli sportelli scorrevoli alle nostre spalle, dall'esterno hanno nodi ferroviari, macinano ponti e tettoie, officine di riparazione, materiale rotabile: dato dei colpi di martello, poi si sono sentiti dei segnali, dei fischi come quelli usati di ma il treno parte… solito per i treni, uno strattone: e siamo partiti I ragazzi e io ci siamo messi comodi, nel Il treno ne porta via di qui migliaia e migliaia, senza sosta, e tutti fanno il loro primo terzo del vagone che avevamo occupato… lavoro e nessuno dice no; non una traversina viene asportata, non una vite allentata. Appena saliti vicino ad alcune feritoie situate molto in alto sui due lati, delle specie di Il treno è il diavolo. Quando emerge dalle tenebre annunciato dal chiarore torbido dei suoi finestrini… erano stati accuratamente bloccati con del filo spinato. fanali, quando dà vento, in fischi striduli, al suo trionfo su di noi, quando scivola lento lungo la banchina, pulsando e sbuffando, per arrestarsi poi in mezzo a getti di vapore ardente e a vibrazioni sorde, appare come un mostro preistorico dalla forza immensa, come un drago uscito da un mito crudele. Eccolo,sta in mezzo al campo quasi evocato dagli inferi con un incantesimo…Ed allora, non appena questo demone è scaturito tuonando dall'abisso, e si è fermato in attesa, ognuno sente che la sua silenziosa presenza è altrettanto fatale quanto gli squilli laceranti delle trombe del Giudizio… Il trasporto c’era sempre: il treno può forse ritardare di un’ora ma viene. Le luci si spengono, inizia il terzo intervento musicale e contemporaneamente scorrono 42 foto del reportage (Arrivo e ingresso nel campo: da dia 26 a 68); dopo il fermo immagine (appello uomini dopo selezione), le luci si accendono e tre lettori si avvicinano ai microfoni per leggere il testo “Arrivo al campo “tratto da “ Essere senza destino” di I. Kertesch, da “ La Notte “ di E. Wiesel, da “ Se questo è un uomo” di Primo Levi
  • 9. 9 10°Lettore: Bertuzzi Fabio 11° Lettore: Scolaro Alessandra …Da fuori udivo invece avvicinarsi dei colpi, il crepitare degli sportelli, il rumore In meno di dieci minuti tutti noi uomini validi fummo radunati in un gruppo. Quello uniforme con cui i viaggiatori premono per scendere dal treno, e allora pensai che non c'era accadde degli altri, delle donne, dei bambini, dei vecchi, noi non potemmo stabilire dubbio, eravamo giunti proprio alla meta. Naturalmente ero felice, però mi sembrava di allora né dopo: la notte li inghiottí, puramente e semplicemente. Oggi però sappiamo che esserlo in modo diverso da come lo sarei stato solo il giorno precedente, anzi, quello prima in quella scelta rapida e sommaria, di ognuno di noi era stato giudicato se potesse o no ancora. Poi anche sul nostro sportello si sentì il rumore di un attrezzo e il portellone lavorare utilmente per il Reich; sappiamo che nei campi rispettivamente di Buna pesante fu fatto scorrere da uno o forse più persone. Monowitz e Birkenau, non entrarono, del nostro convoglio, che novantasei uomini e Come prima cosa ho sentito le loro voci. Parlavano tedésco, o una lingua molto simile, e lo ventinove donne, e che di tutti gli altri, in numero di piú di cinquecento, non uno era facevano tutti contemporaneamente, o almeno così sembrava. Da quello che capivo, vivo due giorni piú tardi. Sappiamo anche, che non sempre questo pur tenue principio di volevano che scendessimo, solo che intanto si infilavano loro stessi dentro il vagone; per il discriminazione in abili e inabili fu seguito, e che successivamente fu adottato spesso il momento, comunque, io non riuscivo a vedere niente. Ma già girava voce che le valigie e i sistema più semplice di aprire entrambe le portiere dei vagoni, senza avvertimenti né pacchi dovessero rimanere sul treno. Più tardi - così fu dichiarato, tradotto e riferito di istruzioni ai nuovi arrivati. Entravano in campo quelli che il caso faceva scendere da un bocca in bocca - tutti avrebbero ovviamente riavuto le cose di loro proprietà, ma prima lato del convoglio; andavano in gas gli altri. queste dovevano passare la disinfestazione e, quanto a noi, ci aspettava un bagno: in effetti, Così morí Emilia, che aveva tre anni; poiché ai tedeschi appariva palese la necessità storica anch'io ritenevo che fosse proprio ora. Solo a quel punto le persone del posto si sono di mettere a morte i bambini degli ebrei. Emilia, figlia dell'ingegner Aldo Levi di Milano, avvicinate nella bolgia generale e io sono riuscito a vederle. Sono rimasto piuttosto che era una bambina curiosa, ambiziosa, allegra e intelligente; alla quale, durante il viaggio sorpreso, perché dopo tutto era la prima volta in vita mia che vedevo - così da vicino - dei nel vagone gremito, il padre e la madre erano riusciti a fare il bagno in un mastello di zinco, veri detenuti, con le divise a righe, la testa rasata a zero, i berretti rotondi dei delinquenti. in acqua tiepida che il degenere macchinista tedesco aveva acconsentito a spillare dalla locomotiva che ci trascinava tutti alla morte. Scomparvero così in un istante, a tradimento, le nostre donne, i nostri genitori, i nostri figli. Quasi nessuno ebbe modo di salutarli. Li vedemmo un po' di tempo come una massa oscura all'altra estremità della banchina, poi non vedemmo piú nulla. 12°Lettore: Tavazzi Giorgia Mai dimenticherò quella notte la prima notte al campo, che ha fatto della mia vita lunga notte e per sette volte sprangata. Mai dimenticherò quel fumo. Mai dimenticherò i piccoli volti dei bambini di cui avevo visto i corpi trasformarsi in volute di i fumo sotto un cielo muto… Mai dimenticherò quegli istanti che assassinarono… la mia anima e i miei- sogni, che presero il volto del deserto. Mai dimenticherò tutto ciò, anche se fossi condannato a vivere quanto Dio stesso. Mai. La baracca dove ci avevano fatto entrare era molto lunga. Sul tetto qualche lucernario azzurrato. Era quello l'aspetto che deve avere l'anticamera dell'inferno. Le luci si spengono, inizia il quarto intervento musicale e successivamente scorrono 31 foto del reportage (L’annullamento di un uomo: da dia 69 a 100); dopo il fermo immagine (bambini filo
  • 10. 10 spinato), due lettori + voce esterna si avvicinano per leggere il testo “L’annullamento di un uomo” tratto da “Se questo è un uomo “ di P. Levi. Lettore: voce esterna 13° Lettore: Guselli Marco Allora per la prima volta ci siamo accorti che la nostra lingua manca di parole per Abbiamo ben presto imparato che gli ospiti del Lager sono distinti in tre categorie: i esprimere questa offesa, la demolizione di un uomo. In un attimo, con intuizione quasi criminali, i politici e gli ebrei. Tutti sono vestiti a righe, sono tutti Haftlinge, ma i criminali profetica, la realtà ci si è rivelata: siamo arrivati al fondo. Piú giú di cosí non si può portano accanto al numero, cucito sulla giacca, un triangolo verde; i politici andare: condizione umana piú misera non c'è, e non è pensabile. Nulla piú è nostro: ci un triangolo rosso; gli ebrei, che costituiscono la grande maggioranza, portano la stella hanno tolto gli abiti, le scarpe, anche i capelli; se parleremo, non ci ascolteranno, e se ci ebraica, rossa e gialla. Le SS ci sono sí, ma poche, e fuori del campo, e si vedono ascoltassero, non ci capirebbero. Ci toglieranno anche il nome: e se vorremo conservarlo, relativamente di rado: i nostri padroni effettivi sono i triangoli verdi, i quali hanno mano dovremo trovare in noi la forza di farlo, di fare sí che dietro al nome, qualcosa ancora di libera su di noi, e inoltre quelli fra le due altre categorie che si noi, di noi quali eravamo, rimanga. prestano ad assecondarli: i quali non sono pochi. Noi sappiamo che in questo difficilmente saremo compresi, ed è bene che cosí sia. Ma Ed altro ancora abbiamo imparato, piú o meno rapidamente, a seconda del carattere di consideri ognuno, quanto valore, quanto significato è racchiuso anche nelle piú piccole ciascuno; a rispondere «Jawohl», a non fare mai domande, a fingere sempre di avere capito. nostre abitudini quotidiane, nei cento oggetti nostri che il piú umile mendicante possiede: Abbiamo appreso il valore degli alimenti; ora anche noi raschiamo diligentemente il fondo un fazzoletto, una vecchia lettera, la fotografia di una persona cara. Queste cose sono della gamella dopo il rancio, e la teniamo sotto il mento quando mangiamo il pane per non parte di noi, quasi come membra del nostro corpo; né è pensabile di venirne privati, nel disperderne le briciole. Anche noi adesso sappiamo che non è la stessa cosa ricevere il nostro mondo, ché subito ne ritroveremmo altri a sostituire i vecchi, altri oggetti che sono mestolo di zuppa prelevato dalla superficie o dal fondo del mastello, e siamo già in grado di nostri in quanto custodi e suscitatori di memorie nostre. calcolare, in base alla capacità dei vari mastelli, quale sia il posto più conveniente a cui Si immagini ora un uomo a cui, insieme con le persone amate, vengano tolti la sua casa, le aspirare quando ci si mette in coda. sue abitudini, i suoi abiti, tutto infine, letteralmente tutto quanto possiede: sarà un uomo vuoto, ridotto a sofferenza e bisogno, dimentico di dignità e discernimento, poiché accade facilmente, a chi ha perso tutto, di perdere se stesso; tale quindi, che si potrà a cuor leggero decidere della sua vita o morte al di fuori di ogni senso di affinità umana; nel caso piú fortunato, in base ad un puro giudizio di utilità. Si comprenderà allora il duplice significato del termine « Campo di annientamento », e sarà chiaro che cosa intendiamo esprimere con questa frase: giacere sul fondo. Haftling: ho imparato che io sono uno Haftling. Il mio nome è 174517; siamo stati battezzati, porteremo finché vivremo il marchio tatuato sul braccio sinistro. 14° Lettore: Zani Marcello Il Blockaltester (il kapò) ha chiuso la porta Tagesraum-dormitorio e ha aperto le altre due che dal Tagesraum e dal dormitorio dànno all'esterno. Qui, davanti alle due porte, sta l'arbitro del nostro destino, che è un sottufficiale delle SS. Ha a destra il Blockaltester, a sinistra il furiere della baracca. Ognuno di noi, che esce nudo dal Tagesraum nel freddo dell'aria di ottobre, deve fare di corsa i pochi passi fra le due porte davanti ai tre, consegnare la scheda alla SS e rientrare per la porta del dormitorio. La SS, nella frazione di
  • 11. 11 secondo fra due passaggi successivi, con uno sguardo di faccia e di schiena giudica della sorte di ognuno, e consegna a sua volta la scheda all'uomo alla sua destra o all'uomo alla sua sinistra, e questo è la vita o la morte di ciascuno di noi. In tre o quattro minuti una baracca di duecento uomini è «fatta», e nel pomeriggio l'intero campo di dodicimila uomini. Io confitto nel carnaio del Tagesraum ho sentito gradualmente allentarsi la pressione umana intorno a me, e in breve è stata la mia volta. Come tutti, sono passato con passo energico ed elastico, cercando di tenere la testa alta, il petto in fuori e i muscoli contratti e rilevati. Con la coda dell'occhio ho cercato di vedere alle mie spalle, e mi è parso che la mia scheda sia finita a destra. A mano a mano che rientriamo nel dormitorio, possiamo rivestirci. Nessuno conosce ancora con sicurezza il proprio destino, bisogna anzitutto stabilire se le schede condannate sono quelle passate a destra o a sinistra. Ormai non è piú il caso di risparmiarsi l'un l'altro e di avere scrupoli superstiziosi. Tutti si accalcano intorno ai piú vecchi, ai piú denutriti, ai piú «mussulmani»; se le loro schede sono andate a sinistra, la sinistra è certamente il lato dei condannati. Le luci si spengono, inizia il quinto intervento musicale e successivamente scorrono 18 foto del reportage (Nel campo:il lavoro e la fame: da dia 101 a 119); dopo il fermo immagine (deportati durante la pausa pranzo), un lettore si avvicina per leggere il testo “La fame” tratto da “Anni di infanzia di J. Oberski. 15° Lettore: Esposti Riccardo In questo campo mangiavo pochissimo. La mamma diceva che dovevo mangiare di più, altrimenti mi sarei ammalato. Ma io non avevo fame. Un giorno, dopo il pranzo, la mamma mi portò nel posto dove stavano i pentoloni del cibo. Erano grossi pentoloni di ferro. C'erano molti bambini lì. La mamma disse che dovevo aiutarli a riportare le pentole in cucina. Le domandai se sarebbe venuta anche lei, ma lei rispose che non si poteva. Dovevo semplicemente afferrare uno dei pentoloni da un lato e aiutare a portarlo; gli altri lo reggevano dall'altra parte. Poi saremmo tornati indietro tutti insieme e lei sarebbe stata lì ad aspettarmi. Io non avevo nessuna voglia di farlo, perché bisognava traversare il recinto e fare tutta quella strada. E lì era pieno di soldati con i fucili. Forse non ci avrebbero più lasciati tornare indietro. Ma la mamma disse che lo dovevo fare, tutti i bambini dovevano a turno dare una mano a riportare i pentoloni e siccome io non lo avevo mai fatto finora, adesso toccava a me aiutare, per una volta. Cominciai a piangere e a dire che davvero non volevo. Ma la mamma mi carezzò la testa e disse che dovevo farlo per amor suo. Altrimenti gli altri si sarebbero arrabbiati con lei, se io non volevo aiutare. Dissi che l'avrei fatto il giorno dopo. Ma non si poteva. Dovevo farlo subito.Il manico era troppo alto per
  • 12. 12 me. I ragazzini più grandi portavano la pentola. Io non dovevo far altro che metterci sopra una mano. Dissi che in questo caso non c'era nessuna necessità che andassi con loro, ma la mamma disse che dovevo dimostrare che facevo del mio meglio.La mamma mi fece un cenno di saluto e rise. Al cancello del recinto dovemmo aspettare un bel po'. Poi aprirono. I soldati sollevavano il coperchio di ogni pentola e ci guardavano dentro. La nostra non aveva coperchio così potemmo passare subito. Dovevamo percorrere un pezzo di strada. Poi si arrivava alla baracca delle cucine. Lì faceva un caldo terribile. Sulla porta c'era un uomo che aveva addosso solo un paio di calzoni. Ci mostrò dove dovevamo deporre il pentolone. Disse anche che dovevamo far subito ben bene la pulizia delle pentole. Ci fu un gran baccano. I bambini facevano rumore con i coperchi. L'uomo domandò se c'erano altri bambini. Poi richiuse la porta. Alzò una mano e contò fino a tre. D'improvviso ci fu un gran silenzio. Tutti i bambini si chinarono sull'orlo dei pentoloni. Alcuni non toccavano più per terra con i piedi. Si vedevano solo le loro schiene curve e le gambe. Teste e braccia erano scomparse. Io avrei volentieri dato una mano a pulire, ma non sapevo che cosa fare. E l'uomo aveva molta premura. Mi misi accanto al nostro pentolone e cercai di guardare oltre l'orlo. I bambini che lo avevano portato se n'erano già andati. Ora stavano ripulendone un altro. L'uomo mi venne vicino. Aveva la barba nera e i baffi. Guardò nella pentola e poi guardò me. Aveva visto che io non avevo aiutato a pulire. Mi domandò se andava bene. Io feci cenno di sì, ma lui disse che io non arrivavo all'orlo. Mise una pentola più piccola rovesciata accanto al pentolone. «Mettiti lì sopra». Guardai oltre l'orlo. Sulla parete interna del pentolone c'erano ancora molti avanzi gialli di patate. Le luci si spengono, inizia il sesto intervento musicale e contemporaneamente scorrono 41 foto (La liberazione: da dia 120 a 161); dopo il fermo immagine ( incendio del campo), due lettori + voce esterna si dirigono verso i microfoni e leggono il testo “ Liberazione” tratto da “La notte” di E. Wiesel; “ Essere senza destino” di I. Kertesch e “Un sacchetto di biglie” di J.Joffo Lettore: voce esterna I superstiti raccontano che ci sono diversi modi per sopravvivere al campo di 16° Lettore: Pedrazzini concentramento: ascoltiamo una testimonianza… Il 5 aprile la ruota della Storia girò. tra pomeriggio inoltrato ed eravamo tutti in piedi nel blocco aspettando che una SS Sta di fatto che, anche in prigionia, la nostra immaginazione rimane libera. Per esempio, venisse a contarci, ma tardava a venire. Un tale ritardo non si era mai verificato a sono riuscito ad arrivare al punto che, mentre le mie mani erano affaccendate con la pala o la memoria di Buchenwald: doveva essere successo qualcosa. zappa con movimenti dosati con parsimonia e sempre limitati allo strettissimo indispensabile Due ore dopo gli altoparlanti trasmisero un ordine del capo del campo: tutti gli ebrei
  • 13. 13 - io ero come assente. Tuttavia la fantasia non è poi sconfinata, esistono - come ho avuto dovevano recarsi sul piazzale dell'appello. Era la fine! Hitler stava per mantenere la sua modo di provare - delle barriere. Infatti, a dire il vero, con lo stesso sforzo avrei potuto promessa. ritrovarmi ovunque, a Calcutta, in Florida, nei luoghi più belli del mondo. Ma questo non era I ragazzi del nostro blocco si diressero verso il piazzale: non c'era altro da fare, visto che abbastanza serio, non era credibile - diciamo così - quindi il più delle volte mi ritrovavo Gustav, il responsabile del blocco, ci parlava col suo bastone... Ma, lungo la strada, semplicemente a casa mia. Certo, anche in questo c'era dell'audacia e non meno di quanta ve incontrammo dei prigionieri che ci sussurrarono: ne fosse nella fantasia di traspormi per esempio a Calcutta; ma nell'immaginarmi a casa - Tornate al vostro blocco. I tedeschi vi vogliono fucilare. Tornate al vostro blocco e non trovavo ancora una certa modestia, diciamo una specie di lavoro che rendeva corretto il mio muovetevi. sforzo e quindi in qualche modo lo avvalorava. Per esempio, mi è stato ben presto chiaro che Noi ritornammo al blocco, e apprendemmo strada facendo che l'organizzazione di a casa non avevo vissuto veramente, che non avevo utilizzato veramente le mie giornate e resistenza del campo aveva deciso di non abbandonare gli ebrei e di impedire la loro che c'era tanto, tantissimo di cui pentirsi. C'erano delle pietanze - come mi tornò in mente - liquidazione. Il 10 aprile eravamo ancora ventimila nel campo, fra cui qualche centinaio che avevo spiluccato con aria schizzinosa per poi respingerle, semplicemente perché non mi di ragazzi. Decisero di evacuarci tutti in una sola volta, fino a sera; poi avrebbero fatto piacevano e in questo momento mi apparve come una mancanza, incomprensibile e saltare il campo. Eravamo quindi ammassati nell'immenso piazzale dell'appello, in file di irreparabile… Inoltre a casa certe cose mi avevano sempre fatto innervosire, anzi mi cinque, aspettando di vedere aprirsi il portone, quando all'improvviso le sirene si misero a avevano persino fatto paura - per quanto ridicolo possa essere - come determinate materie, i urlare. Allarme. Ritornammo nei blocchi. Era troppo tardi per farci evacuare quella sera, e professori, le ínterrogazioni, l'eventualità di fare brutta figura e, per finire, mio padre quando l'evacuazione fu rinviata al giorno dopo. La fame ci attanagliava: non avevamo mangiato dovevo comunicargli un voto: adesso continuavo a evocare quelle paure per il puro nulla da ben sei giorni, tranne un po' d'erba e qualche buccia di patata trovata vicino alle divertimento di riviverle e di sorriderne. Ma la mia occupazione preferita consisteva cucine. Alle dieci del mattino le SS si sparpagliarono per il campo e si misero a spingere nell'immaginare e ripetermi continuamente un'intera giornata a casa, senza lacune, se le ultime vittime verso il piazzale dell'appello. Il movimento di resistenza decise allora di possibile dal mattino fino alla sera e di farlo limitandomi comunque a fatti modesti. Perché entrare in azione. Uomini armati sorsero all'improvviso un po' dappertutto. Raffiche, mi sarebbe costata troppa fatica immaginare una giornata eccezionale, magari addirittura la scoppi di bombe a mano. Noi ragazzi restammo sdraiati per terra nel blocco. La battaglia giornata ideale - e così immaginavo semplicemente una giornata brutta, la sveglia al mattino non durò a lungo. Verso mezzogiorno tutto era ritornato calmo; le SS erano fuggite e i presto, la scuola, l'imbarazzo, il pranzo cattivo, e qui nel campo di concentramento resistenti avevano preso la direzione del campo. Verso le sei del pomeriggio il primo realizzavo tutte le innumerevoli opportunità che non avevo saputo cogliere, che avevo carro armato americano si presentò alle porte di Buchenwald. Il nostro primo gesto di rifiutato o magari nemmeno notato, e le realizzavo, oserei dire, il più compiutamente uomini liberi fu quello di gettarci sulle vettovaglie Non pensavamo che a quello, né alla possibile. Ne avevo già sentito parlare e adesso potevo testimoniarlo io stesso: davvero, vendetta, né ai parenti: solo al pane. E anche quando non avemmo più fame non ci fu neppure i muri opprimenti di una prigione possono frenare il volo dell'immaginazione. Il nessuno che pensò alla vendetta. Il giorno dopo, qualche giovanotto corse a Weimar a problema era soltanto questo: se mi spingevo fino a dimenticare persino le mani, allora la raccogliere patate e vestiti, e qualche ragazza, ma di vendetta nessuna traccia. Tre giorni realtà ben presto tornava a imporsi con grande vigore e determinazione perché, malgrado dopo la liberazione di Buchenwald io caddi gravemente ammalato: un'intossicazione. Fui tutto, qui continuava a esistere. trasferito all'ospedale e passai due settimane fra la vita e la morte. Un giorno riuscii ad alzarmi, dopo aver raccolto tutte le mie forze. Volevo vedermi nello specchio che era appeso al muro di fronte: non mi ero più visto dal ghetto. Dal fondo dello specchio un cadavere mi contemplava. Il suo sguardo nei miei occhi non mi lascia più. Lettore: voce esterna Ecco tutto. Oggi ho quarantadue anni e dei bambini. Tre bambini. Guardo mio figlio come mi guardava, trent'anni fa, mio padre e mi viene una domanda, idiota forse, come tante domande. Perché ho scritto questo libro? Certo, è una domanda che avrei dovuto farmi prima di incominciare, sarebbe stato più logico ma le cose non avvengono spesso logicamente, mi è uscito come una cosa naturale, mi era forse necessario. Mi dico che lo leggerà più tardi e questo mi basta. Lo respingerà, lo considererà un insieme di ricordi stantii o, al contrario, ci rifletterà, adesso tocca a lui giocare questo gioco. In ogni caso, immagino di dovergli dire
  • 14. 14 stasera, all'ora in cui entrerà nella sua camera a fianco della mia, "Bambino mio, prendi la tua sacca e 50.000 franchi (vecchi) e parti." A me è successo, è successo a mio padre e mi invade una gioia senza limiti a pensare che a lui non succede. Il mondo andrà meglio? Guardando dormire mio figlio non posso che augurarmi una cosa: che mai provi il tempo della sofferenza e della paura come lo ho conosciuto io durante quegli anni. Ma cos’ ho da temere? Cose del genere non si riprodurranno più, mai più. Le sacche sono in solaio e ci resteranno per sempre. Forse... L’ultimo lettore spegne le luci dei leggii; due alunni tolgono dal palco i due leggii e si dirigono verso i lati dei semicerchi; mentre inizia la musica finale (Corale di Bach), vengono proiettate le ultime due diapositive; dalle loro postazioni, uno a uno fluiscono gli alunni mentre il faretto illumina il centro del palco. Ciascun alunno porta un sasso; depone il sasso al centro del palco a formare un cumulo di sassi e subito dopo si siede assumendo la posizione del fiore chiuso; l’ultimo alunno pone sul cumulo un lume acceso. La musica scema, il palco si illumina ( luci soffuse). Dopo il fermo immagine dell’ultima foto, gli alunni chiusi nella Nasceranno da noi/uomini migliori./La generazione posizione a fiore si schiudono mentre recitano i versi della poesia che dovrà venire/sarà migliore/di chi è nato dalla terra,/dal ferro di Nazim Hikmet. e dal fuoco./Senza paura e senza troppo riflettere/i nostri nipoti si daranno la mano/e rimirando/le stelle dei cielo diranno:/« Com'è bella la vita! ». Intoneranno una canzone nuovissima, profonda come gli occhi dell'uomo,/fresca come un grappolo d'uva, una canzone libera e gioiosa./Nessun albero
  • 15. 15 ha mai dato/frutti più belli. E nemmeno/la più bella delle notti di primavera/ha mai conosciuto questi suoni,/questi colori,/Nasceranno da noi uomini migliori./La generazione/che dovrà venire sarà migliore/di chi è nato/dalla terra,/dal ferro e dal fuoco. Inizia l’ultimo intervento musicale. Scorrono sullo schermo le immagini dei volti ritrovati dei sopravvissuti/ragazzi.
  • 16. 16 Bibliografia Musicografia Sukou Quartetto per Flauti A. Frank, Diario, Einaudi J. Joffo, Un sacchetto di biglie, Sansoni Tema dal Film “Shindler List” : versione per Flauti e Clarinetti versione per 2 Pianoforti a 4 J. Presser, La notte dei girondini, Adelphi, mani versione per Violino e basso I. Kertész, Essere senza destino, versione per Chitarre E. Wiesel, La notte, De Agostini, Adon Olam Quartetto per chitarre P. Levi, Se questo è un uomo, Einaudi, 3 Danze ebraiche: Sham Hren Golam, Zemer Atik, J. Oberski, Anni di infanzia, La Giuntina, Ose Shalom versione per Orchestra H. Schneider, Il rogo di Berlino, Adelphi, J.S.Bach Corale per Orchestra H. Schneider, Lasciami andare, madre, Adelphi Colonna sonora DVD F. Schubert La morte e la fanciulla Quartetto per archi in Re R. Loy, La parola ebreo, Einaudi, Minore N.14 (D 810 N. Hikmet, Poesie, Einaudi B. Bruneteau, Il secolo dei genocidi, Il Mulino Sitografia Alcuni siti italiani L. Malle, Arrivederci ragazzi, Archimede Olokaustos.org. Uno dei siti più aggiornati sul tema. Contiene dati, Lettere di L. Jacobson: dal liceo ad Auschwitz, L’ Arca testimonianze storiche ed informazioni e propone percorsi
  • 17. 17 tematici per argomento. I. Dische, Le lettere del Sabato, Loescher Olocausto – Seconda Guerra Mondiale . Sito dedicato alla Seconda L. Araldi, Educare alla pace, Mattioli Guerra Mondiale. Contiene un sezione dedicata all’olocausto con schede descrittive dei Lager. F. Ulhman, L’amico ritrovato, Feltrinelli Galleria fotografica di Auschwitz. Contiene una serie di foto dei Destinazione Auschwitz, Proedi Editore luoghi della memoria. Auschwitz-Birkenau. Descrive e da informazioni sui campi di C. Lanzmann, Shoah, Einaudi concentramento ed Auschwitz . Schiavi di Hitler. Museo virtuale della deportazione. Il sito è stato realizzato nell'anno 2001 dall'Istituto di Storia Contemporanea "Pier Amato Perretta" di Como. Alfabeto di Auschwitz. Si tratta della versione italiana di "An Auschwitz Alphabet" di Jonathan Fallace (www.spectacle.org/695/ausch.html ). E’ un lavoro sull’Olocausto degli ebrei e sul lager di Auschwitz in particolare, che Jonathan ha messo insieme come tributo a Primo Levi. Le foto del reportage fotografico, contenuto nel DVD allegato al testo, si possono reperire nel sito 20th Century History. about.com. Casalpusterlengo, 27 Gennaio 2008
  • 18. 18 Note Note ………………………………………………………………………………………………………………………… ……………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… ………………………………………………………………………………………………………………………… …………………………………………………………………………………………………………………………
  • 19. 19 Anno scolastico 2007/2008: le classi 3^C e 3^E ricordano la Yom Ha Shoah, la Giornata della memoria, che si celebra il 27 Gennaio, giorno della liberazione del campo di concentramento di Auschwitz, dando voce e volto a chi ha vissuto la tragedia dei campi di concentramento. In questa pubblicazione viene presentato il percorso teatrale che ha coinvolto gli alunni nella scelta di musiche, immagini e testi, tratti, questi ultimi, da scrittori che sono stati testimoni diretti del genocidio del popolo ebraico, nella convinzione che ricordare chi è stato dimenticato dalla Storia può diventare un “grido di pace”, un impegno rivolto a ciascuno di noi per mantenere la “Memoria”, per non dimenticare l’ “Indicibile” e al tempo stesso di operare in maniera decisiva a favore dell’armonia fra gli uomini. La presentazione del nostro lavoro teatrale è stata curata dal prof. Piero Cattaneo, Dirigente scolastico della Scuola Media Statale “Griffini” di Casalpusterlengo. In copertina foto di bambini internati nel campo di concentramento di Auschwitz
  • 20. 20