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l’Unità
Sabato, 8 Aprile 2017 l11
C
hi direbbe mai che il costo di
un biglietto aereo, quello che
acquistiamo per volare in Ita-
lia, piuttosto che a Parigi o in
Germania, dipende dai litigi
tra Spagna e Re-
gno Unito su Gibilterra? Ebbe-
ne sì, è un fatto poco noto alla
stragrande maggioranza dei
cittadini europei, ma è un dato
di realtà e oggi, a Brexit avviata, diventa deci-
samente ancora più attuale.
Ci aspettano trattative difficili, al centro
delle quali sarà fondamentale porre l’interesse
dei cittadini europei. A complicare ulterior-
mente i negoziati potrebbe essere la Scozia,
che ha chiesto ufficialmente al Governo di
Theresa May un nuovo referendum, da tenersi
prima della fine dei negoziati con Bruxelles,
sull’indipendenza della regione, oltre all’Irlan-
da del Nord, che potrebbe sca-
tenare nuove tensioni. Infine la
questione più spinosa riguarda
Gibilterra, appunto, da sempre
motivo di scontro tra spagnoli e
britannici, che lo scorso giugno
ha votato per restare in Europa
con oltre il 96%.
Gibilterra è un territorio bri-
tannico d’oltremare con un
proprio sistema politico conte-
nuto nella Costituzione del
2006. Essa stabilisce che il Go-
verno di Gibilterra ha potere e-
secutivo, legislativo e giudizia-
rio distinto da quello del Regno Unito, ma che
dipende da quest’ultimo per quanto riguarda
la difesa e gli affari esteri. La “Rocca” venne
ceduta alla Gran Bretagna dalla Spagna nel
1713 con il Trattato di Utrecht, come parte de-
gli accordi a conclusione della Guerra di suc-
cessione spagnola. Nonostante tale accordo è
da più di trecento anni che spagnoli e britan-
nici litigano sullo status del territorio. Per mol-
ti anni durante la dittatura franchista i confini
di Gilbilterra rimasero isolati da quelli della
Spagna e solo con l’ingresso di Madrid in Eu-
ropa tra i due ripreso relazioni e scambi com-
merciali normali. Rimase però l’annosa que-
stione dell’aeroporto di Gibilterra (e qui mi
riaggancio al passaggio iniziale sui voli): l’Ist-
mo, il pezzo di terra di appena 1,6 chilometri
che divide Gibilterra dalla penisola iberica e
lIl contenzioso tra Londra e Madrid blocca da anni
la creazione di un Cielo unico Ue con rotte più brevi
nel quale sorge l’aeroporto, non viene ricono-
sciuto dal Governo spagnolo. Questo fatto
blocca da anni in Consiglio qualsiasi provvedi-
mento volto alla realizzazione del Cielo Unico
europeo che, se completato, consentirebbe di
avere rotte aeree più brevi, economiche e ri-
spettose dell’ambiente in tutta Europa.
Se abbiamo vissuto sessant’anni di pace in
Europa, lo dobbiamo soprattutto al progetto di
integrazione europea. Per questo è importante
evitare che la questione Gibilterra possa anche
solo lontanamente evocare il ripete dell’espe-
rienza delle Falkland in Argentina. Per ora
nulla sembra presagire che si voglia andare
verso questa direzione. Il supposto potere di
veto spagnolo su qualsiasi decisione riguarde-
rà la Rocca per i negoziati sulla Brexit, espres-
so venerdì dal presidente del Consiglio Donald
Tusk, pone di fronte la questione che solo un
accordo bilaterale separato tra Londra e Ma-
drid possa risolvere il conten-
zioso. Se si dovesse seguire
questa strada un negoziato se-
parato tra il Governo spagnole
e quello inglese rischierebbe
non solo di pesare fortemente
sui negoziati generali della Bre-
xit e scaldare gli animi tra le
due azioni ma soprattutto di
non fare gli interessi dei citta-
dini europei.
Tra i punti della risoluzione
del negoziato per la Brexit ap-
provato questa settimana dal
Parlamento europeo una delle
priorità è quella di tutelare i cittadini dell’Ir-
landa del Nord e della Scozia, che in maggio-
ranza hanno votato per rimanere nell’Unione
europea. Nulla invece è stato detto, per il veto
dei parlamentari spagnoli, su Gibilterra, nono-
stante il remain abbia vinto in maniera indi-
scutibile. Se la linea guida dei negoziati per
l’uscita dell’Inghilterra dall’Ue dev’essere la
tutela dei cittadini europei, forse un atteggia-
mento meno rigido da parte del Presidente del
Consiglio Tusk, oltre che della Spagna, nei
confronti di Gibilterra, potrebbe non solo con-
sentire di risolvere l’annosa questione dell’ae-
roporto e sbloccare così facendo l’approvazio-
ne del Cielo Unico europeo, ma anche di tute-
lare tutti coloro che in maggioranza lo scorso
giugno hanno deciso di votare per restare al-
l’interno dell’Ue.
La questione
di Gibilterra pesa
sulla Brexit e sullo
spazio aereo europeo
È da più
di 300 anni
che spagnoli
e britannici
litigano
sullo status
del territorio
N
o, mi spiace ma, pur
condividendo lo choc per le
immagini raccapriccianti
arrivate dalla provincia
siriana di Idlib dopo il
bombardamento di martedì
scorso, e pur condividendo la frustrazione
per l’impasse del Consiglio di Sicurezza
dell’Onu, bloccato dal veto russo, fatico ad
accettare che per punire una violazione
del diritto internazionale si debba
ricorrere a un’altra violazione del diritto
internazionale. I missili lanciati giovedì
notte dalle navi americane rappresentano
un atto unilaterale che sul lungo termine
rischiano di aggravare la situazione, anche
se, come dicono voci europee, l’intenzione
è «comprensibile». Da noi addirittura certi
incredibili commentatori grillini quasi
mettono sullo stesso piano Assad e
Trump, nel loro empito incontenibile pro
Putin. Non ci si può «sciroppare»
acriticamente la propaganda russa che
cerca artificiosamente di creare dubbi e
confusione su tutto. Sul fatto che il regime
siriano di Bashar al-Assad sia un regime
criminale che debba rispondere dei propri
crimini davanti al Tribunale Penale
Internazionale dell’Aia non ci sono dubbi.
Così come non ci sono dubbi sul fatto che
le atrocità commesse martedì scorso non
debbano e non possano restare impunite.
Il problema è come superare questa
intollerabile situazione e non è un
dettaglio visto che stiamo ancora pagando
le scelte avventate fatte in passato in Iraq.
L’Unione europea, con l’Alto
rappresentante per la politica estera,
Federica Mogherini, è da tempo
impegnata in uno sforzo diplomatico a
Ginevra per far cessare le operazioni
militari in Siria e avviare un negoziato tra
le parti che possa portare a una pace
duratura. Molti però cominciano a
ritenere quasi esaurito il tempo della
ricerca della mediazione. Avvertiamo
anche noi tutti i limiti della diplomazia,
soprattutto quando l’Unione europea non
è supportata da una politica estera
compatta dei Governi e quando non si
può contare su un potere di deterrenza
militare, ma non è un motivo sufficiente
per buttare tutto all’aria e tornare agli
errori del passato. In campagna elettorale
l’ex presidente americano Barack Obama
è stato criticato dai falchi repubblicani
con l’argomento che la diplomazia senza
guerra non funziona, ma noi tutti
abbiamo imparato a nostre spese in Iraq,
Afghanistan e Libia che neanche la guerra
senza diplomazia è molto efficace.
L’Unione europea resta l’ultimo baluardo
del diritto internazionale e dell’approccio
multilaterale alle crisi ma purtroppo la
sua voce è coperta dalle mille voci degli
Stati nazionali. Ieri, nonostante i tentativi
di coordinamento europeo delle
istituzioni comunitarie, i primi a prendere
posizione per appoggiare
incondizionatamente l’azione Usa sono
stati il presidente francese Francois
Hollande e la cancelliera tedesca Angela
Merkel. Poi sono arrivate le parole del
presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk,
poi quelle del presidente della
Commissione Jean-Claude Juncker, poi
quelle del premier italiano Paolo
Gentiloni e degli altri governi e solo nel
pomeriggio è arrivato il comunicato di
Mogherini che ricordava giustamente che
i responsabili dei bombardamenti con le
armi chimiche «dovrebbero essere
sanzionati nel quadro delle Nazioni
Unite» e che «l’Ue crede fermamente che
non ci possa essere una soluzione militare
al conflitto». Si può discutere sul fatto se il
cambio di regime a Damasco non debba
essere una precondizione di qualsiasi
negoziato e qualsiasi aiuto finanziario
europeo, così come si può discutere se
non sia necessario un intervento militare
internazionale, come la creazione di una
no-fly zone che impedisca agli aerei di
Assad di continuare a massacrare civili.
Quello però che io credo che non
possiamo mettere in discussione è il
metodo di una politica multilaterale
basata sul diritto internazionale in cui il
primo mattone deve essere un’Unione
europea forte capace di agire e di parlare
con una voce sola. La stiamo ancora
aspettando e soprattutto l’aspettano le
vittime innocenti delle guerre.
Patrizia
Toia
CAPODELEGAZIONE PD
Il Commento
LapaceinSiria
nonsifaconimissili
Ungheria, donne e bilancio
Ungheria
Nella prossima seduta sarà all’ordine del
giorno il dibattito sulla legge approvata dal
Parlamento ungherese che può portare alla
chiusura dell’Università Europea (CEU) di
Budapest. Per Silvia Costa, coordinatrice
Commissione Cultura, «questa decisione è il
risultato di un’iniziativa politica importante
del gruppo S&D e di una mia proposta di una
interrogazione orale per difendere la libertà
di educazione e l’indipendenza accademica
come valori fondamentali dell’Ue».
Notizie dall’Europa
Martedì 11 a Bruxelles su iniziativa dell’on. Damiano Zoffoli
conferenza sulla decarbonizzazione dei mezzi pesanti
1
2
Donne
La 61ª sessione della Commissione ONU sulla
condizione delle donne ha avuto come tema
«l’emancipazione economica delle donne nel
mondo del lavoro che cambia». Per
l’europarlamentare Pd Pina Picierno «l’Ue,
rappresentata dal Consiglio, è al momento
l’unico attore globale che può difendere il
ruolo della donna e la sua indipendenza ed
emancipazione, non solo economica.
L’indipendenza della donna su tutto quello che
riguarda la sua salute è la base del rispetto».
3
Bilancio europarlamento
L’aula di Strasburgo ha votato il bilancio del
Parlamento europeo. Secondo il
vicepresidente David Sassoli «il bilancio 2018
rappresenta un passo in avanti verso la
trasparenza e l’efficienza. Il testo che abbiamo
approvato prevede un aumento di solo 2,3%
rispetto al bilancio 2017 e ci permette di
risparmiare circa 18 milioni di euro rispetto alla
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quella che è la casa della democrazia».
Isabella
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Per mol- ti anni durante la dittatura franchista i confini di Gilbilterra rimasero isolati da quelli della Spagna e solo con l’ingresso di Madrid in Eu- ropa tra i due ripreso relazioni e scambi com- merciali normali. Rimase però l’annosa que- stione dell’aeroporto di Gibilterra (e qui mi riaggancio al passaggio iniziale sui voli): l’Ist- mo, il pezzo di terra di appena 1,6 chilometri che divide Gibilterra dalla penisola iberica e lIl contenzioso tra Londra e Madrid blocca da anni la creazione di un Cielo unico Ue con rotte più brevi nel quale sorge l’aeroporto, non viene ricono- sciuto dal Governo spagnolo. Questo fatto blocca da anni in Consiglio qualsiasi provvedi- mento volto alla realizzazione del Cielo Unico europeo che, se completato, consentirebbe di avere rotte aeree più brevi, economiche e ri- spettose dell’ambiente in tutta Europa. Se abbiamo vissuto sessant’anni di pace in Europa, lo dobbiamo soprattutto al progetto di integrazione europea. Per questo è importante evitare che la questione Gibilterra possa anche solo lontanamente evocare il ripete dell’espe- rienza delle Falkland in Argentina. Per ora nulla sembra presagire che si voglia andare verso questa direzione. Il supposto potere di veto spagnolo su qualsiasi decisione riguarde- rà la Rocca per i negoziati sulla Brexit, espres- so venerdì dal presidente del Consiglio Donald Tusk, pone di fronte la questione che solo un accordo bilaterale separato tra Londra e Ma- drid possa risolvere il conten- zioso. Se si dovesse seguire questa strada un negoziato se- parato tra il Governo spagnole e quello inglese rischierebbe non solo di pesare fortemente sui negoziati generali della Bre- xit e scaldare gli animi tra le due azioni ma soprattutto di non fare gli interessi dei citta- dini europei. Tra i punti della risoluzione del negoziato per la Brexit ap- provato questa settimana dal Parlamento europeo una delle priorità è quella di tutelare i cittadini dell’Ir- landa del Nord e della Scozia, che in maggio- ranza hanno votato per rimanere nell’Unione europea. Nulla invece è stato detto, per il veto dei parlamentari spagnoli, su Gibilterra, nono- stante il remain abbia vinto in maniera indi- scutibile. Se la linea guida dei negoziati per l’uscita dell’Inghilterra dall’Ue dev’essere la tutela dei cittadini europei, forse un atteggia- mento meno rigido da parte del Presidente del Consiglio Tusk, oltre che della Spagna, nei confronti di Gibilterra, potrebbe non solo con- sentire di risolvere l’annosa questione dell’ae- roporto e sbloccare così facendo l’approvazio- ne del Cielo Unico europeo, ma anche di tute- lare tutti coloro che in maggioranza lo scorso giugno hanno deciso di votare per restare al- l’interno dell’Ue. La questione di Gibilterra pesa sulla Brexit e sullo spazio aereo europeo È da più di 300 anni che spagnoli e britannici litigano sullo status del territorio N o, mi spiace ma, pur condividendo lo choc per le immagini raccapriccianti arrivate dalla provincia siriana di Idlib dopo il bombardamento di martedì scorso, e pur condividendo la frustrazione per l’impasse del Consiglio di Sicurezza dell’Onu, bloccato dal veto russo, fatico ad accettare che per punire una violazione del diritto internazionale si debba ricorrere a un’altra violazione del diritto internazionale. I missili lanciati giovedì notte dalle navi americane rappresentano un atto unilaterale che sul lungo termine rischiano di aggravare la situazione, anche se, come dicono voci europee, l’intenzione è «comprensibile». Da noi addirittura certi incredibili commentatori grillini quasi mettono sullo stesso piano Assad e Trump, nel loro empito incontenibile pro Putin. Non ci si può «sciroppare» acriticamente la propaganda russa che cerca artificiosamente di creare dubbi e confusione su tutto. Sul fatto che il regime siriano di Bashar al-Assad sia un regime criminale che debba rispondere dei propri crimini davanti al Tribunale Penale Internazionale dell’Aia non ci sono dubbi. Così come non ci sono dubbi sul fatto che le atrocità commesse martedì scorso non debbano e non possano restare impunite. Il problema è come superare questa intollerabile situazione e non è un dettaglio visto che stiamo ancora pagando le scelte avventate fatte in passato in Iraq. L’Unione europea, con l’Alto rappresentante per la politica estera, Federica Mogherini, è da tempo impegnata in uno sforzo diplomatico a Ginevra per far cessare le operazioni militari in Siria e avviare un negoziato tra le parti che possa portare a una pace duratura. Molti però cominciano a ritenere quasi esaurito il tempo della ricerca della mediazione. Avvertiamo anche noi tutti i limiti della diplomazia, soprattutto quando l’Unione europea non è supportata da una politica estera compatta dei Governi e quando non si può contare su un potere di deterrenza militare, ma non è un motivo sufficiente per buttare tutto all’aria e tornare agli errori del passato. In campagna elettorale l’ex presidente americano Barack Obama è stato criticato dai falchi repubblicani con l’argomento che la diplomazia senza guerra non funziona, ma noi tutti abbiamo imparato a nostre spese in Iraq, Afghanistan e Libia che neanche la guerra senza diplomazia è molto efficace. L’Unione europea resta l’ultimo baluardo del diritto internazionale e dell’approccio multilaterale alle crisi ma purtroppo la sua voce è coperta dalle mille voci degli Stati nazionali. Ieri, nonostante i tentativi di coordinamento europeo delle istituzioni comunitarie, i primi a prendere posizione per appoggiare incondizionatamente l’azione Usa sono stati il presidente francese Francois Hollande e la cancelliera tedesca Angela Merkel. Poi sono arrivate le parole del presidente del Consiglio Ue, Donald Tusk, poi quelle del presidente della Commissione Jean-Claude Juncker, poi quelle del premier italiano Paolo Gentiloni e degli altri governi e solo nel pomeriggio è arrivato il comunicato di Mogherini che ricordava giustamente che i responsabili dei bombardamenti con le armi chimiche «dovrebbero essere sanzionati nel quadro delle Nazioni Unite» e che «l’Ue crede fermamente che non ci possa essere una soluzione militare al conflitto». Si può discutere sul fatto se il cambio di regime a Damasco non debba essere una precondizione di qualsiasi negoziato e qualsiasi aiuto finanziario europeo, così come si può discutere se non sia necessario un intervento militare internazionale, come la creazione di una no-fly zone che impedisca agli aerei di Assad di continuare a massacrare civili. Quello però che io credo che non possiamo mettere in discussione è il metodo di una politica multilaterale basata sul diritto internazionale in cui il primo mattone deve essere un’Unione europea forte capace di agire e di parlare con una voce sola. La stiamo ancora aspettando e soprattutto l’aspettano le vittime innocenti delle guerre. Patrizia Toia CAPODELEGAZIONE PD Il Commento LapaceinSiria nonsifaconimissili Ungheria, donne e bilancio Ungheria Nella prossima seduta sarà all’ordine del giorno il dibattito sulla legge approvata dal Parlamento ungherese che può portare alla chiusura dell’Università Europea (CEU) di Budapest. Per Silvia Costa, coordinatrice Commissione Cultura, «questa decisione è il risultato di un’iniziativa politica importante del gruppo S&D e di una mia proposta di una interrogazione orale per difendere la libertà di educazione e l’indipendenza accademica come valori fondamentali dell’Ue». Notizie dall’Europa Martedì 11 a Bruxelles su iniziativa dell’on. Damiano Zoffoli conferenza sulla decarbonizzazione dei mezzi pesanti 1 2 Donne La 61ª sessione della Commissione ONU sulla condizione delle donne ha avuto come tema «l’emancipazione economica delle donne nel mondo del lavoro che cambia». Per l’europarlamentare Pd Pina Picierno «l’Ue, rappresentata dal Consiglio, è al momento l’unico attore globale che può difendere il ruolo della donna e la sua indipendenza ed emancipazione, non solo economica. L’indipendenza della donna su tutto quello che riguarda la sua salute è la base del rispetto». 3 Bilancio europarlamento L’aula di Strasburgo ha votato il bilancio del Parlamento europeo. Secondo il vicepresidente David Sassoli «il bilancio 2018 rappresenta un passo in avanti verso la trasparenza e l’efficienza. Il testo che abbiamo approvato prevede un aumento di solo 2,3% rispetto al bilancio 2017 e ci permette di risparmiare circa 18 milioni di euro rispetto alla proposta presentata in Gennaio, senza pregiudicare il corretto funzionamento di quella che è la casa della democrazia». Isabella De Monte