1. Il percorso dei Giusti
la memoria del bene
patrimonio dell’umanità
Quel silenzio che opprimeva le coscienze individuali
fu vinto dall’incalzante avanzare dei giusti
2. Secondo quanto sta scritto nel Talmud - monumentale opera della
letteratura ebraica post-biblica, in qualsiasi momento della
storia, ci sono sempre Trentasei Giusti al mondo.
Essi sono nati Giusti, non possono ammettere l'ingiustizia. E'
per amor loro che Dio non distrugge il mondo. Nessuno sa chi
sono, e meno che meno lo sanno loro stessi. Ma sanno
riconoscere le sofferenze degli altri e se le prendono sulle spalle.
3. Esiste un luogo a Gerusalemme, sul monte delle Rimembranze,
che prende il nome di "Parco dei Giusti", dove migliaia di
piante ricordano i nomi di tutti coloro che aiutarono gli ebrei
durante gli anni dell'Olocausto.
4. Tra questi Oskar Schindler. Ragioniere alto, biondo, elegante, nonostante
avesse sulla giacca un grande distintivo del partito nazista, riusciva ancora a
distinguere tra bene e male. Aveva contatti con alti ufficiali nazisti con i quali
beveva per corromperli, ai quali procurava sigarette altre suppellettili di lusso
difficilmente reperibili in quegli anni. Scosso dal forte orrore provato di fronte
al terrore provocato dai nazisti, cominciò a boicottare questo sistema, avvertì
gli ebrei dell’imminente saccheggio dei loro appartamenti , riuscì in quattro
settimane a liberare trecento donne dall’inferno di Auschwitz. Venuto a sapere
che moltissimi ebrei viaggiavano da giorni da una stazione all’altra senza cibo
né acqua, prese in mano i documenti di spedizione e inserì Zwittan, la sua città
natale liberando così i sopravvissuti che vennero accuditi da sua moglie. Riuscì
a salvare 1200 ebrei da morte sicura nelle camere a gas di Auschwitz.
5. Il nome di Giorgio Perlasca non va a collocarsi e disperdersi nella mischia di
coloro che assistettero come muti spettatori al consumarsi di una tragedia
come la Shoah, ma al contrario il suo contributo fu fondamentale per
contrastare lo sterminio degli ebrei messo in atto dalla follia della Germania
nazista. Italiano di famiglia borghese , Perlasca, dopo l’occupazione tedesca
dell’Ungheria, si finse un ambasciatore spagnolo e così poté lavorare
incessantemente per fornire agli ebrei assistenza, cibo e documenti falsi. Un
uomo comune che mise più volte a repentaglio la propria vita per salvare
quella altrui senza lasciarsi intimidire dalle prime avvisaglie di pericolo.
Perlasca con la sua semplicità riuscì a salvare migliaia di ebrei da morte certa.
6. Tra coloro che si adoperarono per contrastare lo sterminio degli ebrei attuato
da Hitler un ruolo fondamentale venne svolto da Don Francesco Repetto.
Giovane sacerdote, segretario del Cardinale di Genova, egli si adoperò
enormemente per nascondere e difendere, alloggiandoli presso conventi e
privati, sia gli ebrei genovesi che quelli profughi giunti in città dagli altri paesi
d’Europa; fino a fornire loro documenti falsi e ad organizzare la fuga verso la
Svizzera. La sua attività di aiuto agli ebrei lo fece diventare ben presto un
ricercato dai tedeschi, e per questo motivo egli dovette trascorrere l’ultimo
periodo della guerra da clandestino, sotto falso nome. E’ importante
sottolineare poi, che nessuna delle persone aiutate dal sacerdote italiano fu mai
invitata da lui a convertirsi al cattolicesimo.
7. Ma ci sono anche Giusti di cui non conosciamo i volti, di cui ignoriamo lo
sguardo ma che hanno mosso passi silenziosi nel cammino delle nostre
libertà, hanno agito nel buio di un’epoca dilaniata da furori e basse
ideologie, da odio e cinismo.
Hanno affrontato la morte giorno per giorno, faccia a faccia, pur di seguire
la strada della giustizia, pur di non annullare l’essenza del bene. Anche a
costoro va riconosciuto l’appellativo di giusti perché tali sono
stati, persone le cui caratterizzazioni rappresentano ritratti di
semplicità, uomini e donne che non si sono fregiati dell’attributo e del
valore di eroe, professando modestia, rettitudine, umiltà, ma
dimostrandosi eroi nelle loro azioni, degli eroi sconosciuti sacrificatisi per
liberare dai macigni dell’insensatezza l’impervio e tortuoso sentiero della
giustizia, eroi che ora riusciamo a chiamare per nome.
8. “Gli ebrei, disperati, venivano a chiederci aiuto al comune e anche a casa. Noi allora rilasciavamo a
ciascuno di loro, donne e uomini, documenti falsi per farli risultare cittadini italiani. In pochi giorni
ne compilammo tanti e tutti presso gli uffici municipali. Si trattava di tesserini verdi, senza foto, i
quali annotavamo semplicemente le generalità. Ricordo che ad una donna ebrea attribuii lo stesso
nome e cognome di mia sorella. Grazie a questo espediente salvammo tanti ebrei. Io allora avevo
appena 21 anni e mi resi conto di quanto avevo rischiato solo successivamente anche se mio padre
spesso mi avvertiva del pericolo che stavo correndo. Falsificare i documenti per aiutare gli
ebrei, però, a noi veniva naturale e spontaneo. Poi i tedeschi scoprirono il tutto, forse per alcune
rivelazioni fatte proprio da un’ebrea innamorata di un capitano tedesco. Io e una collega d’ufficio
fummo convocate al comando. Mi dissero che se non mi fossi presentata avrebbero fucilata tutta la
mia famiglia. Mi mostrarono un tesserino chiedendomi se la calligrafia fosse la mia e io risposi di sì.
Mi ordinarono di tornare al comando il lunedì successivo. Durante le notti non dormivo per paura che
mi venissero a prelevare da un momento all’altro. Arrivò quel famoso lunedì ma per fortuna
arrivarono anche gli alleati. Ho rischiato grosso, sono salva per miracolo.”
9. In un punto del vasto giardino dei Giusti spiccano 15 alberi di ulivo. Al centro si erige una lapide
sulla quale è inciso il nome di Costanza Rufo. Attraverso il suo gesto rischioso e carico di
coraggio, l’eroina di San Donato Val di Comino, salvò la vite di Ulla. Per farla sfuggire alla cattura
dei tedeschi la nascose in un grosso cesto che avvolse con un lenzuolo e che coprì con un po’ di
letame per confondere gli odori. Grazie all’aiuto di un abitante del luogo, Costanza si mise il cesto
sulla testa e si incamminò par oltre 1 km, trasportando così la donna in periferia e quindi fuori dalla
portata dei tedeschi. Ursula, detta Ulla, poté così salvarsi dalla deportazione nei campi di
concentramento e raggiungere suo marito che si era nascosto nella casa di un contadino. In seguito
la famiglia Tanenmbaum, aiutata dalla fortuna, riuscì a raggiungere Roma, evitando tutti i posti di
blocco, e infine a sopravvivere alla guerra. Costanza è morta alcuni anni fa, ma il suo ricordo è
ancora vivo. A piantare, nei primi anni 90, i 15 ulivi sono stati i coniugi Tanenmbaum, che
attualmente vivono a Roma. Gli alberi non rappresentano solo un simbolo, ma un vero monumento
in onore di chi, durante il periodo di persecuzioni, salvò la vita agli ebrei.
10. “Conosce il Signore la vita dei
buoni, la loro eredità durerà
per sempre. Non saranno
confusi nel tempo della
sventura e nei giorni della
fame saranno saziati”
Salmi-37,33
(La sorte del giusto e dell’empio )
11. “Guardiamoci dalle nostre inclinazioni al male. Dobbiamo
ricordare il massacro di sei milioni di Ebrei avvenuto nel nostro
secolo, al centro della cristianissima Europa”.
Giovanni Paolo II
(Pensaci uomo la storia siamo noi)
12. “Rendere odio per odio, moltiplica l’odio, aggiunge
oscurità più profonda ad una notte già senza stelle. La
tenebra non può scacciare la tenebra, solo la luce può
farlo; l’odio non può scacciare l’odio solo l’amore può
farlo. Io oggi voglio dire che io ho ancora dei
sogni, perché so che nella vita non bisogna mai cedere.
Ecco perché io ho ancora il sogno che un giorno gli
uomini si rizzeranno in piedi e si renderanno conto che
sono stati creati per vivere insieme come fratelli, che le
bambine e i bambini potranno unire le loro mani e
passeggiare come fratello e sorella. Questa mattina ho
ancora il sogno che un giorno ogni uomo rispetterà la
dignità e il valore della personalità umana nella
convinzione che tutti gli uomini creati sono uguali. Ora è
il momento di tradurre la giustizia in una realtà per tutti i
figli di Dio”
Martin L. King (I have a dream)
13. “Meditate che questo è stato”, si
legge in una poesia di Primo Levi.
Il verso riflette l’importanza della
memoria, non solo affinché ciò che
è stato non si ripeta, ma anche e
soprattutto perché essa custodisca
nel tempo “l’impossibilità di
rassegnarsi al fatto che il mondo
dei lager sia esistito, che sia stato
introdotto irrevocabilmente nel
mondo delle cose che esistono e
quindi sono possibili”.