"Tra le donne l'amore è contemplativo, non v'è lotta né vittoria, né sconfitta, ognuna è soggetto e oggetto, schiava e padrona."
Questo è un racconto vero, per gli argomenti trattati è destinato ad un pubblico adulto.
acconto #donne #femminile #sesso #lesbo #saffico #segreto #piacere #solitario #adulti
5. 1
“Tra le donne l'amore è contemplativo, non v'è
lotta né vittoria, né sconfitta,
ognuna è soggetto e oggetto, schiava e padrona.”
Simone de Beauvoir
La signora Thorn era in ritardo, un ritardo
notevole, e se ne rammaricò.
Il suo “angioletto” oramai avrebbe pensato
che, per quel giorno, non sarebbe andata da lei.
Invece, una serie infinita di beghe e di
contrattempi le aveva del tutto sfasato la tabella
di marcia, ma lei era fermamente decisa a
passare da sua figlia, almeno per il bacio della
buonanotte.
Il taxi raggiunse in fretta l’ospedale; pagò
rapidamente e scese. Aveva ancora un ostacolo
da superare: il controllo severo degli orari di
visita. Per quello puntava tutto sul suo fascino
che, nonostante fosse vicina ai cinquanta,
sembrava avere ancora un ascendente sul
6. Professor Claim, capo del reparto di
Pneumologia, quello dove il suo angioletto era
in degenza da venti giorni.
La caposala del turno serale era Wanda, la
conosceva e sapeva di poter contare sulla sua
complicità; aveva adottato la sua bambina e la
coccolava con delicatezza, nonostante la sua
stazza da lottatore di Sumo.
Un brivido maligno attraversò la schiena della
signora Thorn, era sempre lo stesso, quello che
provava tutte le volte in cui, come un flash
fotografico, vedeva comparire nella mente
l’immagine di Thess abbarbicata a un’altra
donna.La sua piccola, perversa bambina che
riusciva sempre a fustigare il suo cuore di
mamma...
7. 2
S’è fatto tardi... mamma non verrà più, pensò
Thess guardando fuori la sera incombente.
Lontano, sulla tangenziale, le automobili
scorrevano tranquille, riportando a casa le
persone.
Le era sempre piaciuta la sera; la strada si
tingeva dello stesso colore umido di uno
specchio d’argento. Le luci lontane dei palazzi e
i fari delle macchine intarsiavano, sul pavé,
immagini distorte e affascinanti.
Forse quei riflessi erano una delle
rappresentazioni più romantiche della
modernità.
Thess si sentiva meglio, molto meglio. Una
bronchite trascurata aveva invaso i suoi delicati
polmoni; adesso il peggio era passato e il giorno
dopo sarebbe uscita, finalmente. Non era più
una ragazzina ma ancora abbastanza giovane da
desiderare la gioia, il divertimento e l’aria
aperta. Malgrado la malattia, aveva apprezzato
quella pausa forzata; aveva avuto l’opportunità
8. di rinsaldare il rapporto con la mamma.
Niente di grave... solite tensioni: a lei non
piaceva troppo il compagno di sua madre e sua
madre non era raggiante per la sua amicizia,
assai intima, con Layla.
Con Layla condivideva l’appartamento; si
amavano da tre anni ma senza impegno, senza
paletti; lei amava sentirsi libera e Thess aveva
imparato a non soffrirne.
La sua compagna era venuta in ospedale solo
due volte, poi, appena le sue condizioni erano
migliorate, con grande tatto, aveva lasciato
campo libero alla madre. Che dolce; non
l'aveva mai fatta sentire sola, le mandava di
continuo messaggi per dirle quanto le
mancassero le sue labbra.
Il corridoio dell'ospedale era silenzioso e
tranquillo.
Thess diede uno sguardo al cellulare per
controllare l'ora; avevano appena lasciato il
vassoio con la cena, alla visita successiva,
probabilmente della Caposala, mancava ancora
un'ora. Con le dita affusolate e rapide cercò
l'ultimo messaggio della sua amante.
Sentì caldo al cuore e scrisse, quasi
automaticamente:
"Non ce la faccio più, amore, adesso mi frugo
tra le cosce per cercarti..." Invio.
Scrivere quelle parole ebbe un effetto
9. dirompente sulla sua libidine a lungo
trattenuta.
Thess aveva appena ripreso le forze e, dopo un
mese di astinenza forzata, l'inguine le bruciava,
alla ricerca di un solido refrigerio.
Aprì la cartella segreta del cellulare e sfogliò
con incalzante eccitazione le immagini che
ritraevano Layla, semisvestita o del tutto nuda:
in certe pose, dolce come un'educanda, in altre
sguaiata come una prostituta.
Thess si guardò le mani, quel giorno si era
dedicata al suo corpo e alla fine si era concessa
un’approfondita manicure. Lo smalto rosso
fuoco era l'omaggio, il richiamo per dire alla
sua donna:
"Amore, sono tutta tua..."
Le manine dalla pelle deliziosa e le dita curate
affondarono sotto le lenzuola, mentre Thess si
cercava i seni sodi e proporzionati e la natura,
calda e umida.
Sua madre non sarebbe venuta... non le
dispiaceva più adesso. O meglio, da porcellina,
sperava che venisse e la vedesse mentre si dava
piacere, come accadeva spesso nei suoi sogni
segreti.
Il calore intimo di Thess non chiedeva di
meglio che essere imbrigliato in un desiderio;
come un fiume incandescente che cerca uno
sfogo adeguato e consolatore.
10. Thess non si toccava da tanto.
Iniziò con delicatezza estrema: ogni volta che si
masturbava, le sembrava di incontrare il suo
corpo per la prima volta. Socchiuse gli occhi,
iniziò a distaccarsi dal mondo; l'elettricità che si
sviluppava quando il suo palmo passava con
finta indifferenza sul clitoride sensibile, si
trasformava in piccole esplosioni colorate che
le avviluppavano la mente e le davano la
sensazione di sprofondare.
Col filo dei pensieri provò a raggiungere Layla,
il suo amore distante, ma poi, a mano a mano
che l'eccitazione saliva, i suoi ricordi e le sue
fantasie divennero più oscene e intrise di
voglia.
La sua piccola figa era già densa di umori, ma
alle grandi labbra, gonfie e socchiuse, arrivava
solo un sottile velo di umidità calda. Thess
sapeva che l’asciutto sarebbe diventato umido e
l'umido bagnato, ma non volle forzare la mano.
Avrebbe potuto “imburrare” subito le dita,
affondandole nella saliva, per poi spingerle,
voraci, nel suo spacco che adesso vibrava di
desiderio, invece decise di attendere. Non aveva
fretta, non c'era nessuno e poi, come le capitava
spesso di pensare, non avrebbe chiesto di
meglio: essere vista... spiata, mentre era
veramente se stessa. Quando l'angelo diventava
assatanato, quando da "dolce" si faceva furia.
11. La mano sinistra tirò verso il basso il capezzolo
turgido, assieme alla sua aureola, altrettanto
gonfia e soda.Un fruscio? Forse... Ma no:
impossibile!
12. 3
Per alcuni minuti Thess si abbandonò
completamente sul lettino.
Il silenzio della sera favoriva la concentrazione,
era facile godersi quegli attimi di sensualità.
Finalmente!
Poco prima di iniziare a masturbarsi più
intensamente, dopo le carezze preliminari, si
fermò e, in punta di piedi, andò a controllare la
porta del ballatoio. Era chiusa ma non a chiave,
non era un problema.
Oltre la porta il corridoio era deserto.
Lasciando socchiuso l'uscio della sua stanza,
Thess cercò di garantirsi la possibilità di sentire
se qualcuno avesse aperto la porta dal corridoio.
Non le andava di farlo nel bagnetto spoglio.
Mise il cuscino di taglio al centro del letto, poi si
tolse il pigiama e le mutandine bianche. Aprì
l'anta dell’armadietto metallico, uno specchio
non troppo grande le permetteva di vedersi.
Il suo monte di venere era coperto da una
peluria bionda. Sorrise, senza abbandonare il
13. calore: aveva bisogno di essere depilato ma, allo
stesso tempo, quell'immagine della sua natura
un po' selvatica le fece mordicchiare il labbro.
Tornò sul letto e riprese a masturbarsi, stavolta
decisa, penetrandosi con le dita e poi spingendo
col bacino sul cuscino, ritmicamente. Quando i
polpastrelli erano fuori, si concedeva un veloce
frullio sulla clitoride, che sbocciava dalla figa
sempre più dura e puntuta. Ora era tutta
bagnata.
«Ok, ringrazi di essere la mamma di Thess...»
disse sorella Wanda, posando il telefono.
Era in ritardo con l'attività e aveva fretta di
concludere il turno; quella sera avevano ospiti.
Per fortuna suo marito era un bravo
intrattenitore: gli amici si sarebbero
accontentati degli antipasti che aveva preparato
e, dopo, di una bella fetta di "Capricciosa";
pochi giorni prima, proprio nel suo quartiere,
avevano aperto una pizzeria napoletana.
La guardia notturna indirizzò un sorriso
complice alla bella signora e la lasciò entrare,
come se la decisione dipendesse da lui: un
classico.
La signora Thorn percorse silenziosamente i
corridoi deserti, felice di essere riuscita a
passare dalla sua bambina almeno per un
"Ciao!". Il giorno dopo Thess sarebbe uscita e i
loro rapporti sarebbero tornati normali e,
14. purtroppo, distanti.
Davanti alla porta della camera rammentò le
raccomandazioni di Wanda, la Caposala:
«Faccia piano, può darsi che si sia appisolata.»
Girò la maniglia lentamente; l'anticamera era
buia, la stanza di Thess, invece, era illuminata,
abbastanza da permetterle di vedere... sussultò.
Thess era accovacciata sul letto, nuda dalla
cintola in giù. Si strusciava sul cuscino e si
toccava, gli occhi socchiusi. Sul viso angelico, le
labbra tirate tra i denti mostravano in pieno la
sua goduria.La mamma rimase immobile,
imbarazzata; non se l'aspettava. Poi, anche se
sapeva di spiare, in silenzio indagò con gli occhi
il corpo meraviglioso e discinto di Thess...
15. 4
E accadde di nuovo.
La signora Pamela Thorn si ritrovò
all'improvviso di fronte alla situazione che, già
in passato, aveva messo a rischio il suo
autocontrollo.
Pamela amava la sua Thess di un amore
profondo, era la sua unica figlia ed era una
ragazza, una donna, del tutto speciale.
Thess era talmente dolce, quieta e amabile, da
apparire ancora più bella. La madre lo leggeva,
godendone, anche negli occhi degli altri:
nessuno resisteva al suo fascino semplice,
qualcuno ne restava incantato.
Pamela era una donna colta, emancipata, aveva
lavorato, viaggiato, e aveva anche dovuto fare i
conti con la sua complessa sessualità: era bi-sex.
Fin da ragazzina aveva provato le stesse
curiosità, le stesse pulsioni, sia nei confronti
della potente virilità maschile che verso la
deliziosa sensualità femminile, fatta di velature,
di attese... di fremiti.
16. Si appoggiò alla porta, cercando di non far
rumore. Vedeva abbastanza dei moti di Thess, e
non aveva bisogno di essere morbosa. Restò nel
buio, vegliando il piacere della figlia col cuore
stretto nella morsa della passione. Aveva avuto
tutto il tempo di eccitarsi; adesso, aveva il cuore
pazzo e il fiato corto.
E così si abbandonò al sogno per ingannare il
desiderio.
* * *
Amore mio, lo so!
Conosco i tuoi palpiti, e sono certa che anche tu
vorresti... perché anch’io lo vorrei. Sarebbe
meraviglioso, indimenticabile. Eppure sono
altrettanto sicura che soffrire per questo
inconfessabile desiderio, lo renda ancora più
bello, più estenuante: eterno!
Se appagassimo la nostra brama, se facessimo
ciò che desideriamo, perderebbe la sua forza, si
sfumerebbe, trasformandosi in carne, e sangue;
perderebbe tutta la sua struggente poesia.
Dopo, niente sarebbe più lo stesso tra di noi e
io non voglio perdere l’innocenza di poterti
guardare nel profondo degli occhi,
attraversandoti fino al cuore.
Ricordo, tanti anni fa, ti sorpresi a cavalcare il
grande cuscino che tenevi accanto al letto. Era
tardi, la tua porta era difettosa. Venni da te in
punta di piedi, per controllare che dormissi
17. tranquilla, e invece, dallo spiraglio, ti vidi.
Mi è sempre piaciuto pensare che, per te, quella
fosse la prima volta. E ricordo l’effetto
devastante, inatteso, che la scena ebbe su di me;
il basso ventre mi esplose. Un calore mi prese
nell’inguine, così improvviso da sembrare un
colpo. Poi, come miele, un fluido tiepido si era
sparso anche nelle mie mutandine, senza
bisogno di toccarmi.
Che scena, amore: cavalcavi con la testa
indietro, gli occhi socchiusi, la bocca
leggermente aperta. Eri l’estasi!
La corta canottiera bianca celava il petto sottile,
mentre due mele acerbe tenevano puntuti i
capezzoli, più scuri, che s’intuivano dalla stoffa
leggera. Poi ti inarcavi, ti piegavi in avanti, e la
boccuccia seguiva la passione, socchiusa, a
formare un cuore; soffiavi fuori l’alito, come un
piccolo putto che tenta di creare nuvolette
deliziose in un affresco celestiale.
Ero là, bloccata, incapace di recedere, incapace
di reagire; nella testa un orgasmo più potente e
intimo di quelli provati in un rapporto carnale.
Che spettacolo eri, che spettacolo che sei!
Il culetto nudo che si muove ritmico e deciso:
avanti, indietro, strisciando la vulva dischiusa
sul cuscino... calando, premendo, cercando
invano una penetrazione, tanto impossibile
quanto desiderata.
18. Adesso hai la mano tra i capelli lunghi, ti
carezzi fino alle tempie; le immagino di fuoco.
Sei sempre stata bellissima, mio tesoro, ma la
bellezza che sprigioni in questo momento mi
spezza l’anima, mi dà un senso di impotenza.
Non so cosa pensare: vorrei esporti al mondo
per mostrarti, orgogliosa e, allo stesso tempo,
gelosa di tutti. Ti vorrei tenere solo per me, per
sempre segregata in una gabbia d’amore,
alimentata solo dalla mia passione.
C’è magia in ciò che vedo davanti a me: una
Ninfa, ecco. Capisco ora che i grandi poeti, gli
artisti, devono per forza aver provato, aver
visto uno spettacolo come questo. La mia
anima vibra condividendo ogni poesia e ogni
estasi dell’Arcadia.
E poi, lo strappo nell'anima: la
contrapposizione lubrica del tuo piacere
tremendo, affascinante, una calamita che invita
a peccare e la poesia, che si fa carne e agogna
carezze intime, lascive... bagnate.
Ora, come allora, mi costa tanto trattenermi.
Vorrei saziarmi delle tue membra, stringere la
pelle tenera tra le dita, entrarti nei buchi
umettati, succhiarti i sapori, dalla saliva dolce
all’estro acidulo e peccaminoso.
Ritorno a quella notte: ti lasciai solo quando,
stremata e paga, ti accasciasti sul lettino alla
ricerca del sonno ristoratore. Non fiatai, non
19. dissi nulla. Solo la mattina, quando allegra e
innocente partisti per la scuola, corsi in camera
tua per abbracciare quel grande cuscino. Non
mi vergogno, anzi, ammetto che fui felice di
cercare le tue macchie sulla stoffa, per poi
annusare, come un segugio, quelle tracce. Quei
profumi segreti che, nella vita di tutti i giorni,
mi erano proibiti.Era come una droga per me, e
il sangue mi salì alla testa mentre sprofondavo
il naso e la bocca schiusa in quel residuo di
calore.
20. 5
È da allora che ti spio, amore mio dolcissimo.
Lo ammetto, anche ora, con un sorriso
complice e impertinente che tu potresti
solamente intuire.
Da allora seguo, in segreto, tutto quello che ti
accade. Dietro la mamma che si è prodigata per
te, che ha seguito apprensiva la crescita, i primi
ostacoli, le gioie e i piccoli drammi, si nasconde
un’amante mancata. Un’amante che
trepida nell'ombra e che segue la tua vita
intima, erotica; quella parte che le figlie
tengono celata alle mamme, per
poi spiattellarla sguaiatamente alla prima
'sciacquetta' che capita a tiro. È la vita.
Ma io non l’ho accettata!
Ecco perché ti ho spiato gioia mia. Non potevo
più rinunciare a te: lo sforzo che ho dovuto
sostenere per trattenermi dal toccarti, era già
troppo doloroso per resistere oltre. Ecco perché
ho cercato, in segreto, di indagare le tue
passioni.
21. Ti ho seguita quando crescevi e cambiavi. Il
“nuovo” in te ti rendeva ogni giorno più donna,
più desiderabile.
Ho seguito di nascosto i primi giochi erotici:
ricordo Fabiana, la figlia di Rosy, la nostra
vicina.
Rosy, allora, era la mia amante,
occasionalmente. Tuo padre non avrebbe mai
capito le mie esigenze e la mia sessualità
complessa.
La sorte volle che Rosy fosse sola e che, alla
fine, accettasse di dividere con me qualche ora
di piacere. La voglia di femmina che tu
m’istigavi, la sfogavo tra le sue braccia burrose.
Lei non poteva saperlo, ma quando la leccavo
intimamente fino a sentirla squassare
dall’orgasmo, spesso era te che desideravo, che
sognavo di profanare.
Fu proprio Fabiana a condividere con te i primi
toccamenti. Nella sua camera, quando
entrambe pensavate di essere al sicuro, vi
spiavamo, ed io nascondevo la mia gelosia sotto
un sorriso indulgente e falso.
Quando Rosy mi fece partecipe dei suoi
rapporti con la figlia, ne rimasi prima colpita,
poi estasiata. Una volta partecipai ma senza
riuscire a fare nulla, forse le delusi; spero solo
di non averle messe a disagio. Ero
completamente incantata da quella loro
22. confidenza così intima, dal loro scambiarsi il
piacere: madre e figlia, amanti deliziose,
godevano l’una dell’altra. Mai l’amore avrebbe
potuto manifestarsi in forma più intensa.
Le invidiai, fui tentata di spezzare
l’incantesimo... il desiderio di goderti mi
tormentava, però ho resistito.
Qualcosa mi ha bloccata dal fare l’ultimo passo,
quello decisivo, sempre.
Poi arrivò Flora, la mia vecchia amica, era stata
la mia prima amichetta nei giochi più perversi.
Ti affidai a lei, sapendo che ti avrebbe presa, la
conoscevo bene, ma non ne abbiamo mai
parlato apertamente.
Avere scelto consapevolmente la tua “maestra”
del sesso mi faceva godere di un piccolo senso
di potere su te, effimero certo, ma pur sempre
qualcosa.
Mi sembrava di essere partecipe,
indirettamente, di un gioco a cui non ero
invitata. So tutto, anche di voi due: capivo,
spiavo, intuivo ogni cosa dalle sue mezze frasi.
So anche che fu lei a farti provare la
penetrazione e il primo maschio. Fu lei a farti
sverginare, sotto il suo sguardo attento,
lascivamente materno... e io, io non potevo che
accontentarmi delle briciole della vostra
profonda passione.
E sì, amore mio dolcissimo, lo ammetto: ti ho
23. sempre seguito, andando oltre, scendendo nei
tuoi meandri segreti. Anche adesso, anche
quando sei con Layla, la tua compagna.
M’inebria il profumo che emanate. Quando
vengo a casa vostra amo l’odore della vostra
camera, vorrei diventare un ninnolo del vostro
secretaire per potervi vedere durante le notti di
passione.
Quando capita di stare insieme, tutt’e tre, faccio
del mio meglio per lasciarvi sole, cerco sempre
una scusa, faccio finta di ritirarmi: ho sempre la
speranza che l’attrazione e l’eccitamento vi
attirino l’una tra le braccia dell’altra.
Qualche volta sono stata fortunata. Spero non vi
siate accorte di me, ma io vi ho osservato, per
quanto possibile, e ho goduto, come se fossi
stata tra voi, subissata di carezze e baci segreti.
Sono quasi certa che tu lo sai.
Lo sai che ti guardo e che ti desidero, e sono
anche sicura che lo desideri quanto me... e
anche Layla ha capito.
Credo che a volte lo faccia apposta a stuzzicarti.
Lei sa quanto diventi angelica in viso quando ti
masturbi, innocente e peccaminosa allo stesso
tempo.
Una volta l’ho vista, seduta sul pavimento, non
faceva niente, guardava te che, sul letto, ti
masturbavi. Cominciasti seduta, piano piano,
poi apristi le cosce e le alzasti verso l’alto,
24. puntando la schiena sul materasso. Il tuo frutto
era aperto e colava, le tue dita frugavano
instancabili, il clitoride sembrava voler
esplodere.
Layla intervenne solo dopo il tuo orgasmo; salì
sul letto e ti tenne tra le braccia, calmandoti con
le sue carezze.
Vidi tutto, e dopo ho sempre pensato
maliziosamente che, in quella stanza, c’era
troppa luce per non immaginare che vi si
potesse guardare... e assai bene!Che
meravigliosa sensazione desiderare, sperare, in
tanta complicità. La stessa sensazione che
accompagna e favorisce i miei orgasmi
silenziosi.
25. 6
Adesso, come allora, dal mio angolo buio ti
osservo venire e con le dita mi cerco la figa, la
spalanco e mi bagno, poi porto le mani alla
bocca e suggo il mio sapore, sognando di
sentire il tuo; quel sapore vietato alle mie
labbra di madre.
Mentre mi frugo ancora una volta, ripenso a
quello che ho provato non troppo tempo fa, il
giorno del mio compleanno.
Non volevi lo spumante, come al solito: tu non
bevi.
Nell'atmosfera intima e giocosa, ti promisi un
bacio per ogni bicchiere... a quel punto cedesti
subito e bevesti.
È stata l’unica volta, forse perché avevo
bevuto anch'io.
Ci baciammo, e non fu un bacio da mamma.
Prima ci desiderammo le labbra e poi
s’incontrarono le lingue piene di succo,
cercandosi profondamente nelle bocche
assetate.
26. Eravamo in piedi e le cosce s’intrecciavano,
facendoci godere del calore della pelle liscia.
Tu mi stringevi e spingevi il bacino a mio
favore; stemmo così, strette e appassionate,
sotto gli occhi discreti di poche persone
amiche. Nessuno mai
commentò quell'eternità finita troppo presto.
Poi un altro brindisi e poi gli auguri e... un
bacio, un bacio ancora, tanto lungo e
commosso da sembrare un addio. Avevi perso
la testa e mi tenevi la tetta in mano. Avevi perso
il pudore, e mi scattavi con la lingua in bocca,
dura, penetrandomi.
Ora, nascosta nella saletta d’ospedale, assisto,
come sempre... e godo: ma non entro!
Ancora una volta quest’amore resterà il nostro,
e il sogno si perderà in un desiderio mai pago.
Ti masturbi incessante, spudorata e santa;
sembra impossibile che il tuo viso nasconda un
piacere tanto carnale sotto l’inguine, che
cavalchi come una strega angelica sulla scopa
del peccato.
Anche quella sera lo facesti.
Con la testa che girava, salisti piano in camera,
ti denudasti languida e fingesti che io, la tua
mamma, non ci fossi. Mostravi di non vedermi!
Come eri bella quando, nuda e discinta, ti
abbandonasti a un finto sonno.
Con le mani ti accarezzavi e io, quella volta,
27. non riuscii a farmi indietro, restai sulla porta, in
vista e soffrii; soffrii per lo sforzo amaro di
trattenere il desiderio. Avrei voluto tuffarmi sul
tuo corpo e perdermi tra i flutti della passione.
Quando sei stata pronta, con gesto quasi
infantile, semplice, hai solo bagnato due dita
sulla lingua, poi ti sei infilata “la micetta”,
schiudendola del giusto, solo per provare il
piacere della dilatazione.
Sei venuta quasi in silenzio, con un solo lungo
sospiro; hai inarcato la schiena, per te... e per
me.
Lo sapevi che vedevo, lo sapevi che anelavo te.
Poi, pian piano, il cuore abbassò il suo
tambureggiare e il respiro divenne basso e
regolare. Solo quando ti addormentasti
soddisfatta, solo allora, raggiunsi il tuo letto e ti
baciai a lungo la bocca umida.
Che gioia segreta rubai allora dalle tue labbra.
Erano bagnate ancora degli umori lasciati dalle
dita: quante volte erano passate dalla vulva. E
che profumo indescrivibile, ero vicinissima:
sentivo il caldo che emanava dal bacino nudo e
l’odore che la “fregna” aveva appena sfogato.
Invece di affogarti con la faccia tra le cosce per
suggere il nettare di quel fiore, ti coprii,
teneramente, col lenzuolo immacolato.
Quale regalo più dolce e appagante avrei mai
potuto desiderare?
28. Poi, tutto fu cancellato dalle nostre menti e non
ne parlammo mai più.
Ecco che il sogno volge al termine, torno coi
piedi per terra e vengo pure io, tra le dita,
cercando di non fami sentire.
La mutandina assorbirà ancora una volta il
piacere: il tuo ennesimo dono in un rapporto
incredibile e mai goduto appieno.
In punta di piedi vado via dall'ospedale, felice.
Domani te lo dirò.
Te lo dirò che la tua mamma non ti abbandona
mai, mio dolcissimo fiore profumato:
«Ma certo che sono passata, tesoro» dirò «ma
tu... tu dormivi già!»Entrambe sapremo che,
ancora una volta, ti avrò mentito.
FINE
29. RINGRAZIAMENTI
Questa storia è vera. Per quanto sensuale e
peccaminosa, angelica o infernale, possa
sembrare è vera.
Mi sono dovuto spogliare dei miei preconcetti e
della mia educazione per poterla accettare... in
parte capire e, in fine, amare.
La forza di questo racconto proviene anche dalla
“Fonte”, la mia amica A. La ragazza più
delicata, fine e sensibile che abbia mai avuto
l’onore di incrociare. La stessa che, qualche anno
fa, mi ha donato il racconto della sua giovinezza,
da me condensata ne: La fata di ferro.
A lei va il mio ringraziamento e il mio affetto
incondizionato.
Grazie A. dolcissima creatura, dovunque tu sia,
forse non posso capirvi ma sono certa che dal
vostro “esecrabile” senso dell’Amore nasce
cultura, bene e rispetto, mentre dalla “morale”,
tanto decantata, del “mio mondo civile” nasce
avidità, menzogna, brama di potere e guerra.
Spesso, chi strilla per ergersi a professore, cerca
solo di nascondere la sua incapacità di imparare,
di cambiare la propria disponibilità alla
tolleranza e al rispetto per gli altri.