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RAPPORTI NELLA “SUSSIDIARIETA’ “ TRA PA E TERZO SETTORE

La riforma del Titolo V della Costituzione ha disegnato un nuovo sistema di rapporti tra pubblico e
privato dando rilievo di principio costituzionale ad un modello organizzativo che si basa su
responsabilità condivise dove pubblico e privato interagiscono per rispondere ai bisogni della
collettività perseguendo, anche se su livelli diversi, una pubblica funzione.

Il rapporto basato sulla “sussidiarietà” che si può instaurare fra una Pubblica Amministrazione ed
un soggetto privato (non profit), così come concepita nel nostro ordinamento sia a livello
costituzionale che di legge ordinaria, non riguarda rapporti di tipo commerciale od imprenditoriale
ma:
- i rapporti fra le Istituzioni e le formazioni sociali che intendano condividere le
responsabilità pubbliche relative al “bene comune” e, per ciò stesso, svolgere pubbliche
funzioni

Le parole chiave contenute nella legge quadro 328/2000 e che meglio esprimono la finalità di
creare una «nuova cultura dell’intervento sociale», inteso come promozione del benessere di
persone e famiglie e che si devono tenere in debita considerazione sono: partecipazione,
coinvolgimento, coprogettazione, cooperazione, condivisione, integrazione, rete dei servizi.

Vanno quindi individuati i percorsi e gli strumenti più idonei per valorizzare il ruolo di
protagonista del terzo settore nella condivisione delle responsabilità sociali e che consentano
a tali soggetti di esprimere al meglio le proprie capacità progettuali e organizzative in un
percorso che veda un’effettiva partnership nella programmazione, progettazione e
realizzazione degli interventi.

 E’ importante evidenziare le peculiarità che differenziano le situazioni giuridiche che costituiscono
attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale rispetto a quelle che sono tipiche degli
affidamenti gestionali; ciò, sia sotto il profilo sostanziale della natura del rapporto – natura
pubblicistica - sia sotto quello procedurale - modalità attraverso le quali individuare i soggetti
con cui intrattenere tali rapporti.

Quando si parla di strumenti alternativi all’appalto, si deve evitare di confondere le questioni di
sostanza con quelle che attengono alle procedure che la PA deve porre in essere per individuare il
soggetto privato con cui instaurare rapporti. Le due questioni non sono alternative ma in
connessione l’una con l’altra, la scelta sostanziale deve precedere quella procedurale.

E’ la PA che deve decidere, nella sua discrezionalità, che ruolo intende dare al soggetto privato -
mero gestore dei servizi o partner a tutti gli effetti - e quale tipologia di rapporti intende porre in
essere – di diritto privato o di diritto pubblico – e, solo dopo, individuare gli strumenti giuridici e le
procedure conseguenti e coerenti con la scelta effettuata.

I rapporti che sono posti in essere nell’ambito della “sussidiarietà” hanno natura pubblicistica in
quanto hanno un oggetto pubblicistico e cioè la funzione pubblica che entrambi i soggetti hanno il
dovere di esercitare.
Va da sé che in questi casi non può essere utilizzato uno strumento contrattuale privatistico, quale
l’appalto di servizi, ma che si deve ricorrere agli strumenti alternativi -
convenzioni/intese/accordi/patti/protocolli - di cui è cenno nell’atto di indirizzo regionale.

L’altro aspetto da considerare è quello relativo alle procedure, cioè al “come” la PA possa
legittimamente procedere all’individuazione della formazione sociale con cui allacciare i rapporti di
sostegno o di collaborazione. Anche se non ci troviamo di fronte a contratti d’appalto, i principi di
trasparenza, par condicio, economicità e legalità dell’azione amministrativa non possono non
valere anche in questi procedimenti amministrativi. Per l’individuazione del/i soggetto/i con i
quale attivare le diverse forme di partenariato, la PA dovrà garantire adeguata trasparenza, e quindi,
l’applicazione del principio dell’evidenza pubblica attraverso le previa informativa a tutti i
soggetti non profit, potenzialmente interessati ed idonei, sia della volontà di porre in essere tali
rapporti, sia della procedura e dei criteri in base ai quali tali rapporti saranno concretamente
instaurati.

Proprio in ragione della valenza che assume la scelta sostanziale rispetto a quella procedurale, che
ne è una mera conseguenza, gli enti, nell’esercizio della loro potestà normativa, dovranno
definire all’interno dei propri regolamenti o nei propri strumenti di programmazione a
livello sovra comunale (es. Piani di Zona) le tipologie di rapporti “nella sussidiarietà” che
potranno essere instaurati con il terzo settore diversificandoli in ragione:
    - del livello più o meno complesso dei servizi (concessione)
    - delle modalità di integrazione organizzativa che si intendono realizzare (
        coprogettazione)
    - del carattere di innovatività e sperimentalità degli interventi
    - della forma giuridica dei soggetti non profit e della coerenza delle finalità istituzionali
        dell’ente con l’oggetto della collaborazione (convenzione volontariato)
    - della loro adeguatezza - in termini di risorse, capacità organizzativa e tecnica,
        formazione e qualificazione professionale degli operatori – rispetto ai bisogni da
        soddisfare (accordi per attribuire titolarità di servizi).

Nelle more dell’adozione o adeguamento dei provvedimenti normativi, resta ovviamente
impregiudicata la possibilità di utilizzare le forme di collaborazione previste dall’atto di indirizzo,
che risultano comunque disciplinate dalla normativa vigente.

TIPOLOGIE DI RAPPORTI DI COLLABORAZIONE

Le forme di collaborazione con i soggetti del terzo settore, nell’ottica della co-responsabilità nella
costruzione di un sistema di risposte alle esigenze di servizi e di interventi, espressi dalla comunità
nel contesto della programmazione e delle scelte compiute a livello locale, possono svilupparsi nei
seguenti modi:
- accordi amministrativi
- istruttoria pubblica di co-progettazione
- programmazione negoziata
- protocolli e intese
- convenzioni

I protocolli e le intese costituiscono forme non strutturate di rapporti: essi, infatti rientrano
nella tipologia di rapporti a valenza strategica in quanto sono finalizzati a definire, a livello generale
gli ambiti di operatività dei diversi soggetti, istituzionali e non, che intervengono in un determinato
contesto, nonché gli impegni che gli stessi si assumono ai fini del coordinamento complessivo
degli interventi.

Va considerata a parte la concessione di servizi che si pone all’estremo limite della sussidiarietà in
quanto rappresenta una forma di affidamento di servizi o interventi ed è prevista dalla normativa
vigente quale modalità per la “gestione” dei servizi pubblici locali.
LA CONCESSIONE DI SERVIZI

La concessione di servizi è definita dall’art. 3 comma 12 del Codice quale “contratto che presenta le
stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi ad eccezione del fatto che il corrispettivo
della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto
accompagnato da un prezzo” ed è regolamentata dall’art. 30.

Diverso è anche il soggetto destinatario del servizio che nella concessione è la collettività e non
direttamente l’amministrazione.

Il rischio economico della gestione e la correlativa responsabilità sono a carico del
concessionario. È questo l’elemento determinante con la conseguenza che la stessa attività può
essere conferita in appalto o in concessione a seconda dell’imputazione del rischio della gestione in
capo all’uno o all’altro contraente.

Come ribadito dal Consiglio di Stato nella recentissima sentenza n. 5068 del 9 settembre, le
concessioni, nel diritto comunitario, si distinguono dagli appalti “non per il titolo provvedi mentale
dell’attività, né per il fatto che ci si trovi di fronte ad una vicenda di trasferimento di pubblici poteri
o di ampliamento della sfera giuridica del privato, né per la loro natura autoritativa o provvedi
mentale rispetto alla natura contrattuale dell’appalto, ma per il fenomeno di traslazione dell’alea
inerente ad una certa attività in capo al soggetto privato”

Il rischio della gestione, però, può essere attenuato attraverso la fissazione di un prezzo in
sede di gara qualora:
- al concessionario venga imposto di praticare nei confronti degli utenti tariffe o prezzi
amministrati, controllati o predeterminati (c.d. prezzi sociali), quindi inferiori a quelli
corrispondenti alla somma del costo del servizio e dell’ordinario utile di impresa
- in relazione alle caratteristiche e alla qualità del servizio da prestare, sia necessario assicurare al
concessionario la possibilità di raggiungere l’equilibrio economico-finanziario degli investimenti e
della gestione ma non a garantire tale equilibrio, in quanto il rischio di impresa deve restare in capo
al concessionario.

A differenza della concessioni lavori (disciplinata dal codice agli artt. 142 e ss), alla
concessione di servizi non si applicano le disposizioni del codice salvo quanto previsto dall’art.
30, comma 7, contenzioso e piano economico finanziario che, nell’ipotesi di erogazione di un
prezzo da parte della amministrazione concedente, è documento di primaria importanza per
l’amministrazione stessa in quanto consente di verificare la congruità del contributo pubblico
erogato in relazione alle tariffe praticate.

Anche se la concessione di servizi pubblici è sottratta alle disposizioni del codice, l’affidamento
deve avvenire non soltanto nel rispetto delle norme e dei principi comunitari relativi ai
contratti pubblici - trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di
trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità - ma secondo una procedura ad hoc che
prevede una gara informale, alla quale sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistano
in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto della concessione, con
predeterminazione dei criteri selettivi.

La concessione di servizi costituisce uno strumento di partenariato pubblico-privato (art. 3, comma
15 ter del Codice) particolarmente significativo in quanto consente di stabilire rapporti di lunga
durata, di sviluppare quei processi di coprogettazione che meglio valorizzano il ruolo del privato
sociale, di adeguare nel tempo l’attività in relazione al mutare del contesto e alla variabilità dei
bisogni che attraverso la gestione devono essere soddisfatti.
Per le sue caratteristiche, tale rapporto di collaborazione non può applicarsi in via generalizzata a
tutte le tipologie dei soggetti del terzo settore, in quanto in genere la gestione riguarda attività di
natura complessa che richiedono nel partner requisiti di carattere organizzativo e capacità tecniche
che non sempre tutte le organizzazioni possono assicurare.
L’obbligo di osservare i principi comunitari dei contratti pubblici (trasparenza, parità di trattamento,
non discriminazione) esclude poi la possibilità di porre riserve di partecipazione a determinati
soggetti (quali le cooperative sociali) nei bandi di gara. Si richiama al riguardo la deliberazione n.
34 – Adunanza del 9 marzo 2011 dell’AVCP di censura delle normative regionali che pongono
riserve a favore della cooperazione sociale.

Esempi. concessione per la gestione del servizio di asilo nido, di una struttura protetta..


ACCORDI AMMINISTRATIVI

ACCORDI DEFINITI TRA LA PA E I PRIVATI NEL CORSO DI UN PROCEDIMENTO
AMMINISTRATIVO AD AVENTI AD OGGETTO L’ESERCIZIO DI UN POTERE
AMMINISTRATIVO

L’istituto della partecipazione al procedimento amministrativo da parte di privati e l’introduzione
del principio di “amministrazione consensuale” costituiscono gli aspetti più significativi della L.
241/90.
L’art. 11, stabilendo che “in accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma
dell’articolo 10, l’amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti
dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al
fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione
di questo”, disciplina sia gli accordi procedimentali, c.d. integrativi, sia gli accordi sostitutivi
del provvedimento conclusivo del procedimento.

Mentre il primo tipo di accordi riguarda le intese modificative del contenuto discrezionale del
provvedimento, che è concordato con il privato, il secondo riguarda le intese che eliminano la
necessità di emanare un provvedimento in quanto quest’ultimo viene integralmente sostituito
dall’accordo.

Con riferimento al tema dei rapporti tra PA e Terzo settore basati sul principio della sussidiarietà, la
partecipazione del privato al procedimento va inquadrata soprattutto in una logica collaborativa,
per cui interessi pubblici e privati ricercano ogni possibile sinergia di valorizzazione delle diverse
posizioni al fine di perseguire con maggiore efficienza ed efficacia il bene comune.

Gli accordi pubblicistici previsti dalla legge n. 241/1990, quindi, sono lo strumento giuridico
“naturale” per l’instaurazione di rapporti di collaborazione fra P.A. e privato non profit che intenda
condividere le responsabilità che caratterizzano le funzioni pubbliche: essi, infatti, consentono di
sperimentare modalità innovative di promozione e sostegno delle autonome iniziative del terzo
settore attraverso l’adesione alla proposta e l’avvio di un procedimento amministrativo
partecipato rispettoso dell’evidenza pubblica e dei principi di economicità, efficacia,
pubblicità e trasparenza che devono uniformare i rapporti medesimi..

Grazie alla dinamicità che li caratterizza, a differenza di quanto avviene nei rapporti privatistici di
appalto, per natura rigidi e sostanzialmente immodificabili, i contenuti del rapporto possono
evolvere nel corso del tempo in una sorta di “coprogettazione permanente”, che accompagna il
rapporto in tutto il suo svolgimento e che permette di adeguarne il contenuto ai risultati delle
sperimentazioni e dell’esperienza oltre che al mutare dei bisogni dei destinatari degli interventi.. ,

Con l’accordo sostitutivo di provvedimento si possono attuare nuove procedure per erogare
forme di sostegno al terzo settore, come ad esempio la concessione di benefici economici per la
realizzazione di progetti, dove il contributo dell’amministrazione non è il corrispettivo per la
prestazione ma è finalizzato a permettere l’equilibrio economico finanziario e a garantire
l’adeguatezza e la sostenibilità della risposta ai bisogni sociali che con il progetto si intende
soddisfare.

 Con gli accordi procedimentali si può dare concretezza e sostanza agli impegni e alla
collaborazione che le parti sociali assumono all’interno dei piani di zona e degli altri strumenti di
programmazione locale.
In questo caso i soggetti non profit del territorio disponibili ad impegnarsi, anche con risorse
proprie, nella progettazione di massima e nell’attuazione degli obiettivi del piano, possono essere
invitati:
- a manifestare il proprio interesse a partecipare alla coprogettazione collegiale di massima dei
contenuti tematici del piano di zona
- a definire congiuntamente regole e principi relativi agli ambiti di operatività, ai requisiti e alle
capacità tecniche che devono possedere i soggetti che intendono partecipare alla realizzazione degli
interventi previsti nel piano, i criteri preferenziali di selezione dei soggetti e delle connesse proposte
progettuali, i parametri di valutazione delle modalità di realizzazione dei servizi ed interventi.

Gli accordi devono essere stipulati per iscritto, a pena di nullità, e ad essi si applicano, ove non
diversamente previsto, le norme del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto
compatibili. Essi comunque sono sempre caratterizzati dalla natura pubblicistica del loro oggetto
e dalla permanenza della titolarità pubblica della funzione cui si riferiscono; per questo la
legge prevede la possibilità di recesso unilaterale dall’accordo da parte della PA “per sopravvenuti
motivi di pubblico interesse”

La stipulazione degli accordi sostitutivi del provvedimento amministrativo di conferimento della
titolarità del servizio deve essere preceduta da una determinazione dell’organo competente per
l’adozione del provvedimento finale e quindi del soggetto titolare della funzione pubblica (art. 11,
comma 4-bis, L. 241/1990 ).


LA COPROGETTAZIONE
Attuazione della logica dell’accordo procedimentale è la coprogettazione, dove il soggetto del
terzo settore che si trova ad essere coinvolto nell’attuazione dei progetti viene a operare non più in
termini di mero erogatore di servizi, ma assume un ruolo attivo mettendo in campo capacità
progettuale e risorse proprie.

L’istruttoria pubblica di coprogettazione, prevista specificatamente nel D.P.C.M. del 2001, ha
per oggetto la definizione progettuale d’iniziative, interventi e attività complesse, sulla base
delle priorità strategiche evidenziate e condivise dall’ente pubblico, da realizzare in termini di
partenariato tra la PA e i soggetti del terzo settore individuati in conformità a una procedura
di selezione pubblica.

L’istruttoria pubblica si svolge in due fasi:
1) nella prima vengono selezionati i soggetti con cui sviluppare le attività di coprogettazione e
di realizzazione dei servizi, previa definizione, da parte dell’ente, degli ambiti di intervento e
dell’invito a presentare le proposte progettuali. Per valutare le caratteristiche dei partecipanti alla
gara e la loro affidabilità, oltre che la rispondenza all’interesse pubblico rappresentato dall’Ente,
viene richiesto di presentare le proposte progettuali che devono comprendere:
    - una proposta di assetto organizzativo tra l’ente locale e il/i partner progettuale/i nella
        gestione dei servizi e degli interventi;
    - una proposta organizzativa, caratterizzata da elementi di innovatività, di sperimentalità e di
        miglioramento della qualità, indicante criteri e modalità di realizzazione e le modalità
        operative – gestionali degli interventi e dei servizi oggetto di co-progettazione;
    - gli strumenti di governo e di controllo della co-progettazione e della gestione degli
        interventi e dei servizi.
2) nella seconda si avvia l’attività di vera e propria co-progettazione tra i responsabili tecnici
del/dei soggetto/i selezionato/i ed i responsabili comunali.
L’istruttoria prende a riferimento il progetto presentato dal soggetto selezionato e procede alla sua
discussione critica, alla definizione di variazioni ed integrazioni coerenti con i programmi
dell’Amministrazione, alla definizione degli aspetti esecutivi.

L’atto finale del procedimento di fatto assume le caratteristiche dell’ Accordo di collaborazione
previsto dall’art. 119 del D. Lgs. n. 267/2000 e dall’articolo 43 della legge 27 dicembre 1997 n.
449, in cui il ruolo svolto dalla P.A. non è solo quello di promotore e sostenitore dell’impegno del
privato attraverso erogazioni di vario tipo, bensì quello di “collaboratore” in un rapporto di
partenariato in cui le risorse pubbliche si integrano con quelle private anche sotto il profilo
organizzativo. Gli accordi di collaborazione sono riconducibili agli accordi sostitutivi del
provvedimento, in questo caso di concessione di risorse pubbliche che vengono organizzativamente
integrate con quelle private.

Esempi: servizi in ambito socio-educativo e ricreativo (gestione nidi, centri estivi), interventi di
promozione della salute e di prevenzione delle dipendenze, interventi di integrazione sociale e
contrasto alla povertà anche con la gestione di centri di accoglienza e di comunità, servizi di
assistenza educativa e culturale per disabili.

LA PROGRAMMAZIONE NEGOZIATA

Nel nostro ordinamento la programmazione negoziata è definita dalla legge 662/1996 art. 2, comma
203, lett a, come “regolamentazione concordata tra soggetti pubblici o tra il soggetto pubblico
competente e la parte o le parti pubbliche o private per l’attuazione di interventi diversi
riferiti ad un’unica finalità di sviluppo, che richiedono una valutazione complessiva delle
attività di competenza nell’ambito delle regioni e degli altri enti locali”.

Gli strumenti delle programmazione negoziata sono l’Intesa istituzionale di
programma/accordo di programma, i patti territoriali, l’accordo di programma quadro (stato,
regione,enti locali)

Attraverso la programmazione negoziata enti locali e altri portatori di interesse operati sul territorio
perseguono obiettivi di sviluppo il più possibile in maniera coordinata.
In tale contesto si inquadra il piano di zona, strumento di pianificazione con cui, partendo dai
bisogni e quindi dalla domanda, si definiscono le priorità, si programma una gestione
innovativa, flessibile e partecipata di interventi, attraverso un sistema di relazioni
caratterizzato dalla sussidiarietà estesa a tutti i portatori d’interesse e alle organizzazioni
rappresentative della società civile.

La redazione dei piani di zona è il risultato di un lungo e articolato processo di elaborazione e di
sintesi dei singoli contributi degli attori pubblici e privati che contribuisce a rafforzare il ruolo della
comunità nella definizione degli obiettivi e dei contenuti delle politiche sociali. Tale processo
favorisce la “vicinanza” operativa e programmatoria tra Enti, soggetti sociali, Istituzioni, che
agiscono in un territorio omogeneo e costituisce il luogo idoneo per l’attuazione di forme di
integrazione e collaborazione tra servizi sociali e sanitari.

E proprio l’accordo di programma costituisce lo strumento tecnico-giuridico che dà
attuazione al Piano di zona, diventando lo strumento regolatore di tutti i rapporti di
collaborazione tra le istituzioni e i soggetti privati, in particolare quelli no profit attraverso:
    - la programmazione e regolamentazione delle diverse forme di collaborazione con i
       soggetti del Terzo settore disponibili ad assumersi pubbliche responsabilità e a condividere
       le pubbliche funzioni, con particolare riguardo alla coprogettazione, alla sperimentazione di
       nuovi servizi nei quali i soggetti no profit investono anche risorse proprie, la
       sperimentazione di nuove modalità gestionali;
    - la definizione dei criteri e delle modalità di ammissione dei soggetti alla costruzione e
       realizzazione del sistema dei servizi ed interventi sociali.
    - la definizione delle modalità per valorizzare il ruolo della cooperazione sociale e
       promuovere l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate, quali la determinazione
       delle percentuali di forniture di beni e servizi da affidare alle cooperative sociali di tipo B, la
       disponibilità ad inserire nei capitolati le cd. clausole sociali per favorire l’inserimento
       lavorativo delle persone svantaggiate (previsione, nelle modalità di esecuzione dell’appalto,
       dell’utilizzo, da parte delle imprese che partecipano alle gare, di una percentuale –almeno il
       30% - di persone svantaggiate attraverso accordi con cooperative di tipo b, con conseguente
       attribuzione di un punteggio al progetto di inserimento sociale in sede di valutazione
       dell’offerta economicamente più vantaggiosa).

Sempre nell’ambito della programmazione negoziata del piano di zona si può sperimentare:
   - l’istituzione di elenchi di soggetti privati in possesso dei requisiti di qualificazione
      determinati congiuntamente, ai quali la PA può rivolgersi selezionandoli al momento
      dell’affidamento dei servizi, elenco aggiornabile e aperto anche alla partecipazione di altri
      soggetti che dovessero manifestare al riguardo la loro disponibilità;
   - la definizione dei criteri di accreditamento di soggetti del terzo settore per l’erogazione dei
      servizi ed interventi previsti dalla programmazione locale

CONVENZIONI DIRETTE

Strumento per la formalizzazione dei rapporti di collaborazione tra PA e soggetti no profit.

La convenzione regolamenta i reciproci impegni nel rispetto dell’autonomia delle parti ed
assume le caratteristiche di un accordo di collaborazione per perseguire finalità
solidaristiche, dove le associazioni sono partner dell’ente pubblico e esplicano in pieno le loro
capacità progettuali e innovative interpretando e soddisfacendo i bisogni che emergono sul
territorio.
Non contratto sinallagmatico a prestazioni reciproche ma accordo associativo con cui il soggetto
pubblico e il volontariato, nel perseguire le medesime finalità di solidarietà sociale, condividono
responsabilità, rischi e risorse.
Le convenzioni sono previste dagli artt. 7 della L. 266/91 e 10 della LR 12/95 e 30 della legge
383/2000 per la formalizzazione dei rapporti di collaborazione con le associazioni di volontariato e
di promozione sociale. In tali disposizioni sono stati definiti, anche se in maniera non rigida
come quella relativa agli appalti pubblici, i parametri in base ai quali effettuare la scelta tra
più organizzazioni, per individuare quella maggiormente in grado di soddisfare l’interesse sociale
oggetto di convenzionamento, e i contenuti delle stesse. Tramite lo strumento della convenzione
vengono assicurati contributi o altre forme di sostegno per le attività che le organizzazioni
svolgono sul territorio.

Le convenzioni devono riguardare:
- servizi a gestione semplice o di affiancamento a servizi di natura complessa gestiti da altri
soggetti o direttamente dalla PA.
Essendo caratterizzate dalla volontarietà e dalla gratuità delle prestazioni degli aderenti, il
coinvolgimento di tali organizzazioni non può riguardare la gestione di servizi di natura complessa,
che presuppongono requisiti di carattere tecnico/organizzativo e competenze professionali
“strutturate”, inconciliabili con l’attività di volontariato.
- servizi relative ad attività prive di rilevanza economica
Qualora non vi sia rilevanza economica, nemmeno potenziale, del servizio la PA può utilizzare lo
strumento della convenzione che permette la partecipazione alle associazioni di volontariato che
possono così operare senza essere in concorrenza con soggetti che hanno finalità di lucro.
Vi sarebbe quindi incompatibilità con le disposizioni che prevedono che i proventi delle
associazioni di volontariato siano costituiti esclusivamente da rimborsi derivanti da convenzioni o
da attività commerciali di carattere marginale ( quelle svolte senza impiego di mezzi organizzati
professionalmente per fini di concorrenza sul mercato – DM 25/5/1995) e, quindi, non corrispettivi
per le prestazioni svolte.
Tali principi restano validi nell’ambito dell’utilizzo dello strumento convenzionale, ritenuto dalla
Corte di Giustizia europea non in contrasto con l’ordinamento comunitario in quanto finalizzato alla
realizzazione di un sistema socio-assistenziale connotato dalla solidarietà.

Cambia invece radicalmente prospettiva il tema della partecipazione delle associazioni di
volontariato alle gare di appalto.

Sia l’ AVCP che la giurisprudenza si sono pronunciate più volte sul tema della partecipazione delle
associazioni di volontariato alle gare di appalto affermandone l’illegittimità in quanto:
    - una selezione delle offerte basata sulla comparazione delle offerte con criteri concorrenziali
        di convenienza tecnica ed economica sarebbe inconciliabile con il riconoscimento delle
        associazioni di usufruire di proventi derivanti solo da rimborsi che prescindono dalle regole
        della concorrenza
    - l’attività di volontariato è quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito per
        finalità solidaristiche per cui al volontario può essere corrisposto solo il rimborso delle spese
        eventualmente sostenute. L’impossibilità di retribuire la prestazione sarebbe incompatibile
        con il contratto di appalto che prevede la corresponsione di un prezzo quale corrispettivo
        della prestazione
Tale orientamento, comunque riferito solo alle associazioni di volontariato e non agli altri soggetti
no profit quali le associazioni di promozione sociale, le fondazioni ecc. , è stato recentemente
superato, in quanto basato sull’errato presupposto che l’attività del volontariato debba essere
necessariamente non economica quando invece si richiede soltanto l’assenza di lucro

Già con sentenza 29 novembre 2007 la Corte di Giustizia europea affermava che le associazioni di
volontariato possono essere considerate imprese ai sensi delle disposizioni del trattato europeo, in
quanto l’assenza di fini di lucro e la presenza di finalità di solidarietà sociale non esclude che le
stesse possano esercitare un’attività economica e costituiscano imprese, per cui possono esercitare
un’attività economica in concorrenza con altri operatori (art. 3 comma 19 codice –definizione di
prestatore di servizi … “persona fisica o giuridica o ente senza personalità giuridica che eserciti
un’attività economica”, in linea con la nozione allargata di impresa adottata dall’ordinamento
comunitario, cioè “qualunque entità che eserciti attività economica consistente nell’offrire beni e
servizi su un determinato mercato dietro corrispettivo”).
Tale indirizzo veniva ulteriormente confermato con la sentenza 23 dicembre 2009 della stessa
Corte, che ha ribadito che anche i soggetti che non perseguono preminente scopo di lucro, non
dispongono della struttura organizzativa d’impresa, non assicurano una presenza costante sul
mercato, possono partecipare ad un appalto pubblico di servizi. Ciò che rileverebbe, ad avviso della
Corte, sarebbe la capacità di fornire concretamente la prestazione richiesta, a prescindere dal dato
organizzativo, dallo scopo di lucro e da tutte le connotazioni tipiche dell’impresa commerciale.
(sufficiente l’esercizio di un’attività economica e tale è l’offerta di beni e servizi sul mercato).
Il Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza 26 agosto 2010 n. 5956 ha definitivamente superato il
filone giurisprudenziale contrario alle partecipazione delle associazioni di volontariato alle gare
pubbliche, sancendo il diritto delle stesse a partecipare alle procedure concorsuali , in difetto di
esplicite previsioni del bando, in quanto “l’assenza di fine di lucro non esclude che le associazioni
di volontariato possano esercitare un’attività economica” e che “la carenza di iscrizione alla camera
di commercio o al registro delle imprese non sono requisiti indefettibili di partecipazione alle gare a
meno che le iscrizioni non siano previste dal bando di gara” .
,
STRUMENTI PER FAVORIRE LA QUALITA’

Criteri di accesso alle procedure di selezione e criteri di valutazione dell’offerta
Contenuto degli accordi
Determinazione valore degli affidamenti
Verifica dei contratti

E’ evidente l’importanza che i parametri di qualità assumono nell’ambito dei servizi del sistema
integrato, siano essi affidati tramite procedure concorsuali sia tramite altre forme di collaborazione
basate sulla sussidiarietà. L’efficienza e l’efficacia degli interventi erogati, l’idoneità e
l’adeguatezza dei servizi a soddisfare i bisogni dei cittadini, costituiscono infatti gli indici più
rappresentativi della “bontà” delle politiche sociali messe in atto dall’ente locale.

Criteri di accesso: La priorità data dalla vigente normativa nazionale e regionale alle procedure
ristrette e negoziate per l’affidamento dei servizi del sistema integrato comporta una particolare
attenzione nella definizione dei requisiti per l’accesso alle procedure di selezione da parte degli
operatori; ciò non tanto per i requisiti di ordine generale, già previsti in modo puntuale dal codice,
quanto per quelli di capacità economica e finanziaria e di idoneità e capacità tecnico professionale
per cui, all’interno delle indicazioni generali ex artt. 41 e 42 del codice, la PA mantiene un ambito
di discrezionalità nella scelta di quelli ritenuti più idonei a garantire l’affidabilità economica,
realizzativa e organizzativa dei concorrenti in rapporto alla tipologia del servizio oggetto di gara.

Criteri di selezione delle offerte: Per la valutazione delle offerte la PA ha margini di
discrezionalità ancora più ampi, anche perché l’offerta deve essere valutata in stretta correlazione
con l’oggetto dell’appalto per cui i parametri da prendere in considerazione sono, ovviamente,
diversi a seconda delle singole fattispecie (coerenti con il caso concreto e il contesto operativo nel
quale il soggetto dovrà svolgere la propria attività).

La distinzione tra criteri di accesso e criteri di selezione deve essere rigorosa in quanto gli stessi
attengono a due aspetti diversi: la capacità/idoneità del concorrente ad eseguire i servizi oggetto di
gara, nel primo caso, le modalità con le quali i concorrenti intendono realizzare i servizi nel secondo
caso (misurazione del valore). Sul punto l’orientamento della giurisprudenza e dell’Autorità di
vigilanza è consolidato anche se, recentemente alcune sentenze del Consiglio di Stato hanno
mitigato la “rigorosità della distinzione” (CdS 9/6/2008, n. 2770; CdS, sez. V, 16/2/2009 n. 837;
CdS, Sez. V, 12/6/2009, n. 3716; CdS, Sez. V, 18/9/2009, n. 3716) ammettendosi la possibilità di
valutare, per la selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, anche alcune caratteristiche
soggettive del concorrente, quali il curriculum e/o le esperienze pregresse, a condizione che gli
elementi presi in considerazione incidano direttamente sulla qualità e affidabilità del servizio
oggetto dell’appalto, e che agli stessi non sia attribuito un punteggio “preponderante”.

Trattandosi di servizi del sistema integrato, il criterio di selezione dell’offerta è esclusivamente
quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Particolare attenzione va posta quindi alla
determinazione dei criteri/parametri di selezione e del loro peso nella valutazione complessiva
dell’offerta, elementi che devono essere esplicitati puntualmente nel bando/capitolato di gara e
quindi oggetto di adeguata e preventiva pubblicità. (Per approfondimenti si rinvia alle Linee guida
per l’applicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa negli appalti di servizi e forniture.
Dell’AVCP del maggio 2011)

In entrambi i casi il limite alla discrezionalità della PA ( stazione appaltante) nella definizione dei
requisiti è dato dal rispetto dei principi di legalità, buon andamento e imparzialità dell’azione
amministrativa, per cui i requisiti medesimi non devono essere manifestamente irragionevoli ,
irrazionali, sproporzionati, illogici nonché lesivi della concorrenza.

Contenuto degli accordi: Nell’atto di indirizzo sono elencate le clausole essenziali che devono
essere inserite nei bandi e capitolati di gara finalizzate a garantire la qualità della prestazione e la
correttezza dei comportamenti delle parti.
La durata dei contratti, la revisione periodica dei prezzi, le clausole di salvaguardia sociale del
personale, il rispetto degli obblighi di natura contributiva, previdenziale e assicurativa, le
disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sono garanzia di qualità degli
interventi e di efficiente organizzazione delle risorse umane che, nei servizi alla persona, assicurano
la parte prevalente dei servizi.
Anche le clausole sul tempestivo pagamento dei corrispettivi da parte della PA nei termini previsti
dalla vigente normativa non possono che influire positivamente sulla qualità del servizio in quanto
la regolarità dei flussi economici dà certezza e stabilità agli operatori.

Determinazione del valore degli affidamenti: La corretta definizione del costo delle prestazioni
che dovranno essere rese dall’aggiudicatario è ulteriore garanzia di qualità del servizio, in quanto
l’equità del corrispettivo assicura il rispetto dei principi costituzionali in materia di retribuzione
(art. 36- adeguatezza e sufficienza) oltre che favorire lo sviluppo dell’imprenditorialità sociale.

Verifica dei contratti: La verifica della conformità delle prestazioni rese al progetto tecnico
presentato in sede di gara e il controllo sul rispetto delle clausole contrattuali, sia a consuntivo che
nel corso della vigenza del contratto, costituiscono non meri adempimenti, ma strumenti necessari
di tutela dei destinatari dei servizi e di garanzia di efficace utilizzo delle risorse pubbliche.
Particolare attenzione dovrà essere posta in sede di stesura del capitolato sulle forme di valutazione
e di verifica dell’efficacia del servizio, anche attraverso la definizione di puntuali indicatori di
misurazione, forme che, in ogni caso, devono prevedere il coinvolgimento dei destinatari del
servizio e, qualora opportuno, anche quello dei familiari e/o delle associazioni rappresentative
dell’utenza.
Anticipiamo alcune problematiche sorte a seguito dell’emanazione della L. 12 luglio 2011 n.106 di
conversione del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, che ha apportato alcune modifiche al codice dei
contratti che influiscono su alcuni degli aspetti di cui abbiamo testè accennato, norme che trovano
applicazione generalizzata (settori ordinari e speciali, contratti sopra e sotto soglia).

Le principali modifiche riguardano:
1) i requisiti generali per la partecipazione alle gare art. 38
riguardano i soggetti ai quali si applicano de disposizioni concernenti la sussistenza di procedimenti
per l’applicazione dei misure di prevenzione antimafia; non rilevanza, ai fini dell’esclusione delle
gare, dei reati per i quali è intervenuta la riabilitazione, l’estinzione o la depenalizzazione o la
revoca della condanna; riduzione ad un anno del periodo da considerare ai fini della cessazione
delle cariche ( l’esclusione o il divieto di partecipazione per i soggetti/amministratori cessati
nell’anno antecedente alla data di pubblicazione del bando se l’impresa non dimostra l’effettiva
dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata); violazione agli obblighi di pagamento imposte
e tasse per cui l’esclusione opera solo in caso di violazioni gravi definitivamente accertate (grave
superiore a 10.000 euro); violazioni gravi in materia di contributi previdenziali e assistenziali
(mancanza del DURC)

2) Redazione dei documenti di gara:
introdotto comma 4 bis dell’art. 64, secondo cui “ i bandi sono predisposti dalle stazioni
appaltanti sulla base dei modelli (bandi tipo)” approvati dall’Autorità di vigilanza.
Tale norma fa esplicito rinvio alle “cause tassative di esclusione” (nuovo comma 1 bis dell’art.
46), secondo il quale le stazioni appaltanti possono escludere i concorrenti “in caso di mancato
adempimento delle prescrizioni previste dal codice o dal regolamento o da altre disposizioni di
legge vigente, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta,
per difetto di sottoscrizione o di altri elemento essenziali, o in caso di non integrità del plico
contenente l’offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei
plichi tali da far ritenere violato il principio della segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di
invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione, in tal caso sono nulle”.
Le cause di esclusione devono essere tipizzate nei bandi tipo e va motivato l’eventuale deroga agli
stessi. “
Ratio: garantire il rispetto dei principi di massima partecipazione e di concorrenza nella
procedura di gara evitando esclusioni per violazione di prescrizioni meramente formali
(divieto di aggravare il procedimento con oneri non rispondenti ad un reale interesse
dell’Amministrazione).

3) Criteri per la scelta della migliore offerta (art. 81 nuovo comma 3 bis), si prevede che
l’offerta migliore sia “determinata al netto delle spese relative al costo del personale, valutato
sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le
OO.SS. dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro più rappresentative, e delle misure di
adempimento in materia di salute e sicurezza sul lavoro”.

Sulle suddette disposizioni, in particolare, l’Autorità di vigilanza ha aperto una consultazione delle
categorie interessate e delle Amministrazioni (chiusa il 28 settembre) su un documento dalla stessa
predisposto, per dare indicazioni sulle modalità applicative che garantiscano omogeneità dei
comportamenti delle stazioni appaltanti.

Mentre la previsione della tassatività delle cause di esclusione non influisce sul potere
discrezionale della PA nella determinazione dei requisiti di partecipazione alle gare (è evidente che
il difetto dei requisiti di sostanziali di partecipazione - caratteristiche di onorabilità e professionalità
necessarie per contrarre con la PA - si traduce nell’inadempimento delle prescrizioni di legge e
comporta l’esclusione dalla procedura), il nuovo comma 3 bis dell’art. 81 comporta rilevanti
difficoltà operative in particolare nel settore dei servizi dove il fattore umano è prevalente.
Il costo del personale e il costo della sicurezza sembrano essere posti sullo stesso piano e quindi
esclusi dal ribasso in sede di offerta.
Nel documento posto in consultazione dell’Autorità di vigilanza vengono adombrate due
interpretazioni
Prima interpretazione:
indicare nel bando di gara il costo del lavoro: l’importo complessivo posto a base di gara si
dividerebbe in tre parti: costo del lavoro (tempo di esecuzione del lavoro x minimi salariali), costo
della sicurezza (che però è un costo complessivo, quello del lavoro non lo è), costo dei materiali,
attrezzature, spese generali, utile di impresa.

Seconda interpretazione:
la norma impone sempre alle stazioni appaltanti di accertare la congruità delle offerte sulla base
della verifica della compatibilità delle scelte organizzative e produttive effettuate dal concorrente
con la normativa concernente i minimi salariali contrattuali della manodopera. Questa comunque è
la tesi interpretativa scelta dall’AVCP in quanto maggiormente coerente con il sistema e la finalità
della norma (contrasto al lavoro irregolare, rispetto art. 36 cost.).

Verrebbe sancito l’obbligo di effettuare la verifica della congruità del costo del lavoro su due piani:
una prima fase consistente nella verifica della produttività presentata dal concorrente, una seconda
consistente nella verifica del livello e del numero del personale necessario per garantire la
produttività presentata e nella verifica dei corrispondenti minimi salariali previsti nella
giustificazione.

Il costo del lavoro è dato quindi dal costo complessivo della manodopera sulla base della
verifica della congruità dell’offerta ( produttività tempi e organizzazione del personale)
proposta dal concorrente

Il fatto che non sia stato modificato il comma 3 dell’art. 87 del codice (il ribasso non può essere
giustificato sulla base del mancato rispetto dei livelli e dei minimi contrattuali) sarebbe a supporto
di tale lettura della norma, per cui il ribasso offerto può essere giustificato da un’organizzazione
imprenditoriale più efficiente e dall’impiego di strumenti che aumentano la produttività del lavoro
tutelando comunque il costo del personale.

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  • 1. RAPPORTI NELLA “SUSSIDIARIETA’ “ TRA PA E TERZO SETTORE La riforma del Titolo V della Costituzione ha disegnato un nuovo sistema di rapporti tra pubblico e privato dando rilievo di principio costituzionale ad un modello organizzativo che si basa su responsabilità condivise dove pubblico e privato interagiscono per rispondere ai bisogni della collettività perseguendo, anche se su livelli diversi, una pubblica funzione. Il rapporto basato sulla “sussidiarietà” che si può instaurare fra una Pubblica Amministrazione ed un soggetto privato (non profit), così come concepita nel nostro ordinamento sia a livello costituzionale che di legge ordinaria, non riguarda rapporti di tipo commerciale od imprenditoriale ma: - i rapporti fra le Istituzioni e le formazioni sociali che intendano condividere le responsabilità pubbliche relative al “bene comune” e, per ciò stesso, svolgere pubbliche funzioni Le parole chiave contenute nella legge quadro 328/2000 e che meglio esprimono la finalità di creare una «nuova cultura dell’intervento sociale», inteso come promozione del benessere di persone e famiglie e che si devono tenere in debita considerazione sono: partecipazione, coinvolgimento, coprogettazione, cooperazione, condivisione, integrazione, rete dei servizi. Vanno quindi individuati i percorsi e gli strumenti più idonei per valorizzare il ruolo di protagonista del terzo settore nella condivisione delle responsabilità sociali e che consentano a tali soggetti di esprimere al meglio le proprie capacità progettuali e organizzative in un percorso che veda un’effettiva partnership nella programmazione, progettazione e realizzazione degli interventi. E’ importante evidenziare le peculiarità che differenziano le situazioni giuridiche che costituiscono attuazione del principio di sussidiarietà orizzontale rispetto a quelle che sono tipiche degli affidamenti gestionali; ciò, sia sotto il profilo sostanziale della natura del rapporto – natura pubblicistica - sia sotto quello procedurale - modalità attraverso le quali individuare i soggetti con cui intrattenere tali rapporti. Quando si parla di strumenti alternativi all’appalto, si deve evitare di confondere le questioni di sostanza con quelle che attengono alle procedure che la PA deve porre in essere per individuare il soggetto privato con cui instaurare rapporti. Le due questioni non sono alternative ma in connessione l’una con l’altra, la scelta sostanziale deve precedere quella procedurale. E’ la PA che deve decidere, nella sua discrezionalità, che ruolo intende dare al soggetto privato - mero gestore dei servizi o partner a tutti gli effetti - e quale tipologia di rapporti intende porre in essere – di diritto privato o di diritto pubblico – e, solo dopo, individuare gli strumenti giuridici e le procedure conseguenti e coerenti con la scelta effettuata. I rapporti che sono posti in essere nell’ambito della “sussidiarietà” hanno natura pubblicistica in quanto hanno un oggetto pubblicistico e cioè la funzione pubblica che entrambi i soggetti hanno il dovere di esercitare. Va da sé che in questi casi non può essere utilizzato uno strumento contrattuale privatistico, quale l’appalto di servizi, ma che si deve ricorrere agli strumenti alternativi - convenzioni/intese/accordi/patti/protocolli - di cui è cenno nell’atto di indirizzo regionale. L’altro aspetto da considerare è quello relativo alle procedure, cioè al “come” la PA possa legittimamente procedere all’individuazione della formazione sociale con cui allacciare i rapporti di
  • 2. sostegno o di collaborazione. Anche se non ci troviamo di fronte a contratti d’appalto, i principi di trasparenza, par condicio, economicità e legalità dell’azione amministrativa non possono non valere anche in questi procedimenti amministrativi. Per l’individuazione del/i soggetto/i con i quale attivare le diverse forme di partenariato, la PA dovrà garantire adeguata trasparenza, e quindi, l’applicazione del principio dell’evidenza pubblica attraverso le previa informativa a tutti i soggetti non profit, potenzialmente interessati ed idonei, sia della volontà di porre in essere tali rapporti, sia della procedura e dei criteri in base ai quali tali rapporti saranno concretamente instaurati. Proprio in ragione della valenza che assume la scelta sostanziale rispetto a quella procedurale, che ne è una mera conseguenza, gli enti, nell’esercizio della loro potestà normativa, dovranno definire all’interno dei propri regolamenti o nei propri strumenti di programmazione a livello sovra comunale (es. Piani di Zona) le tipologie di rapporti “nella sussidiarietà” che potranno essere instaurati con il terzo settore diversificandoli in ragione: - del livello più o meno complesso dei servizi (concessione) - delle modalità di integrazione organizzativa che si intendono realizzare ( coprogettazione) - del carattere di innovatività e sperimentalità degli interventi - della forma giuridica dei soggetti non profit e della coerenza delle finalità istituzionali dell’ente con l’oggetto della collaborazione (convenzione volontariato) - della loro adeguatezza - in termini di risorse, capacità organizzativa e tecnica, formazione e qualificazione professionale degli operatori – rispetto ai bisogni da soddisfare (accordi per attribuire titolarità di servizi). Nelle more dell’adozione o adeguamento dei provvedimenti normativi, resta ovviamente impregiudicata la possibilità di utilizzare le forme di collaborazione previste dall’atto di indirizzo, che risultano comunque disciplinate dalla normativa vigente. TIPOLOGIE DI RAPPORTI DI COLLABORAZIONE Le forme di collaborazione con i soggetti del terzo settore, nell’ottica della co-responsabilità nella costruzione di un sistema di risposte alle esigenze di servizi e di interventi, espressi dalla comunità nel contesto della programmazione e delle scelte compiute a livello locale, possono svilupparsi nei seguenti modi: - accordi amministrativi - istruttoria pubblica di co-progettazione - programmazione negoziata - protocolli e intese - convenzioni I protocolli e le intese costituiscono forme non strutturate di rapporti: essi, infatti rientrano nella tipologia di rapporti a valenza strategica in quanto sono finalizzati a definire, a livello generale gli ambiti di operatività dei diversi soggetti, istituzionali e non, che intervengono in un determinato contesto, nonché gli impegni che gli stessi si assumono ai fini del coordinamento complessivo degli interventi. Va considerata a parte la concessione di servizi che si pone all’estremo limite della sussidiarietà in quanto rappresenta una forma di affidamento di servizi o interventi ed è prevista dalla normativa vigente quale modalità per la “gestione” dei servizi pubblici locali.
  • 3. LA CONCESSIONE DI SERVIZI La concessione di servizi è definita dall’art. 3 comma 12 del Codice quale “contratto che presenta le stesse caratteristiche di un appalto pubblico di servizi ad eccezione del fatto che il corrispettivo della fornitura di servizi consiste unicamente nel diritto di gestire i servizi o in tale diritto accompagnato da un prezzo” ed è regolamentata dall’art. 30. Diverso è anche il soggetto destinatario del servizio che nella concessione è la collettività e non direttamente l’amministrazione. Il rischio economico della gestione e la correlativa responsabilità sono a carico del concessionario. È questo l’elemento determinante con la conseguenza che la stessa attività può essere conferita in appalto o in concessione a seconda dell’imputazione del rischio della gestione in capo all’uno o all’altro contraente. Come ribadito dal Consiglio di Stato nella recentissima sentenza n. 5068 del 9 settembre, le concessioni, nel diritto comunitario, si distinguono dagli appalti “non per il titolo provvedi mentale dell’attività, né per il fatto che ci si trovi di fronte ad una vicenda di trasferimento di pubblici poteri o di ampliamento della sfera giuridica del privato, né per la loro natura autoritativa o provvedi mentale rispetto alla natura contrattuale dell’appalto, ma per il fenomeno di traslazione dell’alea inerente ad una certa attività in capo al soggetto privato” Il rischio della gestione, però, può essere attenuato attraverso la fissazione di un prezzo in sede di gara qualora: - al concessionario venga imposto di praticare nei confronti degli utenti tariffe o prezzi amministrati, controllati o predeterminati (c.d. prezzi sociali), quindi inferiori a quelli corrispondenti alla somma del costo del servizio e dell’ordinario utile di impresa - in relazione alle caratteristiche e alla qualità del servizio da prestare, sia necessario assicurare al concessionario la possibilità di raggiungere l’equilibrio economico-finanziario degli investimenti e della gestione ma non a garantire tale equilibrio, in quanto il rischio di impresa deve restare in capo al concessionario. A differenza della concessioni lavori (disciplinata dal codice agli artt. 142 e ss), alla concessione di servizi non si applicano le disposizioni del codice salvo quanto previsto dall’art. 30, comma 7, contenzioso e piano economico finanziario che, nell’ipotesi di erogazione di un prezzo da parte della amministrazione concedente, è documento di primaria importanza per l’amministrazione stessa in quanto consente di verificare la congruità del contributo pubblico erogato in relazione alle tariffe praticate. Anche se la concessione di servizi pubblici è sottratta alle disposizioni del codice, l’affidamento deve avvenire non soltanto nel rispetto delle norme e dei principi comunitari relativi ai contratti pubblici - trasparenza, adeguata pubblicità, non discriminazione, parità di trattamento, mutuo riconoscimento, proporzionalità - ma secondo una procedura ad hoc che prevede una gara informale, alla quale sono invitati almeno cinque concorrenti, se sussistano in tale numero soggetti qualificati in relazione all’oggetto della concessione, con predeterminazione dei criteri selettivi. La concessione di servizi costituisce uno strumento di partenariato pubblico-privato (art. 3, comma 15 ter del Codice) particolarmente significativo in quanto consente di stabilire rapporti di lunga durata, di sviluppare quei processi di coprogettazione che meglio valorizzano il ruolo del privato
  • 4. sociale, di adeguare nel tempo l’attività in relazione al mutare del contesto e alla variabilità dei bisogni che attraverso la gestione devono essere soddisfatti. Per le sue caratteristiche, tale rapporto di collaborazione non può applicarsi in via generalizzata a tutte le tipologie dei soggetti del terzo settore, in quanto in genere la gestione riguarda attività di natura complessa che richiedono nel partner requisiti di carattere organizzativo e capacità tecniche che non sempre tutte le organizzazioni possono assicurare. L’obbligo di osservare i principi comunitari dei contratti pubblici (trasparenza, parità di trattamento, non discriminazione) esclude poi la possibilità di porre riserve di partecipazione a determinati soggetti (quali le cooperative sociali) nei bandi di gara. Si richiama al riguardo la deliberazione n. 34 – Adunanza del 9 marzo 2011 dell’AVCP di censura delle normative regionali che pongono riserve a favore della cooperazione sociale. Esempi. concessione per la gestione del servizio di asilo nido, di una struttura protetta.. ACCORDI AMMINISTRATIVI ACCORDI DEFINITI TRA LA PA E I PRIVATI NEL CORSO DI UN PROCEDIMENTO AMMINISTRATIVO AD AVENTI AD OGGETTO L’ESERCIZIO DI UN POTERE AMMINISTRATIVO L’istituto della partecipazione al procedimento amministrativo da parte di privati e l’introduzione del principio di “amministrazione consensuale” costituiscono gli aspetti più significativi della L. 241/90. L’art. 11, stabilendo che “in accoglimento di osservazioni e proposte presentate a norma dell’articolo 10, l’amministrazione procedente può concludere, senza pregiudizio dei diritti dei terzi, e in ogni caso nel perseguimento del pubblico interesse, accordi con gli interessati al fine di determinare il contenuto discrezionale del provvedimento finale ovvero in sostituzione di questo”, disciplina sia gli accordi procedimentali, c.d. integrativi, sia gli accordi sostitutivi del provvedimento conclusivo del procedimento. Mentre il primo tipo di accordi riguarda le intese modificative del contenuto discrezionale del provvedimento, che è concordato con il privato, il secondo riguarda le intese che eliminano la necessità di emanare un provvedimento in quanto quest’ultimo viene integralmente sostituito dall’accordo. Con riferimento al tema dei rapporti tra PA e Terzo settore basati sul principio della sussidiarietà, la partecipazione del privato al procedimento va inquadrata soprattutto in una logica collaborativa, per cui interessi pubblici e privati ricercano ogni possibile sinergia di valorizzazione delle diverse posizioni al fine di perseguire con maggiore efficienza ed efficacia il bene comune. Gli accordi pubblicistici previsti dalla legge n. 241/1990, quindi, sono lo strumento giuridico “naturale” per l’instaurazione di rapporti di collaborazione fra P.A. e privato non profit che intenda condividere le responsabilità che caratterizzano le funzioni pubbliche: essi, infatti, consentono di sperimentare modalità innovative di promozione e sostegno delle autonome iniziative del terzo settore attraverso l’adesione alla proposta e l’avvio di un procedimento amministrativo partecipato rispettoso dell’evidenza pubblica e dei principi di economicità, efficacia, pubblicità e trasparenza che devono uniformare i rapporti medesimi.. Grazie alla dinamicità che li caratterizza, a differenza di quanto avviene nei rapporti privatistici di appalto, per natura rigidi e sostanzialmente immodificabili, i contenuti del rapporto possono
  • 5. evolvere nel corso del tempo in una sorta di “coprogettazione permanente”, che accompagna il rapporto in tutto il suo svolgimento e che permette di adeguarne il contenuto ai risultati delle sperimentazioni e dell’esperienza oltre che al mutare dei bisogni dei destinatari degli interventi.. , Con l’accordo sostitutivo di provvedimento si possono attuare nuove procedure per erogare forme di sostegno al terzo settore, come ad esempio la concessione di benefici economici per la realizzazione di progetti, dove il contributo dell’amministrazione non è il corrispettivo per la prestazione ma è finalizzato a permettere l’equilibrio economico finanziario e a garantire l’adeguatezza e la sostenibilità della risposta ai bisogni sociali che con il progetto si intende soddisfare. Con gli accordi procedimentali si può dare concretezza e sostanza agli impegni e alla collaborazione che le parti sociali assumono all’interno dei piani di zona e degli altri strumenti di programmazione locale. In questo caso i soggetti non profit del territorio disponibili ad impegnarsi, anche con risorse proprie, nella progettazione di massima e nell’attuazione degli obiettivi del piano, possono essere invitati: - a manifestare il proprio interesse a partecipare alla coprogettazione collegiale di massima dei contenuti tematici del piano di zona - a definire congiuntamente regole e principi relativi agli ambiti di operatività, ai requisiti e alle capacità tecniche che devono possedere i soggetti che intendono partecipare alla realizzazione degli interventi previsti nel piano, i criteri preferenziali di selezione dei soggetti e delle connesse proposte progettuali, i parametri di valutazione delle modalità di realizzazione dei servizi ed interventi. Gli accordi devono essere stipulati per iscritto, a pena di nullità, e ad essi si applicano, ove non diversamente previsto, le norme del codice civile in materia di obbligazioni e contratti in quanto compatibili. Essi comunque sono sempre caratterizzati dalla natura pubblicistica del loro oggetto e dalla permanenza della titolarità pubblica della funzione cui si riferiscono; per questo la legge prevede la possibilità di recesso unilaterale dall’accordo da parte della PA “per sopravvenuti motivi di pubblico interesse” La stipulazione degli accordi sostitutivi del provvedimento amministrativo di conferimento della titolarità del servizio deve essere preceduta da una determinazione dell’organo competente per l’adozione del provvedimento finale e quindi del soggetto titolare della funzione pubblica (art. 11, comma 4-bis, L. 241/1990 ). LA COPROGETTAZIONE Attuazione della logica dell’accordo procedimentale è la coprogettazione, dove il soggetto del terzo settore che si trova ad essere coinvolto nell’attuazione dei progetti viene a operare non più in termini di mero erogatore di servizi, ma assume un ruolo attivo mettendo in campo capacità progettuale e risorse proprie. L’istruttoria pubblica di coprogettazione, prevista specificatamente nel D.P.C.M. del 2001, ha per oggetto la definizione progettuale d’iniziative, interventi e attività complesse, sulla base delle priorità strategiche evidenziate e condivise dall’ente pubblico, da realizzare in termini di partenariato tra la PA e i soggetti del terzo settore individuati in conformità a una procedura di selezione pubblica. L’istruttoria pubblica si svolge in due fasi:
  • 6. 1) nella prima vengono selezionati i soggetti con cui sviluppare le attività di coprogettazione e di realizzazione dei servizi, previa definizione, da parte dell’ente, degli ambiti di intervento e dell’invito a presentare le proposte progettuali. Per valutare le caratteristiche dei partecipanti alla gara e la loro affidabilità, oltre che la rispondenza all’interesse pubblico rappresentato dall’Ente, viene richiesto di presentare le proposte progettuali che devono comprendere: - una proposta di assetto organizzativo tra l’ente locale e il/i partner progettuale/i nella gestione dei servizi e degli interventi; - una proposta organizzativa, caratterizzata da elementi di innovatività, di sperimentalità e di miglioramento della qualità, indicante criteri e modalità di realizzazione e le modalità operative – gestionali degli interventi e dei servizi oggetto di co-progettazione; - gli strumenti di governo e di controllo della co-progettazione e della gestione degli interventi e dei servizi. 2) nella seconda si avvia l’attività di vera e propria co-progettazione tra i responsabili tecnici del/dei soggetto/i selezionato/i ed i responsabili comunali. L’istruttoria prende a riferimento il progetto presentato dal soggetto selezionato e procede alla sua discussione critica, alla definizione di variazioni ed integrazioni coerenti con i programmi dell’Amministrazione, alla definizione degli aspetti esecutivi. L’atto finale del procedimento di fatto assume le caratteristiche dell’ Accordo di collaborazione previsto dall’art. 119 del D. Lgs. n. 267/2000 e dall’articolo 43 della legge 27 dicembre 1997 n. 449, in cui il ruolo svolto dalla P.A. non è solo quello di promotore e sostenitore dell’impegno del privato attraverso erogazioni di vario tipo, bensì quello di “collaboratore” in un rapporto di partenariato in cui le risorse pubbliche si integrano con quelle private anche sotto il profilo organizzativo. Gli accordi di collaborazione sono riconducibili agli accordi sostitutivi del provvedimento, in questo caso di concessione di risorse pubbliche che vengono organizzativamente integrate con quelle private. Esempi: servizi in ambito socio-educativo e ricreativo (gestione nidi, centri estivi), interventi di promozione della salute e di prevenzione delle dipendenze, interventi di integrazione sociale e contrasto alla povertà anche con la gestione di centri di accoglienza e di comunità, servizi di assistenza educativa e culturale per disabili. LA PROGRAMMAZIONE NEGOZIATA Nel nostro ordinamento la programmazione negoziata è definita dalla legge 662/1996 art. 2, comma 203, lett a, come “regolamentazione concordata tra soggetti pubblici o tra il soggetto pubblico competente e la parte o le parti pubbliche o private per l’attuazione di interventi diversi riferiti ad un’unica finalità di sviluppo, che richiedono una valutazione complessiva delle attività di competenza nell’ambito delle regioni e degli altri enti locali”. Gli strumenti delle programmazione negoziata sono l’Intesa istituzionale di programma/accordo di programma, i patti territoriali, l’accordo di programma quadro (stato, regione,enti locali) Attraverso la programmazione negoziata enti locali e altri portatori di interesse operati sul territorio perseguono obiettivi di sviluppo il più possibile in maniera coordinata. In tale contesto si inquadra il piano di zona, strumento di pianificazione con cui, partendo dai bisogni e quindi dalla domanda, si definiscono le priorità, si programma una gestione innovativa, flessibile e partecipata di interventi, attraverso un sistema di relazioni
  • 7. caratterizzato dalla sussidiarietà estesa a tutti i portatori d’interesse e alle organizzazioni rappresentative della società civile. La redazione dei piani di zona è il risultato di un lungo e articolato processo di elaborazione e di sintesi dei singoli contributi degli attori pubblici e privati che contribuisce a rafforzare il ruolo della comunità nella definizione degli obiettivi e dei contenuti delle politiche sociali. Tale processo favorisce la “vicinanza” operativa e programmatoria tra Enti, soggetti sociali, Istituzioni, che agiscono in un territorio omogeneo e costituisce il luogo idoneo per l’attuazione di forme di integrazione e collaborazione tra servizi sociali e sanitari. E proprio l’accordo di programma costituisce lo strumento tecnico-giuridico che dà attuazione al Piano di zona, diventando lo strumento regolatore di tutti i rapporti di collaborazione tra le istituzioni e i soggetti privati, in particolare quelli no profit attraverso: - la programmazione e regolamentazione delle diverse forme di collaborazione con i soggetti del Terzo settore disponibili ad assumersi pubbliche responsabilità e a condividere le pubbliche funzioni, con particolare riguardo alla coprogettazione, alla sperimentazione di nuovi servizi nei quali i soggetti no profit investono anche risorse proprie, la sperimentazione di nuove modalità gestionali; - la definizione dei criteri e delle modalità di ammissione dei soggetti alla costruzione e realizzazione del sistema dei servizi ed interventi sociali. - la definizione delle modalità per valorizzare il ruolo della cooperazione sociale e promuovere l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate, quali la determinazione delle percentuali di forniture di beni e servizi da affidare alle cooperative sociali di tipo B, la disponibilità ad inserire nei capitolati le cd. clausole sociali per favorire l’inserimento lavorativo delle persone svantaggiate (previsione, nelle modalità di esecuzione dell’appalto, dell’utilizzo, da parte delle imprese che partecipano alle gare, di una percentuale –almeno il 30% - di persone svantaggiate attraverso accordi con cooperative di tipo b, con conseguente attribuzione di un punteggio al progetto di inserimento sociale in sede di valutazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa). Sempre nell’ambito della programmazione negoziata del piano di zona si può sperimentare: - l’istituzione di elenchi di soggetti privati in possesso dei requisiti di qualificazione determinati congiuntamente, ai quali la PA può rivolgersi selezionandoli al momento dell’affidamento dei servizi, elenco aggiornabile e aperto anche alla partecipazione di altri soggetti che dovessero manifestare al riguardo la loro disponibilità; - la definizione dei criteri di accreditamento di soggetti del terzo settore per l’erogazione dei servizi ed interventi previsti dalla programmazione locale CONVENZIONI DIRETTE Strumento per la formalizzazione dei rapporti di collaborazione tra PA e soggetti no profit. La convenzione regolamenta i reciproci impegni nel rispetto dell’autonomia delle parti ed assume le caratteristiche di un accordo di collaborazione per perseguire finalità solidaristiche, dove le associazioni sono partner dell’ente pubblico e esplicano in pieno le loro capacità progettuali e innovative interpretando e soddisfacendo i bisogni che emergono sul territorio. Non contratto sinallagmatico a prestazioni reciproche ma accordo associativo con cui il soggetto pubblico e il volontariato, nel perseguire le medesime finalità di solidarietà sociale, condividono responsabilità, rischi e risorse.
  • 8. Le convenzioni sono previste dagli artt. 7 della L. 266/91 e 10 della LR 12/95 e 30 della legge 383/2000 per la formalizzazione dei rapporti di collaborazione con le associazioni di volontariato e di promozione sociale. In tali disposizioni sono stati definiti, anche se in maniera non rigida come quella relativa agli appalti pubblici, i parametri in base ai quali effettuare la scelta tra più organizzazioni, per individuare quella maggiormente in grado di soddisfare l’interesse sociale oggetto di convenzionamento, e i contenuti delle stesse. Tramite lo strumento della convenzione vengono assicurati contributi o altre forme di sostegno per le attività che le organizzazioni svolgono sul territorio. Le convenzioni devono riguardare: - servizi a gestione semplice o di affiancamento a servizi di natura complessa gestiti da altri soggetti o direttamente dalla PA. Essendo caratterizzate dalla volontarietà e dalla gratuità delle prestazioni degli aderenti, il coinvolgimento di tali organizzazioni non può riguardare la gestione di servizi di natura complessa, che presuppongono requisiti di carattere tecnico/organizzativo e competenze professionali “strutturate”, inconciliabili con l’attività di volontariato. - servizi relative ad attività prive di rilevanza economica Qualora non vi sia rilevanza economica, nemmeno potenziale, del servizio la PA può utilizzare lo strumento della convenzione che permette la partecipazione alle associazioni di volontariato che possono così operare senza essere in concorrenza con soggetti che hanno finalità di lucro. Vi sarebbe quindi incompatibilità con le disposizioni che prevedono che i proventi delle associazioni di volontariato siano costituiti esclusivamente da rimborsi derivanti da convenzioni o da attività commerciali di carattere marginale ( quelle svolte senza impiego di mezzi organizzati professionalmente per fini di concorrenza sul mercato – DM 25/5/1995) e, quindi, non corrispettivi per le prestazioni svolte. Tali principi restano validi nell’ambito dell’utilizzo dello strumento convenzionale, ritenuto dalla Corte di Giustizia europea non in contrasto con l’ordinamento comunitario in quanto finalizzato alla realizzazione di un sistema socio-assistenziale connotato dalla solidarietà. Cambia invece radicalmente prospettiva il tema della partecipazione delle associazioni di volontariato alle gare di appalto. Sia l’ AVCP che la giurisprudenza si sono pronunciate più volte sul tema della partecipazione delle associazioni di volontariato alle gare di appalto affermandone l’illegittimità in quanto: - una selezione delle offerte basata sulla comparazione delle offerte con criteri concorrenziali di convenienza tecnica ed economica sarebbe inconciliabile con il riconoscimento delle associazioni di usufruire di proventi derivanti solo da rimborsi che prescindono dalle regole della concorrenza - l’attività di volontariato è quella prestata in modo personale, spontaneo e gratuito per finalità solidaristiche per cui al volontario può essere corrisposto solo il rimborso delle spese eventualmente sostenute. L’impossibilità di retribuire la prestazione sarebbe incompatibile con il contratto di appalto che prevede la corresponsione di un prezzo quale corrispettivo della prestazione Tale orientamento, comunque riferito solo alle associazioni di volontariato e non agli altri soggetti no profit quali le associazioni di promozione sociale, le fondazioni ecc. , è stato recentemente superato, in quanto basato sull’errato presupposto che l’attività del volontariato debba essere necessariamente non economica quando invece si richiede soltanto l’assenza di lucro Già con sentenza 29 novembre 2007 la Corte di Giustizia europea affermava che le associazioni di volontariato possono essere considerate imprese ai sensi delle disposizioni del trattato europeo, in quanto l’assenza di fini di lucro e la presenza di finalità di solidarietà sociale non esclude che le
  • 9. stesse possano esercitare un’attività economica e costituiscano imprese, per cui possono esercitare un’attività economica in concorrenza con altri operatori (art. 3 comma 19 codice –definizione di prestatore di servizi … “persona fisica o giuridica o ente senza personalità giuridica che eserciti un’attività economica”, in linea con la nozione allargata di impresa adottata dall’ordinamento comunitario, cioè “qualunque entità che eserciti attività economica consistente nell’offrire beni e servizi su un determinato mercato dietro corrispettivo”). Tale indirizzo veniva ulteriormente confermato con la sentenza 23 dicembre 2009 della stessa Corte, che ha ribadito che anche i soggetti che non perseguono preminente scopo di lucro, non dispongono della struttura organizzativa d’impresa, non assicurano una presenza costante sul mercato, possono partecipare ad un appalto pubblico di servizi. Ciò che rileverebbe, ad avviso della Corte, sarebbe la capacità di fornire concretamente la prestazione richiesta, a prescindere dal dato organizzativo, dallo scopo di lucro e da tutte le connotazioni tipiche dell’impresa commerciale. (sufficiente l’esercizio di un’attività economica e tale è l’offerta di beni e servizi sul mercato). Il Consiglio di Stato, sez. V, con sentenza 26 agosto 2010 n. 5956 ha definitivamente superato il filone giurisprudenziale contrario alle partecipazione delle associazioni di volontariato alle gare pubbliche, sancendo il diritto delle stesse a partecipare alle procedure concorsuali , in difetto di esplicite previsioni del bando, in quanto “l’assenza di fine di lucro non esclude che le associazioni di volontariato possano esercitare un’attività economica” e che “la carenza di iscrizione alla camera di commercio o al registro delle imprese non sono requisiti indefettibili di partecipazione alle gare a meno che le iscrizioni non siano previste dal bando di gara” . , STRUMENTI PER FAVORIRE LA QUALITA’ Criteri di accesso alle procedure di selezione e criteri di valutazione dell’offerta Contenuto degli accordi Determinazione valore degli affidamenti Verifica dei contratti E’ evidente l’importanza che i parametri di qualità assumono nell’ambito dei servizi del sistema integrato, siano essi affidati tramite procedure concorsuali sia tramite altre forme di collaborazione basate sulla sussidiarietà. L’efficienza e l’efficacia degli interventi erogati, l’idoneità e l’adeguatezza dei servizi a soddisfare i bisogni dei cittadini, costituiscono infatti gli indici più rappresentativi della “bontà” delle politiche sociali messe in atto dall’ente locale. Criteri di accesso: La priorità data dalla vigente normativa nazionale e regionale alle procedure ristrette e negoziate per l’affidamento dei servizi del sistema integrato comporta una particolare attenzione nella definizione dei requisiti per l’accesso alle procedure di selezione da parte degli operatori; ciò non tanto per i requisiti di ordine generale, già previsti in modo puntuale dal codice, quanto per quelli di capacità economica e finanziaria e di idoneità e capacità tecnico professionale per cui, all’interno delle indicazioni generali ex artt. 41 e 42 del codice, la PA mantiene un ambito di discrezionalità nella scelta di quelli ritenuti più idonei a garantire l’affidabilità economica, realizzativa e organizzativa dei concorrenti in rapporto alla tipologia del servizio oggetto di gara. Criteri di selezione delle offerte: Per la valutazione delle offerte la PA ha margini di discrezionalità ancora più ampi, anche perché l’offerta deve essere valutata in stretta correlazione con l’oggetto dell’appalto per cui i parametri da prendere in considerazione sono, ovviamente, diversi a seconda delle singole fattispecie (coerenti con il caso concreto e il contesto operativo nel quale il soggetto dovrà svolgere la propria attività). La distinzione tra criteri di accesso e criteri di selezione deve essere rigorosa in quanto gli stessi attengono a due aspetti diversi: la capacità/idoneità del concorrente ad eseguire i servizi oggetto di
  • 10. gara, nel primo caso, le modalità con le quali i concorrenti intendono realizzare i servizi nel secondo caso (misurazione del valore). Sul punto l’orientamento della giurisprudenza e dell’Autorità di vigilanza è consolidato anche se, recentemente alcune sentenze del Consiglio di Stato hanno mitigato la “rigorosità della distinzione” (CdS 9/6/2008, n. 2770; CdS, sez. V, 16/2/2009 n. 837; CdS, Sez. V, 12/6/2009, n. 3716; CdS, Sez. V, 18/9/2009, n. 3716) ammettendosi la possibilità di valutare, per la selezione dell’offerta economicamente più vantaggiosa, anche alcune caratteristiche soggettive del concorrente, quali il curriculum e/o le esperienze pregresse, a condizione che gli elementi presi in considerazione incidano direttamente sulla qualità e affidabilità del servizio oggetto dell’appalto, e che agli stessi non sia attribuito un punteggio “preponderante”. Trattandosi di servizi del sistema integrato, il criterio di selezione dell’offerta è esclusivamente quello dell’offerta economicamente più vantaggiosa. Particolare attenzione va posta quindi alla determinazione dei criteri/parametri di selezione e del loro peso nella valutazione complessiva dell’offerta, elementi che devono essere esplicitati puntualmente nel bando/capitolato di gara e quindi oggetto di adeguata e preventiva pubblicità. (Per approfondimenti si rinvia alle Linee guida per l’applicazione dell’offerta economicamente più vantaggiosa negli appalti di servizi e forniture. Dell’AVCP del maggio 2011) In entrambi i casi il limite alla discrezionalità della PA ( stazione appaltante) nella definizione dei requisiti è dato dal rispetto dei principi di legalità, buon andamento e imparzialità dell’azione amministrativa, per cui i requisiti medesimi non devono essere manifestamente irragionevoli , irrazionali, sproporzionati, illogici nonché lesivi della concorrenza. Contenuto degli accordi: Nell’atto di indirizzo sono elencate le clausole essenziali che devono essere inserite nei bandi e capitolati di gara finalizzate a garantire la qualità della prestazione e la correttezza dei comportamenti delle parti. La durata dei contratti, la revisione periodica dei prezzi, le clausole di salvaguardia sociale del personale, il rispetto degli obblighi di natura contributiva, previdenziale e assicurativa, le disposizioni in materia di salute e sicurezza nei luoghi di lavoro, sono garanzia di qualità degli interventi e di efficiente organizzazione delle risorse umane che, nei servizi alla persona, assicurano la parte prevalente dei servizi. Anche le clausole sul tempestivo pagamento dei corrispettivi da parte della PA nei termini previsti dalla vigente normativa non possono che influire positivamente sulla qualità del servizio in quanto la regolarità dei flussi economici dà certezza e stabilità agli operatori. Determinazione del valore degli affidamenti: La corretta definizione del costo delle prestazioni che dovranno essere rese dall’aggiudicatario è ulteriore garanzia di qualità del servizio, in quanto l’equità del corrispettivo assicura il rispetto dei principi costituzionali in materia di retribuzione (art. 36- adeguatezza e sufficienza) oltre che favorire lo sviluppo dell’imprenditorialità sociale. Verifica dei contratti: La verifica della conformità delle prestazioni rese al progetto tecnico presentato in sede di gara e il controllo sul rispetto delle clausole contrattuali, sia a consuntivo che nel corso della vigenza del contratto, costituiscono non meri adempimenti, ma strumenti necessari di tutela dei destinatari dei servizi e di garanzia di efficace utilizzo delle risorse pubbliche. Particolare attenzione dovrà essere posta in sede di stesura del capitolato sulle forme di valutazione e di verifica dell’efficacia del servizio, anche attraverso la definizione di puntuali indicatori di misurazione, forme che, in ogni caso, devono prevedere il coinvolgimento dei destinatari del servizio e, qualora opportuno, anche quello dei familiari e/o delle associazioni rappresentative dell’utenza.
  • 11. Anticipiamo alcune problematiche sorte a seguito dell’emanazione della L. 12 luglio 2011 n.106 di conversione del D.L. 13 maggio 2011, n. 70, che ha apportato alcune modifiche al codice dei contratti che influiscono su alcuni degli aspetti di cui abbiamo testè accennato, norme che trovano applicazione generalizzata (settori ordinari e speciali, contratti sopra e sotto soglia). Le principali modifiche riguardano: 1) i requisiti generali per la partecipazione alle gare art. 38 riguardano i soggetti ai quali si applicano de disposizioni concernenti la sussistenza di procedimenti per l’applicazione dei misure di prevenzione antimafia; non rilevanza, ai fini dell’esclusione delle gare, dei reati per i quali è intervenuta la riabilitazione, l’estinzione o la depenalizzazione o la revoca della condanna; riduzione ad un anno del periodo da considerare ai fini della cessazione delle cariche ( l’esclusione o il divieto di partecipazione per i soggetti/amministratori cessati nell’anno antecedente alla data di pubblicazione del bando se l’impresa non dimostra l’effettiva dissociazione dalla condotta penalmente sanzionata); violazione agli obblighi di pagamento imposte e tasse per cui l’esclusione opera solo in caso di violazioni gravi definitivamente accertate (grave superiore a 10.000 euro); violazioni gravi in materia di contributi previdenziali e assistenziali (mancanza del DURC) 2) Redazione dei documenti di gara: introdotto comma 4 bis dell’art. 64, secondo cui “ i bandi sono predisposti dalle stazioni appaltanti sulla base dei modelli (bandi tipo)” approvati dall’Autorità di vigilanza. Tale norma fa esplicito rinvio alle “cause tassative di esclusione” (nuovo comma 1 bis dell’art. 46), secondo il quale le stazioni appaltanti possono escludere i concorrenti “in caso di mancato adempimento delle prescrizioni previste dal codice o dal regolamento o da altre disposizioni di legge vigente, nonché nei casi di incertezza assoluta sul contenuto o sulla provenienza dell’offerta, per difetto di sottoscrizione o di altri elemento essenziali, o in caso di non integrità del plico contenente l’offerta o la domanda di partecipazione o altre irregolarità relative alla chiusura dei plichi tali da far ritenere violato il principio della segretezza delle offerte; i bandi e le lettere di invito non possono contenere ulteriori prescrizioni a pena di esclusione, in tal caso sono nulle”. Le cause di esclusione devono essere tipizzate nei bandi tipo e va motivato l’eventuale deroga agli stessi. “ Ratio: garantire il rispetto dei principi di massima partecipazione e di concorrenza nella procedura di gara evitando esclusioni per violazione di prescrizioni meramente formali (divieto di aggravare il procedimento con oneri non rispondenti ad un reale interesse dell’Amministrazione). 3) Criteri per la scelta della migliore offerta (art. 81 nuovo comma 3 bis), si prevede che l’offerta migliore sia “determinata al netto delle spese relative al costo del personale, valutato sulla base dei minimi salariali definiti dalla contrattazione collettiva nazionale di settore tra le OO.SS. dei lavoratori e le organizzazioni dei datori di lavoro più rappresentative, e delle misure di adempimento in materia di salute e sicurezza sul lavoro”. Sulle suddette disposizioni, in particolare, l’Autorità di vigilanza ha aperto una consultazione delle categorie interessate e delle Amministrazioni (chiusa il 28 settembre) su un documento dalla stessa predisposto, per dare indicazioni sulle modalità applicative che garantiscano omogeneità dei comportamenti delle stazioni appaltanti. Mentre la previsione della tassatività delle cause di esclusione non influisce sul potere discrezionale della PA nella determinazione dei requisiti di partecipazione alle gare (è evidente che il difetto dei requisiti di sostanziali di partecipazione - caratteristiche di onorabilità e professionalità necessarie per contrarre con la PA - si traduce nell’inadempimento delle prescrizioni di legge e
  • 12. comporta l’esclusione dalla procedura), il nuovo comma 3 bis dell’art. 81 comporta rilevanti difficoltà operative in particolare nel settore dei servizi dove il fattore umano è prevalente. Il costo del personale e il costo della sicurezza sembrano essere posti sullo stesso piano e quindi esclusi dal ribasso in sede di offerta. Nel documento posto in consultazione dell’Autorità di vigilanza vengono adombrate due interpretazioni Prima interpretazione: indicare nel bando di gara il costo del lavoro: l’importo complessivo posto a base di gara si dividerebbe in tre parti: costo del lavoro (tempo di esecuzione del lavoro x minimi salariali), costo della sicurezza (che però è un costo complessivo, quello del lavoro non lo è), costo dei materiali, attrezzature, spese generali, utile di impresa. Seconda interpretazione: la norma impone sempre alle stazioni appaltanti di accertare la congruità delle offerte sulla base della verifica della compatibilità delle scelte organizzative e produttive effettuate dal concorrente con la normativa concernente i minimi salariali contrattuali della manodopera. Questa comunque è la tesi interpretativa scelta dall’AVCP in quanto maggiormente coerente con il sistema e la finalità della norma (contrasto al lavoro irregolare, rispetto art. 36 cost.). Verrebbe sancito l’obbligo di effettuare la verifica della congruità del costo del lavoro su due piani: una prima fase consistente nella verifica della produttività presentata dal concorrente, una seconda consistente nella verifica del livello e del numero del personale necessario per garantire la produttività presentata e nella verifica dei corrispondenti minimi salariali previsti nella giustificazione. Il costo del lavoro è dato quindi dal costo complessivo della manodopera sulla base della verifica della congruità dell’offerta ( produttività tempi e organizzazione del personale) proposta dal concorrente Il fatto che non sia stato modificato il comma 3 dell’art. 87 del codice (il ribasso non può essere giustificato sulla base del mancato rispetto dei livelli e dei minimi contrattuali) sarebbe a supporto di tale lettura della norma, per cui il ribasso offerto può essere giustificato da un’organizzazione imprenditoriale più efficiente e dall’impiego di strumenti che aumentano la produttività del lavoro tutelando comunque il costo del personale.