1. La fisica dei quanti
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2. La fisica classica in crisi
“Quando in un lontano avvenire, verrà scritta la storia
della scienza dei nostri tempi, la prima metà del
secolo XX apparirà come un periodo
particolarmente notevole non solo per la scoperta
di molti nuovi fatti e lo sviluppo di nuove concezioni,
ma anche per la loro diretta e indiretta influenza
sull’organizzazione della vita umana.”
Con queste parole il fisico italiano Edoardo Amaldi (1908-1989)
esordiva nel 1955 in suo scritto commemorativo del famoso
scienziato Enrico Fermi (1901-1954), scomparso l’anno
precedente.
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3. Amaldi continuava:
“E’ proprio tra la fine del secolo XIX e l’inizio del XX
secolo che alcune osservazioni sperimentali
pongono in crisi le concezioni classiche del mondo
fisico: da un lato il comportamento della luce
rispetto a diversi sistemi di riferimento in moto fra
loro, dall’altro i primi indizi sulla struttura
granulare dell’energia emessa od assorbita dai vari
corpi sotto forma di radiazione.
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4. E’ nel secolo XX che questi primi quesiti, e molti altri
da essi derivati, trovano la loro risposta, gli uni nella
teoria della relatività, gli altri nella teoria
quantistica della materia e della radiazione.”
Queste parole sono effettivamente il risultato di una
superba sintesi degli avvenimenti che hanno costituito
una rivoluzione del pensiero scientifico paragonabile
solo a quella che diede inizio nel XVII secolo alla scienza
moderna, con Galilei e Newton.
Pardi-Ostili-Onori,L’evoluzione della fisica 3B,pag.4
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6. I fenomeni che hanno messo in
crisi la fisica classica.
Il corpo nero.
L’effetto fotoelettrico.
I raggi X.
L’effetto Compton
.
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7. Il corpo nero
E’ un modello ideale che, una volta riscaldato,
emette radiazione elettromagnetica sotto
forma di luce.
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8. Il corpo nero nella Fisica classica
la radiazione elettromagnetica (e quindi anche la
luce come parte di essa) si propaga come un’onda
nello spazio alla velocità costante c (300000 Km/s),
è dotata di una lunghezza d’onda λ e di una
frequenza; queste ultime sono legate f dalla
semplice relazione:
c = λ·f
Essendo c una costante, λ e f sono grandezze fisiche inversamente
proporzionali.
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9. Risultati previsti dalla teoria classica
per il corpo nero
La legge di Stefan-Bolztmann
La legge di Wien
La legge di Rayleigh-Jeans
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10. Legge di Stefan -Boltzmann
La potenza termica emessa o assorbita
da un corpo nero per irraggiamento è
I= εσST4
Dove σ è la costante di Stefan = 5,6703.10^-8
ε è il coefficiente di emissione ( o di
assorbimento ) ed è compreso tra 0 ed 1. Per il
corpo nero vale1
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11. Legge di Stefan Boltzmann
Temperatura
Radiazione emessa Natura
Geometria
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12. Legge di Wien
La lunghezza d’onda che corrisponde
al valore massimo dell’intensità della
radiazione emessa dal corpo nero è
inversamente proporzionale alla sua
temperatura:
λT= k
Dove K= 2,989.10^3
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13. Legge di Rayleigh-Jeans
Per una data temperatura T, l’intensità dell
a radiazione (potenza) emessa in funzione
della lunghezza d’onda è
P(λ,T) = 2πckB T/ λ4
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14. Il corpo nero nella Fisica classica
Cosa non funziona nella teoria classica del corpo?
La previsione dei dati sperimentali.
Il modello adottato da Jeans portava al fenomeno
paradossale noto come catastrofe ultravioletta
perché l’energia era concentrata quasi interamente
nella zona delle alte frequenze.
Per piccolissimi valori della lunghezza d’onda ,
fissando T, si ottiene una potenza molto grande ,al
limite infinita se λ tende a 0.
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15. L’area sottesa dalla curva rappresenta
l’energia totale relativa a quella
temperatura
La legge di RJ
Paradosso funziona per
piccole frequenze e
grandi
lunghezze d’onda
Catastrofe
ultravioletto
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16. Il corpo nero QUANTISTICO e l’ipotesi di
Planck
Lo scienziato tedesco Max Planck, ipotizzò nell’anno
1900 un particolare meccanismo, basato sulle seguenti
ipotesi:
• la distribuzione statistica dell’energia;
• l’energia E assorbita dal corpo NON VARIA CON
CONTINUITA’, ma è distribuita in pacchetti, cioè in
piccoli granuli, ed è proporzionale alla frequenza f
secondo la costante di Planck h:
E=hf
h=6.626 10-34 Js ,
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17. La distribuzione spettrale di Planck
Per una particolare temperatura, in corrispondenza di una
lunghezza d’onda media esiste un massimo della potenza, ossia
dell’energia irradiata dal corpo nero ad ogni istante di tempo, sotto
forma di radiazione elettromagnetica (anche di luce); la
distribuzione ha una caratteristica forma a campana, tipica delle
distribuzioni statistiche (media delle popolazioni, ecc..)
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19. La spiegazione di Planck del corpo nero
Vengono “eccitati”, ossia “attivati”, dapprima i
componenti della materia (assimilabili a piccoli
oscillatori, perché generano le onde
elettromagnetiche) aventi poche esigenze in termini
energetici, per poi arrivare a tutti gli altri.
In questo modo tutta l’energia a disposizione si può
distribuire tra un numero maggiore di oscillatori (è
una tra le tante regole di equità possibili).
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22. Meccanismo della radiazione di corpo nero
Facciamo un istogramma della distribuzione, sommando i
contributi per ciascun tipo di oscillatore (classificandoli per
lunghezza d’onda).
Otteniamo la tipica forma a campana della distribuzione
spettrale di Planck
Serbatoio energetico
Oscillatori
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23. Conseguenze dell’ipotesi di Planck
Gli oscillatori a bassa energia contribuiscono poco,
anche se sono tutti eccitati.
Gli oscillatori ad alta energia eccitati sono pochissimi,
quindi anch’essi non danno un grosso contributo
all’economia generale.
La maggior parte dell’energia (per una data
temperatura) si concentra intorno a una lunghezza
d’onda media.
L’energia si distribuisce perciò statisticamente.
Per irradiare, un oscillatore deve possedere
un’energia quantizzata, esatta, né minore né
maggiore di E=hf, altrimenti o non irradia affatto,
oppure, se già è stato eccitato, non irradia con
frequenza maggiore di quella propria.
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24. L’effetto fotoelettrico
Illuminando una lastra di metallo sotto determinate
condizioni, si può generare una corrente elettrica, sia pur
debole, ossia è possibile rilevare elettroni in movimento
sulla superficie del metallo.
La spiegazione fu data da A. Einstein in una
pubblicazione del 1905, grazie alla quale lo scienziato
ottenne il premio Nobel (quindi non per la teoria della
relatività pubblicata tra l’altro nello stesso anno).
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25. L’apparato sperimentale
Catodo ed anodo metallici chiusi in
un tubo di vetro in cui è fatto il
vuoto
Vuoto : gli elettroni possono
passare dal catodo all’anodo senza
collidere con le molecole
Luce monocromatica illumina il
catodo: il passaggio di elettroni dal
catodo all’anodo è rivelato dal
galvanometro
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26. ESPERIMENTO
Se f < fSOGLIA
NON si ha emissione di e-
Se f > fSOGLIA
emissione immediata di e-
Energia cinetica degli e- emessi
→ proporzionale a f
→ indipendente da I
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27. EFFETTO FOTOELETTRICO
e
FREQUENZA
Efotone = hf
Potassio - 2 eV necessari per far emettere un elettrone
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Nell’immagine la frequenza è indicata con v
28. EFFETTO FOTOELETTRICO e FREQUENZA
E cinetica del fotoelettrone
energia cinetica e-
pendenza = h
frequenza f
Potenziale
ionizzazione
crescente
Frequenza della radiazione incidente
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29. Einstein, sulla scorta dell’ipotesi di
Planck, dimostrò che nell’effetto
fotoelettrico l’energia luminosa veniva
assorbita dal materiale “a pacchetti” sotto
forma di FOTONI, assimilabili a vere e
proprie particelle, benché prive di massa
in quanto viaggiano alla velocità della luce.
Un fotone è dotato di energia cinetica
E=hf.
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30. La spiegazione quantistica dell’effetto fotoelettrico
Gli elettroni dell’atomo sono disposti, in quiete, su livelli ben definiti,
e interagiscono con il fotone incidente
hf è l’energia del fotone incidente che si divide in due parti:
hfs è l’energia di estrazione, cioè la minima energia di soglia per
poter estrarre il fotoelettrone (l’atomo è ionizzato)
Ec è l’energia residua del fotoelettrone: Ec= hf-hfs = h(f-fs) che si
manifesta sotto forma di energia cinetica (di movimento)
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32. I raggi X
Nel 1895 W. Roentgen, lavorando con un tubo a
raggi catodici, notò che alcuni materiali erano
“oltrepassati” da particolari radiazioni provenienti
dal tubo;
queste erano capaci anche di illuminare schermi a
fluorescenza e perfino impressionare lastre
fotosensibili di tipo fotografico.
L’immediato uso in campo medicale, portò nel
1901 il premio Nobel allo scienziato.
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33. Raggi X
Cercò anche di scoprire se questi raggi fossero
costituiti da qualche tipo di particelle cariche allora
sconosciute, ma anche immergendo l’apparato in
campi magnetici di forte intensità non notò alcuna
deflessione.
Rimaneva l’ipotesi di particolari forme d’onda, ma
non riuscì a misurare alcuna figura di interferenza o
di diffrazione.
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34. La natura dei raggi X
I raggi del tubo catodico sono elettroni
molto energetici che, colpendo un
bersaglio, vengono decelerati.
L’energia persa si trasforma in radiazione
elettromagnetica ad altissima frequenza,
ben oltre la frequenza visibile
dell’ultravioletto (la lunghezza d’onda è di
circa 0,1 nm (1 nm = 10-9 m)
I raggi X sono molto penetranti e attraversano tranquillamente i
tessuti molli; vengono “oscurati” dalle ossa o da altri tessuti duri
(la lastra del serpente in figura è al negativo)
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35. La diffrazione dei raggi X
Per studiare meglio il fenomeno i collaboratori di Roentgen
fecero passare un fascio molto sottile e collimato di raggi X
attraverso un cristallo, e raccolsero su una lastra fotografica una
caratteristica figura, chiamata spettro di Laue.
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36. Lo spettro di Laue per la diffrazione dei
raggi X
Oltre a una zona centrale luminosa gli scienziati notarono una
serie molto regolare di tracce luminose alternate a zone d’ombra,
sempre più sfumate verso l’esterno. Si trattava di una particolare
figura analoga al reticolo di diffrazione prodotto dalle onde
luminose, che dimostrava la diffrazione dei raggi X a opera dei
cristalli.
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37. Conseguenze dell’esperimento di
Laue
I raggi X sono radiazioni elettromagnetiche ad alta frequenza
I cristalli sono costituiti da strutture regolari che permettono la
figura di un reticolo di diffrazione.
Questo esperimento mostra la stretta relazione tra l’energia
cinetica classica degli elettroni e una radiazione elettromagnetica
di frequenza ben oltre il visibile, evidenziata solo grazie alle
piccolissime distanze interatomiche tra i cristalli.
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38. L’effetto Compton
E’ la spiegazione di un “urto non centrale”
(come accade tra le boccette di un biliardo) tra
un fotone in moto, considerato come una vera
e propria particella, e un elettrone inizialmente
fermo
La quantità di moto associata al fotone è p=h/
λ.
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39. Interazione fotone-elettrone
Dopo l’urto l’elettrone guadagna una quantità di moto qe, mentre
l’effetto sul fotone è una diminuzione della quantità di moto, quindi
un aumento della sua lunghezza d’onda (p=h/λ). Il fotone usato
nello scattering è costituito da una radiazione X molto energetica
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41. La conoscenza dei principi di base che regolano tali scoperte
è entrata a far parte prepotentemente della nostra vita
quotidiana, anche se, all’opinione dei più, tutto questo è o
ignorato o semplicemente dimenticato:
il laser, la cellula fotoelettrica, le centrali nucleari, alcune
apparecchiature medicali per la diagnostica o per la cura e la
prevenzione di malattie (TAC, RM, PET), le memorie e i
microprocessori dei calcolatori elettronici, l’ingegneria
genetica, sono solo alcune delle applicazioni che sono state
realizzate dalla tecnica e dall’industria grazie all’estremo
dettaglio con cui riusciamo a controllare tali fenomeni
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42. Figure, disegni e spunti tratti dal libro di testo: Parodi,
Ostili-“L’evoluzione della Fisica”; Ed. Paravia Torino, 2005.
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