We Are Culture, ma anche
Wear Culture. Noi siamo
la cultura e vogliamo
indossarla.
Il progetto nasce dal saper fare del
territorio lucano, dalla necessità di un
nuovo rinascimento della manifattura locale
coniugata con la necessità di raccontare
l’inestimabile patrimonio culturale italiano. Il
tutto con un epicentro preciso: le comunità
che trasformano lo spazio in luoghi
da vivere.
2. Cos’è weareculture
We Are Culture, ma anche
Wear Culture. Noi siamo
la cultura e vogliamo
indossarla.
Il progetto nasce dal saper fare del
territorio lucano, dalla necessità di un
nuovo rinascimento della manifattura locale
coniugata con la necessità di raccontare
l’inestimabile patrimonio culturale italiano. Il
tutto con un epicentro preciso: le comunità
che trasformano lo spazio in luoghi
da vivere.
www.weareculture.com
3. Obiettivi
Raccogliere le eccellenze nel campo del
tessile e della manufattura sartoriale
lucana, partendo dalle vocazioni del
territorio.
Obiettivo del progetto è la raccolta,
sistematizzazione dei dati ed esposizione in un
punto di interesse riconosciuto nel campo della
moda e del design. In pratica si procederà alla
costruzione di un “ideaLab” in cui far confluire
le esperienze del territorio per raccontarle e
renderle prototipi utilizzabili e ri-utilizzabili.
4. problema
Sul territorio lucano sono presenti una serie di
tradizioni nel campo tessile che hanno bisogno di
essere riscoperte e rilette in chiave contemporanea,
per entrare in cicli di produzione consolidati ed
essere inseriti nei circuiti di commercializzazione.
Tali azioni sarebbero utili da una parte a
garantire la memoria delle attività produttive,
dall’altro a valorizzare i luoghi e le persone che
sono alla base dei processi di produzione.
5. Soluzione
WeAreCulture si propone di:
1 - avviare una indagine del territorio per individuare tecniche
di produzione tradizionali nel campo tessile e sartoriale
2 - implementare un catasto delle conoscenze
3 - individuare un luogo in cui raccontare questo saper fare
lungo un arco temporale prestabilito
4 - mettere in contatto aziende nazionali ed internazionali
interessate a utilizzare le tecniche produttive nei luoghi di origine
5 - avviare il processo di commercializzazione (fisica e digitale)
6. mercato
Circa 4 aziende su 5 del settore si trovano nell’Italia centrale (30%) e settentrionale (34,2%
nel Nord-Ovest e il 18,9% nel Nord-Est), dove un ruolo significativo è giocato da regioni
come la Lombardia (24,7%), la Toscana (23,4%), il Veneto (8,9%), il Piemonte (8,4%) e
l’Emilia-Romagna (8%). La distribuzione a livello provinciale, che ricalca a grandi linee quella
regionale, ripercorre la geografica dei distretti industriali che hanno contribuito a costruire le fortune
dell’industria tessile italiana: Prato (14%), Varese (5,3%), Milano (4,6%), Pistoia (4,3%),
Como (4,1%), Modena (3,8%), Biella (3,6%), Bergamo (3%), Napoli (2,7%), Firenze
(2,7%), Torino (2,3%), Brescia (2,3%), Padova (2,2%) e Vicenza (2,2%).
Il contesto organizzativo è fortemente caratterizzato dalla presenza d’imprese individuali (42,7%)
e di capitali (36,1%). Altra caratteristica particolarmente interessante è la dimensione: il 54,2%
del totale, infatti, è composto da micro imprese, ossiarealtàche impiegano meno di dieci dipendenti e
hanno un fatturato annuale che non eccede i 2 milioni di euro. Inoltre le manifatture, che in generale
hanno una media dipendenti di circa 9,9 unità, si contraddistinguono per una moderata presenza
femminile: quest’ultime, infatti, nel 67,5% dei casi sono meno della metà degli addetti.
La manifattura tessile si compone di varie tipologie di lavorazione e produzione, le più diffuse
tra le aziende sono: il finissaggio dei tessili, degli articoli di vestiario e attività simili (18,9%),
il confezionamento di biancheria da letto, da tavola e per l’arredamento (16,9%), la tessitura
(14,9%), la preparazione e la filatura delle fibre tessili (12%), la fabbricazione di ricami (8,6%),
la preparazione di articoli in materie tessili (7,5%) e la fabbricazione di tessuti a maglia (4,2%).
Infine, a fronte di un fatturato che si aggira intorno ai 7,8 miliardi, oltre un’azienda su due, di quelle
di cui si conosce il fatturato (82,6% del totale), dichiara un giro d’affari compreso tra i 100.000
e i 499.999 € (54,9%). Le restanti imprese si attestano per il 18,4% nella fascia di fatturato
1.000.000 – 4.999.999 €, per il 12% nella fascia 500.000 - 999.999 €, per il 5,3% in
quella 50.000 - 99.999 €, per il 3,5% nella fascia 5.000.000 – 9.999.999 € e per il 3% nella
fascia 10.000.000 – 49.999.999 €. Agli estremi della distribuzione le imprese che fatturano al
di sotto dei 50.000 € (2,4%) e quelle che invece riescono a sviluppare un giro d’affari superiore ai
50.000.000 € (0,5%).
7. mercato
Nella “top ten” delle aziende con il
fatturato maggiore troviamo:
Olimpias Group Srl
Philip Morris Manufacturing & Technology Bologna S.P.A
Fulgar Spa
Alcantara Spa
Isringhausen Spa
Vitale Barberis Canonico Spa
Ober Alp Spa
Union Industries Spa
Limonta Spa
Cotonificio Albini Spa
8. mercato
Qualità e artigianalità sono i fattori dell’eccellenza
italiana nel mondo. In Italia operano 24 delle 100
più grandi realtà attive nella moda e nel lusso a livello
mondiale. Di queste, più di due terzi operano nel
comparto dell’abbigliamento e delle calzature.
Nonostante questo profondo fattore di eccellenza,
il settore moda è poco utilizzato come driver per lo
sviluppo di nuova imprenditorialità, per il coinvolgimento
della comunità, per la promozione del territorio.
In questa ottica, il mercato di riferimento si allarga e
tende a comprendere non solo la diffusione delle tecniche
di produzione e la commercializzazione dei prodotti, ma
anche la promozione integrata del territorio.
9. impatto territoriale
L’impatto sul territorio sarà calcolato
attraverso una serie di indicatori che
restituiranno una immagine precisa da vari
punti di vista:
1 - miglioramento della qualità della vita
delle persone sui territori
2 - miglioramento delle condizioni economiche
3 - innalzamento della qualità percepita
dei luoghi e posizionamento sul mercato
nazionale ed internazionale
10. impatto sociale
Ogni Maison di prestigio, oggi, cerca di consegnare al
brand degli elementi che possano ricondurre a principi
di sostenibilità sociale, ambientale, economica.
Grazie al contributo di Greenpeace con la sua
campagna Detox, oggi molti marchi e stabilimenti
produttivi hanno deciso di aderire a questa visione
rivoluzionaria: Benetton, Zara, H&M, Nike,
Puma, Mango, Levi’s, Adidas, Valentino e il distretto
tessile di Prato sono solo alcuni dei protagonisti
internazionali dell’industria dell’abbigliamento che
stanno intraprendendo un percorso aziendale volto alla
sostenibilità.
11. strumenti
Il prodotto WeAreCulture avrà uno sviluppo
comunicativo grazie ai seguenti media:
1 - individuazione comunità di riferimento e interazione con
metodo HumanLab
2 - Raccolta materiali video e testimonianze da parte dei
portatori di saper fare artigianale e delle comunità
3 - individuazione di “simboli” del territorio da riprodurre su
abiti ed accessori in forma illustrata
4 - Realizzazione materiali video delle produzioni tradizionali
5 - Esposizione temporanea nello spazio Model (a Potenza),
con coinvolgimento dei potenziali interlocutori e portatori di
interesse
6 - Piano redazionale per la pubblicazione e diffusione dei
contenuti attraverso social media e stampa locale (attraverso
ufficio stampa dedicato)
12. team
Michele Cignarale (progettista culturale)
Giusi Giovinazzo (filosofa di comunità: definisce le
dinamiche relazionali e la costruzione ed il rispetto del
processo)
Paolo Fedele (VR & AR developer)
Giuseppe Fedele (storico dell’arte: definisce i contenuti
storico artistici e forma le comunità per il racconto ed il
raccordo)
Vittoria Cappiello (illustratrice: agevola la
rappresentazione dei luoghi)
Luca Sanchirico (web designer: garantisce l’applicazione
e realizzazione dei processi UI UX applicati
all’ambiente web).