Il territorio si trasforma in un info-scape, una nuova geografia composta dalla realtà fisica, dai dati e dalle informazioni, dalle espressioni delle persone, e dalle relazioni che si instaurano tra persone, luoghi, oggetti e situazioni.
Cosa è e come è fatto un museo ubiquo?
Un museo diffuso sul territorio, in cui dati, informazioni, espressioni, emozioni, saperi ed esperienze si ricombinano fluidamente per rendere leggibile una nuova mappa: relazionale, informazionale, comunicazionale, performativa.
Progetto universitario di "Intelligenza Artificiale" e "Agenti per la comunicazione" svolto presso il Dipartimento di Informatica di Bari durante il corso del mio percorso universitario Magistrale.
Expetence pattern per reti umane e ottimaliGiuseppe Nenna
Le APPS di un linguaggio wireless, affiancate da strutture organizzative elementari o di prossimità, anche di tipo associativo, hanno il compito di ridurre il rischio che scale inferiori non complete o completamente connesse [Salingaros] possano vanificare la condivisione/circuitazione delle "expetence". Il MIT di Boston sta sperimentando Urban pixels - wireless infrastructure for liberated pixels - che non si limitano a telai rigidi come sono i tipici schermi urbani, ma sono applicabili a superfici orizzontali e verticali in qualsiasi configurazione, in grado di comunicare reciprocamente allo scopo di supportare un ampio spettro di opzioni e modalità di visualizzazione. Cioè a supporto di processi orizzontali che aumentano il livello di complessità organizzata.
I contenuti sono disponibili sotto licenza CC Attribution (BY) NonCommercial (NC) Share Alike (SA) ed, in quanto non commerciali, possono essere liberamente condivisi, con vincolo di attribuzione, sebbene originali, No Derivative Work [http://it.wikipedia.org/wiki/Licenze_Creative_Commons].
Il termine "expetence" è un concept, e connesso neologismo, coniati da Giuseppe Nenna, di cui indicare esplicitamente fonte ed attribuzione.
I nuovi paradigmi delle tecnologie trasformano il modo in cui l’uomo si relaziona con la sua realtà, ma essendo esse stesse un prodotto dell’attività umana, non possono prescindere dalla cultura, dalla storia e dal background da cui hanno origine. Lo spirito è quello del superamento di limiti e prestazioni, intrecciando relazioni, a volte indissolubili, che portano gli enhancement-entusiasti a considerare l’individuo finalmente libero dalle pastoie di un organismo strutturalmente limitato e deficitario nel tempo.
Questo scenario origina un dibattito molto acceso: come valutare, quand’anche immaginare e prevedere, l’impatto delle tecnologie sull’uomo? Come l’utilizzo delle tecnologie, in modo consapevole o inconsapevole, o volutamente indiscriminato, vanno o potrebbero modificare l’attuale instabile stabilità umana? Si contrappongono due ideologie: la visione filosofica e un po’ religiosa dei bioconservatori, che ritengono gli interventi di enhancement dannosi al preservamento della vera essenza dell’uomo e quella dei transumanisti, per i quali le tecnologie possono incrementare le capacità umane ed aumentare le aspettative di una vita migliore, anche se differente dagli stereotipi della quotidianità.
Il territorio si trasforma in un info-scape, una nuova geografia composta dalla realtà fisica, dai dati e dalle informazioni, dalle espressioni delle persone, e dalle relazioni che si instaurano tra persone, luoghi, oggetti e situazioni.
Cosa è e come è fatto un museo ubiquo?
Un museo diffuso sul territorio, in cui dati, informazioni, espressioni, emozioni, saperi ed esperienze si ricombinano fluidamente per rendere leggibile una nuova mappa: relazionale, informazionale, comunicazionale, performativa.
Progetto universitario di "Intelligenza Artificiale" e "Agenti per la comunicazione" svolto presso il Dipartimento di Informatica di Bari durante il corso del mio percorso universitario Magistrale.
Expetence pattern per reti umane e ottimaliGiuseppe Nenna
Le APPS di un linguaggio wireless, affiancate da strutture organizzative elementari o di prossimità, anche di tipo associativo, hanno il compito di ridurre il rischio che scale inferiori non complete o completamente connesse [Salingaros] possano vanificare la condivisione/circuitazione delle "expetence". Il MIT di Boston sta sperimentando Urban pixels - wireless infrastructure for liberated pixels - che non si limitano a telai rigidi come sono i tipici schermi urbani, ma sono applicabili a superfici orizzontali e verticali in qualsiasi configurazione, in grado di comunicare reciprocamente allo scopo di supportare un ampio spettro di opzioni e modalità di visualizzazione. Cioè a supporto di processi orizzontali che aumentano il livello di complessità organizzata.
I contenuti sono disponibili sotto licenza CC Attribution (BY) NonCommercial (NC) Share Alike (SA) ed, in quanto non commerciali, possono essere liberamente condivisi, con vincolo di attribuzione, sebbene originali, No Derivative Work [http://it.wikipedia.org/wiki/Licenze_Creative_Commons].
Il termine "expetence" è un concept, e connesso neologismo, coniati da Giuseppe Nenna, di cui indicare esplicitamente fonte ed attribuzione.
I nuovi paradigmi delle tecnologie trasformano il modo in cui l’uomo si relaziona con la sua realtà, ma essendo esse stesse un prodotto dell’attività umana, non possono prescindere dalla cultura, dalla storia e dal background da cui hanno origine. Lo spirito è quello del superamento di limiti e prestazioni, intrecciando relazioni, a volte indissolubili, che portano gli enhancement-entusiasti a considerare l’individuo finalmente libero dalle pastoie di un organismo strutturalmente limitato e deficitario nel tempo.
Questo scenario origina un dibattito molto acceso: come valutare, quand’anche immaginare e prevedere, l’impatto delle tecnologie sull’uomo? Come l’utilizzo delle tecnologie, in modo consapevole o inconsapevole, o volutamente indiscriminato, vanno o potrebbero modificare l’attuale instabile stabilità umana? Si contrappongono due ideologie: la visione filosofica e un po’ religiosa dei bioconservatori, che ritengono gli interventi di enhancement dannosi al preservamento della vera essenza dell’uomo e quella dei transumanisti, per i quali le tecnologie possono incrementare le capacità umane ed aumentare le aspettative di una vita migliore, anche se differente dagli stereotipi della quotidianità.
La predizione è sempre stata affrontata sotto due aspetti. Il primo fa ricorso alle esperienze vissute e quindi si può dire che una cosa accadrà perché, se si conservano i presupposti, è sempre accaduto così. Il secondo pone le sue radici nell’incapacità dell’uomo di spiegarsi dei fenomeni, per cui si fa ricorso a qualcosa che trascende le sue conoscenze: la magia.
Possiamo sicuramente affermare che la mancanza di conoscenza da una parte, e la razionalità del Logos dall’altra, hanno rappresentato la spinta alla ricerca e alla scoperta di un futuro basato sempre più su scienze razionali quali la matematica, la statistica e la probabilità.
Mythos e Logos convergono nella soggettività e nell’interpretazione del nostro cervello, è così che a seguito delle importanti scoperte di inizio del XX secolo sulle funzioni e sull’anatomia del cervello umano, ci si comincia a chiedere se è possibile ottenere un “cervello meccanico”.
I processi di audit secondo la norma Uni en iso 19011:2012Mario Gentili
Le linee guide, basate sulla normativa UNI EN ISO 19011, consentono di stabilire un modello di riferimento in rapporto al quale le aziende e le altre organizzazioni (grandi o piccole, del settore pubblico o privato, con o senza scopo di lucro) possano valutare i propri meccanismi di controllo interno e decedere come migliorarli.
Coerentemente agli atti ed alla normativa in materia sopra ricordate, il
controllo interno è finalizzato a fornire una ragionevole sicurezza sul conseguimento degli obiettivi rientranti nelle seguenti categorie:
· efficacia ed efficienza delle attività operative;
· salvaguardia dei beni aziendali (patrimonio);
· attendibilità delle informazioni di bilancio;
· conformità alle leggi ed ai regolamenti in vigore.
Cloud Computing fondamenti di sicurezzaMario Gentili
Cloud Computing fondamenti di sicurezza, la sicurezza nei modelli IaaS, PaaS e SaaS. La virtualizzazione, l'Intrusion Detection Service e la crittografia
1. L’umano e il digitale
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Digitale = computer? Niente di più falso.
Digitale è uno degli aggettivi più usati di questo inizio di secolo assumendo un significato che evoca tecnologie
informatiche e processi di innovazione. La ragione risiede anche nel fatto che ormai quest’aggettivo compare,
più o meno con cognizione di causa, nella pianificazione strategica e politica di tutti quei paesi del mondo
considerati avanzati con il duplice intento di migliorare la qualità della vita e di superare il divario (spesso
indicato con il termine digital divide) tra chi padroneggia le nuove tecnologie e chi non riesce a tenerne il passo.
Digitale non è un neologismo. Se ci si attiene alla sua forma inglese, troviamo il termine digit nella letteratura
risalente alla fine del XIV secolo, mentre l’aggettivo digital è presente a partire dal XVII secolo. Ma l’aggettivo
ha la sua radice nel sostantivo maschile digitus della lingua latina ed indica tutto ciò che si può contare con le
dita, enumerare. Dunque, la definizione di digitale riporta a tutto ciò che è espresso e, quindi comunicato,
attraverso una sequenza finita di simboli tratti da un alfabeto finito. In questa accezione, andando indietro nel
tempo, si trovano radici talmente profonde nella storia dell'umanità che se ne possono rintracciare le origini
nella preistoria. Questa sua peculiarità permette di recuperare un rapporto tra esseri umani e tecnologia in cui
gli esseri umani guadagnano il primo posto e non soltanto per motivi etici, ma perché effettivamente è il posto
che a loro compete quando si parla di digitale.
Si tratta di risalire all’origine della coscienza da parte dell’homo sapiens, cioè al processo di consapevolezza
della propria esistenza e di quella di altri individui. Con lo sviluppo della coscienza, risultato della selezione
naturale la cui attivazione consente il funzionamento predominante della mente a scapito dell’istinto, inizia il
processo di sviluppo del linguaggio che simboleggia in suoni codificati e riconosciuti, la conoscenza del mondo
che l’organismo già possiede in forma di immagini. Il linguaggio, attribuendo ai simboli un significato non
ambiguo (semantica) e definendone delle regole di utilizzo (sintassi), permette la trasmissione della conoscenza
attraverso le generazioni.
Il passo successivo è fondamentale: si tratta di fare segno, ossia della capacità di trasmettere l’informazione
mediante la produzione di immagini che va oltre la comunicazione verbale: nasce la comunicazione scritta che
codifica in simboli grafici segni e fonemi. Con la scrittura si guadagna in durata e in disambiguazione, a scapito
della corretta espressione delle emozioni. Leggendo una parola o una frase non è infatti possibile conoscere lo
stato d’animo che l’autore vuole trasmettere. A parziale soluzione di questo problema arrivano a supporto
delle raccolte di disegni che pur essendo frutto di convenzioni, sono però condivise e riconosciute da tutti. In
particolare, soprattutto con l’avvento dei social, ormai siamo avvezzi all’uso di emoticon e sappiamo ben
distinguere un “Grazie ” da un “Grazie ”.
2. L’umano e il digitale
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Con la forma scritta le parole si trasformano in simboli concatenati che seguono regole sintattiche ben precise.
Ad esempio, possono essere scritte da destra verso sinistra, in una poesia possono dar vita a rime, se
intercalate con segni di punteggiatura, permettono di fornire espressività, se accompagnate da disegni di
fornire emotività. Ecco allora che l’Odissea, l’Iliade, la Divina Commedia, l’Orlando Furioso, etc. assumono la
loro connotazione digitale in quanto sequenza finita di caratteri appartenenti ad un alfabeto di riferimento e
concatenati secondo regole sintattiche.
In pieno accordo con la visione sistemica della teoria della complessità, il termine digitale permette di stabilire
un forte relazione e interdisciplinarità tra le forme più espressive dell’umanità: la letteratura, la matematica e
la musica e… l’informatica. Tutte queste forme di espressione dell’arte e dell’intelligenza dell’uomo
soggiacciono alla definizione di digitale.
Se l’alfabeto è costituito dai 26 simboli dalla a alla z, si possono comporre opere scritte di inaudita bellezza
estetica. Se l’alfabeto è costituito dai 10 simboli da 0 a 9, e se ne rispettano le regole, a volte tutte ancora da
scoprire, si possono costruire teorie in grado di descrivere la natura delle cose. Se i simboli sono le 7 note, si
possono comporre opere e brani in grado di accumunare sentimenti di persone che neanche si conoscono! In
ogni caso, quello che si ottiene è la partecipazione alla costruzione immortale della storia e della cultura
umana. È questo che rende l’uomo unico e diverso dagli animali: l’uomo ha una sua cultura e una storia che
può tramandare e ricordare per poter essere utilizzata a fini della sua certificazione ad una sopravvivenza
migliore.
E l’informatica? In questo caso i simboli sono solo 2: lo 0 e l’1 e l’informazione si chiama bit. Indubbiamente
l’alfabeto utilizzato è molto scarso, ma ricorrendo a regole, tra l’altro non sempre molto complicate, è possibile
un’interpretazione e una codifica delle informazioni pressoché totale della realtà che ci circonda. Dati, suoni,
video possono essere tutti oggetto di processo noto come digitalizzazione che trasforma la nostra conoscenza
in sequenze di bit elaborabili dai computer. La digitalizzazione è una conquista dell’uomo paragonabile a quella
della rivoluzione industriale. Tra le principali conquiste c’è la dematerializzazione che permette di accedere alle
risorse indipendentemente dal luogo e dal tempo, la miniaturizzazione di scaffali cartacei in pochi spazi del
proprio computer, la possibilità di essere sempre connessi con le informazioni che ci interessano, la possibilità
di offrire conoscenza e cultura a tutti. Ma non sarebbe stato possibile concepire la progettazione di alcun
elaboratore automatico di informazioni né tantomeno la nascita della scienza informatica, se gli essere umani
non fossero stati dapprima capaci di rappresentare rigorosamente le informazioni come sequenze finite di
simboli presi da un alfabeto condiviso.
Tornando alla domanda iniziale, Il termine digitale è sicuramente esplorabile secondo i paradigmi
dell’informatica, ma è intrinsecamente collegato alla nostra natura umana, con il modo in cui comunichiamo,
costruiamo la nostra esperienza e trasmettiamo cultura. La rivoluzione digitale è iniziata nella preistoria!