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Nuove linee di sviluppo nel trattamento
nella ricerca sulla psicoterapia cognitiva
dei sintomi schizofrenici
G. Salvatore, P. Lysaker , P.H. Gumley, R. Popolo, L. Buonocore, G. Dimaggio,
giampaolosalvatore@virgilio.it

1
La CBT si è rapidamente estesa alla schizofrenia e agli
altri distrbi psicotici (Rector & Beck, 2002). Si pone
come obiettivo la correzione delle credenze che
sostengono i sintomi attraverso un processo
collaborativo di valutazione delle stesse e di previsione
delle conseguenze di comportamenti ed eventi.
Alcune evidenze empiriche: (Drury et al, 1996; Gumley et al.,
2003; Lysaker et al, 2009; Pilling et al., 2002).
La Person-Based Cognitive Therapy (Chadwick, 2006)
diverge dalla CBT nello sforzo di muoversi da un
approccio focalizzato sul sintomo a un approccio
focalizzato sulla persona. Si tratta di un trattamento
che integra teoria cognitiva, mindfulness, terapia
centrata sul cliente, e prospetiva socio-evolutiva.
Questo approccio utilizza tecniche cognitive ed
esperenziali per intaccare gli schemi disfunzionali su sè
e promuovere auto-accettazione e autoconsapevolezza.
Altri autori hanno suggerito che la
psicoterapia per la psicosi
può focalizzarsi sui
significati personali e ai
dilemmi psicosociali sottesi
ai sintomi. Su questa
linea si pongono alcuni
approcci che utilizzano
versioni modificate della
terapia psicoanalitica
(Bachmann, Resch, & Mundt 2003;
Hauff et al., 2002; Rosenbaum et al.
2005; France & Uhlin, 2006).
Infine, alcuni approcci si
focalizzano sull’idea che la
terapia possa migliorare le
capacità metacognitive
compromesse (Brune, 2005; Lafargue & Frank, 2009;
McGlade et al., 2008; Stratta et al., 2007; Lysaker, Buck, &
Ringer, 2007) aiutando il soggetto a divenire più

consapevole dei suoi e degli altrui stati mentali
e sviluppando narrazioni più complesse sulla
propria esperienza (Lysaker et al., 2007; Corcoran &
Frith, 2003; Lysaker, Buck, Taylor, & Roe, 2008).
Teoria della mente
Leslie, 1987; Baron-Cohen, Leslie & Frith, 1985; Premack &
Woodruff, 1978
Funzione riflessiva o mentalizzazione
Fonagy, Gergely, Jurist & Target, 2002; Bateman & Fonagy, 2004
Capacità psicologica
Applebaum, 1973; Conte, Plutchik, Jung, Picard, Karasu &
Lotterman, 1990
Metacognizione
Carcione e Falcone, 1999; Semerari, 1999
Capacità metarappresentativa
Semerari et al, 2003; Sperber, 2000
Cognizione Sociale
Brune et al., 2007
Metacognizione: il set di abilità che
consente agli esseri umani di riflettere sui
propri e altrui pensieri e stati emotivi, e di
utilizzare il prodotto di tale riflessione per
padroneggiare gli eventi stressanti e le sfide
dell’arena sociale (Semerari, Carcione, Dimaggio,
Falcone, Nicolò, Procacci et al., 2003; Dimaggio, Semerari,
Carcione, Nicolò, & Procacci, 2007; Dimaggio & Lysaker,
in press).
Metacognizione
L’insieme di abilità che consentono di:
a) Attribuire stati mentali a sé e agli altri a partire da
espressioni facciali, stati somatici, comportamenti ed
azioni;
b) Riflettere sugli stati mentali;
c) Utilizzare le informazioni sugli stati mentali per
compiere scelte, risolvere conflitti psicologici ed
interpersonali, e padroneggiare la sofferenza soggettiva.
Metacognizione e schizofrenia
Le persone con schizofrenia hanno difficoltà a
riflettere sui propri ed altrui pensieri ed emozioni,
comprendere l’ironia,
cogliere le intenzioni
implicite, produrre narrazioni coerenti, e
riconoscersi come fonte dei propri pensieri e azioni
(Brune, 2005; Blakemore et al, 2000; Franck et al 2001; Langdon, et al., 2002;
Lysaker et al., 2005a; Lysaker & Lysaker, 2008; Stratta et al., 2007).
I malfunzionameni metacognitivi hanno un effetto diretto sul
funzionamento sociale (Bora, Eryavuz, Kayahan, Sungu, &
Veznedaroglu, 2006; Brüne, Abdel-Hamid, Lehmkämper, & Sonntag,
2007). Ma sembrano assumere anche un ruolo di mediazione

tra il funzionamento cognitivo e l’adattamento sociale

(Bell,
Tsang, Greig, & Bryson, in press; Lysaker, Shea, Buck, Dimaggio, Nicolò, Procacci
et al., submitted).

La capacità di riconoscere e riflettere sui propri stati mentali è
collegata all'esito delle prestazioni nei programmi riabilitativi:
La disfunzione sociale e la performance lavorativa nella
schizofrenia risultano correlate con la compromissione delle
capacità
metacognitive:
pazienti
con
autoriflessività
danneggiata hanno prestazioni peggiori
(Bora, Eryavuz, Kayahan, Sungu, & Veznedaroglu, 2006; Brüne, Abdel-Hamid,
Lehmkämper, & Sonntag, 2007; Lysaker, Dimaggio, Carcione, Procacci, Buck,
Davis et al., in press; Bell, Tsang, Greig, & Bryson, in press; Lysaker, Shea, Buck,
Dimaggio, Nicolò, Procacci et al., submitted).
Il malfunzionamento della metacognizione
potrebbe rappresentare un ostacolo alla
completa remissione nella schizofrenia,
indipendentemente dalle abilità
neurocognitive (Green, 1995; Lysaker et al.,
2005)
Diversi sintomi della schizofrenia implicano un
fallimento dell’abilità a formulare inferenze plausibili
sull’origine dei propri stati interni (Frith, 1992).
Pazienti con schizofrenia hanno difficoltà a definire le
intenzioni degli altri (Frith, 1992; Brune, 2005;
Harrington et al, 2005) e a comprendere che gli altri
hanno pensieri e sentimenti non correlati con loro
(Nicolò & Nobile, 2003).
La capacità di
riflettere sulla mente
altrui è
stata studiata per
lo più
in termini di ToM,
ed è emersa una
correlazione
significativa tra
deficit di ToM e
sintomi specifici
(e.g., delirio
persecutorio (Frith,
1992; Corcoran et al., 1995;
Corcoran et al., 1997 Frith &
Corcoran, 1996; Randall et al.,
2003; Harrington et al., 2005.)
Valutazione dei sotto-domini della TOM
-socio-cognitivo (ragionamenti sugli stati mentali)
Richiedono l`assimilazione di aspetti contestuali sugli individui
(e.g. ciò che essi sanno o ciò che hanno fatto) al fine di inferire gli
stati mentali.
-socio-percettivo (decodifica degli stati mentali)
Richiedono la capacità di inferire gli stati mentali attraverso
segnali impliciti (e.g., espressioni facciali o movimenti fisici)
Sono funzionalmente e neurologicamente distinte Tager-Flusberg
e Sullivan (2000).
-“mondo reale”
Attinge da entrambi i precedenti aspetti delle abilità ToM.
A. Compiti ToM Socio-Cognitivi
1. Comprensione di credenza falsa e di inganni
Vignette tradizionali, figure in sequenza.
2. Completare storie in cui occorre inferire le intenzioni dei personaggi
3. Comprensione pragmatica del linguaggio
Ironia e Metafore, massime di Grice, Passo-Falso, Allusioni
B. Compiti ToM socio-percettivi
1.Inferire stati mentali dallo sguardo
2.Inferire stati mentali dall`osservazione di forme animate
C. Compiti ToM nel “mondo reale”
•Intervista strutturata
•Analisi delle conversazioni
•Analisi di video di interazioni sociali realistiche
A. Compiti ToM Socio-Cognitivi
Falsa credenza e inganno (FBDS)
Questi compiti usano normalmente vignette con
personaggi che interagiscono tra loro.
Sono comunemente distinti due tipi di compiti:
a) Il primo compito coinvolge l´identificazione
delle credenze sbagliate possedute da un
personaggio della storia;
b) Il secondo compito è più complesso e
richiede la scoperta di credenze false di un
personaggio sullo stato mentale di un altro
personaggio.
Questo compito (o possibili varianti) è stato
usato per esaminare il legame esistente tra
specifici deficit dell'abilità ToM e particolari
sintomi della schizofrenia; in particolarmente
è stato proposto un legame con la paranoia
(Frith, 1992), benché le conclusioni siano
piuttosto equivoche.
Storie con disegni sequenziali
Compiti dei disegni sequenziali di Langdon (Langdon e al., 1997; Langdon &
Coltheart 1999)

Sequenze di Credenze False (per valutare l'abilità ToM richiedendo
l'identificazione di una credenza falsa)
Sequenze Meccaniche (vengono richiesti solo ragionamenti di causa ed effetto)
Sequenze di Copioni sociali (viene richiesto il riconoscimento di routine sociali
quotidiane senza dover fare inferenze sugli stati mentali)
Sequenze di Cattura (disegnate per valutare la capacità di disingaggiarsi, ovvero
la capacità di inibire segnali fuorvianti).

Compiti dei disegni di Brüne (PST). Brüne (2003)
Nella versione più recente, storie orientate a valutare la comprensione di:
1)credenze false di primo e secondo ordine;
2)credenze di terzo ordine;
3)reciprocità (basata su due tipi di scenario: uno riguarda un`azione cooperativa
basata su un mutuo accordo e l`altro un`azione cooperativa per ingannare);
4)inganno;
5)scoperta dell`inganno (richiede la comprensione del fatto che uno dei
personaggi scopra l'intenzione di un altro personaggio di ingannarlo).
Entrambi i PST di Langdon e Brüne hanno dimostrano
l’esistenza di deficit ToM in pazienti schizofrenici,
sono veloci da somministrare e relativamente
indipendenti da fattori culturali.
Nessuno dei due ha dimostrato in modo coerente di
possedere una buona validità discriminante i sintomi
specifici in contrasto con i risultati ottenuti mediante i
compiti FBDS. I PST possono coprire un aspetto del
deficit ToM presente in tutti i pazienti (e anche in
persone con una vulnerabilità alla schizofrenia), mentre
il compito FBDS potrebbe coprire, almeno in parte,
abilità ToM che discriminano tra diversi sotto-tipi di
sintomi.
I risultati ottenuti da entrambi i compiti PST
supportano la tesi secondo cui i deficit dell’abilità
ToM nella schizofrenia siano una variabile di tratto.
Persone con alti livelli di schizotipia funzionano peggio
nelle storie di credenza falsa (ma non nelle altre storie)
nel PST di Langdon (Langdon & Coltheart, 1999).
Marjoram e colleghi (2006) hanno trovato deficit
dell’abilità ToM nei familiari di pazienti schizofrenici
usando il PST di Brüne. Ciò lascia supporre che i
compiti PST possano essere misurazioni più sensibili
dell’abilità ToM in presenza di una vulnerabilità
schizofrenica.
Compiti di completamento di una storia sulla base
dell’inferenza di intenzioni
(AIT) (Brüne, Sarfati & Hardy-Bayle, 2003)
AIT presenta ai partecipanti una sequenza di tre schede
disegnate che mostrano un personaggio che compie un'azione
con una particolare intenzione, che viene suggerita in modo
vago, e si richiede loro di scegliere l`opzione più logica per
completare la quarta sequenza. (e.g. un personaggio scava nella
terra e la quarta scheda rivela l'intenzione di trovare un verme
per pescare). Le alternative della quarta scheda includono: la
risposta corretta, una scelta contestualmente assurda e
pittoricamente simile e altre distrazioni.
Buona validità discriminare pazienti affetti da schizofrenia e
controlli sani.
Comprensione Pragmatica del Linguaggio
Una buona competenza pragmatica richiede la capacità di trascendere
il solo significato letterale delle parole per dedurre e considerare le
credenze e le intenzioni comunicative dell`interlocutore.
-Ironia. Mitchley et al., 1998 - I partecipanti leggevano brevi storie
contenenti un commento e dovevano scegliere fra tre alternative:
un`interpretazione ironica corretta, un`interpretazione scorretta
dell`affermazione ironica, ed a un’ interpretazione letterale scorretta.
- Sarcasmo. Leitman et al., 2006 - Identificazione di parole registrate
come sincere o sarcastiche, basandosi sul “atteggiamento” /intonazione
-Metafora/Ironia/sarcasmo . Langdon et al., 2002 – Lettura di storie e
poi giudizio sull'appropriatezza delle risposte “sì/no” di un
personaggio. La metà delle dichiarazioni erano appropriate: le risposte
corrette includevano espressioni ironiche, metaforiche e letterali.
I pazienti schizofrenici presentano difficoltà nel capire sia l'ironia che
la metafora
Allusioni Hinting Task Corcoran, Mercer e Frith (1995)
Dieci storie sono lette a voce alta. Un personaggio fa un’allusione a un secondo personaggio
e ai partecipanti viene chiesto di identificare il vero significato intenzionale. Ad ogni risposta
sbagliata si offre un suggerimento in più. La somministrazione richiede 5-15 minuti.

Faux Pas (gaffe)
Ailità ToM pragmatica poiché richiede la comprensione delle conseguenze di un FP in un
contesto conversazionale. Ai partecipanti viene chiesto se un FP sia presente e, nel caso lo
sia, viene chiesta una comprensione cognitiva e affettiva di esso – ciò rappresenta una misura
di empatia affettiva tanto quanto dell`abilità ToM (Stone et al., 1990; Martino et al., 2007).

Massime di Paul Grice
Analisi di quanto il soggetto sia aderente alla “regole generali della conversazione”
(Grice,1978); Per rispettare queste regole è necessaria una valutazione dello stato mentale
dell'ascoltatore.
- qualità (dire la verità),
- quantità (fornire l`informazione necessaria, né di più né di meno),
- relazione (essere pertinenti)
- modalità (essere chiari).
Nel test di Concoran e Frith (1996) i partecipanti ascoltano una storia e quindi scelgono una
risposta per ciascuno dei personaggi decidendo tra due alternative, una delle quali aderisce a
ciascuna delle massime.
In termini di validità' discriminante, sia i compiti di Hinting
(Corcoran et al., 1995) che la comprensione delle Massime
di Grice (Corcoran & Frith , 1996) fanno emergere
correlazioni tra un danno di ToM e i sintomi negativi della
malattia. Gli autori hanno riscontrato un legame più sottile
con la paranoia.
I risultati sono meno chiari in relazione alla questione se il
deficit ToM sia di stato o di tratto.
B. Compiti Socio-Percettivi
1. Inferenza di stati mentali dall'espressione visiva
Baron-Cohen et al. (1997, 2001) (Eyes Test) Si chiede ai
partecipanti di scegliere quale tra due stati mentali meglio
descrive lo sguardo fotografato.
-Si esegue in 10/15 minuti, è disponibile in carta e matita o al
computer, e ha norme pubblicate.
-E' adatto a soggetti ad alto funzionamento.
-Permette un esame più ampio della cognizione sociale,
attingendo sia alle abilità ToM che all` identificazione di emozioni
più basilari
I soggetti schizofrenici mostrano una performace peggiore rispetto
ai controlli sani (e.g. Craig et al., 2004). Non vi sono dati
significativi sull’associazione con sintomi specifici.
Non emergono dati univoci circa la distinzione stato/tratto (Bora
et al., 2008; Meyer & Shean, 2006; Kelemen et al., 2004).
2. Analisi del Movimento di Figure Animate
Il senso di agency (possedere uno stato mentale motivato da
intenzioni) è un'abilità ToM basica. Anche forme astratte possono
dare un senso di azione se mostrano movimenti animati (autoazionati) e relazioni causali (e.g. muoversi in risposta l'uno
all`altro) (Blakemore et al., 2003).
“Compito dei Triangoli” (Russell et al., 2006).
Si presentano figure geometriche che si muovono secondo una
modalità
-“casuale”
-“orientata a uno scopo”
-“socialmente complessa” (ToM), dove le figure interagiscono. I
partecipanti descrivono le proprie osservazioni, e le risposte
vengono valutate per accuratezza, appropriatezza dei termini usati
e uso di termini “bersaglio” pertinenti alle condizioni (e.g. termini
relativi a stati mentali per le animazioni ToM).
Tutti i pazienti schizofrenici mostrano una scarsa
performance, soprattutto nell`uso di un linguaggio
appropriato per la descrizione degli stati mentali. Quelli
con sintomi comportamentali e (in misura minore) sintomi
paranoici si distinguevano dai controlli sani su tutti e tre i
parametri di valutazione (Russell et al., 2006).
Blakemore e i suoi colleghi (2003) hanno riscontrato che
soggetti con deliri persecutori tendono a sovrastimare
il senso di agency rispetto ai soggetti senza schizofrenia
paranoica e ai controlli sani
…Ma alcuni autori ritengono
che i pazienti
mostrano un’alterazione
della ToM quando
devono “mentalizzare
sul campo”, mentre
possono in alcuni
casi non mostrare
alcuna alterazione
se non sottoposti
a limiti di tempo
(Brüne et al., 2005)
Di recente sono sempre più numerosi gli sforzi
volti a sviluppare degli strumenti di misurazione
delle abilità ToM ecologicamente più validi.
1. Colloqui Strutturati
Bazin et al. (2005) - Intervista strutturata, Scala di Valutazione dei
Disturbi della Comunicazione in Pazienti con Schizofrenia (SCD).
Gli item dell’abilità ToM valutano difficoltà nelle seguenti aree:
(1)attribuire intenzioni agli altri (e.g. “Che cosa potrebbe pensare il
tuo amico dei tuoi problemi?”);
(2)descrivere l'intenzione dei clinici durante il colloquio (e.g. “Che
cosa pensi che io voglia dire?”),
(3)attribuire un`intenzione a un proprio discorso (e.g. Che cosa stai
cercando di dirmi dicendo quello?”)
(4)attribuire una credenza erronea a un personaggio in una storia
(e.g. “che Cappuccetto Rosso creda, sbagliando, che la nonna sia nel
proprio letto”).
Le risposte sono segnate in una scala a quattro punti. Il test richiede
30 minuti per la somministrazione.
Non è stata ancora incorporata in una ricerca
2. Analisi della Conversazione
McCabe et al. (2004) hanno esaminato colloqui clinici
utilizzando l`analisi conversazionale per misurare le abilità
ToM e, in questo contesto, non hanno riscontrato
malfunzionamenti nelle abilità ToM tra pazienti
schizofrenci. Se i risultati delle analisi conversazionali
fossero replicati anche in altri studi, ciò potrebbe fornire
indicazioni interessanti su quali siano i fattori che si
attivano nel contesto di un colloquio, che aiutano i pazienti
schizofrenici a mostrare il tipo di abilità ToM che
sembrano avere?
3. Analisi di filmati che mostrano scambi sociali del
mondo reale
Kayser e coll. (2006): filmati da film francesi per valutare le abilità
ToM domandando ai partecipanti di spiegare le azioni dei
personaggi nelle varie scene con riferimento ai loro stati mentali.
Jahshan e Sergi (2007): “Il test sulla consapevolezza delle inferenze
sociali” (TASIT; McDonald et al, 2003) per valutare l'abilità ToM in
studenti universitari di cui veniva misurato il livello di schizotipia.
Usa scene video in cui personaggi che interagiscono tra loro per
valutare sia il riconoscimento delle emozioni sia le abilità ToM.
Fino ad ora la ricerca sulla schizofrenia ha usato queste misure ToM
del “mondo reale” molto raramente. Ciò è sorprendente, data la
validità ecologica del TASIT.
Lo stimolo ad utilizzare compiti
ecologicamente validi nasce dal quesito
fondamentale:

Come funziona veramente la
TOM
fuori dal laboratorio?
In generale, i pazienti sono spesso capaci di
ragionare in termini di stati mentali, ma non nel
modo efficiente, rapido ed articolato che è richiesto
per muoversi nel flusso dinamico delle interazioni
quotidiane. Per esempio, può risultare
compromessa la loro capacità di inferire emozioni
dai segnali espressivo-mimici e vocali (Kerr &
Neale, 1993), di comprendere emozioni ed
espressioni mimiche integrando efficacemente le
informazioni riguardanti il contesto
dell’interazione (Green et al., 2005), o di
comprendere il significato degli atti
comunicativi altrui sulla base di sottintesi o altri
segnali spuri (Morrison, Bellack, & Bashore, 1988; Mueser,
Doonan, Penn, Blanchard, Bellack, Nishith, et al., 1996)
…la TOM può funzionare - Abu-Akel (1999; Abu“troppo”, per sopperire alla Akel & Bailey, 2000):
disfunzione dell’e.p.t.
non ToM impairment,
bensì hyper-ToM,
iperplasia di ipotesi e/o
iper-attribuzione di
stati mentali agli altri.
- Frith (2004) overmentalizing, ascrivono
iperattivamente stati
mentali agli altri,
spesso erroneamente.
DEFICIT DEI PROCESSI DI SIMULAZIONE - TEORIA
DELLA SIMULAZIONE (ST)
Gli schizofrenici hanno sintomi perché non simulano
correttamente la mente degli altri. Malfunzionamento dei
neuroni specchio (Gallese, 2001)
 

Leggere la
mente
significa in
gran parte
intuire le
emozioni che
gli altri
provano,
anche quando
esse non sono
dichiarate.
Alterazione dell’ “empathetic perspectivetaking”
I sistemi neural mirror hanno un
ruolo preminente nella comprensione
della mente altrui intesa come e.p.t.
(Gallese, 2001, 2004):
- intenzioni connesse con azioni
scopo-guidate, sulla base
dell’interpretazione del contesto
contingente (Iacoboni et al., 2005)
- sensazioni corporee ed emozioni
dell’altro (Singer et al., 2004; Wicker et
al., 2003)

- segnali linguistici e paralinguistici

(Ferrari et al., 2003; Gallese & Lakoff, 2005;
Tettamanti et al., 2004; Jannerod &
Pacherie, 2004; Salvatore et al., 2007).
I pazienti con schizofrenia mostrano una
ridotta capacità:
- nell’imitare e nel produrre espressioni facciali
rispetto ai controlli sani (Schwartz et al 2006);
- nel riconoscimento dei sentimenti degli altri,
in particolare quelli negativi (Archer, 1992;
Kerr & Neale, 1993; Bell, 1997; Lysaker et al.,
2007);
- nell’attribuire emozioni (positive e negative)
agli altri in base alle circostanze (Langdon et
al. 2006).
Il soggetto andrebbe incontro ad un eccesso di
informazione psicologica (Hemsley, 1993; Kapur, 2003) cui è
difficile dar senso. L’ “hyper-tom” consentirebbe di
organizzare quest’eccesso di informazione. Questo,
assieme all’abbandono del campo intersoggettivo, primo
passo verso l’evitamento sociale, può aprire la strada ad
interpretazioni deliranti delle intenzioni altrui.
Rappresentazione di sé come
vulnerabile
Un elemento che la
schizofrenia ha in
comune con il
disturbo delirante e
con il disturbo
paranoide di
personalità (Janet,1898;
Bleuler,1906; Kretschmer,
1918; Lacan,1932; Kraepelin,
1918; Salvatore et al., 2005,
Salvatore et al.,2010).
Clara, 25 aa (Schizofrenia
paranoide)
- Ritiro sociale
- Allucinazioni uditive
- Delirio persecutorio
(le vicine di casa la spiano
con congegni sofisticati e la
deridono perché non ha il
fidanzato)
Tra gli elementi alla base dei sintomi di
Clara troviamo:
Incapacità di “sintonizzarsi” con l’altro e di
comprendere pre-riflessivamente i segnali
comunicativi dell’altro (disfunzione
empathetic perspective-taking).
T: […] quindi ti capita qualche volta con Stefano di
avere la sensazione che lui dice qualcosa e tu è
come se non afferri?
M: …sempre!…sempre
Questo elemento ricorre e
sembra un nucleo
fondamentale che si riscontra
a prescindere dalla forma che
assume la patologia
schizofrenica
MARA (Schizofrenia disorganizzata)

Metacognition-Oriented Therapy for
promoting self-awareness in
schizophrenia sufferers
G. Salvatore, P.H. Lysaker, A. Gumley, R. Popolo, M.
Procacci, J. Mari & G. Dimaggio.

Manuscript in press
P: in quel momento…non riuscivo a capire,
cioè non riesco a capire proprio…
l’atteggiamento suo […] Cioè, non ne capisco
la ragione il motivo il senso
ALFREDO
(Schizofrenia
residuale)
Quadro clinico (1)








Povertà di azione intenzionale (scarsa
iniziativa,
rallentamento,
riduzione
automaticità dei movimenti);
Povertà del linguaggio e del discorso
(scarsissima produzione verbale intenzionale,
elevato t.d.l. nella risposta verbale ed
espressiva);
Anedonia (perdita di interesse e senso di
gratificazione);
Appiattimento affettivo (riduzione della
gestualità,
invariabilità
mimica,
scarsa
sincronizzazione espressiva nella relazione).
Quadro clinico (2)






Ritiro sociale (conseguenza della cronica
incapacità di comprendere il significato dei
segnali interpersonali dell’altro, che genera
rabbia, violenza verbale, ritiro dalla relazione).
A questo ritiro contribuisce un effettivo
scadimento della abilità sociali.
Stabilità clinica: nessuna variazione del t.f. nei
6 mesi precedenti.
Pz: […] perché ogni volta…arriva a un certo
punto che non riesco a capire il discorso e allora
inizio a sbroccà…tipo ieri mi so’ litigato…perché
lui a un certo punto ha detto ‘te parto de
capoccia’ allora io non ho capito se me l’ha detto
per scherzà o se me l’ha detto veramente…e
allora io ho cominciato a bestemmià e me ne so’
andato […] perché io non riesco a capì quello
che vuole dire l’altro…
?
In che modo le capacità
metacognitive “reali” possono
essere valutate nel contesto
della psicoterapia e della
riabilitazione?
Valutazione Breve della Teoria della Mente
(Bell et al, 2010)
i. Test di falsa credenza/inganno basati su storie e su
compiti non-verbali (PS);
ii. Test di Comprensione del Linguaggio Pragmatico
(allusioni, ironia o sarcasmo, faux pas);
iii. Compito sociale-percettivo (Eyes test se si è
interessati al riconoscimento delle emozioni; Test del
Triangolo se si è interessati agli errori attribuzionali
nei paranoici; o entrambi).
La cognizione
sociale/metacognizione
non è fatta di sola TOM
Scala di valutazione dell’autoriflessività








Il primo step prevede il riconoscimento da parte del
paziente di essere in possesso di funzioni mentali.
Il secondo step prevede il riconoscimento da parte del
paziente che i pensieri che hanno appartengono a loro
stessi.
Il terzo step richiede che siano in grado di distinguere e
differenziare le operazioni cognitive (es. Ricordare,
fantasticare, sognare, desiderare, decidere e prevedere).
Il quarto step prevede che i pazienti definiscano e
distinguano i propri stati emotivi.
Il quinto step richiede che i pazienti riconoscano che le loro
idee su se stessi e sul mondo sono passibili di errore.

Addressing Metacognitive Capacity in the Psychotherapy for Schizophrenia: A conceptual
model of the key tasks and processes. Paul H. Lysaker, Kelly D Buck, Antonino Carcione,
Michele Procacci, Giampaolo Salvatore, Giuseppe Nicolò, Giancarlo Dimaggio
In press
Scala di valutazione dell’autoriflessività
Il

sesto step prevede la capacità di riconoscere l’impatto limitato
che le aspettative, i pensieri e i desideri hanno sulla realtà.
Il settimo step prevede che i pazienti riconoscano che il loro
comportamento può essere influenzato dal funzionamento
cognitivo o emotivo e dalle relazioni sociali.
L’ottavo step richiede la costruzione di una descrizione completa
degli stati mentali dei pazienti e/o dei processi interpersonali in cui
sono coinvolti, facendo una distinzione tra elementi cognitivi e/o
emotivi.
Infine, il nono step prevede che i clienti siano in grado di
integrare in una narrativa complessa e coerente le loro diverse
modalità di funzione cognitiva e/o emotiva.
Addressing Metacognitive Capacity in the Psychotherapy for Schizophrenia: A
conceptual model of the key tasks and processes. Paul H. Lysaker, Kelly D Buck,
Antonino Carcione, Michele Procacci, Giampaolo Salvatore, Giuseppe Nicolò, Giancarlo
Dimaggio
In press
Le nostre riflessioni
partono dal contesto della
relazione psicoterapeutica

E’ nella relazione che la
funzione metacognitiva
“reale” viene sollecitata e può
essere migliorata (Fonagy)
Principi generali di intervento




a)

b)

c)

Il terapeuta non deve avere obiettivi ambiziosi di
miglioramento
rapido
delle
funzioni
metacognitive.
Il
terapeuta
deve
agire
come
“protesi
metacognitiva”:
Favorendo espressione dei problemi e sintomi in termini
mentalistici con l’obiettivo di promuovere il recupero di
capacità metacognitive “atrofizzate”,
Fornendo un campo in cui tali capacità possono essere
praticate ed esercitate nella direzione di una crescente
complessità,
Rivedendo in dettaglio il materiale che emerge nel corso
della seduta, aiutando così il paziente a non dimenticare
le conoscenze psicologiche acquisite, utilizzando anche
note scritte da leggere tra una seduta e l'altra.





Il lavoro su questi aspetti si combina con:
Costante attenzione alla regolazione della
relazione terapeutica e alla prevenzione e
riparazione immediata delle rotture della
relazione stessa (Safran & Muran, 2000).
Approccio non autoritario
Validazione emotiva (Linehan, 1993; Dimaggio
et al., 2007).
Principi generali di intervento
sull’autoriflessività










All’inizio di ogni seduta il clinico dovrebbe effettuare una
valutazione della capacità autoriflessiva attuale del
paziente.
Modulare gli interventi in base al livello metacognitivo
accertato.
Invitare il paziente ad operare atti metacognitivi adeguati
al proprio livello effettivo di capacità, al fine di consolidare
tale livello.
Una volta che il paziente è pronto per transitare ad un
livello successivo prossimale di autoriflessività, formulare
interventi appropriati rispetto a quel livello.
Nel caso il paziente mostri una regressione ad un livello
inferiore di autoriflessività, o se nella valutazione iniziale il
terapeuta ha sovrastimato il livello di abilità metacognitiva
del paziente, calibrare gli interventi sul nuovo livello
accertato.
Sintomi (AVU,
ideaz. delirante)
Capace di articolare narrazione

Episodi narrativi:
identificazione emozioni
specifiche e validazione
Link emozioni - sintomi
Link scarsa c.m.a arousal - pensiero
delirante

Non capace di articolare narrazione

Interventi calibrati su
livello metacognitivo
contingente
Indicatori
positivi
relazione

Indicatori
negativi
relazione

Rivalutazione

Evitamento sociale
SVaM autoriflessività
S1 – Il soggetto sa di generare pensieri
S2 – Il soggetto identifica i propri pensieri
S3 – Il soggetto distingue le diverse op. cognitive
S4 – Il soggetto identifica le proprie emozioni
S5 – Il soggetto riconosce fallibilità proprie rappresentazioni
S6 – Il soggetto riconosce impatto limitato che desideri,
rappresentazioni, ecc. hanno su realtà
S7 – Il soggetto riconosce relazione tra comportamento e
pensieri/emozioni e rilevanza contesto interpersonale
S8 – Il soggetto riesce a comprendere e descrivere le
caratteristiche di un proprio stato mentale e la sua
evoluzione nel tempo
S9 – Il soggetto riesce a costruire in modo articolato la propria
esperienza autobiografica
Intervento sul livello S1
P: …perché non la smettono? I marziani mi
vogliono fare impazzire mettendomi in
testa questi pensieri…
[…]
T: sembra che oggi tu stia pensando in
modo molto intenso ai marziani e a quello
che vogliono farti
Lysaker et al., (2010)
Sintomi (AVU,
ideaz. delirante)
Capace di articolare narrazione

Episodi narrativi:
identificazione emozioni
specifiche e validazione
Link emozioni - sintomi
Link scarsa c.m.a arousal - pensiero
delirante

Non capace di articolare narrazione

Interventi calibrati su
livello metacognitivo
contingente
Indicatori
positivi
relazione

Indicatori
negativi
relazione

Rivalutazione

Evitamento sociale
1) Identificazione emozioni specifiche in
episodi narrativi
P: Oggi ho visto un ragazzo sull’autobus che parlava con
un altro e ho sentito una voce che diceva ‘Lo vedi?
Stanno dicendo che non hai il fidanzato e stanno
ridendo di te.’
T: Deve essere stato difficile per te. Puoi aiutarmi a capire
come ti sentivi in quel momento?
P: Uno schifo!
T: Riesci a dirmi se sentivi per esempio paura, rabbia, o
vergogna?
P: Sì, mi vergognavo davanti a quei due ragazzi
(Validazione)
T: Possiamo provare a capire cosa ti faceva vergognare
davanti a loro?
P: Ero vestita male. Non ero carina e sicuramente non gli
piacevo
T: Posso capire che pensare questo di te possa aver
provocato un senso di vergogna o di imbarazzo in quel
momento e che questo ti faccia sentire triste ora. Però
penso anche che queste emozioni ti rendano difficile
vedere le cose molto positive che stai facendo, per
esempio il fatto che stai seguendo la dieta molto
seriamente e hai perso già un po’ dei chili presi per i
farmaci. E questo ha sicuramente già migliorato molto il
tuo aspetto
P: Grazie, forse hai ragione
Perchè gli episodi narrativi emotivamente
marcati?
La modalità autonoetica e la specificità (dettagli
scenario, marcatura emotiva “calda”, ecc.) della
narrazione di episodi emotivamente rilevanti sono
correlate con:






Una diminuzione dell’arousal nelle emozioni
negative (Philippot et al, 2002, 2003)
Una più efficace regolazione emotiva (Philippot,

Bayensm Douilliez & Francart, 2005; Schaefer et al., 2003)
Un’efficace regolazione dell’ansia (Foa & McNally,
1996)
Sintomi (AVU,
ideaz. delirante)
Capace di articolare narrazione

Non capace di articolare narrazione

Episodi narrativi:
identificazione emozioni
specifiche e validazione
Link emozioni - sintomi
Link scarsa c.m.a arousal - pensiero
delirante
Evitamento sociale

Interventi calibrati su
livello metacognitivo
contingente
Indicatori
positivi
relazione

Episodi
autobiografici

Indicatori
negativi
relazione

Rivalutazione
Episodi autobiografici
Situazioni stressanti di vita, in particolare
immediatamente prima dell’esordio dei
sintomi (Kingdon & Turkington, 1994; Angus & McLeod,
2004; Dimaggio et al., 2009; Hermans & Dimaggio, 2004;
Lysaker & Lysaker, 2002; Lysaker, Johnannesen, & Lysaker,
2005).

Poco prima dell’esordio, un senso di
incapacità nel comprendere e fronteggiare
le situazioni di vita (“non capivo niente di quello
che succedeva”)

C. riconoscerà che questo stato è tipico e
ricorrente (“mi sono sempre sentita debole e
sgradevole, anche da piccola”)
Sintomi (AVU,
ideaz. delirante)
Capace di articolare narrazione

Episodi narrativi:
identificazione emozioni
specifiche e validazione
Link emozioni - sintomi
Link scarsa c.m.a arousal - pensiero
delirante

Non capace di articolare narrazione

Interventi calibrati su
livello metacognitivo
contingente
Indicatori
positivi
relazione

Indicatori
negativi
relazione

Rivalutazione

Evitamento sociale
2) Stimolare la comprensione del link
emozioni – emergenza sintomi
T: Una cosa che mi ha colpito nell’episodio che
mi hai raccontato l’altra volta è che hai iniziato
a sentire la voce e a pensare che quei ragazzi
stavano ridendo di te proprio nel momento in
cui hai inziato a pensare di te che non eri carina
e a provare quel senso di vergogna
P: ....Sì, è vero!
Dopo alcune sedute: miglioramento agency
P: Io penso sempre. Voglio raggiungere certi risultati. Questo
è positivo, lo so. Ma è difficile. Riguardo alla dieta, io sento
queste voci, questi pensieri. Da un lato “quanto è buona la
cioccolata”, dall’altro “se non seguo la dieta diventerò di
nuovo grassa”
T: So che sono tutte cose importanti per te...la tua dieta, le
tue difficoltà, ma quello che mi colpisce è che chiami
queste voci “pensieri”
P: Uhm!
T: Questo significa che in questo momento pensi che le voci
siano tuoi pensieri su questi problemi così difficili per te?
P: Sì, sono miei pensieri, anche se qualche volta sono
fortissimi
Sintomi (AVU,
ideaz. delirante)
Capace di articolare narrazione

Episodi narrativi:
identificazione emozioni
specifiche e validazione
Link emozioni - sintomi
Link scarsa c.m.a arousal - pensiero
delirante

Non capace di articolare narrazione

Interventi calibrati su
livello metacognitivo
contingente
Indicatori
positivi
relazione

Indicatori
negativi
relazione

Rivalutazione

Evitamento sociale
3)Stimolare la comprensione del link
incapacità di c.m.a - arousal - pensiero
delirante
Il terapeuta cerca costantemente di favorire
l’identificazione degli stati emotivi; solo in seguito
promuove operazioni di lettura della mente altrui
e la comprensione di come tali operazioni siano
influenzate dallo stato soggettivo.
In questo step va promossa la consapevolezza che
alcune transazioni intersoggettive generano una
difficoltà di comprensione pragmatica della
mente altrui, che a sua volta determina un
incremento di arousal negativo e l’emergenza del
pensiero delirante.
P: correggimi se sbaglio, mi stai
dicendo che quando lei ti ha rivolto la
parola, quello che ti ha detto ti
suonava incomprensibile, allora hai
avuto un’ansia fortissima e si è
affacciata subito la sensazione forte
che stava pensando cose molto
negative di te, per esempio che
nessun ragazzo vuole stare con te!?
L’ intervento non ha lo scopo di
spingere il paziente ad abbandonare
una specifica idea disfunzionale sulle
intenzioni dell’altro, ma di
incrementare la sua capacità di
considerare le rappresentazioni
ideative nella loro relazione stretta
con gli stati emotivi, in modo da
fargli prendere spontaneamente
distanza da idee sostenute troppo
rigidamente
Sintomi (AVU,
ideaz. delirante)
Capace di articolare narrazione

Episodi narrativi:
identificazione emozioni
specifiche e validazione
Link emozioni - sintomi
Link scarsa c.m.a arousal - pensiero
delirante

Non capace di articolare narrazione

Interventi calibrati su
livello metacognitivo
contingente
Indicatori
positivi
relazione

Indicatori
negativi
relazione

Rivalutazione

Evitamento sociale
4) Ridurre l’evitamento sociale
Strategie:
a) Esperienze personali del terapeuta di imbarazzo e
ridotta c.m.a.
b) Promemoria sul significato dell’ansia sociale
(e.g.,“...provare imbarazzo non significa essere o
sembrare stupidi, ma solo imbarazzati, e può
capitare a tutti!”)
c) Esposizione graduale a scambi sociali
d) Accettazione della difficoltà di c.m.a. e della
possibilità di comprendere parzialmente
e) Micro-abilità sociali per fronteggiare la difficoltà di
c.m.a. (“...scusa, non ho capito, che intendi?”)
Dopo tre anni di terapia:
“Oggi mi hanno invitato a prendere un caffè e ci sono
andata senza starci tanto a pensare. Ho parlato solo
con Carla perchè con lei mi sento più sicura”









No ulteriori ricoveri
Scomparsa delirio persecutorio e AVD
Riduzione labilità affettiva
Riduzione evitamento sociale
Prima relazione sentimentale e sessuale
Incremento di capacità di riflettere su stati mentali
propri e altrui
Incremento mastery
Mara (schizofrenia disorganizzata)
Elicitazione episodio narrativo
P: […] con certe mamme indubbiamente alcune volte mi so’
trovata un pochino a disagio, tipo quando c’era l’unico
maschio […] alcune volte mi chiamava, mi si rivolgeva
suuu…faceva delle volte delle battute oppure…eeeh, come
mi si rivolgeva un pochino un po’ pesanteeee
T: ah, mi fa un esempio di una situazione più specifica?
P: cioè, mi chiamava “bionda”, mi chiamava, forse lui penso
che abbia una bancarella, una cosa del genere, quindi è
abituato a scherzare in questo modo un pochino così, però
io di fronte a questo modo di parlare non so tantooo…
T: uhm, ho capito l’argomento generale, ma mi piacerebbe
molto se mi raccontasse una scena, un momento diciamo
P: un momento diii…
T: di questa interazione, che si ricorda
P: lei dice di queste battuteee…
T: eh, proprio del tipo “mentre stavamo là lui m’ha detto, io
quindi mi sono sentita, ecc” cioè un pezzetto di una scena
[…] per esempio in questo momento in cui le ha detto
“bionda”, si è rivolto a lei così, che stava succedendo? Lei
che stava facendo? Mi aiuti ad immaginare la scena.
P: eh, allora, “eccola qua”, allora adesso, poi magari, allora
dico “vabbè che c’è da fare?”
T: allora quest’uomo ha detto “eccola là, è arrivata!”?
P: Sì
T: Ok, allora […] facciamo proprio fotogramma per
fotogramma. Allora lei entra, trova tutte le
persone lì, e questo tizio, questo unico uomo in
mezzo a tutte queste mamme…
P: eh, eh, sì
T: le dice “ah, eccola lì è arrivata”
P: “è arrivata”
Identificazione emozioni
T: perfetto, lei che cosa ha provato in quel momento?
P: in quel momento, dico questo adesso ce l’ha così con me
perché so’ arrivata più tardi? Cioè non riuscivo a capire,
cioè non riesco a capire proprioooo…l’atteggiamento suo
T: ah, non riusciva a capire il senso di quello che le aveva
detto?
P: sì, mi sembra come se mi prendessero, cheeee, questa è
quella che fa menoooo…che ne soooo
T: però la primissima sensazione quale è stata, di non capire,
o aveva un’idea chiara di quello che lui stava dicendo?
P: io dico, ma perché me deve dì così
T: cioè è come dire, non riesco a capire? Non riesco a
comprendere?
P: sì…
T: e…che provava in quel momento?
P: e allora mi mette a disagio e poi dopo anche quando
ioooo…successivamente mi sbalestra un poooo’…
T: e la sensazione, cioè l’emozione è di essere sbalestrata.
Che vuol dire sbalestrata mi sembra di capire anche
dall’espressione ora del suo viso che assomiglia un po’…
P: (pausa) eeehhhhh, perdo un pochino più il controllo allora
cioè mi intristisco
T: ah, un’emozione di tristezza, assomiglia alla tristezza
essere sbalestrato, cioè non comprende il significato di
quello che lui le sta dicendo e prova un’emozione simile alla
tristezza?
P: sì, dopo mi intrist…tisco, sì!
T: uhm, ma questo non capire diciamo l’affermazione che le fa
questo tizio in quel momento…le dà solo tristezza oppure
qualche altra emozione, sensazione?
P: […] mi trovo in difficoltà, e in quel momento gradirei
scomparire proprio
T: quindi non è solo tristezza, …anche un po’
P: eh, sì
T: di imbarazzo, di quando vorremmo essere invisibili
P: sì, di imbarazzo, lo stavo per dire voler essere invisibili
T: quindi una sensazione non solo tristezza, ma proprio
l’imbarazzo, l’ansia di stare di fronte a un pubblico e noi
vorremmo scomparire
P: sì
Il terapeuta non si focalizza per ora sulle strategie di
problem-solving, per esempio su come affrontare
in modo più efficace situazioni interpersonali che
Mara racconta. Egli continua invece ad
incoraggiare lo sviluppo delle capacità
metacognitive necessarie per trovare modalità
adattive per risolvere il più autonomamente
possibile questi ed altri problemi. Gli scenari
narrativi relativi agli episodi problematici vengono
considerati come un’opportunità per esercitare le
capacità metacognitive (Lysaker & Buck, 2010).
Identificazione link emozioni – disfunzione c.m.a.
– emergenza pensiero persecutorio.
T: uhm, però lei ha detto una cosa che insomma voglio capire
meglio perché mi interessa molto. Cioè la sensazione
iniziale quando lui le dice questa frase è quella di non
comprendere
P: […] non comprendooo, dico “perché se la deve prend…
perché dice questoooo, perché staaaa…miiii, perché si
rivolge così a me? Cioè, noooonnn, non ne capisco la
ragione il motivo il senso.
T: eh, diciamo, non comprende che cosaaa, qual è
l’intenzione di questa persona nei suoi confronti? Però poi
lei mi ha detto…
P: dopo la vedo in negativo, la vedo più in negativo
T: cioè c’è prima una sensazione di “che vuole questo?”,
“perchè mi sta dicendo questa cosa?”
P: penso “che cos’è si nota qualche cosa?”, mi vede diversa
daaaaa…
T: uhm
P: dagli altri?
T: ah, però questa è un’ipotesi che le viene in mente?
P: sì
T: infatti mi ha detto diverse ipotesi, cioè, che vede in lei
qualcosa di diverso, che voglia scherzare, o che la voglia
criticare, questa pure prima me l’aveva detta
P: sì
T: queste tre le vengono in mente?
P: sì
T: quindi, mi corregga se sbaglio, perché io ho un’ipotesi,
voglio capire se è giusta… cioè, la prima sensazione è di
non capire è poi le vengono in mente varie ipotesi su
quello che…
P: sì, ci rimango male però, cioè è quasi contestuale, non
capisco ma ci rimango male
T: ah, non capisce però poi, le viene la sensazione che le
dice qualcosa di negativo
P: sì
T: la sensazione che questa persona le diciamo, che questa
persona abbia un’intenzione negativa le viene subito dopo
la sensazione di non capire
P: eh, sì!
T: è un poco come se lei volesse risolvere quella sensazione
di non capire con un’ipotesi che però è negativa?
P: che è negativa, sì
Validazione emotiva
[…]
T: io posso capire che in quello stato di diciamo di imbarazzo
di tristezza o di sensazione di inefficacia perché non so
rispondere quello mi parla e io non so rispondere, non è lo
stato d’animo migliore per interagire.
P: spessooo…
T: …lei giustamente sente che non sviluppa le capacità per
interagire con gli altri. Oh, allora, premesso che quella
sensazione di incertezza, “che mi sta dicendo l’altro?”, no?
“perché lo sta dicendo a me?”, “Perché lo sta dicendo
adesso?”, questa sensazione, Mara, in qualche misura la
possiamo provare tutti. È capitato anche a me. Cioè
qualche volta, per qualche frazione di secondo, chiunque di
noi ha sperimento questa sensazione di non capire al volo
quello che l’altro ci sta dicendo
P: sì!
T: forse a lei succede più frequentemente e più intensamente,
tanto che lei si è abituata a cercare subito una spiegazione
negativa
P: sìì […] sì, infatti l’unico periodo in cui questi equivoci, queste
situazioni non erano dubbiose e la prendevo a ridere è stato
quando sono stata male
T: eh, sì certo
P: riuscivo ad essere più spigliata
T: la buttava sul ridere, quando non stava bene
P: non stavo bene, sennò io di norma sono abituata a fare così
T: a chiudersi un po’
P: sì
T: mi ricordo che qui, le prime volte che veniva non aveva
preso ancora le medicine, parlando di questo argomento,
lei mi disse che una volta al mare era successo che c’erano
delle persone che parlavano e lei non riusciva a
comprendere il senso di quello che stavano dicendo, e sta
cosa da un lato la divertiva, dall’altro la portava a cercare
dei significati…
P: interiori
T: in qualche modo che poi faceva combaciare tutto
P: sì perché io poi mi sentivo come se gli altri mi
conoscessero tutti quanti
T: quindi anche in quel caso lei cercava una spiegazione a
qualcosa che non capiva, solo che la trovava in una
spiegazione un po’ astratta, bizzarra
P: sì
Conclusioni (i)
- La valutazione della metacognizione diverrà presto
una parte regolare nella formulazione del piano di
trattamento per persone con schizofrenia.
- Gli studi mostrano la presenza di malfunzionamenti
metacognitivi nella schizofrenia.
- Il dato più forte suggerisce che la capacità
metacognitiva sia multidimensionale, con sintomi
differenti associati a differenti profili di performance
tra le varie dimensioni.
- Sembra preferibile includere compiti multipli nella
valutazione della metacognizione nella schizofrenia,
e conferire rilevanza a compiti nel “mondo reale”.
Conclusioni (ii)
Le sempre più stringenti evidenze empiriche
della relazione tra disfunzioni metacognitive da
un lato, e sintomi positivi e disfunzioni sociali
della schizofrenia dall’altro, giustificano un
tentativo di sistematizzare l’intervento
terapeutico in chiave metacognitiva
Al momento mancano ricerche su ampi
campioni, ma diversi studi su caso singolo
confermano i benefici a medio-lungo termine di
tale intervento sul piano della remissione
sintomatica e del funzionamento sociale.
Conclusioni (iii)
La ricerca su caso singolo si presta a questi presupposti.
In psicologia della personalità (Borsboom, Mellenbergh, & van
Heerden, 2003), in psicoterapia (Stiles, 2003) e nelle
neuroscienze (Damasio, 1994; Klein Rozendal & Cosmides,
2002) tale metodo è considerato metodo rapido ed efficace
nei primi “stadi” di una teorizzazione; permette un livello di
descrizione e dei analisi dei fenomeni che inevitabilmente
si perde quando si studiano popolazioni ampie di soggetti
(Elliott, Fischer & Rennie, 1999; Mays & Pope, 2000; Stiles,
2003). In questa prospettiva, sarà utile analizzare con la

stessa metodologia altri casi singoli con differenti
caratteristiche di sintomatologia, sesso, età e condizione
socio-economica, nell’intento di corroborare ed arricchire
la complessità della teoria utilizzata.

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Presentazione spr salerno (01) 28196948

  • 1. Nuove linee di sviluppo nel trattamento nella ricerca sulla psicoterapia cognitiva dei sintomi schizofrenici G. Salvatore, P. Lysaker , P.H. Gumley, R. Popolo, L. Buonocore, G. Dimaggio, giampaolosalvatore@virgilio.it 1
  • 2. La CBT si è rapidamente estesa alla schizofrenia e agli altri distrbi psicotici (Rector & Beck, 2002). Si pone come obiettivo la correzione delle credenze che sostengono i sintomi attraverso un processo collaborativo di valutazione delle stesse e di previsione delle conseguenze di comportamenti ed eventi. Alcune evidenze empiriche: (Drury et al, 1996; Gumley et al., 2003; Lysaker et al, 2009; Pilling et al., 2002).
  • 3. La Person-Based Cognitive Therapy (Chadwick, 2006) diverge dalla CBT nello sforzo di muoversi da un approccio focalizzato sul sintomo a un approccio focalizzato sulla persona. Si tratta di un trattamento che integra teoria cognitiva, mindfulness, terapia centrata sul cliente, e prospetiva socio-evolutiva. Questo approccio utilizza tecniche cognitive ed esperenziali per intaccare gli schemi disfunzionali su sè e promuovere auto-accettazione e autoconsapevolezza.
  • 4. Altri autori hanno suggerito che la psicoterapia per la psicosi può focalizzarsi sui significati personali e ai dilemmi psicosociali sottesi ai sintomi. Su questa linea si pongono alcuni approcci che utilizzano versioni modificate della terapia psicoanalitica (Bachmann, Resch, & Mundt 2003; Hauff et al., 2002; Rosenbaum et al. 2005; France & Uhlin, 2006).
  • 5. Infine, alcuni approcci si focalizzano sull’idea che la terapia possa migliorare le capacità metacognitive compromesse (Brune, 2005; Lafargue & Frank, 2009; McGlade et al., 2008; Stratta et al., 2007; Lysaker, Buck, & Ringer, 2007) aiutando il soggetto a divenire più consapevole dei suoi e degli altrui stati mentali e sviluppando narrazioni più complesse sulla propria esperienza (Lysaker et al., 2007; Corcoran & Frith, 2003; Lysaker, Buck, Taylor, & Roe, 2008).
  • 6. Teoria della mente Leslie, 1987; Baron-Cohen, Leslie & Frith, 1985; Premack & Woodruff, 1978 Funzione riflessiva o mentalizzazione Fonagy, Gergely, Jurist & Target, 2002; Bateman & Fonagy, 2004 Capacità psicologica Applebaum, 1973; Conte, Plutchik, Jung, Picard, Karasu & Lotterman, 1990 Metacognizione Carcione e Falcone, 1999; Semerari, 1999 Capacità metarappresentativa Semerari et al, 2003; Sperber, 2000 Cognizione Sociale Brune et al., 2007
  • 7. Metacognizione: il set di abilità che consente agli esseri umani di riflettere sui propri e altrui pensieri e stati emotivi, e di utilizzare il prodotto di tale riflessione per padroneggiare gli eventi stressanti e le sfide dell’arena sociale (Semerari, Carcione, Dimaggio, Falcone, Nicolò, Procacci et al., 2003; Dimaggio, Semerari, Carcione, Nicolò, & Procacci, 2007; Dimaggio & Lysaker, in press).
  • 8. Metacognizione L’insieme di abilità che consentono di: a) Attribuire stati mentali a sé e agli altri a partire da espressioni facciali, stati somatici, comportamenti ed azioni; b) Riflettere sugli stati mentali; c) Utilizzare le informazioni sugli stati mentali per compiere scelte, risolvere conflitti psicologici ed interpersonali, e padroneggiare la sofferenza soggettiva.
  • 9. Metacognizione e schizofrenia Le persone con schizofrenia hanno difficoltà a riflettere sui propri ed altrui pensieri ed emozioni, comprendere l’ironia, cogliere le intenzioni implicite, produrre narrazioni coerenti, e riconoscersi come fonte dei propri pensieri e azioni (Brune, 2005; Blakemore et al, 2000; Franck et al 2001; Langdon, et al., 2002; Lysaker et al., 2005a; Lysaker & Lysaker, 2008; Stratta et al., 2007).
  • 10. I malfunzionameni metacognitivi hanno un effetto diretto sul funzionamento sociale (Bora, Eryavuz, Kayahan, Sungu, & Veznedaroglu, 2006; Brüne, Abdel-Hamid, Lehmkämper, & Sonntag, 2007). Ma sembrano assumere anche un ruolo di mediazione tra il funzionamento cognitivo e l’adattamento sociale (Bell, Tsang, Greig, & Bryson, in press; Lysaker, Shea, Buck, Dimaggio, Nicolò, Procacci et al., submitted). La capacità di riconoscere e riflettere sui propri stati mentali è collegata all'esito delle prestazioni nei programmi riabilitativi: La disfunzione sociale e la performance lavorativa nella schizofrenia risultano correlate con la compromissione delle capacità metacognitive: pazienti con autoriflessività danneggiata hanno prestazioni peggiori (Bora, Eryavuz, Kayahan, Sungu, & Veznedaroglu, 2006; Brüne, Abdel-Hamid, Lehmkämper, & Sonntag, 2007; Lysaker, Dimaggio, Carcione, Procacci, Buck, Davis et al., in press; Bell, Tsang, Greig, & Bryson, in press; Lysaker, Shea, Buck, Dimaggio, Nicolò, Procacci et al., submitted).
  • 11.
  • 12.
  • 13. Il malfunzionamento della metacognizione potrebbe rappresentare un ostacolo alla completa remissione nella schizofrenia, indipendentemente dalle abilità neurocognitive (Green, 1995; Lysaker et al., 2005)
  • 14. Diversi sintomi della schizofrenia implicano un fallimento dell’abilità a formulare inferenze plausibili sull’origine dei propri stati interni (Frith, 1992). Pazienti con schizofrenia hanno difficoltà a definire le intenzioni degli altri (Frith, 1992; Brune, 2005; Harrington et al, 2005) e a comprendere che gli altri hanno pensieri e sentimenti non correlati con loro (Nicolò & Nobile, 2003).
  • 15. La capacità di riflettere sulla mente altrui è stata studiata per lo più in termini di ToM, ed è emersa una correlazione significativa tra deficit di ToM e sintomi specifici (e.g., delirio persecutorio (Frith, 1992; Corcoran et al., 1995; Corcoran et al., 1997 Frith & Corcoran, 1996; Randall et al., 2003; Harrington et al., 2005.)
  • 16. Valutazione dei sotto-domini della TOM -socio-cognitivo (ragionamenti sugli stati mentali) Richiedono l`assimilazione di aspetti contestuali sugli individui (e.g. ciò che essi sanno o ciò che hanno fatto) al fine di inferire gli stati mentali. -socio-percettivo (decodifica degli stati mentali) Richiedono la capacità di inferire gli stati mentali attraverso segnali impliciti (e.g., espressioni facciali o movimenti fisici) Sono funzionalmente e neurologicamente distinte Tager-Flusberg e Sullivan (2000). -“mondo reale” Attinge da entrambi i precedenti aspetti delle abilità ToM.
  • 17. A. Compiti ToM Socio-Cognitivi 1. Comprensione di credenza falsa e di inganni Vignette tradizionali, figure in sequenza. 2. Completare storie in cui occorre inferire le intenzioni dei personaggi 3. Comprensione pragmatica del linguaggio Ironia e Metafore, massime di Grice, Passo-Falso, Allusioni B. Compiti ToM socio-percettivi 1.Inferire stati mentali dallo sguardo 2.Inferire stati mentali dall`osservazione di forme animate C. Compiti ToM nel “mondo reale” •Intervista strutturata •Analisi delle conversazioni •Analisi di video di interazioni sociali realistiche
  • 18. A. Compiti ToM Socio-Cognitivi Falsa credenza e inganno (FBDS) Questi compiti usano normalmente vignette con personaggi che interagiscono tra loro. Sono comunemente distinti due tipi di compiti: a) Il primo compito coinvolge l´identificazione delle credenze sbagliate possedute da un personaggio della storia; b) Il secondo compito è più complesso e richiede la scoperta di credenze false di un personaggio sullo stato mentale di un altro personaggio.
  • 19. Questo compito (o possibili varianti) è stato usato per esaminare il legame esistente tra specifici deficit dell'abilità ToM e particolari sintomi della schizofrenia; in particolarmente è stato proposto un legame con la paranoia (Frith, 1992), benché le conclusioni siano piuttosto equivoche.
  • 20. Storie con disegni sequenziali Compiti dei disegni sequenziali di Langdon (Langdon e al., 1997; Langdon & Coltheart 1999) Sequenze di Credenze False (per valutare l'abilità ToM richiedendo l'identificazione di una credenza falsa) Sequenze Meccaniche (vengono richiesti solo ragionamenti di causa ed effetto) Sequenze di Copioni sociali (viene richiesto il riconoscimento di routine sociali quotidiane senza dover fare inferenze sugli stati mentali) Sequenze di Cattura (disegnate per valutare la capacità di disingaggiarsi, ovvero la capacità di inibire segnali fuorvianti). Compiti dei disegni di Brüne (PST). Brüne (2003) Nella versione più recente, storie orientate a valutare la comprensione di: 1)credenze false di primo e secondo ordine; 2)credenze di terzo ordine; 3)reciprocità (basata su due tipi di scenario: uno riguarda un`azione cooperativa basata su un mutuo accordo e l`altro un`azione cooperativa per ingannare); 4)inganno; 5)scoperta dell`inganno (richiede la comprensione del fatto che uno dei personaggi scopra l'intenzione di un altro personaggio di ingannarlo).
  • 21. Entrambi i PST di Langdon e Brüne hanno dimostrano l’esistenza di deficit ToM in pazienti schizofrenici, sono veloci da somministrare e relativamente indipendenti da fattori culturali. Nessuno dei due ha dimostrato in modo coerente di possedere una buona validità discriminante i sintomi specifici in contrasto con i risultati ottenuti mediante i compiti FBDS. I PST possono coprire un aspetto del deficit ToM presente in tutti i pazienti (e anche in persone con una vulnerabilità alla schizofrenia), mentre il compito FBDS potrebbe coprire, almeno in parte, abilità ToM che discriminano tra diversi sotto-tipi di sintomi.
  • 22. I risultati ottenuti da entrambi i compiti PST supportano la tesi secondo cui i deficit dell’abilità ToM nella schizofrenia siano una variabile di tratto. Persone con alti livelli di schizotipia funzionano peggio nelle storie di credenza falsa (ma non nelle altre storie) nel PST di Langdon (Langdon & Coltheart, 1999). Marjoram e colleghi (2006) hanno trovato deficit dell’abilità ToM nei familiari di pazienti schizofrenici usando il PST di Brüne. Ciò lascia supporre che i compiti PST possano essere misurazioni più sensibili dell’abilità ToM in presenza di una vulnerabilità schizofrenica.
  • 23. Compiti di completamento di una storia sulla base dell’inferenza di intenzioni (AIT) (Brüne, Sarfati & Hardy-Bayle, 2003) AIT presenta ai partecipanti una sequenza di tre schede disegnate che mostrano un personaggio che compie un'azione con una particolare intenzione, che viene suggerita in modo vago, e si richiede loro di scegliere l`opzione più logica per completare la quarta sequenza. (e.g. un personaggio scava nella terra e la quarta scheda rivela l'intenzione di trovare un verme per pescare). Le alternative della quarta scheda includono: la risposta corretta, una scelta contestualmente assurda e pittoricamente simile e altre distrazioni. Buona validità discriminare pazienti affetti da schizofrenia e controlli sani.
  • 24. Comprensione Pragmatica del Linguaggio Una buona competenza pragmatica richiede la capacità di trascendere il solo significato letterale delle parole per dedurre e considerare le credenze e le intenzioni comunicative dell`interlocutore. -Ironia. Mitchley et al., 1998 - I partecipanti leggevano brevi storie contenenti un commento e dovevano scegliere fra tre alternative: un`interpretazione ironica corretta, un`interpretazione scorretta dell`affermazione ironica, ed a un’ interpretazione letterale scorretta. - Sarcasmo. Leitman et al., 2006 - Identificazione di parole registrate come sincere o sarcastiche, basandosi sul “atteggiamento” /intonazione -Metafora/Ironia/sarcasmo . Langdon et al., 2002 – Lettura di storie e poi giudizio sull'appropriatezza delle risposte “sì/no” di un personaggio. La metà delle dichiarazioni erano appropriate: le risposte corrette includevano espressioni ironiche, metaforiche e letterali. I pazienti schizofrenici presentano difficoltà nel capire sia l'ironia che la metafora
  • 25. Allusioni Hinting Task Corcoran, Mercer e Frith (1995) Dieci storie sono lette a voce alta. Un personaggio fa un’allusione a un secondo personaggio e ai partecipanti viene chiesto di identificare il vero significato intenzionale. Ad ogni risposta sbagliata si offre un suggerimento in più. La somministrazione richiede 5-15 minuti. Faux Pas (gaffe) Ailità ToM pragmatica poiché richiede la comprensione delle conseguenze di un FP in un contesto conversazionale. Ai partecipanti viene chiesto se un FP sia presente e, nel caso lo sia, viene chiesta una comprensione cognitiva e affettiva di esso – ciò rappresenta una misura di empatia affettiva tanto quanto dell`abilità ToM (Stone et al., 1990; Martino et al., 2007). Massime di Paul Grice Analisi di quanto il soggetto sia aderente alla “regole generali della conversazione” (Grice,1978); Per rispettare queste regole è necessaria una valutazione dello stato mentale dell'ascoltatore. - qualità (dire la verità), - quantità (fornire l`informazione necessaria, né di più né di meno), - relazione (essere pertinenti) - modalità (essere chiari). Nel test di Concoran e Frith (1996) i partecipanti ascoltano una storia e quindi scelgono una risposta per ciascuno dei personaggi decidendo tra due alternative, una delle quali aderisce a ciascuna delle massime.
  • 26. In termini di validità' discriminante, sia i compiti di Hinting (Corcoran et al., 1995) che la comprensione delle Massime di Grice (Corcoran & Frith , 1996) fanno emergere correlazioni tra un danno di ToM e i sintomi negativi della malattia. Gli autori hanno riscontrato un legame più sottile con la paranoia. I risultati sono meno chiari in relazione alla questione se il deficit ToM sia di stato o di tratto.
  • 27. B. Compiti Socio-Percettivi 1. Inferenza di stati mentali dall'espressione visiva Baron-Cohen et al. (1997, 2001) (Eyes Test) Si chiede ai partecipanti di scegliere quale tra due stati mentali meglio descrive lo sguardo fotografato. -Si esegue in 10/15 minuti, è disponibile in carta e matita o al computer, e ha norme pubblicate. -E' adatto a soggetti ad alto funzionamento. -Permette un esame più ampio della cognizione sociale, attingendo sia alle abilità ToM che all` identificazione di emozioni più basilari I soggetti schizofrenici mostrano una performace peggiore rispetto ai controlli sani (e.g. Craig et al., 2004). Non vi sono dati significativi sull’associazione con sintomi specifici. Non emergono dati univoci circa la distinzione stato/tratto (Bora et al., 2008; Meyer & Shean, 2006; Kelemen et al., 2004).
  • 28. 2. Analisi del Movimento di Figure Animate Il senso di agency (possedere uno stato mentale motivato da intenzioni) è un'abilità ToM basica. Anche forme astratte possono dare un senso di azione se mostrano movimenti animati (autoazionati) e relazioni causali (e.g. muoversi in risposta l'uno all`altro) (Blakemore et al., 2003). “Compito dei Triangoli” (Russell et al., 2006). Si presentano figure geometriche che si muovono secondo una modalità -“casuale” -“orientata a uno scopo” -“socialmente complessa” (ToM), dove le figure interagiscono. I partecipanti descrivono le proprie osservazioni, e le risposte vengono valutate per accuratezza, appropriatezza dei termini usati e uso di termini “bersaglio” pertinenti alle condizioni (e.g. termini relativi a stati mentali per le animazioni ToM).
  • 29. Tutti i pazienti schizofrenici mostrano una scarsa performance, soprattutto nell`uso di un linguaggio appropriato per la descrizione degli stati mentali. Quelli con sintomi comportamentali e (in misura minore) sintomi paranoici si distinguevano dai controlli sani su tutti e tre i parametri di valutazione (Russell et al., 2006). Blakemore e i suoi colleghi (2003) hanno riscontrato che soggetti con deliri persecutori tendono a sovrastimare il senso di agency rispetto ai soggetti senza schizofrenia paranoica e ai controlli sani
  • 30. …Ma alcuni autori ritengono che i pazienti mostrano un’alterazione della ToM quando devono “mentalizzare sul campo”, mentre possono in alcuni casi non mostrare alcuna alterazione se non sottoposti a limiti di tempo (Brüne et al., 2005)
  • 31. Di recente sono sempre più numerosi gli sforzi volti a sviluppare degli strumenti di misurazione delle abilità ToM ecologicamente più validi.
  • 32. 1. Colloqui Strutturati Bazin et al. (2005) - Intervista strutturata, Scala di Valutazione dei Disturbi della Comunicazione in Pazienti con Schizofrenia (SCD). Gli item dell’abilità ToM valutano difficoltà nelle seguenti aree: (1)attribuire intenzioni agli altri (e.g. “Che cosa potrebbe pensare il tuo amico dei tuoi problemi?”); (2)descrivere l'intenzione dei clinici durante il colloquio (e.g. “Che cosa pensi che io voglia dire?”), (3)attribuire un`intenzione a un proprio discorso (e.g. Che cosa stai cercando di dirmi dicendo quello?”) (4)attribuire una credenza erronea a un personaggio in una storia (e.g. “che Cappuccetto Rosso creda, sbagliando, che la nonna sia nel proprio letto”). Le risposte sono segnate in una scala a quattro punti. Il test richiede 30 minuti per la somministrazione. Non è stata ancora incorporata in una ricerca
  • 33. 2. Analisi della Conversazione McCabe et al. (2004) hanno esaminato colloqui clinici utilizzando l`analisi conversazionale per misurare le abilità ToM e, in questo contesto, non hanno riscontrato malfunzionamenti nelle abilità ToM tra pazienti schizofrenci. Se i risultati delle analisi conversazionali fossero replicati anche in altri studi, ciò potrebbe fornire indicazioni interessanti su quali siano i fattori che si attivano nel contesto di un colloquio, che aiutano i pazienti schizofrenici a mostrare il tipo di abilità ToM che sembrano avere?
  • 34. 3. Analisi di filmati che mostrano scambi sociali del mondo reale Kayser e coll. (2006): filmati da film francesi per valutare le abilità ToM domandando ai partecipanti di spiegare le azioni dei personaggi nelle varie scene con riferimento ai loro stati mentali. Jahshan e Sergi (2007): “Il test sulla consapevolezza delle inferenze sociali” (TASIT; McDonald et al, 2003) per valutare l'abilità ToM in studenti universitari di cui veniva misurato il livello di schizotipia. Usa scene video in cui personaggi che interagiscono tra loro per valutare sia il riconoscimento delle emozioni sia le abilità ToM. Fino ad ora la ricerca sulla schizofrenia ha usato queste misure ToM del “mondo reale” molto raramente. Ciò è sorprendente, data la validità ecologica del TASIT.
  • 35. Lo stimolo ad utilizzare compiti ecologicamente validi nasce dal quesito fondamentale: Come funziona veramente la TOM fuori dal laboratorio?
  • 36. In generale, i pazienti sono spesso capaci di ragionare in termini di stati mentali, ma non nel modo efficiente, rapido ed articolato che è richiesto per muoversi nel flusso dinamico delle interazioni quotidiane. Per esempio, può risultare compromessa la loro capacità di inferire emozioni dai segnali espressivo-mimici e vocali (Kerr & Neale, 1993), di comprendere emozioni ed espressioni mimiche integrando efficacemente le informazioni riguardanti il contesto dell’interazione (Green et al., 2005), o di comprendere il significato degli atti comunicativi altrui sulla base di sottintesi o altri segnali spuri (Morrison, Bellack, & Bashore, 1988; Mueser, Doonan, Penn, Blanchard, Bellack, Nishith, et al., 1996)
  • 37.
  • 38. …la TOM può funzionare - Abu-Akel (1999; Abu“troppo”, per sopperire alla Akel & Bailey, 2000): disfunzione dell’e.p.t. non ToM impairment, bensì hyper-ToM, iperplasia di ipotesi e/o iper-attribuzione di stati mentali agli altri. - Frith (2004) overmentalizing, ascrivono iperattivamente stati mentali agli altri, spesso erroneamente.
  • 39. DEFICIT DEI PROCESSI DI SIMULAZIONE - TEORIA DELLA SIMULAZIONE (ST) Gli schizofrenici hanno sintomi perché non simulano correttamente la mente degli altri. Malfunzionamento dei neuroni specchio (Gallese, 2001)   Leggere la mente significa in gran parte intuire le emozioni che gli altri provano, anche quando esse non sono dichiarate.
  • 40. Alterazione dell’ “empathetic perspectivetaking” I sistemi neural mirror hanno un ruolo preminente nella comprensione della mente altrui intesa come e.p.t. (Gallese, 2001, 2004): - intenzioni connesse con azioni scopo-guidate, sulla base dell’interpretazione del contesto contingente (Iacoboni et al., 2005) - sensazioni corporee ed emozioni dell’altro (Singer et al., 2004; Wicker et al., 2003) - segnali linguistici e paralinguistici (Ferrari et al., 2003; Gallese & Lakoff, 2005; Tettamanti et al., 2004; Jannerod & Pacherie, 2004; Salvatore et al., 2007).
  • 41. I pazienti con schizofrenia mostrano una ridotta capacità: - nell’imitare e nel produrre espressioni facciali rispetto ai controlli sani (Schwartz et al 2006); - nel riconoscimento dei sentimenti degli altri, in particolare quelli negativi (Archer, 1992; Kerr & Neale, 1993; Bell, 1997; Lysaker et al., 2007); - nell’attribuire emozioni (positive e negative) agli altri in base alle circostanze (Langdon et al. 2006).
  • 42. Il soggetto andrebbe incontro ad un eccesso di informazione psicologica (Hemsley, 1993; Kapur, 2003) cui è difficile dar senso. L’ “hyper-tom” consentirebbe di organizzare quest’eccesso di informazione. Questo, assieme all’abbandono del campo intersoggettivo, primo passo verso l’evitamento sociale, può aprire la strada ad interpretazioni deliranti delle intenzioni altrui.
  • 43. Rappresentazione di sé come vulnerabile Un elemento che la schizofrenia ha in comune con il disturbo delirante e con il disturbo paranoide di personalità (Janet,1898; Bleuler,1906; Kretschmer, 1918; Lacan,1932; Kraepelin, 1918; Salvatore et al., 2005, Salvatore et al.,2010).
  • 44. Clara, 25 aa (Schizofrenia paranoide) - Ritiro sociale - Allucinazioni uditive - Delirio persecutorio (le vicine di casa la spiano con congegni sofisticati e la deridono perché non ha il fidanzato)
  • 45. Tra gli elementi alla base dei sintomi di Clara troviamo: Incapacità di “sintonizzarsi” con l’altro e di comprendere pre-riflessivamente i segnali comunicativi dell’altro (disfunzione empathetic perspective-taking).
  • 46. T: […] quindi ti capita qualche volta con Stefano di avere la sensazione che lui dice qualcosa e tu è come se non afferri? M: …sempre!…sempre
  • 47. Questo elemento ricorre e sembra un nucleo fondamentale che si riscontra a prescindere dalla forma che assume la patologia schizofrenica
  • 48. MARA (Schizofrenia disorganizzata) Metacognition-Oriented Therapy for promoting self-awareness in schizophrenia sufferers G. Salvatore, P.H. Lysaker, A. Gumley, R. Popolo, M. Procacci, J. Mari & G. Dimaggio. Manuscript in press P: in quel momento…non riuscivo a capire, cioè non riesco a capire proprio… l’atteggiamento suo […] Cioè, non ne capisco la ragione il motivo il senso
  • 50. Quadro clinico (1)     Povertà di azione intenzionale (scarsa iniziativa, rallentamento, riduzione automaticità dei movimenti); Povertà del linguaggio e del discorso (scarsissima produzione verbale intenzionale, elevato t.d.l. nella risposta verbale ed espressiva); Anedonia (perdita di interesse e senso di gratificazione); Appiattimento affettivo (riduzione della gestualità, invariabilità mimica, scarsa sincronizzazione espressiva nella relazione).
  • 51. Quadro clinico (2)    Ritiro sociale (conseguenza della cronica incapacità di comprendere il significato dei segnali interpersonali dell’altro, che genera rabbia, violenza verbale, ritiro dalla relazione). A questo ritiro contribuisce un effettivo scadimento della abilità sociali. Stabilità clinica: nessuna variazione del t.f. nei 6 mesi precedenti.
  • 52. Pz: […] perché ogni volta…arriva a un certo punto che non riesco a capire il discorso e allora inizio a sbroccà…tipo ieri mi so’ litigato…perché lui a un certo punto ha detto ‘te parto de capoccia’ allora io non ho capito se me l’ha detto per scherzà o se me l’ha detto veramente…e allora io ho cominciato a bestemmià e me ne so’ andato […] perché io non riesco a capì quello che vuole dire l’altro…
  • 53. ? In che modo le capacità metacognitive “reali” possono essere valutate nel contesto della psicoterapia e della riabilitazione?
  • 54. Valutazione Breve della Teoria della Mente (Bell et al, 2010) i. Test di falsa credenza/inganno basati su storie e su compiti non-verbali (PS); ii. Test di Comprensione del Linguaggio Pragmatico (allusioni, ironia o sarcasmo, faux pas); iii. Compito sociale-percettivo (Eyes test se si è interessati al riconoscimento delle emozioni; Test del Triangolo se si è interessati agli errori attribuzionali nei paranoici; o entrambi).
  • 56. Scala di valutazione dell’autoriflessività      Il primo step prevede il riconoscimento da parte del paziente di essere in possesso di funzioni mentali. Il secondo step prevede il riconoscimento da parte del paziente che i pensieri che hanno appartengono a loro stessi. Il terzo step richiede che siano in grado di distinguere e differenziare le operazioni cognitive (es. Ricordare, fantasticare, sognare, desiderare, decidere e prevedere). Il quarto step prevede che i pazienti definiscano e distinguano i propri stati emotivi. Il quinto step richiede che i pazienti riconoscano che le loro idee su se stessi e sul mondo sono passibili di errore. Addressing Metacognitive Capacity in the Psychotherapy for Schizophrenia: A conceptual model of the key tasks and processes. Paul H. Lysaker, Kelly D Buck, Antonino Carcione, Michele Procacci, Giampaolo Salvatore, Giuseppe Nicolò, Giancarlo Dimaggio In press
  • 57. Scala di valutazione dell’autoriflessività Il sesto step prevede la capacità di riconoscere l’impatto limitato che le aspettative, i pensieri e i desideri hanno sulla realtà. Il settimo step prevede che i pazienti riconoscano che il loro comportamento può essere influenzato dal funzionamento cognitivo o emotivo e dalle relazioni sociali. L’ottavo step richiede la costruzione di una descrizione completa degli stati mentali dei pazienti e/o dei processi interpersonali in cui sono coinvolti, facendo una distinzione tra elementi cognitivi e/o emotivi. Infine, il nono step prevede che i clienti siano in grado di integrare in una narrativa complessa e coerente le loro diverse modalità di funzione cognitiva e/o emotiva. Addressing Metacognitive Capacity in the Psychotherapy for Schizophrenia: A conceptual model of the key tasks and processes. Paul H. Lysaker, Kelly D Buck, Antonino Carcione, Michele Procacci, Giampaolo Salvatore, Giuseppe Nicolò, Giancarlo Dimaggio In press
  • 58. Le nostre riflessioni partono dal contesto della relazione psicoterapeutica E’ nella relazione che la funzione metacognitiva “reale” viene sollecitata e può essere migliorata (Fonagy)
  • 59. Principi generali di intervento   a) b) c) Il terapeuta non deve avere obiettivi ambiziosi di miglioramento rapido delle funzioni metacognitive. Il terapeuta deve agire come “protesi metacognitiva”: Favorendo espressione dei problemi e sintomi in termini mentalistici con l’obiettivo di promuovere il recupero di capacità metacognitive “atrofizzate”, Fornendo un campo in cui tali capacità possono essere praticate ed esercitate nella direzione di una crescente complessità, Rivedendo in dettaglio il materiale che emerge nel corso della seduta, aiutando così il paziente a non dimenticare le conoscenze psicologiche acquisite, utilizzando anche note scritte da leggere tra una seduta e l'altra.
  • 60.    Il lavoro su questi aspetti si combina con: Costante attenzione alla regolazione della relazione terapeutica e alla prevenzione e riparazione immediata delle rotture della relazione stessa (Safran & Muran, 2000). Approccio non autoritario Validazione emotiva (Linehan, 1993; Dimaggio et al., 2007).
  • 61. Principi generali di intervento sull’autoriflessività      All’inizio di ogni seduta il clinico dovrebbe effettuare una valutazione della capacità autoriflessiva attuale del paziente. Modulare gli interventi in base al livello metacognitivo accertato. Invitare il paziente ad operare atti metacognitivi adeguati al proprio livello effettivo di capacità, al fine di consolidare tale livello. Una volta che il paziente è pronto per transitare ad un livello successivo prossimale di autoriflessività, formulare interventi appropriati rispetto a quel livello. Nel caso il paziente mostri una regressione ad un livello inferiore di autoriflessività, o se nella valutazione iniziale il terapeuta ha sovrastimato il livello di abilità metacognitiva del paziente, calibrare gli interventi sul nuovo livello accertato.
  • 62. Sintomi (AVU, ideaz. delirante) Capace di articolare narrazione Episodi narrativi: identificazione emozioni specifiche e validazione Link emozioni - sintomi Link scarsa c.m.a arousal - pensiero delirante Non capace di articolare narrazione Interventi calibrati su livello metacognitivo contingente Indicatori positivi relazione Indicatori negativi relazione Rivalutazione Evitamento sociale
  • 63. SVaM autoriflessività S1 – Il soggetto sa di generare pensieri S2 – Il soggetto identifica i propri pensieri S3 – Il soggetto distingue le diverse op. cognitive S4 – Il soggetto identifica le proprie emozioni S5 – Il soggetto riconosce fallibilità proprie rappresentazioni S6 – Il soggetto riconosce impatto limitato che desideri, rappresentazioni, ecc. hanno su realtà S7 – Il soggetto riconosce relazione tra comportamento e pensieri/emozioni e rilevanza contesto interpersonale S8 – Il soggetto riesce a comprendere e descrivere le caratteristiche di un proprio stato mentale e la sua evoluzione nel tempo S9 – Il soggetto riesce a costruire in modo articolato la propria esperienza autobiografica
  • 64. Intervento sul livello S1 P: …perché non la smettono? I marziani mi vogliono fare impazzire mettendomi in testa questi pensieri… […] T: sembra che oggi tu stia pensando in modo molto intenso ai marziani e a quello che vogliono farti Lysaker et al., (2010)
  • 65. Sintomi (AVU, ideaz. delirante) Capace di articolare narrazione Episodi narrativi: identificazione emozioni specifiche e validazione Link emozioni - sintomi Link scarsa c.m.a arousal - pensiero delirante Non capace di articolare narrazione Interventi calibrati su livello metacognitivo contingente Indicatori positivi relazione Indicatori negativi relazione Rivalutazione Evitamento sociale
  • 66. 1) Identificazione emozioni specifiche in episodi narrativi P: Oggi ho visto un ragazzo sull’autobus che parlava con un altro e ho sentito una voce che diceva ‘Lo vedi? Stanno dicendo che non hai il fidanzato e stanno ridendo di te.’ T: Deve essere stato difficile per te. Puoi aiutarmi a capire come ti sentivi in quel momento? P: Uno schifo! T: Riesci a dirmi se sentivi per esempio paura, rabbia, o vergogna? P: Sì, mi vergognavo davanti a quei due ragazzi
  • 67. (Validazione) T: Possiamo provare a capire cosa ti faceva vergognare davanti a loro? P: Ero vestita male. Non ero carina e sicuramente non gli piacevo T: Posso capire che pensare questo di te possa aver provocato un senso di vergogna o di imbarazzo in quel momento e che questo ti faccia sentire triste ora. Però penso anche che queste emozioni ti rendano difficile vedere le cose molto positive che stai facendo, per esempio il fatto che stai seguendo la dieta molto seriamente e hai perso già un po’ dei chili presi per i farmaci. E questo ha sicuramente già migliorato molto il tuo aspetto P: Grazie, forse hai ragione
  • 68. Perchè gli episodi narrativi emotivamente marcati? La modalità autonoetica e la specificità (dettagli scenario, marcatura emotiva “calda”, ecc.) della narrazione di episodi emotivamente rilevanti sono correlate con:    Una diminuzione dell’arousal nelle emozioni negative (Philippot et al, 2002, 2003) Una più efficace regolazione emotiva (Philippot, Bayensm Douilliez & Francart, 2005; Schaefer et al., 2003) Un’efficace regolazione dell’ansia (Foa & McNally, 1996)
  • 69. Sintomi (AVU, ideaz. delirante) Capace di articolare narrazione Non capace di articolare narrazione Episodi narrativi: identificazione emozioni specifiche e validazione Link emozioni - sintomi Link scarsa c.m.a arousal - pensiero delirante Evitamento sociale Interventi calibrati su livello metacognitivo contingente Indicatori positivi relazione Episodi autobiografici Indicatori negativi relazione Rivalutazione
  • 70. Episodi autobiografici Situazioni stressanti di vita, in particolare immediatamente prima dell’esordio dei sintomi (Kingdon & Turkington, 1994; Angus & McLeod, 2004; Dimaggio et al., 2009; Hermans & Dimaggio, 2004; Lysaker & Lysaker, 2002; Lysaker, Johnannesen, & Lysaker, 2005). Poco prima dell’esordio, un senso di incapacità nel comprendere e fronteggiare le situazioni di vita (“non capivo niente di quello che succedeva”) C. riconoscerà che questo stato è tipico e ricorrente (“mi sono sempre sentita debole e sgradevole, anche da piccola”)
  • 71. Sintomi (AVU, ideaz. delirante) Capace di articolare narrazione Episodi narrativi: identificazione emozioni specifiche e validazione Link emozioni - sintomi Link scarsa c.m.a arousal - pensiero delirante Non capace di articolare narrazione Interventi calibrati su livello metacognitivo contingente Indicatori positivi relazione Indicatori negativi relazione Rivalutazione Evitamento sociale
  • 72. 2) Stimolare la comprensione del link emozioni – emergenza sintomi T: Una cosa che mi ha colpito nell’episodio che mi hai raccontato l’altra volta è che hai iniziato a sentire la voce e a pensare che quei ragazzi stavano ridendo di te proprio nel momento in cui hai inziato a pensare di te che non eri carina e a provare quel senso di vergogna P: ....Sì, è vero!
  • 73. Dopo alcune sedute: miglioramento agency P: Io penso sempre. Voglio raggiungere certi risultati. Questo è positivo, lo so. Ma è difficile. Riguardo alla dieta, io sento queste voci, questi pensieri. Da un lato “quanto è buona la cioccolata”, dall’altro “se non seguo la dieta diventerò di nuovo grassa” T: So che sono tutte cose importanti per te...la tua dieta, le tue difficoltà, ma quello che mi colpisce è che chiami queste voci “pensieri” P: Uhm! T: Questo significa che in questo momento pensi che le voci siano tuoi pensieri su questi problemi così difficili per te? P: Sì, sono miei pensieri, anche se qualche volta sono fortissimi
  • 74. Sintomi (AVU, ideaz. delirante) Capace di articolare narrazione Episodi narrativi: identificazione emozioni specifiche e validazione Link emozioni - sintomi Link scarsa c.m.a arousal - pensiero delirante Non capace di articolare narrazione Interventi calibrati su livello metacognitivo contingente Indicatori positivi relazione Indicatori negativi relazione Rivalutazione Evitamento sociale
  • 75. 3)Stimolare la comprensione del link incapacità di c.m.a - arousal - pensiero delirante Il terapeuta cerca costantemente di favorire l’identificazione degli stati emotivi; solo in seguito promuove operazioni di lettura della mente altrui e la comprensione di come tali operazioni siano influenzate dallo stato soggettivo. In questo step va promossa la consapevolezza che alcune transazioni intersoggettive generano una difficoltà di comprensione pragmatica della mente altrui, che a sua volta determina un incremento di arousal negativo e l’emergenza del pensiero delirante.
  • 76. P: correggimi se sbaglio, mi stai dicendo che quando lei ti ha rivolto la parola, quello che ti ha detto ti suonava incomprensibile, allora hai avuto un’ansia fortissima e si è affacciata subito la sensazione forte che stava pensando cose molto negative di te, per esempio che nessun ragazzo vuole stare con te!?
  • 77. L’ intervento non ha lo scopo di spingere il paziente ad abbandonare una specifica idea disfunzionale sulle intenzioni dell’altro, ma di incrementare la sua capacità di considerare le rappresentazioni ideative nella loro relazione stretta con gli stati emotivi, in modo da fargli prendere spontaneamente distanza da idee sostenute troppo rigidamente
  • 78. Sintomi (AVU, ideaz. delirante) Capace di articolare narrazione Episodi narrativi: identificazione emozioni specifiche e validazione Link emozioni - sintomi Link scarsa c.m.a arousal - pensiero delirante Non capace di articolare narrazione Interventi calibrati su livello metacognitivo contingente Indicatori positivi relazione Indicatori negativi relazione Rivalutazione Evitamento sociale
  • 79. 4) Ridurre l’evitamento sociale Strategie: a) Esperienze personali del terapeuta di imbarazzo e ridotta c.m.a. b) Promemoria sul significato dell’ansia sociale (e.g.,“...provare imbarazzo non significa essere o sembrare stupidi, ma solo imbarazzati, e può capitare a tutti!”) c) Esposizione graduale a scambi sociali d) Accettazione della difficoltà di c.m.a. e della possibilità di comprendere parzialmente e) Micro-abilità sociali per fronteggiare la difficoltà di c.m.a. (“...scusa, non ho capito, che intendi?”)
  • 80. Dopo tre anni di terapia: “Oggi mi hanno invitato a prendere un caffè e ci sono andata senza starci tanto a pensare. Ho parlato solo con Carla perchè con lei mi sento più sicura”        No ulteriori ricoveri Scomparsa delirio persecutorio e AVD Riduzione labilità affettiva Riduzione evitamento sociale Prima relazione sentimentale e sessuale Incremento di capacità di riflettere su stati mentali propri e altrui Incremento mastery
  • 81. Mara (schizofrenia disorganizzata) Elicitazione episodio narrativo P: […] con certe mamme indubbiamente alcune volte mi so’ trovata un pochino a disagio, tipo quando c’era l’unico maschio […] alcune volte mi chiamava, mi si rivolgeva suuu…faceva delle volte delle battute oppure…eeeh, come mi si rivolgeva un pochino un po’ pesanteeee T: ah, mi fa un esempio di una situazione più specifica? P: cioè, mi chiamava “bionda”, mi chiamava, forse lui penso che abbia una bancarella, una cosa del genere, quindi è abituato a scherzare in questo modo un pochino così, però io di fronte a questo modo di parlare non so tantooo… T: uhm, ho capito l’argomento generale, ma mi piacerebbe molto se mi raccontasse una scena, un momento diciamo P: un momento diii… T: di questa interazione, che si ricorda
  • 82. P: lei dice di queste battuteee… T: eh, proprio del tipo “mentre stavamo là lui m’ha detto, io quindi mi sono sentita, ecc” cioè un pezzetto di una scena […] per esempio in questo momento in cui le ha detto “bionda”, si è rivolto a lei così, che stava succedendo? Lei che stava facendo? Mi aiuti ad immaginare la scena. P: eh, allora, “eccola qua”, allora adesso, poi magari, allora dico “vabbè che c’è da fare?” T: allora quest’uomo ha detto “eccola là, è arrivata!”? P: Sì
  • 83. T: Ok, allora […] facciamo proprio fotogramma per fotogramma. Allora lei entra, trova tutte le persone lì, e questo tizio, questo unico uomo in mezzo a tutte queste mamme… P: eh, eh, sì T: le dice “ah, eccola lì è arrivata” P: “è arrivata”
  • 84. Identificazione emozioni T: perfetto, lei che cosa ha provato in quel momento? P: in quel momento, dico questo adesso ce l’ha così con me perché so’ arrivata più tardi? Cioè non riuscivo a capire, cioè non riesco a capire proprioooo…l’atteggiamento suo T: ah, non riusciva a capire il senso di quello che le aveva detto? P: sì, mi sembra come se mi prendessero, cheeee, questa è quella che fa menoooo…che ne soooo
  • 85. T: però la primissima sensazione quale è stata, di non capire, o aveva un’idea chiara di quello che lui stava dicendo? P: io dico, ma perché me deve dì così T: cioè è come dire, non riesco a capire? Non riesco a comprendere? P: sì… T: e…che provava in quel momento? P: e allora mi mette a disagio e poi dopo anche quando ioooo…successivamente mi sbalestra un poooo’…
  • 86. T: e la sensazione, cioè l’emozione è di essere sbalestrata. Che vuol dire sbalestrata mi sembra di capire anche dall’espressione ora del suo viso che assomiglia un po’… P: (pausa) eeehhhhh, perdo un pochino più il controllo allora cioè mi intristisco T: ah, un’emozione di tristezza, assomiglia alla tristezza essere sbalestrato, cioè non comprende il significato di quello che lui le sta dicendo e prova un’emozione simile alla tristezza? P: sì, dopo mi intrist…tisco, sì! T: uhm, ma questo non capire diciamo l’affermazione che le fa questo tizio in quel momento…le dà solo tristezza oppure qualche altra emozione, sensazione?
  • 87. P: […] mi trovo in difficoltà, e in quel momento gradirei scomparire proprio T: quindi non è solo tristezza, …anche un po’ P: eh, sì T: di imbarazzo, di quando vorremmo essere invisibili P: sì, di imbarazzo, lo stavo per dire voler essere invisibili T: quindi una sensazione non solo tristezza, ma proprio l’imbarazzo, l’ansia di stare di fronte a un pubblico e noi vorremmo scomparire P: sì
  • 88. Il terapeuta non si focalizza per ora sulle strategie di problem-solving, per esempio su come affrontare in modo più efficace situazioni interpersonali che Mara racconta. Egli continua invece ad incoraggiare lo sviluppo delle capacità metacognitive necessarie per trovare modalità adattive per risolvere il più autonomamente possibile questi ed altri problemi. Gli scenari narrativi relativi agli episodi problematici vengono considerati come un’opportunità per esercitare le capacità metacognitive (Lysaker & Buck, 2010).
  • 89. Identificazione link emozioni – disfunzione c.m.a. – emergenza pensiero persecutorio. T: uhm, però lei ha detto una cosa che insomma voglio capire meglio perché mi interessa molto. Cioè la sensazione iniziale quando lui le dice questa frase è quella di non comprendere P: […] non comprendooo, dico “perché se la deve prend… perché dice questoooo, perché staaaa…miiii, perché si rivolge così a me? Cioè, noooonnn, non ne capisco la ragione il motivo il senso. T: eh, diciamo, non comprende che cosaaa, qual è l’intenzione di questa persona nei suoi confronti? Però poi lei mi ha detto… P: dopo la vedo in negativo, la vedo più in negativo
  • 90. T: cioè c’è prima una sensazione di “che vuole questo?”, “perchè mi sta dicendo questa cosa?” P: penso “che cos’è si nota qualche cosa?”, mi vede diversa daaaaa… T: uhm P: dagli altri? T: ah, però questa è un’ipotesi che le viene in mente? P: sì T: infatti mi ha detto diverse ipotesi, cioè, che vede in lei qualcosa di diverso, che voglia scherzare, o che la voglia criticare, questa pure prima me l’aveva detta P: sì T: queste tre le vengono in mente? P: sì
  • 91. T: quindi, mi corregga se sbaglio, perché io ho un’ipotesi, voglio capire se è giusta… cioè, la prima sensazione è di non capire è poi le vengono in mente varie ipotesi su quello che… P: sì, ci rimango male però, cioè è quasi contestuale, non capisco ma ci rimango male T: ah, non capisce però poi, le viene la sensazione che le dice qualcosa di negativo P: sì T: la sensazione che questa persona le diciamo, che questa persona abbia un’intenzione negativa le viene subito dopo la sensazione di non capire P: eh, sì! T: è un poco come se lei volesse risolvere quella sensazione di non capire con un’ipotesi che però è negativa? P: che è negativa, sì
  • 92. Validazione emotiva […] T: io posso capire che in quello stato di diciamo di imbarazzo di tristezza o di sensazione di inefficacia perché non so rispondere quello mi parla e io non so rispondere, non è lo stato d’animo migliore per interagire. P: spessooo… T: …lei giustamente sente che non sviluppa le capacità per interagire con gli altri. Oh, allora, premesso che quella sensazione di incertezza, “che mi sta dicendo l’altro?”, no? “perché lo sta dicendo a me?”, “Perché lo sta dicendo adesso?”, questa sensazione, Mara, in qualche misura la possiamo provare tutti. È capitato anche a me. Cioè qualche volta, per qualche frazione di secondo, chiunque di noi ha sperimento questa sensazione di non capire al volo quello che l’altro ci sta dicendo
  • 93. P: sì! T: forse a lei succede più frequentemente e più intensamente, tanto che lei si è abituata a cercare subito una spiegazione negativa P: sìì […] sì, infatti l’unico periodo in cui questi equivoci, queste situazioni non erano dubbiose e la prendevo a ridere è stato quando sono stata male T: eh, sì certo P: riuscivo ad essere più spigliata T: la buttava sul ridere, quando non stava bene P: non stavo bene, sennò io di norma sono abituata a fare così T: a chiudersi un po’ P: sì
  • 94. T: mi ricordo che qui, le prime volte che veniva non aveva preso ancora le medicine, parlando di questo argomento, lei mi disse che una volta al mare era successo che c’erano delle persone che parlavano e lei non riusciva a comprendere il senso di quello che stavano dicendo, e sta cosa da un lato la divertiva, dall’altro la portava a cercare dei significati… P: interiori T: in qualche modo che poi faceva combaciare tutto P: sì perché io poi mi sentivo come se gli altri mi conoscessero tutti quanti T: quindi anche in quel caso lei cercava una spiegazione a qualcosa che non capiva, solo che la trovava in una spiegazione un po’ astratta, bizzarra P: sì
  • 95. Conclusioni (i) - La valutazione della metacognizione diverrà presto una parte regolare nella formulazione del piano di trattamento per persone con schizofrenia. - Gli studi mostrano la presenza di malfunzionamenti metacognitivi nella schizofrenia. - Il dato più forte suggerisce che la capacità metacognitiva sia multidimensionale, con sintomi differenti associati a differenti profili di performance tra le varie dimensioni. - Sembra preferibile includere compiti multipli nella valutazione della metacognizione nella schizofrenia, e conferire rilevanza a compiti nel “mondo reale”.
  • 96. Conclusioni (ii) Le sempre più stringenti evidenze empiriche della relazione tra disfunzioni metacognitive da un lato, e sintomi positivi e disfunzioni sociali della schizofrenia dall’altro, giustificano un tentativo di sistematizzare l’intervento terapeutico in chiave metacognitiva Al momento mancano ricerche su ampi campioni, ma diversi studi su caso singolo confermano i benefici a medio-lungo termine di tale intervento sul piano della remissione sintomatica e del funzionamento sociale.
  • 97. Conclusioni (iii) La ricerca su caso singolo si presta a questi presupposti. In psicologia della personalità (Borsboom, Mellenbergh, & van Heerden, 2003), in psicoterapia (Stiles, 2003) e nelle neuroscienze (Damasio, 1994; Klein Rozendal & Cosmides, 2002) tale metodo è considerato metodo rapido ed efficace nei primi “stadi” di una teorizzazione; permette un livello di descrizione e dei analisi dei fenomeni che inevitabilmente si perde quando si studiano popolazioni ampie di soggetti (Elliott, Fischer & Rennie, 1999; Mays & Pope, 2000; Stiles, 2003). In questa prospettiva, sarà utile analizzare con la stessa metodologia altri casi singoli con differenti caratteristiche di sintomatologia, sesso, età e condizione socio-economica, nell’intento di corroborare ed arricchire la complessità della teoria utilizzata.

Editor's Notes

  1. Over the last 15 years, research has explored whether schizophrenia fundamentally involves deficits in metacognition. A link between schizophrenia and metacognition seems likely as many symptoms of schizophrenia involve a failure to draw plausible conclusions about the motives of others and the origins of one's internal states (Frith, 1992). As noted in recent reviews by Brune (2005) and Harrington et al. (2005), multiple studies have confirmed that many with schizophrenia experience difficulties apprehending their own thoughts and the thoughts of others and that those deficits are not reducible to a single symptom or cognitive impairment.