XIII Lezione - Arabo G.Rammo @ Libera Accademia Romana
3. la scuola ionica di filosofia
1. 3. La scuola ionica di filosofia.
A cura di Stefano Ulliana
Talete, Anassimandro, Anassimene.
2. Panoramica
● 1) Premessa dedicata allo sviluppo della civiltà e della
cultura ionica.
● 2) Talete.
● 3) Anassimandro.
● 4) Anassimene.
3. Premessa.
La scuola ionica di Mileto.
● Nelle principali città fondate dalla migrazione degli
Ioni – Mileto, Efeso, Colofone, Clazomene, Samo e
Chio – il rapido sviluppo di una classe di mercanti, che
contemperò il proprio slancio economico con la
presenza degli interessi tradizionali della classe dei
proprietari terrieri, originò molto velocemente delle
trasformazioni politico-istituzionali e in senso lato
culturali, che puntarono alla creazione di una civiltà di
natura tendenzialmente democratica, dove la volontà
di mantenere una certa stabilità sociale di contenuto e
di orientamento mitico-religioso arcaico si contempera
con una forte spinta ed impulso ad integrare in questo
stesso orizzonte tutte le influenze ideali, conoscitive
4. ● o pratico-religiose e pragmatiche, provenienti dalle città
della penisola anatolica o dalle coste del Vicino Oriente
Una pluralità di idee, credenze e modalità di
comportamento e d’azione investì, con lo sviluppo
economico dato dai commerci con tutte le principali
città dei paesi mediterranei (nel Mar Nero, in Egitto,
Siria, Anatolia, Sicilia, Magna Grecia, Francia
meridionale e Spagna), la vita civile e culturale della
Ionia, determinando con la moltiplicazione dei rapporti
e delle relazioni la composizione di una concezione
mentale e razionale collettiva di apertura, innervata
dalla trasposizione della prassi dello scambio nella
concettualizzazione di una relazione soggettiva ed
oggettiva creativa e di natura dialettica.
5. ● L’originario creativo manifestato religiosamente
attraverso la tradizione della Grande Dea Madre si
esprime nell’immediatezza delle emozioni e delle
volontà collettive tramite l’assegnazione di un comune
orizzonte razionale, che possa essere capace di
trasferire – senza scindere – la potenza naturale e
creativa immediata dei singoli soggetti in una
oggettività istituzionalizzata, dove la relazione ed il
rapporto di reciprocità - nel diritto e nei doveri -
ponga a propria volta una costituzione politica a
salvaguardia della libera diversità d'espressione e di
opinione. Una costituzione politica che si oppone alla
prevalenza di un principio e di una determinazione
egemonica di tipo e stile univocizzante, come invece
avviene nella trasformazione in senso tirannico
(popolare od aristocratico-oligarchico) delle città greche
6. ● persiana. Nelle città della Ionia la costituzione politica
“mista” e/o democratica diede impulso ad un criterio di
una doppia affermazione positiva, sia nella reciproca ed
eguale libertà d’orientamento, sia nella consapevolezza
della presenza e della necessità di un orizzonte
razionale, culturale e civile, non scisso e separato dai
contributi, dagli impulsi e dalle tendenze diverse dei
singoli soggetti e cittadini.
● In questa compatta adesione ad un orizzonte comune
lo spirito religioso originario si fuse con l’aperta
razionalità della ricerca e della libera giustificazione
delle opinioni, dei giudizi e delle azioni, mentre la
moltiplicazione interna delle potenzialità artistiche e
tecniche fece
7. ● risorgere la natura ad una razionalità complessa e mai
univocamente determinata e/o determinante. Lo spirito
della differenza così salvaguardò l’eguaglianza, senza
contraddizione, perché senza alcun necessario
richiamo d’ordine ad un Uno, che dovesse fungere da
archetipo psico-sociologico (immaginario e d’immagine)
del potere e della sua avocazione della forza (e/o della
violenza, rivolta all’interno o estesa all’esterno). La
natura radicale e creativa fu, quindi, capace di
esprimersi in quella libera ed eguale relazione, che
salvaguardò la libertà stessa dell’orizzonte comune,
soggettivo ed oggettivo. Sentito, immaginato e pensato,
esso valse come restrizione alla comune e reciproca
estraneazione ed alla reciproca e comune negazione,
8. ● ed alla conseguente sofferenza e divisione civile e
sociale. Senza separazione, scissione, distinzione e
alienazione della potenza e dell’atto in una separata
sede istituzionale, le città della Ionia seppero
mantenere viva la propria libertà reciproca ed interna,
conservando l’eguaglianza comune nella libertà
reciproca delle espressioni (religiose, politiche e di
ricerca naturale, o di applicazione pratica).
● In questo modo la stessa ricerca naturale, la
costituzione politica o l’affermazione dell’orizzonte
religioso e razionale, non potevano essere considerate
come scisse e tanto meno venire reciprocamente
contrapposte, secondo una logica interpretativa e di
storiografia filosofica di derivazione positivista. Nello
9. ● senza del concetto e della prassi dell’apertura non può
non deprivare di senso l’applicazione di uno schema
interpretativo neoplatonico-aristotelico (attualmente
hegeliano o cattolico-esistenzialista), che propenda od
imponga ideologicamente la necessità assoluta – per
intendere il pensiero e l’essere stesso – del concetto (e
della relativa prassi) dell’Uno necessario e d’ordine,
anche se qui – in questo contesto – affermato in
negativo, tramite una natura solamente immanente e
materiale. In questo caso infatti non si uscirebbe dalla
medesima strutturazione speculativa, come invece si
deve fare per intendere secondo verità e realtà le
riflessioni dei pensatori della scuola ionica di filosofia.
In caso contrario, si rischia di cadere in modo sempre
inconsapevole nelle trasformazioni e negli occultamenti
o nelle vere e proprie mistificazioni operate
dall’interpretazione aristotelica (cfr. Metafisica, A).
10. ● È proprio perché lo scopo finale delle
controargomentazioni filosofiche aristoteliche è
l’appropriazione in senso astratto della originaria e
sacrale fonte creativa e dialettica dei cosiddetti
“presofisti”, in funzione anti-platonica, che questa deve
essere riportata alla sua funzione immaginativa e
razionale radicale, concreta ed universale, materiale e
spirituale, se si vogliono continuare ad utilizzare in
forma non contrapposta – solo in realtà per carenza di
termini – due categorie apportate alla storia della
filosofia occidentale proprio da quel connubio
(Platone/Aristotele) e poi sviluppate teoretica-mente,
praticamente e storicamente dalla lunga ed inesausta
storia del Cristianesimo dogmatico.
11. ● Così non si tratta più di cercare una sostanza prima,
sottostante e materiale, una specie di sostrato
elementare e naturale, che sia poi capace di apparire e
manifestarsi come molteplicità fuggevole e in continuo
diradamento o allontanamento, come se si trattasse di
un soggetto sensibile caduco e destinato a scomparire,
ad annullarsi, non prima di essersi sfrangiato nella
divisione infinita delle possibili determinazioni. Qui non
può valere alcuna precomprensione di natura platonico-
aristotelica. E proprio perché questa precomprensione
si impose cancellando appunto l’opposta struttura
immaginativa e razionale in precedenza proposta dalle
diverse scuole presofistiche. Al contrario si deve
intendere e pensare che il principio (αρχή) non sia
12. ● prima indiviso e poi suddividentesi, come se delle sue
molteplici manifestazioni si potessero tracciare delle
rotte rettilinee e geometriche, che prima si divarichino e
che poi necessariamente debbano ritornare all’inizio,
per reduplicare senza soluzione di continuità le specie
viventi così enucleate (dal tutto e nel tutto). Così la
materia non è viva internamente e necessariamente
costretta a separarsi da se stessa, per ritornare a se
stes-sa. Dio non è all’inizio ed alla fine del tragitto. Ma,
come Uno d’orizzonte aperto, contempla in sé la
possibilità della diversità/molteplicità creativa (cfr.
l’origine orientale della filosofia di Plotino). Questa, a
propria volta, mentre si propone non distoglie mai da se
stessa lo sguardo della ed alla relazione eguale e
13. ● È questa duplicità di filiazione divina (paterna e
materna), che stabilisce e stabilizza eternamente e, qui
sì necessariamente, la relazione reciprocamente
dialettica, che salva e mantiene l’originario creativo,
rammentandone sempre l’apertura necessaria
d’orizzonte. Senza questa apertura, infatti, non vi
sarebbe possibilità per la creazione. Ecco quindi
prendere forma una dialettica pure verticale, già attinta
dalla precedente e progressiva trasformazione della
struttura razionale dei miti e riti religiosi greci, pre-
arcaici ed arcaici.
● Ecco dunque spiegata l’apparenza e la comprensione
dello spazio creativo e doppiamente dialettico, che farà
da sfondo all’intera speculazione della scuola ionica di
14. Talete
● Con Talete l’umido () non deve dunque essere
inteso come l’elemento naturale e materiale dal quale
fuoriescono tutti gli esseri viventi, quanto piuttosto la
rappresentazione sì materiale, ma in movimento aperto
e dialettico, di quello spazio immaginativo e razionale
che definisce e determina, accompagna e finalizza i tre
momenti successivi e collegati dello sforzo sintetico,
dell’accompagnamento di orizzonte - - e della
necessità e possibilità di finalizzazione individuale e
collettiva. Uno spazio triadico aperto, con un pieno
valore – insieme – teologico, politico e naturale. Quindi
saremmo di fronte al caso di una rappresentazione
filosofica, che opera una torsione e rivoluzione
completa dell’aspetto e della fonte creativa naturale,
15. ● globalizzazione dell’intervento e della finalizzazione
razionale. In questo movimento che ha origini creative
e dimensioni dialettiche – sia orizzontali, a
comprendere l’insieme degli esseri, che verticali, a
comprendere lo slancio infinito ed universale di un
impulso emotivo e razionale fondamentale ed
essenziale (cfr. la figura e la funzione dell’eros nella
speculazione parmenidea) – possono allora essere
reintegrate – con un senso, un significato ed una
funzione completamente diversa – le testimonianze
aristoteliche, che assegnano all’elemento acquoso ed
umido quelle capacità di sostentamento degli esseri
vitali, che risultano collegate alle virtù espresse del
calore. Secondo la testimonianza aristotelica
16. ● potenze generative degli esseri, cosicché l’elemento
stesso poteva garantire la potenziale dinamicità di ogni
sviluppo e tendenza. Ma il concetto e la prassi stessa
instaurata dalla potenza dello sviluppo e dalla tendenza
richiamano in campo quell’orientamento divergente
(quell’apertura razionale e religiosa) e quel termine
d’eguaglianza (il finalizzatore collettivo), che Aristotele
cerca sin da questo momento di nascondere, occultare
o negare, annullando completamente per il primo dei
naturalisti () la dimensione creativa e dialettica,
il modo attraverso il quale il “quanto” si fa “quale”,
grazie ad un particolare concetto di estensione con
variazione e rivoluzione/rovesciamento. Vedremo,
quando tratteremo della riflessione di G.W.F. Hegel,
17. ● potrà tematizzare e problematizzare questo concetto, e
quale prassi esso possa aprire. Del resto questo stesso
concetto presentava per lo stesso Aristotele una
ragione problematica, nel momento in cui il filosofo di
Stagira dovrà cercare di risolvere la questione
dell’induzione ().
●
TALETE, .
Sintesi
Orizzonte
Scopo
18. ● È dunque proprio il concetto di sostentamento
attraverso il calore che indica quel movimento verso
l’apertura di una molteplicità di potenze – cfr. le
successive idee della speculazione platonica – grazie
al quale si procede e si attinge quel rovesciamento
d’orizzonte di tipo razionale, in capo al quale la
realizzazione degli esseri, la loro finalizzazione comune
(eguale) può consolidarsi e stabilizzarsi, in modo
necessario e nello stesso tempo possibile, eguale,
autonomo (non-eteronomo) e libero. Allora, ancora, qui
non compare il concetto di strumento e tanto meno
quello di autostrumentalizzazione: concetti entrambi
cari alla successiva speculazione platonico-aristotelica.
19. Laboratorio di filosofia <<Porta di Massa>>
Flavia Marcacci su Talete
● Del resto gli stessi interessi astronomici, matematici,
fisici, politici e quindi - in senso ampio ed articolato -
filosofici di Talete testimoniano in maniera diversa
quale fosse e che strutturazione avesse la propria
diversa impostazione concettuale. In lui, infatti
l’inscindibile era l’inalienabile: lo stato federativo con
capitale Teo – testimoniato dal racconto di Erodoto –
verso il quale egli mosse le singole città della Ionia
dimostra l’applicazione di questo comune orizzonte
razionale e la sua forte valenza liberamente egualitaria.
Per questa ragione l’aspetto e la caratterizzazione
politica della sua speculazione non poteva separarsi da
una concezione religiosa e da una ben precisa
considerazione appunto naturale – “tutto è pieno di
20. ● un’anima come che sia in base alla calamita e
all’ambra” - che prevedesse che la molteplicità
apparentemente superiore delle potenze divine non
solo non si scindesse dalla vita naturale e razionale di
tutti gli esseri – liberamente ed egualmente viventi – ma
ne costituisse l’impulso, il nerbo e lo scopo profondo,
alto e comune. Diverso sarà il discorso impostato dalla
ricerca di una comune regolazione, avviato dalla scuola
di Pitagora e dai pitagorici. Ma qui, come per la figura
stessa di Eraclito, ci avviciniamo a quella concezione
distintiva e tendenzialmente separatista, che sarebbe
stata fortemente influenzata dalla diffusione delle
concezioni religiose orfiche. Non è un mistero per
alcuno che, allora, l’esito finale di questa impostazione
21. ● dovesse perfezionarsi altrimenti che nel lavoro
speculativo fortemente univocizzante di Platone (cfr. il
concetto dell’Uno-in-sé).
● In conclusione diventa chiaro ed immediatamente
evidente come la distinzione aristotelica fra i “teologi” –
i poeti precedenti, come per esempio Esiodo ed Omero
– ed i nuovi “fisiologi” – appunto Talete, Anassimandro
ed Anassimene – non possa non portare ad una
visione disintegrata ed inintellegibile della probabile
speculazione dei filosofi della Ionia e, quindi, ci
costringa ad abbandonare quel presupposto
interpretativo – fortemente aristotelizzato – che
immedesimava il principio con la sostanza materiale
comune ed originaria ( ), la cui
22. ● -rebbe stata all’origine causa e principio dell’unità
interna di tutti i fenomeni comparenti ed in divenire
all’interno dell’orizzonte comune dell’Essere. Lo scopo
della controdimostrazione aristotelica è, infatti, in
Metafisica A, non tanto la disintegrazione delle
argomentazioni platoniche, quanto piuttosto
l’occultamento, la sostituzione e l’appropriazione su di
un piano astratto – il piano immaginativo di una
sensibilità, che si muove internamente secondo
regolazioni e finalità necessarie – delle argomentazioni
dei presofisti e della loro visione radicale dell’infinito
creativo e doppiamente dialettico. Insieme a Platone,
infatti, Aristotele trasferirà su questo piano diviso tutti i
movimenti dell’Essere stesso, distinguendosi dal
proprio maestro unicamente per l’accentuazione del
senso oggettivo e determinato della finalità stessa.
L’idea platonica dell’essere-diverso diventa così la
potenza e l’atto di un divenire tendenziale e
23. Anassimandro
● La dimostrazione ulteriore del fatto che la serie delle
argomentazioni filosofiche aristoteliche è
consapevolmente indirizzata ad occludere lo spazio
vitale del pensiero e dell’azione dei presofisti è dato
dalla “dimenticanza” in Metafisica A della trattazione
della posizione di Anassimandro.
● In contrasto con una possibile identificazione del
concetto di infinito () in Anassimandro con il
concetto dell’illimite nella concezione pitagorica (vedi lo
schema approntato successivamente), la posizione del
successore di Talete alla guida della scuola ionica di
filosofia indica apertamente la valenza creativa e
doppiamente dialettica del principio, finalmente
identificata nel suo motore fondamentale ed essenziale
24. ● struttura costitutiva. Mentre l’illimite pitagorico svolge,
infatti, la parte della categoria astratta
dell’indeterminato, l’infinito anassimandreo non è parte
che si combina con una finalizzazione determinatrice,
essendo invece proprio lui causa, principio ed unità in
movimento, di differenziazione reciproca e di
ricomposizione d’orizzonte.
●
Schema
pitagorico
25. ● Senza questa valenza potenziale superiore (cfr. la
sovrabbondanza d’essere dell’Uno infinito plotiniano)
l’infinito anassimandreo non riuscirebbe, infatti, a
ricoprire la funzione che, successivamente, Parmenide
e Anassagora attribuiranno rispettivamente a Dike o
all’Intelligenza (), per il tramite delle omeomerie
(): la funzione intrinsecamente determinatrice,
sia in senso dialettico orizzontale, che in quello
verticale, di rammemorazione dell’apertura
dell’orizzonte razionale e naturale. Se, quindi, la
distinzione reciproca dei corpi (la separazione) - ottenuta
magari attraverso la contrapposizione logica dei
contrari (come sarà in Aristotele), oppure grazie ad
un’eventuale proporzione di vari elementi (come farà la
26. ● -cessiva) - è la fase mediana del movimento del
divenire universale, la fase iniziale e quella finale non
possono non essere contraddistinte da una posizione
nella quale quella distinzione viene annullata (a favore,
quindi, di un indistinto iniziale e di un indistinto finale).
Anticipando l’impostazione che sarà cara ad
Empedocle, Anassimandro distingue, qui, una ben
definita e delimitata dialettica verticale, che sarà
utilizzata – anche se in modo diverso - da Eraclito, per
la sua dialettica degli opposti. Nello stesso tempo,
come si è visto, questa dialettica verticale si manifesta
come dialettica orizzontale, attraverso la reciproca
distinzione e separazione dei corpi.
27. ● Se infinito è, dunque, il principio, infiniti saranno nello
spazio e nel tempo dell’intero movimento universale i
mondi che in esso prenderanno forma, movimento
proprio, sensazione, anima e capacità di autogoverno.
Quest’ultima virtù e perfezione potrà essere attinta e
confermata nel momento in cui ci si ricordi che il mondo
in formazione sta in relazione dialettica con tutti gli altri
mondi in formazione e che l’evoluzione dell’uno
influenza ed è influenzata dall’evoluzione di ciascun
altro. Ma il desiderio di sé, che anima i mondi, li
contrappone e rompe - disgregandola - l’unità
d’orizzonte (cfr. l’origine della sofferenza nella
concezione buddista). Qual è, però, l’effetto di questa
ingiustizia? Che il rovesciamento della logica originaria
si riflette sugli agenti della stessa, che verranno dissolti
28. ● negazione, quando questa avrà assunto il posto
dell’orizzonte originario, come assoluto della morte.
Nella concezione sotterraneamente politica di
Anassimandro è prevista la diversità, anche la
reciproca opposizione, ma non può essere consentita
la disgregazione del comune orizzonte unitario, che
vale come fonte di armonia e di contemperamento
reciproco, di codeterminazione e di reciproco
sostentamento e sopravvivenza. L’orizzonte unitario
universale riemerge comunque dalla dissoluzione dei
mondi in reciproca negazione, per salvaguardare o
rigenerare gli altri mondi o i residui di quelli disgregatisi.
29. ● La stessa forma della Terra, poi, posta al centro
dell’Universo riepiloga visivamente lo schema di questa
doppia versione dialettica (orizzontale e verticale), con
una forma cilindrica. Il movimento e l’evoluzione
contraddistinguono, infine, la stessa formazione ed
origine della specie umana, che viene fatta procedere
da altre forme viventi (le forme acquatiche).
● Laboratorio di filosofia <<Porta di Massa>>, Livio Rossetti su
Anassimandro
30. ●
Una visione, quella di Anassimandro, quindi totalmente
positiva, capace di oltrepassare ogni tragicità naturale e/o
razionale. Ben diversa e deformata è invece l’interpretazione
dello stesso pensatore, che si ricava dall’impostazione
aristotelica. Se si conserva la sua versione strettamente
necessitarista, la dialettica ed il motore infinito di questo
pensatore vengono schiacciati ed annullati, in una forma
primordiale indifferenziata, dalla quale il movimento stesso
verrebbe considerato e qualificato comunque come una
forma di ingiustizia, che deve a sua volta essere negata, per
ripristinare la condizione iniziale, assolutamente impedente
per quanto riguarda ogni forma di libera creatività. Tolto il
motore creativo, Aristotele ha buon gioco ad annullare anche
la visione della doppia dialettica anassimandrea, in attesa di
occupare lo stesso spazio concettuale, con la sua
definizione astratta ed immaginativa della materia e della
forma come soggetto medio e mediante.
31. Anassimene
● Mentre, quindi, Anassimandro aveva evidenziato il
motore fondamentale ed essenziale dell’Essere nella
sua interezza (cfr. invece Schelling e la sua filosofia
dell’Identità, di impostazione piuttosto orfico-eraclitea),
svelandone la sua intrinseca struttura costitutiva di tipo
creativo e doppiamente dialettico, l’attenzione di
Anassimene si concentra nella definizione e
determinazione di quel soggetto medio e mediante (cfr.
Aristotele ed il suo concetto di materia logica, astratta
ed immaginativa) che è da solo capace di dare
spiegazione ed effetto dimostrabile a tale principio ed a
tale struttura. In questo senso Anassimene sviluppa le
considerazioni precedenti di Anassimandro, che aveva
voluto indicare nell’eterno movimento rivoluzionatorio
dell’infinito (cfr. l’affinità con il nucleo centrale della
32. ●
-dano Bruno, lo “stabilissimo moto metafisico”, che dimostra i
moti della Terra e di tutti quanti gli altri astri celesti) la
possibilità e la potenza della genesi e della reciproca
codeterminazione dei corpi celesti. Per fare questo egli
procedette oltre la circolarità del fuoco, successivamente
spiraleggiante in circolarità diverse, suggerita da
Anassimandro e indicò nell’aria () e nel suo movimento
circolare la potenzialità dinamica capace di instaurare
quella dialettica orizzontale e verticale che, nella sua
visibilità immaginativa e razionale, attraverso la coppia
logica condensazione/rarefazione, doveva esprimere la
volontà e la potenza nel contempo differenziante ed
unitaria del principio stesso. Il movimento aereo avrebbe,
quindi, costituito la visibilità immaginativa sia della
reciproca differenziazione degli esseri, sia la loro
ricomposizione unitaria, all’interno dell’orizzonte razionale e
religioso comune, già de-
33. ● -lineato dai suoi predecessori. Allora l’aria avrebbe
mosso attraverso il soffio vitale l’anima di tutti gli
esseri viventi, la quale a sua volta avrebbe potuto sì
differenziarsi, ma anche ricomporsi (cfr. l’anima
universale nella speculazione di Plotino). L’anima del
tutto-d’essere avrebbe così sollecitato in senso
problematico ed effettivamente tecnico le speculazioni
successive di Eraclito e di Pitagora e dei pitagorici a
cercare una possibile regolazione astratta e separata,
prima e divisa, per la determinazione essenziale di
questo movimento (del divenire e dell’essere, nel
contempo). A ciò avrebbe poi risposto polemicamente,
prima il tentativo ricostitutivo di Parmenide e della
scuola eleate, poi quello dei fisici pluralisti (Empedocle,
34. Laboratorio di filosofia <<Porta di Massa>>
Enrico Moscarelli su Anassimene ed Ecateo
● -saggio verso il progressivo dominio ed egemonia della
mediazione astratta si sarebbe, infine, realizzato grazie
alle riflessioni sofistiche, socratiche, platoniche ed
aristoteliche.
● Quest’ultima è, dunque, una possibile traccia per lo
sviluppo di quell’orizzonte formativo di tipo disciplinare,
disposto, articolato e sommariamente organizzato,
all’inizio della stesura del piano di questo modulo.