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ATTUALITÀ

Bio: gli italiani
ci credono

A cura di Filippo Piredda,
CCPB – Controllo e certificazione

Il biologico in Italia non conosce crisi,
e sta conquistando sempre maggiore
riconoscibilità. Le aziende aumentano e
i consumatori apprezzano, consapevoli
dell’importanza della sicurezza alimentare

I

l biologico è uno dei rari settori dell’economia
italiana che non ha mai conosciuto crisi. In
questi anni, che come sappiamo hanno visto
disoccupazione e licenziamenti, chiusura e
fuga all’estero di aziende, contrazione di consumi
e assenza di liquidità, il bio ha mantenuto
costante e senza sosta il suo tasso di crescita. Una
tendenza confermata dagli ultimi dati pubblicati
lo scorso settembre:
• più 3% di operatori bio italiani (in totale sono
49.709), e più 6,4% di ettari di superficie
(in tutto 1.167.362 ettari), coltivata con
metodo biologico nel 2012 (Sinab, Sistema
d’informazione nazionale sull’agricoltura
biologica);

18 Discipline bio naturali

• più 9,2% degli acquisti di prodotti bio nel
luglio 2013 (panel Ismea GFK-Eurisko);
• più 13,6% l’aumento delle vendite nei punti
specializzati dal 2010 a oggi (Osservatorio
SANA di Nomisma).
Tutto questo significa che le aziende
aumentano e si allargano, che i consumatori
apprezzano e che il biologico sta conquistando
una sua riconoscibilità sia nei suoi canali
(negozi e mercatini), sia nella grande
distribuzione, dove cerca sempre più di uscire
da una nicchia per conquistare spazi e visibilità.

UN RUOLO DI PRIMO PIANO
Gli italiani consumando meno, sono più
attenti al prezzo, alla qualità dei prodotti, e
sul rapporto tra questi fattori il biologico offre
garanzie (quasi) ineguagliabili. Un successo
del mercato interno, ma, che è bene ricordare,
si manifesta ancora meglio all’estero: secondo
Federbio le esportazioni del bio italiano
rappresentano circa la metà di un fatturato
totale che si aggira attorno ai 3 miliardi di euro.
Il che fa anche capire come l’Italia, con questi
numeri, giochi un ruolo di primo piano in un
mercato mondiale da 60 miliardi di dollari di
fatturato, con 1,8 milioni di produttori in 162
n. 10 dicembre 2013
Paesi per 37 milioni di ettari coltivati.
Ovviamente non c’è nessun segreto
grazie al quale si è arrivati a simili
risultati. La ricetta è molto semplice:
la qualità dei prodotti, i benefici
ambientali, la sicurezza alimentare dei
consumatori. Nel biologico, più che
in altri settori dell’agroalimentare, si
è fatto più forte l’impegno verso la
ricerca e l’innovazione, sia nei metodi
di produzione e commercializzazione,
che nei prodotti stessi.
Il bio in questi anni è stato non solo
più efficace, ma anche più fantasioso
e creativo. Caratteristiche sviluppate in
coerenza con il suo messaggio di fondo:
un metodo di produzione più salubre
per l’uomo e per la natura. I consumatori
hanno capito che il mangiare, e il bere,
hanno un valore che, oltre la tavola,
va verso la qualità delle nostre vite
nell’ambiente in cui viviamo.
Questo è il passaggio fondamentale:
chi compra bio è interessato anche
a cosa è successo prima del suo
acquisto, durante tutte le fasi
produttive e industriali che l’hanno
preceduto, e a cosa accadrà dopo,
cioè alle conseguenze nutrizionali di
ciò che sta consumando. A questo
aspetto è legato anche il discorso
sulla tutela dei consumatori: non
solo i prodotti biologici sono di per
sé più salubri, ma sono anche i più
controllati in ogni fase della filiera
di produzione. Una trasparenza che

n. 10 dicembre 2013

CCPB, l’importanza della Certificazione
CCPB opera come organismo di certificazione e controllo dei prodotti agroalimentari e “no food” ottenuti nel settore della produzione biologica e in quella eco-compatibile ed eco-sostenibile.
Per svolgere le sue attività CCPB è in
possesso di tutti gli accreditamenti e autorizzazioni. Tra questi citiamo
il Ministero per le Politiche agricole,
alimentari e forestali per la conformità alle norma europea Reg CE 834/07
sull’agricoltura biologica, l’accreditamento secondo la Norma UNI CEI EN
45011 e le autorizzazioni negli Usa,
Giappone, Canada, Svizzera, Svezia,
Regno Unito, Germania, Francia, Norvegia, Brasile e Corea.
Oltre il biologico, CCPB opera poi in
conformità ai più importanti standard
internazionali per offrire una certificazione di prodotto agroalimentare che
garantisca l’integrazione tra input naturali e una riduzione dell’immissione
di sostanze chimiche. Possiamo citare
Globalgap, la Produzione Integrata e

garantisce tutti, operatori compresi,
tenendo lontane truffe e alterazioni su
quantità e provenienza delle merci.

SI PUÒ MIGLIORARE
Il quadro fin qui descritto è
ampiamente positivo, ma non
possiamo accontentarci, perché
siamo solo all’inizio e sono tanti le
migliorie su cui lavorare. Prima di
tutto sulla produzione. In Italia il
ritmo dell’offerta, seppur buono, non
ha seguito quello della domanda, e
nell’ultimo triennio abbiamo perso

la Rintracciabilità nel settore agroalimentare. Sempre nell’ambito della sostenibilità propone più schemi di valutazione delle performance ambientali. Nel comparto no food CCPB è attivo
nel settore della cosmesi e della detergenza, nel tessile e in quello delle aree
verdi coltivate con metodo biologico
Oggi CCPB certifica 5000 aziende, di cui
circa 4000 nel settore biologico, tra cui
affermati gruppi industriali, grande distribuzione, piccole e medie imprese,
aziende emergenti. La certificazione
può rivestire un significato e un ruolo
fondamentali per la crescita competitiva dei settori produttivi cui è applicata. Come mostrano numerose ricerche
di mercato, la certificazione migliora
la qualità del prodotto e il suo impatto ambientale, assicura la sicurezza alimentare, rende più efficiente e virtuoso il processo produttivo e costituisce
un insostituibile servizio di garanzia e
fiducia verso i consumatori.
Per informazioni www.ccpb.it

il primato per anni detenuto nella
UE quale primo Paese produttore
a vantaggio di Spagna, Germania
e Francia, che stanno crescendo
più velocemente. Infatti, per alcune
filiere fondamentali importiamo un
quantitativo di materie prime che con
poco sforzo si potrebbero produrre
anche in Italia.
Bisogna anche ammettere che quel
piccolo gap che oggi rimane nelle
rese rispetto al convenzionale, può
risolversi sviluppando le conoscenze
sulle tecniche agricole e su quelle
di trasformazione. Molto, da questo
punto di vista, è stato fatto negli ultimi
vent’anni, i prossimi miglioramenti
potranno essere altrettanto proficui.
Qui entra in scena anche il discorso
sui finanziamenti pubblici: l’Unione
Europea e molti singoli stati
propongono bandi e incentivi.
L’ultima è la Francia, per ora quarto
produttore europeo, che ha
recentemente annunciato “Ambition
Discipline bio naturali 19
ATTUALITÀ

SOSTENIBILITÀ, CARTA VINCENTE
Da dove può partire allora un
marketing e una comunicazione più
capillare e appetibile? Ovviamente
dalla sostenibilità. Il biologico
da sempre si è connotato per la
compatibilità ambientale e per
l’ecosostenibilità: il rispetto delle
risorse ambientali, intese come un
valore collettivo e sociale da cui
dipende il benessere presente e
futuro del Pianeta.

Quest’anno, per il nostro
venticinquesimo compleanno, ci
siamo chiesti e abbiamo chiesto a
partner, esperti, operatori, giornalisti,
se e come il biologico può sfamare
il mondo. Il bio ha già l’ambizione di
dare una risposta: a oggi possiamo
dire che è un’esperienza riuscita
tecnicamente, organizzativamente ed
economicamente proprio perché offre
già una soluzione per la sostenibilità.
Il biologico garantisce un equilibrio
alto tra diversi fattori. Ad esempio, l’uso
delle risorse: rispetto al convenzionale,
o ad altre tecniche, il biologico non
usa concimi né fertilizzanti chimici e
assicura un rispetto, e quindi anche un
futuro, per il suolo e i terreni.
Le regole che normano il biologico
sono quindi perfettamente conciliabili
con tutti gli aspetti della sostenibilità: il
rispetto dell’ambiente, dei diritti sociali
e del lavoro, il successo economico.
Perché è importante sempre ricordare
che il settore, come già detto, si regge
da solo, va bene e produce ricchezza
in tutto il mondo. Senza questi risultati,
ottimi anche in periodo di crisi, qualsiasi
iniziativa, seppur meritevole e generosa,
sarebbe destinata a durare poco.
Insomma il modello del bio ha ampi
margini di miglioramento, c’è tanto da
lavorare per raggiungere i produttori
convenzionali e soprattutto il grande
pubblico, che ancora non lo conosce
bene o non lo trova vicino a casa. DBN
MAGAZINE

bio 2017”, un piano per raddoppiare
le superfici agricole coltivate bio,
con investimenti che arriveranno
a 160 milioni di euro l’anno; soldi
che serviranno soprattutto per la
conversione dal convenzionale.
Da noi ci sono molti finanziamenti
promossi dalle Regioni, e che spesso
rientrano nei Piani regionali di sviluppo
rurale, ma senza un carattere così
sistemico. Se l’Italia vuole mantenere
filiere efficienti, che poggino su solide
basi produttive, occorrono non solo
più aiuti nel passaggio al bio, ma anche
più ricerca, assistenza tecnica, strutture
commerciali in grado di concentrare
l’offerta, con meno passaggi e una
maggiore efficienza che distribuisca
valore sufficiente a tutti gli attori della
filiera.

soprattutto, l’attività di controllo e
certificazione: dal nostro punto di
vista è facile pensare a quanto questo
servizio, al pari dell’innovazione,
della divulgazione, dell’energia o del
capitale, possa essere centrale per
dare competitività al settore.
Intervenire in questi ambiti
permetterebbe di sfruttare meglio
quel 79% di cittadini europei che
secondo la recente consultazione
pubblica dell’Unione Europea
hanno fiducia nel biologico. Dalla
stessa indagine emerge che il 58%
acconsentirebbe a maggiori controlli,
anche a costo di un aumento dei
prezzi. L’interesse c’è, manca anche
la capacità di comunicare: il 94%
degli europei vorrebbe maggiori
informazioni sul biologico e il 59%
ancora, purtroppo, non conosce il sito
web dell’UE dedicato al settore bio
(ec.europa.eu/agriculture/organic).

SNELLIRE LE PROCEDURE
Se il mondo della produzione
agricola non viene adeguatamente
remunerato, il rischio è quello
che rimangano sul mercato le
imprese “peggiori”, spesso non
in condizione di offrire la qualità
richiesta e le garanzie minime in
termini di credibilità. Ma i soldi, si
sa, non sono tutto: in un settore
così fortemente regolamentato,
l’efficienza passa anche attraverso i
servizi e la burocrazia della Pubblica
Amministrazione, che possono e
devono essere snelliti e velocizzati.
Fra i servizi rientra, anche e
20 Discipline bio naturali

n. 10 dicembre 2013

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  • 1. ATTUALITÀ Bio: gli italiani ci credono A cura di Filippo Piredda, CCPB – Controllo e certificazione Il biologico in Italia non conosce crisi, e sta conquistando sempre maggiore riconoscibilità. Le aziende aumentano e i consumatori apprezzano, consapevoli dell’importanza della sicurezza alimentare I l biologico è uno dei rari settori dell’economia italiana che non ha mai conosciuto crisi. In questi anni, che come sappiamo hanno visto disoccupazione e licenziamenti, chiusura e fuga all’estero di aziende, contrazione di consumi e assenza di liquidità, il bio ha mantenuto costante e senza sosta il suo tasso di crescita. Una tendenza confermata dagli ultimi dati pubblicati lo scorso settembre: • più 3% di operatori bio italiani (in totale sono 49.709), e più 6,4% di ettari di superficie (in tutto 1.167.362 ettari), coltivata con metodo biologico nel 2012 (Sinab, Sistema d’informazione nazionale sull’agricoltura biologica); 18 Discipline bio naturali • più 9,2% degli acquisti di prodotti bio nel luglio 2013 (panel Ismea GFK-Eurisko); • più 13,6% l’aumento delle vendite nei punti specializzati dal 2010 a oggi (Osservatorio SANA di Nomisma). Tutto questo significa che le aziende aumentano e si allargano, che i consumatori apprezzano e che il biologico sta conquistando una sua riconoscibilità sia nei suoi canali (negozi e mercatini), sia nella grande distribuzione, dove cerca sempre più di uscire da una nicchia per conquistare spazi e visibilità. UN RUOLO DI PRIMO PIANO Gli italiani consumando meno, sono più attenti al prezzo, alla qualità dei prodotti, e sul rapporto tra questi fattori il biologico offre garanzie (quasi) ineguagliabili. Un successo del mercato interno, ma, che è bene ricordare, si manifesta ancora meglio all’estero: secondo Federbio le esportazioni del bio italiano rappresentano circa la metà di un fatturato totale che si aggira attorno ai 3 miliardi di euro. Il che fa anche capire come l’Italia, con questi numeri, giochi un ruolo di primo piano in un mercato mondiale da 60 miliardi di dollari di fatturato, con 1,8 milioni di produttori in 162 n. 10 dicembre 2013
  • 2. Paesi per 37 milioni di ettari coltivati. Ovviamente non c’è nessun segreto grazie al quale si è arrivati a simili risultati. La ricetta è molto semplice: la qualità dei prodotti, i benefici ambientali, la sicurezza alimentare dei consumatori. Nel biologico, più che in altri settori dell’agroalimentare, si è fatto più forte l’impegno verso la ricerca e l’innovazione, sia nei metodi di produzione e commercializzazione, che nei prodotti stessi. Il bio in questi anni è stato non solo più efficace, ma anche più fantasioso e creativo. Caratteristiche sviluppate in coerenza con il suo messaggio di fondo: un metodo di produzione più salubre per l’uomo e per la natura. I consumatori hanno capito che il mangiare, e il bere, hanno un valore che, oltre la tavola, va verso la qualità delle nostre vite nell’ambiente in cui viviamo. Questo è il passaggio fondamentale: chi compra bio è interessato anche a cosa è successo prima del suo acquisto, durante tutte le fasi produttive e industriali che l’hanno preceduto, e a cosa accadrà dopo, cioè alle conseguenze nutrizionali di ciò che sta consumando. A questo aspetto è legato anche il discorso sulla tutela dei consumatori: non solo i prodotti biologici sono di per sé più salubri, ma sono anche i più controllati in ogni fase della filiera di produzione. Una trasparenza che n. 10 dicembre 2013 CCPB, l’importanza della Certificazione CCPB opera come organismo di certificazione e controllo dei prodotti agroalimentari e “no food” ottenuti nel settore della produzione biologica e in quella eco-compatibile ed eco-sostenibile. Per svolgere le sue attività CCPB è in possesso di tutti gli accreditamenti e autorizzazioni. Tra questi citiamo il Ministero per le Politiche agricole, alimentari e forestali per la conformità alle norma europea Reg CE 834/07 sull’agricoltura biologica, l’accreditamento secondo la Norma UNI CEI EN 45011 e le autorizzazioni negli Usa, Giappone, Canada, Svizzera, Svezia, Regno Unito, Germania, Francia, Norvegia, Brasile e Corea. Oltre il biologico, CCPB opera poi in conformità ai più importanti standard internazionali per offrire una certificazione di prodotto agroalimentare che garantisca l’integrazione tra input naturali e una riduzione dell’immissione di sostanze chimiche. Possiamo citare Globalgap, la Produzione Integrata e garantisce tutti, operatori compresi, tenendo lontane truffe e alterazioni su quantità e provenienza delle merci. SI PUÒ MIGLIORARE Il quadro fin qui descritto è ampiamente positivo, ma non possiamo accontentarci, perché siamo solo all’inizio e sono tanti le migliorie su cui lavorare. Prima di tutto sulla produzione. In Italia il ritmo dell’offerta, seppur buono, non ha seguito quello della domanda, e nell’ultimo triennio abbiamo perso la Rintracciabilità nel settore agroalimentare. Sempre nell’ambito della sostenibilità propone più schemi di valutazione delle performance ambientali. Nel comparto no food CCPB è attivo nel settore della cosmesi e della detergenza, nel tessile e in quello delle aree verdi coltivate con metodo biologico Oggi CCPB certifica 5000 aziende, di cui circa 4000 nel settore biologico, tra cui affermati gruppi industriali, grande distribuzione, piccole e medie imprese, aziende emergenti. La certificazione può rivestire un significato e un ruolo fondamentali per la crescita competitiva dei settori produttivi cui è applicata. Come mostrano numerose ricerche di mercato, la certificazione migliora la qualità del prodotto e il suo impatto ambientale, assicura la sicurezza alimentare, rende più efficiente e virtuoso il processo produttivo e costituisce un insostituibile servizio di garanzia e fiducia verso i consumatori. Per informazioni www.ccpb.it il primato per anni detenuto nella UE quale primo Paese produttore a vantaggio di Spagna, Germania e Francia, che stanno crescendo più velocemente. Infatti, per alcune filiere fondamentali importiamo un quantitativo di materie prime che con poco sforzo si potrebbero produrre anche in Italia. Bisogna anche ammettere che quel piccolo gap che oggi rimane nelle rese rispetto al convenzionale, può risolversi sviluppando le conoscenze sulle tecniche agricole e su quelle di trasformazione. Molto, da questo punto di vista, è stato fatto negli ultimi vent’anni, i prossimi miglioramenti potranno essere altrettanto proficui. Qui entra in scena anche il discorso sui finanziamenti pubblici: l’Unione Europea e molti singoli stati propongono bandi e incentivi. L’ultima è la Francia, per ora quarto produttore europeo, che ha recentemente annunciato “Ambition Discipline bio naturali 19
  • 3. ATTUALITÀ SOSTENIBILITÀ, CARTA VINCENTE Da dove può partire allora un marketing e una comunicazione più capillare e appetibile? Ovviamente dalla sostenibilità. Il biologico da sempre si è connotato per la compatibilità ambientale e per l’ecosostenibilità: il rispetto delle risorse ambientali, intese come un valore collettivo e sociale da cui dipende il benessere presente e futuro del Pianeta. Quest’anno, per il nostro venticinquesimo compleanno, ci siamo chiesti e abbiamo chiesto a partner, esperti, operatori, giornalisti, se e come il biologico può sfamare il mondo. Il bio ha già l’ambizione di dare una risposta: a oggi possiamo dire che è un’esperienza riuscita tecnicamente, organizzativamente ed economicamente proprio perché offre già una soluzione per la sostenibilità. Il biologico garantisce un equilibrio alto tra diversi fattori. Ad esempio, l’uso delle risorse: rispetto al convenzionale, o ad altre tecniche, il biologico non usa concimi né fertilizzanti chimici e assicura un rispetto, e quindi anche un futuro, per il suolo e i terreni. Le regole che normano il biologico sono quindi perfettamente conciliabili con tutti gli aspetti della sostenibilità: il rispetto dell’ambiente, dei diritti sociali e del lavoro, il successo economico. Perché è importante sempre ricordare che il settore, come già detto, si regge da solo, va bene e produce ricchezza in tutto il mondo. Senza questi risultati, ottimi anche in periodo di crisi, qualsiasi iniziativa, seppur meritevole e generosa, sarebbe destinata a durare poco. Insomma il modello del bio ha ampi margini di miglioramento, c’è tanto da lavorare per raggiungere i produttori convenzionali e soprattutto il grande pubblico, che ancora non lo conosce bene o non lo trova vicino a casa. DBN MAGAZINE bio 2017”, un piano per raddoppiare le superfici agricole coltivate bio, con investimenti che arriveranno a 160 milioni di euro l’anno; soldi che serviranno soprattutto per la conversione dal convenzionale. Da noi ci sono molti finanziamenti promossi dalle Regioni, e che spesso rientrano nei Piani regionali di sviluppo rurale, ma senza un carattere così sistemico. Se l’Italia vuole mantenere filiere efficienti, che poggino su solide basi produttive, occorrono non solo più aiuti nel passaggio al bio, ma anche più ricerca, assistenza tecnica, strutture commerciali in grado di concentrare l’offerta, con meno passaggi e una maggiore efficienza che distribuisca valore sufficiente a tutti gli attori della filiera. soprattutto, l’attività di controllo e certificazione: dal nostro punto di vista è facile pensare a quanto questo servizio, al pari dell’innovazione, della divulgazione, dell’energia o del capitale, possa essere centrale per dare competitività al settore. Intervenire in questi ambiti permetterebbe di sfruttare meglio quel 79% di cittadini europei che secondo la recente consultazione pubblica dell’Unione Europea hanno fiducia nel biologico. Dalla stessa indagine emerge che il 58% acconsentirebbe a maggiori controlli, anche a costo di un aumento dei prezzi. L’interesse c’è, manca anche la capacità di comunicare: il 94% degli europei vorrebbe maggiori informazioni sul biologico e il 59% ancora, purtroppo, non conosce il sito web dell’UE dedicato al settore bio (ec.europa.eu/agriculture/organic). SNELLIRE LE PROCEDURE Se il mondo della produzione agricola non viene adeguatamente remunerato, il rischio è quello che rimangano sul mercato le imprese “peggiori”, spesso non in condizione di offrire la qualità richiesta e le garanzie minime in termini di credibilità. Ma i soldi, si sa, non sono tutto: in un settore così fortemente regolamentato, l’efficienza passa anche attraverso i servizi e la burocrazia della Pubblica Amministrazione, che possono e devono essere snelliti e velocizzati. Fra i servizi rientra, anche e 20 Discipline bio naturali n. 10 dicembre 2013