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MASTER UNIVERSITARIO CONGIUNTO DI II LIVELLO IN
DIRITTO ALIMENTARE
Università degli Studi della Tuscia
Dipartimento DISTU
I SISTEMI DEI CONTROLLI DEI VINI DI QUALITA’
Relatore: Avv. Carlotta Gori
Candidato : Andrea Barbetta
ANNO ACCADEMICO 2014 – 2015
2
3
SOMMARIO
SOMMARIO ..................................................................................................................................................... 3
RIASSUNTO..................................................................................................................................................... 5
ABSTRACT ...................................................................................................................................................... 6
1. INTRODUZIONE ..................................................................................................................................... 7
2. LE DENOMINAZIONI D’ORIGINE ....................................................................................................... 9
2.1. Cosa sono le Denominazioni d’Origine e le Indicazioni Geografiche................................................... 9
2.2. Le Denominazioni d’Origine e le Indicazioni Geografiche nelle specificità del vino ......................... 10
2.3. Le D.O. nei paesi Europei maggiormente vocati alla Viticoltura ........................................................ 11
2.4. L’evoluzione normativa delle D.O. nella storia dell’Italia................................................................... 12
3. IL RUOLO DELLA COMUNITA’ EUROPEA NELLA TUTELA E NELLA VALORIZZAZIONE
DELLE DO.............................................................................................................................................. 15
3.1. Nuova OCM vino: il Regolamento (CE) n. 479/2008, oggi n. 1308/2013 .......................................... 16
3.2. Il D.Lgs. 8 aprile 2010 n. 61 ................................................................................................................ 18
3.3. Un cenno ai Disciplinari di produzione................................................................................................ 24
4. I CONTROLLI DEI VINI DOC E DOCG .............................................................................................. 25
4.1. Gli adempimenti obbligatori dei soggetti coinvolti nella filiera vitivinicola ....................................... 25
4.2. L’attuale procedimento di controllo e certificazione ........................................................................... 27
5. LA CERTIFICAZIONE DEI VINI ......................................................................................................... 37
5.1. L’iter certificativo: il procedimento di Prelievo, Analisi e Degustazione............................................ 37
6. CONCLUSIONI ...................................................................................................................................... 45
7. BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................................................... 47
8. SITOGRAFIA.......................................................................................................................................... 48
4
5
RIASSUNTO
Il mercato del vino rappresenta oggi uno tra i settori che maggiormente fonda il proprio successo sulla
qualità, seguendo le preferenze di consumatori sempre più esigenti, sia per le caratteristiche che si aspettano
dal prodotto, sia per le crescenti attenzioni che essi riservano ai temi della sicurezza alimentare. Per far fronte
a questa crescente esigenza, l’Unione Europea ha messo in atto uno specifico sistema di controlli e di
certificazioni che risulta uno dei più complessi nel panorama dei prodotti agroalimentari.
Partendo dalla disciplina generale delle Denominazioni d’Origine (DO) e delle Indicazioni Geografiche (IG)
e declinandola in ambito vitivinicolo, con il presente lavoro si va ad approfondire la normativa specifica che
regola il sistema dei controlli e delle certificazioni dei vini a denominazione. Dopo una panoramica iniziale
sull’utilizzo dello DO e delle IG nei principali paesi dell’UE per il comparto vitivinicolo, si va a delineare il
quadro storico della normativa nazionale e comunitaria sui vini, evidenziando come negli ultimi 50 anni,
l’attenzione del legislatore si sia rivolta con sempre maggior frequenza a questo vitale settore, da sempre
strategico per il nostro paese. Da questa consapevolezza, nasce la volontà di tutelare maggiormente i
consumatori ma anche il sistema produttivo, attraverso un meccanismo di attribuzione di qualità ai vini,
legando la stessa alla territorialità delle produzioni. Tutto ciò trova ampia collocazione all’interno dell’ultima
OCM vino (Reg. n. 479/2008), oggi contenuta nell’OCM unica (Reg. n. 1308/2013). Con il D.Lgs. 8 aprile
2010 n. 61, il governo Italiano ha recepito il Reg. 479/2008, apportando importanti integrazioni e modifiche
alla legislazione nazionale vigente in materia di classificazione delle Denominazioni d’Origine e delle
Indicazioni Geografiche, di disciplinari di produzione e di gestione di superfici vitate, di controllo delle DO e
delle IG, di Consorzi di tutela ecc.
Nei successivi capitoli, viene quindi affrontato nel suo complesso, il tema dei controlli nell’ambito delle DO,
andando ad analizzare gli adempimenti a cui devono sottostare le principali figure coinvolte nella filiera;
siano essi viticoltori, vinificatori o imbottigliatori. I controlli, di tipo documentale, ispettivo ed analitico,
vengono eseguiti con modalità differenti secondo quanto stabilito dall’allegato 2 del DM 14 giugno 2012.
Queste fasi, che fanno parte della routine degli Organismi di Controllo (OdC), sono la base fondante per
poter dare avvio all’iter di certificazione dei vini DOC e DOCG. Tramite le procedure di prelievo dei
campioni, di analisi chimico fisiche ed infine organolettiche (degustazione), si arriva, dopo l’esito positivo,
ad ottenere la certificazione della partita di vino a DO. Nonostante la burocrazia ed i costi che un tale iter di
controllo e certificazione comporta, questo sistema appare ad oggi, l’unico in grado di garantire la sicurezza
per il consumatore di acquistare un vino di alta qualità prodotto in una determinata zona particolarmente
vocata per la coltivazione di quelle pregiate uve; per contro, i produttori possono godere della riconoscibilità
che una DO può acquisire tra i consumatori in seguito ad adeguate strategie di marketing. Da ciò, risulta
evidente che l’errore del singolo produttore, può facilmente compromettere la reputazione acquisita negli
anni da una denominazione tra i consumatori, andando a danneggiare tutti i produttori della stessa DO. Ecco
perché è necessario un rigoroso e funzionale sistema di controllo e certificazione per questi vini d’eccellenza
che aumentando di anno in anno l’export, portando alto il nome del “Made in Italy” nel mondo.
6
ABSTRACT
The wine market is today one of the sectors that bases its success on the quality, according to the preferences
of increasingly demanding consumers, and for the features they expect from the product, both for the
growing attention that they reserve the right to security food. To address this growing need, the European
Union has put in place a specific system of checks and certifications which is one of the most complex in the
panorama of food products.
Starting from the general discipline of Designations of Origin (DO) and Geographical Indications (GI) and
declining it in the wine field, with the present work is to investigate the specific legislation that regulates the
system of controls and certification of wines with denomination. After an initial overview about using the
DO and IG in the major EU countries for the wine sector, it goes on to outline the historical framework of
national and Community legislation on wines, noting that in the last 50 years, the attention of the legislator it
is facing with increasing frequency in this vital sector, always strategic for our country. From this awareness,
comes the desire to better protect consumers but also the productive system, through a mechanism for the
allocation of quality wines, tying the same to the territoriality of the productions. Everything is wide position
within the last CMO wine (Reg. No. 479/2008), now contained in the single CMO (Reg. No. 1308/2013).
With the Decree. 8th April, 2010 n. 61, the Italian Government has implemented the Reg. 479/2008, making
important additions and changes to existing national legislation concerning the classification of Designations
of Origin and Geographical Indications, the disciplinary of production and management of areas under vines,
control the DO and IG, of protection consortiums etc.
In subsequent chapters, it is then addressed as a whole, the issue of controls concerning DO, by analyzing the
obligations to be met by major stakeholder in the supply chain; be they growers, winemakers and bottlers.
The controls, type of document, inspection and analysis, are executed in different ways as set out in Annex 2
of the Ministerial Decree of 14th June 2012. These steps, which are part of the routine of the Control Bodies
(CB), are the foundation for be able to start the procedure for certification of CDO and CGDO wines.
Through the procedures of sampling, analytical and physical chemistry finally organoleptic (taste), we arrive,
after the positive result, to obtain the certification of the batch of wine to DO. Despite the bureaucracy and
costs that such a process of control and certification implies, this system appears to now, the only one able to
provide security for the consumer to purchase a high-quality wine produced in a given area particularly
suited for cultivation of the finest grapes; by contrast, manufacturers can enjoy the recognition that a DO can
acquire among consumers, given appropriate marketing strategies. Hence, it is clear that the error of the
individual producer, can easily undermine the reputation acquired over the years by a name among
consumers, going to harm all producers in the same DO. That's why you need a rigorous and functional
control system and certification for these excellent wines that increasing year by year exports, bringing up
the name of "Made in Italy" worldwide.
7
1. INTRODUZIONE
Negli ultimi cinquant’anni il mondo del vino è andato incontro a una vera e propria rivoluzione che ha
riguardato tanto i modi di produrre quanto i modelli di consumo. Il vino italiano ha infatti subito
un’importante evoluzione e ha notevolmente ampliato i suoi orizzonti, raggiungendo i mercati di tutto il
mondo. Questo processo è essenzialmente la conseguenza dell’evoluzione socio economica e culturale, non
solo nel nostro Paese, che da sempre influenza profondamente la produzione vinicola. Basti pensare
all’effetto che ebbe negli anni sessanta dello scorso secolo, il fenomeno del “boom” economico legato
all’industrializzazione e al crescente benessere della popolazione, al fine della creazione di un nuovo tipo di
domanda. Non serviva più un vino con delle caratteristiche di alimento povero sia dal punto di vista delle
caratteristiche organolettiche che del prezzo, ci voleva un “nuovo” vino, di qualità più elevata e in grado di
rispondere alle mutate esigenze dei consumatori, italiani e stranieri. Un dato che conferma quanto detto è
senz’altro quello riferito ai consumi interni; se negli anni sessanta il consumo pro capite era ben superiore ai
cento litri, oggi si attesta a meno di quaranta litri ed il trend è in diminuzione. In antitesi a questo,
fortunatamente negli anni l’export è esponenzialmente aumentato grazie alla sempre maggior domanda da
paesi consolidati come USA e Canada ma anche da nuovi paesi emergenti, appartenenti ai cosiddetti BRICS.
Tornando agli anni sessanta, cruciali per il settore, il 12 luglio 1963, con la nascita della prima legge (DPR n.
930) sulle Denominazioni di origine si rimette in moto un processo e un settore che ormai sembrava ben
poco competitivo. Tutto ciò è potuto avvenire, sulla scia delle considerazioni fatte poc’anzi, grazie ad un
ripensamento complessivo del ruolo del vino a partire dai modi di produzione (nel vigneto e in cantina), del
riferimento ad un nuovo target di consumatori e di un primo, seppur limitato, utilizzo della pubblicità e della
promozione. Questo definitivo decollo del processo di crescita, si è consolidato nella seconda metà degli anni
Ottanta, ovvero subito dopo lo scandalo del metanolo del marzo 1986 che fece crollare di oltre un terzo
l’export e diminuire il fatturato del 25%. Sostanzialmente a reggere l’urto di un’immagine del vino italiano
gravemente messa in discussione, furono i vini a denominazione di origine e i loro consorzi che
rappresentarono un punto di riferimento per i consumatori, in un momento difficilissimo per tutto il settore.
Sempre in quel periodo, oltre ad evidenziare il valore dei vini a denominazione, si iniziarono a porre le basi
per un diverso e più ampio sistema di controlli, che favorirono il “rinascimento” del vino italiano.
Se, il comparto vitivinicolo oggi riesce a confermarsi una delle realtà produttive agricole più forti sia sui
mercati interni sia su quelli internazionali, senza dubbio lo si deve anche alle norme di tutela della
denominazione con le quali, ben prima delle esigenze odierne, si scelse di puntare sulla qualità, migliorando
le tecniche di produzione di pieno campo e di cantina, nonché esaltando le caratteristiche esclusive dei vini
ottenuti in ragione delle specificità tangibili e intangibili del territorio, sancendo una irriproducibilità di un
bene con medesime caratteristiche in altri contesti.
8
9
2. LE DENOMINAZIONI D’ORIGINE
2.1. Cosa sono le Denominazioni d’Origine e le Indicazioni Geografiche
Le Denominazioni d’Origine e le Indicazioni Geografiche, ovvero le DOP (Denominazioni d’Origine
Protetta), IGP (Indicazioni Geografiche Protette) e SGT (Specificità Tradizionali Garantite), sono gli
strumenti operativi adottati dall’UE per contrastare e prevenire forme di concorrenza sleale e promuovere
alimenti di qualità.
Le IG sono state impiegate per lungo tempo, specialmente in Europa. Tuttavia, l’interesse verso queste
certificazioni è aumentato considerevolmente dopo che è stata loro riconosciuta la forma di proprietà
intellettuale nell’ambito dell’accordo TRIPS in seno al WTO (Josling, 2006).
Le IG, introdotte con il Reg. CE n. 2081/1992 ed oggi ricomprese nel Reg. CE n. 1151/2012, garantiscono
che solo i prodotti provenienti da una specifica regione possano essere commercializzati come tali. In
particolare all’Art. 5 del Reg 1151/2012 si precisa che per “Denominazione d’Origine” ed “Indicazione
Geografica” s’intende:
1. Ai fini del presente regolamento «denominazione di origine» è un nome che identifica un prodotto:
a) originario di un luogo, regione o, in casi eccezionali, di un paese determinati;
b) la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare
ambiente geografico ed ai suoi intrinseci fattori naturali e umani; e
c) le cui fasi di produzione si svolgono nella zona geografica delimitata.
2. Ai fini del presente regolamento, «indicazione geografica» è un nome che identifica un prodotto:
a) originario di un determinato luogo, regione o paese;
b) alla cui origine geografica sono essenzialmente attribuibili una data qualità; la reputazione o altre
caratteristiche; e
c) la cui produzione si svolge per almeno una delle sue fasi nella zona geografica delimitata.
In quanto alle STG all’Art. 18 del succitato regolamento si stabilisce che:
1. Un nome è ammesso a beneficiare della registrazione come specialità tradizionale garantita se designa
uno specifico prodotto o alimento:
a) ottenuto con un metodo di produzione, trasformazione o una composizione che corrispondono a una
pratica tradizionale per tale prodotto o alimento; o
b) ottenuto da materie prime o ingredienti utilizzati tradizionalmente.
2. Affinché un nome sia registrato come specialità tradizionale garantita, esso deve:
a) essere stato utilizzato tradizionalmente in riferimento al prodotto specifico; o
b) designare il carattere tradizionale o la specificità del prodotto.
10
Volendo riassumere la norma, si può dire che la Denominazione d’Origine Protetta (DOP) identifica la
denominazione di un prodotto la cui produzione, trasformazione ed elaborazione devono aver luogo in
un’area geografica determinata e caratterizzata da un know-how riconosciuto e constatato. Nell’Indicazione
Geografica Protetta (IGP), invece, il legame con il territorio deve essere presente in almeno uno degli stadi
della produzione, della trasformazione o dell’elaborazione del prodotto. Infine, la certificazione di Specialità
Tradizionale Garantita (STG) non fa riferimento ad un’origine, ma ha per oggetto una composizione o un
metodo di produzione tradizionale.
Il sistema europeo di protezione dell’origine è strutturato intorno a tre gruppi di attori: il primo è composto
dagli imprenditori agricoli e trasformatori, il secondo dalle autorità regionali, nazionali e comunitarie, infine
il terzo dagli organi competenti nei sistemi di controllo. Quando un gruppo di agricoltori o trasformatori
intende ottenere una protezione per uno specifico prodotto, viene richiesto loro di presentare una domanda
all’autorità nazionale. Una volta accertato che tutti i requisiti siano soddisfatti, l’autorità nazionale trasmette
la domanda alla Commissione Europea, responsabile per l’approvazione o il rifiuto della stessa. La domanda
deve definire i limiti geografici dell’area dell’IG, i disciplinari di produzione e trasformazione e fornire
prova della connessione tra marchio e area di provenienza. Inoltre, il gruppo richiedente deve nominare un
organo ispettivo che certifichi la presenza dei requisiti e conduca appropriati controlli per garantire che gli
stessi siano costantemente soddisfatti (Hayes et al., 2003).
2.2. Le Denominazioni d’Origine e le Indicazioni Geografiche nelle specificità
del vino
Nel caso del vino, il quadro normativo relativo alle D.O. e alle I.G. è definito nell’ambito della relativa
OCM, che fino alla recente riforma (Reg. n. 479/2008) rimandava la definizione delle denominazioni
d’origine alla normativa nazionale. Con la modifica dell’OCM vino, è stato previsto un regime che permetta
di esaminare le domande di denominazione di origine o indicazione geografica in linea con l’impostazione
seguita nell’ambito della normativa trasversale della qualità applicata ai prodotti alimentari diversi dal vino e
dalle bevande spiritose nel Regolamento n. 510/2006, al fine di consentire l’istituzione di un quadro
trasparente e più completo che rinforzi l'indicazione di qualità dei vini.
Le innovazioni previste comportano l’abbandono di formule consolidate sul piano della comunicazione
simbolica con il consumatore (VQPRD e IGT), in favore dell’adozione, anche nel settore dei vini, delle
formule di DOP e IGP, sinora esclusivamente riservate ai prodotti diversi dai vini e dalle bevande spiritose.
In conseguenza di ciò, i vini DOP e IGP ricadono, seppur con dovute differenze, nella stessa categoria
disciplinare. Questo comporta che l’ambito dei vini di qualità comprenda anche gli IGP, cioè vini che, come
i vecchi IGT, possono essere ottenuti con uve provenienti per l’85% e non esclusivamente da un certo
11
territorio. Ne deriva che, a seguito della riforma, gli elementi di regolazione ed identità che in passato
marcavano nettamente la differenza tra V.Q.P.R.D. e IGT, assegnandoli a due classi di prodotto fortemente
distinte, sono oggi attenuati tra vini DOP e IGP, per via della comune appartenenza ad un unico ambito
disciplinare.
L’ampliamento della classe dei vini di qualità, risulta anche dall’ulteriore incisiva novità introdotta dalla
OCM, data dalla possibilità di indicare l’annata e la varietà delle uve anche sui vini da tavola privi di
indicazione geografica. Questa ulteriore finestra, non era precedentemente consentita dal Reg. n. 1493/1999
per i vini da tavola, ma solo per gli IGT.
Alla luce di quanto visto, si può quindi affermare che la qualità dichiarata al consumatore è stata decisamente
rimodulata, influenzata da un aumento quantitativo dei possibili beneficiari di indicazioni di qualità e quindi
verso una premialità nel mercato delle produzioni di quantità e dei relativi produttori che possono rivendicare
segni di qualità che la disciplina precedente riservava a produzioni quantitativamente minori.
2.3. Le D.O. nei paesi Europei maggiormente vocati alla Viticoltura
Nell’ambito di questo comparto gli Stati membri hanno differenti sistemi di designazione d’origine. Per
esempio, la Francia ha un sistema di denominazione che include dal Vin de Table (“vino da tavola”), al Vin
de Pays e Vin Délimité de Qualité Supérieure (VDQS) fino alla Appellation d'Origine Contrôlée (AOC)
basata sul concetto di territorio (o regione d’origine), e sulla qualità. Il Portogallo, come la Francia, ha una
classificazione pubblica basata sull’origine dei grappoli e la qualità del vino. Inoltre, il Portogallo è stato uno
dei primi paesi a fare uso delle DOC (“Denominação de Origem Controlada”) creando la Demarcated Douro
Region con una carta reale nel 1756. La Germania ha sviluppato un sistema simile nel 2002. Spagna e Italia
hanno una classificazione che si basa su un sistema duale per regione d’origine e qualità del prodotto.
12
2.4. L’evoluzione normativa delle D.O. nella storia dell’Italia
Quando nel 1861 l’Italia divenne un’unica nazione, le regolamentazioni relative al mondo del vino non erano
certo altrettanto uniformi. Il vino diventa “vino italiano”, ma manca ancora il concetto di legame con la
singola regione e in particolare con il territorio d’origine. Si è dovuto attendere fino ai primi anni sessanta
per vedere finalmente riconosciuti il ruolo, l’importanza e l’immagine dei prodotti legati al territorio e alle
caratteristiche peculiari che tale legame consente. Nell’evolversi della storia dei vini a Denominazione
d’Origine, si denota facilmente che i governi susseguitesi, erano maggiormente preoccupati alla garanzia di
un prodotto genuino piuttosto che agli aspetti che potessero mirare a tutelare la qualità e l’origine di queste
produzioni. Una prima inversione di tendenza si può scorgere nel 1930, quando viene emanato un
provvedimento che detta le prime indicazioni per la tutela delle produzioni Vitivinicole Italiane. Il Ministero
dell’Agricoltura ebbe l’incarico di riconoscere e delimitare le zone di produzione di questi vini, introducendo
tre livelli qualitativi per i vini cosiddetti “tipici”: Vini speciali; Vini superiori; Vini Fini.
E’ chiaro però che si tratta ancora di indicazioni piuttosto sommarie che non tutelavano adeguatamente le
produzioni.
Un cambiamento sostanziale, come anticipato in precedenza, avviene nel 1963, con l’emanazione del DPR n.
930 sulla tutela delle Denominazioni di Origine dei Vini. Si tratta infatti del primo provvedimento nazionale
a disciplina delle produzioni vitivinicole di qualità, che stabilisce il concetto attuale di Denominazione di
Origine, codificandone il significato e rafforzando il concetto di legame con il territorio. Questa legge
definisce regole ben precise per quanto riguarda la produzione e la commercializzazione dei vini come il
disciplinare di produzione, specifico per ogni denominazione, l’istituzione di appositi albi per la
registrazione delle superfici produttive e il sistema della denuncia dei quantitativi di uva prodotta da
destinare alla produzione di una determinata denominazione.
La legge stabilisce inoltre un nuovo sistema di classificazione dei vini:
 Vino a Denominazione di Origine semplice;
 Vino a Denominazione di Origine Controllata;
 Vino a Denominazione di Origine Controllata e garantita.
Grazie a questa legge nel 1966 compaiono le prime D.O.C. (Denominazioni di Origine Controllata).
La prima fu la Vernaccia di San Gimignano, seguita da altre denominazione tra cui anche il Brunello di
Montalcino, che nel 1980 otterrà il riconoscimento come prima D.O.C.G. L’emanazione di questo
provvedimento, che per oltre trent’anni ha rappresentato un caposaldo della vitivinicoltura italiana, contribuì
notevolmente alla crescita delle nostre produzioni sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo.
Nei primi anni ’90 il settore vitivinicolo avvertì l’esigenza di un ammodernamento della normativa che
doveva far fronte sia alla notevole crescita delle stesse Denominazioni di Origine, che alle nuove esigenze
del mercato. Nel 1992 nasce quindi la Legge n. 164, che pur mantenendo alcune impostazioni della
13
precedente n. 930, introduce importanti novità nel settore. Se da una parte è stato giustamente mantenuto
l’indirizzo generale, basato sul rapporto vino territorio, dall’altra è stato ritenuto opportuno inserire alcune
innovazioni, tra cui:
 Attività di valorizzazione delle denominazioni;
 L’introduzione delle I.G.T. (Indicazioni Geografiche Tipiche) Generalmente in questa categoria
rientrano i vini da tavola di qualità, inferiori però ai DOC e DOCG, che sono generalmente volti a
proteggere vini di alta qualità, come il Chianti e il Barolo. Tale certificazione è stata creata per
distinguere l’alta qualità, non usuale, della classe di vini noti come Super Toscani (Tignanello e
Sassicaia che prima dell’IGT rientravano tra i vini da tavola). In altre parole, questa denominazione è
stata creata per vini che non trovavano collocazione nelle vecchie regole;
 La scelta vendemmiale, che consente la possibilità di utilizzare la produzione di uno stesso vigneto
per più Denominazioni d’Origine. In questo modo è facoltà del produttore rivendicare la D.O. che
preferisce;
 Il riconoscimento delle sottozone, ossia aree più ristrette all’interno di Denominazione di Origine. In
particolare le DOCG fanno riferimento a sottoregioni delle DOC e producono vini di qualità
eccezionale soggetti a standard qualitativi e produttivi più stringenti, rispetto agli stessi prodotti
provenienti dalle circostanti regioni DOC.;
 l’Introduzione obbligatoria delle analisi chimico-fisiche prima della commercializzazione.
Ma la vera novità introdotta da questa legge è insita nel suo impianto portante, volto alla qualità totale intesa
come origine, che si è tradotta nel meccanismo della classificazione piramidale dei vini.
Gli scenari nazionali, o per meglio dire comunitari, hanno subito notevoli variazioni dovuti sia alle nuove
esigenze del mercato, sia all’avvento di nuovi paesi produttori che, anno dopo anno, sono divenuti sempre di
più competitivi.
Sulla base di queste premesse la Comunità Europea nel 2008 decide di attuare un processo di riforma
dell’intero comparto vitivinicolo. La riforma vede luce con il Reg. n. 479 del 2008 (oggi inclusa nel Reg. n.
1308/2013 sulla OCM unica) e introduce alcune novità per quanto riguarda le norme di produzione e
commercializzazione, l’etichettatura, la difesa e promozione delle denominazioni in ambito internazionale e
l’introduzione di un sistema di controllo e tracciabilità che ogni stato membro può applicare in maniera
autonoma sulle proprie denominazioni a ulteriore garanzia per il consumatore finale.
Il progetto di riforma ha mirato anche a una semplificazione dell’assetto normativo, adottando norme più
chiare e trasparenti ed equiparando la normativa vitivinicola a quella già esistente per gli altri prodotti
agroalimentari di qualità DOP e IGP.
14
Vengono previste due sole categorie di vini (Figura 1):
 Vini con indicazione geografica (DOP e IGP)
 Vini senza Indicazione geografica (Vini generici e Varietali, ovvero con indicazione della sola
annata o vitigno).
Lo stato italiano ha comunque consentito l’utilizzo delle precedenti sigle che caratterizzavano i vini di
qualità italiani (DOCG, DOC e IGT) che possono essere inserite sia congiuntamente alle nuove che da sole.
Il numero di vini protetti da denominazione d’origine ad oggi è molto ampio. In Italia sono attualmente
presenti 118 IGT, 332 DOC e 73 DOCG, per un totale di 523 Indicazioni Geografiche (MIPAAF, 2015).
Figura 1. L'attuale classificazione dei vini
15
3. IL RUOLO DELLA COMUNITA’ EUROPEA NELLA TUTELA E
NELLA VALORIZZAZIONE DELLE DO
La qualità attribuita a un prodotto, per essere compresa, deve essere necessariamente riferita a un contesto
chiaro e circoscritto. In relazione al comparto agroalimentare, al fine di specificare l’insieme degli elementi
distintivi della qualità di un determinato prodotto, possiamo far riferimento a differenti caratteristiche: di
natura igienico-sanitaria (per l’insieme dei requisiti che garantiscono la salubrità del prodotto),
organolettiche (per le caratteristiche percepibili attraverso i sensi), nutrizionali (se ci riferiamo alla
composizione chimico-fisica), di origine geografica, fino a giungere a quelli che possono essere definiti
attributi “legali” che richiamano il rispetto di standard minimi fissati per legge (Gatto, 2010).
Nella Comunità Europea, con l’adozione delle denominazioni di origine, come marchio collettivo di qualità,
il nesso tra territorio e caratteristiche del prodotto diventa l’elemento distintivo di qualità; bisogna però
ricordare che le proprietà e le caratteristiche qualitative, nel rispetto delle norme generali fissate dal
legislatore comunitario e nazionale, sono definite dai produttori nel disciplinare di produzione. In generale,
non è detto che un prodotto a denominazione di origine, quale marchio collettivo, abbia una qualità oggettiva
superiore al prodotto ottenuto nella stessa area geografica da un imprenditore che utilizza un proprio marchio
individuale per distinguersi sul mercato; tutto dipende dal rispetto e dalla validità delle regole di produzione
previste dal disciplinare di produzione della denominazione di origine.
Quello che si garantisce con il marchio collettivo della D.O. è l’origine del prodotto e il rispetto di alcuni
fondamentali parametri dello stesso di tipo organolettico, chimico, fisico e soprattutto di processo, dalle fasi
iniziali di produzione delle materie prime fino all’ottenimento del prodotto finito.
Un insieme di fattori, quali la rilevanza economica del settore viticolo in molti stati europei e l’insorgenza di
attriti fra gli stessi nell’ambito dell’organizzazione comune del mercato del settore, ha sortito come effetto la
sostituzione dell’iniziale impostazione liberista con una forte regolamentazione comunitaria.
L’obiettivo prefissato dalle ultime OCM vino (Reg. n. 479/2008, ora confluito nel Reg. n.1308/2013) è di
realizzare un migliore equilibrio tra l’offerta e la domanda sul mercato comunitario per rendere il settore più
competitivo nel lungo periodo anche attraverso una semplificazione della legislazione. L’intervento del
legislatore comunitario ha riguardato, da un lato, aspetti specifici quali le misure strutturali relative al
potenziale produttivo e gli interventi di mercato, dall’altro una molteplicità di questioni tecniche e
commerciali come mai si è verificato per altri prodotti agroalimentari.
Si può affermare che tutte le principali disposizioni normative comunitarie del settore vitivinicolo sono il
frutto di difficili compromessi tra gli interessi dei singoli stati membri; questo spiega anche la particolarità
del settore medesimo che ha visto, fino al Reg. n. 479/2008, un sistema di riconoscimento e certificazione
delle produzioni di qualità del tutto distinto da quello degli altri prodotti agroalimentari, per i quali è stata
adottata una disciplina unitaria fondata sul Reg. n. 2081/92 (sostituito ad oggi dal Reg. n. 510/2006).
16
L’OCM vino si è sempre contraddistinta dalle altre OCM in quanto al suo interno sono state
tradizionalmente inserite delle norme di tipo tecnico e regolamentare estremamente dettagliate (Marchionni,
2007): per esempio, quelle sulle modalità di produzione e sulle disposizioni relative ai prodotti a
denominazione di origine, che hanno dotato il settore vino di una sorta di normativa di riferimento speciale
in parte differenziata da quella di carattere generale (Pomarici e Sardone, 2009).
3.1. Nuova OCM vino: il Regolamento (CE) n. 479/2008, oggi n. 1308/2013
La riforma dell’OCM del 1999 aveva l’obiettivo di raggiungere un migliore equilibrio tra domanda e offerta,
dando la possibilità ai produttori di adattare la produzione a un mercato che chiedeva maggiore qualità, e di
garantire in maniera sostenibile la competitività del settore, a fronte dell’accresciuta concorrenza
internazionale derivante dagli accordi GATT. Questo obiettivo è stato sostenuto in particolare con il
finanziamento della ristrutturazione degli impianti nei Paesi comunitari a maggiore vocazione vitivinicola.
La riforma del 1999, non riuscendo di fatto a ridurre le eccedenze di vino, imponendo ancora un elevato
ricorso a interventi di smaltimento, ha mantenuta viva la necessità di riorganizzare il mercato del vino.
La riforma adottata dal Consiglio nel 2008 con il Regolamento (CE) 479/2008 persegue i seguenti obiettivi:
 migliorare ed accrescere la competitività dei produttori di vino dell’UE;
 aumentare la reputazione dei vini europei e riconquistare quote di mercato nell’Unione Europea e nel
resto del mondo;
 rafforzare il tessuto sociale delle zone rurali;
 salvaguardare la tradizione delle produzioni vitivinicole;
 produrre nel rispetto dell’ambiente.
Il legislatore comunitario, con la nuova OCM vino, ha cercato di dotare il settore di un regime comunitario
basato su regole semplici, chiare ed efficaci, capaci di assicurare l’equilibrio tra domanda e offerta.
Sono state così disciplinate con norme quadro le misure di sostegno, il potenziale produttivo, le
organizzazioni di produttori, gli organismi di filiera, le pratiche e i trattamenti enologici, la designazione, il
commercio con i Paesi terzi e soprattutto le nuove regole in materia di vini a denominazione di origine (come
visto nei precedenti paragrafi).
Con la riforma viene anche attuata l’equiparazione del sistema di controllo e certificazione dei vini a
denominazione con quello previsto per gli altri prodotti agroalimentari. Nonostante la creazione di un
sistema di controllo complesso e costoso per le aziende, come quello pensato per i prodotti a DO, si ha la
sensazione che le politiche comunitarie non abbiano investito a sufficienza sulla comunicazione e sulla
valorizzazione delle produzioni di qualità. Si è certamente fatto poco per informare l’opinione pubblica sul
17
valore della certificazione; come confermato da alcuni studi: “per il consumatore, il contenuto che c’è dietro
una certificazione è molto spesso ignoto o in ogni caso poco valutato […] da qui la conseguenza che le
certificazioni difficilmente possono essere considerate driver del mercato del settore del vino” (Casini, 2007,
p. 67).
Le principali novità introdotte dalla nuova OCM vino sono relative alla classificazione dei vini, alle
definizione dei vini di qualità, ai procedimenti di riconoscimento delle denominazioni e al sistema di
controllo previsto.
Delle prime due si è già accennato in precedenza ma merita comunque riprenderle per fare un quadro di
sintesi dei contenuti. Si ricorda quindi la nuova classificazione comunitaria che prevede al pari degli altri
prodotti alimentari la distinzione in DOP ed IGP. Le prime ricomprendono le precedenti (ma ancora
utilizzabili) DOC e DOCG, mentre le seconde sono le IGT. L’aspetto più saliente di questa OCM è
l’inclusione dei vini a IGT nella categoria con indicazione geografica; questi vini, che con la precedente
normativa erano ricompresi nella categoria dei vini comuni, vengono ora di fatto equiparati agli altri prodotti
a IGP, partecipando ad un’unica categoria disciplinare (DOP e IGP). Sembra giusto ricordare in tale sede
che, gli IGT, ora IGP, possono essere ottenuti anche con uve provenienti per il 15% da altri territori diversi
da quello d’origine delle uve. Per tali vini, viene quindi previsto un sistema di controllo del tutto simile a
quello dei vini a DO. Nella piramide della qualità, dopo DOP ed IGP fanno comparsa all’interno dei vini
senza indicazione geografica i vini “varietali”. Si tratta di vini che si caratterizzano per l’indicazione di un
vitigno e/o dell’annata in etichetta. Infine, le Denominazioni di Origine Protetta e le Indicazioni Geografiche
Protette, possono essere utilizzate da qualsiasi operatore che commercializzi vino prodotto in conformità al
relativo disciplinare di produzione.
Per quanto attiene al riconoscimento di una denominazione o la modifica dei disciplinari di DOP e IGP già
riconosciute, il procedimento si articola in una fase preliminare che si svolge a livello nazionale, ed una fase
finale che si svolge a livello europeo. La fase nazionale del procedimento è attualmente disciplinata dal D.M.
17 novembre 2012 che riconosce legittimazione a presentare domanda di riconoscimento della nuova DOP o
IGP, o di modifica di un disciplinare esistente, a qualunque Associazione di produttori, ivi inclusi i Consorzi
di tutela in possesso dei requisiti previsti dall’art. 17, D.Lgs. 8 aprile 2010, n. 61. Le domande vanno
presentate per il tramite della regione, la quale svolge un’istruttoria preliminare e trasmette la
documentazione al ministero, corredata del proprio parere. Il Ministero, svolge le opportune verifiche, con
l’ausilio del comitato nazionale vini di cui all’art. 16, D.Lgs. 8 aprile 2010, n. 61. In caso di esito positivo di
tali verifiche, il Ministero pubblica il documento unico ed il disciplinare sul suo sito internet e trasmette la
domanda di protezione e l’acclusa documentazione alla Commissione Europea per la decisione finale sulla
domanda (Albisinni, 2015).
Andando a trattare l’aspetto dei sistemi dei controlli, fondamento del presente lavoro, si premettono alcune
brevi considerazioni di carattere generale che verranno in seguito approfondite.
18
Per il legislatore comunitario sono gli stati membri a designare l’autorità o le autorità competenti incaricate
dei controlli sui vini a DOP e IGP. Le attività di controllo sono effettuate su tutte le fasi della filiera dalle
autorità competenti, oppure da uno o più organismi di controllo, che operano come certificatori di prodotti.
Gli organismi di certificazione devono essere conformi alla normativa europea EN 45011 e, a decorrere dal
10 maggio 2010, devono essere accreditati a tale normativa. L’accreditamento è l’attestazione da parte di un
organismo nazionale riconosciuto dallo Stato, che certifica che un determinato organismo di valutazione
della conformità soddisfa i criteri stabiliti dalle norme previste. Nel caso del nostro paese, l’accreditamento
viene concesso dall’Ente Italiano di Accreditamento (Accredia) designato a ciò dal Ministero dello Sviluppo
Economico con DM 22 dicembre 2009 (Gazzetta Ufficiale del 26 gennaio 2010, serie Generale).
Le strutture di controllo nello svolgimento dell’attività di verifica devono garantire obiettività e imparzialità,
nonché disporre di personale qualificato e di risorse necessarie allo svolgimento delle loro funzioni. Il
legislatore comunitario richiede pertanto che la struttura di controllo sia terza e indipendente: la condizione
di “terzietà” del soggetto deve essere effettiva e non solo formale, proprio al fine di evitare che permanga, in
concreto, un conflitto d’interessi tra controllato e controllore.
L’intero contenuto disciplinare del Regolamento n. 479/2008 visto sinora, è stato trasferito all’interno del
Regolamento sulla OCM unica n. 1234/2007 tramite il Regolamento n. 491/2009, con il fine di perseguire il
processo di codificazione ed unificazione che caratterizza la più recente legislazione comunitaria in materia
agro-alimentare. Ad oggi, le disposizioni in materia sono contenute nel nuovo Regolamento n.1308/2013 che
recependo pressoché totalmente le disposizioni dei regolamenti sopra citati, costituirà da ora in avanti il
nuovo strumento normativo per l’Organizzazione Comune di Mercato (OCM Unica) (Gori, 2015).
3.2. Il D.Lgs. 8 aprile 2010 n. 61
Con la legge 7 luglio 2009, n. 88, il Parlamento ha delegato il Governo italiano ad adottare uno o più decreti
legislativi per l’attuazione del Reg. (CE) 479/2008 al fine di assicurare la piena integrazione tra
l’organizzazione comune del mercato vitivinicolo e la normativa nazionale, apportando specifiche
integrazioni e modificazioni alla normativa vigente nel rispetto dei seguenti criteri:
• preservare e promuovere l’elevato livello qualitativo e di riconoscibilità dei vini a denominazione di
origine e indicazione geografica;
• ridefinire il ruolo del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di
origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini;
• assicurare strumenti per la trasparenza del settore vitivinicolo e la tutela dei consumatori e delle
imprese rispetto ai fenomeni di contraffazione, usurpazione e imitazione;
19
• perseguire il massimo coordinamento amministrativo tra il Ministero delle politiche agricole
alimentari e forestali e le Regioni, in particolare per quanto concerne la gestione del settore dei vini a
denominazione di origine protetta e a indicazione geografica protetta;
• individuare le sedi amministrative e gli strumenti di semplificazione amministrativa in ordine agli
adempimenti procedurali a carico dei produttori vitivinicoli;
• rivedere il sistema dei controlli e il sistema sanzionatorio secondo i criteri di efficacia e applicabilità,
individuando gli organismi e le azioni per garantire l’elevato livello qualitativo delle produzioni
vitivinicole nell’interesse dei produttori e dei consumatori.
Il governo, a seguito della delega ricevuta, ha emanato il D.lgs. 8 aprile 2010, n. 61, relativo alla tutela delle
denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini.
Il decreto legislativo, in attuazione delle disposizioni della normativa comunitaria, apporta importanti
integrazioni e modificazioni alla legislazione nazionale vigente in materia di classificazione delle
denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche, di disciplinari di produzione e di gestione di
superfici vitate, di controllo delle DO e delle IG, di Consorzi di tutela ecc.
Come già affrontato in precedenza, fra le novità più importanti abbiamo l’introduzione delle denominazioni
di origine protetta (DOP) e delle indicazioni geografiche protette (IGP).
Il decreto legislativo ha sostanzialmente mantenuto il sistema della piramide qualitativa prevista dalla legge
164/1992 dei vini con al vertice i vini DOCG e, più sotto, i vini DOC. Le due tipologie rientrano nella
classificazione europea dei vini DOP. Seguono in ordine gerarchico i vini IGT che corrispondono alla
categoria comunitaria dei vini IGP.
La novità introdotta dalla nuova normativa consiste nell’ingresso dei vini IGT (IGP) nella categoria dei Vini
di qualità prodotti in regioni determinate (VQPRD) e ciò comporta per essi un sistema di controllo simile a
quello previsto per i vini a DO. Alla base della piramide troviamo i vini varietali che possono fregiarsi del
nome del vitigno e dell’anno di produzione e infine i vini.
Il decreto legislativo prevede inoltre la possibilità di coesistenza di una o più denominazioni di origine e
indicazioni geografiche nell’ambito del medesimo territorio (e quindi di uno stesso vigneto). Ciò rappresenta
una grande opportunità per le aziende che in tal modo possono allinearsi alle mutevoli esigenze del mercato
decidendo al momento se produrre un vino DOCG, regolamentato generalmente da un disciplinare di
produzione più restrittivo, oppure un vino DOC o IGT se tali denominazioni coesistono nel medesimo
territorio.
Soltanto le DO possono prevedere al loro interno l’indicazione di zone espressamente limitate (le sottozone
che danno origine alle DOCG) che devono essere previste nel disciplinare di produzione ed essere più
rigidamente disciplinate. Per i vini a DO è inoltre prevista la possibilità di utilizzare nomi geografici
corrispondenti a frazioni o comuni o zone amministrative definite, localizzate all’interno della zona di
produzione; tale possibilità è consentita solo a condizione che sia espressamente prevista una lista dei nomi
20
geografici nei disciplinari di produzione. Per i medesimi vini è inoltre prevista la menzione “vigna” seguita
dal relativo toponimo o nome tradizionale; anche in tal caso condizione necessaria è che sia previsto un
apposito elenco a livello regionale.
I vigneti destinati alla produzione di vini a DO e IG devono essere preventivamente iscritti, a cura dei
conduttori, nello schedario viticolo, per le relative denominazioni, in ottemperanza a quanto disposto dalla
normativa comunitaria. Tale schedario è gestito dalle Regioni e Province autonome secondo le modalità
concordate nell’ambito dei sevizi SIAN sulla base dei dati del fascicolo aziendale. Il decreto legislativo
prevede inoltre, con decreto del ministro, la determinazione dei criteri per la verifica dell’idoneità tecnico
produttiva dei vigneti ai fini dell’iscrizione allo schedario per le relative DO e IG e per la gestione dei dati
contenuti nello schedario stesso ai fini della rivendicazione produttiva.
In tema di affidamento ai Consorzi volontari di tutela dei controlli su tutti i produttori, anche non associati al
Consorzio, e su tutte le fasi della filiera, è stata riconosciuta (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 18 aprile 2007, n.
3415) la legittimità di un tale affidamento e della connessa previsione di obblighi di pagamento dei relativi
costi a carico di tutti i produttori (cd. “controllo erga omnes”). La questione ha tuttavia perso rilevanza dopo
l’entrata in vigore della riforma del 2008, in ragione dell’affidamento del nuovo sistema dei controlli ad
organismi terzi (Albisinni, 2015).
La novità più importante introdotta dal decreto legislativo, è difatti relativa alla definizione e all’attribuzione
delle funzioni di controllo delle DOP e delle IGP. La normativa vigente prevede che l’attività di controllo sia
svolta da autorità di controllo pubbliche designate e da organismi privati autorizzati con decreto dal
Ministero che è l’autorità nazionale preposta al coordinamento e alla vigilanza della suddetta attività.
Entrambi i soggetti incaricati al controllo devono necessariamente possedere i requisiti conformi alla
normativa europea EN 45011 (imparzialità, competenza, autonomia decisionale e finanziaria). Presso il
Ministero è istituito un “Elenco delle strutture di controllo per le denominazioni di origine protetta (DOP) e
le indicazioni geografiche protette (IGP) del settore vitivinicolo”. La scelta della struttura di controllo è
effettuata, tra quelle iscritte all’elenco citato, dai soggetti interessati, ovvero dal Consorzio di tutela
incaricato dal Ministero o, in assenza di questo, dai produttori singoli o associati che rappresentino almeno il
51% della produzione controllata oppure dalle Regioni o dalle Province autonome nelle cui aree ricadono le
produzioni.
Al fine dell’emanazione del decreto di autorizzazione al controllo di ogni singola denominazione le strutture
di controllo trasmettono al Ministero:
• il piano di controllo;
• il piano tariffario;
• l’elenco degli ispettori indicati al controllo della specifica DO o IG con i relativi curricula.
21
Al fine della certificazione delle produzioni vitivinicole DO o IG tutti i soggetti partecipanti alla filiera di
ciascuna produzione tutelata devono volontariamente sottoporsi al sistema di controllo. La struttura di
controllo dispone di un elenco dei soggetti iscritti, consultabile tramite il SIAN.
La vigilanza sulle strutture di controllo organizzate è esercitata dal Dipartimento dell’Ispettorato centrale
della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), dalle Regioni e Province
autonome per la DO o IG ricadenti nel territorio di propria competenza.
Il decreto legislativo definisce inoltre il ruolo e le funzioni del Consorzio di tutela che persegue le seguenti
finalità:
• avanzare proposte di disciplina regolamentare e svolgere compiti consultivi relativi al prodotto,
nonché collaborativi nell’applicazione della normativa;
• espletare attività di assistenza tecnica, di proposta, di studio, di valutazione economico-congiunturale
della DOP o IGP, nonché ogni altra attività finalizzata alla valorizzazione del prodotto sotto il
profilo tecnico dell’immagine;
• collaborare alla tutela e alla salvaguardia della DOP o dell’IGP da abusi, atti di concorrenza sleale,
contraffazioni, uso improprio delle denominazioni tutelate e comportamenti comunque vietati dalla
legge; collaborare altresì con le Regioni e Province autonome per lo svolgimento delle attività di
competenza delle stesse;
• svolgere, nei confronti dei soli associati, le funzioni di tutela, di promozione, di valorizzazione, di
informazione del consumatore e di cura generale degli interessi della relativa denominazione, nonché
azioni di vigilanza da espletare prevalentemente alla fase del commercio, in collaborazione con
l’ICQRF e in raccordo con le Regioni e Province autonome.
Il Consorzio di tutela riconosciuto e autorizzato dal Ministero deve:
• avere una rappresentatività di almeno il 35% dei viticoltori e di almeno il 51% della produzione
certificata dei vigneti iscritti allo schedario viticolo della relativa DO o IG riferita agli ultimi due
anni;
• essere retto da uno statuto che rispetti i requisiti individuati dal Ministero e consenta l’ammissione,
senza discriminazione, di viticoltori singoli o associati, vinificatori e imbottigliatori autorizzati, e che
ne garantisca una equilibrata rappresentanza negli organi sociali, che sarà definita con decreto del
Ministero;
• disporre di strutture e risorse adeguate ai compiti.
La nuova normativa introduce qui una novità sostanziale in materia di funzioni attribuite al Consorzio di
tutela. Nello specifico al Consorzio che dimostri di avere una rappresentatività di almeno il 40% dei
viticoltori e di almeno il 66% della produzione certificata, di competenza dei vigneti dichiarati a DO o IG
negli ultimi due anni, il Ministero può attribuire le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione,
informazione del consumatore e cura generale degli interessi generali della denominazione. Tali funzioni
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sono rivolte a tutti i soggetti inseriti nel sistema dei controlli, quindi a tutti i soggetti che operano nel circuito
della denominazione, aderenti e non aderenti al Consorzio.
In base all’attribuzione di tali funzioni il Consorzio può:
• definire l’attuazione delle politiche di Governo dell’offerta, al fine di salvaguardare e tutelare la
qualità del prodotto DOP e IGP, e contribuire a un miglior coordinamento dell’immissione sul
mercato della denominazione tutelata, nonché definire piani di miglioramento della qualità del
prodotto;
• organizzare e coordinare le attività delle categorie interessate alla produzione e alla
commercializzazione della DOP o IGP;
• agire, in tutte le sedi giudiziarie e amministrative, per la tutela e la salvaguardia della DOP o
dell’IGP e per la tutela degli interessi e diritti dei produttori;
• svolgere azioni di vigilanza, tutela e salvaguardia della denominazione da espletare prevalentemente
alla fase del commercio.
I costi derivanti da tali attività sono a carico di tutti i soci del Consorzio, nonché di tutti i soggetti inseriti nel
sistema di controllo anche se non aderenti al Consorzio.
La normativa stabilisce qui in modo inequivocabile che le attività di vigilanza, tutela e salvaguardia devono
essere distinte dalle attività di controllo e devono essere svolte nel rispetto della normativa nazionale e
comunitaria e sotto il coordinamento dell’ICQRF. L’attività di vigilanza deve essere esplicata
prevalentemente nella fase di commercio. In nessun modo gli addetti incaricati a tale attività possono
effettuare azioni di vigilanza sugli organismi di controllo né possono svolgere attività di autocontrollo sulle
produzioni.
Il D.lgs. 8 aprile 2010, n. 61, e i successivi decreti di attuazione hanno comportato, di fatto, un rilevante
potenziamento dei ruoli sia della struttura di controllo, a cui sono attribuite le funzioni dell’applicazione dei
piani di controllo e della verifica del rispetto dei disciplinari di produzione, sia del Consorzio di tutela a cui
sono assegnate funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale
degli interessi generali della denominazione.
In ottemperanza ai principi e criteri direttivi individuati dalla legge 7 luglio 2009, n. 88, in materia di sedi
amministrative e di strumenti di semplificazione amministrativa in ordine agli adempimenti procedurali a
carico dei produttori vitivinicoli, il decreto legislativo ha disposto l’emanazione di una serie di Decreti
ministeriali di attuazione che si pongono come obiettivi una semplificazione e una razionalizzazione, su vari
livelli, del complesso inviluppo della normativa del settore vitivinicolo.
Nel dettaglio si cita:
 il DM 2 novembre 2010, poi abrogato con DM 14 giugno 2012 che approva lo schema di piano dei
controlli, definisce le funzioni della struttura di controllo e le modalità di funzionamento del sistema
di controllo;
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 il DM 16 dicembre 2010 che reca le disposizioni applicative concernenti la disciplina dello schedario
viticolo e della rivendicazione annuale delle produzioni;
 il DM 16 dicembre 2010 che definisce le disposizioni generali in materia di costituzione e
riconoscimento dei Consorzi di tutela delle DO e delle IG dei vini, di funzione, loro attribuite, di
tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi
relativi alla denominazione, nonché di modalità di gestione delle attività erga omnes da essi svolte;
 il DM 19 aprile 2011 che definisce le disposizioni in materia di fabbricazione, uso, distribuzione dei
contrassegni di Stato per i vini a DO;
 Il DM 11 novembre 2011 che stabilisce le procedure e le modalità per l’espletamento degli esami
analitici e organolettici per i vini a DO e a IG. Alla disciplina degli esami di rispondenza è dedicato
il par. “Le analisi chimico-fisica e organolettica ai fini della rivendicazione dei vini a denominazione
di origine”.
 Il DM 14 giugno 2012 n. 794 concernente l’approvazione dello schema di piano dei controlli in
applicazione dell’art. 13 comma 17 , del D.lgs. 61/2010 n. 61 recante la tutela delle denominazioni di
origine e delle indicazioni geografiche dei vini, abroga e sostituisce il DM 2 novembre 2010. Questo
nuovo decreto sui piani dei controlli comporta una importante novità : i controlli vengono estesi
anche ai vini a Indicazione geografica protetta. Di conseguenza anche gli operatori della filiera dei
vini a IGT devono assoggettarsi a strutture di controllo e si devono attenere a quanto prescritto dai
piani di controllo. I vini a IGT, a differenza di quelli a DO, non devono essere sottoposti a
certificazione.
Vista la complessità della materia e la possibilità di interpretazione della norma, non sono mancate delle
controversie, sulle quali più volte, la giurisprudenza amministrativa è stata chiamata ad esprimersi per
risolverle. Ad esempio, in tema di imbottigliamento in zona d’origine, dopo un primo orientamento che
negava la legittimità di una siffatta prescrizione in assenza di adeguata prova tecnica circa la necessità di
imbottigliamento in zona di origine al fine di ottenere specifiche qualità materiali del prodotto, la
giurisprudenza si è orientata nel senso di ritenere legittima una siffatta prescrizione sulla base dell’esigenza
di garantire un più efficace controllo in loco da parte di tutti i produttori della denominazione, come tali
interessati a mantenere la reputazione (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 1 marzo 2003, n. 1670).
In prosieguo, peraltro, sulla base del D.M. 31 luglio 2003, il cui contenuto è stato poi ripreso nell’art.10, 3°
co., D.lgs. 8 aprile 2010, n. 61, la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto che in caso di modifica dei
disciplinari esistenti con introduzione dell’obbligo di imbottigliamento in zona d’origine, possono ottenere
una deroga di cinque anni prorogabile per continuare ad imbottigliare fuori dalla zona le ditte imbottigliatrici
che avevano imbottigliato fuori zona di produzione il vino in questione per almeno due anni nel quinquennio
precedente (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-ter, 29 novembre 2010, n. 34403), (Albisinni, 2015).
24
3.3. Un cenno ai Disciplinari di produzione
La produzione dei vini DO/IG è disciplinata sia a livello viticolo (ad esempio con regole riferite alla potatura
o al sesto di impianto) che a livello enologico, con precise regole da seguire in merito alle rese e alle
caratteristiche del prodotto finale. Le regole da seguire sono definite dagli stessi produttori. Le regole sono
raccolte nel disciplinare di produzione, mentre i controlli per verificarne la conformità prevedono
approfondite analisi chimiche e organolettiche oltre che controlli ispettivi veri e propri.
Le regole che normano i vini a denominazione di origine sono raccolte nei disciplinari che definiscono gli
standard qualitativi di produzione.
Se prendiamo come esempio un Disciplinare di produzione di vino DOC vediamo che in esso vengono
fissate:
1. Le tipologie relative alla Denominazione
2. La base amplelografica: vini derivanti da specifiche varietà
3. La zona di produzione: elenco e descrizione dei territori da dove devono provenire le uve
4. Le norme per la viticoltura (sesti d’impianto, resa/ha, tipo di irrigazione, titolo alcolometrico minimo
dei vini derivanti da quelle uve, ecc )
5. Le norme per la vinificazione e per le elaborazioni particolari
6. Le caratteristiche al consumo (colore, odore, sapore, titolo alcolometrico volumico totale minio,
acidità totale minime, estratto non riduttore minimo
7. Presentazione e designazione
8. Confezionamento
9. Legame con l’ambiente geografico (specificità della zona, specificità del prodotto, legame causa
effetto tra ambiente e prodotto)
La normativa in atto, può riassumersi in una serie di “adempimenti” che viticoltori, vinificatori ed
imbottigliatori devono rispettare per avere il riconoscimento, il controllo e quindi la certificazione dei vini a
DO. Nel capitoli successivi vedremo le modalità applicative di tali fasi.
25
4. I CONTROLLI DEI VINI DOC E DOCG
4.1. Gli adempimenti obbligatori dei soggetti coinvolti nella filiera vitivinicola
Per la Comunità Europea un aspetto fondamentale del mercato interno (e che contribuisce in maniera
importante alla salute e al benessere dei consumatori) è la libera circolazione di alimenti sicuri e sani.
Gli interventi normativi che si sono susseguiti, prima nel settore vitivinicolo e poi per tutti gli altri prodotti
agroalimentari, pur non stabilendo una norma di “qualità oggettiva”, garantiscono l’origine e la specificità di
un prodotto assicurando al consumatore la qualità e la reputazione che il nome stesso evoca.
Soprattutto in seguito agli scandali legati alla BSE (Encefalopatia Spongiforme Bovina), l’Unione Europea
reputò necessario intervenire, dopo alcune azioni settoriali, in maniera orizzontale con il Regolamento
178/2002.
Con tale intervento il legislatore europeo stabiliva norme stringenti di sicurezza da applicare lungo l’intero
ciclo produttivo a tutti gli alimenti: in particolare, si sancì l’obbligo di garantire la rintracciabilità degli
alimenti destinati all’uomo, dalla produzione primaria fino alla commercializzazione.
Al riguardo, è da precisare che tale normativa, pur essendo di carattere orizzontale, non si applica al settore
vitivinicolo: la Commissione Europea ha infatti precisato che il complesso delle norme già previsto
dall’OCM vino e dai relativi regolamenti di attuazione assicura di per sé la rintracciabilità delle produzioni.
La tracciabilità nel settore vitivinicolo è stata in concreto realizzata mediante l’utilizzo degli strumenti
previsti dall’OCM vino e cioè:
 lo schedario viticolo;
 le dichiarazioni di vendemmia e produzione;
 i registri vitivinicoli (vinificazione, commercializzazione o carico/scarico, imbottigliamento);
 i documenti di trasporto;
 la dichiarazione annuale di giacenza.
La normativa comunitaria impone tutta una serie di adempimenti obbligatori a carico degli operatori della
filiera vitivinicola, che si giustificano nei “considerando” che introducono il Regolamento (CE) 479/08,
come segue:
 per migliorare la gestione del potenziale viticolo è auspicabile che gli stati membri comunichino alla
Commissione un inventario del loro potenziale produttivo. Le informazioni ivi contenute dovrebbero
basarsi sullo schedario vitivinicolo, che dovrebbe essere mantenuto e aggiornato regolarmente;
 per disporre delle informazioni necessarie a compiere le pertinenti scelte politiche e amministrative, i
produttori di uve destinate alla vinificazione, di mosto di uve e di vino, dovrebbero presentare una
dichiarazione di vendemmia. Gli stati membri dovrebbero, inoltre, avere la possibilità di imporre ai
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commercianti di uve destinate alla vinificazione di dichiarare ogni anno i quantitativi dell’ultima
vendemmia immessi in commercio. I produttori di mosto e di vino e i commercianti diversi dai
rivenditori al minuto dovrebbero dichiarare le scorte di mosto e di vino che detengono (dichiarazione
di giacenza);
 per garantire un livello soddisfacente di rintracciabilità dei prodotti, in particolare ai fini della
protezione dei consumatori, è opportuno disporre che tutti i prodotti disciplinati dal presente
Regolamento che circolano nella comunità abbiano un documento di accompagnamento.
In seguito vengono sintetizzati gli adempimenti delle principali figure coinvolte nella filiera: Viticoltori,
Vinificatori ed Imbottigliatori.
ADEMPIMENTI DEI VITICOLTORI
Iscrizione dei vigneti nello schedario viticolo (contiene tutte le informazioni di carattere tecnico, agronomico
e di idoneità produttiva alla DO che riguardano il potenziale viticolo dell’azienda). Le superfici vitate sono
organizzate in unità vitate (superfici vitate omogenee per conduzione e caratteristiche tecniche-
agronomiche).
La regione verifica l’idoneità tecnico-produttiva delle unità vitate per l’iscrizione allo schedario viticolo,
verificando il rispetto dei disciplinari di produzione (resa uva/ha; composizione varietale; scelta
vendemmiale).
Presentazione telematica annuale della dichiarazione di vendemmia e/o di produzione delle uve.
Contestualmente i produttori effettuano la rivendicazione delle produzioni DO.
Il sistema informatico effettua il controllo del rispetto dei parametri dei disciplinari di produzione (resa
uva/ha; composizione varietale; scelta vendemmiale).
I dati della dichiarazione di produzione sono messi a disposizione dell’organismo di controllo. Si generano
carichi di vino atto a divenire a DO.
ADEMPIMENTI DEI VINIFICATORI
Rispetto delle regole del disciplinare di produzione e della normativa nazionale e comunitaria sui documenti
di trasporto e sulla tenuta dei registri di cantina (registro di vinificazione).
Comunicazione delle movimentazioni di carico/scarico di vino a DO all’organismo di controllo.
Comunicazione di giacenza dei prodotti vitivinicoli (vino, mosti, mosti concentrati, mosti rettificati) detenuti
alla data del 31 luglio di ogni anno.
27
Richiesta di prelievo sulle partite di vino atto a divenire DO, all’organismo di controllo per l’utilizzo della
DO. Successivamente avviene il rilascio da parte dell’organismo di controllo dell’attestato di idoneità alla
DO dopo l’esito positivo delle analisi chimico fisiche ed organolettiche eseguite sui campioni prelevati.
ADEMPIMENTI DEGLI IMBOTTIGLIATORI
Rispetto delle regole del disciplinare di produzione e della normativa nazionale e comunitaria sui documenti
di trasporto e sulla tenuta dei registri di cantina.
Comunicazione delle movimentazioni di carico/scarico di vino a DO all’organismo di controllo
Comunicazione di giacenza dei prodotti vitivinicoli (vino, mosti, mosti concentrati, mosti rettificati) detenuti
alla data del 31 luglio di ogni anno.
Per i vini imbottigliati atti alla DO, richiesta di prelievo per l’utilizzo della DO
Rilascio da parte dell’organismo di controllo dell’attestato di idoneità alla DO dopo l’esito positivo delle
analisi chimico fisiche ed organolettiche eseguite sui campioni prelevati.
4.2. L’attuale procedimento di controllo e certificazione
Il Ministero delle Politiche Agricole, con il DM 2 novembre 2010, ha adeguato il sistema di certificazione e
di controllo dei vini DOP alla nuova disciplina comunitaria. Con il suddetto atto normativo sono stati adottati
i nuovi piani che le strutture di controllo applicano a tutti i soggetti della filiera vitivinicola, per garantire il
rispetto del disciplinare di produzione e della normativa comunitaria e nazionale specifica per i vini a DOP.
L’attività di controllo viene esercitata nel rispetto delle disposizioni specifiche previste dal piano dei
controlli approvato dal Ministero delle Politiche Agricole per la singola DO.
L’adesione al sistema di controllo è un atto volontario da parte del soggetto produttore, commerciante o
imbottigliatore appartenente alla filiera vitivinicola.
La struttura di controllo deve garantire la tracciabilità documentale e informatica delle azioni e delle attività
previste dal piano approvato; in particolare deve garantire, sotto la propria responsabilità, la tracciabilità di
ciascuna partita di vino DO e, per i vini DOCG, la distribuzione dei contrassegni di stato mediante una
specifica procedura documentata.
Il piano dei controlli è lo strumento operativo, applicativo delle norme comunitarie, che la struttura di
controllo utilizza per verificare il rispetto del disciplinare di produzione da parte di tutti gli operatori della
28
filiera dei vini DO. Le denominazioni di origine sono riservate ai prodotti vitivinicoli alle condizioni previste
dal D.lgs. 8 aprile 2010, n. 61.
Il DM 14 giugno 2012 ha disposto che l’attività di controllo per i vini a DO venga svolta dalle strutture di
controllo secondo i criteri e i contenuti dei rispettivi piani di controllo e prospetti tariffari approvati.
Ciascuna produzione DO è soggetta al controllo da parte di una sola struttura di controllo, mentre ciascuna
struttura di controllo può effettuare l’attività di controllo per una o più produzioni DO.
Le strutture di controllo sono iscritte nell’“Elenco delle strutture di controllo per le DOP e le IGP del settore
vitivinicolo” che, istituito presso l’ICQRF (MIPAAF), si articola in due sezioni, distinguendo le Autorità
pubbliche designate dagli Organismi di controllo autorizzati.
La scelta delle strutture di controllo è effettuata, tra quelle iscritte nell’elenco sopra menzionato e per le
denominazioni già riconosciute, dal Consorzio di tutela incaricato dal MIPAAF. In assenza di questo la
scelta è effettuata dai produttori, singoli o associati, che rappresentino almeno il 51% della produzione
controllata oppure dalle Regioni o dalle Province autonome nelle cui aree ricadono le produzioni.
Entro un limite di tempo stabilito la struttura individuata per l’attività di controllo della specifica DO
trasmette all’ICQRF e alla competente Regione o Provincia autonoma il piano dei controlli e il relativo
prospetto tariffario. L’ICQRF, esaminata la documentazione e sentiti i pareri del gruppo tecnico di
valutazione (organo costituito da quattro rappresentanti del MIPAAF e quattro rappresentanti delle Regioni e
Province autonome interessate) nonché della filiera rappresentativa, emana il decreto di autorizzazione e/o
designazione. L’autorizzazione e/o la designazione ha validità triennale ed è rinnovabile alla scadenza su
richiesta dei soggetti interessati.
La struttura di controllo ha il dovere della tracciabilità documentale e informatica delle azioni e delle attività
previste dal piano dei controlli e deve provvedere altresì allo svolgimento di tali attività comunicando
all’ICQRF, alle Regioni e alle Province autonome competenti per territorio, le non conformità gravi e quelle
riconducibili a violazioni per le quali è prevista sanzione amministrativa pecuniaria. Analogo obbligo
sussiste per le irregolarità accertate, dovute a discrepanze tra quanto dichiarato nello schedario e quanto
presente in campo.
La documentazione inerente al sistema di certificazione e di controllo deve essere in ogni momento a
disposizione delle autorità di vigilanza; i soggetti già immessi nel sistema di controllo della DO si ritengono
iscritti agli elenchi e tale iscrizione si intende tacitamente rinnovata di anno in anno, salvo diversa
comunicazione di disdetta degli interessati.
L’immissione nel sistema di controllo è condizione necessaria per la certificazione e la rivendicazione della
DO. Per i soggetti della filiera che intendano rivendicare la propria produzione vitivinicola a DO, le
rivendicazioni delle uve, le richieste di certificazione e le comunicazioni di imbottigliamento costituiscono a
tutti gli effetti notifica di iscrizione negli elenchi dei soggetti partecipanti alla filiera vitivinicola della DO.
29
Le attività del sistema di controllo si estendono su tutti i soggetti partecipanti alla filiera vitivinicola della
DO: aziende agricole produttrici di uva, aziende di trasformazione delle uve, intermediari delle uve destinate
alla vinificazione, intermediari di vini sfusi destinati alla DO o certificati DO, le aziende di imbottigliamento
e confezionamento. Per ciascun soggetto viene definita la fase di processo.
I soggetti della filiera sono tenuti a inoltrare, nei tempi stabiliti, al Sistema Informativo Agricolo Nazionale
SIAN (AGEA, AVEPA in Veneto), tutta la documentazione attestante le attività soggette al controllo, sulla
base dei dati dello schedario viticolo: le dichiarazioni di vendemmia e di produzione di vino sfuso e/o mosto,
le dichiarazioni di giacenza, le comunicazioni di estirpazione, reimpianto e sovrainnesto che modificano il
potenziale produttivo del vigneto. Devono altresì inviare direttamente alla struttura di controllo, anche via
fax o per posta elettronica, le comunicazioni delle pratiche enologiche che modificano i carichi della
produzione (tagli, assemblaggi, riclassificazioni e declassamenti) le richieste di prelievo di vino sfuso atto a
divenire DO ai fini della certificazione, le comunicazioni di imbottigliamento e i documenti di trasporto. La
struttura di controllo, mediante il sistema informativo, ha facoltà di accedere a tutta la documentazione
obbligatoria per l’azienda (a eccezione dei registri di cantina, di carico e di scarico e di imbottigliamento che
sono detenuti in azienda) e ai dati dello schedario viticolo della denominazione con dettaglio aziendale.
Il detentore di una partita di vino che intende ottenere la certificazione deve presentare la richiesta alla
struttura di controllo.
Ai fini della qualificazione con la DOCG e la DOC, le relative partite di vino devono essere sottoposte, a
cura della struttura di controllo, a un esame analitico e organolettico, al fine di certificare la corrispondenza
delle stesse partite alle caratteristiche previste dai relativi disciplinari di produzione, mediante la verifica
annuale di cui all’art. 25 del Regolamento (CE) 607/2009.
L’esame analitico, previsto per la rivendicazione dei vini a DOCG e DOC, deve riguardare, oltre ai valori
caratteristici previsti nel rispettivo disciplinare di produzione, anche quelli previsti dall’art. 26 del
Regolamento (CE) 607/2009.
La certificazione delle produzioni di vino atto a divenire DO viene richiesta dai soggetti della filiera immessi
nel sistema di controllo sulla base delle disposizioni del DM 11 novembre 2011. In caso di giudizio di
idoneità la struttura di controllo rilascia la certificazione per la partita di vino per la quale è stato richiesto il
prelievo di campioni da sottoporre ad analisi chimico fisica e organolettica.
Il sistema di controllo deve garantire la rispondenza quantitativa sulle movimentazioni di carico e di scarico
dei vini a DO o atti a divenire DO e la tracciabilità delle partite imbottigliate.
La normativa vigente definisce la tipologia del controllo e la sua entità minima. Sono individuate tre
categorie: un controllo di tipo documentale, un controllo di tipo ispettivo presso i soggetti della filiera, un
controllo di tipo analitico sul prodotto (Figura 2).
Il controllo di tipo documentale si estende sulla totalità dei soggetti che agiscono nel circuito della DO; i
controlli ispettivi e analitici vengono svolti su una percentuale di soggetti definita nel piano dei controlli.
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Il piano prevede due tipologie di attività collegate e conseguenti fra loro:
• attività di controllo atta a verificare la conformità dei comportamenti dei soggetti della filiera e delle
consistenze dei prodotti; con tale attività si ha la piena conoscenza in ogni momento della situazione
reale della DO (vigneto, produzione di uva, giacenze di prodotto sfuso e di prodotto imbottigliato) e
della rispondenza da parte di ciascun soggetto di ogni fase della filiera;
• attività di certificazione che attesta la rispondenza quantitativa e qualitativa della produzione
ottenuta all’interno territorio della DO alle disposizioni del disciplinare di produzione e della
normativa nazionale e comunitaria.
Il confezionamento dei vini a DO destinati all’immissione al consumo comporta l’obbligo dell’uso della
fascetta (contrassegno di Stato) secondo quanto disposto dal decreto del MIPAAF 19 aprile 2011. Le fascette
devono essere richieste alla struttura di controllo indicando i riferimenti alla certificazione di idoneità della
partita oggetto di imbottigliamento. La struttura di controllo, verificata la sussistenza dei requisiti, provvede
alla consegna delle fascette al soggetto richiedente. I vini DOCG destinati all’immissione al consumo devono
obbligatoriamente essere muniti del contrassegno di Stato. Per i vini DOC, in alternativa, è consentito l’uso
del lotto attribuito alla partita certificata dall’imbottigliatore e dal medesimo comunicata alla struttura di
controllo.
Figura 2: Schema dei controlli. (Fonte: Valoritalia, 2015)
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I controlli effettuati oltre a garantire il rispetto del disciplinare assicurano la tracciabilità dell’intera quantità
di vino a DO prodotta in Italia.
Il piano dei controlli approvato con il decreto prevede una serie di schede specifiche per ciascuna delle
categorie dei soggetti che operano nelle varie fasi della filiera vitivinicola: viticoltori, vinificatori,
intermediari e imbottigliatori. Ciascuna scheda è composta da una serie di dieci colonne recanti informazioni
sintetiche sulle fasi del controllo:
 nelle colonne 1 e 2 sono indicati i soggetti e le fasi di processo della filiera sottoposti al controllo;
 nella colonna 3 sono definiti i requisiti minimi che ciascun soggetto deve possedere per poter
partecipare al sistema della produzione tutelata; i requisiti sono quelli previsti dalla normativa
nazionale e comunitaria e dal disciplinare di produzione;
 nella colonna 4 vengono specificati i documenti relativi al soggetto e alla fase di processo necessari
allo svolgimento dell’attività di controllo;
 nella colonna 5 sono dettagliate le attività di controllo per le verifiche di conformità;
 nelle colonne 6 e 7 vengono definite la tipologia del controllo e la sua entità minima; i controlli
possono essere di tipo documentale, di tipo ispettivo presso il soggetto e di tipo analitico sul
prodotto; viene inoltre indicato il valore percentuale minimo dei soggetti da sottoporre a controllo
ogni anno;
 nella colonna 8 vengono elencate le non conformità possibili per ciascun requisito individuato;
 nella colonna 9 viene indicata l’entità delle non conformità rilevate dal sistema di controllo: le non
conformità lievi intese come le irregolarità che possono essere risolte con azioni correttive e che non
hanno effetti sulla materia prima e/o sul prodotto finito, le non conformità gravi intese come le
irregolarità che non possono essere risolte con azioni correttive e/o che hanno effetti sulla materia
prima e/o sul prodotto finito; le non conformità già considerate lievi che non sono state risolte con
azioni correttive sono considerate non conformità gravi;
 nella colonna 10 vengono indicate le azioni correttive da adottare al fine di eliminare le cause di non
conformità lievi accertate.
Di seguito si riportano le schede originali del piano dei controlli per i vini a DO, così come risultano
dall’allegato 2 del DM 14 giugno 2012, specifiche per ciascuna delle categorie dei soggetti che operano nelle
varie fasi della filiera.
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5. LA CERTIFICAZIONE DEI VINI
5.1. L’iter certificativo: il procedimento di Prelievo, Analisi e Degustazione
Ai fini della rivendicazione della denominazione di origine, le partite di vino atto a divenire DOC e DOCG
devono essere sottoposte ad analisi chimico fisica e organolettica (degustazione).
In attuazione alle disposizioni adottate con il D.lgs. 8 aprile 2010, n. 61, il Ministero ha emanato il DM 11
novembre 2011 recante la “disciplina degli esami analitici per i vini DOP e IGP, degli esami organolettici e
dell’attività delle commissioni di degustazione per i vini DOP e del relativo finanziamento”.
L’obiettivo di tali esami è quello di certificare la corrispondenza di tali partite alle caratteristiche previste dal
disciplinare di produzione.
Il certificato d’idoneità rilasciato a seguito della certificazione positiva del campione, ha validità di 180
giorni per i vini DOCG, 2 anni per i vini DOC e 3 anni per i vini DOC liquorosi rispetto alla data indicata nel
certificato stesso.
Trascorsi i predetti periodi di validità, in assenza di imbottigliamento:
• entro il termine di 1 anno a decorrere dalla data di certificazione, i vini a DOCG devono essere
sottoposti ad una nuova certificazione organolettica; trascorso detto termine è da ripetere sia la
certificazione analitica che quella organolettica;
• i vini DOC devono essere sottoposti ad una nuova certificazione analitica e organolettica.
Le procedure di attuazione degli esami sono a cura della struttura di controllo che agisce in conformità alla
norma europea UNI CEI EN 45011.
Il decreto stabilisce disposizioni in merito alle procedure e le modalità per le operazioni di prelievo dei
campioni di vino da destinare alle analisi e per l’espletamento degli esami analitici e organolettici, nonché i
criteri per il riconoscimento e la nomina delle Commissioni di degustazione e della Commissione di appello.
Il detentore di una partita di vino che intende ottenere la certificazione a DOCG o a DOC della stessa partita
presenta apposita richiesta alla struttura di controllo. La richiesta è presentata, per via informatica, o a mezzo
fax, non prima che la partita abbia raggiunto le caratteristiche minime al consumo previste dal disciplinare di
produzione. L’operatore della struttura di controllo verificherà la presenza del carico della partita di vino per
cui è stata richiesta la certificazione.
Per partita di vino si intende una massa omogenea di prodotto, da destinare alla verifica annuale dei requisiti
previsti dal disciplinare di produzione, proveniente da un unico processo di omogeneizzazione della massa
stessa e contenuta in un unico o più recipienti, in piccoli recipienti (botti con capacità massima di 10 ettolitri,
damigiane o altri) o in bottiglie, collocati nello stesso stabilimento.
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Gli stessi recipienti devono essere identificati in conformità alle disposizioni del Reg. CE 436/2009 e
dell’art. 5 del DM 3 luglio 2003.
Il prelievo dei campioni è effettuato a sondaggio sull’intera partita dalla struttura di controllo; il
campionamento di ciascuna partita è effettuato dal personale incaricato dalla struttura di controllo,
denominato “prelevatore”.
Per l’espletamento delle operazioni di prelievo, il prelevatore ha diritto di accedere nei locali dove è
conservata la partita divino e, preliminarmente al prelievo, provvede a identificare la partita. A tal fine
prende visione della documentazione ufficiale (registri di cantina) atta ad accertare la provenienza del
prodotto, la tipologia, la sua rispondenza quantitativa, nonché’ l’ubicazione delle partite del vino oggetto di
prelievo.
Qualora il prelevatore, nell’espletamento dei propri compiti, rilevi una situazione di difformità tra la
consistenza e gli elementi identificativi della partita rispetto a quelli risultanti dagli atti documentali,
sospende le operazioni di prelevamento e procede secondo quanto previsto dal piano dei controlli autorizzato
e contattando per chiarimenti la struttura di controllo.
Effettuati gli accertamenti il prelevatore, in caso di vini DOCG e DOC, provvede al prelevamento di 6
bottiglie per ogni campione di vino fermo. Tali esemplari sono così utilizzati:
• uno è affidato al detentore della partita;
• uno è destinato all'esame chimico-fisico
• uno è destinato all'esame organolettico;
• uno è conservato per l'eventuale esame da parte della commissione di appello; (nel caso di non
idoneità organolettica ed in caso di ricorso da parte dell’azienda il campione va spedito al Comitato
di Appello entro 7 gg dalla richiesta del ricorso stesso)
• due sono tenuti di riserva per almeno sei mesi da parte della struttura di controllo, per eventuali
ulteriori esami chimico-fisici e organolettici.
In presenza di tipologia Frizzante o Spumante può essere necessario prelevare 7 bottiglie per ogni campione
in luogo di 6 per effettuare l’analisi della CO2 disciolta come previsto dal chiarimento Ministeriale
65285/2006 (“…quando le determinazioni analitiche sono effettuate da parte degli ODC su campioni che
presentano dei tenori di anidride carbonica prossimi ai limiti previsti dalla normativa comunitaria e nazionale
vigente deve essere utilizzato il metodo di riferimento”).
La capacità dei recipienti per i singoli esemplari del campione è compresa tra 0,375 e 1 litro (solitamente
0,75l); gli stessi recipienti sono chiusi ermeticamente. Per i recipienti già confezionati dal produttore-
imbottigliatore si procede al prelevamento delle confezioni esistenti per numero di pezzi e volume
corrispondenti.
Sulla chiusura di ogni recipiente è apposto un sigillo cartaceo recante la dizione: “vino DOC o DOCG –
campione di controllo esente da documento di accompagnamento ai sensi della vigente normativa”,
39
completato da un’ala staccabile nella quale figurano il numero di verbale, la data, il nome dell’azienda, la
quantità oggetto di campionamento, le firme del prelevatore e del responsabile dell’azienda che assiste al
prelievo. Nel caso sia necessario le etichette a cavaliere possono essere maggiormente fissate con nastro
adesivo o con stringa personalizzata e numerata da elettricista.
Al momento del prelievo viene redatto un verbale in duplice copia, recante tutte le informazioni
identificative del prelievo medesimo, che viene sottoscritto sia dal prelevatore sia dall’incaricato
dell’azienda. Una copia rimane all’azienda, l’altra viene conservata dalla struttura di controllo unitamente ai
campioni.
Le partite di vino dalle quali sono stati prelevati i campioni non possono essere rimosse dal luogo e dai
recipienti ove si trovano al momento del prelievo per tutto il periodo compreso tra il prelievo stesso e
l’ultimazione dell’esame analitico e organolettico.
L’esame analitico dei campioni prelevati è effettuato presso il laboratorio scelto dalla struttura di controllo,
tra quelli autorizzati dal Ministero, previo accertamento della conformità ai criteri generali stabiliti dalla
norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025. L’esame analitico deve riguardare almeno i valori degli elementi
stabiliti dall’art. 26 del Reg. (CE) 607/2009: titolo alcolometrico totale ed effettivo, zuccheri totali, acidità
totale, acidità volatile, anidride solforosa, anidride carbonica per i vini frizzanti e spumanti ed inoltre, i valori
caratteristici della denominazione indicati nel disciplinare di produzione.
L’esito negativo dell’analisi comporta che la partita sia dichiarata non idonea e preclude il successivo esame
organolettico per i vini DOCG e DOC. In tal caso la struttura di controllo, entro tre giorni dalla data di
ricevimento dell’analisi, ne informa l’azienda interessata, anche a mezzo fax, telex o telegramma.
Entro sette giorni dalla ricezione della comunicazione dell’esito negativo, l’azienda interessata può
richiedere alla struttura di controllo per la relativa partita un eventuale nuovo prelievo, ai fini della
ripetizione dell’esame chimico-fisico, soltanto a condizione che la partita possa essere ancora oggetto di
pratiche e trattamenti enologici ammessi dalla normativa nazionale e comunitaria vigente.
Fatto salvo quanto sopra disposto, eventuali ricorsi contro l’esito dell’esame analitico devono essere
presentati entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione. Trascorso tale termine in assenza di
ricorso, la struttura di controllo comunica la non idoneità del prodotto all’azienda interessata che, nel caso,
può provvedere alla riclassificazione della partita.
In caso di presentazione del ricorso, l’ulteriore analisi è effettuata su uno dei sei esemplari di campione
presso un laboratorio autorizzato diverso da quello che ha effettuato la prima analisi. In caso di conferma
dell’esito negativo, la struttura di controllo ne dà comunicazione all’azienda interessata.
Sono ammessi all’esame organolettico solo i campioni idonei dal punto di vista analitico.
L’esame organolettico riguarda il colore, la limpidezza, l’odore e il sapore indicati dal disciplinare di
produzione della relativa DOCG o DOC. L’esame organolettico è effettuato da apposite Commissioni di
degustazione indicate dalla competente struttura di controllo per le relative DOCG e DOC. Tali Commissioni
40
sono nominate dalla competente Regione, ivi comprese quelle istituite presso le Camere di Commercio. Tali
Commissioni sono costituite da tecnici ed esperti degustatori scelti nell’Elenco dei tecnici degustatori e
nell’Elenco degli esperti degustatori istituiti presso le Regioni interessate alla produzione di vini DOCG e
DOC.
La Commissione di degustazione è composta dal presidente, dal relativo supplente, da quattro membri, dal
segretario e dal relativo supplente. Il presidente e almeno due membri devono essere tecnici degustatori.
Il presidente della Commissione assicura il rispetto delle procedure tecniche di degustazione, predisponendo,
con l’ausilio del segretario, il piano di attività della commissione e cura lo svolgimento di ciascuna seduta di
degustazione.
Il segretario della Commissione di degustazione esplica tutte le funzioni per il corretto svolgimento delle
attività previste, assiste alle riunioni della Commissione di degustazione, ne redige i relativi verbali su
apposito registro e comunica le risultanze alla struttura di controllo.
La degustazione ha luogo su campioni resi anonimi dal segretario della Commissione.
Le Commissioni sono valide se composte dal presidente e da quattro componenti. Nel caso di impedimento
del presidente, questi viene sostituito dal relativo supplente, nel caso che non sia possibile sostituire un
componente assente con altri componenti scelti dagli Elenchi dei tecnici degustatori o dagli Elenchi degli
esperti degustatori, la Commissione può funzionare con quattro componenti compreso il presidente. In tale
circostanza, in caso di parità di voti, prevale il voto del presidente.
Nel corso di una seduta non possono essere assoggettati ad esame più di 20 campioni. La stessa commissione
può effettuare, nell’arco di una giornata, non più di due riunioni, previo congruo intervallo tra le stesse.
Per ogni campione degustato viene compilata un’apposita scheda individuale di valutazione dalla quale
risulta:
 la data della riunione della commissione;
 il giudizio espresso, che può essere di “idoneità”, di “rivedibilità” o di “non idoneità”;
 la sintetica motivazione del giudizio in caso di “rivedibilità” o di non “idoneità”;
 la firma del presidente, del commissario e del segretario della commissione.
Viene infine compilata una scheda riepilogativa (leggasi verbale) degli elementi rilevati nelle singole schede,
da firmare da parte del presidente e del segretario della commissione (Figura 3). Nel verbale vengono
trascritte eventuali rivedibilità o l’apertura della seconda bottiglia richiesta dal presidente della commissione
qualora il campione risulti anomalo.
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Figura 3: Schede di valutazione. In alto la scheda del singolo campione. In basso la scheda riepilogativa. (Fonte: Valoritalia,
2015)
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Nel caso di giudizio di idoneità la struttura di controllo rilascia la certificazione positiva per la relativa
partita.
Nei casi di giudizio di rivedibilità e di non idoneità, la struttura di controllo è tenuta a inoltrare
all’interessato, entro cinque giorni dall’emanazione del giudizio e a mezzo di fax o posta elettronica
certificata, una comunicazione contenente le motivazioni tecniche del giudizio.
Qualora il campione risulti rivedibile, l’interessato può richiedere, previa effettuazione delle pratiche
enologiche ammesse, una nuova campionatura per il definitivo giudizio entro il termine massimo di sessanta
giorni dalla comunicazione. In tal caso deve essere ripetuta anche l’analisi chimico-fisica. In caso di nuovo
giudizio di rivedibilità, il medesimo è da considerare di non idoneità.
Trascorso tale termine, il prodotto per il quale non sia stata richiesta nuova campionatura viene considerato
non idoneo e la struttura di controllo effettua, entro cinque giorni, la relativa comunicazione all’interessato.
Qualora il campione sia giudicato non idoneo, l’interessato può presentare ricorso alla competente
Commissione di appello, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione.
Nel caso di mancato ricorso o di conferma del giudizio di non idoneità da parte della Commissione di
appello, l’interessato può provvedere, nel caso, alla riclassificazione della relativa partita di vino.
In caso di esito positivo il decreto prevede che il procedimento relativo all’esame analitico del campione si
concluda, con il rilascio dell’idoneità chimico-fisica, entro cinque giorni lavorativi a decorrere dalla data di
presa in carico del campione stesso da parte del Laboratorio autorizzato.
L’intero procedimento dell’esame analitico e organolettico del campione si conclude con la certificazione
della relativa partita di vino da parte della struttura di controllo entro 20 giorni lavorativi dalla data di
richiesta del prelievo.
L’interessato può presentare ricorso contro il giudizio di non idoneità alle competenti Commissioni di
appello per i vini DOCG e DOC dell’Italia settentrionale, centrale e meridionale, istituite presso la segreteria
del Comitato nazionale vini DOP e IGP del Ministero.
Il ricorso viene depositato presso la struttura di controllo che, entro sette giorni lo trasmette alla
Commissione di appello insieme a un campione del vino giudicato non idoneo, accantonato e custodito
presso la predetta struttura di controllo, alla relativa documentazione di non idoneità e al certificato di analisi
chimico-fisica.
La Commissione di appello è composta da un presidente, da un segretario, dai rispettivi supplenti, e da
quattro membri nominati dal Ministero.
Il presidente e il relativo supplente sono scelti dal Ministero tra esperti di chiara fama nel settore vitivinicolo;
il segretario e due supplenti sono designati tra i funzionari del Ministero; i quattro membri sono scelti dal
segretario, per ciascuna seduta di degustazione, a rotazione nell’ambito di un elenco di dieci tecnici
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degustatori depositato presso il Comitato nazionale vini DOP e IGP. La durata della Commissione è di due
anni.
Il presidente e il segretario delle Commissioni di appello esercitano le funzioni previste per il presidente e
per il segretario delle Commissioni di degustazione. Il segretario è incaricato dell’espletamento delle pratiche
di natura tecnico amministrativa relative al funzionamento delle commissioni stesse e alla realizzazione degli
esami organolettici di appello.
La Commissione di appello esplica la propria attività con la presenza di cinque componenti compreso il
presidente. Nel caso in cui sia impossibile sostituire un componente assente, la Commissione può funzionare
con quattro componenti compreso il presidente.
Per ogni campione degustato, il presidente e i componenti della Commissione di appello redigono una
scheda individuale, sottoscritta dal presidente e dal segretario. Dalla scheda di degustazione individuale deve
risultare, in particolare, per ogni campione degustato, il giudizio di idoneità o di non idoneità e in tale ultimo
caso risulta la sintetica motivazione del giudizio. È infine compilata una scheda riepilogativa degli elementi
rilevati nelle singole schede, da sottoscrivere da parte del presidente e del segretario della Commissione. Il
giudizio definitivo della Commissione di appello è espresso a maggioranza. In caso di parità prevale il voto
del presidente.
L’esito del giudizio definitivo della Commissione di appello è comunicato, entro tre giorni a mezzo di lettera
raccomandata, all’interessato e alla struttura di controllo. Nel caso di conferma del giudizio di non idoneità,
l’interessato può provvedere, nel caso, alla riclassificazione della relativa partita di vino.
Il segretario è tenuto ad annotare su un apposito registro la presa in carico dei ricorsi e dei campioni a essi
relativi e a redigere il verbale della seduta di degustazione nel quale riporta il giudizio conclusivo espresso
per ciascun campione degustato e, in caso di non idoneità, il relativo motivo, nonché il numero attribuito a
tale campione durante la fase di anonimizzazione. Il verbale viene sottoscritto dal segretario e dal presidente.
L’abbinamento del campione degustato con il detentore del vino al quale il campione stesso si riferisce è
effettuato dal segretario della Commissione al termine della seduta di degustazione, trascrivendo nel registro
di presa in carico i risultati della degustazione medesima. Tale trascrizione è sottoscritta dal segretario stesso
e dal presidente.
I costi per il prelievo dei campioni, per l’espletamento dell’esame analitico, per il funzionamento delle
Commissioni di degustazione e delle Commissioni di appello sono a carico dei soggetti che richiedono la
certificazione delle relative partite.
Per assicurare la rispondenza tra i certificati di idoneità alla DOCG o alla DOC e le relative partite di vino,
nonché l’espletamento dei controlli prescritti, i detentori, per ciascuna partita certificata o porzione della
stessa partita:
• conservano agli atti i certificati di idoneità per 5 anni;
44
• annotano nel registro di carico e scarico e nel registro di imbottigliamento gli estremi del certificato
di idoneità;
• nel registro di imbottigliamento, negli appositi conto di carico dei contrassegni di Stato ritirati e
conto di scarico dei contrassegni utilizzati, indicano i riferimenti al numero e alla serie dei
contrassegni stessi, o del numero di lotto, in caso di vini DOC che hanno optato per tale sistema di
tracciabilità delle partite certificate.
45
6. CONCLUSIONI
Nella Comunità Europea, con l’adozione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche,
come marchi collettivi di qualità, il nesso tra territorio e caratteristiche del prodotto diventa l’elemento
distintivo di qualità. Con questi due livelli di riconoscimento, rispettivamente DOP ed IGP, si intende
proteggere i nomi dei prodotti e la loro tipicità dalle imitazioni e dagli abusi, sostenere le diverse produzioni
e aiutare i consumatori nella scelta dei prodotti alimentari, fornendo informazioni e garanzie relativamente
alle caratteristiche degli stessi.
Quello che si garantisce con il marchio collettivo della DO è l’origine del prodotto e il rispetto di alcuni
fondamentali parametri dello stesso di tipo organolettico, chimico, fisico e soprattutto di processo, dalle fasi
iniziali di produzione delle materie prime fino all’ottenimento del prodotto finito.
Entrambi questi riconoscimenti comunitari costituiscono una valida garanzia per il consumatore, che sa così
di acquistare alimenti di qualità, che devono rispondere a determinati requisiti e sono prodotti, nel rispetto
delle norme generali fissate dal legislatore comunitario e nazionale, che vengono definite dai produttori nel
disciplinare di produzione. Chi fa prodotti DOP deve quindi attenersi alle rigide regole produttive stabilite
nel disciplinare di produzione, e il rispetto di tali regole è garantito da uno specifico organismo di controllo
indipendente.
Nel suo insieme il presente elaborato intende porre in evidenza quanto il sistema dei controlli sia complesso
ma al contempo necessario a garantire gli obiettivi posti a tutela dei consumatori e a garanzia dei produttori;
spesso anche al di là delle legittime difficoltà che comporta il monitoraggio di una filiera come quella
vitivinicola.
Analizzando “l’excursus normativo” sviluppato nei precedenti capitoli, si coglie con evidenza il grande
lavoro di regolamentazione che riguarda un comparto così energico e vitale per l’economia nazionale ed
europea. Un insieme di fattori, quali la rilevanza economica del settore viticolo in molti stati europei e
l’insorgenza di attriti fra gli stessi nell’ambito dell’organizzazione comune di mercato, ha sortito come
effetto la sostituzione dell’iniziale impostazione liberista caratteristica della prima meta del ‘900 con una
forte regolamentazione comunitaria dei giorni nostri.
Come esempio di questo atteggiamento normativo basti pensare che l’intero sistema delle denominazioni di
origine e delle indicazioni geografiche è nato con riferimento al vino per estendersi solo successivamente ad
altre categorie di prodotti alimentari; questo spiega anche la particolarità del settore medesimo che ha visto,
fino al Regolamento n. 479/2008, un sistema di riconoscimento e certificazione delle produzioni di qualità
del tutto distinto da quello degli altri prodotti agroalimentari, per i quali è stata adottata una disciplina
unitaria fondata sul Regolamento n. 2081/92 ora sostituito dal Regolamento n. 510/2006, relativo alla
protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari.
Constatata la pressoché unanime convinzione che il sistema dei controlli sia uno strumento fondamentale,
non poter avvalersi di strumenti di controllo efficienti significherebbe per le imprese correre maggiori rischi
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I SISTEMI DEI CONTROLLI DEI VINI DI QUALITA’

  • 1. MASTER UNIVERSITARIO CONGIUNTO DI II LIVELLO IN DIRITTO ALIMENTARE Università degli Studi della Tuscia Dipartimento DISTU I SISTEMI DEI CONTROLLI DEI VINI DI QUALITA’ Relatore: Avv. Carlotta Gori Candidato : Andrea Barbetta ANNO ACCADEMICO 2014 – 2015
  • 2. 2
  • 3. 3 SOMMARIO SOMMARIO ..................................................................................................................................................... 3 RIASSUNTO..................................................................................................................................................... 5 ABSTRACT ...................................................................................................................................................... 6 1. INTRODUZIONE ..................................................................................................................................... 7 2. LE DENOMINAZIONI D’ORIGINE ....................................................................................................... 9 2.1. Cosa sono le Denominazioni d’Origine e le Indicazioni Geografiche................................................... 9 2.2. Le Denominazioni d’Origine e le Indicazioni Geografiche nelle specificità del vino ......................... 10 2.3. Le D.O. nei paesi Europei maggiormente vocati alla Viticoltura ........................................................ 11 2.4. L’evoluzione normativa delle D.O. nella storia dell’Italia................................................................... 12 3. IL RUOLO DELLA COMUNITA’ EUROPEA NELLA TUTELA E NELLA VALORIZZAZIONE DELLE DO.............................................................................................................................................. 15 3.1. Nuova OCM vino: il Regolamento (CE) n. 479/2008, oggi n. 1308/2013 .......................................... 16 3.2. Il D.Lgs. 8 aprile 2010 n. 61 ................................................................................................................ 18 3.3. Un cenno ai Disciplinari di produzione................................................................................................ 24 4. I CONTROLLI DEI VINI DOC E DOCG .............................................................................................. 25 4.1. Gli adempimenti obbligatori dei soggetti coinvolti nella filiera vitivinicola ....................................... 25 4.2. L’attuale procedimento di controllo e certificazione ........................................................................... 27 5. LA CERTIFICAZIONE DEI VINI ......................................................................................................... 37 5.1. L’iter certificativo: il procedimento di Prelievo, Analisi e Degustazione............................................ 37 6. CONCLUSIONI ...................................................................................................................................... 45 7. BIBLIOGRAFIA ..................................................................................................................................... 47 8. SITOGRAFIA.......................................................................................................................................... 48
  • 4. 4
  • 5. 5 RIASSUNTO Il mercato del vino rappresenta oggi uno tra i settori che maggiormente fonda il proprio successo sulla qualità, seguendo le preferenze di consumatori sempre più esigenti, sia per le caratteristiche che si aspettano dal prodotto, sia per le crescenti attenzioni che essi riservano ai temi della sicurezza alimentare. Per far fronte a questa crescente esigenza, l’Unione Europea ha messo in atto uno specifico sistema di controlli e di certificazioni che risulta uno dei più complessi nel panorama dei prodotti agroalimentari. Partendo dalla disciplina generale delle Denominazioni d’Origine (DO) e delle Indicazioni Geografiche (IG) e declinandola in ambito vitivinicolo, con il presente lavoro si va ad approfondire la normativa specifica che regola il sistema dei controlli e delle certificazioni dei vini a denominazione. Dopo una panoramica iniziale sull’utilizzo dello DO e delle IG nei principali paesi dell’UE per il comparto vitivinicolo, si va a delineare il quadro storico della normativa nazionale e comunitaria sui vini, evidenziando come negli ultimi 50 anni, l’attenzione del legislatore si sia rivolta con sempre maggior frequenza a questo vitale settore, da sempre strategico per il nostro paese. Da questa consapevolezza, nasce la volontà di tutelare maggiormente i consumatori ma anche il sistema produttivo, attraverso un meccanismo di attribuzione di qualità ai vini, legando la stessa alla territorialità delle produzioni. Tutto ciò trova ampia collocazione all’interno dell’ultima OCM vino (Reg. n. 479/2008), oggi contenuta nell’OCM unica (Reg. n. 1308/2013). Con il D.Lgs. 8 aprile 2010 n. 61, il governo Italiano ha recepito il Reg. 479/2008, apportando importanti integrazioni e modifiche alla legislazione nazionale vigente in materia di classificazione delle Denominazioni d’Origine e delle Indicazioni Geografiche, di disciplinari di produzione e di gestione di superfici vitate, di controllo delle DO e delle IG, di Consorzi di tutela ecc. Nei successivi capitoli, viene quindi affrontato nel suo complesso, il tema dei controlli nell’ambito delle DO, andando ad analizzare gli adempimenti a cui devono sottostare le principali figure coinvolte nella filiera; siano essi viticoltori, vinificatori o imbottigliatori. I controlli, di tipo documentale, ispettivo ed analitico, vengono eseguiti con modalità differenti secondo quanto stabilito dall’allegato 2 del DM 14 giugno 2012. Queste fasi, che fanno parte della routine degli Organismi di Controllo (OdC), sono la base fondante per poter dare avvio all’iter di certificazione dei vini DOC e DOCG. Tramite le procedure di prelievo dei campioni, di analisi chimico fisiche ed infine organolettiche (degustazione), si arriva, dopo l’esito positivo, ad ottenere la certificazione della partita di vino a DO. Nonostante la burocrazia ed i costi che un tale iter di controllo e certificazione comporta, questo sistema appare ad oggi, l’unico in grado di garantire la sicurezza per il consumatore di acquistare un vino di alta qualità prodotto in una determinata zona particolarmente vocata per la coltivazione di quelle pregiate uve; per contro, i produttori possono godere della riconoscibilità che una DO può acquisire tra i consumatori in seguito ad adeguate strategie di marketing. Da ciò, risulta evidente che l’errore del singolo produttore, può facilmente compromettere la reputazione acquisita negli anni da una denominazione tra i consumatori, andando a danneggiare tutti i produttori della stessa DO. Ecco perché è necessario un rigoroso e funzionale sistema di controllo e certificazione per questi vini d’eccellenza che aumentando di anno in anno l’export, portando alto il nome del “Made in Italy” nel mondo.
  • 6. 6 ABSTRACT The wine market is today one of the sectors that bases its success on the quality, according to the preferences of increasingly demanding consumers, and for the features they expect from the product, both for the growing attention that they reserve the right to security food. To address this growing need, the European Union has put in place a specific system of checks and certifications which is one of the most complex in the panorama of food products. Starting from the general discipline of Designations of Origin (DO) and Geographical Indications (GI) and declining it in the wine field, with the present work is to investigate the specific legislation that regulates the system of controls and certification of wines with denomination. After an initial overview about using the DO and IG in the major EU countries for the wine sector, it goes on to outline the historical framework of national and Community legislation on wines, noting that in the last 50 years, the attention of the legislator it is facing with increasing frequency in this vital sector, always strategic for our country. From this awareness, comes the desire to better protect consumers but also the productive system, through a mechanism for the allocation of quality wines, tying the same to the territoriality of the productions. Everything is wide position within the last CMO wine (Reg. No. 479/2008), now contained in the single CMO (Reg. No. 1308/2013). With the Decree. 8th April, 2010 n. 61, the Italian Government has implemented the Reg. 479/2008, making important additions and changes to existing national legislation concerning the classification of Designations of Origin and Geographical Indications, the disciplinary of production and management of areas under vines, control the DO and IG, of protection consortiums etc. In subsequent chapters, it is then addressed as a whole, the issue of controls concerning DO, by analyzing the obligations to be met by major stakeholder in the supply chain; be they growers, winemakers and bottlers. The controls, type of document, inspection and analysis, are executed in different ways as set out in Annex 2 of the Ministerial Decree of 14th June 2012. These steps, which are part of the routine of the Control Bodies (CB), are the foundation for be able to start the procedure for certification of CDO and CGDO wines. Through the procedures of sampling, analytical and physical chemistry finally organoleptic (taste), we arrive, after the positive result, to obtain the certification of the batch of wine to DO. Despite the bureaucracy and costs that such a process of control and certification implies, this system appears to now, the only one able to provide security for the consumer to purchase a high-quality wine produced in a given area particularly suited for cultivation of the finest grapes; by contrast, manufacturers can enjoy the recognition that a DO can acquire among consumers, given appropriate marketing strategies. Hence, it is clear that the error of the individual producer, can easily undermine the reputation acquired over the years by a name among consumers, going to harm all producers in the same DO. That's why you need a rigorous and functional control system and certification for these excellent wines that increasing year by year exports, bringing up the name of "Made in Italy" worldwide.
  • 7. 7 1. INTRODUZIONE Negli ultimi cinquant’anni il mondo del vino è andato incontro a una vera e propria rivoluzione che ha riguardato tanto i modi di produrre quanto i modelli di consumo. Il vino italiano ha infatti subito un’importante evoluzione e ha notevolmente ampliato i suoi orizzonti, raggiungendo i mercati di tutto il mondo. Questo processo è essenzialmente la conseguenza dell’evoluzione socio economica e culturale, non solo nel nostro Paese, che da sempre influenza profondamente la produzione vinicola. Basti pensare all’effetto che ebbe negli anni sessanta dello scorso secolo, il fenomeno del “boom” economico legato all’industrializzazione e al crescente benessere della popolazione, al fine della creazione di un nuovo tipo di domanda. Non serviva più un vino con delle caratteristiche di alimento povero sia dal punto di vista delle caratteristiche organolettiche che del prezzo, ci voleva un “nuovo” vino, di qualità più elevata e in grado di rispondere alle mutate esigenze dei consumatori, italiani e stranieri. Un dato che conferma quanto detto è senz’altro quello riferito ai consumi interni; se negli anni sessanta il consumo pro capite era ben superiore ai cento litri, oggi si attesta a meno di quaranta litri ed il trend è in diminuzione. In antitesi a questo, fortunatamente negli anni l’export è esponenzialmente aumentato grazie alla sempre maggior domanda da paesi consolidati come USA e Canada ma anche da nuovi paesi emergenti, appartenenti ai cosiddetti BRICS. Tornando agli anni sessanta, cruciali per il settore, il 12 luglio 1963, con la nascita della prima legge (DPR n. 930) sulle Denominazioni di origine si rimette in moto un processo e un settore che ormai sembrava ben poco competitivo. Tutto ciò è potuto avvenire, sulla scia delle considerazioni fatte poc’anzi, grazie ad un ripensamento complessivo del ruolo del vino a partire dai modi di produzione (nel vigneto e in cantina), del riferimento ad un nuovo target di consumatori e di un primo, seppur limitato, utilizzo della pubblicità e della promozione. Questo definitivo decollo del processo di crescita, si è consolidato nella seconda metà degli anni Ottanta, ovvero subito dopo lo scandalo del metanolo del marzo 1986 che fece crollare di oltre un terzo l’export e diminuire il fatturato del 25%. Sostanzialmente a reggere l’urto di un’immagine del vino italiano gravemente messa in discussione, furono i vini a denominazione di origine e i loro consorzi che rappresentarono un punto di riferimento per i consumatori, in un momento difficilissimo per tutto il settore. Sempre in quel periodo, oltre ad evidenziare il valore dei vini a denominazione, si iniziarono a porre le basi per un diverso e più ampio sistema di controlli, che favorirono il “rinascimento” del vino italiano. Se, il comparto vitivinicolo oggi riesce a confermarsi una delle realtà produttive agricole più forti sia sui mercati interni sia su quelli internazionali, senza dubbio lo si deve anche alle norme di tutela della denominazione con le quali, ben prima delle esigenze odierne, si scelse di puntare sulla qualità, migliorando le tecniche di produzione di pieno campo e di cantina, nonché esaltando le caratteristiche esclusive dei vini ottenuti in ragione delle specificità tangibili e intangibili del territorio, sancendo una irriproducibilità di un bene con medesime caratteristiche in altri contesti.
  • 8. 8
  • 9. 9 2. LE DENOMINAZIONI D’ORIGINE 2.1. Cosa sono le Denominazioni d’Origine e le Indicazioni Geografiche Le Denominazioni d’Origine e le Indicazioni Geografiche, ovvero le DOP (Denominazioni d’Origine Protetta), IGP (Indicazioni Geografiche Protette) e SGT (Specificità Tradizionali Garantite), sono gli strumenti operativi adottati dall’UE per contrastare e prevenire forme di concorrenza sleale e promuovere alimenti di qualità. Le IG sono state impiegate per lungo tempo, specialmente in Europa. Tuttavia, l’interesse verso queste certificazioni è aumentato considerevolmente dopo che è stata loro riconosciuta la forma di proprietà intellettuale nell’ambito dell’accordo TRIPS in seno al WTO (Josling, 2006). Le IG, introdotte con il Reg. CE n. 2081/1992 ed oggi ricomprese nel Reg. CE n. 1151/2012, garantiscono che solo i prodotti provenienti da una specifica regione possano essere commercializzati come tali. In particolare all’Art. 5 del Reg 1151/2012 si precisa che per “Denominazione d’Origine” ed “Indicazione Geografica” s’intende: 1. Ai fini del presente regolamento «denominazione di origine» è un nome che identifica un prodotto: a) originario di un luogo, regione o, in casi eccezionali, di un paese determinati; b) la cui qualità o le cui caratteristiche sono dovute essenzialmente o esclusivamente ad un particolare ambiente geografico ed ai suoi intrinseci fattori naturali e umani; e c) le cui fasi di produzione si svolgono nella zona geografica delimitata. 2. Ai fini del presente regolamento, «indicazione geografica» è un nome che identifica un prodotto: a) originario di un determinato luogo, regione o paese; b) alla cui origine geografica sono essenzialmente attribuibili una data qualità; la reputazione o altre caratteristiche; e c) la cui produzione si svolge per almeno una delle sue fasi nella zona geografica delimitata. In quanto alle STG all’Art. 18 del succitato regolamento si stabilisce che: 1. Un nome è ammesso a beneficiare della registrazione come specialità tradizionale garantita se designa uno specifico prodotto o alimento: a) ottenuto con un metodo di produzione, trasformazione o una composizione che corrispondono a una pratica tradizionale per tale prodotto o alimento; o b) ottenuto da materie prime o ingredienti utilizzati tradizionalmente. 2. Affinché un nome sia registrato come specialità tradizionale garantita, esso deve: a) essere stato utilizzato tradizionalmente in riferimento al prodotto specifico; o b) designare il carattere tradizionale o la specificità del prodotto.
  • 10. 10 Volendo riassumere la norma, si può dire che la Denominazione d’Origine Protetta (DOP) identifica la denominazione di un prodotto la cui produzione, trasformazione ed elaborazione devono aver luogo in un’area geografica determinata e caratterizzata da un know-how riconosciuto e constatato. Nell’Indicazione Geografica Protetta (IGP), invece, il legame con il territorio deve essere presente in almeno uno degli stadi della produzione, della trasformazione o dell’elaborazione del prodotto. Infine, la certificazione di Specialità Tradizionale Garantita (STG) non fa riferimento ad un’origine, ma ha per oggetto una composizione o un metodo di produzione tradizionale. Il sistema europeo di protezione dell’origine è strutturato intorno a tre gruppi di attori: il primo è composto dagli imprenditori agricoli e trasformatori, il secondo dalle autorità regionali, nazionali e comunitarie, infine il terzo dagli organi competenti nei sistemi di controllo. Quando un gruppo di agricoltori o trasformatori intende ottenere una protezione per uno specifico prodotto, viene richiesto loro di presentare una domanda all’autorità nazionale. Una volta accertato che tutti i requisiti siano soddisfatti, l’autorità nazionale trasmette la domanda alla Commissione Europea, responsabile per l’approvazione o il rifiuto della stessa. La domanda deve definire i limiti geografici dell’area dell’IG, i disciplinari di produzione e trasformazione e fornire prova della connessione tra marchio e area di provenienza. Inoltre, il gruppo richiedente deve nominare un organo ispettivo che certifichi la presenza dei requisiti e conduca appropriati controlli per garantire che gli stessi siano costantemente soddisfatti (Hayes et al., 2003). 2.2. Le Denominazioni d’Origine e le Indicazioni Geografiche nelle specificità del vino Nel caso del vino, il quadro normativo relativo alle D.O. e alle I.G. è definito nell’ambito della relativa OCM, che fino alla recente riforma (Reg. n. 479/2008) rimandava la definizione delle denominazioni d’origine alla normativa nazionale. Con la modifica dell’OCM vino, è stato previsto un regime che permetta di esaminare le domande di denominazione di origine o indicazione geografica in linea con l’impostazione seguita nell’ambito della normativa trasversale della qualità applicata ai prodotti alimentari diversi dal vino e dalle bevande spiritose nel Regolamento n. 510/2006, al fine di consentire l’istituzione di un quadro trasparente e più completo che rinforzi l'indicazione di qualità dei vini. Le innovazioni previste comportano l’abbandono di formule consolidate sul piano della comunicazione simbolica con il consumatore (VQPRD e IGT), in favore dell’adozione, anche nel settore dei vini, delle formule di DOP e IGP, sinora esclusivamente riservate ai prodotti diversi dai vini e dalle bevande spiritose. In conseguenza di ciò, i vini DOP e IGP ricadono, seppur con dovute differenze, nella stessa categoria disciplinare. Questo comporta che l’ambito dei vini di qualità comprenda anche gli IGP, cioè vini che, come i vecchi IGT, possono essere ottenuti con uve provenienti per l’85% e non esclusivamente da un certo
  • 11. 11 territorio. Ne deriva che, a seguito della riforma, gli elementi di regolazione ed identità che in passato marcavano nettamente la differenza tra V.Q.P.R.D. e IGT, assegnandoli a due classi di prodotto fortemente distinte, sono oggi attenuati tra vini DOP e IGP, per via della comune appartenenza ad un unico ambito disciplinare. L’ampliamento della classe dei vini di qualità, risulta anche dall’ulteriore incisiva novità introdotta dalla OCM, data dalla possibilità di indicare l’annata e la varietà delle uve anche sui vini da tavola privi di indicazione geografica. Questa ulteriore finestra, non era precedentemente consentita dal Reg. n. 1493/1999 per i vini da tavola, ma solo per gli IGT. Alla luce di quanto visto, si può quindi affermare che la qualità dichiarata al consumatore è stata decisamente rimodulata, influenzata da un aumento quantitativo dei possibili beneficiari di indicazioni di qualità e quindi verso una premialità nel mercato delle produzioni di quantità e dei relativi produttori che possono rivendicare segni di qualità che la disciplina precedente riservava a produzioni quantitativamente minori. 2.3. Le D.O. nei paesi Europei maggiormente vocati alla Viticoltura Nell’ambito di questo comparto gli Stati membri hanno differenti sistemi di designazione d’origine. Per esempio, la Francia ha un sistema di denominazione che include dal Vin de Table (“vino da tavola”), al Vin de Pays e Vin Délimité de Qualité Supérieure (VDQS) fino alla Appellation d'Origine Contrôlée (AOC) basata sul concetto di territorio (o regione d’origine), e sulla qualità. Il Portogallo, come la Francia, ha una classificazione pubblica basata sull’origine dei grappoli e la qualità del vino. Inoltre, il Portogallo è stato uno dei primi paesi a fare uso delle DOC (“Denominação de Origem Controlada”) creando la Demarcated Douro Region con una carta reale nel 1756. La Germania ha sviluppato un sistema simile nel 2002. Spagna e Italia hanno una classificazione che si basa su un sistema duale per regione d’origine e qualità del prodotto.
  • 12. 12 2.4. L’evoluzione normativa delle D.O. nella storia dell’Italia Quando nel 1861 l’Italia divenne un’unica nazione, le regolamentazioni relative al mondo del vino non erano certo altrettanto uniformi. Il vino diventa “vino italiano”, ma manca ancora il concetto di legame con la singola regione e in particolare con il territorio d’origine. Si è dovuto attendere fino ai primi anni sessanta per vedere finalmente riconosciuti il ruolo, l’importanza e l’immagine dei prodotti legati al territorio e alle caratteristiche peculiari che tale legame consente. Nell’evolversi della storia dei vini a Denominazione d’Origine, si denota facilmente che i governi susseguitesi, erano maggiormente preoccupati alla garanzia di un prodotto genuino piuttosto che agli aspetti che potessero mirare a tutelare la qualità e l’origine di queste produzioni. Una prima inversione di tendenza si può scorgere nel 1930, quando viene emanato un provvedimento che detta le prime indicazioni per la tutela delle produzioni Vitivinicole Italiane. Il Ministero dell’Agricoltura ebbe l’incarico di riconoscere e delimitare le zone di produzione di questi vini, introducendo tre livelli qualitativi per i vini cosiddetti “tipici”: Vini speciali; Vini superiori; Vini Fini. E’ chiaro però che si tratta ancora di indicazioni piuttosto sommarie che non tutelavano adeguatamente le produzioni. Un cambiamento sostanziale, come anticipato in precedenza, avviene nel 1963, con l’emanazione del DPR n. 930 sulla tutela delle Denominazioni di Origine dei Vini. Si tratta infatti del primo provvedimento nazionale a disciplina delle produzioni vitivinicole di qualità, che stabilisce il concetto attuale di Denominazione di Origine, codificandone il significato e rafforzando il concetto di legame con il territorio. Questa legge definisce regole ben precise per quanto riguarda la produzione e la commercializzazione dei vini come il disciplinare di produzione, specifico per ogni denominazione, l’istituzione di appositi albi per la registrazione delle superfici produttive e il sistema della denuncia dei quantitativi di uva prodotta da destinare alla produzione di una determinata denominazione. La legge stabilisce inoltre un nuovo sistema di classificazione dei vini:  Vino a Denominazione di Origine semplice;  Vino a Denominazione di Origine Controllata;  Vino a Denominazione di Origine Controllata e garantita. Grazie a questa legge nel 1966 compaiono le prime D.O.C. (Denominazioni di Origine Controllata). La prima fu la Vernaccia di San Gimignano, seguita da altre denominazione tra cui anche il Brunello di Montalcino, che nel 1980 otterrà il riconoscimento come prima D.O.C.G. L’emanazione di questo provvedimento, che per oltre trent’anni ha rappresentato un caposaldo della vitivinicoltura italiana, contribuì notevolmente alla crescita delle nostre produzioni sia da un punto di vista qualitativo che quantitativo. Nei primi anni ’90 il settore vitivinicolo avvertì l’esigenza di un ammodernamento della normativa che doveva far fronte sia alla notevole crescita delle stesse Denominazioni di Origine, che alle nuove esigenze del mercato. Nel 1992 nasce quindi la Legge n. 164, che pur mantenendo alcune impostazioni della
  • 13. 13 precedente n. 930, introduce importanti novità nel settore. Se da una parte è stato giustamente mantenuto l’indirizzo generale, basato sul rapporto vino territorio, dall’altra è stato ritenuto opportuno inserire alcune innovazioni, tra cui:  Attività di valorizzazione delle denominazioni;  L’introduzione delle I.G.T. (Indicazioni Geografiche Tipiche) Generalmente in questa categoria rientrano i vini da tavola di qualità, inferiori però ai DOC e DOCG, che sono generalmente volti a proteggere vini di alta qualità, come il Chianti e il Barolo. Tale certificazione è stata creata per distinguere l’alta qualità, non usuale, della classe di vini noti come Super Toscani (Tignanello e Sassicaia che prima dell’IGT rientravano tra i vini da tavola). In altre parole, questa denominazione è stata creata per vini che non trovavano collocazione nelle vecchie regole;  La scelta vendemmiale, che consente la possibilità di utilizzare la produzione di uno stesso vigneto per più Denominazioni d’Origine. In questo modo è facoltà del produttore rivendicare la D.O. che preferisce;  Il riconoscimento delle sottozone, ossia aree più ristrette all’interno di Denominazione di Origine. In particolare le DOCG fanno riferimento a sottoregioni delle DOC e producono vini di qualità eccezionale soggetti a standard qualitativi e produttivi più stringenti, rispetto agli stessi prodotti provenienti dalle circostanti regioni DOC.;  l’Introduzione obbligatoria delle analisi chimico-fisiche prima della commercializzazione. Ma la vera novità introdotta da questa legge è insita nel suo impianto portante, volto alla qualità totale intesa come origine, che si è tradotta nel meccanismo della classificazione piramidale dei vini. Gli scenari nazionali, o per meglio dire comunitari, hanno subito notevoli variazioni dovuti sia alle nuove esigenze del mercato, sia all’avvento di nuovi paesi produttori che, anno dopo anno, sono divenuti sempre di più competitivi. Sulla base di queste premesse la Comunità Europea nel 2008 decide di attuare un processo di riforma dell’intero comparto vitivinicolo. La riforma vede luce con il Reg. n. 479 del 2008 (oggi inclusa nel Reg. n. 1308/2013 sulla OCM unica) e introduce alcune novità per quanto riguarda le norme di produzione e commercializzazione, l’etichettatura, la difesa e promozione delle denominazioni in ambito internazionale e l’introduzione di un sistema di controllo e tracciabilità che ogni stato membro può applicare in maniera autonoma sulle proprie denominazioni a ulteriore garanzia per il consumatore finale. Il progetto di riforma ha mirato anche a una semplificazione dell’assetto normativo, adottando norme più chiare e trasparenti ed equiparando la normativa vitivinicola a quella già esistente per gli altri prodotti agroalimentari di qualità DOP e IGP.
  • 14. 14 Vengono previste due sole categorie di vini (Figura 1):  Vini con indicazione geografica (DOP e IGP)  Vini senza Indicazione geografica (Vini generici e Varietali, ovvero con indicazione della sola annata o vitigno). Lo stato italiano ha comunque consentito l’utilizzo delle precedenti sigle che caratterizzavano i vini di qualità italiani (DOCG, DOC e IGT) che possono essere inserite sia congiuntamente alle nuove che da sole. Il numero di vini protetti da denominazione d’origine ad oggi è molto ampio. In Italia sono attualmente presenti 118 IGT, 332 DOC e 73 DOCG, per un totale di 523 Indicazioni Geografiche (MIPAAF, 2015). Figura 1. L'attuale classificazione dei vini
  • 15. 15 3. IL RUOLO DELLA COMUNITA’ EUROPEA NELLA TUTELA E NELLA VALORIZZAZIONE DELLE DO La qualità attribuita a un prodotto, per essere compresa, deve essere necessariamente riferita a un contesto chiaro e circoscritto. In relazione al comparto agroalimentare, al fine di specificare l’insieme degli elementi distintivi della qualità di un determinato prodotto, possiamo far riferimento a differenti caratteristiche: di natura igienico-sanitaria (per l’insieme dei requisiti che garantiscono la salubrità del prodotto), organolettiche (per le caratteristiche percepibili attraverso i sensi), nutrizionali (se ci riferiamo alla composizione chimico-fisica), di origine geografica, fino a giungere a quelli che possono essere definiti attributi “legali” che richiamano il rispetto di standard minimi fissati per legge (Gatto, 2010). Nella Comunità Europea, con l’adozione delle denominazioni di origine, come marchio collettivo di qualità, il nesso tra territorio e caratteristiche del prodotto diventa l’elemento distintivo di qualità; bisogna però ricordare che le proprietà e le caratteristiche qualitative, nel rispetto delle norme generali fissate dal legislatore comunitario e nazionale, sono definite dai produttori nel disciplinare di produzione. In generale, non è detto che un prodotto a denominazione di origine, quale marchio collettivo, abbia una qualità oggettiva superiore al prodotto ottenuto nella stessa area geografica da un imprenditore che utilizza un proprio marchio individuale per distinguersi sul mercato; tutto dipende dal rispetto e dalla validità delle regole di produzione previste dal disciplinare di produzione della denominazione di origine. Quello che si garantisce con il marchio collettivo della D.O. è l’origine del prodotto e il rispetto di alcuni fondamentali parametri dello stesso di tipo organolettico, chimico, fisico e soprattutto di processo, dalle fasi iniziali di produzione delle materie prime fino all’ottenimento del prodotto finito. Un insieme di fattori, quali la rilevanza economica del settore viticolo in molti stati europei e l’insorgenza di attriti fra gli stessi nell’ambito dell’organizzazione comune del mercato del settore, ha sortito come effetto la sostituzione dell’iniziale impostazione liberista con una forte regolamentazione comunitaria. L’obiettivo prefissato dalle ultime OCM vino (Reg. n. 479/2008, ora confluito nel Reg. n.1308/2013) è di realizzare un migliore equilibrio tra l’offerta e la domanda sul mercato comunitario per rendere il settore più competitivo nel lungo periodo anche attraverso una semplificazione della legislazione. L’intervento del legislatore comunitario ha riguardato, da un lato, aspetti specifici quali le misure strutturali relative al potenziale produttivo e gli interventi di mercato, dall’altro una molteplicità di questioni tecniche e commerciali come mai si è verificato per altri prodotti agroalimentari. Si può affermare che tutte le principali disposizioni normative comunitarie del settore vitivinicolo sono il frutto di difficili compromessi tra gli interessi dei singoli stati membri; questo spiega anche la particolarità del settore medesimo che ha visto, fino al Reg. n. 479/2008, un sistema di riconoscimento e certificazione delle produzioni di qualità del tutto distinto da quello degli altri prodotti agroalimentari, per i quali è stata adottata una disciplina unitaria fondata sul Reg. n. 2081/92 (sostituito ad oggi dal Reg. n. 510/2006).
  • 16. 16 L’OCM vino si è sempre contraddistinta dalle altre OCM in quanto al suo interno sono state tradizionalmente inserite delle norme di tipo tecnico e regolamentare estremamente dettagliate (Marchionni, 2007): per esempio, quelle sulle modalità di produzione e sulle disposizioni relative ai prodotti a denominazione di origine, che hanno dotato il settore vino di una sorta di normativa di riferimento speciale in parte differenziata da quella di carattere generale (Pomarici e Sardone, 2009). 3.1. Nuova OCM vino: il Regolamento (CE) n. 479/2008, oggi n. 1308/2013 La riforma dell’OCM del 1999 aveva l’obiettivo di raggiungere un migliore equilibrio tra domanda e offerta, dando la possibilità ai produttori di adattare la produzione a un mercato che chiedeva maggiore qualità, e di garantire in maniera sostenibile la competitività del settore, a fronte dell’accresciuta concorrenza internazionale derivante dagli accordi GATT. Questo obiettivo è stato sostenuto in particolare con il finanziamento della ristrutturazione degli impianti nei Paesi comunitari a maggiore vocazione vitivinicola. La riforma del 1999, non riuscendo di fatto a ridurre le eccedenze di vino, imponendo ancora un elevato ricorso a interventi di smaltimento, ha mantenuta viva la necessità di riorganizzare il mercato del vino. La riforma adottata dal Consiglio nel 2008 con il Regolamento (CE) 479/2008 persegue i seguenti obiettivi:  migliorare ed accrescere la competitività dei produttori di vino dell’UE;  aumentare la reputazione dei vini europei e riconquistare quote di mercato nell’Unione Europea e nel resto del mondo;  rafforzare il tessuto sociale delle zone rurali;  salvaguardare la tradizione delle produzioni vitivinicole;  produrre nel rispetto dell’ambiente. Il legislatore comunitario, con la nuova OCM vino, ha cercato di dotare il settore di un regime comunitario basato su regole semplici, chiare ed efficaci, capaci di assicurare l’equilibrio tra domanda e offerta. Sono state così disciplinate con norme quadro le misure di sostegno, il potenziale produttivo, le organizzazioni di produttori, gli organismi di filiera, le pratiche e i trattamenti enologici, la designazione, il commercio con i Paesi terzi e soprattutto le nuove regole in materia di vini a denominazione di origine (come visto nei precedenti paragrafi). Con la riforma viene anche attuata l’equiparazione del sistema di controllo e certificazione dei vini a denominazione con quello previsto per gli altri prodotti agroalimentari. Nonostante la creazione di un sistema di controllo complesso e costoso per le aziende, come quello pensato per i prodotti a DO, si ha la sensazione che le politiche comunitarie non abbiano investito a sufficienza sulla comunicazione e sulla valorizzazione delle produzioni di qualità. Si è certamente fatto poco per informare l’opinione pubblica sul
  • 17. 17 valore della certificazione; come confermato da alcuni studi: “per il consumatore, il contenuto che c’è dietro una certificazione è molto spesso ignoto o in ogni caso poco valutato […] da qui la conseguenza che le certificazioni difficilmente possono essere considerate driver del mercato del settore del vino” (Casini, 2007, p. 67). Le principali novità introdotte dalla nuova OCM vino sono relative alla classificazione dei vini, alle definizione dei vini di qualità, ai procedimenti di riconoscimento delle denominazioni e al sistema di controllo previsto. Delle prime due si è già accennato in precedenza ma merita comunque riprenderle per fare un quadro di sintesi dei contenuti. Si ricorda quindi la nuova classificazione comunitaria che prevede al pari degli altri prodotti alimentari la distinzione in DOP ed IGP. Le prime ricomprendono le precedenti (ma ancora utilizzabili) DOC e DOCG, mentre le seconde sono le IGT. L’aspetto più saliente di questa OCM è l’inclusione dei vini a IGT nella categoria con indicazione geografica; questi vini, che con la precedente normativa erano ricompresi nella categoria dei vini comuni, vengono ora di fatto equiparati agli altri prodotti a IGP, partecipando ad un’unica categoria disciplinare (DOP e IGP). Sembra giusto ricordare in tale sede che, gli IGT, ora IGP, possono essere ottenuti anche con uve provenienti per il 15% da altri territori diversi da quello d’origine delle uve. Per tali vini, viene quindi previsto un sistema di controllo del tutto simile a quello dei vini a DO. Nella piramide della qualità, dopo DOP ed IGP fanno comparsa all’interno dei vini senza indicazione geografica i vini “varietali”. Si tratta di vini che si caratterizzano per l’indicazione di un vitigno e/o dell’annata in etichetta. Infine, le Denominazioni di Origine Protetta e le Indicazioni Geografiche Protette, possono essere utilizzate da qualsiasi operatore che commercializzi vino prodotto in conformità al relativo disciplinare di produzione. Per quanto attiene al riconoscimento di una denominazione o la modifica dei disciplinari di DOP e IGP già riconosciute, il procedimento si articola in una fase preliminare che si svolge a livello nazionale, ed una fase finale che si svolge a livello europeo. La fase nazionale del procedimento è attualmente disciplinata dal D.M. 17 novembre 2012 che riconosce legittimazione a presentare domanda di riconoscimento della nuova DOP o IGP, o di modifica di un disciplinare esistente, a qualunque Associazione di produttori, ivi inclusi i Consorzi di tutela in possesso dei requisiti previsti dall’art. 17, D.Lgs. 8 aprile 2010, n. 61. Le domande vanno presentate per il tramite della regione, la quale svolge un’istruttoria preliminare e trasmette la documentazione al ministero, corredata del proprio parere. Il Ministero, svolge le opportune verifiche, con l’ausilio del comitato nazionale vini di cui all’art. 16, D.Lgs. 8 aprile 2010, n. 61. In caso di esito positivo di tali verifiche, il Ministero pubblica il documento unico ed il disciplinare sul suo sito internet e trasmette la domanda di protezione e l’acclusa documentazione alla Commissione Europea per la decisione finale sulla domanda (Albisinni, 2015). Andando a trattare l’aspetto dei sistemi dei controlli, fondamento del presente lavoro, si premettono alcune brevi considerazioni di carattere generale che verranno in seguito approfondite.
  • 18. 18 Per il legislatore comunitario sono gli stati membri a designare l’autorità o le autorità competenti incaricate dei controlli sui vini a DOP e IGP. Le attività di controllo sono effettuate su tutte le fasi della filiera dalle autorità competenti, oppure da uno o più organismi di controllo, che operano come certificatori di prodotti. Gli organismi di certificazione devono essere conformi alla normativa europea EN 45011 e, a decorrere dal 10 maggio 2010, devono essere accreditati a tale normativa. L’accreditamento è l’attestazione da parte di un organismo nazionale riconosciuto dallo Stato, che certifica che un determinato organismo di valutazione della conformità soddisfa i criteri stabiliti dalle norme previste. Nel caso del nostro paese, l’accreditamento viene concesso dall’Ente Italiano di Accreditamento (Accredia) designato a ciò dal Ministero dello Sviluppo Economico con DM 22 dicembre 2009 (Gazzetta Ufficiale del 26 gennaio 2010, serie Generale). Le strutture di controllo nello svolgimento dell’attività di verifica devono garantire obiettività e imparzialità, nonché disporre di personale qualificato e di risorse necessarie allo svolgimento delle loro funzioni. Il legislatore comunitario richiede pertanto che la struttura di controllo sia terza e indipendente: la condizione di “terzietà” del soggetto deve essere effettiva e non solo formale, proprio al fine di evitare che permanga, in concreto, un conflitto d’interessi tra controllato e controllore. L’intero contenuto disciplinare del Regolamento n. 479/2008 visto sinora, è stato trasferito all’interno del Regolamento sulla OCM unica n. 1234/2007 tramite il Regolamento n. 491/2009, con il fine di perseguire il processo di codificazione ed unificazione che caratterizza la più recente legislazione comunitaria in materia agro-alimentare. Ad oggi, le disposizioni in materia sono contenute nel nuovo Regolamento n.1308/2013 che recependo pressoché totalmente le disposizioni dei regolamenti sopra citati, costituirà da ora in avanti il nuovo strumento normativo per l’Organizzazione Comune di Mercato (OCM Unica) (Gori, 2015). 3.2. Il D.Lgs. 8 aprile 2010 n. 61 Con la legge 7 luglio 2009, n. 88, il Parlamento ha delegato il Governo italiano ad adottare uno o più decreti legislativi per l’attuazione del Reg. (CE) 479/2008 al fine di assicurare la piena integrazione tra l’organizzazione comune del mercato vitivinicolo e la normativa nazionale, apportando specifiche integrazioni e modificazioni alla normativa vigente nel rispetto dei seguenti criteri: • preservare e promuovere l’elevato livello qualitativo e di riconoscibilità dei vini a denominazione di origine e indicazione geografica; • ridefinire il ruolo del Comitato nazionale per la tutela e la valorizzazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche tipiche dei vini; • assicurare strumenti per la trasparenza del settore vitivinicolo e la tutela dei consumatori e delle imprese rispetto ai fenomeni di contraffazione, usurpazione e imitazione;
  • 19. 19 • perseguire il massimo coordinamento amministrativo tra il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali e le Regioni, in particolare per quanto concerne la gestione del settore dei vini a denominazione di origine protetta e a indicazione geografica protetta; • individuare le sedi amministrative e gli strumenti di semplificazione amministrativa in ordine agli adempimenti procedurali a carico dei produttori vitivinicoli; • rivedere il sistema dei controlli e il sistema sanzionatorio secondo i criteri di efficacia e applicabilità, individuando gli organismi e le azioni per garantire l’elevato livello qualitativo delle produzioni vitivinicole nell’interesse dei produttori e dei consumatori. Il governo, a seguito della delega ricevuta, ha emanato il D.lgs. 8 aprile 2010, n. 61, relativo alla tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini. Il decreto legislativo, in attuazione delle disposizioni della normativa comunitaria, apporta importanti integrazioni e modificazioni alla legislazione nazionale vigente in materia di classificazione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche, di disciplinari di produzione e di gestione di superfici vitate, di controllo delle DO e delle IG, di Consorzi di tutela ecc. Come già affrontato in precedenza, fra le novità più importanti abbiamo l’introduzione delle denominazioni di origine protetta (DOP) e delle indicazioni geografiche protette (IGP). Il decreto legislativo ha sostanzialmente mantenuto il sistema della piramide qualitativa prevista dalla legge 164/1992 dei vini con al vertice i vini DOCG e, più sotto, i vini DOC. Le due tipologie rientrano nella classificazione europea dei vini DOP. Seguono in ordine gerarchico i vini IGT che corrispondono alla categoria comunitaria dei vini IGP. La novità introdotta dalla nuova normativa consiste nell’ingresso dei vini IGT (IGP) nella categoria dei Vini di qualità prodotti in regioni determinate (VQPRD) e ciò comporta per essi un sistema di controllo simile a quello previsto per i vini a DO. Alla base della piramide troviamo i vini varietali che possono fregiarsi del nome del vitigno e dell’anno di produzione e infine i vini. Il decreto legislativo prevede inoltre la possibilità di coesistenza di una o più denominazioni di origine e indicazioni geografiche nell’ambito del medesimo territorio (e quindi di uno stesso vigneto). Ciò rappresenta una grande opportunità per le aziende che in tal modo possono allinearsi alle mutevoli esigenze del mercato decidendo al momento se produrre un vino DOCG, regolamentato generalmente da un disciplinare di produzione più restrittivo, oppure un vino DOC o IGT se tali denominazioni coesistono nel medesimo territorio. Soltanto le DO possono prevedere al loro interno l’indicazione di zone espressamente limitate (le sottozone che danno origine alle DOCG) che devono essere previste nel disciplinare di produzione ed essere più rigidamente disciplinate. Per i vini a DO è inoltre prevista la possibilità di utilizzare nomi geografici corrispondenti a frazioni o comuni o zone amministrative definite, localizzate all’interno della zona di produzione; tale possibilità è consentita solo a condizione che sia espressamente prevista una lista dei nomi
  • 20. 20 geografici nei disciplinari di produzione. Per i medesimi vini è inoltre prevista la menzione “vigna” seguita dal relativo toponimo o nome tradizionale; anche in tal caso condizione necessaria è che sia previsto un apposito elenco a livello regionale. I vigneti destinati alla produzione di vini a DO e IG devono essere preventivamente iscritti, a cura dei conduttori, nello schedario viticolo, per le relative denominazioni, in ottemperanza a quanto disposto dalla normativa comunitaria. Tale schedario è gestito dalle Regioni e Province autonome secondo le modalità concordate nell’ambito dei sevizi SIAN sulla base dei dati del fascicolo aziendale. Il decreto legislativo prevede inoltre, con decreto del ministro, la determinazione dei criteri per la verifica dell’idoneità tecnico produttiva dei vigneti ai fini dell’iscrizione allo schedario per le relative DO e IG e per la gestione dei dati contenuti nello schedario stesso ai fini della rivendicazione produttiva. In tema di affidamento ai Consorzi volontari di tutela dei controlli su tutti i produttori, anche non associati al Consorzio, e su tutte le fasi della filiera, è stata riconosciuta (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 18 aprile 2007, n. 3415) la legittimità di un tale affidamento e della connessa previsione di obblighi di pagamento dei relativi costi a carico di tutti i produttori (cd. “controllo erga omnes”). La questione ha tuttavia perso rilevanza dopo l’entrata in vigore della riforma del 2008, in ragione dell’affidamento del nuovo sistema dei controlli ad organismi terzi (Albisinni, 2015). La novità più importante introdotta dal decreto legislativo, è difatti relativa alla definizione e all’attribuzione delle funzioni di controllo delle DOP e delle IGP. La normativa vigente prevede che l’attività di controllo sia svolta da autorità di controllo pubbliche designate e da organismi privati autorizzati con decreto dal Ministero che è l’autorità nazionale preposta al coordinamento e alla vigilanza della suddetta attività. Entrambi i soggetti incaricati al controllo devono necessariamente possedere i requisiti conformi alla normativa europea EN 45011 (imparzialità, competenza, autonomia decisionale e finanziaria). Presso il Ministero è istituito un “Elenco delle strutture di controllo per le denominazioni di origine protetta (DOP) e le indicazioni geografiche protette (IGP) del settore vitivinicolo”. La scelta della struttura di controllo è effettuata, tra quelle iscritte all’elenco citato, dai soggetti interessati, ovvero dal Consorzio di tutela incaricato dal Ministero o, in assenza di questo, dai produttori singoli o associati che rappresentino almeno il 51% della produzione controllata oppure dalle Regioni o dalle Province autonome nelle cui aree ricadono le produzioni. Al fine dell’emanazione del decreto di autorizzazione al controllo di ogni singola denominazione le strutture di controllo trasmettono al Ministero: • il piano di controllo; • il piano tariffario; • l’elenco degli ispettori indicati al controllo della specifica DO o IG con i relativi curricula.
  • 21. 21 Al fine della certificazione delle produzioni vitivinicole DO o IG tutti i soggetti partecipanti alla filiera di ciascuna produzione tutelata devono volontariamente sottoporsi al sistema di controllo. La struttura di controllo dispone di un elenco dei soggetti iscritti, consultabile tramite il SIAN. La vigilanza sulle strutture di controllo organizzate è esercitata dal Dipartimento dell’Ispettorato centrale della tutela della qualità e repressione frodi dei prodotti agroalimentari (ICQRF), dalle Regioni e Province autonome per la DO o IG ricadenti nel territorio di propria competenza. Il decreto legislativo definisce inoltre il ruolo e le funzioni del Consorzio di tutela che persegue le seguenti finalità: • avanzare proposte di disciplina regolamentare e svolgere compiti consultivi relativi al prodotto, nonché collaborativi nell’applicazione della normativa; • espletare attività di assistenza tecnica, di proposta, di studio, di valutazione economico-congiunturale della DOP o IGP, nonché ogni altra attività finalizzata alla valorizzazione del prodotto sotto il profilo tecnico dell’immagine; • collaborare alla tutela e alla salvaguardia della DOP o dell’IGP da abusi, atti di concorrenza sleale, contraffazioni, uso improprio delle denominazioni tutelate e comportamenti comunque vietati dalla legge; collaborare altresì con le Regioni e Province autonome per lo svolgimento delle attività di competenza delle stesse; • svolgere, nei confronti dei soli associati, le funzioni di tutela, di promozione, di valorizzazione, di informazione del consumatore e di cura generale degli interessi della relativa denominazione, nonché azioni di vigilanza da espletare prevalentemente alla fase del commercio, in collaborazione con l’ICQRF e in raccordo con le Regioni e Province autonome. Il Consorzio di tutela riconosciuto e autorizzato dal Ministero deve: • avere una rappresentatività di almeno il 35% dei viticoltori e di almeno il 51% della produzione certificata dei vigneti iscritti allo schedario viticolo della relativa DO o IG riferita agli ultimi due anni; • essere retto da uno statuto che rispetti i requisiti individuati dal Ministero e consenta l’ammissione, senza discriminazione, di viticoltori singoli o associati, vinificatori e imbottigliatori autorizzati, e che ne garantisca una equilibrata rappresentanza negli organi sociali, che sarà definita con decreto del Ministero; • disporre di strutture e risorse adeguate ai compiti. La nuova normativa introduce qui una novità sostanziale in materia di funzioni attribuite al Consorzio di tutela. Nello specifico al Consorzio che dimostri di avere una rappresentatività di almeno il 40% dei viticoltori e di almeno il 66% della produzione certificata, di competenza dei vigneti dichiarati a DO o IG negli ultimi due anni, il Ministero può attribuire le funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi generali della denominazione. Tali funzioni
  • 22. 22 sono rivolte a tutti i soggetti inseriti nel sistema dei controlli, quindi a tutti i soggetti che operano nel circuito della denominazione, aderenti e non aderenti al Consorzio. In base all’attribuzione di tali funzioni il Consorzio può: • definire l’attuazione delle politiche di Governo dell’offerta, al fine di salvaguardare e tutelare la qualità del prodotto DOP e IGP, e contribuire a un miglior coordinamento dell’immissione sul mercato della denominazione tutelata, nonché definire piani di miglioramento della qualità del prodotto; • organizzare e coordinare le attività delle categorie interessate alla produzione e alla commercializzazione della DOP o IGP; • agire, in tutte le sedi giudiziarie e amministrative, per la tutela e la salvaguardia della DOP o dell’IGP e per la tutela degli interessi e diritti dei produttori; • svolgere azioni di vigilanza, tutela e salvaguardia della denominazione da espletare prevalentemente alla fase del commercio. I costi derivanti da tali attività sono a carico di tutti i soci del Consorzio, nonché di tutti i soggetti inseriti nel sistema di controllo anche se non aderenti al Consorzio. La normativa stabilisce qui in modo inequivocabile che le attività di vigilanza, tutela e salvaguardia devono essere distinte dalle attività di controllo e devono essere svolte nel rispetto della normativa nazionale e comunitaria e sotto il coordinamento dell’ICQRF. L’attività di vigilanza deve essere esplicata prevalentemente nella fase di commercio. In nessun modo gli addetti incaricati a tale attività possono effettuare azioni di vigilanza sugli organismi di controllo né possono svolgere attività di autocontrollo sulle produzioni. Il D.lgs. 8 aprile 2010, n. 61, e i successivi decreti di attuazione hanno comportato, di fatto, un rilevante potenziamento dei ruoli sia della struttura di controllo, a cui sono attribuite le funzioni dell’applicazione dei piani di controllo e della verifica del rispetto dei disciplinari di produzione, sia del Consorzio di tutela a cui sono assegnate funzioni di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi generali della denominazione. In ottemperanza ai principi e criteri direttivi individuati dalla legge 7 luglio 2009, n. 88, in materia di sedi amministrative e di strumenti di semplificazione amministrativa in ordine agli adempimenti procedurali a carico dei produttori vitivinicoli, il decreto legislativo ha disposto l’emanazione di una serie di Decreti ministeriali di attuazione che si pongono come obiettivi una semplificazione e una razionalizzazione, su vari livelli, del complesso inviluppo della normativa del settore vitivinicolo. Nel dettaglio si cita:  il DM 2 novembre 2010, poi abrogato con DM 14 giugno 2012 che approva lo schema di piano dei controlli, definisce le funzioni della struttura di controllo e le modalità di funzionamento del sistema di controllo;
  • 23. 23  il DM 16 dicembre 2010 che reca le disposizioni applicative concernenti la disciplina dello schedario viticolo e della rivendicazione annuale delle produzioni;  il DM 16 dicembre 2010 che definisce le disposizioni generali in materia di costituzione e riconoscimento dei Consorzi di tutela delle DO e delle IG dei vini, di funzione, loro attribuite, di tutela, promozione, valorizzazione, informazione del consumatore e cura generale degli interessi relativi alla denominazione, nonché di modalità di gestione delle attività erga omnes da essi svolte;  il DM 19 aprile 2011 che definisce le disposizioni in materia di fabbricazione, uso, distribuzione dei contrassegni di Stato per i vini a DO;  Il DM 11 novembre 2011 che stabilisce le procedure e le modalità per l’espletamento degli esami analitici e organolettici per i vini a DO e a IG. Alla disciplina degli esami di rispondenza è dedicato il par. “Le analisi chimico-fisica e organolettica ai fini della rivendicazione dei vini a denominazione di origine”.  Il DM 14 giugno 2012 n. 794 concernente l’approvazione dello schema di piano dei controlli in applicazione dell’art. 13 comma 17 , del D.lgs. 61/2010 n. 61 recante la tutela delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche dei vini, abroga e sostituisce il DM 2 novembre 2010. Questo nuovo decreto sui piani dei controlli comporta una importante novità : i controlli vengono estesi anche ai vini a Indicazione geografica protetta. Di conseguenza anche gli operatori della filiera dei vini a IGT devono assoggettarsi a strutture di controllo e si devono attenere a quanto prescritto dai piani di controllo. I vini a IGT, a differenza di quelli a DO, non devono essere sottoposti a certificazione. Vista la complessità della materia e la possibilità di interpretazione della norma, non sono mancate delle controversie, sulle quali più volte, la giurisprudenza amministrativa è stata chiamata ad esprimersi per risolverle. Ad esempio, in tema di imbottigliamento in zona d’origine, dopo un primo orientamento che negava la legittimità di una siffatta prescrizione in assenza di adeguata prova tecnica circa la necessità di imbottigliamento in zona di origine al fine di ottenere specifiche qualità materiali del prodotto, la giurisprudenza si è orientata nel senso di ritenere legittima una siffatta prescrizione sulla base dell’esigenza di garantire un più efficace controllo in loco da parte di tutti i produttori della denominazione, come tali interessati a mantenere la reputazione (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II, 1 marzo 2003, n. 1670). In prosieguo, peraltro, sulla base del D.M. 31 luglio 2003, il cui contenuto è stato poi ripreso nell’art.10, 3° co., D.lgs. 8 aprile 2010, n. 61, la giurisprudenza amministrativa ha riconosciuto che in caso di modifica dei disciplinari esistenti con introduzione dell’obbligo di imbottigliamento in zona d’origine, possono ottenere una deroga di cinque anni prorogabile per continuare ad imbottigliare fuori dalla zona le ditte imbottigliatrici che avevano imbottigliato fuori zona di produzione il vino in questione per almeno due anni nel quinquennio precedente (T.A.R. Lazio, Roma, Sez. II-ter, 29 novembre 2010, n. 34403), (Albisinni, 2015).
  • 24. 24 3.3. Un cenno ai Disciplinari di produzione La produzione dei vini DO/IG è disciplinata sia a livello viticolo (ad esempio con regole riferite alla potatura o al sesto di impianto) che a livello enologico, con precise regole da seguire in merito alle rese e alle caratteristiche del prodotto finale. Le regole da seguire sono definite dagli stessi produttori. Le regole sono raccolte nel disciplinare di produzione, mentre i controlli per verificarne la conformità prevedono approfondite analisi chimiche e organolettiche oltre che controlli ispettivi veri e propri. Le regole che normano i vini a denominazione di origine sono raccolte nei disciplinari che definiscono gli standard qualitativi di produzione. Se prendiamo come esempio un Disciplinare di produzione di vino DOC vediamo che in esso vengono fissate: 1. Le tipologie relative alla Denominazione 2. La base amplelografica: vini derivanti da specifiche varietà 3. La zona di produzione: elenco e descrizione dei territori da dove devono provenire le uve 4. Le norme per la viticoltura (sesti d’impianto, resa/ha, tipo di irrigazione, titolo alcolometrico minimo dei vini derivanti da quelle uve, ecc ) 5. Le norme per la vinificazione e per le elaborazioni particolari 6. Le caratteristiche al consumo (colore, odore, sapore, titolo alcolometrico volumico totale minio, acidità totale minime, estratto non riduttore minimo 7. Presentazione e designazione 8. Confezionamento 9. Legame con l’ambiente geografico (specificità della zona, specificità del prodotto, legame causa effetto tra ambiente e prodotto) La normativa in atto, può riassumersi in una serie di “adempimenti” che viticoltori, vinificatori ed imbottigliatori devono rispettare per avere il riconoscimento, il controllo e quindi la certificazione dei vini a DO. Nel capitoli successivi vedremo le modalità applicative di tali fasi.
  • 25. 25 4. I CONTROLLI DEI VINI DOC E DOCG 4.1. Gli adempimenti obbligatori dei soggetti coinvolti nella filiera vitivinicola Per la Comunità Europea un aspetto fondamentale del mercato interno (e che contribuisce in maniera importante alla salute e al benessere dei consumatori) è la libera circolazione di alimenti sicuri e sani. Gli interventi normativi che si sono susseguiti, prima nel settore vitivinicolo e poi per tutti gli altri prodotti agroalimentari, pur non stabilendo una norma di “qualità oggettiva”, garantiscono l’origine e la specificità di un prodotto assicurando al consumatore la qualità e la reputazione che il nome stesso evoca. Soprattutto in seguito agli scandali legati alla BSE (Encefalopatia Spongiforme Bovina), l’Unione Europea reputò necessario intervenire, dopo alcune azioni settoriali, in maniera orizzontale con il Regolamento 178/2002. Con tale intervento il legislatore europeo stabiliva norme stringenti di sicurezza da applicare lungo l’intero ciclo produttivo a tutti gli alimenti: in particolare, si sancì l’obbligo di garantire la rintracciabilità degli alimenti destinati all’uomo, dalla produzione primaria fino alla commercializzazione. Al riguardo, è da precisare che tale normativa, pur essendo di carattere orizzontale, non si applica al settore vitivinicolo: la Commissione Europea ha infatti precisato che il complesso delle norme già previsto dall’OCM vino e dai relativi regolamenti di attuazione assicura di per sé la rintracciabilità delle produzioni. La tracciabilità nel settore vitivinicolo è stata in concreto realizzata mediante l’utilizzo degli strumenti previsti dall’OCM vino e cioè:  lo schedario viticolo;  le dichiarazioni di vendemmia e produzione;  i registri vitivinicoli (vinificazione, commercializzazione o carico/scarico, imbottigliamento);  i documenti di trasporto;  la dichiarazione annuale di giacenza. La normativa comunitaria impone tutta una serie di adempimenti obbligatori a carico degli operatori della filiera vitivinicola, che si giustificano nei “considerando” che introducono il Regolamento (CE) 479/08, come segue:  per migliorare la gestione del potenziale viticolo è auspicabile che gli stati membri comunichino alla Commissione un inventario del loro potenziale produttivo. Le informazioni ivi contenute dovrebbero basarsi sullo schedario vitivinicolo, che dovrebbe essere mantenuto e aggiornato regolarmente;  per disporre delle informazioni necessarie a compiere le pertinenti scelte politiche e amministrative, i produttori di uve destinate alla vinificazione, di mosto di uve e di vino, dovrebbero presentare una dichiarazione di vendemmia. Gli stati membri dovrebbero, inoltre, avere la possibilità di imporre ai
  • 26. 26 commercianti di uve destinate alla vinificazione di dichiarare ogni anno i quantitativi dell’ultima vendemmia immessi in commercio. I produttori di mosto e di vino e i commercianti diversi dai rivenditori al minuto dovrebbero dichiarare le scorte di mosto e di vino che detengono (dichiarazione di giacenza);  per garantire un livello soddisfacente di rintracciabilità dei prodotti, in particolare ai fini della protezione dei consumatori, è opportuno disporre che tutti i prodotti disciplinati dal presente Regolamento che circolano nella comunità abbiano un documento di accompagnamento. In seguito vengono sintetizzati gli adempimenti delle principali figure coinvolte nella filiera: Viticoltori, Vinificatori ed Imbottigliatori. ADEMPIMENTI DEI VITICOLTORI Iscrizione dei vigneti nello schedario viticolo (contiene tutte le informazioni di carattere tecnico, agronomico e di idoneità produttiva alla DO che riguardano il potenziale viticolo dell’azienda). Le superfici vitate sono organizzate in unità vitate (superfici vitate omogenee per conduzione e caratteristiche tecniche- agronomiche). La regione verifica l’idoneità tecnico-produttiva delle unità vitate per l’iscrizione allo schedario viticolo, verificando il rispetto dei disciplinari di produzione (resa uva/ha; composizione varietale; scelta vendemmiale). Presentazione telematica annuale della dichiarazione di vendemmia e/o di produzione delle uve. Contestualmente i produttori effettuano la rivendicazione delle produzioni DO. Il sistema informatico effettua il controllo del rispetto dei parametri dei disciplinari di produzione (resa uva/ha; composizione varietale; scelta vendemmiale). I dati della dichiarazione di produzione sono messi a disposizione dell’organismo di controllo. Si generano carichi di vino atto a divenire a DO. ADEMPIMENTI DEI VINIFICATORI Rispetto delle regole del disciplinare di produzione e della normativa nazionale e comunitaria sui documenti di trasporto e sulla tenuta dei registri di cantina (registro di vinificazione). Comunicazione delle movimentazioni di carico/scarico di vino a DO all’organismo di controllo. Comunicazione di giacenza dei prodotti vitivinicoli (vino, mosti, mosti concentrati, mosti rettificati) detenuti alla data del 31 luglio di ogni anno.
  • 27. 27 Richiesta di prelievo sulle partite di vino atto a divenire DO, all’organismo di controllo per l’utilizzo della DO. Successivamente avviene il rilascio da parte dell’organismo di controllo dell’attestato di idoneità alla DO dopo l’esito positivo delle analisi chimico fisiche ed organolettiche eseguite sui campioni prelevati. ADEMPIMENTI DEGLI IMBOTTIGLIATORI Rispetto delle regole del disciplinare di produzione e della normativa nazionale e comunitaria sui documenti di trasporto e sulla tenuta dei registri di cantina. Comunicazione delle movimentazioni di carico/scarico di vino a DO all’organismo di controllo Comunicazione di giacenza dei prodotti vitivinicoli (vino, mosti, mosti concentrati, mosti rettificati) detenuti alla data del 31 luglio di ogni anno. Per i vini imbottigliati atti alla DO, richiesta di prelievo per l’utilizzo della DO Rilascio da parte dell’organismo di controllo dell’attestato di idoneità alla DO dopo l’esito positivo delle analisi chimico fisiche ed organolettiche eseguite sui campioni prelevati. 4.2. L’attuale procedimento di controllo e certificazione Il Ministero delle Politiche Agricole, con il DM 2 novembre 2010, ha adeguato il sistema di certificazione e di controllo dei vini DOP alla nuova disciplina comunitaria. Con il suddetto atto normativo sono stati adottati i nuovi piani che le strutture di controllo applicano a tutti i soggetti della filiera vitivinicola, per garantire il rispetto del disciplinare di produzione e della normativa comunitaria e nazionale specifica per i vini a DOP. L’attività di controllo viene esercitata nel rispetto delle disposizioni specifiche previste dal piano dei controlli approvato dal Ministero delle Politiche Agricole per la singola DO. L’adesione al sistema di controllo è un atto volontario da parte del soggetto produttore, commerciante o imbottigliatore appartenente alla filiera vitivinicola. La struttura di controllo deve garantire la tracciabilità documentale e informatica delle azioni e delle attività previste dal piano approvato; in particolare deve garantire, sotto la propria responsabilità, la tracciabilità di ciascuna partita di vino DO e, per i vini DOCG, la distribuzione dei contrassegni di stato mediante una specifica procedura documentata. Il piano dei controlli è lo strumento operativo, applicativo delle norme comunitarie, che la struttura di controllo utilizza per verificare il rispetto del disciplinare di produzione da parte di tutti gli operatori della
  • 28. 28 filiera dei vini DO. Le denominazioni di origine sono riservate ai prodotti vitivinicoli alle condizioni previste dal D.lgs. 8 aprile 2010, n. 61. Il DM 14 giugno 2012 ha disposto che l’attività di controllo per i vini a DO venga svolta dalle strutture di controllo secondo i criteri e i contenuti dei rispettivi piani di controllo e prospetti tariffari approvati. Ciascuna produzione DO è soggetta al controllo da parte di una sola struttura di controllo, mentre ciascuna struttura di controllo può effettuare l’attività di controllo per una o più produzioni DO. Le strutture di controllo sono iscritte nell’“Elenco delle strutture di controllo per le DOP e le IGP del settore vitivinicolo” che, istituito presso l’ICQRF (MIPAAF), si articola in due sezioni, distinguendo le Autorità pubbliche designate dagli Organismi di controllo autorizzati. La scelta delle strutture di controllo è effettuata, tra quelle iscritte nell’elenco sopra menzionato e per le denominazioni già riconosciute, dal Consorzio di tutela incaricato dal MIPAAF. In assenza di questo la scelta è effettuata dai produttori, singoli o associati, che rappresentino almeno il 51% della produzione controllata oppure dalle Regioni o dalle Province autonome nelle cui aree ricadono le produzioni. Entro un limite di tempo stabilito la struttura individuata per l’attività di controllo della specifica DO trasmette all’ICQRF e alla competente Regione o Provincia autonoma il piano dei controlli e il relativo prospetto tariffario. L’ICQRF, esaminata la documentazione e sentiti i pareri del gruppo tecnico di valutazione (organo costituito da quattro rappresentanti del MIPAAF e quattro rappresentanti delle Regioni e Province autonome interessate) nonché della filiera rappresentativa, emana il decreto di autorizzazione e/o designazione. L’autorizzazione e/o la designazione ha validità triennale ed è rinnovabile alla scadenza su richiesta dei soggetti interessati. La struttura di controllo ha il dovere della tracciabilità documentale e informatica delle azioni e delle attività previste dal piano dei controlli e deve provvedere altresì allo svolgimento di tali attività comunicando all’ICQRF, alle Regioni e alle Province autonome competenti per territorio, le non conformità gravi e quelle riconducibili a violazioni per le quali è prevista sanzione amministrativa pecuniaria. Analogo obbligo sussiste per le irregolarità accertate, dovute a discrepanze tra quanto dichiarato nello schedario e quanto presente in campo. La documentazione inerente al sistema di certificazione e di controllo deve essere in ogni momento a disposizione delle autorità di vigilanza; i soggetti già immessi nel sistema di controllo della DO si ritengono iscritti agli elenchi e tale iscrizione si intende tacitamente rinnovata di anno in anno, salvo diversa comunicazione di disdetta degli interessati. L’immissione nel sistema di controllo è condizione necessaria per la certificazione e la rivendicazione della DO. Per i soggetti della filiera che intendano rivendicare la propria produzione vitivinicola a DO, le rivendicazioni delle uve, le richieste di certificazione e le comunicazioni di imbottigliamento costituiscono a tutti gli effetti notifica di iscrizione negli elenchi dei soggetti partecipanti alla filiera vitivinicola della DO.
  • 29. 29 Le attività del sistema di controllo si estendono su tutti i soggetti partecipanti alla filiera vitivinicola della DO: aziende agricole produttrici di uva, aziende di trasformazione delle uve, intermediari delle uve destinate alla vinificazione, intermediari di vini sfusi destinati alla DO o certificati DO, le aziende di imbottigliamento e confezionamento. Per ciascun soggetto viene definita la fase di processo. I soggetti della filiera sono tenuti a inoltrare, nei tempi stabiliti, al Sistema Informativo Agricolo Nazionale SIAN (AGEA, AVEPA in Veneto), tutta la documentazione attestante le attività soggette al controllo, sulla base dei dati dello schedario viticolo: le dichiarazioni di vendemmia e di produzione di vino sfuso e/o mosto, le dichiarazioni di giacenza, le comunicazioni di estirpazione, reimpianto e sovrainnesto che modificano il potenziale produttivo del vigneto. Devono altresì inviare direttamente alla struttura di controllo, anche via fax o per posta elettronica, le comunicazioni delle pratiche enologiche che modificano i carichi della produzione (tagli, assemblaggi, riclassificazioni e declassamenti) le richieste di prelievo di vino sfuso atto a divenire DO ai fini della certificazione, le comunicazioni di imbottigliamento e i documenti di trasporto. La struttura di controllo, mediante il sistema informativo, ha facoltà di accedere a tutta la documentazione obbligatoria per l’azienda (a eccezione dei registri di cantina, di carico e di scarico e di imbottigliamento che sono detenuti in azienda) e ai dati dello schedario viticolo della denominazione con dettaglio aziendale. Il detentore di una partita di vino che intende ottenere la certificazione deve presentare la richiesta alla struttura di controllo. Ai fini della qualificazione con la DOCG e la DOC, le relative partite di vino devono essere sottoposte, a cura della struttura di controllo, a un esame analitico e organolettico, al fine di certificare la corrispondenza delle stesse partite alle caratteristiche previste dai relativi disciplinari di produzione, mediante la verifica annuale di cui all’art. 25 del Regolamento (CE) 607/2009. L’esame analitico, previsto per la rivendicazione dei vini a DOCG e DOC, deve riguardare, oltre ai valori caratteristici previsti nel rispettivo disciplinare di produzione, anche quelli previsti dall’art. 26 del Regolamento (CE) 607/2009. La certificazione delle produzioni di vino atto a divenire DO viene richiesta dai soggetti della filiera immessi nel sistema di controllo sulla base delle disposizioni del DM 11 novembre 2011. In caso di giudizio di idoneità la struttura di controllo rilascia la certificazione per la partita di vino per la quale è stato richiesto il prelievo di campioni da sottoporre ad analisi chimico fisica e organolettica. Il sistema di controllo deve garantire la rispondenza quantitativa sulle movimentazioni di carico e di scarico dei vini a DO o atti a divenire DO e la tracciabilità delle partite imbottigliate. La normativa vigente definisce la tipologia del controllo e la sua entità minima. Sono individuate tre categorie: un controllo di tipo documentale, un controllo di tipo ispettivo presso i soggetti della filiera, un controllo di tipo analitico sul prodotto (Figura 2). Il controllo di tipo documentale si estende sulla totalità dei soggetti che agiscono nel circuito della DO; i controlli ispettivi e analitici vengono svolti su una percentuale di soggetti definita nel piano dei controlli.
  • 30. 30 Il piano prevede due tipologie di attività collegate e conseguenti fra loro: • attività di controllo atta a verificare la conformità dei comportamenti dei soggetti della filiera e delle consistenze dei prodotti; con tale attività si ha la piena conoscenza in ogni momento della situazione reale della DO (vigneto, produzione di uva, giacenze di prodotto sfuso e di prodotto imbottigliato) e della rispondenza da parte di ciascun soggetto di ogni fase della filiera; • attività di certificazione che attesta la rispondenza quantitativa e qualitativa della produzione ottenuta all’interno territorio della DO alle disposizioni del disciplinare di produzione e della normativa nazionale e comunitaria. Il confezionamento dei vini a DO destinati all’immissione al consumo comporta l’obbligo dell’uso della fascetta (contrassegno di Stato) secondo quanto disposto dal decreto del MIPAAF 19 aprile 2011. Le fascette devono essere richieste alla struttura di controllo indicando i riferimenti alla certificazione di idoneità della partita oggetto di imbottigliamento. La struttura di controllo, verificata la sussistenza dei requisiti, provvede alla consegna delle fascette al soggetto richiedente. I vini DOCG destinati all’immissione al consumo devono obbligatoriamente essere muniti del contrassegno di Stato. Per i vini DOC, in alternativa, è consentito l’uso del lotto attribuito alla partita certificata dall’imbottigliatore e dal medesimo comunicata alla struttura di controllo. Figura 2: Schema dei controlli. (Fonte: Valoritalia, 2015)
  • 31. 31 I controlli effettuati oltre a garantire il rispetto del disciplinare assicurano la tracciabilità dell’intera quantità di vino a DO prodotta in Italia. Il piano dei controlli approvato con il decreto prevede una serie di schede specifiche per ciascuna delle categorie dei soggetti che operano nelle varie fasi della filiera vitivinicola: viticoltori, vinificatori, intermediari e imbottigliatori. Ciascuna scheda è composta da una serie di dieci colonne recanti informazioni sintetiche sulle fasi del controllo:  nelle colonne 1 e 2 sono indicati i soggetti e le fasi di processo della filiera sottoposti al controllo;  nella colonna 3 sono definiti i requisiti minimi che ciascun soggetto deve possedere per poter partecipare al sistema della produzione tutelata; i requisiti sono quelli previsti dalla normativa nazionale e comunitaria e dal disciplinare di produzione;  nella colonna 4 vengono specificati i documenti relativi al soggetto e alla fase di processo necessari allo svolgimento dell’attività di controllo;  nella colonna 5 sono dettagliate le attività di controllo per le verifiche di conformità;  nelle colonne 6 e 7 vengono definite la tipologia del controllo e la sua entità minima; i controlli possono essere di tipo documentale, di tipo ispettivo presso il soggetto e di tipo analitico sul prodotto; viene inoltre indicato il valore percentuale minimo dei soggetti da sottoporre a controllo ogni anno;  nella colonna 8 vengono elencate le non conformità possibili per ciascun requisito individuato;  nella colonna 9 viene indicata l’entità delle non conformità rilevate dal sistema di controllo: le non conformità lievi intese come le irregolarità che possono essere risolte con azioni correttive e che non hanno effetti sulla materia prima e/o sul prodotto finito, le non conformità gravi intese come le irregolarità che non possono essere risolte con azioni correttive e/o che hanno effetti sulla materia prima e/o sul prodotto finito; le non conformità già considerate lievi che non sono state risolte con azioni correttive sono considerate non conformità gravi;  nella colonna 10 vengono indicate le azioni correttive da adottare al fine di eliminare le cause di non conformità lievi accertate. Di seguito si riportano le schede originali del piano dei controlli per i vini a DO, così come risultano dall’allegato 2 del DM 14 giugno 2012, specifiche per ciascuna delle categorie dei soggetti che operano nelle varie fasi della filiera.
  • 32. 32
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  • 37. 37 5. LA CERTIFICAZIONE DEI VINI 5.1. L’iter certificativo: il procedimento di Prelievo, Analisi e Degustazione Ai fini della rivendicazione della denominazione di origine, le partite di vino atto a divenire DOC e DOCG devono essere sottoposte ad analisi chimico fisica e organolettica (degustazione). In attuazione alle disposizioni adottate con il D.lgs. 8 aprile 2010, n. 61, il Ministero ha emanato il DM 11 novembre 2011 recante la “disciplina degli esami analitici per i vini DOP e IGP, degli esami organolettici e dell’attività delle commissioni di degustazione per i vini DOP e del relativo finanziamento”. L’obiettivo di tali esami è quello di certificare la corrispondenza di tali partite alle caratteristiche previste dal disciplinare di produzione. Il certificato d’idoneità rilasciato a seguito della certificazione positiva del campione, ha validità di 180 giorni per i vini DOCG, 2 anni per i vini DOC e 3 anni per i vini DOC liquorosi rispetto alla data indicata nel certificato stesso. Trascorsi i predetti periodi di validità, in assenza di imbottigliamento: • entro il termine di 1 anno a decorrere dalla data di certificazione, i vini a DOCG devono essere sottoposti ad una nuova certificazione organolettica; trascorso detto termine è da ripetere sia la certificazione analitica che quella organolettica; • i vini DOC devono essere sottoposti ad una nuova certificazione analitica e organolettica. Le procedure di attuazione degli esami sono a cura della struttura di controllo che agisce in conformità alla norma europea UNI CEI EN 45011. Il decreto stabilisce disposizioni in merito alle procedure e le modalità per le operazioni di prelievo dei campioni di vino da destinare alle analisi e per l’espletamento degli esami analitici e organolettici, nonché i criteri per il riconoscimento e la nomina delle Commissioni di degustazione e della Commissione di appello. Il detentore di una partita di vino che intende ottenere la certificazione a DOCG o a DOC della stessa partita presenta apposita richiesta alla struttura di controllo. La richiesta è presentata, per via informatica, o a mezzo fax, non prima che la partita abbia raggiunto le caratteristiche minime al consumo previste dal disciplinare di produzione. L’operatore della struttura di controllo verificherà la presenza del carico della partita di vino per cui è stata richiesta la certificazione. Per partita di vino si intende una massa omogenea di prodotto, da destinare alla verifica annuale dei requisiti previsti dal disciplinare di produzione, proveniente da un unico processo di omogeneizzazione della massa stessa e contenuta in un unico o più recipienti, in piccoli recipienti (botti con capacità massima di 10 ettolitri, damigiane o altri) o in bottiglie, collocati nello stesso stabilimento.
  • 38. 38 Gli stessi recipienti devono essere identificati in conformità alle disposizioni del Reg. CE 436/2009 e dell’art. 5 del DM 3 luglio 2003. Il prelievo dei campioni è effettuato a sondaggio sull’intera partita dalla struttura di controllo; il campionamento di ciascuna partita è effettuato dal personale incaricato dalla struttura di controllo, denominato “prelevatore”. Per l’espletamento delle operazioni di prelievo, il prelevatore ha diritto di accedere nei locali dove è conservata la partita divino e, preliminarmente al prelievo, provvede a identificare la partita. A tal fine prende visione della documentazione ufficiale (registri di cantina) atta ad accertare la provenienza del prodotto, la tipologia, la sua rispondenza quantitativa, nonché’ l’ubicazione delle partite del vino oggetto di prelievo. Qualora il prelevatore, nell’espletamento dei propri compiti, rilevi una situazione di difformità tra la consistenza e gli elementi identificativi della partita rispetto a quelli risultanti dagli atti documentali, sospende le operazioni di prelevamento e procede secondo quanto previsto dal piano dei controlli autorizzato e contattando per chiarimenti la struttura di controllo. Effettuati gli accertamenti il prelevatore, in caso di vini DOCG e DOC, provvede al prelevamento di 6 bottiglie per ogni campione di vino fermo. Tali esemplari sono così utilizzati: • uno è affidato al detentore della partita; • uno è destinato all'esame chimico-fisico • uno è destinato all'esame organolettico; • uno è conservato per l'eventuale esame da parte della commissione di appello; (nel caso di non idoneità organolettica ed in caso di ricorso da parte dell’azienda il campione va spedito al Comitato di Appello entro 7 gg dalla richiesta del ricorso stesso) • due sono tenuti di riserva per almeno sei mesi da parte della struttura di controllo, per eventuali ulteriori esami chimico-fisici e organolettici. In presenza di tipologia Frizzante o Spumante può essere necessario prelevare 7 bottiglie per ogni campione in luogo di 6 per effettuare l’analisi della CO2 disciolta come previsto dal chiarimento Ministeriale 65285/2006 (“…quando le determinazioni analitiche sono effettuate da parte degli ODC su campioni che presentano dei tenori di anidride carbonica prossimi ai limiti previsti dalla normativa comunitaria e nazionale vigente deve essere utilizzato il metodo di riferimento”). La capacità dei recipienti per i singoli esemplari del campione è compresa tra 0,375 e 1 litro (solitamente 0,75l); gli stessi recipienti sono chiusi ermeticamente. Per i recipienti già confezionati dal produttore- imbottigliatore si procede al prelevamento delle confezioni esistenti per numero di pezzi e volume corrispondenti. Sulla chiusura di ogni recipiente è apposto un sigillo cartaceo recante la dizione: “vino DOC o DOCG – campione di controllo esente da documento di accompagnamento ai sensi della vigente normativa”,
  • 39. 39 completato da un’ala staccabile nella quale figurano il numero di verbale, la data, il nome dell’azienda, la quantità oggetto di campionamento, le firme del prelevatore e del responsabile dell’azienda che assiste al prelievo. Nel caso sia necessario le etichette a cavaliere possono essere maggiormente fissate con nastro adesivo o con stringa personalizzata e numerata da elettricista. Al momento del prelievo viene redatto un verbale in duplice copia, recante tutte le informazioni identificative del prelievo medesimo, che viene sottoscritto sia dal prelevatore sia dall’incaricato dell’azienda. Una copia rimane all’azienda, l’altra viene conservata dalla struttura di controllo unitamente ai campioni. Le partite di vino dalle quali sono stati prelevati i campioni non possono essere rimosse dal luogo e dai recipienti ove si trovano al momento del prelievo per tutto il periodo compreso tra il prelievo stesso e l’ultimazione dell’esame analitico e organolettico. L’esame analitico dei campioni prelevati è effettuato presso il laboratorio scelto dalla struttura di controllo, tra quelli autorizzati dal Ministero, previo accertamento della conformità ai criteri generali stabiliti dalla norma UNI CEI EN ISO/IEC 17025. L’esame analitico deve riguardare almeno i valori degli elementi stabiliti dall’art. 26 del Reg. (CE) 607/2009: titolo alcolometrico totale ed effettivo, zuccheri totali, acidità totale, acidità volatile, anidride solforosa, anidride carbonica per i vini frizzanti e spumanti ed inoltre, i valori caratteristici della denominazione indicati nel disciplinare di produzione. L’esito negativo dell’analisi comporta che la partita sia dichiarata non idonea e preclude il successivo esame organolettico per i vini DOCG e DOC. In tal caso la struttura di controllo, entro tre giorni dalla data di ricevimento dell’analisi, ne informa l’azienda interessata, anche a mezzo fax, telex o telegramma. Entro sette giorni dalla ricezione della comunicazione dell’esito negativo, l’azienda interessata può richiedere alla struttura di controllo per la relativa partita un eventuale nuovo prelievo, ai fini della ripetizione dell’esame chimico-fisico, soltanto a condizione che la partita possa essere ancora oggetto di pratiche e trattamenti enologici ammessi dalla normativa nazionale e comunitaria vigente. Fatto salvo quanto sopra disposto, eventuali ricorsi contro l’esito dell’esame analitico devono essere presentati entro sette giorni dal ricevimento della comunicazione. Trascorso tale termine in assenza di ricorso, la struttura di controllo comunica la non idoneità del prodotto all’azienda interessata che, nel caso, può provvedere alla riclassificazione della partita. In caso di presentazione del ricorso, l’ulteriore analisi è effettuata su uno dei sei esemplari di campione presso un laboratorio autorizzato diverso da quello che ha effettuato la prima analisi. In caso di conferma dell’esito negativo, la struttura di controllo ne dà comunicazione all’azienda interessata. Sono ammessi all’esame organolettico solo i campioni idonei dal punto di vista analitico. L’esame organolettico riguarda il colore, la limpidezza, l’odore e il sapore indicati dal disciplinare di produzione della relativa DOCG o DOC. L’esame organolettico è effettuato da apposite Commissioni di degustazione indicate dalla competente struttura di controllo per le relative DOCG e DOC. Tali Commissioni
  • 40. 40 sono nominate dalla competente Regione, ivi comprese quelle istituite presso le Camere di Commercio. Tali Commissioni sono costituite da tecnici ed esperti degustatori scelti nell’Elenco dei tecnici degustatori e nell’Elenco degli esperti degustatori istituiti presso le Regioni interessate alla produzione di vini DOCG e DOC. La Commissione di degustazione è composta dal presidente, dal relativo supplente, da quattro membri, dal segretario e dal relativo supplente. Il presidente e almeno due membri devono essere tecnici degustatori. Il presidente della Commissione assicura il rispetto delle procedure tecniche di degustazione, predisponendo, con l’ausilio del segretario, il piano di attività della commissione e cura lo svolgimento di ciascuna seduta di degustazione. Il segretario della Commissione di degustazione esplica tutte le funzioni per il corretto svolgimento delle attività previste, assiste alle riunioni della Commissione di degustazione, ne redige i relativi verbali su apposito registro e comunica le risultanze alla struttura di controllo. La degustazione ha luogo su campioni resi anonimi dal segretario della Commissione. Le Commissioni sono valide se composte dal presidente e da quattro componenti. Nel caso di impedimento del presidente, questi viene sostituito dal relativo supplente, nel caso che non sia possibile sostituire un componente assente con altri componenti scelti dagli Elenchi dei tecnici degustatori o dagli Elenchi degli esperti degustatori, la Commissione può funzionare con quattro componenti compreso il presidente. In tale circostanza, in caso di parità di voti, prevale il voto del presidente. Nel corso di una seduta non possono essere assoggettati ad esame più di 20 campioni. La stessa commissione può effettuare, nell’arco di una giornata, non più di due riunioni, previo congruo intervallo tra le stesse. Per ogni campione degustato viene compilata un’apposita scheda individuale di valutazione dalla quale risulta:  la data della riunione della commissione;  il giudizio espresso, che può essere di “idoneità”, di “rivedibilità” o di “non idoneità”;  la sintetica motivazione del giudizio in caso di “rivedibilità” o di non “idoneità”;  la firma del presidente, del commissario e del segretario della commissione. Viene infine compilata una scheda riepilogativa (leggasi verbale) degli elementi rilevati nelle singole schede, da firmare da parte del presidente e del segretario della commissione (Figura 3). Nel verbale vengono trascritte eventuali rivedibilità o l’apertura della seconda bottiglia richiesta dal presidente della commissione qualora il campione risulti anomalo.
  • 41. 41 Figura 3: Schede di valutazione. In alto la scheda del singolo campione. In basso la scheda riepilogativa. (Fonte: Valoritalia, 2015)
  • 42. 42 Nel caso di giudizio di idoneità la struttura di controllo rilascia la certificazione positiva per la relativa partita. Nei casi di giudizio di rivedibilità e di non idoneità, la struttura di controllo è tenuta a inoltrare all’interessato, entro cinque giorni dall’emanazione del giudizio e a mezzo di fax o posta elettronica certificata, una comunicazione contenente le motivazioni tecniche del giudizio. Qualora il campione risulti rivedibile, l’interessato può richiedere, previa effettuazione delle pratiche enologiche ammesse, una nuova campionatura per il definitivo giudizio entro il termine massimo di sessanta giorni dalla comunicazione. In tal caso deve essere ripetuta anche l’analisi chimico-fisica. In caso di nuovo giudizio di rivedibilità, il medesimo è da considerare di non idoneità. Trascorso tale termine, il prodotto per il quale non sia stata richiesta nuova campionatura viene considerato non idoneo e la struttura di controllo effettua, entro cinque giorni, la relativa comunicazione all’interessato. Qualora il campione sia giudicato non idoneo, l’interessato può presentare ricorso alla competente Commissione di appello, entro trenta giorni dal ricevimento della comunicazione. Nel caso di mancato ricorso o di conferma del giudizio di non idoneità da parte della Commissione di appello, l’interessato può provvedere, nel caso, alla riclassificazione della relativa partita di vino. In caso di esito positivo il decreto prevede che il procedimento relativo all’esame analitico del campione si concluda, con il rilascio dell’idoneità chimico-fisica, entro cinque giorni lavorativi a decorrere dalla data di presa in carico del campione stesso da parte del Laboratorio autorizzato. L’intero procedimento dell’esame analitico e organolettico del campione si conclude con la certificazione della relativa partita di vino da parte della struttura di controllo entro 20 giorni lavorativi dalla data di richiesta del prelievo. L’interessato può presentare ricorso contro il giudizio di non idoneità alle competenti Commissioni di appello per i vini DOCG e DOC dell’Italia settentrionale, centrale e meridionale, istituite presso la segreteria del Comitato nazionale vini DOP e IGP del Ministero. Il ricorso viene depositato presso la struttura di controllo che, entro sette giorni lo trasmette alla Commissione di appello insieme a un campione del vino giudicato non idoneo, accantonato e custodito presso la predetta struttura di controllo, alla relativa documentazione di non idoneità e al certificato di analisi chimico-fisica. La Commissione di appello è composta da un presidente, da un segretario, dai rispettivi supplenti, e da quattro membri nominati dal Ministero. Il presidente e il relativo supplente sono scelti dal Ministero tra esperti di chiara fama nel settore vitivinicolo; il segretario e due supplenti sono designati tra i funzionari del Ministero; i quattro membri sono scelti dal segretario, per ciascuna seduta di degustazione, a rotazione nell’ambito di un elenco di dieci tecnici
  • 43. 43 degustatori depositato presso il Comitato nazionale vini DOP e IGP. La durata della Commissione è di due anni. Il presidente e il segretario delle Commissioni di appello esercitano le funzioni previste per il presidente e per il segretario delle Commissioni di degustazione. Il segretario è incaricato dell’espletamento delle pratiche di natura tecnico amministrativa relative al funzionamento delle commissioni stesse e alla realizzazione degli esami organolettici di appello. La Commissione di appello esplica la propria attività con la presenza di cinque componenti compreso il presidente. Nel caso in cui sia impossibile sostituire un componente assente, la Commissione può funzionare con quattro componenti compreso il presidente. Per ogni campione degustato, il presidente e i componenti della Commissione di appello redigono una scheda individuale, sottoscritta dal presidente e dal segretario. Dalla scheda di degustazione individuale deve risultare, in particolare, per ogni campione degustato, il giudizio di idoneità o di non idoneità e in tale ultimo caso risulta la sintetica motivazione del giudizio. È infine compilata una scheda riepilogativa degli elementi rilevati nelle singole schede, da sottoscrivere da parte del presidente e del segretario della Commissione. Il giudizio definitivo della Commissione di appello è espresso a maggioranza. In caso di parità prevale il voto del presidente. L’esito del giudizio definitivo della Commissione di appello è comunicato, entro tre giorni a mezzo di lettera raccomandata, all’interessato e alla struttura di controllo. Nel caso di conferma del giudizio di non idoneità, l’interessato può provvedere, nel caso, alla riclassificazione della relativa partita di vino. Il segretario è tenuto ad annotare su un apposito registro la presa in carico dei ricorsi e dei campioni a essi relativi e a redigere il verbale della seduta di degustazione nel quale riporta il giudizio conclusivo espresso per ciascun campione degustato e, in caso di non idoneità, il relativo motivo, nonché il numero attribuito a tale campione durante la fase di anonimizzazione. Il verbale viene sottoscritto dal segretario e dal presidente. L’abbinamento del campione degustato con il detentore del vino al quale il campione stesso si riferisce è effettuato dal segretario della Commissione al termine della seduta di degustazione, trascrivendo nel registro di presa in carico i risultati della degustazione medesima. Tale trascrizione è sottoscritta dal segretario stesso e dal presidente. I costi per il prelievo dei campioni, per l’espletamento dell’esame analitico, per il funzionamento delle Commissioni di degustazione e delle Commissioni di appello sono a carico dei soggetti che richiedono la certificazione delle relative partite. Per assicurare la rispondenza tra i certificati di idoneità alla DOCG o alla DOC e le relative partite di vino, nonché l’espletamento dei controlli prescritti, i detentori, per ciascuna partita certificata o porzione della stessa partita: • conservano agli atti i certificati di idoneità per 5 anni;
  • 44. 44 • annotano nel registro di carico e scarico e nel registro di imbottigliamento gli estremi del certificato di idoneità; • nel registro di imbottigliamento, negli appositi conto di carico dei contrassegni di Stato ritirati e conto di scarico dei contrassegni utilizzati, indicano i riferimenti al numero e alla serie dei contrassegni stessi, o del numero di lotto, in caso di vini DOC che hanno optato per tale sistema di tracciabilità delle partite certificate.
  • 45. 45 6. CONCLUSIONI Nella Comunità Europea, con l’adozione delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche, come marchi collettivi di qualità, il nesso tra territorio e caratteristiche del prodotto diventa l’elemento distintivo di qualità. Con questi due livelli di riconoscimento, rispettivamente DOP ed IGP, si intende proteggere i nomi dei prodotti e la loro tipicità dalle imitazioni e dagli abusi, sostenere le diverse produzioni e aiutare i consumatori nella scelta dei prodotti alimentari, fornendo informazioni e garanzie relativamente alle caratteristiche degli stessi. Quello che si garantisce con il marchio collettivo della DO è l’origine del prodotto e il rispetto di alcuni fondamentali parametri dello stesso di tipo organolettico, chimico, fisico e soprattutto di processo, dalle fasi iniziali di produzione delle materie prime fino all’ottenimento del prodotto finito. Entrambi questi riconoscimenti comunitari costituiscono una valida garanzia per il consumatore, che sa così di acquistare alimenti di qualità, che devono rispondere a determinati requisiti e sono prodotti, nel rispetto delle norme generali fissate dal legislatore comunitario e nazionale, che vengono definite dai produttori nel disciplinare di produzione. Chi fa prodotti DOP deve quindi attenersi alle rigide regole produttive stabilite nel disciplinare di produzione, e il rispetto di tali regole è garantito da uno specifico organismo di controllo indipendente. Nel suo insieme il presente elaborato intende porre in evidenza quanto il sistema dei controlli sia complesso ma al contempo necessario a garantire gli obiettivi posti a tutela dei consumatori e a garanzia dei produttori; spesso anche al di là delle legittime difficoltà che comporta il monitoraggio di una filiera come quella vitivinicola. Analizzando “l’excursus normativo” sviluppato nei precedenti capitoli, si coglie con evidenza il grande lavoro di regolamentazione che riguarda un comparto così energico e vitale per l’economia nazionale ed europea. Un insieme di fattori, quali la rilevanza economica del settore viticolo in molti stati europei e l’insorgenza di attriti fra gli stessi nell’ambito dell’organizzazione comune di mercato, ha sortito come effetto la sostituzione dell’iniziale impostazione liberista caratteristica della prima meta del ‘900 con una forte regolamentazione comunitaria dei giorni nostri. Come esempio di questo atteggiamento normativo basti pensare che l’intero sistema delle denominazioni di origine e delle indicazioni geografiche è nato con riferimento al vino per estendersi solo successivamente ad altre categorie di prodotti alimentari; questo spiega anche la particolarità del settore medesimo che ha visto, fino al Regolamento n. 479/2008, un sistema di riconoscimento e certificazione delle produzioni di qualità del tutto distinto da quello degli altri prodotti agroalimentari, per i quali è stata adottata una disciplina unitaria fondata sul Regolamento n. 2081/92 ora sostituito dal Regolamento n. 510/2006, relativo alla protezione delle indicazioni geografiche e delle denominazioni d’origine dei prodotti agricoli e alimentari. Constatata la pressoché unanime convinzione che il sistema dei controlli sia uno strumento fondamentale, non poter avvalersi di strumenti di controllo efficienti significherebbe per le imprese correre maggiori rischi