1. Lezioni di Psichiatria Prof. Alessandro Serretti
E-mail=alessandro.serretti@unibo.it
Facoltà : Medicina e Chirurgia
2. ALMA MATER STUDIORUM – UNIVERSITA’ DI BOLOGNA
Istituto di Psichiatria "P. Ottonello"
Dott. Alessandro Serretti
Ricercatore in Psichiatria
E-mail: alessandro.serretti@unibo.it
4. • La Psichiatria è una branca della medicina che comprende
– Disturbi mentali (della sfera emotiva e di quella
cognitiva)
– Disturbi comportamentali
• Eziologia, presentazione e loro decorso sono influenzati da
molteplici cause
• La loro terapia si avvale di interventi
Sociali
Psicologici
Medici
• Frequenti sono i fraintendimenti sul ruolo dello psichiatra e
falsi “miti” sulla pratica psichiatrica
• Rivoluzione negli ultimi 20 anni:
a) I pazienti Psichiatrici sono di norma curati nei servizi
psichiatrici territoriali
b) Se ricoverati in strutture di urgenza, i ricoveri devono
essere brevi
5. • PROGRAMMA
• Cenni di Epidemiologia Psichiatrica
• L’assistenza Psichiatrica in Italia, Legislazione psichiatrica
• Cenni eziopatologici
• Colloquio con il paziente
• Esame di Stato Mentale - Psicopatologia
• Classificazione dei Disturbi Mentali
• Schizofrenia e Altre Psicosi
• Depressione e Disturbo Bipolare
• Ansia e spettro Disturbi d’Ansia
• Disturbi del Comportamento Alimentare
• Demenza
• Disturbi di Personalità e Ritardo Mentale
• Disturbi Somatoformi
• Abusi e Dipendenze
• Emergenze in Psichiatria
• Psicofarmaci e Psicoterapie
8. Prevalenza
• Tutti i disturbi mentali: 50% degli adulti soffre di
problemi di salute mentale nel corso della vita
• Depressione: Adulti: 10% nel corso della vita
• Disturbi d’ansia: 3-6% nel corso della vita (fobie,
disturbi ossessivo - compulsivo, e disturbi tipo attacco di
panico (prevalenza 1% circa per ciascun disturbo)
• Suicidio: 5.000 suicidi riusciti e più di 100.000 tentati
suicidio all’anno; rappresentano il 5% di tutti gli anni di
vita persi nelle persone sotto i 75 anni
9. • Schizofrenia (ed altre psicosi): 1% nel corso della vita
• Disturbo affettivo bipolare: 0.5-1% nel corso della vita
• Disturbi di personalità: 5-10% dei giovani adulti
• Disturbi legati all’alcool: 4.7% degli adulti presenta
dipendenza da alcool
• Dipendenza da sostanze: 2.2% (stima in difetto)
• Anoressia nervosa: 1% delle ragazze adolescenti
11. Legislazione psichiatrica in Italia (1)
• Esigenze di sicurezza > necessità terapeutiche
• Isolamento della psichiatria dal resto dell’ assistenza sanitaria
i manicomi costruiti in luoghi appartati, distinti dagli Ospedali Civili
• Competenze amministrative delegate alle Province
• Dimissioni dei ricoverati coattivamente: competenza dell'autorità giudiziaria.
Legge 36 del 1904
"pericolosi a sé o agli altri" o
di "pubblico scandalo“ (1904)
12. “.. alleanza originaria della
psichiatria con la giustizia.
Lo psichiatra nell’espletamento
del suo mandato professionale è
contemporaneamente medico e
tutore dell’ordine…
…ma i due ruoli sono in evidente
contraddizione reciproca dato che
l’uomo di scienza dovrebbe
tendere a salvaguardare l’uomo
malato mentre il tutore
dell’ordine tende a salvaguardare
l’uomo sano”.
( Basaglia, 1971)
Legislazione psichiatrica in Italia (2)
13. Legislazione psichiatrica in Italia (3)
• Legge 180 del 1978 “Accertamenti e Trattamenti Sanitari Volontari e
Obbligatori”
• Legge 833 del 1978 “Istituzione del Servizio Sanitario Nazionale
(SSN)”
• Aspetti principali
– I trattamenti psichiatrici sono di regola extraospedalieri
– L’obiettivo è di curare il paziente nel suo ambiente, a livello
ambulatoriale, ed evitare che venga stigmatizzato ed espulso
– Il ricovero ospedaliero ed ancor più il ricovero coatto sono
rigidamente regolamentati. La legge di riforma psichiatrica ha
chiuso definitivamente tutti gli ospedali psichiatrici
– Reparti psichiatrici all’interno dell’Ospedale Civile, con un
massimo di 15 letti, e con 1 letto/100.000 abitanti circa
14. Trattamento Sanitario Obbligatorio
• Quando:
a) il paziente presenta una patologia psichiatrica acuta e grave che
necessita di interventi tempestivi
b) che però egli rifiuta
c) non esiste la possibilità di effettuare gli interventi terapeutici nelle
strutture territoriali esistenti
• Come:
1) Un medico compila la Proposta di TSO ed un secondo medico,
dipendente dal SSN, compila la Convalida di TSO
2) La documentazione viene inviata al Sindaco, che la deve autorizzare
esplicitamente prima che il TSO possa essere attuato
3) Il Sindaco da notizia dell’avvenuto TSO al Giudice Tutelare, che può
intervenire
• Dove:
Il TSO si effettua esclusivamente presso i reparti ospedalieri di psichiatria
autorizzati (SPDC)
• Quanto:
Il ricovero coatto è breve (7 giorni) e rinnovabile previa comunicazione al
giudice tutelare
15. Accertamento Sanitario Obbligatorio
• Quando:
fondato sospetto che il paziente presenta una patologia psichiatrica acuta
e grave che necessita di interventi tempestivi
• Come:
1) certificazione medica di proposta contenente le motivazioni che
suggeriscono la richiesta di tale provvedimento.
2) La documentazione viene inviata al Sindaco che dispone il
provvedimento e dà disposizione ai vigili urbani (ed ev. anche forze
dell’ordine) di individuare il paziente e di obbligarlo ad accettare la
visita.
• Dove:
Nell'ordinanza del Sindaco deve essere specificato dove si intende
effettuare l'ASO (ambulatorio, domicilio del paziente, pronto soccorso
di ospedale civile ove sia presente una accettazione psichiatrica o sia
comunque attivabile una consulenza psichiatrica).
Lo psichiatra del servizio pubblico che effettua la visita di accertamento
decide sui provvedimenti da prendere (trattamento domiciliare,
ricovero volontario, TSO)
16. Stato
Azienda USL
Regione
Altra Azienda USL
Azienda Ospedaliera
Ospedale privato
Distretto SocialePrevenzione Presidi Ospedalieri
- Dipartimento di cure primarie
- Centro Servizi Ambulatoriali
- Dipartimento di Salute Mentale
etc…
17. Dipartimento di Salute Mentale
• Hanno in cura il 3% della popolazione generale
• Il 10% della popolazione generale si rivolge ai DSM nel corso della vita
• Strutture del DSM
1) Centri di salute Mentale (CSM)
2) Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC)
3) Strutture Intermedie non residenziali
a. Day Hospital
b. Centro Diurno
4) Strutture Intermedie Residenziali
a. Centro residenziale terapeutico riabilitativo
b. Comunità protetta
5) Servizi di consulenza ospedaliera e per i MMG
18. IL SERVIZIO PSICHIATRICO
DI DIAGNOSI E CURA (SPDC)
• E’ il reparto ospedaliero di psichiatria: attività di diagnosi
e cura dei disturbi psichiatrici
• Vi vengono attuati trattamenti psichiatrici volontari
(TSV) ed obbligatori (TSO)
• Gestione della fase acuta della patologia psichiatrica
• Lavora in collaborazione con i Centri
di Salute Mentale
19. I CENTRI DI SALUTE
MENTALE (CSM)
• Attività di accoglienza e analisi della domanda degli utenti e dei loro
familiari
• Presa in carico dei pazienti
• Definizione dei programmi terapeutico-riabilitativi e socio-
riabilitativi, in integrazione operativa tra le diverse professionalità
nelle diverse situazioni, tramite interventi ambulatoriali e domiciliari
• Collegamento con i medici di base, con i reparti ospedalieri e con gli
altri servizi territoriali;
• Azioni di filtro sui ricoveri al fine di limitarli ai casi di comprovata
necessità
• Informazione e di assistenza per gli utenti e le loro famiglie
20. IL PROBLEMA DELLA
CONTENZIONE
• Dispositivo che limita in generale le libertà individuali ed in
particolare la libertà di movimento del paziente
• Situazioni di ALTO RISCHIO di azioni ETERO od AUTOLESIVE
• Attuata solo nel caso le strategie di “descalation” non si rivelino
sufficienti
21. IL PROBLEMA DELLA
CONTENZIONE
PROCEDURA
• E’ necessaria la prescrizione del medico
• Il paziente deve essere controllato ogni 15 minuti dal personale
infermieristico e almeno ogni 2 ore da personale medico
• La decisione del ricorso alla contenzione deve essere rivista qualora
non sussista più la condizione che l’ha determinata
23. Modelli
• Modello medico
– I sintomi derivano da lesioni (talvolta non evidenziabili)
– Trattamenti biologici per ripristinare lo stato di salute
• Modello psicodinamico (psicoanalitico)
– I sintomi rappresentano compromessi di un conflitto intrapsichico
– Trattamenti psicologici per modificare la struttura psichica
• Modello sociorelazionale
– I sintomi sono una risposta logica ad un contesto illogico (famiglia,
società)
– Trattamenti primariamente volti all’ambiente
29. Colloquio con il pz Psichiatrico
• Conversazione: ruolo variabile, argomento variabile,
scopo variabile
• Colloquio psichiatrico: ruolo definito, argomento
definito, scopo definito
Uno dei due soggetti può avere difficoltà a
porsi in sintonia con l’altro sia su di un
piano relazionale che di contenuto
30. Ciò determina la necessità da parte dell’interlocutore di porre in atto
modalità relazionali e comunicative tali da tentare di stabilire una
sintonia in entrambe le aree.
Aspetti relazionaliAspetti relazionali: si basano sulle capacità di empatia degli
interlocutori
Aspetti di contenutoAspetti di contenuto: si basano sull’esame di realtà.
• Empatia: capacità di comprensione del mondo psichico altrui
attraverso una parziale identificazione
• Esame di realtà: adesione ad una concezione condivisibile di essa
Colloquio con il pz Psichiatrico
31. Esame di realtà (insight)
I soggetti con disturbi psichiatrici possono avere un
grado variabile di alterazione dell’esame di realtà, definibile
come consapevolezza completa, parziale o incompleta
di essere affetti da sintomi di ordine psichico.
Quanto più è assente consapevolezza, tanto
più è necessario agire sia su
un piano empatico che comunicativo
32. •… ho spesso momenti di ansia … mi hanno detto che potrebbero
essere attacchi di panico …
•… sono la rovina della mia famiglia … a volte ne sono sicuro, a
volte no … guadagno troppo poco e mi sento un marito ed un
padre fallito … però non è sempre così …
•… sono costantemente seguito da poliziotti in borghese … sono
fuori di casa, per strada, al supermercato … tento di sfuggirli, ma
me li ritrovo sempre alle calcagna …mi tengono d’occhio
ventiquattro ore su ventiquattro … non ce la faccio più …
Esame di realtà (insight)
33. • Valutazione psichiatrica
– Evitare di farsi condizionare dalla prima impressione
– Valutare i rischi immediati
– Acquisire notizie su circostanze personali e familiari che
potrebbero aver
Modificato i sintomi
Influire sulla terapia e la prognosi
– Fondamentale la tecnica del colloquio!
Domande aperte
Domande chiuse
Tratto da: Teifion Davies, ABC of
mental health: Mental health
assessment, BMJ, May 1997; 314: 1536
34. Esempi di domande
Domande aperte
• Quali sono i problemi che l’hanno fatto venire in ospedale?
• Potrebbe dirmi qualcosa di più a riguardo?
• E...?
• C’è qualcos’altro di cui avrebbe piacere di parlarne (qualcosa
che la preoccupa)?
• Mi parli della sua routine quotidiana (della sua famiglia, della
sua storia personale e del contesto familiare nel quale è
cresciuto)
• Ci sono delle domande che vorrebbe pormi?
Tratto da: Teifion Davies, ABC
of mental health: Mental
health assessment, BMJ, May
1997; 314: 1536
35. Domande aperte
• Vantaggi:
– dà al pz la possibilità di scegliere gli argomenti e di
esprimersi secondo il proprio punto di vista
– risposte spontanee, più emotive
• Svantaggi:
– risposte lunghe, vaghe, inattendibili, incomplete
– argomenti selezionati dal pz
36. Esempio di un colloquio a domande aperte
• " che cosa l'ha condotta qui, signora? "
• " mi sento sempre stanca."
• " stanca?"
• " perché non riesco dormire bene."
• " che cosa c'è che non va nel suo sonno? "
• " E’ sempre è leggero, agitato e non riposante.”
• “Bene, in che senso sonno non riposante? "
• " io credo... non so...
• " intende che si rigira nel letto? "
• " no, non mi sembra... “
• " perché non mi descrive il suo sonno, a partire dal momento in
cui è andata letto? "
• " sono andata a letto alle 22.30, poi mi sono alzata poco dopo la
mezzanotte "
37. Esempio di un colloquio a domande aperte
• " sì... "
• " poi all'una o all'una e mezza ancora. Ho gironzolato per casa
per circa mezz'ora poi mi sono nuovamente alzata alle quattro e
non so quando mi sono addormentata. Al mattino è stato molto
difficile alzarsi."
• " per cui sonno agitato per lei significa alzarsi più volte durante
la notte."
• " si, è così."
• " Ha anche detto che si sente stanca durante la giornata."
• " esatto "
• " accade più frequentemente dopo una notte agitata? "
• " no, non necessariamente. Alcune notti dormo veramente bene
e tuttavia mi sento stanca fino alle 11 e mezzo del mattino "
• " quindi sembra che lei abbia due problemi: alzarsi durante la
notte sentirsi stanca nelle ore mattutine."
• " si, è così."
38. Domande chiuse
• Quando sono cominciati questi problemi (pensieri, sentimenti)?
• Che effetto hanno su di lei (la sua vita, la sua famiglia, il suo
lavoro)?
• Ha mai avuto esperienze simili nel passato?
• Quando dice di sentirsi depresso, che cosa intende esattamente?
• In momenti come questi ha mai pensato di suicidarsi?
• Le capita di sentire delle voci (o vedere delle immagini) quando
sembra che non ci sia nessuno?
39. Domande chiuse
• Vantaggi:
– focus ristretto, scelto dal medico, precisione
– risposte veloci, chiare
• Svantaggi:
– Guidano il pz (risposte vero-falso), meno autentiche
– il pz può non riferire cose perché non gli vengono chieste
40. Esempio di un colloquio “troppo” chiuso
•T: “Sono il dr X. Lei ha acconsentito a
fare questo colloquio, è esatto?
•T: “Bene. Quanti anni ha?”
•T: “Ha dei parenti?”
•T: “Fratelli e sorelle “
•T: “Quanti?”
•T: “Lei è il più giovane?”
•T: “Qualcuno di loro si è ammalato di
disturbi psichiatrici?”
•T: “I suoi genitori sono viventi?”
•T: “Qualcuno di loro soffriva di malattie
psichiatriche?
•P: “Si.”
•P: “47”
•P: “Che cosa intende?”
•P:“Si “
•P:“Tre “
•P:“No.”
•P:“No”
•P: “No, mia madre è morta un
me..”
•P: “Non mi pa…”
41. Esempio di un colloquio a domande chiuse
•T: “Oh, mi sembra impossibile, la maggior
parte delle malattie psichiatriche sono
ereditarie.”
•T: “Passiamo ai sintomi. Ha mai sofferto
di allucinazioni?”
•T: “Ha mai delirato?”
•T: “Ha mai immaginato che i suoi vicini ce
l’avessero con lei?”
• T: “Ha mai avuto delle compulsioni?”
• T: “Ha mai avuto malattie immaginarie?
Disturbi somatoformi?”
• T: “Ha avuto delle amnesie?”
•P: “No”
•P: “No”
•P: “No”
•P: “No”
•P: “Complu…No”
•P: “No”
P: ”Non mi ricordo…”
42. COSA FARE
– Permettere al paziente di narrare la propria
storia
– Prendere il paziente “sul serio”
– Lasciare tempo alle emozioni del paziente
– Indagare i pensieri su suicidio, violenza
– Dare rassicurazione laddove possibile
– Iniziare una relazione costruttiva e “vera”
– Ricordare che “ascoltare” è “fare”!
Tratto da: Teifion Davies, ABC of
mental health: Mental health
assessment, BMJ, May 1997; 314: 1536
43. COSA NON FARE
• Non utilizzare domande chiuse troppo presto
• Non porre più attenzione al “caso” che al paziente
• Non essere troppo rigidi o disorganizzati:
esercitare un controllo flessibile
• Non evitare argomenti “delicati” o imbarazzanti
• Non prendere come “tecnici” i termini
medici/psichiatrici che il paziente usa (es.
depressione)
Tratto da: Teifion Davies, ABC of
mental health: Mental health
assessment, BMJ, May 1997; 314: 1536
44. RICORDARSI DI:
– Mettere il paziente a proprio agio, è un colloquio, non
un interrogatorio!
– Essere neutrali! Evitare giudizi, pregiudizi, prendere le
parti per o contro il paziente
Tratto da: Teifion Davies, ABC
of mental health: Mental
health assessment, BMJ, May
1997; 314: 1536
45. ALTRE TECNICHE UTILI
CHIARIFICAZIONE:
– SPECIFICARE (“in che senso non riposante?”)
– VERIFICARE I SINTOMI (“cosa intende per…?”)
– DOMANDE GUIDA (“un bel gin tonic in discoteca,
qualche pasticca, chi non se la cala?)
– SONDARE: molti pz assegnano un significato
particolare alle proprie esperienze; il fine è quello di
identificare la logica del pz
• Perché pensa che l’abbiano portata qui?
• Perché pensa che accadano queste cose?
• E’ possibile che le cose vadano diversamente?
46. ALTRE TECNICHE UTILI
CONDUZIONE
– CONTINUARE (“mi dica di più”)
– ENFATIZZARE (“Lei mi ha detto di sentirsi spesso
nervosa…)
– VERIFICARE I SINTOMI (“cosa intende per…?”)
– RIDIREZIONARE: riportare il pz con delicatezza ad un
altro argomento
– TRANSIZIONE: portare gradualmente il pz su
argomenti diversi creando connessioni causa-effetto,
temporali o sottolineando il cambiamento (“adesso
parliamo di…”)
48. Fattori che richiedono domande inerenti il rischio suicidario
Soprattutto se il paziente è maschio, single, non più giovane,
isolato, o con più fattori di rischio contemporaneamente
• Precedenti idee o comportamenti suicidari
• Gravi sintomi depressivi
• Abuso di alcool o sostanze illecite
• Malattie mentali croniche (inclusa schizofrenia)
• Malattie fisiche dolorose o disabilitanti
• Recente ospedalizzazione in Psichiatria
• Dimissioni volontarie contro parere medico
• Precedente comportamento impulsivo, incluso il self harm
(autolesionismo)
• Procedimenti legali o criminali in atto (incluso divorzio)
• Separazioni e allontanamenti familiari, personali, o sociali (es.
lutti, separazioni)
Tratto da: T K J Craig and A P Boardman. ABC of mental
health: Common mental health problems in primary care,
BMJ, May 1997; 314: 1609
49. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
1. Descrizione generale
2. Umore ed affettività
3. Linguaggio
4. Sensopercezione
5. Pensiero
6. Coscienza e capacità cognitive
7. Insight
50. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
1. Descrizione generale
2. Umore ed affettività
3. Linguaggio
4. Sensopercezione
5. Pensiero
6. Coscienza e capacità cognitive
7. Insight
51. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
1. Descrizione generale
A.A. AspettoAspetto:: postura, cura di sé, igiene personale,
abbigliamento
B.B. Comportamento e attività psicomotoria:Comportamento e attività psicomotoria:
gestualità, rallentamento psicomotorio, iperattività e
irrequietezza, movimenti ripetitivi o bizzarri
C.C. Atteggiamento nei confronti della situazioneAtteggiamento nei confronti della situazione
e dell’interlocutore:e dell’interlocutore: collaborante, amichevole,
ostile, sospettoso, seduttivo, etc…
53. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
1. Descrizione generale
2. Umore ed affettività
3. Linguaggio
4. Sensopercezione
5. Pensiero
6. Coscienza e capacità cognitive
7. Insight
54. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
2. Umore ed affettività
A.A. Umore:Umore: emozione pervasiva e sostenuta che colora la
percezione che il soggetto ha del mondo.
eutimico, esaltato, depresso, disforico, labile
A.A. Affettività:Affettività: attuale risposta emozionale del paziente.
appropriata, inappropriata, appiattita
55. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
1. Descrizione generale
2. Umore ed affettività
3. Linguaggio
4. Sensopercezione
5. Pensiero
6. Coscienza e capacità cognitive
7. Insight
57. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
1. Descrizione generale
2. Umore ed affettività
3. Linguaggio
4. Sensopercezione
5. Pensiero
6. Coscienza e capacità cognitive
7. Insight
58. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
4. Sensopercezione
Processo mentale nel quale gli stimoli sensoriali
sono portati a livello di coscienza
- quantità- quantità
Iperestesie / ipoestesie
- qualità- qualità
Illusioni, allucinazioni
59. ALLUCINAZIONE = falsa percezione
sensoriale non associata a stimoli esterni
reali.
Uditive
Visive
Olfattive
Gustative
Somatiche
60. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
1. Descrizione generale
2. Umore ed affettività
3. Linguaggio
4. Sensopercezione
5. Pensiero
6. Coscienza e capacità cognitive
7. Insight
61. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
5. Pensiero
Racchiude le facoltà più superiori e la capacità
critica per cui una persona è in grado di:
– Relazionarsi con la realtà
– Derivare concetti dal contatto con la realtà
– Produrre giudizi sulla realtà
A.A. Forma del pensieroForma del pensiero
A.A. Contenuto del pensieroContenuto del pensiero
62. Disturbi della forma del pensiero
• Accelerazione Fuga delle idee
• Rallentamento Blocco
• Tangenzialità
• Disorganizzazione
• Neologismi
• Ecolalia
quantità e velocitàquantità e velocità
coerenza dei nessi associativicoerenza dei nessi associativi
anomalie nel linguaggioanomalie nel linguaggio
63. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
5. Pensiero
B.B. Contenuto del pensieroContenuto del pensiero
- deliriodelirio
- pensiero dominantepensiero dominante
- FobieFobie
- Idee suicide e omicideIdee suicide e omicide
64. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
5. Pensiero
B.B. Contenuto del pensieroContenuto del pensiero
- deliriodelirio
- pensiero dominantepensiero dominante
- fobiefobie
- idee suicide ed omicideidee suicide ed omicide
65. DelirioDelirio
Idea falsafalsa ed immodificabileimmodificabile caratterizzata da
straordinaria convinzione e certezza soggettiva, non
soggetta a critica e non derivabile dal contesto
culturale di provenienza del soggetto
66. Classificazioni del delirio:
• StrutturaStruttura: elementare o sistematizzato
• InsorgenzaInsorgenza: primario
- percezione delirante
- intuizione delirante
secondario
• UmoreUmore: congruo o incongruo
67. • Contenuti di pensiero nel delirioContenuti di pensiero nel delirio:
- DI PERSECUZIONE
- DI INFLUENZAMENTO
- DI COLPA, DI INDEGNITA’, DI ROVINA
- DI GRANDEZZA
- EROTOMANICO
68. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
5. Pensiero
B.B. Contenuto del pensieroContenuto del pensiero
- deliriodelirio
- pensiero dominantepensiero dominante
- fobiefobie
69. Alcuni contenuti prendono il sopravvento sugli altri
occupando la maggior parte della produzione ideativa.
Pensiero DominantePensiero Dominante
•IDEA PREVALENTE: contenuto ideativo
accompagnato da un partecipazione affettiva intensa ed
egosintonica che predomina su altri pensieri.
•IDEA OSSESSIVA: contenuto ideativo non intenzionale,
spesso irrazionale, invasivo e persistente (egodistonico)
avvertito come fastidioso cui il soggetto tende a resistere.
70. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
5. Pensiero
B.B. Contenuto del pensieroContenuto del pensiero
- deliriodelirio
- pensiero dominantepensiero dominante
- fobiafobia
71. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
1. Descrizione generale
2. Umore ed affettività
3. Linguaggio
4. Sensopercezione
5. Pensiero
6.6. Coscienza e capacità cognitiveCoscienza e capacità cognitive
7. Insight
72. CoscienzaCoscienza
• Quanto viene effettivamente vissuto in un
determinato momento
• Si esprime nello stato di veglia e comporta
l’integrità della vigilanza
73. AttenzioneAttenzione
• Processo cognitivo che permette di selezionare stimoli
ambientali, ignorandone altri.
Forme cliniche di deficit dell’attenzioneForme cliniche di deficit dell’attenzione
- primario
- secondario
74. MemoriaMemoria
• Funzione della psiche che permette di fissare ed immagazzinare
i dati con la facoltà di poterli riportare alla coscienza
localizzandoli spazio-temporalmente
Memoria a Breve Termine
Memoria a Lungo Termine
77. IntelligenzaIntelligenza
Insieme delle capacità operative che consentono di
capire, ricordare, utilizzare ed integrare
costruttivamente le conoscenze precedenti e gli
elementi del pensiero attuale al fine di affrontare e
risolvere situazioni nuove
Disturbi dell’intelligenza
• Ritardo mentale
• Demenza
• Intelligenza e disturbi psichiatrici
78. Esame delle condizioni mentali
Psicopatologia
1. Descrizione generale
2. Umore ed affettività
3. Linguaggio
4. Sensopercezione
5. Pensiero
6. Coscienza e capacità cognitive
7. Insight
79. Livello di consapevolezza rispetto al disturbo e alla
situazione.
Riconoscere l’aspetto patologico del proprio funzionamento
mentale.
Insight
80. Classificazione
““...nulla esiste di assolutamente definitivo, anche se gli ordinamenti...nulla esiste di assolutamente definitivo, anche se gli ordinamenti
sistematici sono indispensabili alla precisione dei concetti.”sistematici sono indispensabili alla precisione dei concetti.”
K.K. Jaspers, Psicologia delle visioni del mondoJaspers, Psicologia delle visioni del mondo
81. Classificazione dei disturbi mentali
• Classificazione categoriale
– Diagnostic and Statistic Manual of Mental Disorder (APA)
– International Classification of Disease (OMS)
• Aspetti di base
• Utilità e limitazioni
82. Sistema multiassiale del DSM IV
• Asse IAsse I Disturbi Clinici/Altre condizioni che possono
essere oggetto di attenzione clinica
• Asse IIAsse II Disturbi di Personalità/Ritardo Mentale
• Asse IIIAsse III Condizioni Mediche Generali
• Asse IVAsse IV Problemi Psicosociali ed Ambientali
• Asse VAsse V Valutazione Globale del Funzionamento
83. ASSE IASSE I
• Disturbi Solitamente Diagnosticati per la
Prima Volta nell’Infanzia, nella Fanciullezza o
nell’Adolescenza (escluso il Ritardo Mentale,
che viene diagnosticato sull’Asse II)
• Delirium, Demenza, e Disturbi Amnestici e
Altri Disturbi Cognitivi
• Disturbi Mentali Dovuti ad una Condizione
Medica Generale
• Disturbi Correlati a Sostanze
• Schizofrenia ed Altri Disturbi Psicotici
• Disturbi dell’Umore
• Disturbi d’Ansia
• Disturbi Somatoformi
• Disturbi Fittizi
• Disturbi Dissociativi
• Disturbi Sessuali e dell’Identità di Genere
• Disturbi dell’Alimentazione
• Disturbi del Sonno
• Disturbi del Controllo degli Impulsi Non
Classificati Altrove
• Disturbi dell’Adattamento
• Altre condizioni che possono essere oggetto di
attenzione clinica
• Disturbo Paranoide di Personalità
• Disturbo Schizoide di Personalità
• Disturbo Schizotipico di Personalità
• Disturbo Antisociale di Personalità
• Disturbo Borderline di Personalità
• Disturbo Istrionico di Personalità
• Disturbo Narcisistico di Personalità
• Disturbo Evitante di Personalità
• Disturbo Dipendente di Personalità
• Disturbo Ossessivo-Compulsivo di Personalità
• Disturbo di Personalità Non Altrimenti
Specificato
ASSE IIASSE II
84. Considerare il funzionamento sociale e lavorativo rispetto ad un continuum
che va da un livello eccellente ad un livello grossolanamente deficitario di
funzionamento
• 100 ... 91100 ... 91 Funzionamento superiore in una vasta gamma di attività
• 90 ... 8190 ... 81 Funzionamento buono in tutte le aree, efficace nel lavoro e nei rapporti
sociali
• 80 ... 7180 ... 71 Solo una lieve compromissione nel funzionamento sociale, lavorativo
o scolastico (per es., rari conflitti interpersonali, temporaneo arretramento nel
rendimento scolastico)
• 70 ... 6170 ... 61 Qualche difficoltà nel funzionamento sociale, lavorativo, o scolastico,
ma il soggetto, che in generale funziona bene, mantiene delle relazioni
interpersonali significative
• 60 ... 5160 ... 51 Difficoltà moderate nel funzionamento sociale, lavorativo, o scolastico
(per es., pochi amici, conflitti coi compagni o coi colleghi)
• 50 ... 4150 ... 41 Rilevante compromissione del funzionamento sociale, lavorativo, o
scolastico (per es., nessun amico, incapacità di conservare il lavoro)
Tratto da: Mini DSM-IV-TR. Criteri
diagnostici, Masson, 2002
85. • 40 ... 3140 ... 31 Grave menomazione in numerose aree, come lavoro o scuola,
rapporti familiari (per es., un adulto depresso evita gli amici, trascura la
famiglia, e non riesce a lavorare; un bambino picchia frequentemente i
bambini più piccoli, ha comportamenti di sfida in famiglia, e va male a
scuola)
• 30 ... 2130 ... 21 Incapacità di funzionare in quasi tutte le aree (per es., i soggetto sta
tutto il giorno a letto; non ha lavoro, casa o amicizie)
• 20 ... 1120 ... 11 Occasionalmente mostra incapacità di mantenere l'igiene
personale minima; non è in grado di funzionare autonomamente
• 10 ... 110 ... 1 Persistente incapacità di mantenere l'igiene personale minima.Non è
in grado di funzionare senza far danni a sé stesso o agli altri, oppure senza
un consistente supporto esterno (per es., cure infermieristiche e
sorveglianza)
• 00 Informazioni insufficienti
Tratto da: Mini DSM-IV-TR. Criteri
diagnostici, Masson, 2002
86. Esempio 1
• Asse I F32.2
Disturbo Depressivo Maggiore,
Episodio Singolo, Grave Senza
Manifestazioni Psicotiche
F10.1
Abuso di Alcool
• Asse II F60.7
Disturbo Dipendente di Personalità
Frequente uso della negazione
• Asse III Nessun disturbo
• Asse IV Minaccia di perdita del lavoro
• Asse V VGF = 35 (attuale)
Tratto da: Mini DSM-IV-TR. Criteri
diagnostici, Masson, 2002
89. • Prevalenza life-time 1%,
• Incidenza annua 0.2 per 1000
• M:F = 1:1 (ma esordio più precoce in ♂)
• Esordio prima dei 30 anni
Tratto da: T Turner. ABC of mental health: Schizophrenia.
BMJ, Jul 1997; 315: 108 – 111;
E da: Kim T Mueser, Susan R McGurk. Schizophrenia.
Lancet 2004; 363: 2063–72
EPIDEMIOLOGIA
90. FATTORI GENETICI
• 60-84% gemelli mono-zigoti condivide la diagnosi
– in confronto a 15% dei di-zigoti
• 50% rischio nel figlio se entrambi i genitori sono schizofrenici
• Multipli geni di suscettibilità
RISCHI AMBIENTALI
– Fattori biologici: eventi prenatali e perinatali
– Fattori psicosocali: povertà e bassa classe sociale
Tratto da: T Turner. ABC of mental health: Schizophrenia. BMJ, Jul 1997; 315: 108 – 111;
E da: Kim T Mueser, Susan R McGurk. Schizophrenia. Lancet 2004; 363: 2063–72
EZIOLOGIA
91. DSM-IV
criteri diagnostici per la schizofrenia
A. sintomi caratteristici positivi e negativi
B. disabilità sociale/occupazionale
C. durata > 6 mesi
D. non attribuibile a dist. umore
E. non attribuibile ad abuso di sostanze o
condizione internistica
CLINICA
92. Psicopatologia
1. Descrizione generale
2. Umore ed affettività
3. Linguaggio
4. Sensopercezione
5. Pensiero
6. Coscienza e capacità cognitive
Sintomi POSITIVI
COMPORTAMENTO BIZZARRO
ALLUCINAZIONI
DISTURBI FORMA PENSIERO
DELIRI
CLINICA
93. Psicopatologia
1. Descrizione generale
2. Umore ed affettività
3. Linguaggio
4. Sensopercezione
5. Pensiero
6. Coscienza e capacità cognitive
7. Capacità di giudizio e insight
Sintomi NEGATIVI
APPIATTIMENTO AFFETTIVITA’,
ANEDONIA, APATIA
ALOGIA
CLINICA
94. Psicopatologia
1. Descrizione generale
2. Umore ed affettività
3. Linguaggio
4. Sensopercezione
5. Pensiero
6. Coscienza e capacità cognitive
7. Capacità di giudizio e insight
Sintomi psicotici/positivi
COMPROMISSIONECOMPROMISSIONE
COGNITIVACOGNITIVA
CLINICA
96. Disabilità sociale/occupazionale
– Lavoro
– Scuola
– Ruolo genitoriale
– self-care
– Indipendenza di vita
– Relazioni interpersonali
– Tempo libero
Tratto da: T Turner. ABC of mental health:
Schizophrenia. BMJ, Jul 1997; 315: 108 – 111;
E da: Kim T Mueser, Susan R McGurk.
Schizophrenia. Lancet 2004; 363: 2063–72
CLINICA
97. Un caso di schizofrenia lieve
Alessandra è una ragazza carina, timida e un po’ remissiva che oggi ha 30 anni.
E’ molto legata alla giovane madre, ma non vuole che questa la ‘invada’. Ha
poche amiche. Ha un ragazzo fin da quando aveva 16 anni, ma con lui ‘non si
diverte.’
Nel ’97 si diploma logopedista ed inizia delle sostituzioni. Viaggiare e cambiare
ambienti la stanca molto, ma è determinata a progredire nel lavoro.
A Natale ‘98 va a Parigi con il ragazzo ‘per capire se lo amava’ ma dopo pochi
giorni la riportano a casa delirante, allucinata, confusa e terrorizzata. Non sa
spiegare cosa sia accaduto.
Sottoposta ad un programma intenso di cure ambulatoriali guarisce presto dai
sintomi psicotici. Non ha ‘soft signs’. Rimane una difficoltà nei rapporti
sociali ancora maggiori che in passato. E’ spaventata dagli ambienti che non
conosce ed ha difficoltà ad inserirsi nei gruppi.
Ha ripreso il lavoro adattandosi ad una mansione poco gratificante ma poco
faticosa, è rimasta con il suo ragazzo ma vive ancora dalla madre.
Periodicamente momenti di crisi in cui si sente perseguitata e in difficoltà nelle
relazioni interpersonali, in parte critica verso queste fasi
CLINICA
98. Un caso di schizofrenia grave
Marco studia ingegneria. Si è trasferito da sud in una grande città del nord. E’
un ragazzo che non ha mai avuto problemi, di buon carattere. E’ figlio unico
ed ha buoni rapporti con i genitori.
Nel corso degli studi inizia a ridurre la frequenza alle lezioni e i rapporti con
gli amici. Inizia anche ad avere difficoltà a concentrarsi. Passa la maggior
parte del suo tempo in camera, trascorre sveglio la maggior parte della notte e
dorme durante il giorno.
Dopo qualche mese ha la sensazione che gli insegnanti ed i compagni ‘ce
l’hanno con lui’, litiga spesso e finisce per avere comportamenti inadeguati.
Compare un franco delirio di persecuzione: prima è convinto che la mafia lo
tenga sotto controllo e voglia ucciderlo, poi il delirio muta ed è la polizia a
sorvegliarlo in quanto pensano abbia rapporti con la mafia.
Con il trattamento le idee deliranti migliorano ma senza scomparire del tutto.
Inizia ad avere strane idee sulla anatomia umana e sulla propria malattia.
Trascorre molto tempo chiuso nella sua stanza ed ha pochissimi rapporti con
gli altri (nel frattempo si è trasferito a Bologna e vive con la sorella).
CLINICA
99. Un caso di schizofrenia molto grave
Matteo viene segnalato ai Servizi di salute mentale all’età di 17 anni da parte
dei servizi sociali. A scuola presenta infatti comportamenti anomali e
preoccupanti, fa molte assenze, ride senza motivo, non studia ed è
evidentemente disturbato.
La madre è una giovane donna recentemente immigrata dal meridione,
separata dal padre di Matteo già da molti anni. Svolge lavori umili, è
sostenuta dai servizi sociali ed appare fortemente provata.
Matteo ha avuto difficoltà di adattamento alla scuola fin dalle medie, è buono,
ma chiuso e strano ed ha serie difficoltà a concentrarsi e studiare.
Inizia ad avere strane idee sulla telepatia ed a pensare che i vicini di casa
leggano il suo pensiero; angosciato, assediato, si chiude in bagno con la radio
ad alto volume. Anche la radio e la televisione però parlano di lui.
Al culmine della psicosi scrive biglietti di autodenigrazione ed autoaccusa, per
togliere ai suoi persecutori la soddisfazione di svergognarlo.
Le terapia sono poco efficaci e non riescono a ridurre in maniera significativa i
sintomi. E’ necessario pensare ad un inserimento in comunità.
CLINICA
100. Esordio della schizofrenia
1) Condizioni di normalità nell’infanzia
2) Prodromi durante la adolescenza
3) Episodio psicotico acuto (20 – 30 anni)
4) Decorso variabile
CLINICA
101. Esordio della schizofrenia
• Personalità premorbosa.
– 50%: non si riscontrano tratti di personalità, carattere o
comportamento patologici.
– 25%: tratti generici ed aspecifici, come "eccessiva
sensibilità emotiva", "instabilità", "difficoltà a stare con
gli altri."
– 25%: personalità schizoide o schizotipica.
CLINICA
102. Esordio della schizofrenia
• Prodromi
– Ritiro e isolamento sociale.
– Riduzione della capacità di comportamento finalizzato.
– Modificazioni del pensiero.
– Comportamento con impulsività, stranezza e bizzarria,
– Ansia, perplessità, preoccupazioni somatiche,
depersonalizzazione.
CLINICA
103. Psicosi acuta e schizofrenia
• L’episodio psicotico acuto può essere il quadro d’esordio della
schizofrenia o comparire tardivamente e subdolamente dopo
una lunga fase di disadattamento
• L’episodio psicotico acuto si osserva in numerose altre
patologie psichiatriche:
o Disturbi bipolari
o Bouffeés deliranti
o Uso di sostanze
o Delirium
CLINICA
104. Decorso della
schizofrenia
• 1/3 circa dei pazienti sono
asintomatici dopo uno o
alcuni episodi
• Evoluzione del quadro clinico
dalla sintomatologia positiva
a quella negativa
• Buon adattamento sociale in
metà dei casi
Vazquez-Barquero et al, Br J Psychiatry, 1999
CLINICA
105. Consapevolezza di malattia
• Spesso vi è scarsa consapevolezza di malattia
– Evidente e grossolana nelle fasi deliranti
– Subdola nelle fasi di compenso e riconducibile ai deficit cognitivi
perduranti
• Vari livelli di inconsapevolezza, dal rifiuto ostile alla
disattenzione verso le cure
• Effetto demoralizzante e stigmatizzante della diagnosi di
schizofrenia
• Interventi: psicoterapia, psicoeducazione, alleanza
terapeutica, lotta allo stigma
CLINICA
106. Studio internazionale OMS sui
determinanti dell’esito
• La schizofrenia ha decorso migliore nei
paesi invia di sviluppo
• Ruoli sociali prestabiliti, minore
competitività per il lavoro e minori
aspettative di performance cognitive e
sociali
Trattamento e riabilitazione
Capacità della famiglia di
risolvere i problemi
Aiuto da parte dei Servizi ad
affrontare crisi e conflitti
Ambiente sociale tollerante
Fattori protettivi
CLINICA
107. Mortalità e schizofrenia
• Elevato rischio di suicidio
• Mortalità per malattie fisiche
– Scarsa possibilità di accedere alle cure !
– Abitudini di vita poco sane (fumo, alcol, sostanze)
– Scarsa compliance alle terapie
CLINICA
108. Famiglia e schizofrenia
• La schizofrenia interrompe il processo di crescita ed autonomizzazione
dell’individuo, che regredisce a livelli di funzionamento precedenti
• Il paziente schizofrenico ha difficoltà di vita autonoma e di solito vive
in famiglia
• Il clima e le relazioni familiari sono un fattore chiave per il decorso
della schizofrenia.
CLINICA
109. • Trattamento farmacologico
• Trattamento psicosociale
Tratto da: T Turner. ABC of mental health: Schizophrenia.
BMJ, Jul 1997; 315: 108 – 111;
E da: Kim T Mueser, Susan R McGurk. Schizophrenia.
Lancet 2004; 363: 2063–72
TRATTAMENTO
110. Antipsicotici
• chiamati anche neurolettici o tranquillanti maggiori, sono
usati per il trattamento della schizofrenia, delle fasi
maniacali del disturbo bipolare, e di quei disturbi in cui
sono presenti sintomi psicotici. Gli antipsicotici sono:
• capaci di migliorare sensibilmente la sintomatologia
(allucinazioni e deliri), ma provocano anche
• effetti collaterali
– di regola reversibili,
– eccezione: discinesia tardiva
• non creano dipendenza. L’uso di alcuni antipsicotici
comporta controlli periodici.
• Aloperidolo, Clorpromazina, Risperidone, Olanzapina…
Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:661-664
TRATTAMENTO
111. • Efficaci nel ridurre la sintomatologia, aiutano la
riabilitazione, non sono terapie definitive!
• effetti collaterali, sintomi neurologici (es.,
rigidità muscolare, agitazione, tremori,
movimenti involontari nelle estremità come
delle ditta delle mani e dei piedi o della regione
ora-facciale)
Tratto da: T Turner. ABC of mental health: Schizophrenia.
BMJ, Jul 1997; 315: 108 – 111;
E da: Kim T Mueser, Susan R McGurk. Schizophrenia.
Lancet 2004; 363: 2063–72
TRATTAMENTO
112. Principali effetti collaterali neurologici degli
antipsicotici
Effetto collaterale Fattori di rischio Periodo di
maggiore rischio
dall’inizio della
terapia
Prevalenza
approssimativa
Distonia acuta
Spasmo dei muscoli
della lingua, volto,
collo, tronco.
Giovane età, sesso
maschile
1-5 giorni 10-15
Acatisia
Irrequietezza
motoria associata a
tensione emotiva
50-60 giorni 5-10
Parkinsonismo
Bradicinesia,
rigidità, tremore
Tarda età, sesso
femminile
5-30 giorni 10-30
116. Sindrome Maligna da Neurolettici
• Ipertermia
• Pronunciati effetti extrapiramidali: rigidità muscolare a
tubo di piombo, segno della ruota dentata, scialorrea, crisi
oculogire, opistotono, trisma, disfagia, movimenti
coreiformi, festinazione.
• Disfunzione neurovegetativa: ipertensione arteriosa
(aumento di almeno 20 mm/hg della pressione diastolica),
tachicardia (aumento di almeno 30 battiti/minuto),
sudorazione profusa, incontinenza.
• Coscienza offuscata: delirium, stupore, mutismo.
• Test di laboratorio abnormi: leucocitosi (> 15000/mm3
),
livelli di CPK serica superiori a 1000 IU/ml.
TRATTAMENTO
117. Risposta alla terapia antipsicotica
• primi giorni: effetto calmante e sono utili nel ridurre
l’eccitabilità
• inizio di risposta terapeutica: di solito dopo una settimana
• piena risposta terapeutica: durante le prime 6 settimane
Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:661-664
TRATTAMENTO
118. • primo episodio di schizofrenia:
da uno a due anni dopo la completa remissione dei
sintomi
• episodi ripetuti di psicosi:
proseguire il trattamento per almeno 5 anni ed in
alcuni casi per tutta la vita
Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:661-664
TRATTAMENTO
Durata del trattamento
farmacologico
119. • cerca di migliorare il management della schizofrenia (es.,
gestire i sintomi, prevenire le ricadute)
• incrementare e rafforzare il funzionamento (es. vivere in
modo indipendente, le relazioni e il lavoro)
– trattamento assertivo nella comunità
– psico-educazione familiare,
– supporto nella ricerca di una occupazione,
– training delle abilità sociali, delle abilità di insegnamento di gestione della
malattia,
– terapia cognitivo-comportamentale per le psicosi
– trattamento integrato per l’abuso di sostanze quale comorbidità
Tratto da: T Turner. ABC of mental health: Schizophrenia.
BMJ, Jul 1997; 315: 108 – 111;
E da: Kim T Mueser, Susan R McGurk. Schizophrenia.
Lancet 2004; 363: 2063–72
TRATTAMENTO
Intervento psicosociale
120. DISTURBO PSICOTICO BREVE
(PSICOSI REATTIVA)
Poco comune, più frequente in soggetti giovani, di bassa estrazione
socio-culturale e con preesistenti disturbi della personalità.
A. Possono presentarsi:
−Deliri
−Allucinazioni
−Eloquio disorganizzato (deragliamenti, incoerenza)
−Comportamento disorganizzato o catatonico
B. durata di almeno 1 giorno ma inferiore a 1 mese, con
successivo ritorno al livello di funzionamento
premorboso
121. DISTURBO PSICOTICO BREVE
(PSICOSI REATTIVA)
Più comunemente:
−Reazioni paranoidi acute
−Volubilità emozionale
−Stranezze nel comportamento e nell’abbigliamento
122. DISTURBO PSICOTICO BREVE
(PSICOSI REATTIVA)
• Spesso vi è una fase depressiva post-psicotica
• Sia durante la fase psicotica che quella depressiva il
rischio di suicidio è alto
Il manifestarsi di tale disturbo può indicare una
vulnerabilità psichica del soggetto:
Nel 20-50% dei casi si manifesta successivamente una
sindrome psichiatrica cronica
(disturbo psicotico o dell’umore)
123. DISTURBO PSICOTICO BREVE
(PSICOSI REATTIVA)
• TRATTAMENTO
Ricovero ospedaliero
Farmacoterapia: antipsicotici e benzodiazepine
Psicoterapia: mirata all’integrazione dell’esperienza
psicotica (e del trauma scatenante) nella vita del pz e della sua
famiglia)
124. DISTURBO DELIRANTE
• Idee deliranti
– Di persecuzione, di gelosia
• No allucinazioni
• Funzionamento integro
• Andamento cronico, poco responsivo alle cure
126. Depressione e mania
umore normale
depressione
mania
Umore basso, triste
Astenia, disinteresse
Coercizione di attività e contatti
Umore elevato, euforico
Loquacità, aumento della attività
Eccessivo coinvolgimento
127. CLASSIFICAZIONE DEI DISTURBI DELL’UMORE
Disturbi DepressiviDisturbi Depressivi::
. Disturbo Depressivo Maggiore (episodio singolo)
. Disturbo Depressivo Maggiore (ricorrente)
. Disturbo Distimico
Disturbi BipolariDisturbi Bipolari::
. Disturbo Bipolare I
. Disturbo Bipolare II
. Disturbo Ciclotimico
128. Disturbi dell’umore
Riassunto
Depressione unipolare
• Comune: 10% popolazione
• F:M=2:1
• Solo episodi depressivi
• Prognosi buona, specie forme
non cronicizzate
• Trattamento con farmaci
antidepressivi
Disturbi bipolari
• Raro: 1% pop generale
• F:M=1
• Alternanza di fasi maniacali e
depressive
• Prognosi non eccellente
• Trattamento con farmaci stabilizzatori
dell’umore
130. • A livello mondiale: 121 milioni di persone
• Prevalenza 2004:
WHO - The global burden of disease: 2004 update
• Entro il 2030: a livello mondiale 2^ solo ad HIV
Mathers CD, Loncar D (2006)
MondoMondo Paesi più industrializzatiPaesi più industrializzati
1) Infezioni basse vie respiratorie 1) Depressione maggioreDepressione maggiore
2) Infezioni GI (diarrea) 2) Cardiopatia ischemica
3) Depressione maggioreDepressione maggiore 3) Patologie cerebrovascolari
4) Cardiopatia ischemica 4) Alzheimer e altre demenze
EPIDEMIOLOGIA
131. - PrevalenzaPrevalenza: 10%
- Distribuzione per SessoDistribuzione per Sesso: F:M=2:1
- Età di esordioEtà di esordio: Massimo rischio tra i 25 e i 40 anni.
- GeneticaGenetica: Il risultato di studi sulla componente genetica
indica che il rischio ad ammalare è 3-4 volte aumentato nei
nuclei familiari in cui sono presenti soggetti con disturbi
dell’umore rispetto al rischio presente nella popolazione
generale.
EPIDEMIOLOGIA
132. Depressione
Confini fra normalità e patologia
• Disagio esistenziale comune
• Depressione “normale”, esempi: malattia, lutto
• Carattere eccessivo, invalidante
• Lunga durata
• Fissità dell’umore
• Reazione sproporzionata rispetto ad avvenimenti o
mancanza di associazione con eventi di vita
• Aspetti qualitativi: sentimento di vuoto, perdita
dell’autostima, senso di colpa e/o di vergogna immotivato o
esagerato
• Copresenza di disturbi vegetativi e somatici gravi
CLINICA
133. DISTURBIDEPRESSIVIDISTURBIDEPRESSIVI
DISTURBO DEPRESSIVO MAGGIORE
Presenza di almeno cinque dei seguenti sintomi per un periodo di due
settimane, di cui almeno uno deve essere 1) o 2):
1) umore depresso per la maggior parte del giorno, quasi ogni giorno
2) marcata diminuzione di interesse o piacere
3) significativa perdita di peso o aumento di peso oppure diminuzione o
aumento dell’appetito
4) insonnia o ipersonnia quasi ogni giorno
5) agitazione o rallentamento psicomotorio
6) faticabiltà o mancanza di energia
7) sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati
8) ridotta capacità di pensare o di concentrarsi
9) pensieri ricorrenti di morte.
CLINICA
134. “Core” sintomatologico (sintomi
fondamentali)
Psicopatologia
1. Descrizione generale
2. Umore ed affettività
3. Linguaggio
4. Sensopercezione
5. Pensiero
6. Coscienza e capacità cognitive
7. Insight
CLINICA
DISTURBI FORMA PENSIERO
IDEE DI COLPA E DI MORTE
PERVASIVO ↓ TONO UMORE
ANEDONIA
RALLENTAMENTO o AGITAZIONE
↓ CONCENTRAZIONE
↓ ATTENZIONE
↓↓↑↑ SONNO ↓SONNO ↓↑↑APPETITOAPPETITO
135. Suicidio
Indicatori di alto rischio suicidario
Uomini
Età >40 anni
Storia familiare di suicidio
Disoccupazione
Isolamento sociale
Note/ideazioni suicidali
Desiderio continuato di morire
Mancanza di speranza,
Incapacità di vedere il futuro
Abuso di sostanze o di alcool
La depressione è uno dei più importanti fattori di rischio per il
suicidio
Tratto da: Anthony S Hale. ABC of mental health:
Depression. BMJ, Jul 1997; 315: 43 - 46
136. Determinare il Livello di Rischio
SAD PERSONS SCALE (Quick and Easy Assessment)
Sex 1 if patient is male, 0 if female
Age 1 if patient is (25-34; 35-44; 65+)
Depression 1 if present
Previous attempt 1 if present
Ethanol abuse 1 if present
Rational thinking loss 1 if patient is psychotic for any reason
(schizophrenia, affective illness, organic brain syndrome)
Social support lacking1 If these are lacking, especially with recent loss of a significant other
Organized Plan 1 if plan made and method lethal
No spouse 1 if divorced, widowed, separated, or single (for males)
Sickness 1 especially if chronic, debilitating, severe (e.g.; non-localized cancer,
epilepsy, MS, gastrointestinal disorders)
Patterson WM, Dohn HH, et al: Evaluation of suicidal patients, THE SAD PERSONS Scale, Psychosomatics, 1983
137. Caso clinico
G.M. è una casalinga di 43 anni, coniugata e madre di due figli; è giunta alla nostra
osservazione inviata dal medico curante. La paziente viene descritta dai familiari come una
donna attiva nello svolgere le proprie mansioni, tranquilla e piuttosto remissiva nei confronti
del marito. Negli ultimi mesi ha mostrato crescenti difficoltà nello svolgere le normali
attività di casalinga, turbata dalla sensazione di non saper più prendere alcuna decisione:
“... non riesco più a decidere cosa comprare, mi sembra di sbagliare, anzi penso di aver
sempre sbagliato, ...quello che prima facevo senza alcun problema ora mi preoccupa”.
Riferisce di sentirsi molto triste e completamente senza speranza, soprattutto la mattina,
mentre, con il trascorrere delle ore, nota un leggero miglioramento. Nelle prime ore della
sera avverte il desiderio di coricarsi, “un’altra giornata è terminata”, riuscendo tuttavia a
dormire solo per poche ore. Spesso nella notte si sveglia e non riesce a riprendere sonno; la
mattina è costretta ad alzarsi molto presto. Nelle ultime settimane G.M. ha espresso in
alcune occasioni il desiderio di morire “per porre fine alle sofferenze”. Riferisce di sentirsi
in colpa per “qualcosa di molto grave che è successo alcuni anni fa”, se ne vergogna e teme
che, raccontando questo episodio, possano determinarsi delle nuove conseguenze. Infine
G.M. racconta di aver causato con la propria condotta il licenziamento del marito, evento
peraltro accaduto anni prima senza particolari conseguenze sull’economia familiare. Ritiene
che “sicuramente” i colleghi del marito erano venuti a conoscenza del fatto che “più volte si
era lamentata perché l’attività lavorativa che il coniuge svolgeva in quel periodo lo
costringeva a lunghi periodi di lontananza da casa e quindi lo avevano riferito al datore di
lavoro il quale aveva preso i suoi provvedimenti”.
Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
138. Esordio:
• Brusco
• Graduale
Episodio depressivo: decorso
Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
CLINICA
Fase di stato:
Durata variabile,in
rapporto anche
all’intervento
terapeutico (media 4-
6 mesi); è possibile
la cronicizzazione
Risoluzione
• Brusca
• Graduale
• Esiti: possibilità di
risoluzione
incompleta con il
persistere di
“sintomi residui”
139. Relazione fra depressione e malattia fisica
Depressione
Malattia fisica
Depressione
Aumento citochine proinfiammatorie
Aumento aggregazione piastrinica
Stile di vita poco sano, uso di alcol
Scarsa compliance alle terapie, no controlli
M. neurologiche (stroke, demenza, Parkinson)
M. endocrine, farmaci
Sindromi dolorose
Disabilità funzionale
140. Gestione del paziente depresso (1)
• Validare la sofferenza del paziente
– La depressione non è segno di debolezza, di scarsa volontà, di pazzia
• Incoraggiare il paziente dando una ragionevole speranza
– Le cure per la depressione sono efficaci, la situazione migliorerà con
il tempo
– Evitare di dire al paziente che deve farsi forza e superare la
situazione (colpevolizzazione)
TRATTAMENTO
141. Gestione del paziente depresso (2)
• Valutare la situazione familiare del paziente
– I parenti si rendono conto del problema del paziente
– Lo incoraggiano a curarsi o remano contro?
– Ci sono situazioni familiari e non che mantengono lo stato di
stress del paziente
• Ascoltare il paziente, trasmettendogli interesse e
comprensione, anche rimanendo in silenzio
TRATTAMENTO
142. Gestione del paziente depresso (3)
• Il paziente depresso spesso è “difficile”, non mostra
apprezzamento per i trattamenti, si lamenta in
continuazione, dice che non c’è nulla da fare e che tutto è
inutile
– Sostegno sull’importanza delle cure
• Confronto con i colleghi e con lo staff
TRATTAMENTO
143. Ruolo dell’esercizio fisico
British Journal of Psychiatry 2002
Mather AS et al.
Effect of exercise on depressive symptoms in older adults
with poorly responsive depressive disorder
Conclusioni:
gli anziani depressi che rispondono scarsamente
alle terapie dovrebbero essere incoraggiati a fare attività
fisica
TRATTAMENTO
144. • Depressioni lievi/moderate
– Terapia cognitivo-comportamentale (psicoterapia
“breve” focalizzata, 6-20 incontri)
– Antidepressivi
• Depressioni gravi
– Antidepressivi
Tratto da: Anthony S Hale. ABC of mental health:
Depression. BMJ, Jul 1997; 315: 43 - 46
TRATTAMENTO
145. Antidepressivi
• Farmaci efficaci nel migliorare l’umore negativo e
gli altri sintomi tipici della depressione
• 3 sottogruppi maggiori:
– triciclici
– inibitori selettivi del recupero della serotonina (SSRI).
– inibitori delle mono-amminossidasi (IMAO)
• Generalmente efficaci, ma possono indurre effetti
collaterali.
• Non danno dipendenza a differenza delle
benzodiazepine.
Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:661-664
TRATTAMENTO
147. • Gli antidepressivi devono essere assunti con regolarità
• Dall’inizio del trattamento alla comparsa dei benefici passano
alcune settimane
• Se vengono prescritte dosi di antidepressivi troppo basse e per
periodi troppo brevi la risposta può mancare o essere ridotta e
seguita da frequenti ricadute e aumento della morbidità
• Circa il 70% dei pazienti traggono beneficio
dall’antidepressivo se dato a dosi terapeutiche per un periodo
adeguato (6-8 settimane).
Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:661-664
TRATTAMENTO
148. Svantaggi delle diverse classi di
antidepressivi
Antidepressivi Triciclici
• Prominenti effetti anticolinergici quali secchezza delle
fauci, visione offuscata, costipazione, ipotensione
posturale, ritenzione urinaria
• Necessità di iniziare con una piccola dose e aumentarla
gradualmente
• Aumento di peso
• Effetti collaterali gravi:
– Aritmie cardiache
– Convulsioni
– Depressione del sitema nervoso centrale (potenziato dall’alcool)
• Tossici in overdose
Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:661-664
TRATTAMENTO
149. • Selective serotonin reuptake inhibitors (SSRI)
– Costo elevato
– Sviluppo della sindrome serotonergica, caratterizzata da
emicrania, dolori gastrointestinali, nausea e ansia
– Interazioni potenziali con altri farmaci (warfarin,
phenytoin, etc)
– Alcuni effetti collaterali distressing (disfunzioni sessuali)
• Inibitori monoamino ossidasi (IMAO)
– Interazione pericolosa con cibi ricchi di tiramina e farmaci
simpaticomimetici, che possono condurre a crisi
ipertensive
– effetti collaterali anticolinergici ed epatotossici
– Necessità di un periodo di washout
Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:661-664
TRATTAMENTO
150. ECT
• In caso di depressione resistente
• Da effettuarsi in ambiente
specialistico
• Notevole efficacia
• Scarsi effetti collaterali
• Problemi di accettazione
TRATTAMENTO
152. - PrevalenzaPrevalenza: attorno all 1%
-Distribuzione per sessoDistribuzione per sesso: F:M=1:1
-Età di esordioEtà di esordio: intorno ai 30 anni.
- GeneticaGenetica: il rischio di malattia per disturbo dell'umore nei parenti
di I e II grado è intorno al 20%, in particolare la presenza di uno o
entrambi i genitori affetti sembra giocare un ruolo nell'anticipare
l'età di esordio ed è associata ad un fenotipo clinico più grave
EPIDEMIOLOGIA
153. DISTURBIBIPOLARIDISTURBIBIPOLARI
DISTURBO BIPOLAREI
Presenza di uno o più Episodi Maniacali.
Criteri per l’Episodio Maniacale:
A) umore anormalmente e persistentemente elevato, espansivo o irritabile
della durata di almeno una settimana
B) durante il periodo di alterazione dell’umore, almeno tre dei seguenti
sintomi sono stati persistenti e presenti a un livello significativo:
1) autostima ipertrofica o grandiosità
2) diminuito bisogno di sonno
3) maggiore loquacità del solito oppure spinta a continuare a parlare
4) fuga delle idee o esperienza soggettiva che i pensieri si succedano
rapidamente
5) distraibilità
CLINICA
154. 6) aumento dell’attività finalizzata oppure agitazione psicomotoria
7) eccessivo coinvolgimento in attività ludiche che hanno un alto potenziale di
conseguenze dannose.
Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
155. DISTURBO BIPOLAREII
A) Presenza (anche in anamnesi) di uno o più Episodi Depressivi Maggiori.
B) Presenza (anche in anamnesi) di almeno un Episodio Ipomaniacale.
C) Non vi è mai stato un Episodio Maniacale o un Episodio Misto.
Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
CLINICA
156. DISTURBO CICLOTIMICO
A) Presenza per almeno due anni di numerosi Episodi Ipomaniacali e di
numerosi periodi con sintomi depressivi che non soddisfano i criteri per un
Episodio Depressivo Maggiore.
B) Durante questo periodo di due anni la persona non è mai stata senza i
sintomi del criterio A per più di due mesi alla volta.
C) Durante i primi due anni di malattia non è stato presente un Episodio
Depressivo Maggiore, Maniacale o Misto.
Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
CLINICA
157. GLISTATIMISTIGLISTATIMISTI
Si intendono quadri clinici caratterizzati dalla coesistenza di sintomi di
polarità opposte, maniacale e depressiva.
Criterio per l’episodio misto:
A) devono risultare soddisfatti i criteri sia per l’Episodio Maniacale che per
l’Episodio Depressivo Maggiore per quasi tutti i giorni di almeno una
settimana.
Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
CLINICA
158. Episodio Maniacale
Psicopatologia
1. Descrizione generale
2. Umore ed affettività
3. Linguaggio
4. Sensopercezione
5. Pensiero
6. Coscienza e capacità cognitive
CLINICA
DISTURBI FORMA PENSIERO
ELEVAZIONE UMORE
ESALTAZIONE, ECCITAMENTO
AGITAZIONE, AFFACCENDAMENTO
ASPETTO VISTOSO E DISORDINATO,
ABBIGLIAMENTO VIVACE, TRUCCO
PESANTE
↓ CONCENTRAZIONE
↓ ATTENZIONE
↓↓ SONNO ↓APPETITOSONNO ↓APPETITO
159. Mania
Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
CLINICA
Esordio:
• Brusco
• Graduale
Complicanze: abuso di alcolici, benzodiazepine,
stimolanti. Complicanze di natura medica
(disidratazione, squilibri idroelettrolitici, malattie
fisiche intercorrenti). Conseguenze legali
Durata: Variabile da alcuni giorni a 3-4 mesi nelle
forme non trattate
160. Gestione del paziente maniacale
• Evitare contraddizioni dirette
• Distrazione
• Aiutare la consapevolezza di malattia
• Evitare divisioni con lo staff nel piano terapeutico
• Rimandare
TRATTAMENTO
161. Stabilizzanti
• Appartengono a questo gruppo i farmaci efficaci nel trattamento
del disturbo bipolare. Uno dei farmaci più potenti, appartenente a
questa categoria, è il litiolitio. Pur essendo un farmaco efficace, il litio
presenta un inconveniente non trascurabile: può essere tossico se
raggiunge determinati livelli nell’organismo. Per questo motivo è
necessario tenere sotto controllo periodicamente (di solito ogni 3-6
mesi) la sua concentrazione nel sangue.
• Altri stabilizzatori sono: Valproato, Carbamazepina, Lamotrigina
Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:661-664
TRATTAMENTO
163. COS’E’ UN TRAUMA
Esperienza di particolare gravità che compromette
il senso di stabilità e continuità fisica o psichica di
una persona
164. LA RISPOSTA AL TRAUMA
ogni persona reagisce in modo differente
la risposta individuale dipende da:
• tipo di evento stressante
• caratteristiche di personalità della vittima
• modalità individuali di reagire allo stress
• supporto e risorse sociali
165. DISTURBI CONNESSI AI TRAUMI
La risposta al trauma comporta sintomi e emozionali e
comportamentali:
che comportano un grave disagio, superiore a
quanto atteso
e/o
una significativa alterazione del
funzionamento sociale, lavorativo o scolastico
166. DISTURBI CONNESSI AI TRAUMI
possono manifestarsi (30-35%):
• Disturbo dell’Adattamento
• Disturbo psicotico breve
• Disturbo post-traumatico da Stress
Possono insorgere altri disturbi:
• ansia, umore, sessualità, alimentazione,
somatoformi, uso di sostanze
167. DISTURBI CONNESSI AI TRAUMI
• Disturbo dell’Adattamento
• Disturbo psicotico breve
• Disturbo post-traumatico da Stress
168. • I fattori stressanti possono indurre il disturbo in
funzione di:
• Gravità
• Quantità
• Durata
• Reversibilità
• Contesto personale (personalità, supporto…)
(Es.: è diverso perdere un genitore a 10 e a 40 anni)
DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
169. • con UMORE DEPRESSO
• con ANSIA
• con ALTERAZIONE DELLA CONDOTTA
• con ANSIA E UMORE DEPRESSO misti
• con ALTERAZIONE dell’EMOTIVITA’ e
della CONDOTTA misti
DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
172. • con ALTERAZIONI DELLA CONDOTTA
Violazione dei diritti altrui e delle
norme
- Assenze da scuola
- Vandalismo
- Guida pericolosa
- Rissosità
DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
173. • E’ più comune negli adolescenti ma si
manifesta a tutte le età
• Il rapporto femmine a maschi è 2:1
• Fattori precipitanti più frequenti:
Adolescenti: problemi scolastici, rifiuto da parte dei
genitori, divorzio dei genitori
Adulti: problemi coniugali, divorzio, trasferimento in
un nuovo ambiente, problemi finanziari
DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
174. • TRATTAMENTO
Talvolta regressione spontanea quando il fattore
stressante è reversibile e limitato nel tempo
Psicoterapia: di gruppo, individuale, famigliare
Farmacoterapia: antidepressivi, ansiolitici (solo
per brevi periodi e in combinazione con psicoterapia)
DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
175. • PROGNOSI
In genere remissione veloce con un buon
trattamento.
Negli adolescenti, un disturbo dell’adattamento
può precedere lo sviluppo di disturbi dell’umore
o disturbi correlati all’uso di sostanze
DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
176. • REAZIONI PATOLOGICHE AGLI STRESS:
– DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
• Con UMORE DEPRESSO
• Con ANSIA
• Con ALTERAZIONI DELLA CONDOTTA
• FORME MISTE
• DISTURBO DELL’ADATTAMENTO
– DISTURBO PSICOTICO BREVE
Un qualche sintomo psicotico (spesso paranoia)
Confusione mentale e disturbi della memoria
Instabilità dell’umore e stranezze comportamentali
IN SINTESI…
177. • REAZIONI PATOLOGICHE AGLI STRESS:
– DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS
• EVENTO TRAUMATICO DI GRANDE PORTATA
• L’EVENTO VIENE RIPETUTAMENTE RIVISSUTO
• EVITAMENTO E DIMINUITO COINVOLGIMENTO
• AUMENTO DELL’AROUSAL
IN SINTESI…
179. DISTURBID’ANSIADISTURBID’ANSIA
1) DISTURBO DA ATTACCHI DI PANICO1) DISTURBO DA ATTACCHI DI PANICO
1.1 CON AGORAFOBIA
1.2 SENZA AGORAFOBIA
2) DISTURBI FOBICI2) DISTURBI FOBICI
2.1 AGORAFOBIA SENZA ATTACCHI DI PANICO
2.2 FOBIA SPECIFICA
2.3 FOBIA SOCIALE
180. DISTURBID’ANSIADISTURBID’ANSIA
3) DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO3) DISTURBO OSSESSIVO COMPULSIVO
4) DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS4) DISTURBO POST-TRAUMATICO DA STRESS
5) DISTURBO ACUTO DA STRESS5) DISTURBO ACUTO DA STRESS
6) DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO6) DISTURBO D’ANSIA GENERALIZZATO
7) DISTURBO D’ANSIA DOVUTO A CONDIZIONE7) DISTURBO D’ANSIA DOVUTO A CONDIZIONE
MEDICA GENERALEMEDICA GENERALE
8) DISTURBO D’ANSIA INDOTTO DA SOSTANZE8) DISTURBO D’ANSIA INDOTTO DA SOSTANZE
9) DISTURBO D’ANSIA NAS9) DISTURBO D’ANSIA NAS
181. Ansia
• Stato emotivo a contenuto spiacevole associato a
condizione di allarme e di paura, che insorge in assenza di
un pericolo reale oppure è sproporzionata di fronte allo
stimolo scatenante
• Reazione emotiva ubiquitaria comune a tutti (ansia
fisiologica)
• Ansia patologica: ansia generalizzata, attacco di panico,
fobie, ossessioni e compulsioni
182. • – “Ieri ho vietato a mio figlio di andare a giocare a
pallone. Non avrei resistito sapendolo fuori casa;
già mi immaginavo una disgrazia”.
• –“Quando sono interrogato a scuola non riesco
mai ad essere lucido come quando faccio un
compito scritto. Avverto un’emozione interiore
che talvolta mi confonde”
• – “Deve farmi sapere se mi assumerà. Non resisto
nell’attesa e non vedo l’ora di poter iniziare
quell’attività”
Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
183. Malattie fisiche che possono simulare l’ansia
• Eccessivo uso di caffeina
• Tireotossicosi, malattia delle paratiroidi
• Ipoglicemia
• Astinenza da alcool o droghe
• Feocromocitoma, sindrome carcinoide
• Aritmie cardiache, malattia della valvola
mitrale
Tratto da:Anthony S Hale. ABC of mental
health: Anxiety. BMJ, Jun 1997; 314:
1886
184. Tratto da:Anthony S Hale. ABC of mental
health: Anxiety. BMJ, Jun 1997; 314:
1886
EPIDEMIOLOGIA
185. Attacco di panico
• Crisi di ansia acute caratterizzate da:
– Sintomi psicologici
– Sintomi somatici
– Aspetti comportamentali
• Condotte di evitamento
• Spesso associati ad agorafobia
• Ansia anticipatoria
CLINICA
186. DAP
Diagnosi
• Ricorrenti inaspettati attacchi di panico (cioè, senza specifici
stimoli)
• Preoccupazione riguardante altri attacchi
• Preoccupazioni riguardanti le conseguenze possibili degli
attacchi (perdita del controllo, “impazzire”)
• Cambiamenti nel comportamento in relazione agli attacchi
Tratto da:Anthony S Hale. ABC of mental
health: Anxiety. BMJ, Jun 1997; 314:
1886
CLINICA
187. Fobie Specifiche (isolate)
• Ansia marcata, irragionevole ed inspiegabile legata ad uno
stimolo specifico
– Animali (es: ragni)
– Procedure mediche (es: iniezioni, dentista)
– Eventi atmosferici (temporali)
– Luoghi (es: altezze, posti da cui è difficile fuggire)
– Situazioni sociali (sproporzione, no abitudine)
• Condotte di evitamento
CLINICA
188. Agorafobia
Diagnosi
• Ansia in situazioni dove la fuga è difficile o dove è
impossibile trovare aiuto
• Paura di situazioni specifiche, quali
– Trovarsi soli in casa
– Trovarsi nella folla
– Trovarsi sui trasporti pubblici
– Trovarsi su ponti, ascensori
• Evitamento attivo delle situazioni temute, o, laddove
esposti, di prova una grave ansia
• Limitazione del funzionamento (come fare spese, lavoro,
vita sociale)
Tratto da:Anthony S Hale. ABC of mental
health: Anxiety. BMJ, Jun 1997; 314:
1886
CLINICA
189. Fobia Sociale
Diagnosi
• Estrema, persistente paura delle situazioni sociali
• L’esposizione provoca estrema ansia
• La paura è riconosciuta come eccessiva e
irragionevole
• Evitamento delle situazioni
• Ansia anticipatoria
Tratto da:Anthony S Hale. ABC of mental
health: Anxiety. BMJ, Jun 1997; 314:
1886
CLINICA
191. Ossessioni
• Pensieri, impulsi o immagini
ricorrenti, persistenti e intrusivi,
che causano ansia o disagio marcati
• Il contenuto di queste idee è spesso
spiacevole, terrificante
• La persona tenta di ignorare o di
sopprimere tali pensieri, impulsi o
immagini, o di neutralizzarli con
altri pensieri o azioni
• La persona riconosce che i
pensieri, gli impulsi, o le immagini
ossessivi sono un prodotto della
propria mente (e non imposti
dall’esterno come nell’inserzione
del pensiero)
• Comportamenti ripetitivi (per es.,
lavarsi le mani, riordinare,
controllare), o azioni mentali (per es.,
pregare, contare, ripetere parole
mentalmente) che la persona si sente
obbligata a mettere in atto in risposta
ad un’ossessione, o secondo regole
che devono essere applicate
rigidamente
• I comportamenti o le azioni mentali
compulsivi non sono collegati in
modo realistico con il loro scopo
esplicito, oppure sono chiaramente
eccessivi
CLINICA
Compulsioni
192. A. Esposizione ad un evento traumatico
B. L’evento viene rivissuto in modo persistente
C. Evitamento di stimoli che possano ricordare
l’evento e attenuazione della reattività generale
D. Aumentata reattività (arousal)
Disturbo post-traumatico da stress
CLINICA
193. Fattori di vulnerabilità:
• Trauma infantile
• Inadeguato sistema di supporto
• Vulnerabilità genetica a malattie psichiatriche
CLINICA
194. Ansia generalizzata
• Ansia generalizzata: stato d’ansia persistente che si
caratterizza per un’attesa apprensiva, eccessiva ed
irrealistica con marcate preoccupazioni per svariate
circostanze esistenziali ed anticipazione pessimistica di
eventi negativi
CLINICA
195. • Sonno disturbato (insonnia precoce e centrale, che
non concede il riposo)
• Tensione muscolare, tremori, impossibilità di
rimanere “fermi”
• Iperattività autonomica (sudorazione, tachicardia,
dolore epigastrico)
Tratto da:Anthony S Hale. ABC of mental
health: Anxiety. BMJ, Jun 1997; 314:
1886
CLINICA
196. Gestione del paziente ansioso
• Rassicurazione, ma contenitiva, senza assecondare
molteplici richieste da parte del paziente
• Farmaci: antidepressivi, sedativi
• Psicoterapia
TRATTAMENTO
197. Benzodiazepine
• Appartengono a questo gruppo i farmaci (tranquillanti ed ipnotici)
efficaci nel trattamento dei disturbi d’ansia. Questi farmaci, di solito,
hanno effetto nel breve termine ma assai meno nel lungo termine;
talvolta, come conseguenza del loro uso si può avere un
peggioramento della sintomatologia (il cosiddetto effetto rebound) e
lo svilupparsi di una certa dipendenza. Anche in considerazione di
questi effetti, gli ansiolitici dovrebbero essere prescritti soltanto nei
casi di ansia o insonnia grave e comunque per periodi brevi.
• Lorazepam, Lormetazepam, Diazepam…
Tratto da: SR Pathare, C Paton, ABC of mental health:Psychotropic drug treatment, BMJ, 1997; 315:661-664
200. Tra le prime descrizioni scientifiche che ci sono
giunte su questo disturbo, c'è quella del Dr.Ernst
Charles Lasegue
“De l’anorexie hysterique”
(Archieves generales de Medicine, 1873)
“Ella prova innanzitutto un disturbo dopo
avere mangiato…..né lei né chi assiste vi
attribuisce alcun disagio duraturo………
l’indomani la stessa sensazione si ripete ….e
la malata si convince che il miglior rimedio a
questo disturbo indefinito consiste nel
diminuire l’alimentazione…….
l’isterica riduce gradatamente il cibo talvolta con il pretesto del mal di testa
talvolta con il timore che si presentino le impressioni dolorose che seguono
dopo il pasto …….dopo qualche settimana non si tratta più di ripugnanze da
ritenersi passeggere: è un rifiuto dell’alimentazione che si prolungherà
indefinitamente……..la malattia è conclamata e seguirà il suo decorso così
fatalmente…...”
201. Definizione di un eating disorder
• Marcata distorsione delle abitudini alimentari del
soggetto o di un comportamento anomalo finalizzato
al controllo del peso
• Presenza di atteggiamenti di accompagnamento ai
disturbi della condotta alimentare come ad esempio
sovra-stima della propria immagine corporea e del
proprio peso corporeo
Tratto da: CG Fairburn, PJ Harrison. Eating disorders. Lancet 2003; 361: 407–16
202. GLOSSARIOGLOSSARIO
ABBUFFATA:
1) mangiare in un definito periodo di tempo (es. 2 ore) una
quantità di cibo significativamente maggiore di quello
che la maggior parte delle persone nelle stesse condizioni
mangerebbe in quello stesso tempo
2) Sensazione di perdere il controllo durante l’episodio (es.
sensazione di non riuscire a smettere di mangiare o a
controllare cosa e quanto si mangia
CONDOTTE DI ELIMINAZIONE
Uso inappropriato di lassativi, diuretici, enteroclismi o
vomito autoindotto
203. Classificazione degli eating disorders
• Anoressia nervosa
• Bulimia nervosa
• tra i DCA NAS è stato individuato il BED =
Binge Eating Disorder
204. Tratto da: CG Fairburn, PJ Harrison. Eating disorders. Lancet 2003; 361: 407–16
Anoressia nervosa Bulimia Nervosa
Distribuzione nel mondo > nelle società occidentali > nelle società occidentali
Sesso Per lo più donne Per lo più donne
Età Adolescenti Giovani adulti
(alcuni casi in giovani adulti) (in alcuni casi adolescenti)
Classe sociale Prev. in classi sociali più alte Nessuna predilezione di classe
EPIDEMIOLOGIA
205. EZIOLOGIA
RISCHI AMBIENTALI
Nella cultura occidentale il problema del peso corporeo ha ricevuto un
attenzione progressivamente crescente :
- standard culturali di magrezza = successo, competenza, autocontrollo e
attrazione sessuale
Lo stare a dieta è uno dei fattori precipitanti dei DCA:
sia AN che BN sono preceduti da un tentativo apparentemente normale di
perdere peso
206. Anoressia nervosa
A. Rifiuto di mantenere il peso corporeo al di sopra
del peso minimo normale per l’età e la statura (al
di sotto dell’85%)
B. Intensa PAURA di acquistare peso o di diventare
grassi anche quando si è sottopeso
C. ALTERAZIONE del modo in cui il soggetto
VIVE IL PESO o la FORMA CORPOREA, ed
eccessiva influenza sui livelli di autostima,
rifiuto di ammettere la gravità della condizione
di sottopeso
D. Nelle femmine dopo il menarca AMENORREA
(3 cicli)
- sottotipo restrittivo (la perdita di peso è ottenuta soprattutto con dieta, digiuno o attività
fisica eccessiva)
- sottotipo con abbuffate/condotte di eliminazione: in cui sono attuate abbuffate
DSM IV TR
CLINICA
207. Esordio: di solito tra i 15 e i
19 anni, dopo una dieta
ipocalorica di cui si perde il
controllo
Anoressia nervosa
Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
CLINICA
Decorso: variabile. Talvolta si
auto-limita, in altri casi i
disturbi diventano
persistenti,altre volte i disturbi
appaiono intrattabili e senza
remittenza
Frequente sviluppo di binge
eating
208. Bulimia Nervosa
A) Ricorrenti ABBUFFATE
B) Ricorrenti e inappropriate CONDOTTE
COMPENSATORIE per prevenire l’aumento di peso
C) Le abbuffate e le condotte compensatorie si verificano
entrambe in media almeno 2 volte a settimana per 3
mesi
D) I livelli di AUTOSTIMA sono indebitamente influenzati
dalla forma e dal peso corporei
DSM IV TR
Sottotipi:
- con Condotte di eliminazione: nell’episodio attuale il soggetto ha presentato regolarmente
vomito autoindotto o uso inappropriato di lassativi, diuretici enteroclismi
- senza Condotte di eliminazione: nell’episodio attuale il soggetto ha presentato altri
comportamenti compensatori inappropriati, come DIGIUNO, esercizio fisico eccessivo, ma
non si dedica regolarmente a vomito autoindotto etc
CLINICA
209. Esordio: solitamente
comincia allo stesso modo
dell’ anoressia. In circa il
25% dei casi, i criteri
diagnostici per l’ anoressia
sono soddisfatti per il primo
periodo di tempo
Bulimia nervosa
Tratto da:Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
CLINICA
Decorso: la durata media del
disturbo alimentare all’esordio
della bulimia è circa 5 aa
210. Il management consiste di quattro aspetti
1. Aiutare i pazienti a vedere che hanno bisogno di
aiuto e mantenere nel tempo la loro motivazione
a guarire. Questo obiettivo è primario data la loro
riluttanza al trattamento.
2. Ripristino del peso corporeo. Questo obiettivo si
pone dalla necessità di contrastare lo stato di
malnutrizione e porta solitamente ad un sostanziale
miglioramento dello stato generale del paziente
Tratto da: CG Fairburn, PJ Harrison. Eating disorders. Lancet 2003; 361: 407–16
TRATTAMENTO
211. 3. Il terzo aspetto del management consiste nel trattare la
cattiva valutazione che il paziente ha della propria
forma e peso corporeo, gestire le abitudini alimentari
e il loro funzionamento psico-sociale
4. Non c’è un solo modo di raggiungere questo obiettivo
(antidepressivi, antipsicotici, psicoterapie). Una
terapia familiare sembra essere la più utile per i
pazienti più giovani ed è pertanto principalmente
utilizzata con gli adolescenti
Tratto da: CG Fairburn, PJ Harrison. Eating disorders. Lancet 2003; 361: 407–16
TRATTAMENTO
213. ETA’ GERIATRICA
Fase del ciclo di vita che ha inizio a partire dai
65 anni
• Anziano giovane: 65-75 anni
• Anziano-anziano: >75 anni
• Anziano sano, non soffre di malattie
• Anziano malato, richiede cure mediche e/o psichiatriche
214. SENESCENZA
(processo di invecchiamento)
Graduale declino delle funzioni di tutti gli
apparati dell’organismo
(cardiovascolare, respiratorio, genitourinario, endocrino, immune)
Tuttavia, l’opinione secondo cui l’età avanzata è invariabilmente
associata a profonda infermità intellettuale e fisica è un mito.
Buona parte delle persone anziane conserva a un livello
considerevole le proprie capacità cognitive e le funzioni fisiche
215. COMPITI DI SVILUPPO
• Integrità personale
– Soddisfazione v.s. disperazione nei riguardi della vita vissuta
• Mantenimento della stima di sé
– Lotta contro il danno narcisistico causato dalle perdite biologiche,
psicologiche e sociali
• Abbandono delle posizioni di autorità
– conciliazione con coloro che ora la rivestono
• Accettazione della morte altrui e dell’approssimarsi della
propria
216. PROBLEMI EMOZIONALI dell’ANZIANO
• TEMA PREDOMINATE: PERDITA
(persone care, prestigio e condizione lavorativa, salute, capacità fisiche e
mentali)
L’energia impiegata nel rattristarsi, superare il dolore e
adattarsi ai cambiamenti è notevole.
DEPRESSIONE con disturbi mnestici, di concentrazione,
capacità di giudizio, irritabilità
(diagnosi differenziale con la demenza senile)
217. La RELAZIONE con l’ANZIANO
“AGEISM”: connotazione negativa della vecchiaia
⇒ difesa dal sentirsi continuamente attraversati da
sentimenti legati a “malattia”, “perdita di senso nella
vita”, “morte”
218. La RELAZIONE con l’ANZIANO
- negligenza dei propri sentimenti e dei bisogni
psicologici dell’anziano
⇒ modello biologico
⇒ burn-out
219. Offrire AIUTO
(non solo “TRATTAMENTO”)
- RICONOSCERE I PROPRI SENTIMENTI-
PRECONCETTI VERSO LA VECCHIAIA
- RICONOSCERE I SENTIMENTI E I BISOGNI
DELL’UTENTE ANZIANO
220. Offrire AIUTO
(non solo “TRATTAMENTO”)
- ridefinire l’idea della vecchiaia:
FASE DELLA VITA
C'È ANCORA SPAZIO E TEMPO PER CAMBIARE
RICERCARE IL SENSO DEL PROPRIO ESISTERE E DEL
PROPRIO AGIRE
221. L’ASSISTENZA AL PAZIENTE TERMINALE
La capacità di assistere con efficacia e compassione i
malati terminali dipende dalla consapevolezza dei
propri atteggiamenti verso la morte e l’agonia
• Se ci si concentra sul controllo e sull’eradicazione
della malattia, morte e pz terminale diventano il
nemico.
equivalgono a un proprio fallimento
evitamento, irritazione, paura
222. L’ASSISTENZA AL PAZIENTE TERMINALE
⇒ Fornire in interesse compassionevole e un aiuto
continuativo:
− visite regolari, sguardo diretto, tocco appropriato
− Disponibilità ad ascoltare e a fornire informazioni
− Onestà e discrezione (rispettare ciò che i pz vogliono
sapere)
− Incoraggiare, laddove possibile, una
consapevolezza condivisa di diagnosi, terapia e
prognosi
223. PSICHIATRIA GERIATRICA
DISTURBI MENTALI DELL’ANZIANO
− DEMENZE
− DISTURBI DEPRESSIVI
− DISTURBO BIPOLARE
− SCHIZOFRENIA
− DISTURBO DELIRANTE
− DISTURBI D’ANSIA
− DISTURBI SOMATOFORMI
− DISTURBI DA USO DI ALCOOL
− DISTURBI DEL SONNO
224. PSICHIATRIA GERIATRICA
DISTURBI MENTALI DELL’ANZIANO
− DEMENZE
− DISTURBI DEPRESSIVI
− DISTURBO BIPOLARE
− SCHIZOFRENIA
− DISTURBO DELIRANTE
− DISTURBI D’ANSIA
− DISTURBI SOMATOFORMI
− DISTURBI DA USO DI ALCOOL
− DISTURBI DEL SONNO
227. • Attualmente 1 persona su 5 ha più di 65 anni
• Nel 2030 gli anziani saranno il 30% della popolazione italiana
EPIDEMIOLOGIA
All’aumento dell’attesa di vita (76,2 anni ♂ e 82,2 anni♀)
corrisponde, tuttavia, un aumento della disabilità
gli ultimi 7 anni per gli uomini e 9,2 per le donne sono anni di vita non attivagli ultimi 7 anni per gli uomini e 9,2 per le donne sono anni di vita non attiva
229. I deficit cognitivi dell’anziano
Cervello senile
Mild Cognitive Impairment Reversibile
Demenze
Malattia di Alzheimer
Stabile
Altre Vascolare
Mista Mista
230. • La prevalenza aumenta con l’età
– 2-3% nei soggetti di 65-70 anni
– oltre il 20% dopo gli 90 anni.
• Italia: 500.000 anziani affetti da demenza,
– costo sociale è dell’ordine di circa settemila
miliardi all’anno.
EPIDEMIOLOGIA
231. Criteri DSM-IV
per la Demenza
deficit cognitivi multipli
1- memoria
2- 1 o più delle seguenti:
afasia
agnosia
aprassia
disturbo delle funzioni operative
compromissione funzionale
232. CLASSIFICAZIONE EZIOLOGICA DELLE PRINCIPALI FORME DI DEMENZA
Demenze primarie (degenerative)
Senza segni motori prevalenti
Demenza di Alzheimer
-forme presenili (prima dei 65 anni)
-forme senili (dopo i 65 anni)
Demenza fronto-temporale
Con segni motori prevalenti
Demenza a corpi di Lewy
Parkinson-demenza
Paralisi sopranucleare progressiva*
Degenerazione cortico-basale*
Corea di Huntington*
* più rare nell’anziano
Demenze secondarie
Demenza vascolare
-multi infartuale (grandi infarti
corticali)
-sottocorticali (infarti lacunari,
leucoaraiosi)
Idrocefalo normoteso
Disturbi endocrino-metabolici
(soprattutto ipo ed ipertirodismo)
Malattie infettive ed infiammatorie del
SNC
Sostanze tossiche (alcool, metalli
pesanti)
Stati carenziali (Vitamina B12
, folati,
tiamina, malnutrizione)
Processi espansivi endocranici
(neoplasie, ematomi, ascessi)
Varie (trauma cranico, insufficienza
cardiaca e respiratoria)
EZIOLOGIA
233. Mini-Mental State
PUNTI
Orientamento
1- In quale (anno) (stagione) (giorno del mese)
(giorno) siamo? (punt max =5)
2- Dove siamo? (stato) (regione) (città) (ospedale)
(piano) (punt max =5 )
Memoria a breve termine
3- Dire il nome di 3 oggetti: un secondo per ciascuno.
Chiedere quindi al paziente di ripeterli tutti e 3
subito dopo che gli sono stati detti. 1 punto per
ciascuna risposta corretta (punt. Max =3)
Ripeterli tutti e 3 finchè non li ha appresi.
Indicare il numero delle ripetizioni necessarie
Attenzione e calcolo
4- Contare all’indietro per 7. 1 punto per ciascuna
risposta corretta. Cessare dopo cinque risposte
(punt max = 5)
In alternativa fate dire “VERBO” al contrario
Valutare il livello di coscienza lungo il continuum:
valutare
-------------------------------------------------------------------------
-
PUNTI
Memoria di fissazione
5- chiedere il nome dei 3 oggetti nominati
in precedenza. 1 punto per ogni risposta
corretta (punt max =3)
Linguaggio (punt max =9)
6a Dire il nome della penna e dell’orologio
(punt max =2);
6b Ripetere la frase seguente “NON SE,
E O MA” (punt max =1);
6c Eseguire l’ordine in 3 tempi: “PRENDI
UN FOGLIO CON LA MANO DESTRA,
PIEGALO A META’ E BUTTALO IN
TERRA” (punt max =3);
6d Leggere ed eseguire l’ordine: “CHIUDI
GLI OCCHI” (punt max =1);
6e Scrivere una frase (punt max =1);
6f Copiare un disegno (punt max = 1)
Punteggio totale ………………………………..
----------------------------------------------------------------------
VIGILE SONNOLENTO STUPOROSO COMATOSO
236. • Caso clinico n. 2
• Un nostro paziente, quando lo abbiamo visto nelle fasi iniziali
dell’AD, parlando del suo lavoro, voleva dirci quanto fosse
bravo come dattilografo e si esprimeva così: «Non per
vantarmi, ma io, quando cosavo con la... con la... cosa, la...[fa
il gesto di scrivere a macchina], sì, insomma... ero molto
veloce e cosavo senza guardare [fa il gesto di battere sulla
tastiera guardando da un’altra parte] e non facevo errori!» Alla
domanda «Dove lavorava?» rispondeva «Io lavoravo al
coso..., ero impiegato al coso... al... sì, dove c’è il sindaco... Al
comune, ecco!... lavoravo in comune!».
Tratto da: Trattato Italiano di Psichiatria, Masson, Milano, 1999
238. Impatto della demenza a livello individuale
Durata della vita
• aumenta 2-3 volte il rischio di morte
• demenza sottostimata come causa di morte
Sopravvivenza
dopo 5 anni: deceduti il 70% dei dementi ed il
35% dei non-dementi
Qualità di vita
• deterioramento progressivo
• necessità di controllo e aiuto
239. Depressione nella demenza
• La depressione può insorgere in qualunque fase
della demenza
• Valutare i fattori di rischio per patologia
depressiva: storia personale o familiare positiva
per depressione, eventi avversi recenti (lutti,
pensionamenti, cambi abitazione)
240. Demenza
insorgenza insidiosa
progressione lenta
paziente non consapevole
il paziente sminuisce la disabilità
peggioramenti notturni
umore incongruo
scarsi sintomi vegetativi
precedenti psichiatrici non
frequenti
rischio di suicidio basso
Pseudodemenza depressiva
insorgenza improvvisa
progressione rapida
paziente consapevole
enfasi della disabilità
non variazioni notturne
umore depresso
frequenti sintomi vegetativi
precedenti psichiatrici
rischio di suicidio elevato
CARATTERISTICHE DISTINTIVE
TRA DEMENZA E PSEUDODEMENZA DEPRESSIVA
241. Trattamento
• Decorso inesorabilmente infausto in 5-10 anni
• Inibitori delle colinesterasi (rallentano il decorso per
alcuni mesi)
• Riabilitazione psico-funzionale
• Accudimento
TRATTAMENTO
242. Reality Orientation Therapy (R.O.T.)
• Consiste in esercizi di stimolazione cognitiva e psico-sensoriale ed in
tecniche di memorizzazione e di apprendimento.
• La ROT può essere effettuata in modo informale od in modo formale.
TRATTAMENTO
243. Impatto del caring sui caregivers
• Gli uomini –più che le donne- che offrono
assistenza tendono a nascondere la propria
sofferenza
• L’impatto assistenziale non dipende dalla
gravità della demenza, ma dai suoi sintomi,
quali comportamento e affettività
TRATTAMENTO
244. Occuparsi dei carers dei pazienti con demenza
• È utile ai carers rivolgersi ad organizzazioni “supportive”, ma è
difficile ridurre la sofferenza
• inviare i pazienti con demenza per brevi-medi periodi in strutture di
day hospital/degenza fornisce sollievo ai carers, ma non sembra
influire sul loro “wellbeing”
• Questa scelta rimanda l’istituzionalizzazione dei pazienti con
demenza
• Sintomi depressivi sono comuni nei carers
• Fattori di rischio: sintomi comportamentali, necessità di molta
assistenza
• Fattori protettivi:
• I medici di base dovrebbero riconoscere e gestire lo stress,
informando sulla malattia, esiti e terapie
TRATTAMENTO
246. Disturbi di personalità
Definizione dell’Organizzazione Mondiale della Sanità:
“patternpattern di comportamento profondamente radicati e durevoliradicati e durevoli, che si
manifestano come risposte inflessibili ad una larga gamma di situazioni
sociali e personali."
pattern:pattern: i pazienti tendono ad esibire un limitato repertorio di risposte
stereotipate in diversi contesti sociali e personali, e i modi di pensare,
percepire e di rispondere emotivamente differiscono sostanzialmente da
quelli generalmente accettate
radicati e durevoliradicati e durevoli: i pattern solitamente sono evidenti durante la tarda
infanzia o l’adolescenza ma la necessità di verificarne la loro permanenza
nel tempo, limita l’uso del termine “disturbo” ai soli adulti
Tratto da: M Marlowe and P Sugarman.
ABC of mental health: Disorders of
personality. BMJ, Jul 1997; 315: 176 - 179
247. Prerequisiti per la diagnosi del disturbo di personalità
il paziente presenta un pattern di...
• comportamento
• risposta emotiva
• percezione di se, degli altri e del mondo
che è ...
• evidente in presto nella vita
• persiste nell’età adulta
• pervasivo
• inflessibile
• una deviazione rispetto la normale cultura del
paziente
Tratto da: M Marlowe and P Sugarman.
ABC of mental health: Disorders of
personality. BMJ, Jul 1997; 315: 176 - 179
248. e porta a ...
• Distress a se stesso, agli altri o alla società
• Disfunzionamento nelle relazioni
interpersonali, sociali o lavorative
ma non è attribuibile a…
• altri disturbi psichiatrici (schizofrenia,
depressione, uso sbagliato dei farmaci)
• altri disturbi fisici (intossicazione acuta,
malattie organiche del cervello)
Tratto da: M Marlowe and P Sugarman.
ABC of mental health: Disorders of
personality. BMJ, Jul 1997; 315: 176 - 179
249. • Prevalenza nella popolazione generale varia dal 2%
al 13%, più alta negli istituti (ospedali, case di cura,
e prigioni)
• Alcune diagnosi sono più frequenti nei maschi
(come il Disturbo Dissociativo di Personalità), altre
più frequenti nelle donne (come il Disturbo
Istrionico e quello Borderline della Personalità)
EPIDEMIOLOGIA
250. Per scopi pratici, questi disturbi sono spesso raggruppati in tre
cluster che condividono delle caratteristiche cliniche:
• Cluster A — i pazienti spesso sembrano bizzarri o eccentrici
– paranoide
– schizoide
– schizotipico
• Cluster B — i pazienti possono sembrare drammatici, emotivi, o erratici
– istrionico
– narcisistico
– borderline
– antisociae
• Cluster C — i pazienti si presentano come ansiosi o impauriti
– evitante
– dipendente
– ossessivo compulsivo
CLINICA
251. La classificazione dei Disturbi di Personalità DSMIV
Disturbi caratterizzati dal comportamento bizzarro:
• PARANOIDE: quadro caratterizzato da sfiducia e sospettosità, chi ne soffre tende
ad interpretare il comportamento degli altri come malevolo, comportandosi così
sempre in modo sospettoso.
• SCHIZOIDE: quadro caratterizzato da distacco dalle relazioni sociali e da una
gamma ristretta di espressività emotiva, chi ne soffre non è interessato al contatto
con gli altri, preferendo uno stile di vita riservato e distaccato dagli altri.
• SCHIZOTIPICO: quadro caratterizzato da disagio acuto nelle relazioni strette,
distorsioni cognitive o percettive ed eccentricità nel comportamento, chi ne soffre
ha scarso contatto con la realtà e tende a dare un'assoluta rilevanza e certezza ad
alcune intuizioni magiche.
Cluster A
CLINICA
Editor's Notes
Nel corso del tempo e nelle diverse civiltà le spiegazioni, l'atteggiamento ed i trattamenti relativi alla follia hanno subito cambiamenti radicali. Mentre le antiche produzioni letterarie delle civiltà mediorientali ed i testi sacri dell’ebraismo attribuivano all’intervento di forze soprannaturali, divine o demoniache, le malattie psichiatriche come una forma di punizione, il primo a trattare della malattia mentale come malattia medica fu Ippocrate.
Ippocrate (460 a.C-377 a.C.) ipotizzò che la condizione di salute o malattia, fisica o mentale, fosse la risultante dell’equilibrio o dello sbilanciamento di quattro umori (teoria umorale): bile nera, bile gialla, sangue e flegma. L'acqua corrisponderebbe alla flegma che ha sede nella testa, la terra corrisponderebbe alla bile nera che ha sede nella milza, il fuoco alla bile gialla (detta anche collera) con sede nel fegato, l'aria al sangue la cui sede è il cuore.
Più tardi nelle società romana si riaffermò la connotazione mistica della la follia, da affrontare con trattamenti di tipo religioso da parte di sacerdoti o filosofi.
A partire dal Medioevo l'interpretazione predominante delle malattie psichiche fu quella della possessione da parte di spiriti malvagi o del diavolo, come debolezza morale e castigo divino. La “concezione demonologica”, secondo cui appunto le malattie psichiche sono considerate opera del demonio, continuò per tutto il Cinquecento ed il Seicento ed infatti il più importante trattato di psichiatria si può considerare in realtà il Malleus maleficarum, un manuale del 1486, ad uso degli inquisitori, nel quale, descrivendo le varie forme di stregoneria, si illustravano quelle che in realtà erano diverse sindromi psichiatriche che noi oggi classificheremmo come isterie, schizofrenie, nevrosi ossessive, epilessie o altro. Nel corso del Settecento si incominciano a fare osservazioni più razionali sui disturbi psichici, che erano però abitualmente confusi con problemi di ordine pubblico-sociale: i malati di mente erano infatti rinchiusi insieme a piccoli delinquenti, debitori morosi, vagabondi, disoccupati, prostitute, alcolizzati, disadattati vari, che non avessero commesso gravi reati, nei cosiddetti Ospedali Generali (dalla terminologia francese), sorta di “ospizi”. All’interno di questi luoghi i detenuti erano tenuti incatenati, fino a che Philippe Pinel (1745-1826) nel 1793 non liberò i malati di mente dalle catene, promovendo la costituzione di specifici luoghi di cura, i manicomi. Da Pinel in poi incominciò un enorme lavoro di descrizione dei sintomi e dei comportamenti: nel 1793 il medico empolese Vincenzo Chiarugi diede alle stampe il suo trattato “Della pazzia in genere e in specie”, prima opera medico-scientifica sul tema della categorizzazione della follia. Il trattato di Chiarugi segnò la nascita della clinica psichiatrica e restituì al folle lo status di malato piuttosto che di peccatore o delinquente. Con l’istituzione dei manicomi l'elevata concentrazione di pazienti favorì l'osservazione e la classificazione delle malattie da parte degli psichiatri. In tale epoca la storia della psichiatria coincise di fatto con la storia della schizofrenia; Emil Kraepelin (1856-1926) ed Eugen Bleuler (1857-1939) ne furono i principali studiosi.
Anche se dal Medioevo, in cui si riteneva che per curare la malattia mentale fosse necessario togliere fantomatiche pietre dalla testa dei pazienti, le conoscenze stavano aumentando gli strumenti terapeutici rimanevano spesso improvvisati: docce ghiacciate, diete sbilanciate, isolamento e contenzione fisica sono solo alcune delle pratiche cui venivano sottoposti i pazienti. La situazione era destinata a migliorare notevolmente nel corso del Novecento, grazie all'introduzione di varie forme di psicoterapia ed alla scoperta degli psicofarmaci.
Dall’inizio del secolo gli studi di Freud (1856-1939) e degli psicoanalisti portarono alla identificazione delle nevrosi e ad una descrizione puramente psichica dei meccanismi psicologici delle malattie psichiche. Freud, basandosi sugli studi da lui effettuati insieme a Jean-Martin Charcot e Joseph Breuer e sulle nuove idee riguardanti l'inconscio, elaborò il primo modello completo sulle malattie mentali e un approccio psicoterapeutico per il loro trattamento (psicoanalisi). Il suo rimase il modello predominante utilizzato nella professione medica per il trattamento dei disturbi mentali fino alla metà del XX secolo, quando lo sviluppo della terapia elettroconvulsivante (introdotta negli anni trenta) e delle cure basate sui farmaci riportarono la pratica psichiatrica verso un approccio più meccanicistico.
I primi psicofarmaci sintetizzati fra gli anni quaranta e cinquanta, destinati a cambiare in modo radicale e diffondere le metodologie di cura, conobbero una rapida diffusione e contribuirono all’ipotesi di un’origine biologica e genetica delle malattie.
Di pari passo con lo sviluppo della psicofarmacologia i sostanziali progressi nelle scienze del comportamento hanno dato origine a forme di psicoterapia che si sono dimostrate efficaci nel ridurre o eliminare molte condizioni psicopatologiche. In diversi casi le psicoterapie possono essere integrate con trattamenti farmacologici, al fine di massimizzare l'efficacia congiunta dei due approcci per cui è oggi possibile in molti casi arrivare ad una completa remissione o ad un significativo controllo della sintomatologia, migliorando in modo sostanziale la condizione dei pazienti
Il ricovero psichiatrico è stato regolato in Italia per molti anni da una legge del 1904. Tale legislazione, ponendo l’accento su esigenze di pubblica sicurezza e di controllo sociale, prevedeva la custodia e la cura in Ospedale Psichiatrico delle “persone affette da alienazione mentale, quando siano pericolose a sé o agli altri o riescano di pubblico scandalo”. La richiesta di internamento poteva essere presentata da parenti, tutori, protutori o da chiunque altro nell’interesse degli infermi e della società. Secondo questa legge il malato psichico veniva ricoverato obbligatoriamente in Ospedale Psichiatrico per periodi spesso prolungati e privato dei diritti civili e politici, mentre ai medici veniva quindi richiesto di esplicare la funzione di custodia oltre a quella di cura. Ciò ha portato all'isolamento della psichiatria dall'assistenza sanitaria in generale: i manicomi erano per lo più costruiti in luoghi appartati e comunque distinti dagli Ospedali Civili, le loro competenze amministrative erano delegate alle Province, le dimissioni dei ricoverati coattivamente erano di competenza dell'autorità giudiziaria. Nel 1968 venne modificata solo in parte questa situazione con l’introduzione della legge sui ricoveri volontari, che consentiva ai pazienti psichiatrici il ricovero in O.P. senza che venissero loro applicate le disposizioni previste dalla legge del 1904.
Nel 1978 lo psichiatra Franco Basaglia portò nel Parlamento italiano una legge che prevedeva la dismissione degli ospedali psichiatrici e la cura dei malati negli ambulatori territoriali. La Legge 180/78, tuttora vigente, prevede il ricovero solo in caso di acuzie (presso gli SPDC, i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura), rendendo l'Italia un paese pioniere nel riconoscere i diritti del malato e nel favorire la territorializzazione dei Servizi di cura del disagio psichico (CSM - Centri di Salute Mentale; SERT - Servizi per le Tossicodipendenze; Centri diurni; Residenze Protette o Semiprotette; Consultori).
Con la legge 180 vengono stabiliti alcuni importanti principi:
- Scompare il concetto di pericolosità e quindi la funzione di custodia per motivi di pubblica sicurezza e viene stabilito che tutti “gli accertamenti e i trattamenti sanitari sono volontari” (art.1), anche se “possono essere disposti dall’Autorità Sanitaria accertamenti e trattamenti sanitari obbligatori”, se in presenza di gravi alterazioni psichiche i trattamenti vengano rifiutati e non esista la possibilità di effettuarli nelle strutture territoriali esistenti. Tali trattamenti devono comunque essere effettuati “nel rispetto della dignità della persona e dei diritti civili e politici garantiti dalla Costituzione”.
- vengono aboliti gli Ospedali Psichiatrici e viene trasferito ai presidi territoriali il compito di prevenzione e cura delle malattie mentali e vengono istituiti i Servizi Psichiatrici di Diagnosi e Cura (SPDC) negli ospedali generali, con un numero di letti non superiore a 15.
Le norme stabilite dalla legge 180 vengono inserite ed integrate nella legge 833 del 1978 cin la quale viene istituito il Servizio Sanitario Nazionale. Tutte le strutture psichiatriche passano per competenza dalle amministrazioni provinciali a quelle regionali, nell’ambito del Servizio Sanitario Nazionale, per cui si assiste alla parificazione tra i servizi psichiatrici e gli altri sistemi sanitari.
Trattamento sanitario obbligatorio
Ai fini di una corretta applicazione delle procedure appare opportuno richiamare ed analizzare alcuni aspetti delle condizioni nelle quali è possibile effettuare trattamenti sanitari obbligatori in ambito psichiatrico.
Secondo il dettato legislativo di cui all'art. 34, dette condizioni si verificano nei casi in cui:
a) «...esistano alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici...».
La formulazione di detto enunciato affida la valutazione di questa prima condizione - per la natura stessa dei concetti di "alterazione psichica" ed "urgenza“ - esclusivamente alla responsabilità professionale del medico;
b) gli interventi terapeutici «...non vengono accettati dall'infermo...».
Premesso che bisogna prestare particolare attenzione a non interpretare il conflitto che spesso insorge fra medico e paziente nel corso di un rapporto terapeutico come mancanza di consenso alle cure, che darebbe luogo ad un provvedimento obbligatorio a valenza fortemente punitiva, in presenza di questa seconda condizione il sanitario deve mettere in atto ogni utile tentativo finalizzato a favorire il consenso del paziente.
c) «...non vi siano le condizioni e le circostanze che consentano di adottare tempestive ed idonee misure sanitarie extraospedaliere...».
Lo spirito della riforma vede nella natura del TSO in regime ospedaliero una significativa limitazione della libertà personale, tanto che il legislatore ne prevede particolari misure di tutela giurisdizionale. Qualora si renda necessario questo tipo di intervento, si prevede altresì che il «...ricovero deve essere attuato preso gli ospedali generali, in speciali Servizi psichiatrici di diagnosi e cura...».
Il trattamento sanitario obbligatorio (TSO) viene disposto dal Sindaco in veste di Autorità Sanitaria locale su proposta motivata di un medico e convalidata da parte di un medico della struttura pubblica.
Avvenuto il ricovero il provvedimento del Sindaco deve essere comunicato entro 48 ore al Giudice Tutelare competente che provvede a convalidare o meno il provvedimento. Il TSO dura 7 giorni alla fine dei quali può essere prorogato di altri 7 giorni con le stesse modalità (art.3). Il malato stesso o chiunque altro può far ricorso contro il provvedimento di TSO rivolgendosi al Sindaco o al Tribunale Competente (art.4).
Accertamento sanitario obbligatorio
L'accertamento sanitario obbligatorio (ASO), istituto di carattere eccezionale, si configura come strumento mirato ad entrare in contatto con una situazione altrimenti inavvicinabile e per la quale, sia pure in via presuntiva, si ha il fondato sospetto della presenza della prima condizione di legge prevista per poter intervenire in forma obbligatoria, vale a dire l'esistenza di gravi alterazioni psichiche tali da richiedere urgenti interventi terapeutici. Qualora non sia possibile visitare il paziente ma si sia in possesso di informazioni che facciano supporre la presenza di tali condizioni (ad es. un paziente psicotico acuto che si è chiuso in casa e non fa entrare nessuno o un paziente confuso che si è allontano dal domicilio e che non si riesce a rintracciare), è possibile per il medico fare richiesta di Accertamento Sanitario Obbligatorio.
Ai fini della emissione della ordinanza di ASO occorre la sola certificazione medica di proposta contenente le motivazioni che suggeriscono la richiesta di tale provvedimento. Il medico inoltra al sindaco la richiesta di ASO con le generalità del paziente, le motivazioni per l’accertamento, il luogo dove l’accertamento sarà effettuato
Nell'ordinanza del Sindaco deve essere specificato dove si intende effettuare l'ASO (ambulatorio, domicilio del paziente, pronto soccorso di ospedale civile ove sia presente una accettazione psichiatrica o sia comunque attivabile una consulenza psichiatrica).
L'accertamento sanitario obbligatorio per malattie mentali non può essere effettuato in regime di degenza ospedaliera.
Il Distretto deve assicurare: Assistenza primaria e continuità assistenziale, Assistenza specialistica ambulatoriale, Servizi per le tossicodipendenze e patologie da HIV, Attività consultoriali, Servizi socio sanitari rivolti a disabili ed anziani, Assistenza Domiciliare Integrata e vi collocazione nel distretto le articolazioni organizzative dei Dipartimenti di Salute Mentale.
Strutture del Dipartimento di Salute Mentale:
1) Centro di Salute Mentale (CSM): Presidio territoriale che ha il mandato di prendere in carico il paziente psichiatrico. Tra i suoi compiti vi sono quelli di:
Coordinare le attività ambulatoriali psichiatriche e psicoterapeutiche individuali, di gruppo e sulla famiglia
Coordinare le attività domiciliari
Esaminare la domanda di accoglienza del paziente
Svolgere le attività diagnostiche e terapeutiche più adeguate
2) Servizio Psichiatrico di Diagnosi e Cura (SPDC): È collocato all’interno di Aziende Ospedaliere o Presidi Ospedalieri all’interno di Aziende Sanitarie Locali (ASL), o all’interno di Presidi Universitari convenzionati.
Vi si realizzano interventi psichiatrici in regime volontario (TSV) oppure obbligatorio (TSO) che necessitano di un ricovero.
Numero minimo di posti letto è di 7 (1 posto ogni 10.000 abitanti).
3) Strutture Intermedie non residenziali
a. Day Hospital: Deputato a svolgere attività terapeutiche e riabilitative a breve e lungo termine. Prevede interventi di medicalizzazione, ossia accertamenti diagnostici anche complessi e interventi farmacologici e psicoterapeutici e/o riabilitativi.
b. Centro Diurno: Presidio aperto almeno otto ore al giorno per cinque giorni alla settimana la cui attività viene svolta in regime di semiresidenzialità, in ambiente comunitario, con programmi terapeutico- riabilitativi con lo scopo di recuperare e ampliare le abilità sociali del paziente. Coordinamento con cooperative sociali e organizzazioni di volontariato
4) Strutture Intermedie Residenziali
Sono deputate a rispondere a bisogni di media e lunga assistenza per soggetti ammalatisi di recente e interessati da deficit di competenza sociale e di autonomia. Offre varie forme di assistenza in base al livello di protezione e durata della residenzialità.
a. Centro Residenziale Terapeutico-Riabilitativo: presidio sanitario su modello comunitario con residenzialità del paziente.
b. Comunità protetta: Presidio rivolto a pazienti con deficit gravi delle capacità di autonomia che hanno bisogno di interventi sanitari e riabilitativi in condizioni di residenzialità protetta senza limiti di tempo, che offre diversi gradi di assistenza in base alla compromissione del paziente.
E’ il reparto ospedaliero di psichiatria, dove si svolge attivita' di competenza specifica sulle diverse forme del disagio psichico e psicologico in tutte le fasi in cui non e' piu' sufficiente un trattamento ambulatoriale o domiciliare. In particolare, le patologie più frequentemente trattate sono i disturbi di tipo psicotico, alcuni disturbi di personalita', i disturbi dell'umore (mania, grave depressione e tentativi di suicidio). Il reparto accoglie i pazienti sia in regime di ricovero volontario che obbligatorio. L'intervento terapeutico muove da una attenta valutazione clinica, psicopatologica, sociale e familiare ed è imperniato sul trattamento psicoterapeutico individuale e su quello farmacologico.
La contenzione fisica del paziente si rende necessaria nelle situazioni in cui sia alto il rischio di azioni auto ed etero lesive. L’intervento è disciplinato dagli articoli 33 – 34 – 35 della Legge 23 Dicembre 1978, n. 833.
La decisione di porre un paziente “in contenzione” deve essere riportata sulla documentazione clinica (cartella medica e infermieristica) del paziente: la prescrizione è competenza del medico. In situazioni di emergenza e in assenza del medico l’infermiere può decidere di applicare una contenzione previa comunicazione al medico responsabile o di guardia; questa decisione verrà poi valutata dal medico nel più breve tempo possibile. L’SPDC deve essere dotata di un apposito registro nel quale devono essere i seguenti elementi relativi ad ogni atto di contenzione:
- Nome e cognome della persona sottoposta a contenzione,
- problema per il quale viene determinata la contenzione,
- valutazione medica inclusiva dell’esame delle opzioni tecniche ed organizzative alternative,
- ora di inizio,
- misure assistenziali richieste, con indicazione dell’operatore incaricato di effettuarle ed orari di effettuazione,
- misure mediche adottate per la profilassi delle complicanze,
- ora di cessazione della contenzione.
L’esame delle condizioni mentali è la parte della valutazione clinica che descrive l’insieme complessivo delle osservazioni e impressioni relative al paziente psichiatrico durante l’intervista. È importante che anche in assenza dello specialista chi vede per primo la persona in esame sia in grado di fare una prima valutazione della natura e nella gravità dei sintomi psicopatologici, anche per accertare se può rappresentare un pericolo per sé stessa e per gli altri.
L’esame dello stato mentale deve comprendere le seguenti categorie di informazioni.
DESCRIZIONE GENERALE
Aspetto: consiste nella descrizione dell’aspetto e dell’impressione fisica complessiva trasmessa all’interlocutore dal paziente. Tale descrizione comprende la struttura somatica, la postura, la cura di sé, dei capelli e delle unghie, l’igiene personale, l’abbigliamento. Il paziente può risultare di aspetto sano e curato, o trascurato, ammalato, senile o giovanile, etc…
Comportamento e attività psicomotoria: descrive gli aspetti sia qualitativi che quantitativi del comportamento motorio del soggetto, in quanto espressione a livello motorio e comportamentale dei vari aspetti della vita psichica - motivazione, impulsi, scopi, istinti, bisogni, desideri, sentimenti, volontà - dell’individuo. Comprende la valutazione della gestualità (tic, manierismi), il rallentamento psicomotorio, l’iperattività e l’irrequietezza, i movimenti ripetitivi o bizzarri.
Atteggiamento nei confronti della situazione e dell’interlocutore: nell’interazione durante l’intervista il paziente può risultare collaborante, amichevole, attento, seduttivo, difensivo, perplesso, ostile, distaccato, sospettoso, etc…
Impulsività: ridotta capacità di controllo su atti motori e comportamenti espressione del mondo affettivo-pulsionale. Porta ad azioni improvvise, imprevedibili, spesso senza controllo, che posso essere autoaggressive e eteroagressive. Si trova soprattutto in: Schizofrenia, Epilessia e Disturbi del controllo degli Impulsi (Disturbo esplosivo intermittente, cleptomania, piromania, impulso al gioco d’azzardo patologico)
Eccitamento Psicomotorio: aumentata attività psicomotoria iperattività inconcludente, legata a tensione, agitazione. Può variare da una lieve irrequietezza a gravi crisi pantoclastiche. L’eccitamento può essere di natura maniacale, catatonica o confusionale.
Rallentamento Psicomotorio: riduzione dell’attività motoria e cognitiva con rallentamento dei movimenti, del pensiero, del linguaggio. Si trova in corso di sindromi depressive, schizofrenia e disturbi psicorganici gravi.
Arresto psicomotorio (stupor) = assenza di reazione agli stimoli a coscienza integra. Il paziente si presenta muto, immobile senza controllo sfinterico. Si parla di arresto catatonico in corso di schizofrenia e di arresto melanconico se si verifica durante la depressione.
Catatonia: si realizza soprattutto in corso di schizofrenia e psicosi organiche. Il paziente è in uno stato di arresto psicomotorio, inconsapevole dell’ambiente circostante, mantiene uno stato di rigidità muscolare che si oppone alla mobilizzazione passiva.
2. UMORE ED AFFETTIVITA’
Umore: stato emotivo generalizzato e persistente, soggettivamente vissuto, riferito dal soggetto e osservato dagli altri. Tra le più importanti specifiche dell’umore troviamo:
eutimico: umore che varia nell’ambito della normalità;
esaltato: consiste in un umore più allegro del normale, come dimostrato anche da atteggiamento di fiducia in sé stessi e di piacere;
depresso: riduzione patologica del tono dell’umore;
disforico: umore alterato in senso depressivo con agitazione e irritabilità.
Labile: umore che fluttua e presenta rapide oscillazioni tra l’euforia, la depressione o l’ansia.
B. Affettività: E’ l’espressione delle emozioni come viene percepita dall’esaminatore dall’espressione facciale del soggetto. Comprende l’espressione verbale, la mimica, la gestualità, il comportamento motorio e le manifestazioni neurovegetative.
Si può presentare:
appropriata: condizione in cui vi sono variazioni appropriate dell’espressione facciale, del tono della voce, della gestualità e dei movimenti corporei rispetto all’intero insieme delle emozioni;
inappropriata: disarmonia tra il tono emozionale e l’idea, il pensiero e le parole che l’accompagnano;
appiattita: assenza o quasi di qualsiasi segno di espressione affettiva
La distinzione tra normalità e patologia dipende dalle caratteristiche che rendono l’umore e l’affettività estranei alla comprensione del sentimento comune, ad esempio:
Una durata eccessiva
L’ indipendenti dagli accadimenti esterni
La presenza di “fissità” per impossibilità a modulare lo stato sulla base delle variazioni della realtà
La presenza di segni e sintomi vegetativi, somatici, cognitivi
3. LINGUAGGIO
Riferendosi in tale sezione alle caratteristiche fisiche, il linguaggio può essere definito in termini di quantità, velocità di produzione, tono di voce e qualità.
Logorrea: eloquio abbondante, spesso difficile da interrompere;
Povertà di linguaggio: riduzione dell’eloquio, in cui le risposte sono brevi e monosillabiche;
Mutismo: Assenza totale di comunicazione verbale
Balbuzie: contrazioni spastiche toniche e/o cloniche della muscolatura fono-respiratoria che rendono difficile l’espressione verbale
4. SENSOPERCEZIONE
Processo mentale nel quale gli stimoli sensoriali sono portati a livello di coscienza, riconosciuti, confrontati con altri, collocati in parametri temporali e spaziali, e quindi interpretati.
I disturbi della sensopercezione possono essere dovuti ad alterazione della quantità (come le iperstesie o le ipoestesie) e più interessanti dal punto di vista psichiatrico sono i disturbi della qualità della senso-percezione. Di particolare interesse in psichiatria sono:
Illusioni: percezioni alterate di uno stimolo sensoriale reale, che viene involontariamente trasformato e dà origine ad un percepito differente. Tipica è la possibilità della correzione.
Allucinazioni
Le allucinazioni consistono nella falsa percezione sensoriale non associata a stimoli esterni reali: il soggetto vede immagini, sente suoni, avverte odori, sapori e sensazioni tattili che gli altri non percepiscono, in assenza dei corrispondenti stimoli esterni.
Si verificano in diverse condizioni: disturbi organici cerebrali, disturbi della coscienza, schizofrenia, disturbi psicotici, disturbi affettivi con sintomi psicotici, disturbi dissociativi con sintomi psicotici, da uso di sostanze.
Distinguiamo diverse allucinazioni in base al canale sensoriale.
- Uditive: sono le più comuni allucinazioni che si manifestano nei disturbi psichiatrici. Possono essere semplici, ovvero suoni o rumori (più spesso nei disturbi organici) o complesse: voci (spesso nei disturbi psicotici, nella schizofrenia) che possono essere imperative, di commento, colloqui. Le tematiche che esprimono le voci sono diverse a seconda della patologia all’interno cui si manifestano: più spesso sono di minaccia nella schizofrenia, di grandezza durante l’eccitamento maniacale, di colpa in caso di depressione psicotica.
- Visive: possono essere costituite da immagini elementari (bagliori, corpi luminosi) o da figure e scene complesse (figure, scene). Più frequentemente si manifestano in corso di disturbi di origine organica.
Olfattive e gustative: vengono percepiti odori e sapori, si solito sgradevoli. Spesso nelle crisi epilettiche temporali.
Somatiche: Esempi di questo tipo di allucinazione sono la sensazione di bruciore nel cervello o mancanza di organi e deformità.
5. PENSIERO
Il pensiero racchiude le facoltà più superiori e la capacità critica per cui una persona, a partire da un problema o da un compito, è in grado di relazionarsi con la realtà, derivare concetti dal contatto con la realtà e produrre giudizi sulla realtà attraverso un flusso di idee, simboli e associazioni diretto a uno scopo. Nella sua analisi si distingue quella della forma e del contenuto, attualizzati ed espressi in comunicazione.
Accelerazione: Disturbo formale del pensiero nel quale i processi associativi si svolgono con maggiore rapidità e con facilitazione accentuata a scapito dell’efficacia comunicativa: le idee si susseguono con maggior rapidità a scapito dell’efficacia comunicativa. In questo contesto aumenta la produzione, i legami associativi divengono marginali. Si può manifestare in forma lieve in caso di euforia o ansia, mentre in forma grave nella fase maniacale del disturbo bipolare. In casi estremi si manifesta come fuga delle idee, in cui domina la logorrea con un costante passaggio da un’idea a un’altra, mentre le associazioni sono guidate da criteri di somiglianza, assonanza, rima.
Rallentamento: Disturbo formale del pensiero in seguito al quale i processi associativi si svolgono con un’accentuata lentezza, bassa produttività e ridotta efficacia comunicativa. In condizione estrema si può arrivare al blocco che consiste nell’arresto brusco e inaspettato dell’eloquio, a cui sottende un probabile arresto del flusso associativo, di solito accompagnato dall’impossibilità di recuperare i pensieri precedenti il blocco. Il rallentamento si può trovare in caso di depressione maggiore, disturbi organici tossici, metabolici, endocrini e nell’ oligofrenia.
Tangenzialità:Disturbo formale del pensiero in seguito al quale un soggetto risponde ad una precisa domanda in maniera solo marginalmente collegata al tema.
Neologismo: parola nuova prodotta dal paziente, spesso attraverso la combinazione di sillabe di altre parole, che assume significato solo per chi la pronuncia.
Ecolalia:Ripetizione di parole o frasi pronunciate da altri, spesso con tono derisorio, ironico o sarcastico.
Il contenuto del pensiero si riferisce a ciò che realmente il soggetto sta pensando: idee, opinioni, preoccupazioni, ossessioni.
Il contenuto del pensiero si riferisce a ciò che realmente il soggetto sta pensando: idee, opinioni, preoccupazioni, ossessioni.
Il Delirio è un’idea falsa e immodificabile basata su erronee deduzioni riguardanti la realtà esterna, fortemente sostenute contrariamente a quanto tutti gli altri credono. Tale errata convinzione, non correggibile mediante il ragionamento non è soggetta a critica e non condivisa da altre persone appartenenti allo stesso gruppo culturale. Il delirio può essere un sintomo di disturbi organici (come demenza ed epilessia temporale), di disturbi deliranti, schizofrenia, sindromi schizoaffettive, disturbi dell’umore (sopratutto sindromi depressive gravi e mania).
Il delirio può essere classificato in base a diversi aspetti.
In base alla struttura in cui le idee sono organizzate può essere definito elementare, quando gli spunti deliranti sono scarsamente elaborati mentre è sistematizzato quando le idee vengono ben strutturate e articolate in un sistema complesso attorno ad un singolo evento o tema (ad esempio il soggetto è perseguitato dalla CIA, dall’FBI, etc…).
Il delirio può essere poi primario nel caso in cui le idee deliranti siano indipendenti da altre esperienze psichiche. Possiamo distinguere in questo contesto le percezioni deliranti, in cui viene attribuito un significato delirante ad una percezione reale corretta; le intuizioni deliranti una comprensione nuova ed immediata che compare nella mente come una illuminazione con totale certezza soggettiva senza rapporto con la realtà percettiva. Si parla invece di deliri secondari quando le idee deliranti sono comprensibili in rapporto ai contenuti esperienziali ed affettivi.
In base alla coerenza con l’umore si definisce congruo, ovvero con contenuto appropriato all’umore, o incongruo all’umore, in cui il contenuto del delirio non ha associazione con l’umore oppure è neutrale rispetto ad esso.
Delirio Di Persecuzione = erronea convinzione di essere oggetto di persecuzioni, inganni, molestie. Il paziente si sente spiato, seguito, controllato e oggetto di complotti, macchinazioni, affermazioni denigratorie e calunnie. Tra I deliri di persecuzione un esempio specifico è il delirio di veneficio, in cui il soggetto crede di essere avvelenato. E’ tipico di schizofrenia e disturbo delirante cronico.
Delirio di Influenzamento o di Controllo = convinzione di essere oggetto di azioni esterne che controllano la mente, il corpo e la volontà.
Delirio di Colpa, di Indegnità, di Rovina: il paziente si sente responsabile di danni e sciagure, indegno di essere considerato una persona o si accusa di aver condotto la famiglia alla rovina economica. L’entità del vissuto di colpa discordante con i fatti riferiti.
Delirio di Grandezza : Il paziente si sente ricco, potente, al disopra di tutti, capace di compiere imprese eccezionali, investito di poteri sovrannaturali, può impersonificare personaggi famosi. Frequente nella mania.
Delirio erotomanico: il paziente ritiene di avere attrattive fuori del comune, di essere oggetto di corteggiamenti e proposte a sfondo sessuale, e seconda la quale qualcuno sarebbe profondamente innamorato del paziente.
Esempio delirio di persecuzione:
Ho provato, dottore, a mettere in dubbio l’idea del complotto contro di me, ma le prove sono sempre più schiaccianti.
Al bar, appena uscito di qui, il cassiere mi ha chiamato “dottore” sorridendo. Ed era un modo di prendermi in giro di fronte a tutti sottolineando il fatto che non mi sono laureato. E non mi venga a dire che non mi conosce perché questo è il bar dove va anche lei e, si sa, una parola può scappare, magari senza cattiveria o comunque per tenere gli altri informati. Del resto, il barista stesso nel servirmi il caffè ha segnalato a tutti gli altri che ero proprio io quello che aspettavano dicendo “macchiato o nero?”, con chiaro riferimento al mio passato politico. Ho avvertito il pericolo e sono uscito rapidamente.
Delirio iniziale ancora non sistematizzato:
Antonio, 25 anni, manovale Descritto come poco socievole e piuttosto chiuso. Il giorno precedente, tornando dal lavoro, venne colto da un senso inspiegabile di paura, come se stesse per accadere qualcosa di molto grave. Aveva paura di essere licenziato. Appariva perplesso, assorto, smarrito. Nel corso della notte si era improvvisamente alzato svegliando tutti quelli che erano in casa: si sentiva minacciato di morte, percepiva l’ambiente cambiato e strano, vedeva i volti dei familiari sinistri e minacciosi. Accompagnato in ospedale, appariva impaurito e confuso, l’eloquio era frammentario.
“Che succede? Mi pare tutto un giuoco, un tragico scherzo … Non sono più sicuro di nulla … Questo è un ospedale o in teatro? … E’ come se tutti stessimo recitando”. A tratti appare più calmo ed afferma che tutto è chiaro: “E’ colpa del direttore dei lavori, cerca di eliminarmi”. Poi nuovamente, è confuso: “Non può essere … Io non so nulla … Perché vi scambiate dei segnali? ... Ogni cosa che dite ha un doppio senso … C’è dappertutto un significato nascosto, non so cosa mi vogliate fare … Debbo rendermene conto … C’è qualcosa di più importante di quello che prima credevo di sapere … Mi pare di non capire, come se fosse un’altra lingua, altra gente … Forse sto per capire i misteri più profondi dell’uomo … Aspetto questa rivelazione!”.
Delirio di influenzamento:
Ho cercato una corazza per mettere un confine e farla finita con questa storia. C’è una forza estranea che mi condiziona e mi fa fare quello che vuole lei, anche se io non lo voglio. La forza sa i miei desideri, conosce i miei pensieri, li amplifica e così li sanno tutti. Ne parla anche la televisione. Se una cosa la penso, subito lo dicono per radio.
Altre volte me li portano via i pensieri e resto senza niente o mi infilano dentro i loro, che io non voglio, perché sono estranei e la gente ride quando passo con queste idee non mie nella testa. Se ne accorgono tutti, sono come trasparente. Devo trovare una corazza molto robusta.
Delirio di colpa:
I miei genitori mi vogliono far curare, ma io non ho nessuna malattia, sono molto cattiva. Li ho traditi e ho sbagliato, ho fatto delle mostruose che non si possono perdonare.
Loro sono buoni, perfetti e la mia anima è nera. Ho insozzato l’universo e non c’è più niente da fare. Saremo cacciati dal paese, senza diritti civili e senza avere di che mangiare per colpa mia. Io non li lascerò un istante. Ma questa puzza che emano non si può togliere, è la putrefazione dell’anima e corrode ogni cosa.
Delirio di grandezza:
Bruno inizia a delirare dopo aver fallito nel tentativo di andare a vivere da solo, essere stato licenziato dal lavoro ed aver trovato la sua ragazza a letto con un altro.
“Ho una grande missione. Sono Mosè o forse Dio, no sono Mosè, ma sono in incognito. Nessuno mi crede e troverò molti ostacoli, ma devo lo stesso salvare tutti; allora sarò libero di sposarmi. Non c’è bisogno che lavori, perché la mia ragazza è ricchissima: è una principessa e mi sta aspettando. Anch’io sarò re, ma prima devo fare fino in fondo il mio dovere e salvare l’anima al mondo intero. Anche a chi mi ha fatto del male. Io ho perdonato tutti, sono al di sopra di queste cose.”
Pensiero dominante: tipo di pensiero in cui alcuni contenuti prendono il sopravvento sugli altri occupando la maggior parte della produzione ideativa.
Idea Prevalente: polarizzazione del contenuto del pensiero su una particolare idea che assume priorità rispetto ad altre. A seconda del grado di persavità le idee prevalenti possono essere normali o patologiche. In disturbi di personalità e depressione.
Pensiero ossessivo: persistenza patologica, contro la volontà del soggetto, di idee di vario contenuto, formalmente corrette, avvertite come disturbanti del comportamento. Tra le ossessioni più frequenti vi sono quelle di non poter fare a meno di essere ammalati o contagiati o di poter contagiare le altre persone, l’avere continui dubbi anche sulle cose semplici, avere continuamente paura di poter fare del male ad altre persone, il preococcuparsi continuamente di poter avere impulsi sessuali proibiti o violenti. In risposta alle ossessioni spesso vengono messe in atto delle Compulsioni, ovvero comportamenti ripetitivi eseguiti seguendo certe regole. Se il soggetto tenta di procrastinare l’impulso di eseguire tali azioni viene investito da un’ansia crescente che termina con lo svolgimento della stessa. Le più frquenti compulsioni riguardano il lavarsi o il pulire l’ambiente, il controllo delle porte, serrature, rubinetti, luci, lo scrivere e il riscrivere continuamente, eseguire movimenti con significato scaramantico, il ripetere continuamente frasi o parole, il rimettere a posto continuamente e secondo regole prefissate determinati oggetti. In Disturbo ossessivo-compulsivo.
La Fobia è una paura patologica persistente, irrazionale, esagerata e invariabile di alcuni tipi di stimoli e situazioni e comporta un desiderio irresistibile di evitare lo stimolo temuto. Si definisce specifica quella fobia circoscritta a un oggetto o ad una situazione definita.
Con questa parte dell’esame delle condizioni mentali si cerca di valutare il livello di coscienza e le capacità cognitive quali l’attenzione, la memoria, l’intelligenza, l’orientamento.
La coscienza è lo stato di consapevolezza di se stessi, del proprio mondo interno, del proprio corpo e dell’ambiente esterno.
Presuppone vigilanza, attenzione, memoria ed è influenzata dall’affettività e dall’orientamento del pensiero.
Deficit dell’Attenzione Primario: Disturbo da Deficit dell’Attenzione dell’Infanzia (ADHD) si manifesta con distraibilità, impulsività, iperattività.
Deficit di Attenzione Secondario: in Disturbo d’ansia, Disturbo dell’umore, Schizofrenia.
La memoria è quella funzione della psiche che permette di fissare ed immagazzinare i dati con la facoltà di poterli riportare alla coscienza localizzandoli spazio-temporalmente. La memoria è articolata in diverse componenti, tra le quali ricordiamo:
Memoria a Breve Termine – MBT: sistema che consente di conservare una quantità limitata di nuove informazioni per un tempo molto breve dell’ordine di secondi. Span = numero massimo di informazioni che può essere trattenuto per un breve periodo di tempo.
Memoria a Lungo Termine – MLT: Sistema che consente di conservare un numero illimitato di informazioni per tempi lunghi teoricamente per tutta la vita. La traccia mnesica è una rielaborazione dell’originale, frutto della integrazione con le conoscenze possedute.
Le alterazioni della memoria posso riguardare la quantità dei ricordi o la qualità degli stessi.
Il termine ipomnesia indica l’indebolimento delle capacità mnesiche.
Con il termine amnesia si intende un disturbo della memoria caratterizzata da incapacità parziale o totale nella fissazione o nella rievocazione dei ricordi. In base all’inizio del disturbo l’amnesia può essere anterograda, retrograda o retro-anterograda. L’amnesia anterograda consiste in una perdita di memoria riguardante gli eventi che si verificano dopo che si è manifestato l’agente o la condizione eziologica, con incapacità di acquisire e registrare nuove informazioni (“amnesia di fissazione”). Nell’amnesia retrograda la perdita di memoria riguarda gli avvenimenti accaduti prima dell’evento patogeno, con incapacità di rievocare engrammi che già facevano parte del patrimonio mensico (“amnesia di rievocazione”). Qualora questi due disturbi siano associati, allora si parla di amnesia retro-anterograda.
Le paramnesie sono disturbi qualitativi della memoria in cui i ricordi subiscono una deformazione del loro contenuto, del loro significato e della loro collocazione spazio temporale.
I disturbi dell’orientamento sono tradizionalmente divisi secondo tempo, spazio e persona. I disturbi si manifestano in quest’ordine (cioè il senso del tempo è compromesso prima di quello dello spazio); analogamente con il miglioramento del paziente il disturbo regredisce nel senso inverso.
Disorientamento nel tempo: chiedere giorno della settimana e data (giorno, mese ed anno)
Disorientamento nello spazio: ogni persona dovrebbe essere in grado di riconoscere il luogo in cui si trova e comportarsi di conseguenza.
Disorientamento verso le persone: chiedere alla persona se conosce i nomi e il ruolo di persone presenti (ad esempio un familiare o un amico, un medico o un infermiere).
L’intelligenza è l’insieme delle capacità operative che consentono di capire, ricordare, utilizzare ed integrare costruttivamente le conoscenze precedenti e gli elementi del pensiero attuale al fine di affrontare e risolvere situazioni nuove.
Oltre a una prima valutazione durante il colloquio psichiatrico può essere eseguita una Valutazione Psicometrica, ovvero lo studio statistico delle differenze individuali nell’eseguire una serie di compiti per i quali si ritiene necessaria una attività intellettiva attraverso delle scale. Tra queste ricordiamo la scala d’Intelligenza per Adulti - WAIS-R (Wechsler 1981) che esprime il livello di intelligenza in punti QI = rapporto tra età mentale ed età cronologica (90-110 range di normalità).
In psichiatria si considerano psicopatologici i quadri di diminuzione quantitativa dell’intelligenza, che si estrinsecano nelle forme di ritardo mentale e la demenza. Il difetto intellettivo permanente è di solito causato da un disturbo organico; tuttavia, disturbi delle prestazioni intellettive di tipo transitorio possono essere causati da altri processi come un alterato contatto con la realtà (psicosi) e un disturbo dell’umore (specialmente la malattia depressiva).
L’insight è il grado di consapevolezza e di comprensione che il soggetto ha di essere ammalato.
Riassumendo i principali livelli di insight sono i seguenti:
1. Completa negazione della malattia.
2. Scarsa consapevolezza di essere ammalati e di aver bisogno di aiuto, ma nello stesso tempo negazione.
3. Consapevolezza di essere ammalato ma colpevolizzazione degli altri, di fattori esterni o di fattori organici
4. Consapevolezza che la malattia è dovuta a qualcosa di sconosciuto nel paziente.
5. Insight intellettivo: il soggetto ammette di essere ammalato e che i sintomi e o insuccessi nell’adattamento sociale sono dovuti ai propri sentimenti irrazionali o ai propri disturbi, ma non è in grado di applicare questa consapevolezza alle esperienze future.
6. Insight emozionale vero: consapevolezza emozionale dei motivi e dei sentimenti nel paziente e nelle persone importanti della sua vita, che può condurre a modificazioni di base del comportamento.
Classificazione categoriale
La necessità di una classificazione dei disturbi mentali si è resa evidente in tutta la storia della medicina. Le numerose classificazioni che sono state approntate negli ultimi due millenni si sono differenziate per l’enfasi relativa data alla fenomenologia, all’eziologia e al decorso come caratteristiche determinanti e a seconda che l’obiettivo principale della loro utilizzazione fosse clinico, di ricerca o statistico. Negli Stati Uniti la prima classificazione venne introdotta nel 1869 alla riunione annuale dell’American Medico-Psychological Association, nome con cui era nota allora l’ American Psychiatric Association (APA).
Nel 1952 l’APA pubblicò la prima edizione del Diagnostic and Statistical Manual of Mental Disorder (DSM-I), a cui seguirono 4 edizioni successive fino alla IV-TR del 2000, attualmente in uso.
La classificazione ICD (dall‘inglese International Classification of Diseases) è la classificazione internazionale delle malattie e dei problemi correlati, stilata dall‘Organizzazione Mondiale della Sanità (OMS-WHO).
L'ICD è uno standard di classificazione per gli studi statistici ed epidemiologici, nonché valido strumento di gestione di salute ed igiene pubblica. È oggi alla decima edizione (ICD-10), pubblicata nel 1992, ultima di una serie di tentativi di classificazione ragionata, iniziata circa nel 1850. Per quanto riguarda i disturbi mentali, tutte le categorie del DSM IV-TR hanno una corrispondenza dell’ICD-10, ma non tutte le categorie dell’ICD-10 sono presenti nel DSM-IV.
Aspetti di base del DSM IV-TR
Il DSM è una classificazione categorica che suddivide i disturbi mentali in tipi basati su una serie di criteri con caratteri clinici definiti.
Approccio descrittivo: vengono descritte le manifestazioni dei disturbi mentali mentre non vengono fornite né le teorie eziopatogenetiche né i principi di trattamento. Le definizioni dei disturbi sono di solito costituite dalla descrizione delle loro caratteristiche cliniche.
Criteri diagnostici: Per ciascun disturbo vengono forniti specifici criteri diagnostici, costituiti da un elenco di caratteristiche cliniche che devono essere presenti per poter porre una determinata diagnosi.
Utilità e limitazioni
Un approccio categorico alla classificazione dà migliori risultati quando tutti i disturbi appartenenti a una classe diagnostica sono omogenei, quando i confini tra le classi sono chiari e quando le diverse classi si escludono a vicenda. Occorre tuttavia riconoscere i limiti di tale approccio. Innanzitutto nel DSM non si presuppone che ciascuna categoria di disturbi mentali sia un’entità del tutto distinta dagli altri disturbi e non si presuppone che tutti i soggetti che hanno lo stesso disturbo mentale siano simili per tutti gli aspetti importanti. Pertanto è da tenere in conto il fatto che i soggetti, pur avendo la stessa diagnosi, possono essere eterogenei per quanto riguarda i criteri che definiscono la diagnosi e che i casi limite saranno difficili da diagnosticare. Pertanto anche altre informazioni cliniche che non si limitino ai meri criteri diagnostici devono essere raccolte, allo scopo di usare tale strumento con flessibilità.
Il DSM IV-TR è un sistema multiassiale che permette di valutare i pazienti attraverso diverse variabili e comprende 5 assi.
L’asse I e II comprendono l’intera classificazione dei disturbi mentali, 17 gruppi principali e oltre 300 disturbi specifici.
In particolare:
Asse I: costituito dai Disturbi Clinici e da Altre condizioni che posso essere oggetto di attenzione clinica. Sull’Asse I si riportano tutti i vari disturbi o condizioni della Classificazione eccetto i Disturbi di Personalità e il Ritardo Mentale (che vengono riportati sull’Asse II). Quando un individuo presenta più di un disturbo di Asse I, dovrebbero essere tutti riportati.
Asse II: Sull’Asse II si riportano i Disturbi di Personalità e il Ritardo Mentale. Può essere utilizzato anche per annotare importanti caratteristiche di personalità e meccanismi di difesa maladattivi. L’indicazione dei Disturbi di Personalità e del Ritardo Mentale su un Asse a parte assicura un’adeguata considerazione per la possibile presenza di Disturbi di Personalità e Ritardo Mentale, che potrebbero essere altrimenti trascurati quando l’attenzione viene diretta ai disturbi di Asse I, solitamente più floridi. L’Asse II può essere utilizzato per indicare importanti caratteristiche di personalità maladattive che non raggiungono la soglia per un Disturbo di Personalità.
Asse III: si riportano le Condizioni Mediche Generali in atto, che posso essere la causa oppure la conseguenza del disturbo mentale e pertanto potenzialmente rilevanti per la comprensione o il trattamento del disturbo mentale dell’individuo. Tuttavia la condizione medica generale può anche non essere correlata al disturbo mentale, ma non di meno avere importanti implicazioni prognostiche o terapeutiche.
Le condizioni sono classificate fuori dal capitolo dei “Disturbi Mentali” dell’ICD-9-CM e fuori dal capitolo V dell’ICD-10. La distinzione multiassiale tra disturbi di Asse I, II e III non implica che vi siano differenze fondamentali nella loro concettualizzazione, che i disturbi mentali non siano correlati a fattori o processi fisici o biologici, o che le condizioni mediche generali non siano correlate a fattori o processi comportamentali o psicosociali ma ha ha lo scopo di incoraggiare la completezza della valutazione e di migliorare la comunicazione tra gli operatori sanitari.
Asse IV: vi si riportano Problemi Psicosociali ed Ambientali, che possono influenzare la diagnosi, il trattamento e la prognosi dei disturbi mentali (Asse I e Asse II). Un problema psicosociale o ambientale può corrispondere a un evento vitale negativo, una difficoltà o una carenza ambientale, uno stress familiare o interpersonale di altro tipo, alla inadeguatezza del supporto sociale o delle risorse personali, o ad altri problemi legati al contesto nel quale si sono sviluppate le difficoltà dell’individuo. I cosiddetti eventi stressanti positivi, quali una promozione sul lavoro, dovrebbero essere indicati solo quando costituiscono o causano un problema, come nel caso in cui la persona abbia difficoltà ad adattarsi alla nuova situazione. Oltre a giocare un ruolo nello scatenare o esacerbare un disturbo mentale, i problemi psicosociali possono anche svilupparsi come conseguenza della psicopatologia, o possono costituire problemi che meritano di essere considerati nel piano generale del trattamento. Per comodità i problemi sono raggruppati nelle categorie seguenti:
•Problemi con il gruppo di supporto principale Per es., morte di un membro della famiglia; problemi di salute in famiglia; disgregazione della famiglia per separazione, divorzio, o allontanamento; allontanamento da casa; contrazione di nuovo matrimonio da parte di un genitore; abuso sessuale o fisico; iperprotezione da parte dei genitori; incuria verso un bambino; disciplina inadeguata; disaccordo con i fratelli; nascita di un fratello
•Problemi legati all’ambiente sociale Per es., morte o perdita di un amico; inadeguato supporto sociale; vivere da soli; difficoltà di acculturazione; discriminazione; adattamento ai cambiamenti di vita (come il pensionamento)
•Problemi di istruzione Per es., analfabetismo; problemi scolastici; disaccordo con gli insegnanti o con i compagni di classe; ambiente scolastico inadeguato
•Problemi lavorativi Per es., disoccupazione; minaccia di perdere il lavoro; orario di lavoro stressante; condizioni di lavoro difficili; insoddisfazione lavorativa; cambiamento di lavoro; disaccordo con il principale o con i colleghi di lavoro•
Problemi abitativi Per es., essere senza-tetto; alloggio inadeguato; quartiere pericoloso; disaccordi con i vicini o con il padrone di casa
•Problemi economici Per es., povertà estrema; condizione finanziaria inadeguata; supporto assistenziale inadeguato
•Problemi di accesso ai servizi sanitari Per es., servizi sanitari inadeguati; indisponibilità di trasporti per le strutture sanitarie; assicurazione sanitaria inadeguata
•Problemi legati all’interazione con il sistema legale/criminalità Per es., arresto; incarcerazione; cause; essere vittima di un crimine
•Altri problemi psicosociali e ambientali Per es., esposizione a catastrofi, guerre, altre inimicizie; disaccordo con fornitori di assistenza non familiari come avvocato, assistente sociale o medico; indisponibilità di agenzie di servizio sociale.
Asse V: vi si riporta il giudizio sul livello di funzionamento globale tramite la Scala per la Valutazione Globale del Funzionamento (VGF). La VGF può essere particolarmente utile per seguire i progressi clinici degli individui in termini globali, utilizzando una misura singola e deve essere utilizzata solo per quanto riguarda il funzionamento psicologico, sociale e lavorativo. La VGF è una scala a 100 punti, in cui 100 rappresenta il più alto livello di funzionamento in tutte le aree. Nella maggior parte dei casi i punteggi della Scala VGF dovrebbero riferirsi al periodo attuale (per es., il livello di funzionamento al momento della valutazione) poiché le valutazioni del funzionamento attuale rifletteranno generalmente la necessità di un trattamento o di una cura. La VGF può anche essere utilizzata per altri periodi di tempo (per es., il più alto livello di funzionamento in almeno alcuni mesi nell’ultimo anno). La VGF è riportata sull’Asse V come segue: ‘‘VGF=’’, seguita dalla valutazione VGF da 0 a 100, seguita dal periodo di tempo a cui si riferisce in parentesi per es. ‘‘attuale’’, ‘‘più alto livello nell’ultimo anno’’, ‘‘alla dimissione’’.
La Scala VGF implica la scelta di quel valore che meglio riflette il livello di funzionamento globale dell’individuo. La descrizione di ciascuno dei dieci livelli della Scala VGF ha due componenti: la prima parte riguarda la gravità del sintomo e la seconda il funzionamento. Il punteggio VGF si situa all’interno di un particolare decile se la gravità del sintomo o il livello di funzionamento cadono all’interno di quell’ambito. Per esempio, la prima parte dell’ambito 41-50 descrive ‘‘sintomi gravi (per es., idee di suicidio, rituali ossessivi gravi, frequenti furti nei negozi)’’ e la seconda parte include ‘‘qualsiasi grave alterazione nel funzionamento sociale, lavorativo o scolastico (per es., nessun amico, incapace di conservare un lavoro)’’. È da notare che nelle situazioni dove la gravità dei sintomi e il livello di funzionamento dell’individuo sono discordanti, il punteggio finale VGF riflette sempre il più grave dei due.
La Schizofrenia è una forma di disturbo psicotico con una prevalenza life-time circa del 1% e un’incidenza annua che si attesta tra lo 0.2 e lo 0.4 per 1000.
Ha uguale prevalenza negli uomini e nelle donne, tuttavia nel sesso maschile esordisce più precocemente rispetto a quello femminile. Infatti mentre solitamente l’esordio si verifica prima dei 30 anni l’età media di esordio è più bassa di 4 anni anni negli uomini.
In genere la prognosi è globalmente migliore nelle donne.
Ricerche da parte del WHO hanno indicato che la clinica della sindrome schizofrenica è simile in un vasto numero di paesi e culture, sia tra i paesi industrializzati che in via di sviluppo.
I tassi di schizofrenia sono più alti tra i parenti di soggetti affetti piuttosto che nella popolazione generale. Studi su bambini adottati e su gemelli hanno dimostrato che l’aumento del rischio è su base genetica, con il rischio di sviluppare la malattia che aumenta di 10 volte se è presente un parente di primo grado affetto.
Se entrambi i genitori sono affetti il rischio di sviluppare la malattia per il figlio è del 50%, mentre il 60-84% dei gemelli monozigoti condivide la diagnosi, rispetto al 15% dei gemelli dizigoti.
Implicati nella trasmissione genetica sono probabilmente multipli geni di suscettibilità, ciascuno con un piccolo effetto e agendo in concerto con fattori epigenetici e ambientali. Almeno sette geni sono stati dimostrati essere associati con la schizofrenia.
Rischi ambientali per la schizofrenia includono fattori biologici e psicosociali. Il rischio di sviluppo di schizofrenia è aumentato da eventi prenatali e perinatali—incluso l’influenza materna, rosolia, malnutrizione, diabete mellito, e fumo durante la gravidanza — e complicazioni ostetriche, soprattutto quelle associate ad ipossia.
Poiché nella maggior parte dei casi di complicazioni ostetriche non portano in realtà a schizofrenia, probabilmente tali complicazioni interagiscono con la vulnerabilità genetica nell’aumentare il rischio di malattia.
Diversi fattori socio-demografici sono associati con un aumento del rischio di schizofrenia tra cui povertà e bassa classe sociale.
Per quanto riguarda i sintomi POSITIVI , essi comprendono alterazioni del comportamento, della senso-percezione e del pensiero (sia della forma che del contenuto).
Descrizione generale
L’aspetto generale di uno schizofrenico può variare molto da paziente a paziente.
Da una parte si può presentare un comportamento agitato o violento in cui la persona si presenta urlante, apparentemente senza essere provocato; spesso questo si verifica in risposta ad allucinazioni. Si può anche presentare uno stupor catatonico, durante il quale il soggetto si presenta immobile, mutacico e può manifestare negativismo, obbedienza automatica, rigidità cerea. I pazienti catatonici possono rimanere seduti immobili e silenziosi, rispondere alle domande solo con brevi risposte e muoversi solo su precisa indicazione.
Senso-percezione
Nei pazienti schizofrenici ciascuno dei 5 sensi può essere colpito da esperienze allucinatorie, tuttavia le più comuni sono quelle uditive. Le voci udite sono spesso minacciose, oscene, accusatorie o insultanti. Due o più voci possono dialogare tra di loro, oppure una voce può commentare la vita o il comportamento del paziente. Possono presentarsi anche allucinazioni visive, mentre più rare sono quelle tattili, olfattive e gustative.
Pensiero
I disturbi della forma del pensiero sono osservabili nel linguaggio scritto e parlato del paziente. Essi sono molto variabili, ma possono comprendere perdita dei nessi associativi, incoerenza, neologismi, ecolalia, eccessiva produzione verbale, insalata di parole e mutismo.
Per quanto riguarda i disturbi del contenuto del pensiero, nella schizofrenia si possono manifestare diversi tipi di delirio: di persecuzione, di grandezza, mistici, di gelosia, di riferimento, di influenzamento e somatici.
I sintomi negativi riguardano per lo più l’affettività, che si presenta appiattita con fissità dell’espressione facciale, riduzione dei movimenti spontanei, povertà delle gestualità espressive, scarso contatto con gli occhi, assenza di corresponsione affettiva e mancanza di espressività della voce. La riduzione della risposta emozionale, con disinteresse nelle attività ricreative e nei rapporti e nelle relazioni interpersonali viene definita anedonia. Si presentano inoltre apatici, insensibili di fronte ai sentimenti e alla vita.
L’alogia si manifesta con povertà di linguaggio, blocco e aumentata latenza nella risposte.
La compromissione cognitiva che si manifesta nella schizofrenia comprende problemi nell’attenzione e concentrazione, nella velocità psicomotoria, nell’apprendimento e memoria e nelle funzioni esecutive (pensiero astratto, risoluzione di problemi).
I sintomi psicotici tendono a essere episodici nel tempo, con il loro esordio o peggioramento associato ad un potenziale rischio per se stesso e per gli altri, spesso richiedendo una temporanea ospedalizzazione
I sintomi negativi ed i problemi cognitivi hanno la tendenza a restare più stabili nel tempo, e contribuiscono significantemente alla compromissione funzionale
La disabilità sociale e occupazionale è inclusa nei criteri diagnostici di schizofrenia. I problemi riguardano una o più aree principali di funzionamento come ad esempio il lavoro, la scuola, le relazioni e la cura di sé. In tali aree il livello di funzionamento arretra notevolmente rispetto a quello raggiunto prima della malattia o, se l’esordio è nell’infanzia o nell’adolescenza, si manifesta un’incapacità a raggiungere il livello di funzionamento interpersonale, scolastico o lavorativo prevedibile.
Tale compromissione funzionale comporta spesso la necessità di attribuire lo stato di invalidità e assicurare al paziente l’assistenza per i bisogni più elementari nell’abitazione, l’assistenza medica, il cibo e i vestiti.
Migliorare la funzionalità rimane tra i più importanti obiettivi nella gestione della schizofrenia.
Gli antipsicotici hanno generalmente un effetto calmante e sono utili nel ridurre l’eccitabilità nei primi giorni di trattamento. La risposta dell’antipsicotico è più variabile benché, come regola generale, sia frequente vedere un inizio di risposta terapeutica dopo una settimana di terapia ed una piena risposta terapeutica durante le prime 6 settimane
La durata convenzionale di un trattamento per un primo episodio di schizofrenia è da uno a due anni dopo la completa remissione dei sintomi
Per episodi ripetuti di psicosi, è raccomandato proseguire il trattamento per almeno 5 anni ed in alcuni casi per tutta la vita
L’intervento psicosociale cerca di migliorare il management della schizofrenia (es., gestire i sintomi, prevenire le ricadute) ed incrementare e rafforzare il funzionamento in aree come il vivere in modo indipendente, le relazioni e il lavoro
Interventi specifici che hanno dimostrato di migliorare l’outcome della schizofrenia includono trattamento assertivo nella comunità, psico-educazione familiare, sopporto nella ricerca di una occupazione, training delle abilità sociali, delle abilità di insegnamento di gestione della malattia, terapia cognitivo-comportamentale per le psicosi, e trattamento integrato per l’abuso di sostanze quale comorbidità
Deliri non bizzarri (cioè, concernenti situazioni che ricorrono nella vita reale, come essere inseguito, avvelenato, infettato, amato a distanza, tradito dal coniuge o dall’amante, o di avere una malattia) che durano almeno un mese.
Il funzionamento, a parte per quanto consegue al (ai) delirio (i), non risulta compromesso in modo rilevante, e il comportamento non è eccessivamente stravagante o bizzarro.
Il tipo di disturbo delirante viene distinto in base al tema delirante prevalente. Più comunemente si tratta di deliri di Tipo Erotomanico, di Grandezza, di Gelosia, di Persecuzione.
L’umore è un’emozione pervasiva e duratura che colora la percezione che il soggetto ha del mondo. I disturbi dell’umore sono suddivisi, nel DSM-IV, in due categorie principali: il Disturbo Unipolare (UP), in cui i pazienti sperimentano soltanto il polo depressivo, e il Disturbo Bipolare (BP) in cui i pazienti sperimentano in diversi momenti sia il polo depressivo sia il polo maniacale.
I disturbi dell’umore rappresentano oggi uno dei più importanti problemi di salute pubblica. Stime recenti affermano tuttavia che meno di un terzo delle persone che soffrono di disturbi dell’umore giunge all’osservazione del medico sebbene queste condizioni, anche nelle forme più lievi, possano determinare alti livelli di sofferenza soggettiva, compromissione del ruolo sociale e familiare, graduale deterioramento della qualità di vita e condurre a gravi complicanze, come l’abuso di alcool e di sostanze stupefacenti, fino nei casi più seri al suicidio.
L'attuale nosografia identifica due forme principali di disturbo dell’umore, il Disturbo Bipolare (BPD) e il Disturbo Depressivo Maggiore (MDD).
La malattia unipolare nella popolazione generale si assesta tra la popolazione generale circa al 10%, con un rapporto maschi:femmine di 1:2. E’ altresì vero che quella di disturbo depressivo unipolare è la meno stabile tra le diagnosi appartenenti allo spettro dei disturbi dell'umore. Gran parte dei disturbi bipolari infatti esordiscono con un episodio depressivo e solo successivamente manifestano la polarità maniacale.
La prevalenza nella popolazione generale del disturbo bipolare è stimata attorno all’ 1% ed il rapporto tra maschi e femmine è di 1:1.
Sebbene il termine depressione sia largamente utilizzato a livello colloquiale per descrivere quegli stati emozionali caratterizzati da tristezza, abbattimento e pessimismo, questi non qualificano necessariamente una persona come avente una malattia o un disturbo psichiatrico. La depressione è infatti caratterizzata dall'associazione di un tono dell'umore abnormemente basso in modo duraturo e di sintomi che causino interferenza significativa sulla capacità funzionale dell'individuo.
Per quanto riguarda i numeri della depressione, si tratta di è una delle maggiori cause di malattia in tutto il mondo, colpendo in tutto il mondo 121 milioni di persone.
Nella più recente indagine dell’OMS si assestava al 3°posto come causa di malattia a livello mondiale e prima nei paesi più industrializzati, ed è destinata a diventare 2^ solo all’HIV entro il 2030. Tutto questo si riflette in elevati costi, oltre che umani anche economici.
Dal punto di vista clinico per parlare di depressione maggiore deve manifestarsi almeno uno tra umore depresso e perdita di piacere e interesse per tutte, o quasi, le attività. Durante questo disturbo si modificano in maniera consistente il pensiero e il comportamento dell’individuo, così come anche funzioni vegetative di base. Si determina pertanto un disagio e una compromissione significativa del soggetto, per la durata di un singolo episodio o di più episodi ricorrenti, intervallati da periodi di benessere.
Per parlare di depressione maggiore deve manifestarsi almeno uno tra umore depresso e perdita di piacere e interesse per tutte, o quasi, le attività. Una riduzione della stima di sé e della fiducia in sé stesso e una visione del futuro triste e pessimistica accompagnano la flessione del tono dell’umore.
Dal punto di vista psicomotorio si può trovare rallentamento e mancanza di energia o viceversa agitazione, in genere accompagnata da ansietà e irritabilità. Si possono presentare inoltre una riduzione della concentrazione e della memoria, sentimenti di autosvalutazione o di colpa eccessivi o inappropriati, che spesso conducono a idee di morte più o meno strutturate. Possono essere coinvolti anche la sfera dell’appetito, che può aumentare o diminuire, e il ritmo sonno-veglia con insonnia o ipersonnia.
One method to gather this information that has been useful for healthcare providers is the SAD PERSONS scale. “S” stands for sex. Again, we know that males are likely to end life by suicide 2 xs that of females and females attempt 2x more than males. “A” stands for age. Remember the ages that have the highest suicide rates. “D” stands for depression. Does the patient have symptomatology or diagnosis of depression? Remember, depression is the mental illness with the closest link to suicide. “P”, previous attempt. Has the person attempted before and if so, what means did they use and what factors where involved, how did they survive the attempt? “E” stands for ethanol abuse. “R” stands for rational thinking. Is the patient thinking rationally? “S” stands for social support deficit. Does the patient have a support system? “O” is for organized plan. Does the patient have a thought out plan for taking the steps to act on the thoughts? “N” is for no spouse. Is the patient without a spouse? “S” is for sickness. Does the person have a medical or physical illness? These letters represent 10 areas of assessment. The scoring for this is a follows- 0-2 equals little risk, 3-4 equals following patient closely, 5-6 equals strongly considering hospitalization, and 7-10 equals a very high risk, hospitalize or commit.
L’esordio dell’episodio può essere improvviso oppure graduale. In quest’ultimo caso compaiono sintomi prodromici quali labilità emotiva, astenia, insonnia, cefalea, ridotto interesse sessuale, scarso appetito, difficoltà di concentrazione, diminuzione di interesse nelle normali attività.
Anche la risoluzione può essere brusca e graduale. E’ brusca soprattutto nei disturbi bipolari.
Convulsioni generate dal passaggio di corrente elettrica (circa 100 volts) nel cervello
Sotto anestesia (barbiturico, miorilassante)
2-3 volte la settimana per max 12 volte
Massimo effetto antidepressivo
Effetti collaterali legati all’anestesia e transitoria amnesia anterograda
Quadro clinico speculare a quello della depressione.
Descrizione generale: Aspetto brillante, abbigliamento vivace, trucco pesante, tutto vistoso e disordinato, impressione di ringiovanimento, aumentata energia, iperattività motoria, disinibizione, affaccendamento, agitazione marcata, comportamenti aggressivi se contrastati, comportamenti a rischio, abuso di sostanze. Ridotto bisogno di di sonno e di cibo.
Umore: Umore elevato, stato di esaltazione e di eccitamento, Senso di pienezza e di sintonia con il mondo circostante
Linguaggio: Logorrea
Senso-percezione e contenuto del pensiero: Allucinazioni e idee deliranti con tematiche megalomaniche (se forma psicotica)
Forma del pensiero: accelerazione, fuga delle idee, deragliamento, tangenzialità, distraibilità, illogicità (casi più gravi)
L’esordio brusco è più frequente quando l’episodio è precipitato da eventi stressanti o uso di sostanze stimolanti (amfetamine, cocaina). Nel caso di esordio graduale si hanno sintomi prodromici quali lieve iperattività, ridotto bisogno di sonno, sensazione di energia e benessere, loquacità, coinvolgimento in vari interessi.
L’Ansia è uno stato emotivo spiacevole caratterizzato da sensazione di paura e pericolo imminente che non si sa però definire e che non esiste nella realtà, e nei cui confronti si ha un atteggiamento di attesa. Mentre l’ansia è pertanto la sensazione di paura legata non proporzionata ad un pericolo reale la paura invece si riferisce ad un pericolo reale.
L’ansia si presenta a volte come sensazione psichica, cioè come sentimento; altre volte invece come disturbo fisico. In tale forma può colpire numerosissimi organi o apparati. Così ci possono essere disturbi cardio-vascolari (senso di costrizione o di peso alla ragione cardiaca chiamato anche angoscia o angor, tachicardia, svenimenti); respiratori (difficoltà respiratorie, respiro accelerato, tosse); digestivi (spasmi, nodo alla gola o allo stomaco, singhiozzi, coliche addominali) genito-urinari (dolori, bisogno impellente di urinare); neurologici (cefalea, vertigini, dolori variamente localizzati).
Un attacco di panico è un periodo di paura o disagio intensi, tipicamente con un inizio improvviso e solitamente della durata tra i 2 e gli 8 minuti. La manifestazione è significativamente diversa da quanto avviene negli altri tipi di disturbi di ansia, in quanto gli attacchi sono improvvisi, non sembrano provocati da alcunché e spesso sono debilitanti.
La maggior parte delle persone che ha un attacco, poi ne ha altri in seguito. Se una persona ha attacchi ripetuti, oppure sente una forte ansia riguardo la possibilità di avere un altro attacco, allora si dice che ha un "disturbo da attacchi di panico" o DAP.
I sintomi di un attacco di panico appaiono improvvisamente, senza alcuna causa apparente e includono sintomi psicologici come intensa paura di perdere il controllo o di stare impazzendo, di stare per morire, paura e sensazione di svenire, sensazione di morte imminente.
Dal punto di vista fisico i sintomi e segno comprendono tachicardia, palpitazioni, senso di fiato corto, dolore toracico, sudorazione, vertigini, nausea, dolori al petto, rossore al viso e al petto, brividi, tremori fini o a scatti, sensazione di lingua e bocca asciutta. Infine l’ansia condiziona anche delle risposte comportamentali come quelle di arresto, fuga, evitamento.
Il disturbo di panico può continuare per mesi o anni, a seconda di come e quando si cerca la cura. Se viene lasciato non curato può peggiorare fino al punto in cui la vita della persona è influenzata gravemente dagli attacchi di panico e dai tentavi di evitarli o di nasconderli. Di fatto, molte persone hanno avuto problemi con gli amici e la famiglia o con la perdita del lavoro mentre si affannavano a lottare con il disturbo di panico. Di solito non passa a meno che la persona riceva cure progettate specificatamente per aiutare persone con il disturbo di panico.
Esempio: Dopo i primi palleggi di riscaldamento, ho cominciato a sentire una fitta dolorosa che saliva dal torace e si muoveva lentamente verso la spalla fino ad irradiarsi al braccio. Ho subito pensato a quanto era capitato a mio padre, colpito da infarto acuto del miocardio durante il lavoro. Mi sentivo svenire, avevo la sensazione che il battere del cuore procedesse come un martello pneumatico, che il respiro andasse per conto suo. Mi sono come paralizzato, impossibilitato a chiamare il mio amico. Sudavo copiosamente. Tutto mi girava intorno, o forse ero io a girare intorno alle cose, mi sembrava realmente di impazzire. Fermo con la racchetta in mano, inebetito al centro del campo, valutavo il tempo che mancava al definitivo collasso, alla morte. Ma era come se vivisezionassi tutto ciò; e l'angoscia terribile che mi pervadeva era l'impossibilità di controllare tutto ciò, di poter minimamente intervenire
Esempio: Anna, coniugata, anni 35
“Ogni giorno quando mio marito rientra dal lavoro, lo costringo a svestirsi completamente nell’ingresso per paura che i suoi vestiti possano essere contaminati. Nonostante questo, il pensiero dei germi continua a tormentarmi e sono costretta a lavare e rilavare qualsiasi cosa mio marito abbia toccato”.
Il DPTS (Disturbo Post-Traumatico da Stress) si verifica in seguito all’esposizione ad un evento traumatico di grande portata che implica morte o minaccia di morte o gravi lesioni o minaccia all’integrità fisica propria o altrui, come esperienze di combattimento, catastrofi naturali, aggressioni, stupri, gravi incidenti cui l’individuo risponde con paura intensa, sentimenti di impotenza o di orrore.
L’evento viene rivissuto in modo persistente attraverso ricordi spiacevoli e intrusivi (ad esempio nei bambini attraverso giochi ripetitivi sul tema), sogni spiacevoli, sensazione di rivivere l’evento attraverso illusioni, allucinazioni, flashback dissociativi, disagio intenso di fronte a fattori che simbolizzano o assomigliano all’evento, reattività fisiologica di fronte a fattori che simbolizzano o assomigliano all’evento.
Ne consegue l’evitamento di stimoli come pensieri, sensazioni, conversazioni, attività, luoghi e persone che possano ricordare l’evento e un’attenuazione della reattività generale con riduzione dell’interesse e della partecipazione, sentimenti di distacco ed estraneità, riduzione dell’affettività, diminuzione delle aspettative future.
D’altra parte si assiste a un aumento della reattività (arousal) che si manifesta con difficoltà ad addormentarsi o a mantenere il sonno, irritabilità e scoppi di collera, difficoltà di concentrazione, ipervigilanza, esagerate risposte di allarme.
Esempio: Da qualche settimana, Anna lamentava di sentirsi tesa, irritabile ed apprensiva. Si svegliava ogni mattina con la sensazione che stesse per accadere qualcosa di terribile. Questo timore si protraeva per tutta la mattina, accompagnato da sensazioni corporee come tremori, nausea, palpitazioni e dispnea. Si sforzava di capire la fonte della sua preoccupazione, senza trovarla. Ciò le determinava ulteriore disagio.
Distingueva chiaramente quest’ansia quotidiana dalla paura che aveva provato in altre occasioni, come quando si era imbattuta in un serpente in campagna. La reazione era stata improvvisa, intensa e focalizzata, ma era diminuita rapidamente quando il serpente era scomparso. Aveva avuto sensazioni corporee, una rapida accelerazione del battito cardiaco, tremore e sudorazione. Ma aveva riconosciuto la fonte della minaccia e il disagio era passato in breve tempo.
Fino a tempi recenti la risposta terapeutica ai disturbi d’ansia era la prescrizione di benzodiazepine. In alternativa a questi farmaci, che danno tolleranza e dipendenza, come alternativa sono consigliati gli antidepressivi e i trattamenti psicoterapeutici, sopratutto la terapia cognitivo-comportamentale.
Nella cultura occidentale le prime descrizioni cliniche di anomalie dell’alimentazione risalgono a più di 2000 anni fa. Alcune sante cristiane avevano un comportamento simile alle anoressiche.
Anche gli attacchi di fame e di voracità insaziabile sono presenti nella letteratura greca ed ebraica
I DCA sono aumentati negli ultimi 20 anni nelle donne tra i 15 e i 25 anni.
Sono prevalenti nei paesi sviluppati e industrializzati, mentre sono poco comuni al di fuori del mondo occidentale e nelle regioni meno ricche
La restrizione alimentare riguarda prevalentemente i cibi ricchi di lipidi e i carboidrati, che vengono eliminati progressivamente dalla dieta e sostituiti con frutta e verdura o fibre e integratori vitaminici nella convinzione di voler dimagrire mantenendosi in buone condizioni di salute
Spesso le pazienti iniziano a controllare e a sovraintendere chi cucina per la paura che ci siano eccessivi condimenti o che non vengano rispettate le quantità prescritte e rapidamente arrivano a rifiutare qualsiasi cosa che non sia preparata da loro stesse.
Il pasto comincia a diventare motivo di ansia e iniziano a procrastinare il momento di sedersi a tavola fino a sovvertire completamente l’orario dei pasti
Se costretta a mangiare riduce il cibo in elementi piccolissimi e li sparpaglia nel piatto, giocherellandoci anche per ore
Alla restrizione alimentare le pazienti associano attività fisica aerobica di cu iniziano ad incrementare frequenza e durata, assumendo caratteristiche compulsive e iniziano a ragionare per:
crediti = ad una determinata attività fisica corrisponde la possibilità di concedersi del cibo
debiti = ad un intemperanza alimentare deve corrispondere una determinata quantità di esercizio
L’esercizio fisico è motivato a volte più che dal desiderio di dimagrire, dalla sensazione di essere flaccide e di dover rassodare i muscoli
L’esordio dell’episodio può essere improvviso oppure graduale. In quest’ultimo caso compaiono sintomi prodromici quali labilità emotiva, astenia, insonnia, cefalea, ridotto interesse sessuale, scarso appetito, difficoltà di concentrazione, diminuzione di interesse nelle normali attività.
Anche la risoluzione può essere brusca e graduale. E’ brusca soprattutto nei disturbi bipolari.
La caratteristica principale che distingue la bulimia nervosa dall’anoressia nervosa è costituita dal fatto che i tentativi di restrizione calorica sono costellati da episodi ripetuti di abbuffate, in cui la quantità di cibo consumata varia ma tipicamente si aggira sulle 1000- 2000 kcal.
Il più delle volte l’abbuffata è seguito condotte compensatorie, costituite da episodi di vomito auto-indotto o da abuso di lassativi.
La combinazione di sotto-alimentazione e binge eating si traduce in peso corporeo generalmente non eccessivamente basso né alto, determinando l’ ovvia differenza rispetto l’anoressia nervosa.
In tale quadro è presente una sovrastima di forma e peso corporeo, in cui il proprio valore è giudicato largamente, o addirittura esclusivamente in termini di forma e peso corporeo
Ad oggi, in Italia e Grecia 23% di anziani.
2020: i paesi “più vecchi” saranno Giappone (31%), Italia e Grecia e Svizzera (28%) e la pecentuale di "oldest old" (80 anni e più) sarà il 22% in Italia e in Grecia
La Demenza deve essere distinta dal normale declino delle funzioni cognitive che si verifica con l’invecchiamento (come nel Declino Cognitivo Correlato all’Età). La diagnosi di demenza è giustificata solo se vi sono segni dimostrabili di un deficit cognitivo e di memoria maggiore di quello che sarebbe prevedibile in conseguenza dei normali processi di invecchiamento e se i sintomi causano una menomazione del funzionamento sociale o lavorativo.
La prevalenza della demenza è particolarmente elevata nell’anziano, passando da 2-3% nei soggetti di 65-70 anni ad oltre il 20% dopo gli 90 anni.
Il rilievo di un progressivo invecchiamento della popolazione dei paesi industrializzati fa prevedere un significativo aumento dei soggetti affetti da demenza nei prossimi anni (tanto da far coniare il termine di “epidemia silenti degli anni futuri”): infatti l’età avanzata rappresenta il principale fattore di rischio per la maggioranza delle malattie dementigene.
Questo fenomeno appare di particolare rilevanza sotto il profilo socio-sanitario, in ragione dell’enorme impatto assistenziale e del conseguente onere economico legato a questa patologia.
A tal proposito, si stima che vi siano in Italia 500.000 anziani affetti da demenza, il cui costo sociale è dell’ordine di circa settemila miliardi all’anno.
La demenza, secondo i criteri proposti dall’American Psychiatric Association (APA) nel DMS IV, è condizione caratterizzata da una compromissione preminente e precoce della memoria e da alterazioni di almeno una delle altre funzioni corticali superiori (afasia, aprassia, agnosia, incapacità di astrazione e programmazione), di entità tale da compromettere le usuali attività lavorative e sociali del paziente. Tali sintomi cognitivi determinano una menomazione del funzionamento e un deterioramento rispetto ad un precedente livello di funzionamento
A tali sintomi, che costituiscono gli elementi diagnostici essenziali, possono associarsi altri disturbi cognitivi (deficit dell’orientamento visuo-spaziale, difficoltà nella lettura o nella scrittura, ridotta capacità di giudizio), del comportamento (disinibizione, aggressività, apatia, ecc.), alterazioni del tono dell’umore (ansia, depressione) e del sonno.
Sulla base delle attuali conoscenze, si possono distinguere due gruppi principali: le demenze primarie (o primitivamente degenerative) e le demenze secondarie (a fattori etiopatogenetici noti).
Il quadro anatomo-patologico della malattia di Alzheimer è caratterizzato dalle seguenti alterazioni:
Perdita di neuroni, che inizia in corrispondenza della regione dell’ippocampo, per estendersi successivamente alle regioni parieto-temporali, frontali e quindi a tutte le strutture encefaliche. Tale perdita di neuroni si evidenzia, all’esame macroscopico dell’encefalo, sottoforma di atrofia cerebrale, con appiattimento delle circonvoluzioni e perdita di profondità delle scissure.
Atrofia dei neuroni residui, con fenomeni degenerativi a carico del corpo cellulare, sfoltimento delle ramificazioni e delle spine dendritiche e conseguente decremento del numero delle sinapsi.
Aumento della componente gliale.
Presenza di placche senili, formazioni caratterizzate da un nucleo centrale di sostanza beta-amiloide con all’esterno neuroni degenerati e mantello di cellule gliali reattive
Presenza di gomitoli neurofibrillari: formazioni intracellulari, costituite da filamenti di neurotubulina avvolti a spirale che alterano la morfologia cellulare determinando alla fine la morte delle cellule.
In particolare nelle persone anziane è spesso difficile determinare se i sintomi cognitivi sono meglio giustificati da una demenza o da un Episodio Depressivo Maggiore che può essere associato a sintomi di deficit della memoria, a difficoltà di pensiero e di concentrazione, e a una complessiva riduzione delle facoltà intellettive, quindi con sintomi sovrapponibili a quelli della demenza.
La diagnosi differenziale può essere particolarmente ardua. I soggetti a volte dimostrano bassi livelli di prestazione ai tests neuropsicologici e agli esami dello stato mentale. Essa si basa su un’accurata anamnesi (precedenti episodi depressivi, lutti recenti) ed un attento rilievo di eventuali segni indicativi di uno stato depressivo (sentimenti di tristezza e di inadeguatezza, disturbi del sonno, diminuzione dell’appetito, perdita di interessi, agitazione, apatia, irritabilità).
La Reality Orientation Theraphy (R.O.T.) si basa fondamentalmente sull’assunto che le funzioni neuropsicologiche nel demente non siano totalmente compromesse e che, quindi, esista la possibilità di stabilire un contatto per riattivare le capacità residue, ricostruendo un rapporto più coerente con la realtà quotidiana.
Questa terapia agirebbe in primo luogo sul piano neuropsicologico, attivando funzioni scarsamente utilizzate, allo scopo di compensare parzialmente quelle compromesse, e fornirebbe inoltre un supporto psicologico, che si crea grazie alle interazioni positive che il modello di socializzazione creato induce.
Consiste in esercizi di stimolazione cognitiva e psico-sensoriale ed in tecniche di memorizzazione e di apprendimento.
La realizzazione di questo tipo di terapia è molto semplice, non comporta costi o problemi particolari e può quindi essere proposta in strutture chiuse od aperte che ospitino anziani dementi o confusi.
Sulla famiglia ricade infatti l’80% dell’onere assistenziale.
La letteratura in campo gerontologico ha già da tempo focalizzato l’attenzione su questa problematica, rilevando quali sono i motivi più frequentemente causa di stress in chi assiste un paziente demente:
la fatica fisica (per l’impegno di cura e di attenzione da prestare costantemente e senza pause nell’arco della giornata);
l’isolamento sociale (per mancanza di tempo, energie, interesse alle relazioni sociali);
i problemi finanziari e legali;
le modificazioni nell’ambito relazionale della famiglia.
Questo insieme di fattori, unito alla consapevolezza dell’inutilità dei propri sforzi per l’andamento progressivo ed ineluttabile della malattia, comporta nei familiari conseguenze di ordine clinico, con sintomi di depressione, aumento del consumo di psicofarmaci, incremento dell’incidenza delle patologie psichiatriche e di patologie somatiche.
E’ opportuno sottolineare che queste conseguenze colpiscono principalmente il “caregiver” primario, cioè la persona a cui spetta la maggior parte dell’onere assistenziale; tale persona, nella maggioranza dei casi, è una donna, per lo più anziana (coniuge o figlia).
Si viene pertanto a delineare una vera e propria “patologia della famiglia” che sperimenta nel tempo varie fasi di adattamento, che vanno dalla negazione, al coinvolgimento eccessivo, alla collera, alla colpa, all’accettazione.
E’ pertanto necessario fornire ai congiunti del paziente consigli e chiarimenti sulla malattia e sulle procedure da adottare. Tra questi:
la malattia di Alzheimer dà diritto ad una pensione di invalidità civile al 100% ed all’assegno di accompagnamento;
il paziente non è pericoloso eccetto che per dimenticanze (fughe di gas, medicine, disorientamento, ecc.);
esistono sistemi di protezione e semplici accorgimenti per ovviare ai problemi di più frequente evenienza (manopole di sicurezza per le cucine a gas, chiusure di difficile uso per porte e finestre se il paziente tende al vagabondaggio, medagliette di identificazione con indirizzo e numero di telefono se è disorientato nello spazio, abitudine a lasciare la luce accesa nel bagno se la notte non è in grado di ritrovarlo, ecc.);
il paziente non è rieducabile: è inutile rimproverarlo se sbaglia, perché in ogni caso non riuscirà a memorizzare il rimprovero;
è utile parlare al paziente sempre chiaramente e semplicemente, utilizzando anche gesti per favorire la comunicazione, senza perdere la pazienza se esso ripete in continuazione le stesse cose;
adottare un atteggiamento disteso, frenando l’impetuosità, che favorisce l’agitazione, ed anzi incoraggiando, sorridendo, facendo si che il linguaggio del corpo rifletta la sincerità dall’approccio;
prevenire i bisogni, evitare esplicite affermazioni di rifiuto, non mettere il demente a rischio di insuccesso, evitare di comunicare le cattive notizie;
poiché spesso, a fronte di una chiara incapacità a memorizzare gli eventi recenti, permane un certo ricordo degli eventi passati, può essere utile occupare il paziente in attività che utilizzino le capacità mnesiche residue (guardare album di vecchie fotografie, ascoltare canzoni legate a ricordi antichi, ecc.);
evitare che i congiunti tendano a segregare il paziente in casa, vergognandosi della sua malattia; di fronte a tale atteggiamento andrà ribadita la necessità di farlo uscire regolarmente, ovviamente non da solo (ciò preserverà in qualche modo l’orientamento nelle stagioni e renderà più difficile l’istituirsi delle alterazioni del ritmo sonno/veglia). In alcuni casi potrà essere utile contattare i vicini, ai quali andrà spiegato che la malattia non è contagiosa, né il malato pericoloso;
è necessario ricordare al paziente che deve assolvere alla propria cura personale quotidiana: lavarsi (per ragioni di sicurezza è meglio sorvegliarlo quando si fa la barba o il bagno), cambiarsi gli abiti e vestirsi (per ovviare ai frequenti disturbi prassici può essere utile semplificare al massimo l’abbigliamento: scarpe senza lacci, sostituzione di bottoni e chiusura lampo con strisce di velcro, ecc.).
è utile consiglirare ai carers di rivolgersi ad organizzazioni “supportive”, ed inviare i pazienti con demenza per brevi-medi periodi in strutture di day hospital/degenza in modo da fornire sollievo ai carers, anche se questo non sembra influire sul loro “wellbeing”
Subentra tuttavia, ad un certo punto, quasi immancabilmente se la malattia si protrae molto a lungo, la crisi del caregiver. Essa non appare tanto legata alle espressioni cliniche dalla malattia (gravità delle condizioni cognitive, disturbi comportamentali, atteggiamenti aggressivi, incontinenza urinaria, perdita completa della autosufficienza, ecc.) quanto alla incapacità, avvertita da parte del caregiver, di continuare la sua funzione.
Egli si sente sopraffatto dalla situazione, che sembra sfuggirgli di mano; ha l’impressione di perdere il controllo sul comportamento del paziente e, soprattutto, sulle sue stesse reazioni emotive, arrivando in questo modo ad un punto di rottura.
La “tenuta” del caregiver d’altra parte varia da soggetto a soggetto e dipende da numerosi fattori;: dalla età, dalle condizioni di salute e di resistenza fisica, dalle motivazioni psicologiche e dalle relazioni interpersonali preesistenti alla malattia, dalle convinzioni morali e religiose, dalle abitudini di vita, dalle condizioni economiche, dalle aspettative individuali, ecc. ecc..
Con il DSM l’espressione Ritardo Mentale ha sostituito tutta la terminologia precedente con cui ci si riferisse a un difetto dell’intelligenza dipendente da un insufficiente sviluppo o da un rallentamento delle capacità intellettive per cause prenatali, perinatali o postnatali.
Si fa diagnosi di ritardo mentale qualora un soggetto presenti un funzionamento intellettivo significativamente al di sotto della media con concomitanti deficit del comportamento adattivo attuale in importanti aree della vita personale e di relazione, tra cui comunicazione, cura della persona, vita in famiglia, capacità sociali/interpersonali, uso delle risorse della comunità, autodeterminazione, capacità di funzionamento scolastico, lavoro, tempo libero, salute, e sicurezza insorto prima dei 18 anni di età.
Nella classificazione attuale del DSM-IV il Ritardo Mentale è classificato nell’ambito dei Disturbi Solitamente Diagnosticati per la Prima Volta nell’Infanzia, nella Fanciullezza o nell’Adolescenza DSM-IV e viene inserito tra i disturbi dell’Asse II, con una connotazione quindi più generale di disturbo cognitivo del soggetto piuttosto che di precisa sindrome e permettendo una co-diagnosi con i disturbi dell’Asse I.
Il DSM-IV affianca, a questi requisiti, la possibilità di rilevare “manifestazioni e disturbi associati” che comprendono quei disturbi internistici e neurologici che la malattia responsabile del ritardo mentale eventualmente comporta e una serie di sintomi comportamentali.
Il funzionamento intellettivo generale è definito dal quoziente di intelligenza (QI o equivalenti del QI) ottenuto tramite la valutazione con uno o più test di intelligenza standardizzati somministrati individualmente (per es., la Scala di Intelligenza Wechsler per i Bambini).
I soggetti con Ritardo Mentale giungono all’osservazione più per le compromissioni del funzionamento adattivo che per il QI basso. Il funzionamento adattivo fa riferimento all’efficacia con cui i soggetti fanno fronte alle esigenze comuni della vita e al grado di adeguamento agli standard di autonomia personale previsti per la loro particolare fascia di età, retroterra socioculturale e contesto ambientale. Il funzionamento adattivo può essere influenzato da vari fattori, che includono l’istruzione, la motivazione, le caratteristiche di personalità, le prospettive sociali e professionali, e i disturbi mentali e le condizioni mediche generali che possono coesistere col Ritardo Mentale. I problemi di adattamento sono più suscettibili di miglioramento con tentativi di riabilitazione di quanto non sia il QI cognitivo, che tende a rimanere un attributo più stabile.
È utile evidenziare i deficit del funzionamento adattivo da una o più fonti indipendenti affidabili (per es. valutazione da parte degli insegnanti e storia scolastica, dello sviluppo e medica). Sono state predisposte anche diverse scale per misurare il funzionamento o il comportamento adattivo.
Il ritardo mentale presenta molte etiologie tra loro diverse e può essere visto come il risultato finale comune di vari processi patologici che alterano il funzionamento del sistema nervoso centrale. I fattori etiologici possono essere primariamente biologici o primariamente psicosociali, o una combinazione di entrambi. In circa il 30-40% dei soggetti giunti all’osservazione clinica, non può essere determinata un’etiologia chiara per il Ritardo Mentale nonostante gli intensi sforzi diagnostici.
Più probabilmente, vanno identificate delle eziologie specifiche per individui con Grave o Gravissimo Ritardo Mentale.
I principali fattori predisponenti includono:
•ereditarietà: questi fattori includono errori congeniti del metabolismo trasmessi soprattutto per via autosomica recessiva (per es., malattia di Tay-Sachs), altre anomalie di un singolo gene a trasmissione mendeliana e ad espressività variabile (per es. sclerosi tuberosa), e aberrazioni cromosomiche (sindrome di Down dovuta a traslocazione, sindrome dell’X fragile);
•alterazioni precoci dello sviluppo embrionale: questi fattori includono mutazioni cromosomiche (per es., sindrome di Down dovuta a trisomia 21) o danni prenatali dovuti a sostanze tossiche (per es., uso di alcool da parte della madre, infezioni);
•influenze ambientali: tra cui mancanza di accudimento e di stimolazioni sociali, verbali e di altre stimolazioni;
•disturbi mentali: tra cu il Disturbo Autistico e altri Disturbi Pervasivi dello Sviluppo;
•problemi durante la gravidanza e nel periodo perinatale: questi fattori includono la malnutrizione del feto, la prematurità, l’ipossia, infezioni virali o altre infezioni e traumi;
•condizioni mediche generali acquisite durante l’infanzia o la fanciullezza: questi fattori includono infezioni, traumi e avvelenamenti (per es., da piombo).
Si può procedere in tre modi, spesso tra loro complementari:
- trattare l’eventuale disturbo psichiatrico
- ridurre gli stress ambientali
- applicare modificazione dei comportamenti in collaborazione con esperti di tecniche comportamentali e di ritardo mentale.
Intervento sugli antecedenti del comportamento problematico: focalizzati sulla la modificazione delle condizioni che favoriscono il manifestarsi del comportamento problematico.
Intervento sulle conseguenze del comportamento problematico: è preferibile agire individuando premi graditi dalla persona da dare dopo i comportamenti desiderabili piuttosto che punizioni da far seguire ai comportamenti indesiderabili.
Per quanto riguarda gli psciofarmaci una prescrizione appropriata deve fondarsi su:
valutazione attenta dei fattori che contribuiscono al verificarsi o all’aggravarsi dei problemi comportamentali;
cautela, data la maggiore frequenza di risposte idiosincrasiche e il rischio più elevato di effetti collaterali;
associazione con altre forme di intervento, come quelle di tipo comportamentale e di modificazione ambientale.
In particolare la cautela nell’utilizzo di psicofarmaci, e soprattutto di antipsicotici, è giustificata dalla maggiore facilità con cui le persone affette da ritardo mentale sviluppano effetti collaterali e quindi hanno un rischio più elevato di discinesia tardiva, di acatisia e di distonie acute.
Nel DSM IV TR si parla di DISTURBI SOMATOFORMI, caratterizzati da SINTOMI FISICI alla base dei quali non è possibile identificare ALTERAZIONI SOMATICHE e non riconducibili ad alcun meccanismo fisiopatologico conosciuto.
Sono considerati disturbi psichiatrici poiché i sintomi fisici sono associati a:
- disagio psicologico
- manifestazioni affettive e cognitive
I sintomi fisici non sono prodotti intenzionalmente dal paziente (come nei disturbi fittizi), che non è in grado di controllarli volontariamente.
Forma multisintomatica cronica
Sintomi soggettivi non verificabili (parestesia) oppure aspecifici e dallo scarso valore diagnostico (vertigini, nausea, stanchezza, dolore, palpitazioni)
Sintomi verificabili ma esagerati e vissuti in modo patologico (ematuria)
Descrizione dei sintomi vaga, imprecisa, disorganizzata, disordine cronologico, ricca di dettagli insignificanti, spesso non riescono a rispondere a inchiesta medica
Cartella clinica infinita, conservata con cura e presentata con orgoglio
Negazione del disagio psicologico ma spesso sono presenti sintomi depressivi o d’ansia
Si può associare a sintomi ansioso depressivi (reattivi)
Tratti di personalità: istrionico, narcisistico, ansioso e dipendente
Pericolo di abuso di sostanze (tranquillanti, analgesici)
Le cure mediche sono solo parzialmente efficaci
Forti preoccupazioni incentrate sulle malattie (a volte una specifica malattia o uno specifico organo), sul senso di vulnerabilità del proprio corpo, sulla disabilità e sulla morte
Continua attenzione sulle funzioni fisiologiche (battito cardiaco), su sintomi aspecifici (tosse) oppure su sensazioni vaghe (formicolii) o diffuse (stanchezza)
Esami diagnostici negativi e il giudizio clinico da parte del medico non modificano le convinzioni dei pazienti che finiscono per deteriorare le loro relazioni con i curanti e a cercare altri medici.
Improvvisa e temporanea perdita di funzioni senso-motorie, irrispettosa della distribuzione anatomica delle vie nervose
Disestesia, anestesia, analgesia
Paralisi, atonia, disfagia, afonia
Diplopia, cecità, sordità
Vertigini, disturbi dell’equilibrioCrisi epilettiche, perdite di coscienza
Esclusione di cause organiche
Presenza di conflitto psicologico, situazione emotiva stressante
Stile teatrale, drammatico, seduttivo, molto suggestionabile
Attenzioni, manipolazione dell’ambiente
Discrepanza fra sintomi e comportamento (“belle indifferance”)
Decorso imprevedibile
Disturbo cronico con ricadute
Le sostanze inducono sensazioni piacevoli e/o di rilassamento
Sintomi cognitivi, comportamentali e fisici
Comportamenti compulsivi di ricerca ed assunzione di sostanze con perdita di considerevole tempo e riduzione di importanti attività sociali, lavorative e ricreative a causa dell’uso delle sostanze
Comportamenti persistenti nonostante conseguenze negative e gravi, tentativi falliti di controllare l’uso o sospendere
Modificazioni adattative a livello del SNC
I primi sintomi di intossicazione acuta da etanolo nell'uomo sono un eloquio indistinto, incoordinazione muscolare motoria, aumentata fiducia in se stessi ed euforia. La maggior parte dei soggetti sono rumorosi ed estroversi, mentre altri diventano più chiusi e solitari: comunque l'umore rimane labile, con atteggiamenti alternati di aggressività, sottomissione, euforia, malinconia.
La dose tossica di etanolo dipende da individuo a individuo, per età, sesso, popolazione, alimentazione, malattie, assuefazione.
Il Delirium Tremens inizia con segni premonitori quali insonnia, sogni terrificanti, malumori immotivati, irrequietezza psicomotoria.
Il quadro clinico conclamato generalmente esplode di notte in modo acuto.
La sintomatologia è dominata da un disturbo di coscienza e da disorientamento rispetto all’ambiente.
Tipiche sono le microzoopsie, in cui compaiono allucinazioni di animali di piccole dimensioni che il paziente vede sulla superficie corporea.
Il delirio professionale si caratterizza per gesti e comportamenti che rieccheggiano quelli consueti della vita quotidiana e del lavoro.
Dal punto di vista somatico oltre al tremore a scosse ampie si rilevano sudorazione profusa ed ipertermia.
L’intervento terapeutico si basa su interventi di tipo farmacologico
Una (Withdrawal syndrome) può verificarsi dopo appena tre settimane di uso continuativo
Tale manifestazione colpisce circa un terzo di coloro che ne fanno un utilizzo abituale
La sindrome da astinenza si caratterizza per: aumentata ansia, ipersensibilità alla luce ed ai rumori, occasionali convulsioni, allucinazioni e confusione mentale.
A seconda dell’emivita del farmaco i sintomi iniziano da 1 a 5 giorni dopo l’ ultima dose assunta, hanno un culmine dopo 10 giorni e scompaiono dopo una sei settimane.
L'eroina inoltre viene talvolta fumata o sniffata.
Il cocktail di eroina e cocaina viene comunemente chiamata "speedball".
ansia, depressione
ansia, depressione
ansia, depressione
La maggior parte delle persone non si comporta in modo aggressivo senza farlo capire. Se si è in grado di riconoscere in tempo i segnali di atto aggressivo imminente si può aiutare la persona a calmarsi e ad affrontare il problema. Per giudicare la probabilità di un atto aggressivo occorre avere presenti i fattori di rischio ed avere presente se la persona in questione:
- è ubriaca o sotto l’effetto di droghe eccitanti (cocaina, ecstasy);
- porta un bastone o un’arma;
- continua a passeggiare su e giù, batte i piedi, si alza;
- sembra tesa e rancorosa;
- parla a voce alta, minaccia, insulta, fa commenti sarcastici, impreca;
- stringe i pugni;
- guarda fisso;
si rifiuta di parlare
- non fare aspettare troppo una persona potenzialmente violenta; se si prevede un ritardo informarla, scusarsi e offrire qualcosa;
- tenersi a buona distanza dalla persona
- cercare di sembrare calmi e amichevoli
- adottare una posizione del corpo passiva, non minacciosa (mani ai lati del corpo, non guardarlo fisso negli occhi), non stare in piedi se la persona è seduta, perchè si potrebbe apparire minacciosi
- non sfidare o minacciare la persona
- non girare le spalle alla persona
- se la persona è armata non cercare di disarmarla ma allontanarsi, chiamare subito la polizia, allontanarsi anche quando si sospetta che la persona abbia un’arma anche se non è visibile e informare subito i colleghi
- se sembra che la persona si sia calamata un po’ si può chiedere di mettere giù l’arma; se la depone non cercare di afferrarla
- ribadire il proprio ruolo e dichiarare con convinzione di essere disposti a fare tutto il possibile per essere d’aiuto
- qualche volta una persona è spaventata perchè si trova in un ambiente sconsciuto e la paura può portare alla violenza: spiegare con pazienza dove si trova, lo scopo del centro di salute mentale, dell’ambulatorio o del reparto, il nome e il ruolo dei clinici presenti, portare sempre un cartellino di identificazione ben leggibile
- lasciare parlare la persona e chiederle di parlare di cosa prova e dei motivi per cui lo prova. Dire ad esempio: “Mi sembra molto nervoso (o arrabbiato). Se mi dice perchè si sente così forse potrò esserle d’aiuto” o anche “Mi sembra che lei stia molto male per qualcosa. Mi può dire di cosa si tratta?”. Dichiarare che il suo atteggiamento è comprensibile alla luce delle sue esperienze.
- chiedere di essere messo in condizioni di essere d’aiuto. Ad esempio dire “Vorrei aiutarla ma non posso farlo se lei continua a gridare. Cerchi di parlare con calma”.
Che cosa fare fare in caso di pericolo di atto aggressivo:
- una delle strategie raccomandate è quella del time-out, che consiste nel convincere la persona ad andare per 5-10 muniti in un posto tranquillo o fare una passeggiata per calmarsi. Il time out-si propone 2 obiettivi: prevenire o interrompere quanto prima il comportamento violento e aiutare la persona a raggiungere una certa capacità di auto-disciplina. Se il time-out non funziona bisogna fare tutto il possibile per proteggere sè stessi, i colleghi e gli altri pazienti e in ultimo le proprietà.
Indicazioni terapeutiche in psichiatria
Antipsicotici
schizofrenia (fasi acute e prevenzione delle recidive) e altri disturbi psicotici;
disturbi schizoaffettivi
mania
depressione maggiore con manifestazioni psicotiche;
sindromi organiche cerebrali con manifestazioni psicotiche;
Antidepressivi
Depressione
Area ansioso-depressiva: disturbo da attacchi di panico, disturbo da ansia generalizzata, disturbo ossessivo compulsivo
Ansiolitici
controllo acuto dell’ansia (ma l’azione ansiolitica si attenua con l’uso continuativo)
controllo dei sintomi di astinenza da alcol
stato psicotico acuto (come trattamento complementare agli antipsicotici)
Stabilizzanti
episodio maniacale e prevenzione recidive
COSA E’ LA PSICOTERAPIA?
= un genere di INTERVENTO TERAPEUTICO su base PSICOLOGICA e RELAZIONALE il cui obiettivo consiste nell’ attenuare o eliminare:
- una SINDROME CLINICA di tipo PSICOPATOLOGICO
- un DISTURBO dello SVILUPPO
- un DISTURBO di PERSONALITA’
che sono causa di DISAGIO e SOFFERENZA e che difficilmente possono MODIFICARSI AUTONOMAMENTE
Il fine ultimo è il MIGLIORARE le CONDIZIONI di VITA del PAZIENTE in modo che possa condurre un ESISTENZA SODDISFACENTE nel contesto ambientale in cui vive.
COME FUNZIONA LA PSICOTERAPIA?
Attraverso la COMUNICAZIONE, per lo più di tipo verbale (ma non solo), la quale comunicazione viene affidata ad esperti formati attraverso specifici training