1. Nel 1972 uno studio del MIT, il rapporto "Limits to Growth",
commissionato dal Club di Roma, accese l'attenzione sulla scarsità del
petrolio e sul limite dello sviluppo.
L'intero rapporto poneva l'accento sul fatto che il raggiungimento del
limite nello sfruttamento delle risorse naturali avrebbe causato un
inevitabile declino della popolazione e della produzione. Soltanto lo
sviluppo sostenibile e rispettoso dei limiti avrebbe potuto garantire una
crescita costante senza rischi di esaurimento delle risorse.
Lo studio rappresenta solamente una tendenza, ma ha il merito di aver
introdotto il concetto di "limite" nello sviluppo economico.
Prima o poi il petrolio si esaurirà e la società dell'uomo dovrà arrivare a
quel momento con una valida fonte di energia sostituta.
(Ugo Bardi su http//aspoitalia.blogspot.com)
2. “E’ chiaro che questo tracciato corrisponde alla condizione di
superamento dei limiti naturali, con successivo collasso provocato
dall'esaurimento delle risorse naturali non rinnovabili. Il capitale
industriale cresce fino a un livello che richiede un afflusso enorme di
materie prime, per cui il processo di crescita è accompagnato dal
progressivo depauperamento delle riserve; ma ciò provoca una
lievitazione dei prezzi delle materie prime, per ottenere le quali occorre
impegnare frazioni crescenti di capitale, a discapito degli investimenti.
Alla fine gli investimenti non riescono più a seguire il passo del
deprezzamento del capitale, e si verifica il collasso della base industriale e
quindi dell'agricoltura e dei servizi, dato che questi settori dipendono in
maniera essenziale dai beni prodotti dall'industria (fertilizzanti,
insetticidi, attrezzature ospedaliere, calcolatori e soprattutto energia per
la meccanizzazione). Per un breve periodo di tempo la situazione rimane a
un livello critico poiché la popolazione, a causa dei ritardi che
caratterizzano il ciclo riproduttivo e i processi di assestamento sociale,
continua a crescere; ma la carenza di alimenti e di servizi sanitari provoca
un rapido incremento dell'indice di mortalità e il livello di popolazione si
abbassa”.
Estratto dal Rapporto "Limits to Growth" a commento del grafico
3. Gli autori (del Rapporto) provano in tutte le maniere a sovrapporre a
questo scenario altri scenari di “ottimismo tecnologico” nei settori della
lotta all’inquinamento, della produzione di alimenti, del controllo delle
nascite. Non c’è niente da fare, si riesce solo a procrastinare la data del
superamento dei limiti e del collasso. Il motivo, semplice quanto
inaccettabile per una società fondata sulla religione della crescita, si legge
nelle conclusioni: “Gli ottimisti tecnologici confidano che la tecnologia
giungerà a rimuovere o ad allontanare i limiti allo sviluppo della
popolazione e del capitale. Abbiamo dimostrato peraltro, nel modello del
mondo, che l'applicazione della tecnologia ai problemi dell'esaurimento
delle riserve naturali, dell'inquinamento, della mancanza di alimenti, non
risolve il problema essenziale, quello cioè determinato da uno sviluppo
esponenziale di un sistema finito e complesso. I nostri tentativi d'introdurre
anche le più ottimistiche previsioni sugli effetti della tecnologia nel
modello, non impediscono il verificarsi del collasso finale della
popolazione e dell'industria, in ogni caso non oltre il 2100”.
(da “A tutto c'é un limite” di Terenzio Longobardi su
http//aspoitalia.blogspot.com)
4. Lo Sviluppo sostenibile
Lo sviluppo sostenibile è una forma di sviluppo (che comprende lo
sviluppo economico, delle città, delle comunità eccetera) che non
compromette la possibilità delle future generazioni di perdurare nello
sviluppo, preservando la qualità e la quantità del patrimonio e delle riserve
naturali (che sono esauribili, mentre le risorse sono considerabili come
inesauribili). L'obiettivo è di mantenere uno sviluppo economico
compatibile con l'equità sociale e gli ecosistemi, operante quindi in regime
di equilibrio ambientale.
È la cosiddetta regola dell' equilibrio delle tre "E": ecologia, equità,
economia.
(definizione da Wikipedia)
5. Lo sviluppo tradizionale ha man
mano ridotto il capitale naturale
trasformandolo in sviluppo
economico. Questo processo può
essere attenuato dalle innovazioni
tecnologiche che spostano verso
destra la curva senza però risolvere
il problema alla base della scarsità.
La risposta razionale può arrivare
soltanto dall'introduzione di un
nuovo paradigma di sviluppo
conosciuto come sviluppo sostenibile. Non si tratta di una negazione della
crescita, come molti credono, bensì della crescita economica rispettosa dei
limiti ambientali.
Questa nuova visione dello sviluppo
è diventata una vera e propria
necessità storica dell'umanità. Il
vecchio modo di concepire lo
sviluppo come antagonista
dell'ambiente non è in grado di
risolvere problemi come l'effetto
serra o il buco dell'ozono ed è
destinato ad essere sostituito con il
paradigma della sostenibilità in cui
la tutela dell'ambiente è in
correlazione diretta con la crescita economica.
(Lo sviluppo sostenibile da www.ecoage.it)
6. MANIFESTO DEL MOVIMENTO PER LA DECRESCITA FELICE
Un vasetto di yogurt prodotto industrialmente e acquistato attraverso i
circuiti commerciali, per arrivare sulla tavola dei consumatori percorre da
1.200 a 1.500 chilometri, costa 10 euro al litro, ha bisogno di contenitori di
plastica e di imballaggi di cartone, subisce trattamenti di conservazione
che spesso non lasciano sopravvivere i batteri da cui è stato formato.
Lo yogurt autoprodotto facendo fermentare il latte con opportune colonie
batteriche non deve essere trasportato, non richiede confezioni e
imballaggi, costa il prezzo del latte, non ha conservanti ed è ricchissimo di
batteri.
Lo yogurt autoprodotto è pertanto di qualità superiore rispetto a quello
prodotto industrialmente, costa molto di meno, non comporta consumi di
fonti fossili e di conseguenza contribuisce a ridurre le emissioni di CO2,
non produce di rifiuti.
Tuttavia questa scelta, che migliora la qualità della vita di chi la compie e
non genera impatti ambientali, comporta un decremento del prodotto
interno lordo: sia perché lo yogurt autoprodotto non passa attraverso la
mediazione del denaro, quindi fa diminuire la domanda di merci, sia
perché non richiede consumi di carburante, quindi fa diminuire la
domanda di merci, sia perché non fa crescere i costi dello smaltimento dei
rifiuti.
(di Maurizio Pallante da www.unmondopossibile.net)
7. Conseguenze della Decrescita felice
•disturba i ministri delle finanze perché riduce il gettito dell'IVA e delle
accise sui carburanti;
•disturba i ministri dell'ambiente perché di conseguenza si riducono gli
stanziamenti dei loro bilanci e non possono più sovvenzionare le fonti
energetiche alternative nell'ottica dello «sviluppo sostenibile»;
•disturba i sindaci, i presidenti di regione e di provincia perché non
possono più distribuire ai loro elettori i contributi statali per le fonti
alternative;
•disturba le aziende municipalizzate e i consorzi di gestione rifiuti perché
diminuiscono gli introiti delle discariche e degli inceneritori;
•disturba i gestori degli inceneritori collegati a reti di teleriscaldamento,
perché devono rimpiazzare la carenza di combustibile derivante da rifiuti
(che ritirano a pagamento) con gasolio (che devono comprare).
Ma non è tutto.
La diminuzione dei rifiuti comporta una riduzione della circolazione degli
autotreni che li trasportano e, quindi, una maggiore fluidità del traffico
stradale e autostradale. Gli altri autoveicoli possono circolare più
velocemente e si riducono gli intasamenti. Di conseguenza migliora la
qualità della vita. Ma diminuiscono anche i consumi di carburante e si
riduce il prodotto interno lordo.
Ma non è tutto.
La diminuzione dei camion circolanti su strade e autostrade diminuisce
statisticamente i rischi d'incidenti, comportando una ulteriore diminuzione
del prodotto interno lordo, facendo diminuire sia le spese ospedaliere,
farmaceutiche e mortuarie, sia le spese per le riparazioni degli autoveicoli
incidentati e gli acquisti di autoveicoli nuovi in sostituzione di quelli non
più riparabili.
(di Maurizio Pallante da www.unmondopossibile.net)
8. Differenze tra Sviluppo sostenibile e Decrescita
La prospettiva della “Decrescita” è opposta a quella del cosiddetto
“Sviluppo sostenibile”, che continua a ritenere positivo il meccanismo
della crescita economica come fattore di benessere, limitandosi a proporre
di correggerlo con l'introduzione di tecnologie meno inquinanti e
auspicando una sua estensione, con queste correzioni, ai popoli che non a
caso vengono definiti «sottosviluppati».
Nel settore cruciale dell'energia, lo «sviluppo sostenibile» propone la
sostituzione delle fonti fossili con fonti alternative. Il Movimento per la
Decrescita Felice ritiene invece che questa sostituzione debba avvenire
nell'ambito di una riduzione dei consumi energetici, da perseguire sia con
l'eliminazione di sprechi, inefficienze e usi impropri, sia con l'eliminazione
dei consumi indotti da un'organizzazione economica e produttiva
finalizzata alla sostituzione dell'autoproduzione di beni con la produzione
e la commercializzazione di merci.
Questa prospettiva comporta che nei paesi industrializzati si riscoprano e si
valorizzino stili di vita del passato, irresponsabilmente abbandonati in
nome di una malintesa concezione del progresso, mentre invece hanno
ampie prospettive di futuro non solo nei settori tradizionali dei bisogni
primari, ma anche in alcuni settori tecnologicamente avanzati e cruciali per
il futuro dell'umanità, come quello energetico, dove la maggiore efficienza
e il minor impatto ambientale si ottengono con impianti di autoproduzione
collegati in rete per scambiare le eccedenze.
(di Maurizio Pallante da www.unmondopossibile.net)
9. I greci furono bloccati da un rifiuto mentale che impedì loro di conquistare
i vantaggi della precisione attraverso la tecnologia. Per compensare la
carenza di beni materiali, essi impararono a conferire senso e significato
alle poche cose di cui disponevano.
Noi siamo bloccati da un rifiuto mentale che ci impedisce di conquistare i
vantaggi del pressapoco attraverso la riflessione e la solidarietà. Per
compensare la povertà spirituale, abbiamo imparato ad accumulare una
infinità di cose materiali senza preoccuparci di conferire loro il giusto
senso e il giusto significato.
(Domenico De Masi da “Il futuro del lavoro, fatica e ozio nella società
postindustriale”)