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Raimondo Villano
Sovrano Militare Ordine di Malta:
Santi e Beati
2
Prefazione
Estremamente affascinato, da sempre, dal ruolo storico dell’Ordine e, dal momento della mia
ricezione come Donato sette anni fa, dalla sua splendida dimensione ecclesiale e poliedricità
esistenziale, ne ho approfondito le tematiche arricchendole anche con riflessioni, per estrapolazioni e
collazioni compilative personali o di illustri Autori, elaborando un lavoro che, pur senza particolari
pretese, avendo costituito per me un buon momento integrativo iniziatico, ritengo essere di un certo
interesse.
Non escludendo, tuttavia, che l’informazione possa divenire esperienza e che l’esperienza si
trasformi in conoscenza, se l’approccio empirico del lettore non si consuma nella distrazione, come
avvertiva Walter Benjamin, allora questo libro può avere un’ulteriore valenza inserendosi, sia pur
marginalmente, nel solco di quelle Opere la cui vocazione esistenziale, la cui funzione antropologica
è quella di concorrere a trasformare la memoria in esperimento, in costruzione dell’uomo.
Questo libro, infatti, ha una sua utilità sia se ci si avvale del valore attivo delle sue enunciazioni,
sperimentandolo e intendendolo come un momento di prassi o di essa eziologico, sia prendendo
coscienza del proprio tempo e del proprio ruolo, aprendo spazi inusitati di senso tra il possibile e le
sofferte certezze del mondo reale della vita quotidiana.
Del resto, per dirla con Wittgenstein, i problemi della vita restano insolubili finchè si pensa di
coglierli in superficie: essi devono essere percepiti e afferrati nella profondità, immersi nel flusso
dell’esperienza e dell’esistenza.
Una tale esperienza funge, quindi, anche da “acceleratore della coscienza” costituendo
un’assicurazione morale di cui una società può disporre.
D’altro canto, si può giungere alla scoperta del proprio volto non comune, pur nella sostanziale
eguaglianza della coscienza, rintracciando una propria singolarità scrutando nella propria storia.
Ovviamente, istituzionalizzandosi nell’intimo di ciascuno una oggettiva argomentazione critica, non
si può non scoprire l’inquietudine per la riaffermazione della propria finitudine, ma nel contempo si
affievolisce la propria solitudine giacchè immersi nel coacervo solidale della confratellanza
melitense e, soprattutto, grazie ad un più profondo e consapevole percorso di fede, anche attraverso
ognuna delle pagine della storia della salvezza costituite dalle Sacre Scritture, progressivamente si è
condotti verso orizzonti di amore più alti e perfetti spalancando gli occhi su quell’abisso di luce che
è Cristo mentre l’incertezza lascia il posto alla consapevolezza, appunto, che “ solo da Dio viene la
vera rivoluzione, il cambiamento decisivo per il mondo”.
3
Dunque, non solo d’estasi tratta il percorso del Cavaliere, bensì del vero e proprio innesto di un
seme che germinando “apre la sua strada sotto il terreno sordo e opaco dell’esistenza terrena(1)
”:
ciascun passo “è da considerarsi come espressione della paziente educazione di Dio nei confronti
della durezza di cuore o del collo indurito dell’uomo(2)
”.
Mi auguro, pertanto, che il lettore, rintracciando l’impulso nativo di questo lavoro che, direbbe
Fuentes, obbliga a renderci conto della nostra immersione nel tempo tra vita, morte e memoria,
scopra che “il significato del libro non è dietro di noi bensì che il suo volto ci guarda dal futuro(3)
”.
Mi auguro, infine, che questo lavoro possa “contribuire a rafforzare il fervore e la disponibilità dei
Cavalieri e induca quanti aspirano a far parte della milizia giovannita a cogliere la palpitante
attualità dei suoi ideali e a far propria la difesa dei principi cristiani(4)
”.
Cav. di Grazia Magistrale Raimondo Villano
_______________
(1) Gianfranco Ravasi, I Colleghi del Vangelo, Sole 24 Ore, 2007.
(2) Ibid.
(3) Ezio Raimondi, Un’etica del lettore, Voci, Mulino, 2007.
(4) S.A.E. il Principe e Gran Maestro Fra’ Andrew Bertie; (Roma, dal Palazzo Magistrale, il 24 giugno 1995) Presentazione
della pubblicazione “Cavalieri di Malta. Una leggenda verso il futuro”, a cura del Cavaliere di Onore e Devozione Barone
Marcello Maria Marrocco Trischitta, Acismom, 1995.
4
“Non si salva, però, anche se incorporato alla Chiesa,
colui che, non perseverando nella carità,
rimane sì in seno alla Chiesa col corpo,
ma non col cuore”
(L.G., 14)
SANTI E BEATI DELL’ORDINE
L’antichissima storia dell’Ordine di Malta è costellata non solo di personaggi illustri ma anche di
numerosi Santi e Beati tra cui, oltre al fondatore Beato Gerardo, sono annoverabili: Sant’Ugo da
Genova (1168 -1233), San Nicasio Camuto del Burgio (1130/40 -1187), Santa Ubaldesca Taccini
(1136 - 28/05/1206), Santa Toscana Canoculi (1280? -14/07/1343), Santa Flora di Beaulieu (1309 -
1347), Beato Fra’ Raimondo De Puy (? - 1160), Beato Pietro da Imola (1250 - 1320), Beato Gerardo
Mecatti (1174 - 1254), Beato Gerlando (? - 1279), Beato Garcia Martinez (? - 1286), Beato Adriano
Fortescue (8/07/1476 -1539), Beato Davide Gunston (XIV sec. - 12/07/1540), Beato Nuno Alvares
Pereira (24/07/1360 - 1/04/1431), Beato Carlo I d'Asburgo (17/08/1887 - 1/04/1922), Beato Vilmos
Apor (29/02/1892 - 2/04/1945), Beato Giovanni XXIII (25/11/1881 - 3/06/1963).
Di alcuni si riportano di seguito i profili essenziali(1)
Sant’Ugo da Genova, Confessore (1168 -1233)
8 ottobre
Cappellano dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, visse tra il XII e il XIII secolo e resse la
Commenda genovese, proprio davanti al porto. Vi sorge ancora la chiesa
di San Giovanni di Prè (foto), dove Ugo venne sepolto intorno al 1230. La
chiesa inferiore dell’antico e importante edificio sacro è a lui dedicata. Di
spirito umile, Ugo compì diversi miracoli legati all’acqua. Due di essi
simili addirittura a quelli compiuti da Mosè e Gesù: fece scaturire l’acqua
da una roccia (per consentire alle lavandaie di un ospedale di lavare la
biancheria dei malati) e tramutò il liquido in vino. In un’occasione salvò
una nave in pericolo al largo di Genova.
E' presente nel Martirologio Romano. A Genova, sant’Ugo, religioso,
dopo aver prestato a lungo servizio come soldato in Terra Santa, rifulse
per bontà e carità verso gli indigenti come maestro della Commenda
dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme in questa città. Di Sant'Ugo, oggi festeggiato a Genova
si tramanda un miracolo che fa coppia, addirittura, con quello di Mosè, il quale fece scaturire acqua
da una roccia, percotendola con la sua verga, quando Israele si trovava nell'assetato deserto del
Sinai.Mosè aveva fatto scaturire l'acqua miracolosa per dissetare il suo popolo; Sant’Ugo da Genova,
con una sfumatura più affettuosa di carità, aveva sprigionato l'acqua per consentire alle lavandaie di
un ospedale di lavare la biancheria dei malati poveri. Si racconta che una volta le sue preghiere
riuscirono a salvare dal naufragio una nave in pericolo, al largo delle coste genovesi. Un'altra volta un
suo miracolo ebbe di nuovo come protagonista l'acqua, mutata in vino durante un convivio. E se
_______________
(1) Fonte: website Santi e Beati, 2007.
5
quello della fonte prodigiosa Io rendeva simile a Mosè, questo secondo miracolo ricalcava addirittura
quello di Gesù alle nozze di Cana, con la prodigiosa conversione dell'acqua in vino.
Piccolo di statura, magro, con un cilicio sulla carne, Sant'Ugo era noto e caro ai genovesi anche per il
suo spirito di mortificazione e per la sua grande modestia, contrastante con lo spirito di superbia del
secolo. A Genova, a pochi passi dal porto, esiste ancora la chiesa di San Giovanni di Prè, sulla
piazzetta della Commenda, accanto alla loggia dei Commendatori Gerosolimitani, l’antica chiesa
presso la quale visse il cappellano dell'Ordine cavalleresco, e nella quale Sant'Ugo venne sepolto
dopo la sua morte, verso il 1230.
Con lui, vittorioso nella più meritoria delle battaglie, i Cavalieri di Gerusalemme conquistavano per il
loro blasone un titolo di maggior gloria per la fede. La Diocesi di Genova ne celebra il culto il 19
ottobre.
San Nicasio Camuto de Bugio, Martire
1 luglio
San Nicasio nacque tra il 1130 e il 1140 e morì martire nel 1187, di origine siciliana, probabilmente
palermitano, discendente dai saraceni per parte di padre e dai normanni per parte di madre. Nel 1088
si fece cristiano con tutta la famiglia, fu battezzato in Sciacca dal vescovo di Girgenti, Gerlando, ed
ebbe come padrino il Conte Ruggero di cui prese il nome cristiano, divenendo Ruggero Camuto. Il 4
Luglio 1088 il Conte Ruggero gli donò il castello della terra del Burgio nella Valle di Mazara. Da
questa investitura, derivò ai discendenti il cognome della famiglia Burgio. Il figlio di Ruggero
Camuto, Roberto de Burgio, sposò Aldegonda, nobile normanna consanguinea degli Hauteville; da
Roberto e Aldegonda nacquero: Ruggero, investito del castello di Sciacca dalla Contessa Giulia il 14
Ottobre 1144; Guglielmo, che nel 1166 assistette all’incoronazione del Re Guglielmo II nella qualità
di Grande del Regno; Ferrandino e Nicasio che abbracciarono la vita religiosa come membri
dell’Ordine Ospedaliero dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Essi risposero all’appello del
Maestro Ruggero des Moulins che sollecitava presso i prìncipi cristiani l’aiuto per la liberazione della
Terra Santa. Nel 1185, imbarcatisi a Trapani al seguito di Ruggero Des Moulins che ritornava a
Gerusalemme scortato da due galere del Re Guglielmo II, partirono per la Terra Santa, dove, secondo
lo spirito dell’Ordine, prestarono il loro servizio agli ammalati e ai pellegrini nell’Ospedale di San
Giovanni di Gerusalemme. Nel 1187 il Sultano Saladino, il cui regno si estendeva dal deserto libico
alla valle del Tigri circondando su tre fronti i regni crociati, il 30 Giugno invase il regno di
Gerusalemme, i Cristiani, dopo aver difeso il castello di Tiberiade, decimati e allo stremo, si
rifugiarono sopra una collina chiamata Corni di Hattin, dove il 4 Luglio vennero definitivamente
sconfitti, fatti prigionieri e poi consegnati ai carnefici. In questa battaglia, che si concluse con la resa
di Tiberiade e di Tolemaide, rimasero uccisi Ruggero Des Moulins e gran parte degli Ospitalieri.
Anche San Nicasio che era capitano al seguito di Ruggero Des Moulins fu fatto prigioniero durante la
battaglia di Hattin e, poiché si rifiutò di rinnegare Cristo, fu decapitato, in odio alla fede, alla presenza
del Sultano Saladino. Quando l’Arcivescovo di Tiro, Josias, giunto a Palermo nell’estate del 1187,
diede la notizia dell’uccisione dei fratelli Ferrandino e Nicasio al Re Guglielmo II, questi si stracciò i
lussuosi vestiti di seta, indossò un saio e andò in ritiro penitenziale per quattro giorni. Nicasio fu
venerato come Martire sin dai primi anni dopo la sua morte, e ciò prova che morì come cristiano in
difesa di Cristo e della fede. San Nicasio testimoniò la propria fede con il martirio, dando così
l’esempio di come vivere nello spirito delle beatitudini evangeliche, che egli si era impegnato a
realizzare, vestendo l’abito dei Cavalieri Gerosolimitani, in quanto seppe abbandonare gli agi della
6
sua casa per diventare povero nel nome del Signore, accettando le afflizioni di un lungo viaggio in
Terra Santa, per servire Cristo negli ammalati e nei pellegrini con la mitezza di chi, affamato e
assetato della giustizia, desiderava ridare ai cristiani la gioia di poter venerare i luoghi in cui era
vissuto il Salvatore, e ciò come frutto della misericordia verso il prossimo, cioè dell’amore che fu la
sua forza nella persecuzione, affrontata per portare la pace laddove questa veniva negata ai cristiani.
L’Imperatore Federico II il 24 Agosto 1232, nell’investire Guglielmo de Burgio delle terre di
Caltagirone, creandolo Viceré della Valle di Noto, fra le glorie della famiglia Burgio ricorda i due
fratelli Ferrandino e Nicasio ”…in supradicto Hospitale crucesignati…qui in humanae et Divinae
Majestatis servitium sanguinem effunderunt…” .
La venerazione del Martire Nicasio pare abbia avuto inizio a Caccamo, ma un altare a lui dedicato
esisteva già nel 1305 nella Chiesa Arcipretale di San Pietro in Trapani. Scrive il Sacerdote Vincenzo
Venuti nel suo “discorso storico-critico” su San Nicasio Martire edito nel 1762 “…ora dal dominio,
ch’ ebbe vicino di Caccamo la famiglia del Burgio, o dalla divozione, che a San Nicasio professò la
famiglia Cabrera, o per ambi i motivi, io stimo essersi pian piano introdotto in Caccamo un qualche
culto del nostro Santo Gerosolimitano…”. I Burgio non erano Signori di Caccamo ma furono padroni
di un casale nei pressi della Città chiamato Caccamo minore, che estendeva i suoi confini con Termini
Imerese, a quattro miglia da Caccamo. A tal proposito si legge nel testamento di Roberto Lo Burgio
datato 4 Luglio 1230 “…investit ex nunc et pro tempore post ejus mortem Dominum
Rubertellum…Pheudi et Casalis Caccabi minoris, et de omnibus terris a dicto Casale descendentibus
in vallonem usque ad confines Hymeram…”. Inoltre, un discendente della famiglia Burgio, Nicolò Lo
Burgio, sposò Leonora Maria Cabrera un tempo Signora di Caccamo. In Sicilia il culto di San Nicasio
si diffuse da Caccamo, dove, come già detto, era stato introdotto dalla famiglia Cabrera la quale lo
vantava come antenato e che, volendo propagare la gloria del casato, aveva costituito Patrono della
Città quel Martire che era al tempo stesso Protettore della famiglia e, a Caccamo, raggiunse l’apice
tramite l’opera del Beato Giovanni Liccio il quale ne rese più viva la venerazione. Essendosi sparsa la
devozione, diverse immagini del Santo furono dipinte nelle strade e nelle case private di Caccamo,
come attestato da un atto notarile del 1573, e particolarmente nella chiesa a lui dedicata di fronte alla
Città perché da lì potesse proteggere tutto il popolo. Appare così chiaro che San Nicasio fu il più
antico Protettore di Caccamo. Numerosi furono i miracoli che si videro a Caccamo per intercessione
di San Nicasio, tra i quali le liberazioni dalla peste avvenute nel 1575 e nel 1624. San Nicasio veniva,
inoltre, invocato per ottenere la guarigione da una malattia del collo chiamata struma o scrofole e ciò
ne facilitò la diffusione della devozione in tutta la Sicilia. A Caccamo si costituì pure una
Confraternita a lui intitolata, approvata il 5 Agosto 1596 dall’Arcivescovo di Palermo Diego De
Haedo, il quale rafforzò la venerazione che i Caccamesi tributavano a San Nicasio, concedendo ad
essi il 29 Agosto 1604 una reliquia del Santo che egli aveva rinvenuto sotto la pietra dell’altare
maggiore della Cattedrale di Palermo, dove era stata collocata alcuni anni dopo la morte di Guglielmo
Lo Burgio il quale così scrisse nel suo testamento datato 4 Agosto 1347 ”…e cchiui vogghiu chi miu
fighiu Franciscu avissi a fari bona la dunazioni, chi iu fici di la Reliquia di Santu Nicasiu miu parenti
a la Chiesa di Palermu, quali Reliquia fu data a lu quondam Rubertu di lu Burgiu di un militi dittu
Vestul, di cui fu Duci, e Capitanu lu dittu Santu Nicasiu, quannu cummattiu pri la Fidi di Cristu,
comu militi di li Spitali di Gerusalemmi…”. Il 17 Ottobre 1609 il Cardinale Giannettino Doria ordinò
come festa di precetto per la Città di Caccamo la solennità di San Nicasio, “concedendo a tutte quelle
persone che visiteranno la Chiesa di Santo Nicasio nella vigilia et festa di detto Santo per insino al
tramontar del sole di detta festività giorni cento d’indulgenza oltre l’indulgenza plenaria che per Sua
Santità è concessa a detta chiesa”. Il 31 Maggio 1625, con atto ufficiale presso il notaio Pietro
Ciuffo, il Clero, il Sindaco ed i Giurati di Caccamo elessero San Nicasio Martire Patrono e Protettore
7
della Città, con voto perpetuo di celebrarne ogni anno la festa, a spese comunali, nell’ultima
Domenica d’Agosto e Lunedì successivo (giorno anniversario della traslazione della reliquia). Il 4
Ottobre 1996 l’Arcivescovo di Palermo il Card. Salvatore De Giorgi con Decreto Arcivescovile ha
riattivato l’antichissima Confraternita di San Nicasio. Il Martyrologium Romanum promulgato nel
2001 da Sua Santità Giovanni Paolo II pone la festa liturgica di San Nicasio Martire al 1° Luglio “Die
1 iulii - Ptolemaide in Palaestina, sancti Nicasii, equitis Ordinis Sancti Ioannis Hierosolymitani et
martyris, qui in Terrae Sanctae defensione a Saracenis captus et decollatus est”. A Caccamo, oltre la
festa liturgica del 1° Luglio, ogni anno viene solennizzata la festa della traslazione della Reliquia di
San Nicasio Martire nell’ultima Domenica d’Agosto e Lunedì successivo(2)
.
Santa Ubaldesca Taccini
28 maggio
Nata a Calcinaia nel 1136 da genitori di umile condizione, Ubaldesca, figlia unica, fin da giovane
seppe mostrarsi umile e devota nei confronti della famiglia e di Gesù. Solerte nella pratica della
preghiera, accompagnata spesso dal digiuno, la santa pisana si distinse soprattutto per la carità
esercitata verso i poveri. È presente nel Martirologio Romano. A Pisa, santa Ubaldesca, vergine, che
dall’età di sedici anni fino alla morte, per cinquantacinque anni, svolse con perseveranza in un ospizio
opere di misericordia. Santa Ubaldesca Taccini è una santa che segnò profondamente la vita spirituale
di Pisa nei secoli XII-XIII, insieme con santa Bona, san Guido della Gherardesca e san Ranieri. In un
periodo storico che vide la Repubblica Marinara di Pisa dominare il Mediterraneo e i suoi cittadini
godere di un tenore di vita particolare, la santa propose un modello di vita sganciato dalla vita sociale
pisana e strettamente fedele al messaggio di povertà e rinuncia predicato da Gesù.
Nata da genitori di umile condizione, Ubaldesca, figlia unica, fin da giovane seppe mostrarsi umile e
devota nei confronti dei genitori e di Gesù. Solerte nella pratica della preghiera, accompagnata
spesso dal digiuno, la santa pisana si distinse soprattutto per la carità esercitata verso i poveri.
Chiamata dal Signore ad entrare nell'ordine gerosolomitano di san Giovanni all'età di 15 anni lasciò
Calcinaia per la città di Pisa, fermandosi nella Chiesa di san Sepolcro.
Per tutti i 55 anni di vita religiosa, Ubaldesca praticò nel monastero e nello "Spedale" della città
l'umiltà e la carità, mortificando di continuo il suo corpo con digiuni intensi e prolungati. La santa
pisana operò miracoli già in vita e, dopo la morte avvenuta il 28 maggio 1206 festa della Santissima
Trinità, si moltiplicarono le guarigioni straordinarie legate al suo nome.
Attualmente alcune reliquie di Ubaldesca Taccini si trovano anche a Malta, consegnate in data 31
giugno 1587. Sisto V (1585-1590) concesse l'indulgenza plenaria per quanti visitavano la Chiesa
maltese il giorno 28 maggio(3)
.
Santa Flora di Beaulieu
5 ottobre
È presente nel Martirologio Romano. A Beaulieu nel territorio di Cahors in Francia,
commemorazione di santa Flora, vergine dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, che curò
_______________
(2) Autore: Don Francesco Cassata.
(3) Autore: Massimo Salani.
8
nell’ospedale gli ammalati poveri e condivise nel corpo e nell’anima la passione di Cristo.
Nacque a Maurs (Cantal) verso il 1300; i suoi genitori, Pons e Melhor, ebbero
tre figli e sette figlie, di cui quattro si dovevano fare religiose a Beaulieu.
Flora non contava che quattordici anni quando entrò presso le religiose
dell’ospedale di Beaulieu, fondato per i pellegrini verso il 1240 da Guiberto
de Thémines e da sua moglie Aigline sulla strada da Figeac a Rocamadour,
presso St-Julien d’Issendolus (Lot), dove dal 1298 si seguiva la regola degli
Ospitalieri di s. Giovanni di Gerusalemme.
Nel suo convento Flora fu sottoposta a grandi prove interiori. Ella, che aveva
lasciato il mondo per fare penitenza, temeva di dannarsi restando in questa
casa dove non le mancava niente. Ma un religioso la rassicurò dicendole che
questa abbondanza sarebbe stata per lei un’occasione di grandi meriti se per amor di Dio si fosse
astenuta dal superfluo. Subì anche molte tentazioni contro la castità - il demonio le ricordava le parole
di Dio: “Crescete e moltiplicatevi” - e ne fu così turbata da essere considerata folle dalle sue
consorelle.
Tante difficoltà furono ricompensate da favori mistici; per tre mesi il Signore le apparve sotto la
fugura di un angelo che era dipinto sotto il chiostro del convento e le fece comprendere che le
sofferenze che sopportava l’associavano alla sua passione. In una festa d’Ognissanti, mentre si
cantava “Vidi turbam magnam” ebbe la visione dei santi in Paradiso.
Si confessava e assisteva alla Messa ogni giorno, ma, secondo l’uso del tempo, non si comunicava
che la domenica e nei giorni di festa. Meditava diligentemente la pasione di Cristo, aiutandosi con
l’Ordine della Croce di s. Bonaventura, cioè, probabilmente, l’Officium de Passione Domini
composto da questo santo. Mostrava una devozione particolare per la Vergine Maria nel mistero
dell’Annunciazione, per s. Giovanni Battista patrono del suo Ordine, per s. Pietro e s. Francesco.
Flora morì nel 1347. Numerosi miracoli ebbero luogo sulla tomba, ciò che indusse l’abate di Figeac a
procedere all’elevazione del corpo l’11 giugno 1360. Un secolo più tardi un autore anonimo compose
una raccolta di centonove racconti di prodigi o miracoli attribuiti alla sua intercessione; questi
miracoli, che avvennero nell’Alvernia, nel Limosino, nel Rouergue, nel Périgord, nella Guascogna e a
Montpellier, attestano l’estensione del suo culto. Tuttavia solo nel sec. XVIII la festa di Flora, fissata
al 5 ottobre, entrò nel Proprio della diocesi di Cahors. Nell’Ovest della Francia è invocata durante i
temporali insieme con s. Barbara e s. Chiara.
La Vita di s. Flora fu scritta il latino dal suo confessore; il testo si è perduto, ma se ne è conservata
una traduzione nel dialetto di Quercy fatta alla fine del sec. XV dall’autore anonimo che redasse la
raccolta dei suoi miracoli(4).
Santa Toscana Vedova
14 luglio
La santa vedova Toscana a dispetto del nome era in realtà veneta, nativa di Zevio, nei pressi di
Verona, ove vide la luce verso la fine del XIII secolo. Nel 1310 convolò a nozze con il veronese
Alberto Canoculi (cioè “Dagli Occhi di Cane”), con il quale visse castamente il rapporto coniugale.
Quattro anni dopo Tostana si trasferì a Verona, ove prese dimora presso una casupola sul colle di San
_______________
(4) Autore: Philippe Rouillard
9
Zeno in Monte. Poté così dedicarsi interamente all’assistenza dei poveri e degli abbandonati, che era
solita visitare e soccorrere nelle loro umili dimore.
Rimasta vedova nel 1318, distribuì ai bisognosi tutti i suoi beni ed entrò a
far parte dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme alla cura degli
infermi. Prese servizio nell’ospedale dell’ordine in Verona, attiguo alla
chiesa del Santo Sepolcro, ove con amorevolezza e carità cristiana si diede
tutta al servizio degli ammalati. Stremata dalle fatiche, ma felice del bene
compiuto, si spense infine a Verona il 14 luglio 1343.
Santa Toscana è ancora oggi sepolta nella chiesa del Santo Sepolcro presso
Porta Vescovo in Verona, chiesa detta appunto anche di Santa Toscana, e
parecchi devoti sulla sua tomba invocano il suo celeste aiuto. Qui ha sede
inoltre la delegazione del Sovrano Ordine di Malta(5)
.
Beato Gerlando d’Alemagna
19 giugno
Le fonti più antiche affermano che il Beato Gerlando di Alemagna, presumibilmente di origini
polacche, fosse un cavaliere dell’Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni di
Gerusalemme, più tardi detti poi Cavalieri di Malta. Giunto in Sicilia al tempo
dell’imperatore Federico II Barbarossa, prese dimora presso la chiesetta della
Madonna del Tempio a pochi chilometri da Caltagirone, della quale divenne
custode, attività consona al suo Ordine di appartenenza. Con amore si fece
protettore delle vedove e dei bambini orfani, ed allo stesso tempo si cimentava
in aspre pratiche di penitenza. Morì verso l’anno
1279 e ricevette sepoltura nella sua chiesetta.
Immediatamente nacque un culto popolare nei
confronti del santo cavaliere, per cui una
cinquantina di anni dopo, il 19 giugno 1327, i suoi resti furono trasferiti
nella basilica di San Giacomo Maggiore in Caltagirone. Qui ancora oggi è
conservato il suo teschio in una teca d’argento, che si espone alla pubblica
venerazione in svariate occasioni, mentre il resto del corpo si trova nel
reliquiario della basilica. La festa del Beato Gerlando ricorre
nell’anniversario della traslazione, essendo ignota la data della morte(6)
.
Beato Adriano Fortescue Martire, domenicano
9 luglio
Nato nel 1476 da nobile famiglia nella contea di Devon, cugino di Anna Bolena, si sposò con Anna
Stonor da cui ebbe due figlie, poi rimasto vedovo sposò Anna Rede di Boarstall che gli diede tre figli.
Il Martirologio Romano al 9 luglio, riporta la celebrazione del beato Adriano Fortescue, padre di
_______________
(5) Autore: Fabio Arduino
(6) Autore: Fabio Arduino
10
famiglia, martire in Inghilterra; egli è il secondo beato che subì il martirio in ordine di tempo, dopo il
primo glorioso gruppo di 19 beati Certosini di Londra, impiccati nel tristemente famoso Tyburn di
Londra, il 4 maggio e il 15 giugno 1535, nella sanguinosa e lunga persecuzione contro i cattolici in
Gran Bretagna.
Adriano Fortescue fu giudice di pace per la contea di Oxford, cavaliere dell’Ordine del Bagno,
membro del Sovrano Ordine di Malta e Terziario Domenicano nella Fraternità di Oxford.
Uomo di grande spiritualità e vita ascetica, scrisse e firmò una serie di massime nel suo Libro delle
Ore, ancora conservato: “Prega continuamente Dio di poter compiere quello che è il suo beneplacito”;
“Segui diligentemente le ispirazioni dello Spirito Santo in tutto quello che stai per fare”; “prega per la
perseveranza”; “Rinnova ogni giorno i tuoi buoni propositi”; “Qualunque cosa debba fare, falla
diligentemente”.
Verso la politica e la deplorevole condotta di Enrico VIII, si mostrò sempre
prudente e distaccato; ciò nonostante, ma si ignora la causa, fu arrestato il 29
agosto 1334 e rinchiuso nel carcere di Marshalsea, da cui fu liberato nella
primavera del 1535; intanto il re con il suo “Atto di supremazia” del 3
novembre 1534, aveva dato inizio allo Scisma Anglicano, appoggiato dalla
malvagità di uomini come Tommaso Cromwell, del cardinale Thomas Wolsey
e dell’arcivescovo Thomas Cranmur.
Adriano venne arrestato una seconda volta nel febbraio 1539 e rinchiuso nella
Torre di Londra, dove fu decapitato insieme ad altri, l’8 o il 9 luglio 1539;
l’atto di accusa diceva: “Per avere proditoriamente rifiutato il giuramento di fedeltà al re in materia
religiosa e commesso altri vari e diversi detestabili tradimenti e suscitata ribellione nel regno”.
Il martire, primo fra i laici cattolici a morire per la sua fede in quel periodo, fu beatificato il 13
maggio 1895 da papa Leone XIII(7)
.
Beato Nuno Alvares Pereira, Fondatore della Casa di Braganza, carmelitano
1 novembre
Nacque a Cernache do Bonjardim, nei pressi di Lisbona, il 24 giugno 1360 da don Alvaro Goncalves
de Pereira, il quale ricopriva il ruolo di grande maestro di uno dei rami dell'Ordine dei Cavalieri di
San Giovanni in Gerusalemme. All'età di tredici anni si trasferì alla corte del re Ferdinando del
Portogallo per avviarsi alla carriera militare. Sin da piccolo aveva apprezzato le leggende di re Artù e
come Galahad desiderava restare celibe e porsi al servizio del proprio sovrano. Sposò poi invece, a
diciassette anni, Leonora de Alvim, da cui ebbe tre figli. Ne rimase vedovo nel 1387.
Appena ventitreenne fu designato quale generale al comando delle forze armate portoghesi e
l'investitura avvenne per mano del grande maestro dei Cavalieri di Aviz, che dopo due anni acese al
trono con il nome di Giovanni I. Godendo di universale rispetto, accompagnò alla vittoria i suoi
uomini nella battaglia di Atoleiros combattuta contro l'esercito della Pastiglia. In tal modo il
Portogallo ottenne definitivamente l'indipendenza dagli altri regni della penisola iberica.
Nel 1422 avvenne quel grande colpo di scena che lasciò stupita l'intera corte: Nuno fondò un nuovo
convento carmelitano a Lisbona e vi si ritirò per il resto dei suoi giorni come fratello laico,
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(7) Autore: Antonio Borrelli.
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convento carmelitano a Lisbona e vi si ritirò per il resto dei suoi giorni come fratello laico,
assumendo il nome di Nuno de Santa Maria. Il 1° aprile 1431, domenica di Pasqua, mentre era intento
a leggere la Passione secondo Giovanni ed aveva appena letto il passo “Ecco tua
madre!”, spirò. Tutta la corte intervenne alle solenni esequie ed alla sepoltura nel
convento carmelitano di Lisbona di colui che già era acclamato dal popolo santo
ed eroe nazionale. Inoltre, poiché sua figlia Beatrice era andata in sposa al duca
di Braganca Alfonso, figlio primogenito del re Joao I, Nuno è a tutti gli effetti
considerato il fondatore di questo casato che regnò sul Portogallo sino al 1910
con Emanuele II. Il papa Benedetto XV decise di confermare ufficialmente il
culto tributato a Nuno Alvares Pereira, riconoscendogli il titolo di “beato” in data
23 gennaio 1918. Il sommo pontefice Pio XII pensò poi di riavviare la causa di
canonizzazione il 28 Maggio 1941 e, in seguito ad un avvenuto miracolo utile a
tal scopo, il 13 luglio 2003 è stato aperto il processo diocesano per esaminare la condotta di santità
del Beato Nuno e dimostrarne le virtù eroiche, attraverso dichiarazioni di santità e raccolta di tutti i
documenti che abbiano qualche relazione con la causa. Solo al termine di tale lungo processo Nuno
Alvares Pereira potrà eventualmente con la canonizzazione essere proposto quale modello alla Chiesa
universale(8)
.
Beato Carlo I d’Asburgo, Imperatore e Re
21 ottobre
Carlo Francesco Giuseppe di Asburgo Lorena, nacque nel castello di Persenburg (Austria) il 17
agosto 1887, dall’arciduca Ottone d’Austria e dall’arciduchessa Maria Giuseppina di Sassonia; ed era
pronipote dell’imperatore Francesco Giuseppe I (1830-1916).
La buona e devota madre, influenzò fortemente l’animo del giovane principe; ebbe una formazione
umanistica sotto la guida di eccellenti precettori; poi proseguì i suoi studi presso il famoso
“Schottengymnasium” dei Benedettini di Vienna, dove dai compagni veniva chiamato ‘arcicarlo’.
Seguendo le tradizioni della dinastia, finiti gli studi liceali, Carlo divenne ufficiale di cavalleria; uomo
di viva intelligenza e dotato di un’enorme memoria, ricevette una formazione universitaria e
l’istruzione di Stato Maggiore; fu dislocato in piccole guarnigioni della Baviera e della Galizia e poi a
Vienna.
Sposò nel 1911 la principessa Zita di Borbone - Parma, dalla loro unione nacquero cinque figli
maschi e tre figlie. Per la serie di disgrazie familiari che colpì la dinastia di Francesco Giuseppe, il
pronipote Carlo venne a trovarsi in linea di successione, ad essere inaspettatamente erede al trono
imperiale.
Nel 1915 l’anziano imperatore cercò di introdurre Carlo negli affari di governo; senza coinvolgerlo
però in settori essenziali e vitali. Partecipò alla Prima Guerra Mondiale, comandando il XX Corpo dei
Cacciatori imperiali “Edelweiss”, dimostrando le sue capacità militari e di coraggio fisico-morale; poi
gli fu dato il comando della XII Armata in Galizia, poi ancora quello delle Armate contro i russi
diretti da Brusilov, la cui offensiva venne fermata.
Dopo l’entrata in guerra della Romania, Carlo vinse la battaglia di Hermannstadt e si accingeva a
conquistare anche Bucarest; le sue qualità militari gli vennero riconosciute dal suo Capo di Stato
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(8): Autore: Fabio Arduino.
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Maggiore, il prussiano Hans von Seeckt, che lo considerava un bigotto.
Il 21 novembre 1916 morì l’imperatore Francesco Giuseppe I e Carlo in piena Guerra Mondiale,
divenne imperatore d’Austria (Carlo I) e re d’Ungheria (Carlo IV).
Sin da fanciullo aveva dimostrato una particolare inclinazione verso la religione e la preghiera, si
sentiva chiamato alla carità per il prossimo e fin da ragazzo raccoglieva soldi per i poveri. Da giovane
ufficiale in Galizia, cercò sempre con successo di elevare la vita morale dei suoi soldati, i quali
vedevano in lui il modello dell’uomo cattolico.
I suoi principi religiosi lo portarono, da imperatore, a sostituire il feldmaresciallo Conrad, perché
agnostico e che all’età di 64 anni aveva sposato una donna divorziata, inoltre aveva usato
indiscriminatamente le corti marziali, alienando i cechi dalla Casa d’Austria.
Benché fornito di ottima preparazione militare, fu l’unico fra i belligeranti ad accogliere le iniziative
di pace di papa Benedetto XV; del resto sin dall’inizio del suo governo era deciso a riportare la pace
ai suoi popoli.
Intraprese varie iniziative di pacificazione con le altre potenze, senza riuscire a prevalere però nella
cerchia dei generali e statisti tedeschi; non andarono in porto nemmeno due tentativi di pace separata,
a causa della fiera resistenza del governo italiano e che si seppero poi in giro.
Così da parte degli alleati, da parte tedesca e da parte di austriaci pangermanici, fu imbastita una
enorme propaganda contro il giovane sovrano, il quale con calunnie venne accusato di essere un
debole, un donnaiolo, incompetente, ubriacone e molto dipendente dalla volontà della moglie
‘italiana’.
Non riuscì a realizzare una riforma costituzionale dello Stato in forma confederale, per l’opposizione
dei nazionalisti austro-pangermanisti e dei circoli governanti ungheresi, capeggiati dal conte Tisza, i
quali si rifiutarono in modo assoluto, di dare delle concessioni agli oltre otto milioni di non magiari,
presenti in Ungheria.
Attorno a sé non trovò nessun uomo politico, disposto ad appoggiare i suoi piani di riforma, anzi il
ministro degli esteri conte Czernin, ligio alla prepotenza germanica, entrò ben presto in piena
divergenza con il suo sovrano. L’unico consigliere politico di cui dispose, il conte Polzer-Hoditz,
divenne bersaglio e vittima di una ben orchestrata campagna denigratoria.
Il 4 novembre 1918, a seguito del crollo militare sul fronte italiano, si firmò l’armistizio con l’Italia e
come conseguenza la monarchia danubiana decadde e in Austria, il 12 novembre, venne proclamata la
Repubblica Austriaca. Carlo si ritirò dapprima in Ungheria, rinunciando ad ogni partecipazione agli
affari di Stato, ma senza abdicare come sovrano; poi fino al 24 marzo 1919 visse con la famiglia nel
castello di Eckartsan presso Vienna, da dove dovette trasferirsi, sotto protezione britannica in
Svizzera; ritenendosi fedele al giuramento fatto all’incoronazione di re dell’Ungheria, fece due
tentativi di riprendere il potere in questo Stato, ambedue nel 1921.
Ma essi fallirono per l’ostilità di alcune potenze della Piccola Intesa, contrarie ad una restaurazione,
nonostante le simpatie verso la sua persona, mostrate dalla Francia e dalla Romania; inoltre il
reggente d’Ungheria Nicola von Horthy, si mise contro il re legittimo, nonostante il giuramento che lo
legava al sovrano esiliato.
I tentativi di riprendere il trono, furono espletati per sua volontà, senza usare la forza militare,
risparmiando così un alto costo di vite umane; tale atteggiamento gli costò la corona.
Fu fatto prigioniero dal governo del reggente Horthy e consegnato agli inglesi, i quali lo condussero
insieme alla moglie Zita ed ai figli a Funchal nell’isola portoghese di Madeira. Senza risorse
economiche, la famiglia dovette vivere in uno stato precario, lasciato presto l’albergo che li ospitava,
si sistemarono in una villa isolata denominata ‘Villa Quinta do Monte’, che non poteva essere
riscaldata.
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A causa del clima umido e freddo del monte, Carlo si ammalò di una complicata polmonite; il suo
cuore già debole non superò la malattia e quindi morì il 1° aprile 1922; venne sepolto nel santuario di
‘Nossa Senhora do Monte’.
Sia nella vita privata che in quella pubblica, Carlo aveva cercato in modo sempre più perfetto di
ubbidire alle leggi di Dio e della Chiesa, vivendo in modo straordinario le virtù cristiane. Con
coraggio straordinario soppresse il duello, disposizione che lo rese fortemente impopolare negli
ambienti militari; unito da devozione filiale alla persona del Sommo Pontefice, dimostrava una
ubbidienza spirituale al suo magistero.
Dotato di una fortissima coscienza di responsabilità sociale, conduceva anche una vita ricca di
preghiera che ne tratteggiava l’ascetica. Divenuto sovrano, soppresse le manifestazioni sfarzose della
vita di corte, abolì i supplementi per le cariche supreme della corte imperiale-reale, introducendo uno
stile di vita decisamente sobrio.
Tutta una serie di iniziative sociali a favore dei suoi sudditi, specie i più poveri, furono interrotte per
la caduta della monarchia, ma anche nella condizione di esiliato, divenne popolare per il suo senso
della giustizia e per la cordialità con i dipendenti, certamente non usuale nella severa corte asburgica.
Ultimo sovrano della duplice monarchia austro-ungarica, ne dovette subire il crollo, pur essendo tanto
diverso dai suoi predecessori, per la sua religiosità, dirittura morale, visione sociale e riforma di uno
Stato assolutista in uno confederale.
La Radio Vaticana, il 3 novembre 1949 annunziava l’apertura del processo di beatificazione, gli atti
furono consegnati alla Congregazione dei Riti il 22 maggio 1954; a maggio 2003 sono state
riconosciute le ‘virtù eroiche’ e quindi il titolo di venerabile.
È stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 3 ottobre 2004(9)
.
Beato Guglielmo (Vilmos) Apor, Vescovo ungherese, martire
2 aprile
Figlio di nobili ungheresi, nacque a Segesvár, diocesi di Alba Julia (odierna Romania), il 29 febbraio
1892, penultimo di nove figli, dei quali quattro morirono in tenera età.
La famiglia si era appena trasferita a Vienna, quando anche il padre barone Gábor, morì a soli 47
anni, nel 1898. La madre contessa Fidelia, si interessò da sola dell’educazione dei figli e secondo le
consuetudini familiari, terminate le scuole elementari, Vilmos (Guglielmo) fu affidato ai Gesuiti nel
collegio di Kalksburg in Austria; dal 1900 frequentò il ginnasio, mentre dal 1906 fu alunno del liceo
nel collegio di Kalcsa in Ungheria. In quegli anni maturò in lui la vocazione sacerdotale; ottenuta la
maturità, nel 1909 entrò nel seminario di Györ, il cui rettore era un suo parente.
Il vescovo Széchényi lo inviò all’Università dei Gesuiti di Innsbruck, dove conseguì la laurea in
teologia. A Nagyvárad dove il suo vescovo l’aveva condotto con sé da Györ, venne ordinato
sacerdote il 24 agosto 1915; diventò viceparroco a Gyula e in seguito, durante la guerra, fu cappellano
militare su un treno ospedale della Croce Rossa. Per un anno, dal 1917 al 1918 fu nominato dal
vescovo, docente di teologia dogmatica e prefetto degli studi nel seminario di Nagyvárad. A 26 anni
divenne il più giovane parroco d’Ungheria, a Gyula, dove espletò il suo mandato con zelo e
comprensione per tutti; il periodo non era dei più felici per l’Ungheria, con il trattato di Trianon, lo
Stato era stato smembrato comportando disorientamento, povertà e caos morale.
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(9) Autore: Antonio Borrelli.
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La rivoluzione comunista e l’invasione militare rumena, avevano sconvolto la tranquillità anche della
città di Gyula; il giovane parroco diventò punto di riferimento, dimostrando forza d’animo e
decisione; fece ripristinare l’insegnamento della religione nelle scuole; si recò alla corte di Bucarest
per ottenere la liberazione di alcuni concittadini ostaggio dei soldati rumeni. Nel 1938 l’Ungheria
venne a trovarsi confinante col Terzo Reich, dopo l’annessione dell’Austria alla Germania, con
conseguente influsso del nazionalsocialismo. Il parroco Vilmos Apor insieme ad altri confratelli si
distinse nel segnalare questo pericolo per la nazione ungherese e per la cristianità. Il 21 gennaio 1941
Papa Pio XII lo nominò vescovo di Györ, diocesi fondata da s. Stefano. Nello stesso anno anche
l’Ungheria entrò in guerra con la Germania e il nuovo vescovo dovette conformare il clero alla nuova
dolorosa situazione; nel 1944 la Germania occupò l’Ungheria e furono emanate le leggi razziali.
Il vescovo prese posizione in difesa delle vittime dell’ingiustizia, difese gli ebrei alzando la voce
anche contro gli stessi politici al potere, emanò scritti e diverse prediche, condannando le azioni
disumane, mettendo a rischio anche la propria sicurezza.
Si oppose alla costruzione di un ghetto a Györ e quando iniziarono le deportazioni di massa, creò
gruppi di soccorso, lungo il percorso dei convogli che attraversavano la sua diocesi. La città di Györ,
posta in posizione strategica, importante nodo ferroviario e centro di produzione bellica, era sempre
più spesso bombardata dall’Armata Rossa; il fronte si avvicinò sempre più alla città e il vescovo pur
turbato, non volle abbandonare il vescovado; ricevé le notizie che i soldati russi “liberatori”
stupravano le donne e uccidevano chi si opponeva a loro e il 29 novembre 1944 esortò quanti erano
intenzionati a suicidarsi a conservare la loro vita e affrontare la prova con coraggio.
Ci fu a più riprese la conquista della città da parte dei russi, poi ripresa dai tedeschi e, dopo una vasta
offensiva, dai russi che iniziarono i combattimenti nella Settimana Santa; la sera del 28 marzo 1945, i
primi soldati comparvero nel palazzo vescovile, dove erano rifugiate molte ragazze impaurite.
Il vescovo si pose sulla porta delle cantine a sbarrare il passo ai soldati, dicendo che erano sotto la sua
protezione; lì restò notte e giorno, il giovedì santo celebrò la sua ultima Messa in cantina. Il venerdì
santo poté leggere solo la “Passione di Cristo”, verso le 18,30 si presentarono dei soldati con un
maggiore, che a voce alta intimò alle ragazze di uscire per ‘pelare le patate’, il vescovo si oppose,
dicendo di prendere gli uomini e le donne anziane volontarie, per quello scopo; intanto i soldati
trovate le ragazze, presero a trascinarle fuori, fra le alte grida delle stesse, il vescovo corse gridando ai
soldati di uscire, ma questi aprirono il fuoco contro di lui, colpendolo con tre proiettili.
In seguito a ciò i soldati si allontanarono dal palazzo e le ragazze furono salve; adagiato su una
barella fu trasportato per strade oscure e dissestate al lontano ospedale, dove alla luce di lampade ad
olio, in una vasta cantina, fu operato all’addome senza anestetico. Dalle sue labbra uscì solo un
sussurro: “Ringrazio Dio che mi ha preparato un Venerdì santo così bello”. Il sabato fu un giorno di
sofferenza e preghiera, il mattino della Domenica di Pasqua ricevé la Santa Comunione; poi
sopraggiunse la peritonite, si confessò e ricevé l’estrema unzione, esortò per ultimo i suoi sacerdoti
perché rimanessero fedeli alla Chiesa, aiutando la desolata patria a risollevarsi dalle macerie.
Morì all’alba del lunedì dell’Angelo 2 aprile 1945 e fu sepolto nella cripta della chiesa dei
Carmelitani Scalzi. Nel 1948 iniziò a Györ il processo per la sua beatificazione ma poi sopravvenne
“la Chiesa del silenzio” e per 40 anni la causa rimase sospesa; nel maggio del 1986 le sue spoglie
poterono essere trasferite nella cattedrale di Györ, riprendendo anche le procedure per la causa.
L’8 aprile 1997 è stato riconosciuto il suo martirio e quindi secondo le nuove norme, papa Giovanni
Paolo II, dopo aver pregato sulla sua tomba nel 1996, durante il suo viaggio in Ungheria, l’ha
beatificato domenica 9 novembre 1997, in piazza S. Pietro a Roma(10)
.
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(10) Autore: Antonio Borrelli.
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Beato Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli), Papa
3 giugno
Angelo Roncalli nacque a Sotto il Monte, piccolo borgo del bergamasco, il 25 novembre 1881, figlio
di poveri mezzadri. Divenuto prete, rimase per quindici anni a Bergamo, come segretario del vescovo
e insegnante al seminario. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu chiamato alle armi come
cappellano militare. Inviato in Bulgaria e in Turchia come visitatore apostolico, nel 1944 è Nunzio a
Parigi, per divenire poi nel 1953 Patriarca di Venezia. Il 28 ottobre 1958 salì al soglio pontificio,
come successore di Pio XII, assumendo il nome di Papa Giovanni XXIII. Avviò il Concilio Vaticano
II, un evento epocale nella storia della Chiesa. Morì il 3 giugno 1963. Un breve ma intenso
pontificato, durato poco meno di cinque anni, in cui egli riuscì a farsi amare dal mondo intero. È stato
beatificato il 3 settembre del 2000.
E' presente nel Martirologio Romano. A Roma, beato Giovanni XXIII, papa: uomo dotato di
straordinaria umanità, con la sua vita, le sue opere e il suo sommo zelo pastorale cercò di effondere su
tutti l’abbondanza della carità cristiana e di promuovere la fraterna unione tra i popoli;
particolarmente attento all’efficacia della missione della Chiesa di Cristo in tutto il mondo, convocò il
Concilio Ecumenico Vaticano II.
Nell’aria c’era già l’odore dell’estate, ma il giorno era triste. Quel 3 giugno 1963 una luce si spegneva
nel mondo: il “Papa buono” era morto. Calde lacrime solcavano il viso delle tante persone che
appresero in quei momenti la notizia della sua scomparsa. Nel suo breve ma intenso pontificato,
durato poco meno di cinque anni, Papa Giovanni era riuscito a farsi amare dal mondo intero, che
adesso ne piangeva la perdita.
Ma già subito dopo la sua morte incominciava il fervore della devozione popolare, che doveva
avvolgere la sua figura di una precoce quanto indiscussa aureola di santità, e prendeva avvio il
processo di beatificazione: un lavoro ciclopico, durato ben 34 anni, con l’avvicendarsi di diversi
Postulatori e montagne di documenti da vagliare prima di pronunciarsi sulla sua eroicità. (…) Il 12
ottobre 1958 Angelo Roncalli era partito alla volta di Roma per partecipare insieme agli altri cardinali
al conclave, ma non immaginava assolutamente di essere eletto Papa. Il suo desiderio era sempre stato
quello di essere un pastore di anime, modesto e semplice come un parroco di campagna.
Angelino era molto intelligente e terminò le scuole in un lampo, tanto che in seminario era il più
giovane della sua classe. A 19 anni aveva completato i corsi, ma per la legge ecclesiastica non poteva
essere ordinato sacerdote prima dei 24 anni, così fu mandato a Roma per laurearsi alla Gregoriana.
Divenuto prete, rimase per quindici anni a Bergamo, come segretario del vescovo e insegnante al
seminario. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu chiamato alle armi come cappellano militare.
Nel 1921 Roncalli è a Roma e, successivamente, viene inviato in Bulgaria e in Turchia come
visitatore apostolico: iniziava così la sua carriera diplomatica. Nominato Nunzio a Parigi nel 1944,
diventa Patriarca di Venezia nel 1953.
Un’esistenza piuttosto appartata, senza fatti eclatanti, fino all’elezione al soglio di Pietro. Aveva
allora 77 anni ed aveva già fatto testamento. Intendeva essere sepolto a Venezia e si era fatto costruire
la tomba, nella cripta di S. Marco. Era naturale che ritenesse ormai imminente il suo commiato dal
mondo. L’anno prima, 1957, aveva scritto infatti nel suo diario: “O Signore, siamo a sera. Anni
settantasei in corso. Grande dono del Padre celeste la vita. Tre quarti dei miei contemporanei sono
passati all’altra riva. Dunque anch’io mi debbo tener preparato al grande momento…”. Ma le vie
del Signore sono sovente imprevedibili. Il 28 ottobre 1958 l’allora cardinale e patriarca di Venezia
salì al soglio pontificio, come successore di Pio XII, e molti ne restarono sorpresi. Un vecchio
avrebbe dovuto reggere la Chiesa? I giornali presto ci ricamarono su perché veniva da una famiglia di
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contadini. “Il Papa contadino”, cominciarono a chiamarlo. Ma Roncalli aveva ben chiara la propria
missione da compiere.
“Vocabor Johannes…”. Mi chiamerò Giovanni, esordì appena eletto. Era il primo punto fermo del
suo pontificato. Un nome che era già tutto un programma. E non si smentì.
Nel 1959, un anno soltanto dopo la sua elezione, “tremando un poco di commozione, ma insieme con
umile risolutezza di proposito”, come disse ai cardinali riuniti, annunciò il Concilio Vaticano II. Un
evento epocale, destinato a cambiare il volto della Chiesa, a segnare un netto spartiacque nella storia
della cristianità.
(…) Fu il leit-motiv della sua vita e del suo pontificato. Dopo la S. Messa, nulla era per lui più
importante del Rosario. Ogni giorno lo recitava per intero, meditando su ogni mistero. “Sono
entusiasta - egli diceva - di questa devozione, soprattutto quando è capita ed appresa bene. Il vero
Rosario è il cosiddetto Rosario meditato. Questo supplisce a molte altre forme di vita spirituale. È
meditazione, supplicazione, canto ed insieme incantesimo delle anime. Quanta dolcezza e quanta
forza in questa preghiera!”.
Durante il suo pontificato fu pubblicato su “L’Osservatore Romano” un suo “Piccolo saggio di devoti
pensieri distribuiti per ogni decina del Rosario, con riferimento alla triplice accentuazione: mistero,
riflessione ed intenzione”: in una scrittura limpida e chiara c’è il succo delle riflessioni che egli
veniva maturando nella personale preghiera del S. Rosario. “Nell’atto che ripetiamo le Avemarie,
quanto è bello contemplare il campo che germina, la messe che s’innalza…”, diceva con efficace
metafora presa da quel mondo contadino a lui così familiare. “Ciascuno avverte nei singoli misteri
l’opportuno e buon insegnamento per sé, in ordine alla propria santificazione e alle condizioni in cui
vive”.
Attento ai segni dei tempi, Papa Giovanni promosse l’ecumenismo e la pace. Uomo del dialogo e
della viva carità, fece sentire a tutti gli uomini, anche ai non cattolici e ai lontani, l’amicizia di Dio.
La sua spiritualità, delicata e robusta al tempo stesso, aveva, come abbiamo visto, le sue radici in
Maria. A Lei sempre si rivolgeva, in Lei confidava. Anche il miracolo, la guarigione “clinicamente
inspiegabile” di una suora malata di cancro, grazie a cui è ora elevato alla gloria degli altari, si è
realizzato nel segno di Maria. Suor Caterina Capitani, delle Figlie della Carità, era affetta da un
tumore allo stomaco che l’aveva ridotta in fin di vita. Papa Giovanni era morto da soli tre anni e la
suorina con le consorelle l’aveva pregato a lungo, con grande insistenza e fiducia. Quel giorno, era il
25 maggio 1966, il “Papa buono” le apparve e le disse di non temere, perché sarebbe stata guarita,
aggiungendo: “Me l’avete strappato dal cuore questo miracolo”.
Prima di scomparire però le fece una grande raccomandazione: di pregare sempre il rosario. Era il suo
chiodo fisso in vita, era il segreto della sua santità nell’alba eterna che non conosce tramonto(11)
.
“Tu, padrone della forza,
giudichi con mitezza,
ci governi con molta indulgenza.
Con tale modo di agire
hai insegnato al tuo popolo
che il giusto deve amare l’umanità”
Libro della Sapienza (12, 18-19)
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(11) Autore: Maria Di Lorenzo.
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“Non cercare di diventare un uomo di successo,
ma piuttosto un uomo di valore”
Albert Einstein
Nato nel 1960. Vive tra Roma e Torre Ann.ta. La moglie è biologa, farmacista,
assistente sociale e valente docente di Scienze nei Licei Classico e Scientifico statali; il
figlio è un brillante matematico universitario. Ruoli: General Manager Villano
International Business Team dal 2012, con attività in 16 ambiti di business, consulting
& service (tra cui: affari internazionali, immobiliare d’alta gamma, previdenza, edilizia e
restauro, import-export, alimentari, informatica, sanità, arte e cultura); Membro (dal 2013),
Associate Professor in History of Health Administration Pharmaceutical Department (dal 2014) e
Membro Onorario of Ruggero II University of Florida State (BR, Miami, Florida, USA, dal
2015); Trader (dal 1976), Trader operativo finanziario indipendente di borse e forex (dal 1983),
Cavaliere S.M.O. di Malta (dal 2002, presentato dal Cavaliere di Giustizia Fra’ Giorgio Maria
Castriota Scanderbeg, discendente dell’Eroe fondatore del Regno d’Albania); Presidente della
Fondazione sociosanitaria e umanitaria Chiron (dal 1985); Amministratore Unico Chiron Editore
(dal 2006). Accademie: Storia Arte Sanitaria-Ministero B.C. (2006), già pontificia Tiberina
)2009), Studi Melitensi (2002), Medical Tradition Smithsonian Institution-USA (2010),
International Society History Pharmacy, Acc. Italiana Storia Farmacia (2001), Società
Napoletana Storia Patria (2008), Nobile Collegio Chimico Farmaceutico (ad honorem, 2006).
Oltre 100 conferenze e chairman in decine di congressi. Collabora con importanti Riviste
nazionali e internazionali. È Advisory Board Member per l’Editore statunitense DPC, che
pubblica in oltre 150 nazioni. Studi: classici; laurea e abilitazione: Farmacia (1985); corsi
certificati di: Piante officinali, Tecniche cosmetiche, Sicurezza aziendale, Haccp, Storia, Dottrina
sociale Chiesa, Teologia. Lauree honoris causa: Scienze Umane e Sociali (2009); Storia e
Filosofia (2010); Scienze Comunicazione (2013); Diplomazia e Studi internazionali (2015).
Master h.c.: Science Medical Ethics (2010). È stato: autore, organizzatore e chairman Corso
Sicurezza per manager, ottenendo Alti Patronati di Capo dello Stato e ONU (2000), Consigliere
diplomatico Aerec dpt ENVA 2011-15, Segretario International Committee Biothecnologies
Wabt-Unesco 2008-13, membro World Academy Biomedical Technology (Unesco 2007-12), 11
anni in Comitato scientifico sicurezza sanitaria di IBD (azienda responsabile sicurezza Tribunali
Corte Appello Napoli), CdA Fondazione Beaumont Onlus ricerche su cancro presieduta dal
condidato al Nobel Tarro e con il Prefetto Napoli (2011-12), Accademico Europeo per le
Relazioni Economiche e Culturali 2004-2015. Per 32 anni socio e titolare di un’importante
farmacia, fino al 2010. Socio dal 1990, Segretario a 29 anni 1990-95 (tra i più giovani d’Italia),
Presidente 2000-01 Rotary Club Pompei-Vesuvio, 14 anni Delegato dei Governors per Archivio
Distretto 2100-Italia (oltre 3.000 rotariani e ca 80 Club) e presso I.C.R. per Rotary Italia; in
Comm.ni Italia: Etica professionale, Azione Mondiale, Informatica; tra i molti ruoli
internazionali: archeologia Pompei-Cartagine; Comitato Premio Magna Grecia; autore e
presentatore al Consiglio Mondiale di Legislazione del Rotary della Proposta di istituzione
Giornata internazionale a tutela della Vita (2001-04). Dal 1986 al 1990 Presidente a Napoli,
coordinatore nazionale e fondatore Federazione Giovani Farmacisti; Rappresentante nazionale
Sindacato Federativo. Assist. Prof. Microbiologia Fac. F.cia Na (1985-90, Cattedra Prof. Lembo-
Ist. Sup. Sanità). Membro Gruppo internaz. di Studio ISHP Storia Farmacopee (Univ. Berna,
18
2012-13). Nell’ambito degli eventi “World no-tobacco day”, ha partecipato a varie iniziative
presso il Ministero della Salute. Proponente e padrino di vari Soci Onorari, tra cui: Arciv. di
Pompei Mons. Francesco Saverio Toppi, dal 2013 Servo di Dio in Causa di Beatificazione e
Canonizzazione (Rotary, 1992); Dino De Laurentiis (proposto nel 2000), produttore
cinematografico di Hollywood e Premio Oscar alla carriera (Rotary, 2001); Antonio Greco, Presidente
Tribunale TA (Rotary, 2000); Giulio Tarro, virologo Candidato al Premio Nobel per la Medicina 2000 e
2015 (Asas, 2011); Gianni Rivera, Vice Campione del Mondo di Calcio (Aerec, 2012); Patrizio Polisca,
già aiutante dei medici di Paolo VI e Giovanni Paolo II e Medico del Papa con Benedetto XVI e Francesco
e Direttore Sanitario del Vaticano; Gualtiero Ricciardi, Presidente Istituto Superiore di Sanità. Premi
internazionali: Diploma d’Onore per Servizi eccezionali a titolo individuale nelle 5 Vie di Azione da
Presidente Rotary International (Evanston 2001: solo 100/anno/1,5 mln soci); Benemerenza Anticrimine-
Task Force Rotary Italia, Albania, ex-Jugoslavia, S. Marino (Zurigo 2001); Sapientia Mundi-Etica
(Rm 2008); Unione Legion d’Oro-Lavoro (Rm 2010); Veritas in Charitate-Religione (2011);
Bonifaciano-Cultura e Società (2011); Norman Ac.-Editoria Medaglia aurata (Rm 2014);
Norman Ac.-Sanità Galeno (Rm 2014); Norman Ac.-Sanità 2^ ed. Galeno (Rm 2015); Norman
Ac.-Arte fotografica Medaglia aurata (Rm 2015). Premi nazionali: Aesculapius-Sanità Patroc.
Presidenza Consiglio Ministri (Rm 1987); LXVIII Piccinini Asas-Mi.BAC-Ricerca storico-
scientifica (Rm 2006); LXV Stramezzi-Sanità (Rm 2007); Capitolino-Attività umanitaria (Rm
2010); Tiberino- Cultura (Rm 2012); LXXIV Serono-Storia e Letteratura (Rm 2012), Aerec-
Cultura (Rm 2013); Benemerenza al merito Sanità pubblica (Roma, DPR 2013): solo 269 dal
1800; Tiberino-Scienza (Rm 2014); LXXIV Piccinini Asas-Mi.BACT-Ricerca storico-scientifica
(Rm 2014); Medaglia d’Argento al merito Sanità pubblica (Roma, DPR 2016); Speciale Asas-
Mi.BACT-Studi storici in scienze biomediche e farmaceutiche (Rm 2016). Autore di un’ampia e
qualificata produzione letteraria che ammonta a oltre 790 pubblicazioni sanitarie, professionali,
scientifiche, storiche, religiose, artistiche, di cui gran parte su riviste dotate di revisione critica,
indexate e con impact factor; oltre 50 libri (di cui 14 con complessive 35 edizioni e 19 ristampe,
numerosi tradotti anche in inglese, francese, tedesco e spagnolo) con editori prestigiosi come
Zanichelli, con patrocini da Ministero Beni Culturali, Unesco, Rotary, Università, ecc., recensiti
da Testate di rilievo nazionale, presenti in oltre 120 Biblioteche italiane (tra cui: Quirinale,
Accademia Nazionale Scienze, Ministeri) e in oltre 40 Nazioni (tra cui: National Institute Health-
USA, Nationale de France, Congress UK), in Istituti di Cultura, Università, Musei. Alla Fiera di
Francoforte ha debuttato un suo libro. Oltre 80 opere multimediali (in varie lingue e più
edizioni e ristampe ) spesso di notevole pregio e pubblicate con editori e patrocini prestigiosi (tra
cui Bayer S.p.A.). Cataloghi: Library of Congress UK Authority (NACO); Bibliothèque
nationale de France; Deutsche Nationalbibliothek; Library of National Institutes of Health
(NIH) U.S.A.; Biblioteca Magistrale S.M. Ordine di Malta; Biblioteca della Fondazione Vaticana
Joseph Ratzinger-Benedetto XVI; 2000 Outstanding Intellectuals IBC-Cambridge UK dal 2010;
Opac Sbn con oltre 200 opere; Scheda di Autorità Ministero BAC. Vari libri hanno
apprezzamenti da autorità istituzionali, tra cui alcuni regnanti europei e più volte il Capo dello
Stato e il Santo Padre.
* * *
Alcuni libri: Società globale informazione, 1996; Rotary per l’Uomo, 2001; Gestione sicurezza
in Farmacia (pres. Dr. Renzulli, già Consulente Sicurezza all’ONU, 2004); Arte e storia
Farmacia (pres. Prof. Ledermann, Presid. International Society History Pharmacy, 2 ediz., 2006);
Storia e attività del SMOM (4 ediz., 2007); Meridiani farmaceutici tra etica laica e morale
19
cattolica (pres. Prof. Tarro, Comm. Naz.le Bioetica, 3 ediz., 2008); Thesaurus Pharmacologicus
(pres. Presid. Farmacisti Italiani Dr. Mandelli 2009); Tempo scolpito in silenzio eternità.
Riflessioni su indagine diacronica per memoria homo faber (pres. eminenti storico Fra’ von
Lobstein e critico Prof. Carosella, 6 rist., 2010); Attività farmaceutiche Regno di Napoli (pres.:
Presid. Acc. It. Storia Farmacia Dr. Corvi, 2010); Logos e teofania nel tempo digitale (pres.
Mons. Trafny, Presid. Dpt Scienza-Fede Pontificio Consiglio Cultura, 2012); Aspetti religiosi e
dimensione ecclesiale SMOM (2013); Musei di farmacia: eco del passato per un riscatto futuro
(pres. Prof. Ledermann, Direttore Biblioteca Svizzera, 2015); Fotografie - circa 200 sue opere,
selezionate per temi filosofici e creativi tra quelle realizzate in oltre 40 anni (2015). Tra i
multimedia: Cenni arte e storia farmacia (patroc. AISF, 2002); Influenza A/H1N1 (patroc.
Unesco, 2009).
“Ho imparato così tanto da voi, Uomini…
Ho imparato che ognuno vuole vivere sulla cima della montagna,
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R. Villano - Sovrano Militare Ordine di Malta: santi e beati

  • 1. Raimondo Villano Sovrano Militare Ordine di Malta: Santi e Beati
  • 2. 2 Prefazione Estremamente affascinato, da sempre, dal ruolo storico dell’Ordine e, dal momento della mia ricezione come Donato sette anni fa, dalla sua splendida dimensione ecclesiale e poliedricità esistenziale, ne ho approfondito le tematiche arricchendole anche con riflessioni, per estrapolazioni e collazioni compilative personali o di illustri Autori, elaborando un lavoro che, pur senza particolari pretese, avendo costituito per me un buon momento integrativo iniziatico, ritengo essere di un certo interesse. Non escludendo, tuttavia, che l’informazione possa divenire esperienza e che l’esperienza si trasformi in conoscenza, se l’approccio empirico del lettore non si consuma nella distrazione, come avvertiva Walter Benjamin, allora questo libro può avere un’ulteriore valenza inserendosi, sia pur marginalmente, nel solco di quelle Opere la cui vocazione esistenziale, la cui funzione antropologica è quella di concorrere a trasformare la memoria in esperimento, in costruzione dell’uomo. Questo libro, infatti, ha una sua utilità sia se ci si avvale del valore attivo delle sue enunciazioni, sperimentandolo e intendendolo come un momento di prassi o di essa eziologico, sia prendendo coscienza del proprio tempo e del proprio ruolo, aprendo spazi inusitati di senso tra il possibile e le sofferte certezze del mondo reale della vita quotidiana. Del resto, per dirla con Wittgenstein, i problemi della vita restano insolubili finchè si pensa di coglierli in superficie: essi devono essere percepiti e afferrati nella profondità, immersi nel flusso dell’esperienza e dell’esistenza. Una tale esperienza funge, quindi, anche da “acceleratore della coscienza” costituendo un’assicurazione morale di cui una società può disporre. D’altro canto, si può giungere alla scoperta del proprio volto non comune, pur nella sostanziale eguaglianza della coscienza, rintracciando una propria singolarità scrutando nella propria storia. Ovviamente, istituzionalizzandosi nell’intimo di ciascuno una oggettiva argomentazione critica, non si può non scoprire l’inquietudine per la riaffermazione della propria finitudine, ma nel contempo si affievolisce la propria solitudine giacchè immersi nel coacervo solidale della confratellanza melitense e, soprattutto, grazie ad un più profondo e consapevole percorso di fede, anche attraverso ognuna delle pagine della storia della salvezza costituite dalle Sacre Scritture, progressivamente si è condotti verso orizzonti di amore più alti e perfetti spalancando gli occhi su quell’abisso di luce che è Cristo mentre l’incertezza lascia il posto alla consapevolezza, appunto, che “ solo da Dio viene la vera rivoluzione, il cambiamento decisivo per il mondo”.
  • 3. 3 Dunque, non solo d’estasi tratta il percorso del Cavaliere, bensì del vero e proprio innesto di un seme che germinando “apre la sua strada sotto il terreno sordo e opaco dell’esistenza terrena(1) ”: ciascun passo “è da considerarsi come espressione della paziente educazione di Dio nei confronti della durezza di cuore o del collo indurito dell’uomo(2) ”. Mi auguro, pertanto, che il lettore, rintracciando l’impulso nativo di questo lavoro che, direbbe Fuentes, obbliga a renderci conto della nostra immersione nel tempo tra vita, morte e memoria, scopra che “il significato del libro non è dietro di noi bensì che il suo volto ci guarda dal futuro(3) ”. Mi auguro, infine, che questo lavoro possa “contribuire a rafforzare il fervore e la disponibilità dei Cavalieri e induca quanti aspirano a far parte della milizia giovannita a cogliere la palpitante attualità dei suoi ideali e a far propria la difesa dei principi cristiani(4) ”. Cav. di Grazia Magistrale Raimondo Villano _______________ (1) Gianfranco Ravasi, I Colleghi del Vangelo, Sole 24 Ore, 2007. (2) Ibid. (3) Ezio Raimondi, Un’etica del lettore, Voci, Mulino, 2007. (4) S.A.E. il Principe e Gran Maestro Fra’ Andrew Bertie; (Roma, dal Palazzo Magistrale, il 24 giugno 1995) Presentazione della pubblicazione “Cavalieri di Malta. Una leggenda verso il futuro”, a cura del Cavaliere di Onore e Devozione Barone Marcello Maria Marrocco Trischitta, Acismom, 1995.
  • 4. 4 “Non si salva, però, anche se incorporato alla Chiesa, colui che, non perseverando nella carità, rimane sì in seno alla Chiesa col corpo, ma non col cuore” (L.G., 14) SANTI E BEATI DELL’ORDINE L’antichissima storia dell’Ordine di Malta è costellata non solo di personaggi illustri ma anche di numerosi Santi e Beati tra cui, oltre al fondatore Beato Gerardo, sono annoverabili: Sant’Ugo da Genova (1168 -1233), San Nicasio Camuto del Burgio (1130/40 -1187), Santa Ubaldesca Taccini (1136 - 28/05/1206), Santa Toscana Canoculi (1280? -14/07/1343), Santa Flora di Beaulieu (1309 - 1347), Beato Fra’ Raimondo De Puy (? - 1160), Beato Pietro da Imola (1250 - 1320), Beato Gerardo Mecatti (1174 - 1254), Beato Gerlando (? - 1279), Beato Garcia Martinez (? - 1286), Beato Adriano Fortescue (8/07/1476 -1539), Beato Davide Gunston (XIV sec. - 12/07/1540), Beato Nuno Alvares Pereira (24/07/1360 - 1/04/1431), Beato Carlo I d'Asburgo (17/08/1887 - 1/04/1922), Beato Vilmos Apor (29/02/1892 - 2/04/1945), Beato Giovanni XXIII (25/11/1881 - 3/06/1963). Di alcuni si riportano di seguito i profili essenziali(1) Sant’Ugo da Genova, Confessore (1168 -1233) 8 ottobre Cappellano dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, visse tra il XII e il XIII secolo e resse la Commenda genovese, proprio davanti al porto. Vi sorge ancora la chiesa di San Giovanni di Prè (foto), dove Ugo venne sepolto intorno al 1230. La chiesa inferiore dell’antico e importante edificio sacro è a lui dedicata. Di spirito umile, Ugo compì diversi miracoli legati all’acqua. Due di essi simili addirittura a quelli compiuti da Mosè e Gesù: fece scaturire l’acqua da una roccia (per consentire alle lavandaie di un ospedale di lavare la biancheria dei malati) e tramutò il liquido in vino. In un’occasione salvò una nave in pericolo al largo di Genova. E' presente nel Martirologio Romano. A Genova, sant’Ugo, religioso, dopo aver prestato a lungo servizio come soldato in Terra Santa, rifulse per bontà e carità verso gli indigenti come maestro della Commenda dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme in questa città. Di Sant'Ugo, oggi festeggiato a Genova si tramanda un miracolo che fa coppia, addirittura, con quello di Mosè, il quale fece scaturire acqua da una roccia, percotendola con la sua verga, quando Israele si trovava nell'assetato deserto del Sinai.Mosè aveva fatto scaturire l'acqua miracolosa per dissetare il suo popolo; Sant’Ugo da Genova, con una sfumatura più affettuosa di carità, aveva sprigionato l'acqua per consentire alle lavandaie di un ospedale di lavare la biancheria dei malati poveri. Si racconta che una volta le sue preghiere riuscirono a salvare dal naufragio una nave in pericolo, al largo delle coste genovesi. Un'altra volta un suo miracolo ebbe di nuovo come protagonista l'acqua, mutata in vino durante un convivio. E se _______________ (1) Fonte: website Santi e Beati, 2007.
  • 5. 5 quello della fonte prodigiosa Io rendeva simile a Mosè, questo secondo miracolo ricalcava addirittura quello di Gesù alle nozze di Cana, con la prodigiosa conversione dell'acqua in vino. Piccolo di statura, magro, con un cilicio sulla carne, Sant'Ugo era noto e caro ai genovesi anche per il suo spirito di mortificazione e per la sua grande modestia, contrastante con lo spirito di superbia del secolo. A Genova, a pochi passi dal porto, esiste ancora la chiesa di San Giovanni di Prè, sulla piazzetta della Commenda, accanto alla loggia dei Commendatori Gerosolimitani, l’antica chiesa presso la quale visse il cappellano dell'Ordine cavalleresco, e nella quale Sant'Ugo venne sepolto dopo la sua morte, verso il 1230. Con lui, vittorioso nella più meritoria delle battaglie, i Cavalieri di Gerusalemme conquistavano per il loro blasone un titolo di maggior gloria per la fede. La Diocesi di Genova ne celebra il culto il 19 ottobre. San Nicasio Camuto de Bugio, Martire 1 luglio San Nicasio nacque tra il 1130 e il 1140 e morì martire nel 1187, di origine siciliana, probabilmente palermitano, discendente dai saraceni per parte di padre e dai normanni per parte di madre. Nel 1088 si fece cristiano con tutta la famiglia, fu battezzato in Sciacca dal vescovo di Girgenti, Gerlando, ed ebbe come padrino il Conte Ruggero di cui prese il nome cristiano, divenendo Ruggero Camuto. Il 4 Luglio 1088 il Conte Ruggero gli donò il castello della terra del Burgio nella Valle di Mazara. Da questa investitura, derivò ai discendenti il cognome della famiglia Burgio. Il figlio di Ruggero Camuto, Roberto de Burgio, sposò Aldegonda, nobile normanna consanguinea degli Hauteville; da Roberto e Aldegonda nacquero: Ruggero, investito del castello di Sciacca dalla Contessa Giulia il 14 Ottobre 1144; Guglielmo, che nel 1166 assistette all’incoronazione del Re Guglielmo II nella qualità di Grande del Regno; Ferrandino e Nicasio che abbracciarono la vita religiosa come membri dell’Ordine Ospedaliero dei Cavalieri di San Giovanni di Gerusalemme. Essi risposero all’appello del Maestro Ruggero des Moulins che sollecitava presso i prìncipi cristiani l’aiuto per la liberazione della Terra Santa. Nel 1185, imbarcatisi a Trapani al seguito di Ruggero Des Moulins che ritornava a Gerusalemme scortato da due galere del Re Guglielmo II, partirono per la Terra Santa, dove, secondo lo spirito dell’Ordine, prestarono il loro servizio agli ammalati e ai pellegrini nell’Ospedale di San Giovanni di Gerusalemme. Nel 1187 il Sultano Saladino, il cui regno si estendeva dal deserto libico alla valle del Tigri circondando su tre fronti i regni crociati, il 30 Giugno invase il regno di Gerusalemme, i Cristiani, dopo aver difeso il castello di Tiberiade, decimati e allo stremo, si rifugiarono sopra una collina chiamata Corni di Hattin, dove il 4 Luglio vennero definitivamente sconfitti, fatti prigionieri e poi consegnati ai carnefici. In questa battaglia, che si concluse con la resa di Tiberiade e di Tolemaide, rimasero uccisi Ruggero Des Moulins e gran parte degli Ospitalieri. Anche San Nicasio che era capitano al seguito di Ruggero Des Moulins fu fatto prigioniero durante la battaglia di Hattin e, poiché si rifiutò di rinnegare Cristo, fu decapitato, in odio alla fede, alla presenza del Sultano Saladino. Quando l’Arcivescovo di Tiro, Josias, giunto a Palermo nell’estate del 1187, diede la notizia dell’uccisione dei fratelli Ferrandino e Nicasio al Re Guglielmo II, questi si stracciò i lussuosi vestiti di seta, indossò un saio e andò in ritiro penitenziale per quattro giorni. Nicasio fu venerato come Martire sin dai primi anni dopo la sua morte, e ciò prova che morì come cristiano in difesa di Cristo e della fede. San Nicasio testimoniò la propria fede con il martirio, dando così l’esempio di come vivere nello spirito delle beatitudini evangeliche, che egli si era impegnato a realizzare, vestendo l’abito dei Cavalieri Gerosolimitani, in quanto seppe abbandonare gli agi della
  • 6. 6 sua casa per diventare povero nel nome del Signore, accettando le afflizioni di un lungo viaggio in Terra Santa, per servire Cristo negli ammalati e nei pellegrini con la mitezza di chi, affamato e assetato della giustizia, desiderava ridare ai cristiani la gioia di poter venerare i luoghi in cui era vissuto il Salvatore, e ciò come frutto della misericordia verso il prossimo, cioè dell’amore che fu la sua forza nella persecuzione, affrontata per portare la pace laddove questa veniva negata ai cristiani. L’Imperatore Federico II il 24 Agosto 1232, nell’investire Guglielmo de Burgio delle terre di Caltagirone, creandolo Viceré della Valle di Noto, fra le glorie della famiglia Burgio ricorda i due fratelli Ferrandino e Nicasio ”…in supradicto Hospitale crucesignati…qui in humanae et Divinae Majestatis servitium sanguinem effunderunt…” . La venerazione del Martire Nicasio pare abbia avuto inizio a Caccamo, ma un altare a lui dedicato esisteva già nel 1305 nella Chiesa Arcipretale di San Pietro in Trapani. Scrive il Sacerdote Vincenzo Venuti nel suo “discorso storico-critico” su San Nicasio Martire edito nel 1762 “…ora dal dominio, ch’ ebbe vicino di Caccamo la famiglia del Burgio, o dalla divozione, che a San Nicasio professò la famiglia Cabrera, o per ambi i motivi, io stimo essersi pian piano introdotto in Caccamo un qualche culto del nostro Santo Gerosolimitano…”. I Burgio non erano Signori di Caccamo ma furono padroni di un casale nei pressi della Città chiamato Caccamo minore, che estendeva i suoi confini con Termini Imerese, a quattro miglia da Caccamo. A tal proposito si legge nel testamento di Roberto Lo Burgio datato 4 Luglio 1230 “…investit ex nunc et pro tempore post ejus mortem Dominum Rubertellum…Pheudi et Casalis Caccabi minoris, et de omnibus terris a dicto Casale descendentibus in vallonem usque ad confines Hymeram…”. Inoltre, un discendente della famiglia Burgio, Nicolò Lo Burgio, sposò Leonora Maria Cabrera un tempo Signora di Caccamo. In Sicilia il culto di San Nicasio si diffuse da Caccamo, dove, come già detto, era stato introdotto dalla famiglia Cabrera la quale lo vantava come antenato e che, volendo propagare la gloria del casato, aveva costituito Patrono della Città quel Martire che era al tempo stesso Protettore della famiglia e, a Caccamo, raggiunse l’apice tramite l’opera del Beato Giovanni Liccio il quale ne rese più viva la venerazione. Essendosi sparsa la devozione, diverse immagini del Santo furono dipinte nelle strade e nelle case private di Caccamo, come attestato da un atto notarile del 1573, e particolarmente nella chiesa a lui dedicata di fronte alla Città perché da lì potesse proteggere tutto il popolo. Appare così chiaro che San Nicasio fu il più antico Protettore di Caccamo. Numerosi furono i miracoli che si videro a Caccamo per intercessione di San Nicasio, tra i quali le liberazioni dalla peste avvenute nel 1575 e nel 1624. San Nicasio veniva, inoltre, invocato per ottenere la guarigione da una malattia del collo chiamata struma o scrofole e ciò ne facilitò la diffusione della devozione in tutta la Sicilia. A Caccamo si costituì pure una Confraternita a lui intitolata, approvata il 5 Agosto 1596 dall’Arcivescovo di Palermo Diego De Haedo, il quale rafforzò la venerazione che i Caccamesi tributavano a San Nicasio, concedendo ad essi il 29 Agosto 1604 una reliquia del Santo che egli aveva rinvenuto sotto la pietra dell’altare maggiore della Cattedrale di Palermo, dove era stata collocata alcuni anni dopo la morte di Guglielmo Lo Burgio il quale così scrisse nel suo testamento datato 4 Agosto 1347 ”…e cchiui vogghiu chi miu fighiu Franciscu avissi a fari bona la dunazioni, chi iu fici di la Reliquia di Santu Nicasiu miu parenti a la Chiesa di Palermu, quali Reliquia fu data a lu quondam Rubertu di lu Burgiu di un militi dittu Vestul, di cui fu Duci, e Capitanu lu dittu Santu Nicasiu, quannu cummattiu pri la Fidi di Cristu, comu militi di li Spitali di Gerusalemmi…”. Il 17 Ottobre 1609 il Cardinale Giannettino Doria ordinò come festa di precetto per la Città di Caccamo la solennità di San Nicasio, “concedendo a tutte quelle persone che visiteranno la Chiesa di Santo Nicasio nella vigilia et festa di detto Santo per insino al tramontar del sole di detta festività giorni cento d’indulgenza oltre l’indulgenza plenaria che per Sua Santità è concessa a detta chiesa”. Il 31 Maggio 1625, con atto ufficiale presso il notaio Pietro Ciuffo, il Clero, il Sindaco ed i Giurati di Caccamo elessero San Nicasio Martire Patrono e Protettore
  • 7. 7 della Città, con voto perpetuo di celebrarne ogni anno la festa, a spese comunali, nell’ultima Domenica d’Agosto e Lunedì successivo (giorno anniversario della traslazione della reliquia). Il 4 Ottobre 1996 l’Arcivescovo di Palermo il Card. Salvatore De Giorgi con Decreto Arcivescovile ha riattivato l’antichissima Confraternita di San Nicasio. Il Martyrologium Romanum promulgato nel 2001 da Sua Santità Giovanni Paolo II pone la festa liturgica di San Nicasio Martire al 1° Luglio “Die 1 iulii - Ptolemaide in Palaestina, sancti Nicasii, equitis Ordinis Sancti Ioannis Hierosolymitani et martyris, qui in Terrae Sanctae defensione a Saracenis captus et decollatus est”. A Caccamo, oltre la festa liturgica del 1° Luglio, ogni anno viene solennizzata la festa della traslazione della Reliquia di San Nicasio Martire nell’ultima Domenica d’Agosto e Lunedì successivo(2) . Santa Ubaldesca Taccini 28 maggio Nata a Calcinaia nel 1136 da genitori di umile condizione, Ubaldesca, figlia unica, fin da giovane seppe mostrarsi umile e devota nei confronti della famiglia e di Gesù. Solerte nella pratica della preghiera, accompagnata spesso dal digiuno, la santa pisana si distinse soprattutto per la carità esercitata verso i poveri. È presente nel Martirologio Romano. A Pisa, santa Ubaldesca, vergine, che dall’età di sedici anni fino alla morte, per cinquantacinque anni, svolse con perseveranza in un ospizio opere di misericordia. Santa Ubaldesca Taccini è una santa che segnò profondamente la vita spirituale di Pisa nei secoli XII-XIII, insieme con santa Bona, san Guido della Gherardesca e san Ranieri. In un periodo storico che vide la Repubblica Marinara di Pisa dominare il Mediterraneo e i suoi cittadini godere di un tenore di vita particolare, la santa propose un modello di vita sganciato dalla vita sociale pisana e strettamente fedele al messaggio di povertà e rinuncia predicato da Gesù. Nata da genitori di umile condizione, Ubaldesca, figlia unica, fin da giovane seppe mostrarsi umile e devota nei confronti dei genitori e di Gesù. Solerte nella pratica della preghiera, accompagnata spesso dal digiuno, la santa pisana si distinse soprattutto per la carità esercitata verso i poveri. Chiamata dal Signore ad entrare nell'ordine gerosolomitano di san Giovanni all'età di 15 anni lasciò Calcinaia per la città di Pisa, fermandosi nella Chiesa di san Sepolcro. Per tutti i 55 anni di vita religiosa, Ubaldesca praticò nel monastero e nello "Spedale" della città l'umiltà e la carità, mortificando di continuo il suo corpo con digiuni intensi e prolungati. La santa pisana operò miracoli già in vita e, dopo la morte avvenuta il 28 maggio 1206 festa della Santissima Trinità, si moltiplicarono le guarigioni straordinarie legate al suo nome. Attualmente alcune reliquie di Ubaldesca Taccini si trovano anche a Malta, consegnate in data 31 giugno 1587. Sisto V (1585-1590) concesse l'indulgenza plenaria per quanti visitavano la Chiesa maltese il giorno 28 maggio(3) . Santa Flora di Beaulieu 5 ottobre È presente nel Martirologio Romano. A Beaulieu nel territorio di Cahors in Francia, commemorazione di santa Flora, vergine dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme, che curò _______________ (2) Autore: Don Francesco Cassata. (3) Autore: Massimo Salani.
  • 8. 8 nell’ospedale gli ammalati poveri e condivise nel corpo e nell’anima la passione di Cristo. Nacque a Maurs (Cantal) verso il 1300; i suoi genitori, Pons e Melhor, ebbero tre figli e sette figlie, di cui quattro si dovevano fare religiose a Beaulieu. Flora non contava che quattordici anni quando entrò presso le religiose dell’ospedale di Beaulieu, fondato per i pellegrini verso il 1240 da Guiberto de Thémines e da sua moglie Aigline sulla strada da Figeac a Rocamadour, presso St-Julien d’Issendolus (Lot), dove dal 1298 si seguiva la regola degli Ospitalieri di s. Giovanni di Gerusalemme. Nel suo convento Flora fu sottoposta a grandi prove interiori. Ella, che aveva lasciato il mondo per fare penitenza, temeva di dannarsi restando in questa casa dove non le mancava niente. Ma un religioso la rassicurò dicendole che questa abbondanza sarebbe stata per lei un’occasione di grandi meriti se per amor di Dio si fosse astenuta dal superfluo. Subì anche molte tentazioni contro la castità - il demonio le ricordava le parole di Dio: “Crescete e moltiplicatevi” - e ne fu così turbata da essere considerata folle dalle sue consorelle. Tante difficoltà furono ricompensate da favori mistici; per tre mesi il Signore le apparve sotto la fugura di un angelo che era dipinto sotto il chiostro del convento e le fece comprendere che le sofferenze che sopportava l’associavano alla sua passione. In una festa d’Ognissanti, mentre si cantava “Vidi turbam magnam” ebbe la visione dei santi in Paradiso. Si confessava e assisteva alla Messa ogni giorno, ma, secondo l’uso del tempo, non si comunicava che la domenica e nei giorni di festa. Meditava diligentemente la pasione di Cristo, aiutandosi con l’Ordine della Croce di s. Bonaventura, cioè, probabilmente, l’Officium de Passione Domini composto da questo santo. Mostrava una devozione particolare per la Vergine Maria nel mistero dell’Annunciazione, per s. Giovanni Battista patrono del suo Ordine, per s. Pietro e s. Francesco. Flora morì nel 1347. Numerosi miracoli ebbero luogo sulla tomba, ciò che indusse l’abate di Figeac a procedere all’elevazione del corpo l’11 giugno 1360. Un secolo più tardi un autore anonimo compose una raccolta di centonove racconti di prodigi o miracoli attribuiti alla sua intercessione; questi miracoli, che avvennero nell’Alvernia, nel Limosino, nel Rouergue, nel Périgord, nella Guascogna e a Montpellier, attestano l’estensione del suo culto. Tuttavia solo nel sec. XVIII la festa di Flora, fissata al 5 ottobre, entrò nel Proprio della diocesi di Cahors. Nell’Ovest della Francia è invocata durante i temporali insieme con s. Barbara e s. Chiara. La Vita di s. Flora fu scritta il latino dal suo confessore; il testo si è perduto, ma se ne è conservata una traduzione nel dialetto di Quercy fatta alla fine del sec. XV dall’autore anonimo che redasse la raccolta dei suoi miracoli(4). Santa Toscana Vedova 14 luglio La santa vedova Toscana a dispetto del nome era in realtà veneta, nativa di Zevio, nei pressi di Verona, ove vide la luce verso la fine del XIII secolo. Nel 1310 convolò a nozze con il veronese Alberto Canoculi (cioè “Dagli Occhi di Cane”), con il quale visse castamente il rapporto coniugale. Quattro anni dopo Tostana si trasferì a Verona, ove prese dimora presso una casupola sul colle di San _______________ (4) Autore: Philippe Rouillard
  • 9. 9 Zeno in Monte. Poté così dedicarsi interamente all’assistenza dei poveri e degli abbandonati, che era solita visitare e soccorrere nelle loro umili dimore. Rimasta vedova nel 1318, distribuì ai bisognosi tutti i suoi beni ed entrò a far parte dell’Ordine di San Giovanni di Gerusalemme alla cura degli infermi. Prese servizio nell’ospedale dell’ordine in Verona, attiguo alla chiesa del Santo Sepolcro, ove con amorevolezza e carità cristiana si diede tutta al servizio degli ammalati. Stremata dalle fatiche, ma felice del bene compiuto, si spense infine a Verona il 14 luglio 1343. Santa Toscana è ancora oggi sepolta nella chiesa del Santo Sepolcro presso Porta Vescovo in Verona, chiesa detta appunto anche di Santa Toscana, e parecchi devoti sulla sua tomba invocano il suo celeste aiuto. Qui ha sede inoltre la delegazione del Sovrano Ordine di Malta(5) . Beato Gerlando d’Alemagna 19 giugno Le fonti più antiche affermano che il Beato Gerlando di Alemagna, presumibilmente di origini polacche, fosse un cavaliere dell’Ordine degli Ospitalieri di San Giovanni di Gerusalemme, più tardi detti poi Cavalieri di Malta. Giunto in Sicilia al tempo dell’imperatore Federico II Barbarossa, prese dimora presso la chiesetta della Madonna del Tempio a pochi chilometri da Caltagirone, della quale divenne custode, attività consona al suo Ordine di appartenenza. Con amore si fece protettore delle vedove e dei bambini orfani, ed allo stesso tempo si cimentava in aspre pratiche di penitenza. Morì verso l’anno 1279 e ricevette sepoltura nella sua chiesetta. Immediatamente nacque un culto popolare nei confronti del santo cavaliere, per cui una cinquantina di anni dopo, il 19 giugno 1327, i suoi resti furono trasferiti nella basilica di San Giacomo Maggiore in Caltagirone. Qui ancora oggi è conservato il suo teschio in una teca d’argento, che si espone alla pubblica venerazione in svariate occasioni, mentre il resto del corpo si trova nel reliquiario della basilica. La festa del Beato Gerlando ricorre nell’anniversario della traslazione, essendo ignota la data della morte(6) . Beato Adriano Fortescue Martire, domenicano 9 luglio Nato nel 1476 da nobile famiglia nella contea di Devon, cugino di Anna Bolena, si sposò con Anna Stonor da cui ebbe due figlie, poi rimasto vedovo sposò Anna Rede di Boarstall che gli diede tre figli. Il Martirologio Romano al 9 luglio, riporta la celebrazione del beato Adriano Fortescue, padre di _______________ (5) Autore: Fabio Arduino (6) Autore: Fabio Arduino
  • 10. 10 famiglia, martire in Inghilterra; egli è il secondo beato che subì il martirio in ordine di tempo, dopo il primo glorioso gruppo di 19 beati Certosini di Londra, impiccati nel tristemente famoso Tyburn di Londra, il 4 maggio e il 15 giugno 1535, nella sanguinosa e lunga persecuzione contro i cattolici in Gran Bretagna. Adriano Fortescue fu giudice di pace per la contea di Oxford, cavaliere dell’Ordine del Bagno, membro del Sovrano Ordine di Malta e Terziario Domenicano nella Fraternità di Oxford. Uomo di grande spiritualità e vita ascetica, scrisse e firmò una serie di massime nel suo Libro delle Ore, ancora conservato: “Prega continuamente Dio di poter compiere quello che è il suo beneplacito”; “Segui diligentemente le ispirazioni dello Spirito Santo in tutto quello che stai per fare”; “prega per la perseveranza”; “Rinnova ogni giorno i tuoi buoni propositi”; “Qualunque cosa debba fare, falla diligentemente”. Verso la politica e la deplorevole condotta di Enrico VIII, si mostrò sempre prudente e distaccato; ciò nonostante, ma si ignora la causa, fu arrestato il 29 agosto 1334 e rinchiuso nel carcere di Marshalsea, da cui fu liberato nella primavera del 1535; intanto il re con il suo “Atto di supremazia” del 3 novembre 1534, aveva dato inizio allo Scisma Anglicano, appoggiato dalla malvagità di uomini come Tommaso Cromwell, del cardinale Thomas Wolsey e dell’arcivescovo Thomas Cranmur. Adriano venne arrestato una seconda volta nel febbraio 1539 e rinchiuso nella Torre di Londra, dove fu decapitato insieme ad altri, l’8 o il 9 luglio 1539; l’atto di accusa diceva: “Per avere proditoriamente rifiutato il giuramento di fedeltà al re in materia religiosa e commesso altri vari e diversi detestabili tradimenti e suscitata ribellione nel regno”. Il martire, primo fra i laici cattolici a morire per la sua fede in quel periodo, fu beatificato il 13 maggio 1895 da papa Leone XIII(7) . Beato Nuno Alvares Pereira, Fondatore della Casa di Braganza, carmelitano 1 novembre Nacque a Cernache do Bonjardim, nei pressi di Lisbona, il 24 giugno 1360 da don Alvaro Goncalves de Pereira, il quale ricopriva il ruolo di grande maestro di uno dei rami dell'Ordine dei Cavalieri di San Giovanni in Gerusalemme. All'età di tredici anni si trasferì alla corte del re Ferdinando del Portogallo per avviarsi alla carriera militare. Sin da piccolo aveva apprezzato le leggende di re Artù e come Galahad desiderava restare celibe e porsi al servizio del proprio sovrano. Sposò poi invece, a diciassette anni, Leonora de Alvim, da cui ebbe tre figli. Ne rimase vedovo nel 1387. Appena ventitreenne fu designato quale generale al comando delle forze armate portoghesi e l'investitura avvenne per mano del grande maestro dei Cavalieri di Aviz, che dopo due anni acese al trono con il nome di Giovanni I. Godendo di universale rispetto, accompagnò alla vittoria i suoi uomini nella battaglia di Atoleiros combattuta contro l'esercito della Pastiglia. In tal modo il Portogallo ottenne definitivamente l'indipendenza dagli altri regni della penisola iberica. Nel 1422 avvenne quel grande colpo di scena che lasciò stupita l'intera corte: Nuno fondò un nuovo convento carmelitano a Lisbona e vi si ritirò per il resto dei suoi giorni come fratello laico, _______________ (7) Autore: Antonio Borrelli.
  • 11. 11 convento carmelitano a Lisbona e vi si ritirò per il resto dei suoi giorni come fratello laico, assumendo il nome di Nuno de Santa Maria. Il 1° aprile 1431, domenica di Pasqua, mentre era intento a leggere la Passione secondo Giovanni ed aveva appena letto il passo “Ecco tua madre!”, spirò. Tutta la corte intervenne alle solenni esequie ed alla sepoltura nel convento carmelitano di Lisbona di colui che già era acclamato dal popolo santo ed eroe nazionale. Inoltre, poiché sua figlia Beatrice era andata in sposa al duca di Braganca Alfonso, figlio primogenito del re Joao I, Nuno è a tutti gli effetti considerato il fondatore di questo casato che regnò sul Portogallo sino al 1910 con Emanuele II. Il papa Benedetto XV decise di confermare ufficialmente il culto tributato a Nuno Alvares Pereira, riconoscendogli il titolo di “beato” in data 23 gennaio 1918. Il sommo pontefice Pio XII pensò poi di riavviare la causa di canonizzazione il 28 Maggio 1941 e, in seguito ad un avvenuto miracolo utile a tal scopo, il 13 luglio 2003 è stato aperto il processo diocesano per esaminare la condotta di santità del Beato Nuno e dimostrarne le virtù eroiche, attraverso dichiarazioni di santità e raccolta di tutti i documenti che abbiano qualche relazione con la causa. Solo al termine di tale lungo processo Nuno Alvares Pereira potrà eventualmente con la canonizzazione essere proposto quale modello alla Chiesa universale(8) . Beato Carlo I d’Asburgo, Imperatore e Re 21 ottobre Carlo Francesco Giuseppe di Asburgo Lorena, nacque nel castello di Persenburg (Austria) il 17 agosto 1887, dall’arciduca Ottone d’Austria e dall’arciduchessa Maria Giuseppina di Sassonia; ed era pronipote dell’imperatore Francesco Giuseppe I (1830-1916). La buona e devota madre, influenzò fortemente l’animo del giovane principe; ebbe una formazione umanistica sotto la guida di eccellenti precettori; poi proseguì i suoi studi presso il famoso “Schottengymnasium” dei Benedettini di Vienna, dove dai compagni veniva chiamato ‘arcicarlo’. Seguendo le tradizioni della dinastia, finiti gli studi liceali, Carlo divenne ufficiale di cavalleria; uomo di viva intelligenza e dotato di un’enorme memoria, ricevette una formazione universitaria e l’istruzione di Stato Maggiore; fu dislocato in piccole guarnigioni della Baviera e della Galizia e poi a Vienna. Sposò nel 1911 la principessa Zita di Borbone - Parma, dalla loro unione nacquero cinque figli maschi e tre figlie. Per la serie di disgrazie familiari che colpì la dinastia di Francesco Giuseppe, il pronipote Carlo venne a trovarsi in linea di successione, ad essere inaspettatamente erede al trono imperiale. Nel 1915 l’anziano imperatore cercò di introdurre Carlo negli affari di governo; senza coinvolgerlo però in settori essenziali e vitali. Partecipò alla Prima Guerra Mondiale, comandando il XX Corpo dei Cacciatori imperiali “Edelweiss”, dimostrando le sue capacità militari e di coraggio fisico-morale; poi gli fu dato il comando della XII Armata in Galizia, poi ancora quello delle Armate contro i russi diretti da Brusilov, la cui offensiva venne fermata. Dopo l’entrata in guerra della Romania, Carlo vinse la battaglia di Hermannstadt e si accingeva a conquistare anche Bucarest; le sue qualità militari gli vennero riconosciute dal suo Capo di Stato _______________ (8): Autore: Fabio Arduino.
  • 12. 12 Maggiore, il prussiano Hans von Seeckt, che lo considerava un bigotto. Il 21 novembre 1916 morì l’imperatore Francesco Giuseppe I e Carlo in piena Guerra Mondiale, divenne imperatore d’Austria (Carlo I) e re d’Ungheria (Carlo IV). Sin da fanciullo aveva dimostrato una particolare inclinazione verso la religione e la preghiera, si sentiva chiamato alla carità per il prossimo e fin da ragazzo raccoglieva soldi per i poveri. Da giovane ufficiale in Galizia, cercò sempre con successo di elevare la vita morale dei suoi soldati, i quali vedevano in lui il modello dell’uomo cattolico. I suoi principi religiosi lo portarono, da imperatore, a sostituire il feldmaresciallo Conrad, perché agnostico e che all’età di 64 anni aveva sposato una donna divorziata, inoltre aveva usato indiscriminatamente le corti marziali, alienando i cechi dalla Casa d’Austria. Benché fornito di ottima preparazione militare, fu l’unico fra i belligeranti ad accogliere le iniziative di pace di papa Benedetto XV; del resto sin dall’inizio del suo governo era deciso a riportare la pace ai suoi popoli. Intraprese varie iniziative di pacificazione con le altre potenze, senza riuscire a prevalere però nella cerchia dei generali e statisti tedeschi; non andarono in porto nemmeno due tentativi di pace separata, a causa della fiera resistenza del governo italiano e che si seppero poi in giro. Così da parte degli alleati, da parte tedesca e da parte di austriaci pangermanici, fu imbastita una enorme propaganda contro il giovane sovrano, il quale con calunnie venne accusato di essere un debole, un donnaiolo, incompetente, ubriacone e molto dipendente dalla volontà della moglie ‘italiana’. Non riuscì a realizzare una riforma costituzionale dello Stato in forma confederale, per l’opposizione dei nazionalisti austro-pangermanisti e dei circoli governanti ungheresi, capeggiati dal conte Tisza, i quali si rifiutarono in modo assoluto, di dare delle concessioni agli oltre otto milioni di non magiari, presenti in Ungheria. Attorno a sé non trovò nessun uomo politico, disposto ad appoggiare i suoi piani di riforma, anzi il ministro degli esteri conte Czernin, ligio alla prepotenza germanica, entrò ben presto in piena divergenza con il suo sovrano. L’unico consigliere politico di cui dispose, il conte Polzer-Hoditz, divenne bersaglio e vittima di una ben orchestrata campagna denigratoria. Il 4 novembre 1918, a seguito del crollo militare sul fronte italiano, si firmò l’armistizio con l’Italia e come conseguenza la monarchia danubiana decadde e in Austria, il 12 novembre, venne proclamata la Repubblica Austriaca. Carlo si ritirò dapprima in Ungheria, rinunciando ad ogni partecipazione agli affari di Stato, ma senza abdicare come sovrano; poi fino al 24 marzo 1919 visse con la famiglia nel castello di Eckartsan presso Vienna, da dove dovette trasferirsi, sotto protezione britannica in Svizzera; ritenendosi fedele al giuramento fatto all’incoronazione di re dell’Ungheria, fece due tentativi di riprendere il potere in questo Stato, ambedue nel 1921. Ma essi fallirono per l’ostilità di alcune potenze della Piccola Intesa, contrarie ad una restaurazione, nonostante le simpatie verso la sua persona, mostrate dalla Francia e dalla Romania; inoltre il reggente d’Ungheria Nicola von Horthy, si mise contro il re legittimo, nonostante il giuramento che lo legava al sovrano esiliato. I tentativi di riprendere il trono, furono espletati per sua volontà, senza usare la forza militare, risparmiando così un alto costo di vite umane; tale atteggiamento gli costò la corona. Fu fatto prigioniero dal governo del reggente Horthy e consegnato agli inglesi, i quali lo condussero insieme alla moglie Zita ed ai figli a Funchal nell’isola portoghese di Madeira. Senza risorse economiche, la famiglia dovette vivere in uno stato precario, lasciato presto l’albergo che li ospitava, si sistemarono in una villa isolata denominata ‘Villa Quinta do Monte’, che non poteva essere riscaldata.
  • 13. 13 A causa del clima umido e freddo del monte, Carlo si ammalò di una complicata polmonite; il suo cuore già debole non superò la malattia e quindi morì il 1° aprile 1922; venne sepolto nel santuario di ‘Nossa Senhora do Monte’. Sia nella vita privata che in quella pubblica, Carlo aveva cercato in modo sempre più perfetto di ubbidire alle leggi di Dio e della Chiesa, vivendo in modo straordinario le virtù cristiane. Con coraggio straordinario soppresse il duello, disposizione che lo rese fortemente impopolare negli ambienti militari; unito da devozione filiale alla persona del Sommo Pontefice, dimostrava una ubbidienza spirituale al suo magistero. Dotato di una fortissima coscienza di responsabilità sociale, conduceva anche una vita ricca di preghiera che ne tratteggiava l’ascetica. Divenuto sovrano, soppresse le manifestazioni sfarzose della vita di corte, abolì i supplementi per le cariche supreme della corte imperiale-reale, introducendo uno stile di vita decisamente sobrio. Tutta una serie di iniziative sociali a favore dei suoi sudditi, specie i più poveri, furono interrotte per la caduta della monarchia, ma anche nella condizione di esiliato, divenne popolare per il suo senso della giustizia e per la cordialità con i dipendenti, certamente non usuale nella severa corte asburgica. Ultimo sovrano della duplice monarchia austro-ungarica, ne dovette subire il crollo, pur essendo tanto diverso dai suoi predecessori, per la sua religiosità, dirittura morale, visione sociale e riforma di uno Stato assolutista in uno confederale. La Radio Vaticana, il 3 novembre 1949 annunziava l’apertura del processo di beatificazione, gli atti furono consegnati alla Congregazione dei Riti il 22 maggio 1954; a maggio 2003 sono state riconosciute le ‘virtù eroiche’ e quindi il titolo di venerabile. È stato beatificato da Papa Giovanni Paolo II il 3 ottobre 2004(9) . Beato Guglielmo (Vilmos) Apor, Vescovo ungherese, martire 2 aprile Figlio di nobili ungheresi, nacque a Segesvár, diocesi di Alba Julia (odierna Romania), il 29 febbraio 1892, penultimo di nove figli, dei quali quattro morirono in tenera età. La famiglia si era appena trasferita a Vienna, quando anche il padre barone Gábor, morì a soli 47 anni, nel 1898. La madre contessa Fidelia, si interessò da sola dell’educazione dei figli e secondo le consuetudini familiari, terminate le scuole elementari, Vilmos (Guglielmo) fu affidato ai Gesuiti nel collegio di Kalksburg in Austria; dal 1900 frequentò il ginnasio, mentre dal 1906 fu alunno del liceo nel collegio di Kalcsa in Ungheria. In quegli anni maturò in lui la vocazione sacerdotale; ottenuta la maturità, nel 1909 entrò nel seminario di Györ, il cui rettore era un suo parente. Il vescovo Széchényi lo inviò all’Università dei Gesuiti di Innsbruck, dove conseguì la laurea in teologia. A Nagyvárad dove il suo vescovo l’aveva condotto con sé da Györ, venne ordinato sacerdote il 24 agosto 1915; diventò viceparroco a Gyula e in seguito, durante la guerra, fu cappellano militare su un treno ospedale della Croce Rossa. Per un anno, dal 1917 al 1918 fu nominato dal vescovo, docente di teologia dogmatica e prefetto degli studi nel seminario di Nagyvárad. A 26 anni divenne il più giovane parroco d’Ungheria, a Gyula, dove espletò il suo mandato con zelo e comprensione per tutti; il periodo non era dei più felici per l’Ungheria, con il trattato di Trianon, lo Stato era stato smembrato comportando disorientamento, povertà e caos morale. _______________ (9) Autore: Antonio Borrelli.
  • 14. 14 La rivoluzione comunista e l’invasione militare rumena, avevano sconvolto la tranquillità anche della città di Gyula; il giovane parroco diventò punto di riferimento, dimostrando forza d’animo e decisione; fece ripristinare l’insegnamento della religione nelle scuole; si recò alla corte di Bucarest per ottenere la liberazione di alcuni concittadini ostaggio dei soldati rumeni. Nel 1938 l’Ungheria venne a trovarsi confinante col Terzo Reich, dopo l’annessione dell’Austria alla Germania, con conseguente influsso del nazionalsocialismo. Il parroco Vilmos Apor insieme ad altri confratelli si distinse nel segnalare questo pericolo per la nazione ungherese e per la cristianità. Il 21 gennaio 1941 Papa Pio XII lo nominò vescovo di Györ, diocesi fondata da s. Stefano. Nello stesso anno anche l’Ungheria entrò in guerra con la Germania e il nuovo vescovo dovette conformare il clero alla nuova dolorosa situazione; nel 1944 la Germania occupò l’Ungheria e furono emanate le leggi razziali. Il vescovo prese posizione in difesa delle vittime dell’ingiustizia, difese gli ebrei alzando la voce anche contro gli stessi politici al potere, emanò scritti e diverse prediche, condannando le azioni disumane, mettendo a rischio anche la propria sicurezza. Si oppose alla costruzione di un ghetto a Györ e quando iniziarono le deportazioni di massa, creò gruppi di soccorso, lungo il percorso dei convogli che attraversavano la sua diocesi. La città di Györ, posta in posizione strategica, importante nodo ferroviario e centro di produzione bellica, era sempre più spesso bombardata dall’Armata Rossa; il fronte si avvicinò sempre più alla città e il vescovo pur turbato, non volle abbandonare il vescovado; ricevé le notizie che i soldati russi “liberatori” stupravano le donne e uccidevano chi si opponeva a loro e il 29 novembre 1944 esortò quanti erano intenzionati a suicidarsi a conservare la loro vita e affrontare la prova con coraggio. Ci fu a più riprese la conquista della città da parte dei russi, poi ripresa dai tedeschi e, dopo una vasta offensiva, dai russi che iniziarono i combattimenti nella Settimana Santa; la sera del 28 marzo 1945, i primi soldati comparvero nel palazzo vescovile, dove erano rifugiate molte ragazze impaurite. Il vescovo si pose sulla porta delle cantine a sbarrare il passo ai soldati, dicendo che erano sotto la sua protezione; lì restò notte e giorno, il giovedì santo celebrò la sua ultima Messa in cantina. Il venerdì santo poté leggere solo la “Passione di Cristo”, verso le 18,30 si presentarono dei soldati con un maggiore, che a voce alta intimò alle ragazze di uscire per ‘pelare le patate’, il vescovo si oppose, dicendo di prendere gli uomini e le donne anziane volontarie, per quello scopo; intanto i soldati trovate le ragazze, presero a trascinarle fuori, fra le alte grida delle stesse, il vescovo corse gridando ai soldati di uscire, ma questi aprirono il fuoco contro di lui, colpendolo con tre proiettili. In seguito a ciò i soldati si allontanarono dal palazzo e le ragazze furono salve; adagiato su una barella fu trasportato per strade oscure e dissestate al lontano ospedale, dove alla luce di lampade ad olio, in una vasta cantina, fu operato all’addome senza anestetico. Dalle sue labbra uscì solo un sussurro: “Ringrazio Dio che mi ha preparato un Venerdì santo così bello”. Il sabato fu un giorno di sofferenza e preghiera, il mattino della Domenica di Pasqua ricevé la Santa Comunione; poi sopraggiunse la peritonite, si confessò e ricevé l’estrema unzione, esortò per ultimo i suoi sacerdoti perché rimanessero fedeli alla Chiesa, aiutando la desolata patria a risollevarsi dalle macerie. Morì all’alba del lunedì dell’Angelo 2 aprile 1945 e fu sepolto nella cripta della chiesa dei Carmelitani Scalzi. Nel 1948 iniziò a Györ il processo per la sua beatificazione ma poi sopravvenne “la Chiesa del silenzio” e per 40 anni la causa rimase sospesa; nel maggio del 1986 le sue spoglie poterono essere trasferite nella cattedrale di Györ, riprendendo anche le procedure per la causa. L’8 aprile 1997 è stato riconosciuto il suo martirio e quindi secondo le nuove norme, papa Giovanni Paolo II, dopo aver pregato sulla sua tomba nel 1996, durante il suo viaggio in Ungheria, l’ha beatificato domenica 9 novembre 1997, in piazza S. Pietro a Roma(10) . _______________ (10) Autore: Antonio Borrelli.
  • 15. 15 Beato Giovanni XXIII (Angelo Giuseppe Roncalli), Papa 3 giugno Angelo Roncalli nacque a Sotto il Monte, piccolo borgo del bergamasco, il 25 novembre 1881, figlio di poveri mezzadri. Divenuto prete, rimase per quindici anni a Bergamo, come segretario del vescovo e insegnante al seminario. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu chiamato alle armi come cappellano militare. Inviato in Bulgaria e in Turchia come visitatore apostolico, nel 1944 è Nunzio a Parigi, per divenire poi nel 1953 Patriarca di Venezia. Il 28 ottobre 1958 salì al soglio pontificio, come successore di Pio XII, assumendo il nome di Papa Giovanni XXIII. Avviò il Concilio Vaticano II, un evento epocale nella storia della Chiesa. Morì il 3 giugno 1963. Un breve ma intenso pontificato, durato poco meno di cinque anni, in cui egli riuscì a farsi amare dal mondo intero. È stato beatificato il 3 settembre del 2000. E' presente nel Martirologio Romano. A Roma, beato Giovanni XXIII, papa: uomo dotato di straordinaria umanità, con la sua vita, le sue opere e il suo sommo zelo pastorale cercò di effondere su tutti l’abbondanza della carità cristiana e di promuovere la fraterna unione tra i popoli; particolarmente attento all’efficacia della missione della Chiesa di Cristo in tutto il mondo, convocò il Concilio Ecumenico Vaticano II. Nell’aria c’era già l’odore dell’estate, ma il giorno era triste. Quel 3 giugno 1963 una luce si spegneva nel mondo: il “Papa buono” era morto. Calde lacrime solcavano il viso delle tante persone che appresero in quei momenti la notizia della sua scomparsa. Nel suo breve ma intenso pontificato, durato poco meno di cinque anni, Papa Giovanni era riuscito a farsi amare dal mondo intero, che adesso ne piangeva la perdita. Ma già subito dopo la sua morte incominciava il fervore della devozione popolare, che doveva avvolgere la sua figura di una precoce quanto indiscussa aureola di santità, e prendeva avvio il processo di beatificazione: un lavoro ciclopico, durato ben 34 anni, con l’avvicendarsi di diversi Postulatori e montagne di documenti da vagliare prima di pronunciarsi sulla sua eroicità. (…) Il 12 ottobre 1958 Angelo Roncalli era partito alla volta di Roma per partecipare insieme agli altri cardinali al conclave, ma non immaginava assolutamente di essere eletto Papa. Il suo desiderio era sempre stato quello di essere un pastore di anime, modesto e semplice come un parroco di campagna. Angelino era molto intelligente e terminò le scuole in un lampo, tanto che in seminario era il più giovane della sua classe. A 19 anni aveva completato i corsi, ma per la legge ecclesiastica non poteva essere ordinato sacerdote prima dei 24 anni, così fu mandato a Roma per laurearsi alla Gregoriana. Divenuto prete, rimase per quindici anni a Bergamo, come segretario del vescovo e insegnante al seminario. Allo scoppio della prima guerra mondiale fu chiamato alle armi come cappellano militare. Nel 1921 Roncalli è a Roma e, successivamente, viene inviato in Bulgaria e in Turchia come visitatore apostolico: iniziava così la sua carriera diplomatica. Nominato Nunzio a Parigi nel 1944, diventa Patriarca di Venezia nel 1953. Un’esistenza piuttosto appartata, senza fatti eclatanti, fino all’elezione al soglio di Pietro. Aveva allora 77 anni ed aveva già fatto testamento. Intendeva essere sepolto a Venezia e si era fatto costruire la tomba, nella cripta di S. Marco. Era naturale che ritenesse ormai imminente il suo commiato dal mondo. L’anno prima, 1957, aveva scritto infatti nel suo diario: “O Signore, siamo a sera. Anni settantasei in corso. Grande dono del Padre celeste la vita. Tre quarti dei miei contemporanei sono passati all’altra riva. Dunque anch’io mi debbo tener preparato al grande momento…”. Ma le vie del Signore sono sovente imprevedibili. Il 28 ottobre 1958 l’allora cardinale e patriarca di Venezia salì al soglio pontificio, come successore di Pio XII, e molti ne restarono sorpresi. Un vecchio avrebbe dovuto reggere la Chiesa? I giornali presto ci ricamarono su perché veniva da una famiglia di
  • 16. 16 contadini. “Il Papa contadino”, cominciarono a chiamarlo. Ma Roncalli aveva ben chiara la propria missione da compiere. “Vocabor Johannes…”. Mi chiamerò Giovanni, esordì appena eletto. Era il primo punto fermo del suo pontificato. Un nome che era già tutto un programma. E non si smentì. Nel 1959, un anno soltanto dopo la sua elezione, “tremando un poco di commozione, ma insieme con umile risolutezza di proposito”, come disse ai cardinali riuniti, annunciò il Concilio Vaticano II. Un evento epocale, destinato a cambiare il volto della Chiesa, a segnare un netto spartiacque nella storia della cristianità. (…) Fu il leit-motiv della sua vita e del suo pontificato. Dopo la S. Messa, nulla era per lui più importante del Rosario. Ogni giorno lo recitava per intero, meditando su ogni mistero. “Sono entusiasta - egli diceva - di questa devozione, soprattutto quando è capita ed appresa bene. Il vero Rosario è il cosiddetto Rosario meditato. Questo supplisce a molte altre forme di vita spirituale. È meditazione, supplicazione, canto ed insieme incantesimo delle anime. Quanta dolcezza e quanta forza in questa preghiera!”. Durante il suo pontificato fu pubblicato su “L’Osservatore Romano” un suo “Piccolo saggio di devoti pensieri distribuiti per ogni decina del Rosario, con riferimento alla triplice accentuazione: mistero, riflessione ed intenzione”: in una scrittura limpida e chiara c’è il succo delle riflessioni che egli veniva maturando nella personale preghiera del S. Rosario. “Nell’atto che ripetiamo le Avemarie, quanto è bello contemplare il campo che germina, la messe che s’innalza…”, diceva con efficace metafora presa da quel mondo contadino a lui così familiare. “Ciascuno avverte nei singoli misteri l’opportuno e buon insegnamento per sé, in ordine alla propria santificazione e alle condizioni in cui vive”. Attento ai segni dei tempi, Papa Giovanni promosse l’ecumenismo e la pace. Uomo del dialogo e della viva carità, fece sentire a tutti gli uomini, anche ai non cattolici e ai lontani, l’amicizia di Dio. La sua spiritualità, delicata e robusta al tempo stesso, aveva, come abbiamo visto, le sue radici in Maria. A Lei sempre si rivolgeva, in Lei confidava. Anche il miracolo, la guarigione “clinicamente inspiegabile” di una suora malata di cancro, grazie a cui è ora elevato alla gloria degli altari, si è realizzato nel segno di Maria. Suor Caterina Capitani, delle Figlie della Carità, era affetta da un tumore allo stomaco che l’aveva ridotta in fin di vita. Papa Giovanni era morto da soli tre anni e la suorina con le consorelle l’aveva pregato a lungo, con grande insistenza e fiducia. Quel giorno, era il 25 maggio 1966, il “Papa buono” le apparve e le disse di non temere, perché sarebbe stata guarita, aggiungendo: “Me l’avete strappato dal cuore questo miracolo”. Prima di scomparire però le fece una grande raccomandazione: di pregare sempre il rosario. Era il suo chiodo fisso in vita, era il segreto della sua santità nell’alba eterna che non conosce tramonto(11) . “Tu, padrone della forza, giudichi con mitezza, ci governi con molta indulgenza. Con tale modo di agire hai insegnato al tuo popolo che il giusto deve amare l’umanità” Libro della Sapienza (12, 18-19) _______________ (11) Autore: Maria Di Lorenzo.
  • 17. 17 “Non cercare di diventare un uomo di successo, ma piuttosto un uomo di valore” Albert Einstein Nato nel 1960. Vive tra Roma e Torre Ann.ta. La moglie è biologa, farmacista, assistente sociale e valente docente di Scienze nei Licei Classico e Scientifico statali; il figlio è un brillante matematico universitario. Ruoli: General Manager Villano International Business Team dal 2012, con attività in 16 ambiti di business, consulting & service (tra cui: affari internazionali, immobiliare d’alta gamma, previdenza, edilizia e restauro, import-export, alimentari, informatica, sanità, arte e cultura); Membro (dal 2013), Associate Professor in History of Health Administration Pharmaceutical Department (dal 2014) e Membro Onorario of Ruggero II University of Florida State (BR, Miami, Florida, USA, dal 2015); Trader (dal 1976), Trader operativo finanziario indipendente di borse e forex (dal 1983), Cavaliere S.M.O. di Malta (dal 2002, presentato dal Cavaliere di Giustizia Fra’ Giorgio Maria Castriota Scanderbeg, discendente dell’Eroe fondatore del Regno d’Albania); Presidente della Fondazione sociosanitaria e umanitaria Chiron (dal 1985); Amministratore Unico Chiron Editore (dal 2006). Accademie: Storia Arte Sanitaria-Ministero B.C. (2006), già pontificia Tiberina )2009), Studi Melitensi (2002), Medical Tradition Smithsonian Institution-USA (2010), International Society History Pharmacy, Acc. Italiana Storia Farmacia (2001), Società Napoletana Storia Patria (2008), Nobile Collegio Chimico Farmaceutico (ad honorem, 2006). Oltre 100 conferenze e chairman in decine di congressi. Collabora con importanti Riviste nazionali e internazionali. È Advisory Board Member per l’Editore statunitense DPC, che pubblica in oltre 150 nazioni. Studi: classici; laurea e abilitazione: Farmacia (1985); corsi certificati di: Piante officinali, Tecniche cosmetiche, Sicurezza aziendale, Haccp, Storia, Dottrina sociale Chiesa, Teologia. Lauree honoris causa: Scienze Umane e Sociali (2009); Storia e Filosofia (2010); Scienze Comunicazione (2013); Diplomazia e Studi internazionali (2015). Master h.c.: Science Medical Ethics (2010). È stato: autore, organizzatore e chairman Corso Sicurezza per manager, ottenendo Alti Patronati di Capo dello Stato e ONU (2000), Consigliere diplomatico Aerec dpt ENVA 2011-15, Segretario International Committee Biothecnologies Wabt-Unesco 2008-13, membro World Academy Biomedical Technology (Unesco 2007-12), 11 anni in Comitato scientifico sicurezza sanitaria di IBD (azienda responsabile sicurezza Tribunali Corte Appello Napoli), CdA Fondazione Beaumont Onlus ricerche su cancro presieduta dal condidato al Nobel Tarro e con il Prefetto Napoli (2011-12), Accademico Europeo per le Relazioni Economiche e Culturali 2004-2015. Per 32 anni socio e titolare di un’importante farmacia, fino al 2010. Socio dal 1990, Segretario a 29 anni 1990-95 (tra i più giovani d’Italia), Presidente 2000-01 Rotary Club Pompei-Vesuvio, 14 anni Delegato dei Governors per Archivio Distretto 2100-Italia (oltre 3.000 rotariani e ca 80 Club) e presso I.C.R. per Rotary Italia; in Comm.ni Italia: Etica professionale, Azione Mondiale, Informatica; tra i molti ruoli internazionali: archeologia Pompei-Cartagine; Comitato Premio Magna Grecia; autore e presentatore al Consiglio Mondiale di Legislazione del Rotary della Proposta di istituzione Giornata internazionale a tutela della Vita (2001-04). Dal 1986 al 1990 Presidente a Napoli, coordinatore nazionale e fondatore Federazione Giovani Farmacisti; Rappresentante nazionale Sindacato Federativo. Assist. Prof. Microbiologia Fac. F.cia Na (1985-90, Cattedra Prof. Lembo- Ist. Sup. Sanità). Membro Gruppo internaz. di Studio ISHP Storia Farmacopee (Univ. Berna,
  • 18. 18 2012-13). Nell’ambito degli eventi “World no-tobacco day”, ha partecipato a varie iniziative presso il Ministero della Salute. Proponente e padrino di vari Soci Onorari, tra cui: Arciv. di Pompei Mons. Francesco Saverio Toppi, dal 2013 Servo di Dio in Causa di Beatificazione e Canonizzazione (Rotary, 1992); Dino De Laurentiis (proposto nel 2000), produttore cinematografico di Hollywood e Premio Oscar alla carriera (Rotary, 2001); Antonio Greco, Presidente Tribunale TA (Rotary, 2000); Giulio Tarro, virologo Candidato al Premio Nobel per la Medicina 2000 e 2015 (Asas, 2011); Gianni Rivera, Vice Campione del Mondo di Calcio (Aerec, 2012); Patrizio Polisca, già aiutante dei medici di Paolo VI e Giovanni Paolo II e Medico del Papa con Benedetto XVI e Francesco e Direttore Sanitario del Vaticano; Gualtiero Ricciardi, Presidente Istituto Superiore di Sanità. Premi internazionali: Diploma d’Onore per Servizi eccezionali a titolo individuale nelle 5 Vie di Azione da Presidente Rotary International (Evanston 2001: solo 100/anno/1,5 mln soci); Benemerenza Anticrimine- Task Force Rotary Italia, Albania, ex-Jugoslavia, S. Marino (Zurigo 2001); Sapientia Mundi-Etica (Rm 2008); Unione Legion d’Oro-Lavoro (Rm 2010); Veritas in Charitate-Religione (2011); Bonifaciano-Cultura e Società (2011); Norman Ac.-Editoria Medaglia aurata (Rm 2014); Norman Ac.-Sanità Galeno (Rm 2014); Norman Ac.-Sanità 2^ ed. Galeno (Rm 2015); Norman Ac.-Arte fotografica Medaglia aurata (Rm 2015). Premi nazionali: Aesculapius-Sanità Patroc. Presidenza Consiglio Ministri (Rm 1987); LXVIII Piccinini Asas-Mi.BAC-Ricerca storico- scientifica (Rm 2006); LXV Stramezzi-Sanità (Rm 2007); Capitolino-Attività umanitaria (Rm 2010); Tiberino- Cultura (Rm 2012); LXXIV Serono-Storia e Letteratura (Rm 2012), Aerec- Cultura (Rm 2013); Benemerenza al merito Sanità pubblica (Roma, DPR 2013): solo 269 dal 1800; Tiberino-Scienza (Rm 2014); LXXIV Piccinini Asas-Mi.BACT-Ricerca storico-scientifica (Rm 2014); Medaglia d’Argento al merito Sanità pubblica (Roma, DPR 2016); Speciale Asas- Mi.BACT-Studi storici in scienze biomediche e farmaceutiche (Rm 2016). Autore di un’ampia e qualificata produzione letteraria che ammonta a oltre 790 pubblicazioni sanitarie, professionali, scientifiche, storiche, religiose, artistiche, di cui gran parte su riviste dotate di revisione critica, indexate e con impact factor; oltre 50 libri (di cui 14 con complessive 35 edizioni e 19 ristampe, numerosi tradotti anche in inglese, francese, tedesco e spagnolo) con editori prestigiosi come Zanichelli, con patrocini da Ministero Beni Culturali, Unesco, Rotary, Università, ecc., recensiti da Testate di rilievo nazionale, presenti in oltre 120 Biblioteche italiane (tra cui: Quirinale, Accademia Nazionale Scienze, Ministeri) e in oltre 40 Nazioni (tra cui: National Institute Health- USA, Nationale de France, Congress UK), in Istituti di Cultura, Università, Musei. Alla Fiera di Francoforte ha debuttato un suo libro. Oltre 80 opere multimediali (in varie lingue e più edizioni e ristampe ) spesso di notevole pregio e pubblicate con editori e patrocini prestigiosi (tra cui Bayer S.p.A.). Cataloghi: Library of Congress UK Authority (NACO); Bibliothèque nationale de France; Deutsche Nationalbibliothek; Library of National Institutes of Health (NIH) U.S.A.; Biblioteca Magistrale S.M. Ordine di Malta; Biblioteca della Fondazione Vaticana Joseph Ratzinger-Benedetto XVI; 2000 Outstanding Intellectuals IBC-Cambridge UK dal 2010; Opac Sbn con oltre 200 opere; Scheda di Autorità Ministero BAC. Vari libri hanno apprezzamenti da autorità istituzionali, tra cui alcuni regnanti europei e più volte il Capo dello Stato e il Santo Padre. * * * Alcuni libri: Società globale informazione, 1996; Rotary per l’Uomo, 2001; Gestione sicurezza in Farmacia (pres. Dr. Renzulli, già Consulente Sicurezza all’ONU, 2004); Arte e storia Farmacia (pres. Prof. Ledermann, Presid. International Society History Pharmacy, 2 ediz., 2006); Storia e attività del SMOM (4 ediz., 2007); Meridiani farmaceutici tra etica laica e morale
  • 19. 19 cattolica (pres. Prof. Tarro, Comm. Naz.le Bioetica, 3 ediz., 2008); Thesaurus Pharmacologicus (pres. Presid. Farmacisti Italiani Dr. Mandelli 2009); Tempo scolpito in silenzio eternità. Riflessioni su indagine diacronica per memoria homo faber (pres. eminenti storico Fra’ von Lobstein e critico Prof. Carosella, 6 rist., 2010); Attività farmaceutiche Regno di Napoli (pres.: Presid. Acc. It. Storia Farmacia Dr. Corvi, 2010); Logos e teofania nel tempo digitale (pres. Mons. Trafny, Presid. Dpt Scienza-Fede Pontificio Consiglio Cultura, 2012); Aspetti religiosi e dimensione ecclesiale SMOM (2013); Musei di farmacia: eco del passato per un riscatto futuro (pres. Prof. Ledermann, Direttore Biblioteca Svizzera, 2015); Fotografie - circa 200 sue opere, selezionate per temi filosofici e creativi tra quelle realizzate in oltre 40 anni (2015). Tra i multimedia: Cenni arte e storia farmacia (patroc. AISF, 2002); Influenza A/H1N1 (patroc. Unesco, 2009). “Ho imparato così tanto da voi, Uomini… Ho imparato che ognuno vuole vivere sulla cima della montagna, senza sapere che la vera felicità sta nel come questa montagna è stata scalata” Gabriel Garcia Marquez