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Problema dei rifiuti o...
...modello economico in crisi?
Le recenti emergenze derivate da una non corretta gestione dei rifiuti sono sintomatiche di
un modello economico non sostenibile, basato su obiettivi di crescita che non hanno tenuto
conto della capacità di carico dei sistemi naturali, della scarsità e dei tassi di rinnovo
delle risorse e spesso nemmeno del benessere e della salute delle persone; è stato
privilegiato il breve termine rispetto al lungo termine e si è mostrato molto poco interesse per le generazioni
future (vedi concetto di Impronta Ecologica).
Questo modello di sviluppo, adottato finora dai paesi "ricchi" e in corso di adozione da parte delle economie
emergenti, non potrà sopravvivere a lungo.
Attualmente, secondo le stime più diffuse, il 20% della popolazione mondiale consuma l'80% delle risorse
disponibili. Solo passando dall'economia dell'usa e getta alla cultura della riduzione, del riutilizzo e del
riciclaggio potremo conciliare limiti del pianeta e crescita delle produzioni e dei consumi dovuta alla pressione
demografica e all'aumento del potere d'acquisto nei paesi emergenti.
La soluzione quindi non si trova in interventi sporadici e contingenti, ma nel ridisegno strutturale dell'intero
sistema economico produttivo, nel ri-orientamento dei consumi verso beni a maggiore durata, nello sviluppo e
nell'applicazione di tecnologie pulite e nella predisposizione di un adeguato sistema normativo.
Rifiuti: un problema di consumo, ma anche di produzione
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25/11/2009file://E:ricicloindexbefa.html?option=content&task=section&id=13&Itemid=76
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Rifiuti: un problema di consumo, ma anche di produzione
Ecco alcuni elementi di approfondimento per comprendere le relazioni tra economia, ambiente e società. Contesto nel
quale è necessario collocare il tema dei rifiuti:
L'impronta Ecologica
Usa e Getta
Il Prezzo Reale
Il Ciclo di vita
L'Eco-Design
I Marchi Ecologici
L’ecosistema: sistema naturale a zero rifiuti
Cosa può fare il consumatore
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"I prodotti usa e getta sono stati inventati dopo la Seconda guerra mondiale per la loro praticità e come incentivo al
lavoro e mezzo di promozione della crescita economica. Si riteneva che a un maggior numero di merci prodotte e gettate
sarebbero corrisposti nuovi posti di lavoro. Quello che ha reso l’usa e getta così popolare è la sua praticità. Agli
strofinacci o ai tovaglioli in stoffa i consumatori hanno con piacere preferito le versioni in carta. Abbiamo così sostituito i
fazzoletti in tessuto con quelli di carta, gli asciugamani con le salviette e i contenitori riutilizzabili per le bevande con
quelli monouso. Anche le buste della spesa usate per trasportare i nostri prodotti domestici entrano a far parte del flusso
dei rifiuti. L’economia dell’usa e getta è in rotta di collisione con i limiti del nostro pianeta. Oltre ad avere sempre meno
spazi disponibili per creare delle discariche intorno alle città, la terra sta esaurendo le risorse di petrolio a basso costo
necessario per produrre e trasportare i prodotti monouso. Inoltre, ancora più importante, è il fatto che le risorse non
rinnovabili (piombo, stagno, rame, materiali ferrosi o bauxite) necessarie per la fabbricazione di alcuni di questi prodotti
sono disponibili in quantità predeterminata sulla Terra e non possano dunque sostenere l'attuale modello economico nel
prossimo futuro."
(Lester Brown)
Fondatore del World Watch Institute e attuale Presidente dell' Earth Policy Institute.
Usa e Getta
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Problema dei rifiuti o... Rifiuti: un problema di consumo, ma anche di produzione Il Prezzo Reale
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Spesso il mercato non incorpora nei prezzi dei beni che compriamo i costi indiretti della loro
produzione; ne consegue che gli impatti ambientali e sociali (inquinamento, riscaldamento globale,
violazione dei diritti umani e sindacali…) delle diverse fasi del ciclo di vita di un prodotto non sono
inclusi nel prezzo che paghiamo. In questo modo, i prezzi sono più bassi, ma i costi degli impatti
vengono comunque sostenuti indirettamente da altri soggetti. In ciò consiste l'esternalizzazione da
parte delle aziende dei reali costi di produzione.
Chiari esempi del fenomeno sono il costo pubblico delle bonifiche di discariche non autorizzate o le
spese sanitarie dovute all'inquinamento.
Per saperne di più si veda il termine esternalità ambientali.
Il Prezzo Reale
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25/11/2009file://E:ricicloindexa33d.html?option=content&task=view&id=92&catid=100&Itemid=76&-Il-Prezzo-Reale
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Il Life Cycle Assessment (LCA o
Valutazione del Ciclo di Vita)
rappresenta il principale
strumento operativo del “Life
Cycle Thinking”: si tratta di un
metodo oggettivo di valutazione e
quantificazione dei carichi
energetici ed ambientali e degli
impatti potenziali associati ad un
prodotto/processo/attività lungo
l’intero ciclo di vita,
dall’acquisizione delle materie
prime alla fine della sua vita utile
(denominato “dalla Culla alla
Tomba”).
L’LCA costituisce ad oggi uno
strumento fondamentale, utile
nell'eco-progettazione dei
prodotti (eco-design) e nello
sviluppo di schemi di
etichettatura ambientale: nella
definizione dei criteri ambientali
di riferimento per un dato gruppo
di prodotti (etichette ecologiche di tipo I, come ad es. Ecolabel) o come principale strumento atto ad ottenere
una Dichiarazione Ambientale di Prodotto: DAP (etichetta ecologica di tipo III).
Potenzialmente le sue applicazioni sono innumerevoli:
Sviluppo e Miglioramento di prodotti/processi;
Marketing Ambientale;
Pianificazione strategica;
Attuazione di una Politica Pubblica.
Tratto dal sito dell' Istituto Superiore per la Protezione e la Ricerca Ambientale (ISPRA - ex APAT)
Il Ciclo di vita
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Problema dei rifiuti o... Rifiuti: un problema di consumo, ma anche di produzione L'Eco-Design
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L’Eco-design è un approccio metodologico-progettuale innovativo: un insieme di strategie, metodi e strumenti finalizzati
alla prevenzione e alla riduzione degli impatti ambientali negativi dei prodotti in tutte le fasi del loro ciclo di vita.
Consiste nell’eco-progettazione di beni con l’obiettivo di innovare prodotti esistenti o di progettarne di nuovi, tenendo
conto non solo degli aspetti tecnici, funzionali ed economici ma anche di quelli ambientali.
Alcune stampanti, ad esempio, sono state progettate e prodotte in modo da ridurre del 44% le emissioni di CO2 stimate
nell’arco dell’intera vita del prodotto e per ridurre del 55% la quantità di materia prima utilizzata in fase di produzione.
Questi modelli risultano certificati EcoLeaf.
Esistono contenitori per liquidi multiuso prodotti con soli materiali riciclabili che riducono drasticamente l’utilizzo di
energia nel processo produttivo e lampade per arredi domestici e urbani, progettate per risparmiare energia durante il
loro impiego, che utilizzano i LED.
La fase di progettazione è accompagnata da un’analisi del ciclo di vita che identifica il peso delle risorse utilizzate e gli
impatti in relazione ad ogni singola fase, dall’estrazione e trasformazione delle materie prime, attraverso la produzione, il
trasporto e l’utilizzo, fino al riciclo o allo smaltimento. Ciò permette di mettere a confronto processi, materiali, prodotti e
di poter scegliere quelli maggiormente eco-compatibili; i marchi ecologici ci consentono poi di riconoscerli e di sceglierli.
L'Eco-Design
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Page 1 of 1L'Eco-Design - Rifiuti: un problema di consumo, ma anche di produzione - Problema dei rifiuti o... - Chiudiamo il Ciclo!
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7.
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Problema dei rifiuti o... Rifiuti: un problema di consumo, ma anche di produzione I Marchi Ecologici
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Si tratta di un sistema di etichettatura volontario (quindi non obbligatorio) il quale garantisce che il
prodotto che espone il marchio è stato progettato per ridurre l'impatto ambientale lungo tutto il suo
ciclo di vita: "dalla culla alla tomba".
Tali marchi permettono al consumatore di orientarsi verso un acquisto consapevole di beni e servizi,
pensati in modo da preservare il più possibile l'ambiente e le sue risorse naturali.
Acquistare prodotti o usufruire di servizi contrassegnati da un marchio ecologico è un importante
strumento per consentire a beni e servizi eco-innovativi di affermarsi sul mercato e per promuovere il
passaggio a un modello economico sostenibile.
Per maggiori informazioni vi segnaliamo la pagina sui marchi del sito Internet del Centro di Educazione
al Consumo Sostenibile.
I Marchi Ecologici
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8.
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Problema dei rifiuti o... Rifiuti: un problema di consumo, ma anche di produzione L'impronta Ecologica
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L’impronta ecologica è un indicatore che misura la quantità di territorio produttivo necessaria per
sostenere il consumo di risorse e la richiesta di assimilazione di rifiuti di una determinata popolazione.
Ideata nel 1990 da William Rees e Mathis Wackernagel, essa è
utilizzata per correlare lo stile di vita e i consumi di una
popolazione con "la quantità di natura" che serve per sostenerli
nel tempo.
L'impronta ecologica rappresenta, quindi, "il peso", espresso
in ettari, che ogni popolazione ha sull'ambiente.
Il metodo viene continuamente perfezionato da Wackernagel
attraverso le attività del suo Global Footprint Network ed è
stato introdotto in Italia nel 1996 dal WWF.
L'impronta ecologica evidenzia che stiamo consumando più
risorse di quante potremmo, che stiamo intaccando cioè il
capitale naturale e che nel futuro potremo disporre di meno
materie prime per soddisfare i nostri bisogni. Per questo tale
parametro è inserito tra gli Indicatori Comuni Europei con la finalità di fotografare gli impatti ambientali, in
modo da fornire alle amministrazioni indicazioni sulle criticità relative al proprio territorio, oltre alle possibili
soluzioni e agli strumenti adottabili per il raggiungimento di una maggiore sostenibilità.
La superficie biologicamente produttiva del pianeta disponibile a persona è di circa 1,8 ettari.
Secondo il Living Planet Report 2008, in Italia, con l’attuale stile di vita, sono richiesti circa 4,8 ettari globali
di superficie a persona, a fronte di una capacità ecologica di circa 1,2 ettari. Per sostenere i consumi nazionali
abbiamo, quindi, bisogno di una superficie biologicamente produttiva pari a 3,5 volte quella realmente
disponibile nel nostro paese. L’Italia si trova al 24° posto nella lista delle maggiori impronte ecologiche del
mondo.
In buona sostanza, se tutta la popolazione della terra consumasse come noi, per soddisfare i bisogni di
tutti servirebbero più di 3 mondi.
Con questo metodo è inoltre possibile mettere a confronto l’impatto ambientale di differenti popolazioni.
L’impronta ecologica degli Stati Uniti è valutata in 9,5 ettari di superficie a persona mentre quella del Pakistan,
ad esempio, è di 0,7 ettari pro capite.
Le risorse del nostro pianeta sono limitate e, con l’affacciarsi ai consumi dei paesi emergenti, è indispensabile
un cambiamento del modello economico, che preveda una più accurata gestione delle risorse naturali. Riciclando,
favorendo la riduzione degli imballaggi e incentivando la produzione e l’acquisto di beni durevoli si riducono i
rifiuti e si risparmiano risorse ed energia; in tal modo si incentivano inoltre la ricerca e l’innovazione
tecnologica che porteranno ad una produzione di minor impatto ambientale.
Per saperne di più vi consigliamo di visitare i siti di Pandora, WWF, Global Footprint Network, Ecological
Footprint ed Earthday che troverete nei nostri link all'interno della sezione "Informazioni utili".
L'impronta Ecologica
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