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«Perdona, aquel diario italiano sobre la mesa es tuyo? Es de
hoy, no?»
Celestino ha quasi terminato il suo cappuccio con molta
schiuma, che dopo mesi di pazienti insegnamenti al proprieta-
rio del Café Maite, dove fa colazione ogni mattina, ha final-
mente ottenuto come voleva, quando sente una voce alle spal-
le. A fargli la domanda in perfetto spagnolo, mostrandogli con
la mano un mucchio di giornali accatastati sul tavolino, è una
bella ragazza bionda, alta, sui trent’anni. Con lei un’amica,
bruna, più minuta, decisamente meno attraente. Dalle valigie
che hanno accanto e da come sono vestite sembrerebbero due
delle tante turiste che ogni giorno arrivano alle Canarie da
mezza Europa. Prima di risponderle, Celestino riflette qual-
che secondo, cercando di capire il senso della domanda per
poi mettere insieme una frase che abbia un significato, in una
lingua che mastica ancora a fatica: «No comprendo: diario? No
esta ningún diario».
La frase gli esce però forzata, balbettante, e lui se ne ac-
corge da subito.
«Diario, papel, periódico... como los que están...» dice la
ragazza, indicandogli i giornali. Poi, dopo aver atteso qual-
che attimo, sorridendo gli si avvicina.
«Italiano, mi sembra, o sbaglio?»
«Be’ sì, perché si vede?» risponde l’uomo.
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«Più che altro... si capisce.»
«Dall’accento?» la butta lì Celestino cercando di togliersi
dall’imbarazzo.
«Be’ non lo so, magari anche, o forse sono stati i giornali
italiani vicino a lei.»
«Ah, ecco, lo sapevo. Certe parole non riesco proprio a
comprenderle, non c’è niente da fare. Avrei dovuto ricordar-
mi il significato di “diario” in spagnolo. A una certa età, la
mente non è più flessibile come una volta. Sa, ormai, mia
bella signorina, vado per i settanta. Comunque no, quello
non è mio, qualcuno lo ha lasciato lì da prima.»
«Settanta! No, dai, non lo dica neanche per scherzo, non
li dimostra davvero, li porta da dio! Comunque le spiace al-
lora se gli do un’occhiata?»
«No, no, si figuri, è tutto suo.»
«Ma non è di oggi» esclama la ragazza dopo aver comin-
ciato a sfogliarlo «è addirittura di tre giorni fa...»
«Capita, qui a Costa Teguise i giornali non arrivano mai
lo stesso giorno come sulle isole principali, ma sempre quel-
lo seguente, se non quello dopo ancora. Tanto oramai c’è
tutto su internet...»
«Infatti, ma è tanto per passare un po’ il tempo, devo
aspettare.»
Facendo segno all’altra di avvicinarsi, la ragazza si siede al
tavolo vicino a quello di Celestino, ordinando un “café cor-
tado, frío”.
«Piacere, io comunque sono Lola» si presenta «lei invece
è Michaela, la mia compagna.»
Dopo un attimo di esitazione cercando di capire come
interpretare quello che ha appena sentito, Celestino si pre-
senta a sua volta con una specie di baciamano.
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«Piacere mio, Lola e Michaela. Benvenute nel mio e ora
vostro piccolo paradiso.»
«Grazie Celestino» riprende Lola «ma sarei io a dover fa-
re gli onori di casa.»
«In che senso?»
«Nel senso che io sono di qui, una guanche.»
«Mi perdoni signorina, una che?»
«Guanche, un’originaria delle Canarie. La mia famiglia
vive qui da sempre... Michaela invece è italiana, anzi milane-
se doc...»
«Oh bella! Ma lei così alta, bionda e con gli occhi chiari,
non mi sembra proprio una locale. Piuttosto svizzera, au-
striaca o al massimo del Nord Italia.»
«E invece, da queste parti, siamo in tanti così, un po’ la
copia in negativo degli altri spagnoli, l’avrò spiegato mille
volte, da quando sono bambina... È sempre la stessa storia.»
«Signorina, ma allora se lei è di qui, che cosa ci fa alle
dieci del mattino in un bar con le valigie, come una turista?»
«Sto aspettando che mia madre si svegli o che in qualche
modo risponda al cellulare, per poter andare a casa. Sapeva
che dovevo arrivare, anche se forse non era poi così contenta
di rivedermi...»
Celestino, di natura timido e riservato, non sa se prose-
guire nella conversazione, cercando di capire meglio la situa-
zione, o glissare sull’argomento e tornare verso il residence
dove Piera, sua moglie, lo sta aspettando per iniziare la loro
passeggiata giornaliera.
«Mi scusi se forse sono ancora indiscreto, ma perché sua
madre non dovrebbe essere felice di ritrovare sua figlia? Da
quanto tempo non vi vedete?»
«Saranno sei mesi, giorno più giorno meno. Comunque
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non è indiscreto, anche perché sono stata io a raccontarle i
fatti miei. Mia madre non vuole accettare il fatto che io e
Michaela stiamo insieme e che siamo tornate in Spagna per
sposarci. E me lo sta facendo pesare in ogni modo. Secon-
do lei, non sa che siamo arrivate? Guardi, venga con me»
gli fa prendendolo per mano e indicando una palazzina al
di là della piazza «la vede quella finestra? Quella è casa sua,
cioè nostra, da lì ci ha sicuramente viste, ma non ha il co-
raggio di affrontare la realtà.»
«Amore, direi che basta così» interviene Michaela «non
mi sembra il caso di raccontare a chiunque i nostri problemi.
Dai, lascia stare e vieni fuori con me che ci facciamo due tiri,
oggi non abbiamo ancora fumato e ne ho bisogno, con tutta
la tensione che c’è nell’aria.»
«D’accordo Micky arrivo, mi scusi Celestino. Ha ragione
lei. Io, delle due, sono quella che parla sempre, Michaela in-
vece è un po’ l’uomo della coppia, quella meno social ma che
pensa spesso per due.»
Celestino annuisce, dimostrando di aver capito la situa-
zione.
Lola, sorridendo, si sta per alzare e uscire dal locale quan-
do Michaela le mostra una pagina del Corriere.
«A proposito di erba e di fumo, guarda qua, questo arti-
colo, sembra che racconti la stessa storia dell’anno scorso,
quando improvvisamente a Milano non c’era più niente in
giro da fumare. Te lo ricordi? Non si trovava la maria nean-
che a piangere e nemmeno un pezzetto di fumo, solo por-
cherie a prezzi altissimi.»
Lola le si avvicina incuriosita.
«Adesso, scrivono che c’è lo stesso “problema”, dopo che
la polizia ha sequestrato in un box di zona Magenta decine
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di chili di erba, ancora tutta da “preparare”. Si è ribloccato il
sistema. Hanno anche arrestato due marocchini che gestiva-
no tutto.»
Anche Lola si mette a leggere l’articolo che domina la pri-
ma pagina della cronaca locale, interamente dedicato a come
Milano sia oramai diventata, dopo Amsterdam e Londra, la
terza piazza europea per il consumo di droghe.
«Mi ricordo eccome, eravamo tutti schizzati come dei ter-
gicristalli, non arrivava mai niente di decente, ci fumavamo
persino la... camomilla in quei giorni. Poi, come per miraco-
lo, sono apparsi dal nulla quei due pensionati e tutto è torna-
to normale. Com’è che li chiamavano? Aspetta... ah sì, gli
“Herb Angels”, perché erano come angeli piovuti dal cielo.»
«Chissà che fine hanno fatto. Vendevano la maria in
macchina, io li ho visti sempre solo da dietro in maniera
veloce e confusa, sembravano due persone per bene, non
certo i classici spacciatori. Così come sono arrivati, meno
di un anno dopo sono spariti nel nulla e non mi sembra che
si siano fatti nemmeno beccare, almeno credo. Nessuno ne
ha più parlato.»
Mentre stanno ricordando, rollandosi contemporanea-
mente la prima canna del giorno, suona il telefono di Lola. È
sua madre, lei risponde, alzando subito la voce: «Dios mio,
porque te gusta volverme loca, porque?».
La conversazione finisce quasi subito.
«Adesso sembra degnarsi di riceverci... ’sta stronza» dice
allora Lola a Michaela, alzandosi per uscire dal locale. Do-
po avere salutato Celestino, le due scompaiono tra le banca-
relle del mercato settimanale di Costa Teguise trascinando i
loro trolley.
Lui, che durante il racconto delle due ragazze non aveva
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più detto nulla, paga il suo cappuccio prendendo il Corrie-
re dal tavolo dove era stato riappoggiato e strappando la
pagina con l’articolo. Ripiega più volte il foglio, mettendo-
selo nella tasca laterale dei pantaloni corti e si avvia verso
casa. Rispetto al solito, ha quasi mezz’ora di ritardo, ma è
sicuro che la Piera, quando vedrà la pagina del giornale,
capirà il motivo.
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