Propongo una concezione integrata della visione, in cui occhio e mente (sensazione e modello mentale) sono correlati e interagiscono reciprocamente senza interruzione.
La visione agisce come un sistema, non è un semplice fenomeno connesso al funzionamento dell’occhio.
Questi concetti derivano dagli studi relativi alla Gestalt e dalle osservazioni scientifiche sul fenomeno della vista.
Inoltre, studiando il tema del cambiamento, con riferimento agli studi di Thomas Kuhn sulle rivoluzioni scientifiche, si comprende che conoscenza e visione sono strettamente associate e retroagenti.
Corso di digitalizzazione e reti per segretario amministrativo
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1. vedere e non vedere
Un percorso in 5 punti
Propongo una concezione integrata della visione, in cui occhio e mente (sensazione e
modello mentale) sono correlati e interagiscono reciprocamente senza interruzione.
La visione agisce come un sistema, non è un semplice fenomeno connesso al
funzionamento dell’occhio.
Questi concetti derivano dagli studi relativi alla Gestalt e dalle osservazioni scientifiche
sul fenomeno della vista.
Inoltre, studiando il tema del cambiamento, con riferimento agli studi di Thomas Kuhn
sulle rivoluzioni scientifiche, si comprende che conoscenza e visione sono strettamente
associate e retroagenti.
2. PUNTO 1 – Senza modello non vediamo
Il campo percettivo, con la sua forma, è una “gestalt”.
Qualsiasi attribuzione di senso, qualsiasi apprendimento, comporta un decidere cosa
viene messo a fuoco, portato in primo piano.
Esiste quindi sempre un modello che regola cosa noi vediamo.
3. Penso conosciate la favola antica del re che riunì in un posto tutti gli abitanti ciechi
della città e che davanti ai presenti fece passare un elefante.
Lasciò che alcuni gli toccassero la testa e disse: "un elefante è così?". Altri poterono
toccare le zanne, la proboscide, le orecchie, il dorso, una zampa, la coda. Dopo di che il
re chiese a ciascuno dei non vedenti: "com'è l'elefante?". E, secondo la parte che
avevano toccato, quelli rispondevano: "è come una grossa lancia”, “è come un grosso
serpente”, “è come una tenda”, “è come un muro”, “è come un albero”, “è come una
corda”…
4. PUNTO 2 – Come funziona l’occhio?
“la fovea può inquadrare nitidamente solo ciò che è messo a fuoco con il
concorso di un corrispondente modello mentale , e quindi ciò che in qualche
modo è atteso sulla base delle esperienze passate… quindi dal vecchio
paradigma o dallo schema atteso” (Maurizio Russo).
“Se guardate dritto davanti a voi nell’oscurità cercando di scorgere il nemico,
non lo vedrete. I suoi movimenti lo tradiscono solo alla periferia dello sguardo,
dove vista e intuizione si incontrano, e dove i nostri sensi sono più acuti. O si
impara questo o non si riesce a sopravvivere.”
(da “Consigli alle truppe d’assalto nel Vietnam”).
5. PUNTO 3 – Il paradigma ci rende ciechi.
XXXXXXX
O O
XXXXXXX
XXXXXXX
XOXXXXOXX
I nostri paradigmi costituiscono, col
tempo, una rete fittissima, un
setaccio che lascia pochissimo
spazio a nuovi paradigmi
“incoerenti” con quelli consolidati.
“I paradigmi agiscono come filtri
fisiologici.
Noi vediamo letteralmente il mondo
attraverso i nostri paradigmi. Sarà
molto difficile per dati esistenti nel
mondo reale, ma estranei al tuo
paradigma, attraversare i tuoi
filtri.” Thomas Kuhn
“Il fonografo… non ha alcun valore
commerciale” Edison, 1880
“Chi vuole sentire gli attori parlare? “
Harry Warner, Warner Brother’s Pictures
“Io penso che ci sia al mondo mercato per
vendere al massimo cinque computer”
Thomas J. Watson, chairman of IBM, 1943
6. Punto 4 – vedere è un atteggiamento
mentale
“La gente non è disturbata dalle cose in sé, ma dall’opinione che ha di esse”
Epitteto
Con il termine “interpretazione o valutazione cognitiva” si sottolinea il fatto
che ognuno di noi filtra e seleziona gli stimoli che riceve dall’esterno,
accettando e “inserendo nel proprio computer cerebrale” soltanto quelli
che ritiene utili ed importanti.
La realtà oggettiva esiste eccome, ma noi non viviamo nel suo mondo: la
nostra esistenza si svolge in un mondo che è una “costruzione”,
un’interpretazione effettuata a partire dal reale. (Pietro Trabucchi)
E’ la “lezione di Amelie”…
7. Dalla valutazione dei fatti nascono i comportamenti e le strategie che decidiamo
di adottare per rispondere alla situazione.
Ma non solo: anche la reazione fisiologica che il nostro corpo produrrà nasce
qui. Lo stesso evento, a seconda del modo in cui “decidiamo” di vederlo, porterà
a stati d’animo, reazioni fisiche e comportamenti del tutto diversi.
Dobbiamo quindi abbandonare il modello
intuitivo di stress, che considera i fattori che
provocano stress come qualcosa di oggettivo….
Le persone non sono stressate dagli eventi in sé
ma dal modo in cui li interpretano.
Più è ipertrofico il nostro io, più saremo
vulnerabili a qualsiasi fattore di stress.
… quindi alcuni modi di interpretare la realtà
sono semplicemente più funzionali di altri: ci
rendono più resilienti e ci aiutano a raggiungere
obiettivi sfidanti e a superare le difficoltà…
Stressor
Valutazione
cognitiva
Reazione
emozionale
Risposta
fisiologica
Risposta
comportamentale
La resilienza psicologica
8. Punto 5 – Vedere nelle organizzazioni
Per sviluppare resilienza nell’organizzazione “occorre individuare dei “tutori di
resilienza” in altre parole, innescare un processo di empowerment che sappia fare
dell’esperienza destabilizzante (la crisi da affrontare, le problematiche, le criticità) una
sorgente di informazione e di motivazione.
Ogni azienda propone – come guida - i suoi obiettivi e un suo codice etico nella
dichiarazione di “mission aziendale” e nelle relative modalità etiche (principi e valori di
riferimento), con le quali si possono rivelare i vincoli e le possibilità dell’agire
organizzativo.
“Queste indicazioni di strategia e di comportamento determineranno quelle che
saranno le caratteristiche di performatività e di successo dell’impresa organizzativa.
Possiamo individuare tutori di resilienza nella leadership, nel processo di
cambiamento o in quant’altro sia in grado di indagare le ragioni del fallimento senza
tuttavia innescare a priori situazioni colpevolizzanti.
… il percorso di making sense non è mai un processo indolore, ma è anche l’unico che
permette al gruppo di ritrovare le motivazioni adatte ad innescare il miglioramento”.
(Giuseppe Fichera)
Editor's Notes
Macula e fovea del neonato non si svilupperebbero senza il contemporaneo sviluppo delle capacità di riconoscimento e memorizzazione del mondo esterno. Cfr: Cristina che dice che il primo giorno il bimbo è stato per alcune ore distogliendo lo sguardo dal suo viso… per poi invece cominciare a guardarlo e riconoscerlo.
Esperimento delle carte da gioco…
Qui mentalità della vittima, modelli quindi “consolatori” della realtà, adottati per salvaguardare l’ego, salvare l’autostima… questo è il gemello dell’”aver ragione”: la nostra mente si è attrezzata in tutti i modi per salvare questo genere di risultato…
Es. della donna che si considera indesiderabile.