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I VIZI CAPITALI - DANTE E UMBERTO GALIMBERTI
A CONFRONTO
PURGATORIO -
I VIZI CAPITALI Ira
Accidia
GolaSuperbia
Lussuria
Invidia
Avarizia
La pena con la
quale il poeta
condanna i pentiti
consiste nel portare
un pesante
macigno
sulla schiena che li
costringe a stare
chinati.
La punizione alla
quale sono sottoposti i
superbi da Dante si
contrappone alla
posizione di
superiorità che hanno
avuto in vita,
costringendoli a
guardare in basso.
LEGGE DEL
CONTRAPPASSO
I PERSONAGGI
OMBERTO ALDOBRANDESCHI: Superbia causata dalla sua
appartenenza ad una famiglia nobile ed alle sue imprese
cavalleresche che lo hanno condotto al peccato ed alla morte in
una battaglia.
ODERISI DA GUBBIO: Famoso miniatore umbro, riconosce il
suo peccato nel non riconoscere i meriti altrui nelle miniature
altrui.
PROVENZANO SALVANI: Amico ghibellino del poeta che ebbe
un ruolo di premianza nella vittoria di Siena.
Dante si chiede come gli sia stato concesso di accedere al
Purgatorio, allora Oderisi racconta un episodio che gli valse la
misericordia divina, per scagionare un amico dal carcere iniziò
a fare il mendicante.
“...io fui latino e nato d’un gran Tosco
Guglielmo Aldobrandeschi fu mio
padre; non so se ‘l nome suo già
mai fu vosco…”
“...io sono Oberto; e non pur a me
danno
superbia fa, che tutti miei consorti
ha ella
tratti nel malanno…”
“...”oh”, diss’io lui, “non sè tu Oderisi,
l’onor da Gobbio e l’onor di
qull’arte ch’alluminar chiamata è in
parisi?”...
IL PECCATO DELLA
SUPERBIA PER DANTE
Per Dante il peccato della
superbia allontana gli
uomini da Dio, o meglio il
Dio dei superbi sono loro
stessi che conducono una
vita proiettata
all’affermazione della
loro identità.
Umberto Galimberti
Psicoanalista & Filosofo
Lo psicoanalista e filosofo Umberto
Galimberti sostiene che il superbo è
innamorato della propria eccellenza ed ha
una smodata presunzione di superare gli
altri. Sottolinea la sottile parentela tra la
superbia e l’invidia che nasce quando il
superbo viene superato da qualcuno e
diventa invidioso. Inoltre afferma che
nessuno si insuperbisce in solitudine, la
superbia ha radici molto profonde nella
natura più profonda dell’uomo teso sempre
all’affermazione della propria identità.
Inoltre espone l’orgoglio e l’umiltà come
atteggiamenti giusti ed equilibrati, che però
possono sfociare nella superbia o nel
autodenigrazione.
IL PECCATO DELLA
SUPERBIA PER NOI
Secondo noi la superbia può
essere interpretata come una
stato di chiusura mentale, che
porta alla mancata
riconoscenza del valore
altrui. Un’altra conseguenza
della superbia è l’illusoria
condizione di superiorità
rispetto alle altre persone,
con conseguente difficoltà nel
relazionarsi con gli altri.
TUTTO RIASSUNTO IN
UN VIDEO
CLASSE: 4°B AFM
A.S: 2017/2018
REALIZZATO DA: DI FONZO ANGELO,
DI ROCCO FRANCESCO, NOTARPASQUALE
DEBORA
Pena: Tormentati da fame
e sete continua, stimolate
dal profumo dei dolci,
frutti di un albero e da
una fonte d’acqua, sono
ridotti a pelle e ossa, a
« buccia strema»
“Di bere e di mangiar n’accende cura
l’odor ch’esce del pomo e de lo sprazzo
che si distende su per sua verdura.” v.67-68-69
Vengono puniti con la
fame e la sete continua
perché in terra hanno
dato importanza solo a
soddisfare i propri
bisogni materiali.
“Tutta esta gente che piangendo canta
Per seguitar la gola oltra misura,
In fame e ‘n sete qui si rifà santa.”
v. 64-65-66
Personaggi: Nella sesta cornice Dante
incontra il suo amico Forese Donati.
Il suo aspetto è così alterato dalla pena
inflitta che il poeta lo riconosce solo
dalla voce e prova compassione e dolore
nel vederlo così trasformato.
«La faccia tua, ch’io lagrimai già morta,
Mi dà di pianger mo non minor doglia»
Per Dante il peccato di
gola riduce l’uomo alla
pura corporeità,
allontanandolo dalla sua
umanità e dall’uso della
ragione, che sola può
darci il senso della
misura.
Perciò i golosi sono puniti
proprio nella deturpazione
del corpo, edonisticamente
compiaciuto in vita.
• La gola secondo Galimberti ( “I
vizi capitali e i nuovi vizi”) mette in
moto le «zone più primitive del
nostro cervello», perché ha a che
fare con l’istinto atavico di
sopravvivenza. Parlare di cibo è,
inoltre, complesso nella società di
oggi per le implicazioni
psicologiche che comporta:
bulimia, anoressia sono legate al
riconoscimento sociale, legato
anche a canoni estetici.
Attraverso il cibo, per Galimberti, passa anche la
nostra identità: i sapori risvegliano in noi le
sensazioni e i ricordi più remoti. Oggi però tutto è
omologato, la logica del profitto sta facendo
scomparire le diversità culinarie per produrre più
facilmente cibi senza più sapori.
Nella società in cui viviamo il
rapporto con il cibo è sempre più
conflittuale. Una parte del
pianeta ne abusa, l’altra ne è
priva. Peccano di gola anche
coloro che danno troppa
importanza alla propensione di
cibarsi esclusivamente di
pietanze pregiate e costose,
facendone le principali
preoccupazioni,
ma soprattutto il peccato di gola è
legato al consumismo, al continuo
spreco di risorse, di alimenti e alla
nascita di allevamenti intensivi,
che causano la sofferenza degli
animali.
Siamo tutti colpevoli, se non
riusciamo a coniugare rispetto per
la natura ed esigenza di sfamare
l’intero pianeta.
CLASSE: 4°B AFM
A.S: 2017/2018
REALIZZATO DA:
di NICOLANTONIO CRISTIANO,
CILLI SARA, MAURIZIO MATTEO
La VII cornice
Nel Purgatorio i lussuriosi sono puniti nella VII cornice
Come in vita furonoarsi dallepassioni carnali, ora sono avvolti nellefiammein
cui si purificano:
« e vidi spirti per la fiammaandando»
I peccatori sonodivisi in due schiere,quandoquestesi incontrano si scambianoun casto bacioe
gestiaffettuosi. come appare in questaminiatura delladivinacommedia di alfonso a’aragona.
Tra gli spiriti penitentiDante incontra GuidoGuinizelli che chiama «padre mio» e a
cui dimostra affetto e ammirazione: «dimostri nel dire e nel guardar d’avermi
caro», gli dice Guinizelli. Dantespiega perché: per
«li dolci detti vostri, / che , quantodureràl’uso moderno, /faranno cari ancora i
loro incostri».
La letteratura, però, non mette al riparo da questopeccato, anzi…
La lussuria per Galimberti
«E' la rinuncia della vergogna
come ultima autodifesa, perfetto
disarmo della consegna di sé,
oblio della misura, cedimento
della menteche è la roccaforte
della ragione, incapace…di
sfiorare la verità senza
possederla»
«E’ febbredelcorponel suociecoe tormentosobisognodi reciprocità»,ma«lalussuriaperpetuala
natura,nongliindividui»,
l’uomosi riducea puracarnalità, privadi «quellascintilladivinain cuiè custoditoil nostronome».
Per Galimberti, inoltre, la lussuria oggi ha contorni ben diversiche nel passato.
l’emancipazione femminile e la tecnica, «cheha sottrattoalla natura la sua
ineluttabilità», hanno portato al superamento della «dualità agonistica tra i sessi»
ed alla loro «indifferenziazione», alla finedella sessualità stabilita dallanatura.
«Ma là dove non c’è referente, non c’è limite, quindi non c’è norma, orizzonte,
misura…»
CLASSE: 4°B AFM
A.S: 2017/2018
REALIZZATO DA: TORLONTANO GLAUCO,
NORSCIA PAOLO, FARANO FRANCESCO
Accidia
Purgatorio, XVIII canto– IV cornice
Pena:
Colpevoli di scarso amore per
il bene sono costretti a correre
a perdifiato lungo la cornice
gridando esempi di accidia
punita.
“…Tosto fur sovr’a noi, perché correndo
si movea tutta quella turba magna;
e due dinanzi gridavan piangendo…”
Contrappasso:
Come gli accidiosi sono stati indolenti e
negligenti nel compiere il bene, così adesso si
affrettano senza perdere tempo, correndo e
gridando esempi di zelo e sollecitudine, virtù
opposte all’accidia
“…Noi siam di voglia a muoverci sì pieni,
Che restar non potem; però perdona
Se villania nostra giustizia tieni. ..”
Il peccato dell’accidia per Dante
Per il poeta, uomo attivo e
determinato a lottare per ciò in
cui crede, la pigrizia spirituale
degli accidiosi è inaccettabile. E’
come se l’uomo rinunciasse ad
esercitare ciò che più lo
contraddistingue, il libero
arbitrio, e ciò che più lo
nobilita, l’amore e il desiderio
di far bene.
Il Libero arbitrioE’ alla base della dignità di ogni uomo e permette di compiere delle scelte e affermarsi
unici, diversi da tutti gli altri.
L’Amore e il desiderio di fare del bene
accendono le passioni umane e spingono ad agire.
Misericordia, Anonimo
Il peccato dell’accidia per Galimberti
Molti giovani del nostro tempo
sono afflitti da assenza di
interessi, monotonia delle
impressioni e sensazioni di
immobilità che comportano una
sensazione di vuoto interiore:
“un divertimento che risuona
senza eco”.
Questa atmosfera però può essere lo stimolo per
le nuove creazioni di senso.
“Bisogna avere del caos dentro di sé per partorire
una stella danzante”.
Nietzsche
Il pensatore, Munch
Il peccato dell’accidia per Noi
L’accidia è la mancanza di cura e di interesse per qualsiasi cosa, la noia e
la prostrazione di fronte alla vita.
Questo comporta una visione pessimista in cui tutto viene ridotto al negativo
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Si perde la fiducia verso se stessi, e
si arriva ad avere un’instabilità
d’umore e di giudizio.
Emisfericelebrali, La vita è meravigliosa
CLASSE: 4°B AFM
A.S: 2017/2018
REALIZZATO DA: CANCELLI AGNESE,
DE AMICIS CHIARA, TAHIRI FATNA
PURGATORIO
I VIZI CAPITALI: L’IRA
DANTE E GALIBERTI A
CONFRONTO
XVI CANTO DEL PURGATORIO
PENA: Gli iracondi sono costretti a vagare in una
fitta nebbia di fumo che non permette di vedere.
«Buio d’inferno e di notte privata,
d’ogne pianeto, sotto pover cielo,
quant’esser può di nuvole tenebrata,
non fece al viso mio sì grosso velo
como quel fummo ch’ivi ci coperse,
né a sentir di così aspro pelo
Che l’occhio stare aperto non sofferse»
CONTRAPPASSO:
Come in vita sono stati
accecati dall’ira che ha
offuscato la loro ragione,
spingendoli verso azioni
violente ed aggressive, così
ora ad accecarli è un fumo
agre e pungente che non
consente di tenere gli occhi
aperti. Diventa indispensabile
allora la guida di Virgilio,
simbolo della ragione.
PERSONAGGI:
Marco Lombardo, uomo di corte
dalle virtù morali e intellettuali.
Dante gli chiede di chiarire il
dubbio sulla causa delle azioni
malvagie:
«che’ nel cielo uno, e un qua giù la
pone».
Marco Lombardo risponde
ribadendo la centralità del libero
arbitrio e della ragione nelle scelte
umane:
«lume v’è dato a bene e a malizia
E libero voler…»
L’IRA SECONDO DANTE
Dante pensa che l’ira sia la perdita del
controllo che offusca la capacità di ragionare e
porta l’uomo ad agire e compiere azioni
sconsiderate e violente.
Secondo l’autore infatti, gli uomini credono di
essere influenzati dagli astri o da forze
superiori, ma in realtà siamo tutti dotati di
libero arbitrio e quindi liberi di scegliere tra il
bene e il male.
L’IRA SECONDO UMBERTO
GALIMBERTI
Per l’autore l’Ira è «un sentimento mentale ed
emotivo di conflitto con il mondo e con se stessi
che controlliamo poco e maneggiamo peggio
«perché, in preda all’Ira non è più padroni delle
nostre azioni».
A volte l’ira può avere una giusta motivazione se
manifestata «al momento giusto, nel modo giusto e
con la persona giusa», come dice Aristotele, ma ci
vuole la «giusta misura», «proprio quella virtù che
l’ira tende a mandare in frantumi».
Da Aristotele a Nietzsche, i filosofi hanno
sempre pensato e detto che la salute del
corpo e l’equilibrio della mente si mantengono
con la «misurata espressione» delle passioni.
L’IRA SECONDO NOI
Condividiamo il pensiero di Dante e Galimberti e siamo
preoccupati dal proliferare di questo vizio nella nostra
società, testimoniato da tante manifestazioni quotidiane:
ira nelle parole, quando si urla la propria ragione invece
di motivarla (si pensi a tante trasmissioni televisive), ira
nelle azioni anche per futili motivi (casi di automobilisti
che si aggrediscono), ira che diventa violenta fino
all’eliminazione dell’altro (femminicidi).
CLASSE: 4°B AFM
A.S: 2017/2018
REALIZZATO DA: AGOSTINONE CARLOTTA,
DI PROFIO ROBERTA E MANCINELLI
FRANCESCO
È alba, le anime vengono punite essendo
costrette a giacere a terra con mani e piedi
legati, perché come gli avari in vita tennero lo
sguardo fisso sulle cose terrene senza alzarlo
al cielo, ora sono schiacciati a terra.
I personaggi del XIX canto
• Dante
Caratteristiche: pensieroso e confuso
• Virgilio
Caratteristiche: svolge sempre la sua funzione di guida, è
sicuro e consapevole.
• L’angelo della sollecitudine
Caratteristiche: aspetto candido
• Adriano V
Caratteristiche: pentito e amareggiato
L’avarizia per Dante
L’avarizia è vista da Dante come l’eccessivo
attaccamento dell’uomo al denaro e ai beni terreni,
che condiziona le sue azioni inducendolo ad agire
sconsideratamente, perdendo la ragione.
Inconsapevole della vanità dei beni terreni e del
denaro, l’uomo attribuisce molto valore ad essi non
tenendo conto di ciò che è giusto, quindi anche della
vita dopo la morte, appunto senza volgere lo sguardo
al cielo.
Sebbene l’avarizia sia un eccesso da evitare, occorre
non cadere nell’eccesso contrario, la prodigalità,
trovando un giusto equilibrio.
L’avarizia per Galimberti
Secondo Galimberti, l’avarizia «è il più stupido dei vizi capitali
perché si basa su una contraddizione: «il denaro accumulato
dall’avaro ha il potere di acquistare tutte le cose, ma questo potere
non deve essere esercitato, perché altrimenti non si ha più denaro
e quindi il potere ad esso connesso». L’avaro accumula
insaziabilmente denaro, ma non lo investe altrimenti non può più
disporne. Il denaro accumulato determina l’esistenza, “ Io sono ciò
che ho”. Quando il denaro diventa il fine ultimo tutti i beni di
natura economica come l’intelligenza, la cultura, l’arte, l’amore, per
l’avaro cessano di essere valori in sé
L'avaro inoltre ha paura del futuro perché non ha certezze
materiali riguardo ad esso.
Tuttavia non bisogna considerare ogni comportamento con cui si
manifesta attaccamento ad una cosa materiale come avarizia,
perché è giusto che anche le cose materiali abbiano un valore che
sia affettivo o di altra natura.
Crediti
Immagini di biografie online, quotidiano
giornale sentire e dottoressa Silvia Parisi ©
tutti i diritti riservati - menzione del nome
dell'Autore obbligatoria ai sensi della legge
633/41.
4 B afm, a.s.2017-2018
Alunni:
EDOARDO SABATINI,
GIULIA CIPRIETTI
PURGATORIO
Canto XIII
II CORNICE:invidiosi
PENA
Gli invidiosi sono vestiti di un
panno ruvido e grossolano,
stanno seduti addossati alla
parete del monte sostenendosi
l’un l’altro, le palpebre sono
cucite da fili di ferro e dai loro
occhi scendono lacrime.
Dante li paragona a dei poveri
ciechi che chiedono
l’elemosina.
“Di vil ciliccio mi parean coperti,
e l’un sofferia l’altro la spalla, e tutti
dalla ripa eran sofferti.
….
Che a tutti un fil di ferro i cigli fora
e cusce sì, come a sparvier selvaggio
si fa però che queto non dimora.”
PERSONAGGI
Sapia
Durante il suo cammino nella
cornice Dante e Virgilio
incontrano una signora senese
di nome Sapia, che durante la
battaglia di Colle Val d’Elsa,
sperava nella sconfitta dei suoi
concittadini per quanto il suo
sentimento di invidia verso di
loro era forte.
LEGGE DEL CONTRAPPASSO
Gli invidiosi in vita hanno usato i
loro occhi non per guardare gli altri
ma hanno osservato solo i beni che
possedevano e che avrebbero
voluto per sé. Nell’aldilà non
possono vedere la realtà esteriore
con gli occhi che sono cuciti, ma
sono costretti a guardare con il
cuore.
Il panno ruvido ed il colore grigio
sottolineano il livore e la
meschinità di questo peccato.
L’invidia PER DANTE
Dal modo in cui Dante punisce gli invidiosi possiamo
capire il disprezzo che prova per questo peccato, che
indurisce ed abbruttisce l’animo al punto di arrivare a
desiderare il male delle persone invidiate.
Le conseguenze dell’invidia possono essere
distruttive per chi la prova e per chi la subisce.
Non è un caso che nella seconda cornice prevalga
un’atmosfera plumbea e grigia e che gli invidiosi siano
paragonati a dei cechi mendicanti: la loro cecità e
povertà sono interiori, consistono nel non riuscire a
gioire del bene altrui.
Invidia per galimberti
Galimberti ritiene l’invidia uno dei pochi vizi che non provoca piacere,
ma che al contrario provoca un sentimento di angoscia per chi la
prova.
Secondo lo studioso questo sentimento nasce dal naturale bisogno di
riconoscimento. Quando manca subentra l’invidia per chi ce l’ha e il
desiderio della demolizione dell’altro, la sua svalutazione per
proteggere il proprio valore, salvaguardare la propria identità.
Egli ritiene che l’invidia sia stimolata dalla nostra società che ci
spinge a competere, a superare i nostri limiti e provare rancore per
chi è meglio di noi.
L’invidia può essere superata se le persone avessero la capacità di
riconoscere il merito degli altri e di ammirarli, cercando di auto-
migliorarsi e riuscendo allo stesso tempo a comprendere quali siano i
propri limiti. La rinuncia non è sconfitta, ma misura, atto di ragione.
L’invidia secondo noi
Noi concordiamo con Dante in quanto pensiamo che
l’invidia sia uno dei più brutti peccati dell’animo umano in
quanto ti fa sperare nel male altrui solo per un senso di
insoddisfazione personale.
Concordiamo anche con Galimberti quando sostiene che
la nostra società così competitiva, che non valorizza le
differenze, ma premia solo i numeri uno, spinga all’invidia
ed al senso di frustrazione, anziché all’emulazione ed al
riconoscimento del valore.
CLASSE: 4°B AFM
A.S: 2017/2018
REALIZZATO DA: FELICI SIMONE, LAZZARI
ARMANDO, ELEUTERIO FRANCESCO

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Purgatorio vizi capitali

  • 1. I VIZI CAPITALI - DANTE E UMBERTO GALIMBERTI A CONFRONTO PURGATORIO - I VIZI CAPITALI Ira Accidia GolaSuperbia Lussuria Invidia Avarizia
  • 2.
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  • 5. La pena con la quale il poeta condanna i pentiti consiste nel portare un pesante macigno sulla schiena che li costringe a stare chinati.
  • 6. La punizione alla quale sono sottoposti i superbi da Dante si contrappone alla posizione di superiorità che hanno avuto in vita, costringendoli a guardare in basso. LEGGE DEL CONTRAPPASSO
  • 7. I PERSONAGGI OMBERTO ALDOBRANDESCHI: Superbia causata dalla sua appartenenza ad una famiglia nobile ed alle sue imprese cavalleresche che lo hanno condotto al peccato ed alla morte in una battaglia. ODERISI DA GUBBIO: Famoso miniatore umbro, riconosce il suo peccato nel non riconoscere i meriti altrui nelle miniature altrui. PROVENZANO SALVANI: Amico ghibellino del poeta che ebbe un ruolo di premianza nella vittoria di Siena. Dante si chiede come gli sia stato concesso di accedere al Purgatorio, allora Oderisi racconta un episodio che gli valse la misericordia divina, per scagionare un amico dal carcere iniziò a fare il mendicante.
  • 8. “...io fui latino e nato d’un gran Tosco Guglielmo Aldobrandeschi fu mio padre; non so se ‘l nome suo già mai fu vosco…” “...io sono Oberto; e non pur a me danno superbia fa, che tutti miei consorti ha ella tratti nel malanno…” “...”oh”, diss’io lui, “non sè tu Oderisi, l’onor da Gobbio e l’onor di qull’arte ch’alluminar chiamata è in parisi?”...
  • 9. IL PECCATO DELLA SUPERBIA PER DANTE Per Dante il peccato della superbia allontana gli uomini da Dio, o meglio il Dio dei superbi sono loro stessi che conducono una vita proiettata all’affermazione della loro identità.
  • 10. Umberto Galimberti Psicoanalista & Filosofo Lo psicoanalista e filosofo Umberto Galimberti sostiene che il superbo è innamorato della propria eccellenza ed ha una smodata presunzione di superare gli altri. Sottolinea la sottile parentela tra la superbia e l’invidia che nasce quando il superbo viene superato da qualcuno e diventa invidioso. Inoltre afferma che nessuno si insuperbisce in solitudine, la superbia ha radici molto profonde nella natura più profonda dell’uomo teso sempre all’affermazione della propria identità. Inoltre espone l’orgoglio e l’umiltà come atteggiamenti giusti ed equilibrati, che però possono sfociare nella superbia o nel autodenigrazione.
  • 11. IL PECCATO DELLA SUPERBIA PER NOI Secondo noi la superbia può essere interpretata come una stato di chiusura mentale, che porta alla mancata riconoscenza del valore altrui. Un’altra conseguenza della superbia è l’illusoria condizione di superiorità rispetto alle altre persone, con conseguente difficoltà nel relazionarsi con gli altri.
  • 13. CLASSE: 4°B AFM A.S: 2017/2018 REALIZZATO DA: DI FONZO ANGELO, DI ROCCO FRANCESCO, NOTARPASQUALE DEBORA
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  • 17. Pena: Tormentati da fame e sete continua, stimolate dal profumo dei dolci, frutti di un albero e da una fonte d’acqua, sono ridotti a pelle e ossa, a « buccia strema» “Di bere e di mangiar n’accende cura l’odor ch’esce del pomo e de lo sprazzo che si distende su per sua verdura.” v.67-68-69
  • 18. Vengono puniti con la fame e la sete continua perché in terra hanno dato importanza solo a soddisfare i propri bisogni materiali. “Tutta esta gente che piangendo canta Per seguitar la gola oltra misura, In fame e ‘n sete qui si rifà santa.” v. 64-65-66
  • 19. Personaggi: Nella sesta cornice Dante incontra il suo amico Forese Donati. Il suo aspetto è così alterato dalla pena inflitta che il poeta lo riconosce solo dalla voce e prova compassione e dolore nel vederlo così trasformato. «La faccia tua, ch’io lagrimai già morta, Mi dà di pianger mo non minor doglia»
  • 20. Per Dante il peccato di gola riduce l’uomo alla pura corporeità, allontanandolo dalla sua umanità e dall’uso della ragione, che sola può darci il senso della misura. Perciò i golosi sono puniti proprio nella deturpazione del corpo, edonisticamente compiaciuto in vita.
  • 21. • La gola secondo Galimberti ( “I vizi capitali e i nuovi vizi”) mette in moto le «zone più primitive del nostro cervello», perché ha a che fare con l’istinto atavico di sopravvivenza. Parlare di cibo è, inoltre, complesso nella società di oggi per le implicazioni psicologiche che comporta: bulimia, anoressia sono legate al riconoscimento sociale, legato anche a canoni estetici.
  • 22. Attraverso il cibo, per Galimberti, passa anche la nostra identità: i sapori risvegliano in noi le sensazioni e i ricordi più remoti. Oggi però tutto è omologato, la logica del profitto sta facendo scomparire le diversità culinarie per produrre più facilmente cibi senza più sapori.
  • 23. Nella società in cui viviamo il rapporto con il cibo è sempre più conflittuale. Una parte del pianeta ne abusa, l’altra ne è priva. Peccano di gola anche coloro che danno troppa importanza alla propensione di cibarsi esclusivamente di pietanze pregiate e costose, facendone le principali preoccupazioni, ma soprattutto il peccato di gola è legato al consumismo, al continuo spreco di risorse, di alimenti e alla nascita di allevamenti intensivi, che causano la sofferenza degli animali. Siamo tutti colpevoli, se non riusciamo a coniugare rispetto per la natura ed esigenza di sfamare l’intero pianeta.
  • 24. CLASSE: 4°B AFM A.S: 2017/2018 REALIZZATO DA: di NICOLANTONIO CRISTIANO, CILLI SARA, MAURIZIO MATTEO
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  • 28. La VII cornice Nel Purgatorio i lussuriosi sono puniti nella VII cornice
  • 29. Come in vita furonoarsi dallepassioni carnali, ora sono avvolti nellefiammein cui si purificano: « e vidi spirti per la fiammaandando»
  • 30. I peccatori sonodivisi in due schiere,quandoquestesi incontrano si scambianoun casto bacioe gestiaffettuosi. come appare in questaminiatura delladivinacommedia di alfonso a’aragona.
  • 31. Tra gli spiriti penitentiDante incontra GuidoGuinizelli che chiama «padre mio» e a cui dimostra affetto e ammirazione: «dimostri nel dire e nel guardar d’avermi caro», gli dice Guinizelli. Dantespiega perché: per «li dolci detti vostri, / che , quantodureràl’uso moderno, /faranno cari ancora i loro incostri». La letteratura, però, non mette al riparo da questopeccato, anzi…
  • 32. La lussuria per Galimberti «E' la rinuncia della vergogna come ultima autodifesa, perfetto disarmo della consegna di sé, oblio della misura, cedimento della menteche è la roccaforte della ragione, incapace…di sfiorare la verità senza possederla»
  • 33. «E’ febbredelcorponel suociecoe tormentosobisognodi reciprocità»,ma«lalussuriaperpetuala natura,nongliindividui», l’uomosi riducea puracarnalità, privadi «quellascintilladivinain cuiè custoditoil nostronome».
  • 34. Per Galimberti, inoltre, la lussuria oggi ha contorni ben diversiche nel passato. l’emancipazione femminile e la tecnica, «cheha sottrattoalla natura la sua ineluttabilità», hanno portato al superamento della «dualità agonistica tra i sessi» ed alla loro «indifferenziazione», alla finedella sessualità stabilita dallanatura. «Ma là dove non c’è referente, non c’è limite, quindi non c’è norma, orizzonte, misura…»
  • 35. CLASSE: 4°B AFM A.S: 2017/2018 REALIZZATO DA: TORLONTANO GLAUCO, NORSCIA PAOLO, FARANO FRANCESCO
  • 37.
  • 38.
  • 39. Pena: Colpevoli di scarso amore per il bene sono costretti a correre a perdifiato lungo la cornice gridando esempi di accidia punita. “…Tosto fur sovr’a noi, perché correndo si movea tutta quella turba magna; e due dinanzi gridavan piangendo…”
  • 40. Contrappasso: Come gli accidiosi sono stati indolenti e negligenti nel compiere il bene, così adesso si affrettano senza perdere tempo, correndo e gridando esempi di zelo e sollecitudine, virtù opposte all’accidia “…Noi siam di voglia a muoverci sì pieni, Che restar non potem; però perdona Se villania nostra giustizia tieni. ..”
  • 41. Il peccato dell’accidia per Dante Per il poeta, uomo attivo e determinato a lottare per ciò in cui crede, la pigrizia spirituale degli accidiosi è inaccettabile. E’ come se l’uomo rinunciasse ad esercitare ciò che più lo contraddistingue, il libero arbitrio, e ciò che più lo nobilita, l’amore e il desiderio di far bene.
  • 42. Il Libero arbitrioE’ alla base della dignità di ogni uomo e permette di compiere delle scelte e affermarsi unici, diversi da tutti gli altri.
  • 43. L’Amore e il desiderio di fare del bene accendono le passioni umane e spingono ad agire. Misericordia, Anonimo
  • 44. Il peccato dell’accidia per Galimberti Molti giovani del nostro tempo sono afflitti da assenza di interessi, monotonia delle impressioni e sensazioni di immobilità che comportano una sensazione di vuoto interiore: “un divertimento che risuona senza eco”. Questa atmosfera però può essere lo stimolo per le nuove creazioni di senso. “Bisogna avere del caos dentro di sé per partorire una stella danzante”. Nietzsche Il pensatore, Munch
  • 45. Il peccato dell’accidia per Noi L’accidia è la mancanza di cura e di interesse per qualsiasi cosa, la noia e la prostrazione di fronte alla vita. Questo comporta una visione pessimista in cui tutto viene ridotto al negativo ed ogni possibilità di futuro diventa inimmaginabile. Si perde la fiducia verso se stessi, e si arriva ad avere un’instabilità d’umore e di giudizio. Emisfericelebrali, La vita è meravigliosa
  • 46. CLASSE: 4°B AFM A.S: 2017/2018 REALIZZATO DA: CANCELLI AGNESE, DE AMICIS CHIARA, TAHIRI FATNA
  • 47. PURGATORIO I VIZI CAPITALI: L’IRA DANTE E GALIBERTI A CONFRONTO
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  • 50. XVI CANTO DEL PURGATORIO PENA: Gli iracondi sono costretti a vagare in una fitta nebbia di fumo che non permette di vedere. «Buio d’inferno e di notte privata, d’ogne pianeto, sotto pover cielo, quant’esser può di nuvole tenebrata, non fece al viso mio sì grosso velo como quel fummo ch’ivi ci coperse, né a sentir di così aspro pelo Che l’occhio stare aperto non sofferse»
  • 51. CONTRAPPASSO: Come in vita sono stati accecati dall’ira che ha offuscato la loro ragione, spingendoli verso azioni violente ed aggressive, così ora ad accecarli è un fumo agre e pungente che non consente di tenere gli occhi aperti. Diventa indispensabile allora la guida di Virgilio, simbolo della ragione.
  • 52. PERSONAGGI: Marco Lombardo, uomo di corte dalle virtù morali e intellettuali. Dante gli chiede di chiarire il dubbio sulla causa delle azioni malvagie: «che’ nel cielo uno, e un qua giù la pone». Marco Lombardo risponde ribadendo la centralità del libero arbitrio e della ragione nelle scelte umane: «lume v’è dato a bene e a malizia E libero voler…»
  • 53. L’IRA SECONDO DANTE Dante pensa che l’ira sia la perdita del controllo che offusca la capacità di ragionare e porta l’uomo ad agire e compiere azioni sconsiderate e violente. Secondo l’autore infatti, gli uomini credono di essere influenzati dagli astri o da forze superiori, ma in realtà siamo tutti dotati di libero arbitrio e quindi liberi di scegliere tra il bene e il male.
  • 54. L’IRA SECONDO UMBERTO GALIMBERTI Per l’autore l’Ira è «un sentimento mentale ed emotivo di conflitto con il mondo e con se stessi che controlliamo poco e maneggiamo peggio «perché, in preda all’Ira non è più padroni delle nostre azioni». A volte l’ira può avere una giusta motivazione se manifestata «al momento giusto, nel modo giusto e con la persona giusa», come dice Aristotele, ma ci vuole la «giusta misura», «proprio quella virtù che l’ira tende a mandare in frantumi».
  • 55. Da Aristotele a Nietzsche, i filosofi hanno sempre pensato e detto che la salute del corpo e l’equilibrio della mente si mantengono con la «misurata espressione» delle passioni.
  • 56. L’IRA SECONDO NOI Condividiamo il pensiero di Dante e Galimberti e siamo preoccupati dal proliferare di questo vizio nella nostra società, testimoniato da tante manifestazioni quotidiane: ira nelle parole, quando si urla la propria ragione invece di motivarla (si pensi a tante trasmissioni televisive), ira nelle azioni anche per futili motivi (casi di automobilisti che si aggrediscono), ira che diventa violenta fino all’eliminazione dell’altro (femminicidi).
  • 57. CLASSE: 4°B AFM A.S: 2017/2018 REALIZZATO DA: AGOSTINONE CARLOTTA, DI PROFIO ROBERTA E MANCINELLI FRANCESCO
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  • 61. È alba, le anime vengono punite essendo costrette a giacere a terra con mani e piedi legati, perché come gli avari in vita tennero lo sguardo fisso sulle cose terrene senza alzarlo al cielo, ora sono schiacciati a terra.
  • 62. I personaggi del XIX canto • Dante Caratteristiche: pensieroso e confuso • Virgilio Caratteristiche: svolge sempre la sua funzione di guida, è sicuro e consapevole. • L’angelo della sollecitudine Caratteristiche: aspetto candido • Adriano V Caratteristiche: pentito e amareggiato
  • 63. L’avarizia per Dante L’avarizia è vista da Dante come l’eccessivo attaccamento dell’uomo al denaro e ai beni terreni, che condiziona le sue azioni inducendolo ad agire sconsideratamente, perdendo la ragione. Inconsapevole della vanità dei beni terreni e del denaro, l’uomo attribuisce molto valore ad essi non tenendo conto di ciò che è giusto, quindi anche della vita dopo la morte, appunto senza volgere lo sguardo al cielo. Sebbene l’avarizia sia un eccesso da evitare, occorre non cadere nell’eccesso contrario, la prodigalità, trovando un giusto equilibrio.
  • 64. L’avarizia per Galimberti Secondo Galimberti, l’avarizia «è il più stupido dei vizi capitali perché si basa su una contraddizione: «il denaro accumulato dall’avaro ha il potere di acquistare tutte le cose, ma questo potere non deve essere esercitato, perché altrimenti non si ha più denaro e quindi il potere ad esso connesso». L’avaro accumula insaziabilmente denaro, ma non lo investe altrimenti non può più disporne. Il denaro accumulato determina l’esistenza, “ Io sono ciò che ho”. Quando il denaro diventa il fine ultimo tutti i beni di natura economica come l’intelligenza, la cultura, l’arte, l’amore, per l’avaro cessano di essere valori in sé L'avaro inoltre ha paura del futuro perché non ha certezze materiali riguardo ad esso. Tuttavia non bisogna considerare ogni comportamento con cui si manifesta attaccamento ad una cosa materiale come avarizia, perché è giusto che anche le cose materiali abbiano un valore che sia affettivo o di altra natura.
  • 65. Crediti Immagini di biografie online, quotidiano giornale sentire e dottoressa Silvia Parisi © tutti i diritti riservati - menzione del nome dell'Autore obbligatoria ai sensi della legge 633/41. 4 B afm, a.s.2017-2018 Alunni: EDOARDO SABATINI, GIULIA CIPRIETTI
  • 67.
  • 68.
  • 69. PENA Gli invidiosi sono vestiti di un panno ruvido e grossolano, stanno seduti addossati alla parete del monte sostenendosi l’un l’altro, le palpebre sono cucite da fili di ferro e dai loro occhi scendono lacrime. Dante li paragona a dei poveri ciechi che chiedono l’elemosina.
  • 70. “Di vil ciliccio mi parean coperti, e l’un sofferia l’altro la spalla, e tutti dalla ripa eran sofferti. …. Che a tutti un fil di ferro i cigli fora e cusce sì, come a sparvier selvaggio si fa però che queto non dimora.”
  • 71. PERSONAGGI Sapia Durante il suo cammino nella cornice Dante e Virgilio incontrano una signora senese di nome Sapia, che durante la battaglia di Colle Val d’Elsa, sperava nella sconfitta dei suoi concittadini per quanto il suo sentimento di invidia verso di loro era forte.
  • 72. LEGGE DEL CONTRAPPASSO Gli invidiosi in vita hanno usato i loro occhi non per guardare gli altri ma hanno osservato solo i beni che possedevano e che avrebbero voluto per sé. Nell’aldilà non possono vedere la realtà esteriore con gli occhi che sono cuciti, ma sono costretti a guardare con il cuore. Il panno ruvido ed il colore grigio sottolineano il livore e la meschinità di questo peccato.
  • 73. L’invidia PER DANTE Dal modo in cui Dante punisce gli invidiosi possiamo capire il disprezzo che prova per questo peccato, che indurisce ed abbruttisce l’animo al punto di arrivare a desiderare il male delle persone invidiate. Le conseguenze dell’invidia possono essere distruttive per chi la prova e per chi la subisce. Non è un caso che nella seconda cornice prevalga un’atmosfera plumbea e grigia e che gli invidiosi siano paragonati a dei cechi mendicanti: la loro cecità e povertà sono interiori, consistono nel non riuscire a gioire del bene altrui.
  • 74. Invidia per galimberti Galimberti ritiene l’invidia uno dei pochi vizi che non provoca piacere, ma che al contrario provoca un sentimento di angoscia per chi la prova. Secondo lo studioso questo sentimento nasce dal naturale bisogno di riconoscimento. Quando manca subentra l’invidia per chi ce l’ha e il desiderio della demolizione dell’altro, la sua svalutazione per proteggere il proprio valore, salvaguardare la propria identità. Egli ritiene che l’invidia sia stimolata dalla nostra società che ci spinge a competere, a superare i nostri limiti e provare rancore per chi è meglio di noi. L’invidia può essere superata se le persone avessero la capacità di riconoscere il merito degli altri e di ammirarli, cercando di auto- migliorarsi e riuscendo allo stesso tempo a comprendere quali siano i propri limiti. La rinuncia non è sconfitta, ma misura, atto di ragione.
  • 75. L’invidia secondo noi Noi concordiamo con Dante in quanto pensiamo che l’invidia sia uno dei più brutti peccati dell’animo umano in quanto ti fa sperare nel male altrui solo per un senso di insoddisfazione personale. Concordiamo anche con Galimberti quando sostiene che la nostra società così competitiva, che non valorizza le differenze, ma premia solo i numeri uno, spinga all’invidia ed al senso di frustrazione, anziché all’emulazione ed al riconoscimento del valore.
  • 76. CLASSE: 4°B AFM A.S: 2017/2018 REALIZZATO DA: FELICI SIMONE, LAZZARI ARMANDO, ELEUTERIO FRANCESCO