Si discute di nuovo di modifiche alle pensioni. Reintrodurre flessibilita’ nelle eta’ di pensionamento, per evitare che risolvere il problema del riequilibrio della spesa avvenga a scapito dell’occupazione.
Sarebbe una “doppia beffa” per i giovani: non solo penalizzati dal peso del pay-as-you-go, ma anche ostruiti nell’accesso al lavoro da prolungamenti delle carriere dei lavoratori anziani.
Alcune sintetiche considerazioni accompagnate da una proposta e da qualche numero.
L’allineamento all’Europa della durata del pensionamento implicherebbe che, da subito, tutti (uomini e donne) cominciassero ad andare in pensione con non meno di 65 anni di età, di fatto eliminando le uscite per anzianità.
Alcune stime elaborate da CeRM dimostrano che in questo modo sarebbe possibile liberare risorse crescenti lungo un quinquennio, da 4,5 miliardi il primo anno sino a quasi 19 miliardi il quinto anno.
Il totale sul quinquennio supererebbe i 60 miliardi di Euro. Una cifra di tutta significatività, di cui è ipocrita stigmatizzare, nell’urgenza del momento, possibili utilizzi ai fini della manovra correttiva. Si tratterebbe, infatti, di una riforma di struttura che va comunque nella direzione giusta (qualcosa che avremmo giù dovuto fare anche prima dello scoppio della crisi), e non di un abuso estemporaneo delle regole pensionistiche in funzione “tappa buchi”.
Rispetto a questa ipotesi di allineamento all’Europa, l’intervento sulle pensioni contenuto nel Decreto Legge n. 98 del 6 Luglio 2011 (la manovra correttiva di finanza pubblica) è molto debole.
- 8 Luglio 2011 -
La spesa sanitaria SSN in Basilicata - Analisi e benchamrking con la metodolo...Nc Salerno
Il terzo appuntamento della collana Welfare Reforming Papers è dedicato, dopo il Lazio e l'Emilia Romagna, al sistema sanitario regionale della Basilicata
Dopo tanti anni in cui ha utilizzato risorse inferiori alla media nazionale, oggi la Basilicata vede la sua spesa sanitaria corrente pro-capite standardizzata allineata alla media. La standardizzazione serve per tener conto della diversa composizione per età dei cittadini residenti nelle varie Regioni.
Dimamica e tempi di convergenza fanno capire, tuttavia, che il gap, anche se in termini percentuali si è andato assottigliando rispetto al forte divario del 1990, alla fine non è stato chiuso grazie a scelte consapevoli e esplicite. L’allineamento alla media nazionale, arrivato dopo il 2006-2007, più che il frutto di un processo di convergenza coordinato e guidato, appare la conseguenza della crisi economico-finanziaria, che ha livellato le dotazioni di tutte le Regioni agendo maggiormente lì dove c’erano più risorse disponibili (in senso relativo) e più leggermente dove le risorse erano già al di sotto della media.
Dal punto di vista degli standard di spesa, la Basilicata può essere considerata tra le Regioni che già soddisfano i requisiti. Anzi, l’analisi dimostra che nell’ultimo ventennio la Regione ha fronteggiato la difficoltà di dotazioni finanziarie inferiori alla media Italia, con stacchi percentuali della spesa pro-capite standardizzata che nei primi anni Novanta erano addirittura a doppia cifra.
Il giudizio potrebbe apparire troppo positivo e va necessariamente contemperato con due osservazioni molto importanti sul piano di policy.
In primo luogo, la dimensione finanziaria deve combinarsi con quella della qualità e dell’adeguatezza dell’offerta. Questo paper analizza solo l’equilibrio dei conti, ma altre analisi e statistiche disponibili (es. il Progetto “Bersagli” della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa) sono concordi nell’individuare un significtaivo gap di qualità/adeguatezza rispetto alle realtà territoriali migliori. La Regione ha il dovere di eliminare questo gap.
In secondo luogo, deve esser chiaro che quando si afferma che la Basilicata ha avuto accesso a minori risorse rispetto alla media Italia, lo scenario di riferimento è quello in cui ogni cittadino ha ogni anno a disposizione le medesime risorse pro-capite per fasce di età, indipendentemente dalla Regione dove è nato o risiede. Il benchmark, in altri termini, è uno scenario di piena solidarietà e redistribuzione territoriale che è sì coerente con i principi alla base del nostro sistema sanitario e prima ancora della nostra Costituzione, ma che deve valere come impegno inderogabile, per le Regioni beneficiarie, a utilizare al meglio i flussi redistributivi per raggiungere gli obiettivi dei Lea e promuovere sviluppo sociale ed economico.
L’allineamento all’Europa della durata del pensionamento implicherebbe che, da subito, tutti (uomini e donne) cominciassero ad andare in pensione con non meno di 65 anni di età, di fatto eliminando le uscite per anzianità.
Alcune stime elaborate da CeRM dimostrano che in questo modo sarebbe possibile liberare risorse crescenti lungo un quinquennio, da 4,5 miliardi il primo anno sino a quasi 19 miliardi il quinto anno.
Il totale sul quinquennio supererebbe i 60 miliardi di Euro. Una cifra di tutta significatività, di cui è ipocrita stigmatizzare, nell’urgenza del momento, possibili utilizzi ai fini della manovra correttiva. Si tratterebbe, infatti, di una riforma di struttura che va comunque nella direzione giusta (qualcosa che avremmo giù dovuto fare anche prima dello scoppio della crisi), e non di un abuso estemporaneo delle regole pensionistiche in funzione “tappa buchi”.
Rispetto a questa ipotesi di allineamento all’Europa, l’intervento sulle pensioni contenuto nel Decreto Legge n. 98 del 6 Luglio 2011 (la manovra correttiva di finanza pubblica) è molto debole.
- 8 Luglio 2011 -
La spesa sanitaria SSN in Basilicata - Analisi e benchamrking con la metodolo...Nc Salerno
Il terzo appuntamento della collana Welfare Reforming Papers è dedicato, dopo il Lazio e l'Emilia Romagna, al sistema sanitario regionale della Basilicata
Dopo tanti anni in cui ha utilizzato risorse inferiori alla media nazionale, oggi la Basilicata vede la sua spesa sanitaria corrente pro-capite standardizzata allineata alla media. La standardizzazione serve per tener conto della diversa composizione per età dei cittadini residenti nelle varie Regioni.
Dimamica e tempi di convergenza fanno capire, tuttavia, che il gap, anche se in termini percentuali si è andato assottigliando rispetto al forte divario del 1990, alla fine non è stato chiuso grazie a scelte consapevoli e esplicite. L’allineamento alla media nazionale, arrivato dopo il 2006-2007, più che il frutto di un processo di convergenza coordinato e guidato, appare la conseguenza della crisi economico-finanziaria, che ha livellato le dotazioni di tutte le Regioni agendo maggiormente lì dove c’erano più risorse disponibili (in senso relativo) e più leggermente dove le risorse erano già al di sotto della media.
Dal punto di vista degli standard di spesa, la Basilicata può essere considerata tra le Regioni che già soddisfano i requisiti. Anzi, l’analisi dimostra che nell’ultimo ventennio la Regione ha fronteggiato la difficoltà di dotazioni finanziarie inferiori alla media Italia, con stacchi percentuali della spesa pro-capite standardizzata che nei primi anni Novanta erano addirittura a doppia cifra.
Il giudizio potrebbe apparire troppo positivo e va necessariamente contemperato con due osservazioni molto importanti sul piano di policy.
In primo luogo, la dimensione finanziaria deve combinarsi con quella della qualità e dell’adeguatezza dell’offerta. Questo paper analizza solo l’equilibrio dei conti, ma altre analisi e statistiche disponibili (es. il Progetto “Bersagli” della Scuola Superiore Sant’Anna di Pisa) sono concordi nell’individuare un significtaivo gap di qualità/adeguatezza rispetto alle realtà territoriali migliori. La Regione ha il dovere di eliminare questo gap.
In secondo luogo, deve esser chiaro che quando si afferma che la Basilicata ha avuto accesso a minori risorse rispetto alla media Italia, lo scenario di riferimento è quello in cui ogni cittadino ha ogni anno a disposizione le medesime risorse pro-capite per fasce di età, indipendentemente dalla Regione dove è nato o risiede. Il benchmark, in altri termini, è uno scenario di piena solidarietà e redistribuzione territoriale che è sì coerente con i principi alla base del nostro sistema sanitario e prima ancora della nostra Costituzione, ma che deve valere come impegno inderogabile, per le Regioni beneficiarie, a utilizare al meglio i flussi redistributivi per raggiungere gli obiettivi dei Lea e promuovere sviluppo sociale ed economico.
Commento critico della sentenza della Corte Costituzionale che, nel Giugno 2013, ha dichiarato illegittimo il contributo di solidarietà a carico delle pensioni più elevate. Nicola Carmine Salerno
Ipotesi di riduzione dei contributi pensionistici al primo pilastro. Una prim...Nicola_C_Salerno
La prima quantificazione di una ipotesi di riduzione dei contributi pensionistici obbligatori per gli under 40 lavoratori dipendenti regolari (pubblici e privati, full time e part time).
Le elaborazioni sono descritte passo passo.
CeRM, Settembre 2012
Pensioni e Corte Costituzionale (short note 2), di Nicola C. SalernoNc Salerno
Tema: <pensioni>, <contributo>
A mio modo di vedere, fare piena chiarezza sulla questione del contributo di solidarietà è fondamentale per quello che potrà venire dopo, in termini del futuro percorso delle riforme.
Fondamentale per instradare bene le relazioni tra Legislatore e Corte, prima che possano "aggrovigliarsi" e bloccarsi con precedenti.
Allego un piccolo scritto che si ricollega a quello circolato un po' di settimane fa.
Credo che vincolare il gettito del prelievo a rimanere nel perimetro del sistema pensionistico, ad integrazione delle pensioni basse, non sia sufficiente a risolvere il probelma della sua natura tributaria.
Ma, a ben guardare, non è neppure necessario eliminare la natura tributaria del prelievo, per "mettersi in regola" con la Costituzione.
Ristabilire una qualche forma di equità attuariale per le pensioni alte, restituendo il "di più" (il "regalo") che adesso si scarica sul lavoro e sui giovani, è già coerente con i principi della Costituzione.
Se non è nè necessaria nè sufficiente a rendere il prelievo compatibile con la Costituzione, la riattivazione di flussi redistributivi specifici via pensioni si pone anche in controtendenza rispetto a tutto il processo di riforme condotto dagl inizi degli anni Novanta ad oggi.
Mi sembra che si debba tentare di sensibilizzare, nei modi più opportuni e rispettosi, la Corte sulle ragioni della restituzione dei "regali" da parte delle pensioni più alte (il lavoro e i giovani ne sono discriminati adesso). Mentre ci si debba guardare da soluzioni che, pur non prive di "fascino", sposterebbero l'asse delle rifome delle pensioni e di tutto il welfare.
Ho provato a argomentare.
Grazie per l'attenzione e buon inizio di settimana,
Nicola Salerno
Leggi il nuovo numero di Fisac Varese Informa - Quando andrai in pensione nel 2012 (se ci andrai)
Visita la nostra pagina FB www.facebook.com/FisacCgilVarese e clicca MI PIACE.
art.18/legge 330 come benefit? è possibile a livello individuale negoziare deroghe se si cambia lavoro e se si ha un profilo professionale elevato; 7,6 mln su 22,2 mln sono i tutelati dall'art 18; quanto costa la decontribuzione per i prossimi 3 anni? quali sono le stime ministeriali sul numero di contratti a tutele crescenti dal 2015-al 2018? leggi ......
art. 18 come possibile benefit per chi cambia lavoro e ha un profilo professionale di eccellenza ? è possibile
quanto costa la decontribuzione? le stime al 2018 del numero dei contratti a tutele crescenti.. 1 ml, forse un po troppa prudenza ?
Commento critico della sentenza della Corte Costituzionale che, nel Giugno 2013, ha dichiarato illegittimo il contributo di solidarietà a carico delle pensioni più elevate. Nicola Carmine Salerno
Ipotesi di riduzione dei contributi pensionistici al primo pilastro. Una prim...Nicola_C_Salerno
La prima quantificazione di una ipotesi di riduzione dei contributi pensionistici obbligatori per gli under 40 lavoratori dipendenti regolari (pubblici e privati, full time e part time).
Le elaborazioni sono descritte passo passo.
CeRM, Settembre 2012
Pensioni e Corte Costituzionale (short note 2), di Nicola C. SalernoNc Salerno
Tema: <pensioni>, <contributo>
A mio modo di vedere, fare piena chiarezza sulla questione del contributo di solidarietà è fondamentale per quello che potrà venire dopo, in termini del futuro percorso delle riforme.
Fondamentale per instradare bene le relazioni tra Legislatore e Corte, prima che possano "aggrovigliarsi" e bloccarsi con precedenti.
Allego un piccolo scritto che si ricollega a quello circolato un po' di settimane fa.
Credo che vincolare il gettito del prelievo a rimanere nel perimetro del sistema pensionistico, ad integrazione delle pensioni basse, non sia sufficiente a risolvere il probelma della sua natura tributaria.
Ma, a ben guardare, non è neppure necessario eliminare la natura tributaria del prelievo, per "mettersi in regola" con la Costituzione.
Ristabilire una qualche forma di equità attuariale per le pensioni alte, restituendo il "di più" (il "regalo") che adesso si scarica sul lavoro e sui giovani, è già coerente con i principi della Costituzione.
Se non è nè necessaria nè sufficiente a rendere il prelievo compatibile con la Costituzione, la riattivazione di flussi redistributivi specifici via pensioni si pone anche in controtendenza rispetto a tutto il processo di riforme condotto dagl inizi degli anni Novanta ad oggi.
Mi sembra che si debba tentare di sensibilizzare, nei modi più opportuni e rispettosi, la Corte sulle ragioni della restituzione dei "regali" da parte delle pensioni più alte (il lavoro e i giovani ne sono discriminati adesso). Mentre ci si debba guardare da soluzioni che, pur non prive di "fascino", sposterebbero l'asse delle rifome delle pensioni e di tutto il welfare.
Ho provato a argomentare.
Grazie per l'attenzione e buon inizio di settimana,
Nicola Salerno
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art.18/legge 330 come benefit? è possibile a livello individuale negoziare deroghe se si cambia lavoro e se si ha un profilo professionale elevato; 7,6 mln su 22,2 mln sono i tutelati dall'art 18; quanto costa la decontribuzione per i prossimi 3 anni? quali sono le stime ministeriali sul numero di contratti a tutele crescenti dal 2015-al 2018? leggi ......
art. 18 come possibile benefit per chi cambia lavoro e ha un profilo professionale di eccellenza ? è possibile
quanto costa la decontribuzione? le stime al 2018 del numero dei contratti a tutele crescenti.. 1 ml, forse un po troppa prudenza ?
Il presidente di INPS Antonio Mastrapasqua presenta le novità dell'Ente previdenziale a seguito della riforma Fornero-Monti: gli obiettivi di equità, convergenza e sostenibilità, il contributivo per tutti, la fine delle pensioni di anzianità e la nuova pensione di vecchiaia.
Finanziare il Welfare - Presente e Futuro del Pay-as-you-go in Italia, Europa...Nc Salerno
The book explores the "epochal" challenges that current mechanisms for welfare financing have to face and overcome.
These challenges are common to the public pay-as-you-go, the private mutuality as well as to the private insurance pooling. The books describes and analyses the roots of the structural similarities across financing mechanisms apparently so different from each other.
These similarities imply that a reforming perspective is necessary both in Europe and in the Us. A key factor will be to be capable of counterbalancing the current over-reload on pay-as-you-go resources with the injection of sufficient real accumulation of resources.
This leads to the proposal of new instruments, the so called Welfare Funds providing for pensions and health care (acute and ltc). Welfare Funds work on a real accumulation basis, but they are connected with collective insurance policies to cover against big risks.
Abundance of data and evidence is a strong point of this book.
The analysis opens a variety of questions and of issue on which future investigation is needed. First of all, the regulatory framework in which Welfare Funds will operate, in order the get the best results from the dosage of pay-go and real accumulation.
This book is the first issue of the Welfare Reforming Books series. Stay tuned for the following issues.
BR, Nicola C. Salerno
LA SPESA SANITARIA SSN IN ITALIA E NEL LAZIO. Ricostruzione con la metodologi...Nc Salerno
FFM, 12 Novembre 2013
Si è riaperto il dibattito su sanità e benchmark di spesa.
Pochi i progressi che si possono intravedere rispetto agli anni scorsi.
Si procede troppo lentamente e senza un supporto adeguato di dati e valutazioni di impatto.
Il lavoro allegato è il primo di una serie dedicata ai Sistemi Sanitari Regionali.
Si comincia dal Lazio.
Livello e dinamica della spesa sanitaria corrente del Lazio sono messi a confronto con i corrispondenti dati nazionali, nel periodo che va dal 1990 al 2010 (anno più recente coperto da <health> dell’Istat).
L’analisi segue la metodologia utilizzata da Ecofin e Ocse per le proiezioni a medio-lungo termine della spesa: profili di spesa pro-capite per fasce di età, agganciati alla dinamica del Pil pro-capite, applicati alla struttura demografica.
Nel 1990 le spese pro-capite per fasce di età del Lazio erano di coltre il 9% superiori alle corrispondenti spese dell’aggregato Italia. Nel 2010 lo scarto è aumentato a oltre il 13%, come conseguenza di una dinamica più intensa di quella media italiana, soprattutto dopo il 2000.
Nell’aggregato Italia, le simulazioni mostrano che la spesa pro-capite per fasce di età è cresciuta, tra il 1990 e il 2010, con un mark-up di circa 1 p.p. sul tasso di crescita del Pil pro-capite nazionale. Per il Lazio il mark-up si è attestato a 1,2-1,3.
I più alti livelli e la più intensa dinamica del Lazio non trovano giustificazione né nella demografia (le simulazioni ne tengono conto) né in fattori di tipo economico (si tratta di spesa Lea che per definizione deve seguire dappertutto lo sviluppo delle capacità d’offerta del Paese).
Se il Lazio avesse condiviso sia la spesa pro-capite per fasce di età che la dinamica dell’aggregato Italia, si sarebbero liberate risorse considerevoli, pari allo 0,8-0,9% del Pil regionale nel 2010, equivalenti a circa 1,3 miliardi di Euro.
È da rimarcare come la maggior parte dello scarto di efficienza del Lazio maturi successivamente al 2000. Difficile dimostrare il nesso di causalità sul piano statistico, ma la coincidenza con l’avvio del “cantiere federalista”, in quasi quindici anni mai approdato a conclusione, è, almeno nel caso del Lazio, molto forte. Un monito a metter fine alle incertezze e concretizzare le riforme.
Non bisogna avere paura dei numeri. Quantificare è un passaggio ineludibile per il buon governo. Nelle prossime edizioni dei Welfare Reforming Papers saranno, di volta in volta, sviluppati i casi delle altre Regioni e Province Autonome, sino a mettere assieme una mappatura completa e coerente a servizio delle scelte.
Spero che il lavoro e le elaborazioni contenute possano essere di interesse e soprattutto di utilità a fare.
Grazie e vive cordialità, nicola c. salerno
La demografia dell’Italia e delle Regioni italiane. Uno sguardo alle proiezio...Nc Salerno
The Present and the Future of PayGo Financing in Italy, Europe and Us
Chapter 1.
The demographic database of Istat (www.istat.it)is explored and the main facts are extracted and described, both at the aggregate national level as well as at the regional one. This paper is completely self-standing but, at the same time, poses the basis for a more general analysis that will be dedicated to the functioning and sustainability of pay-as-you-go to finance the welfare system in developed countries. Other chapters follow.
nicola c. salerno (nicola.salerno@tin.it)
Un Test sulle Ipotesi delle Proiezioni a medio-lungo termine della Spesa Farm...Nc Salerno
Se si applica al medio-lungo periodo passato (1988-2012) la metodologia che Ecofin-Ocse utilizzano per le proiezioni nel medio-lungo periodo futuro, si può confrontare la serie storica della spesa farmaceutica territoriale pubblica lorda con la ricostruzione della stessa serie. Come già per la spesa sanitaria nel lavoro “Un test sulle ipotesi delle proiezioni a medio-lungo termine della spesa sanitaria”, la ricostruzione permette di isolare la serie sia dall’influenza della politica di bilancio sia dalle riforme strutturali avvenute nell’ultimo ventennio.
Nicola C. Salerno
Un test sulle ipotesi delle proiezioni a medio-lungo termine della spesa sani...Nc Salerno
Si applica a ritroso nel tempo la metodologia di proiezione della spesa sanitaria utilizzata da Ocse-Ecofine basata sui profili di spesa pro-capite per fasce di età. Si ricostruisce l’incidenza della spesa sul Pil tra il 1988 e il 2012e la si confronta con il dato storico.
Presentazione di Nicola C. Salerno all'AIES 2010Nc Salerno
Presentazione di Nicola C. Salerno al Convegno AIES 2010. Analisi dettagliata delle ipotesi alla base delle proiezioni di spesa sanitaria fatte da AWG-ECOFIN, OCSE, FMI, CERM.
Pensionamento flessibile e Riequilibrio tra generazioni
1. Nicola C. Salerno -in pubblicazione su LinTank-
Nicola C. Salerno
Via San Remo, n. 3
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1
Pensionamento flessibile e
(Ri)equilibrio tra generazioni
Brevi considerazioni con qualche numero
di Nicola C. Salerno
Si riaperto il cantiere delle pensioni. L’obiettivo è irrobustire i risultati raggiunti dalla
riforma Fornero in termini di controllo della spesa, e nel contempo inserire flessibilità
nelle scelte di pensionamento all’interno di un intervallo di età agganciato alla
dinamica della vita attesa.
Sarebbe forse più corretto dire “reintrodurre”, perché era questa l’impostazione della
riforma Dini del 1995, poi modificata dallo scalone Maroni-Tremonti del 2004, dagli
scalini Prodi del 2007, e infine dalla riforma Fornero di alcuni mesi fa. Sotto l’urgenza di
contenere le spese nell’immediato, queste tre riforme hanno innalzato i requisiti di
età e anzianità, eliminando o riducendo in maniera significativa la flessibilità in
uscita.
Una ricetta, quella perseguita dalle riforme dal 2004 ad oggi, che non riesce a
rispondere alla natura dei problemi, ben più complessa del “semplice” contenimento
della spesa pensionistica pubblica a breve termine, che resta comunque tra gli
obiettivi:
— Nelle fasce di età sotto i 40 anni i tassi di disoccupazione stazionano a
livelli in grado di mettere a rischio il percorso professionale di intere
generazioni. Prolungamenti forzosi delle carriere dei lavoratori anziani
ostacolano il ricambio fisiologico;
— La produttività del lavoro è agli ultimi posti in Europa. Chi è costretto a
prolungare la carriera diventa meno produttivo, proprio mentre si
avrebbe la possibilità di inserire giovani con energie fresche e in molti
casi con capitale umano superiore;
— I due precedenti punti valgono soprattutto per il comparto del lavoro
pubblico, dove incentivazione e verifica di produttività sono più
complessi, e dove una staffetta anziani-giovani servirebbe anche a
ridimensionare e riqualificare l’organico;
— Il costo del lavoro per unità di prodotto segnala da tempo deficit di
competitività. Mantenere forzatamente in attività lavoratori a fine
carriera, con alta retribuzione, ostacola il recupero del gap;
2. Nicola C. Salerno -in pubblicazione su LinTank-
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2
— Il cuneo sul lavoro (differenza tra costo lordo e retribuzione netta) è alto
e composto per la maggior parte da contributi che finanziano le pensioni.
Deprime i redditi disponibili, scoraggia assunzione dei giovani e
produttività, lascia sottofinanziato il resto del welfare. Carriere
forzatamente più lunghe si tradurranno tra qualche anno in pensioni
pubbliche più elevate, e ridurre il cuneo sarà ancor più complicato;
— Interventi “al margine”, su età/anzianità di coloro che si apprestano al
pensionamento, non sono più in grado di cambiare in maniera
significativa gli scenari, come avvenuto ad inizio degli anni ‘90. Con la
crisi che mette a rischio coesione e futuro della società, merita
riconsiderazione l’ampia salvaguardia usata nel ’92 e nel ’95 per i
lavoratori con anzianità già maturata, non coinvolti o coinvolti solo in
parte dalle riforme pensionistiche. Agli assegni più alti e più generosi si
potrebbe chiedere di partecipare in qualche modo ai sacrifici che tutti
stanno affrontando. Un contributo potrebbe esser chiesto anche alle
pensioni più alte che già decorrevano nel 1992, calcolate secondo i
parametri di irresponsabile generosità validi sino a tutti gli anni ’80. Si
tratta di uno snodo complesso sul piano giuridico, ma la straordinarietà
del momento obbliga a domandarsi se quei diritti acquisiti per via
ordinaria valgano più dei principi e dei diritti costituzionali che la crisi
sta facendo vacillare. Un cittadino che perde il lavoro nel momento in cui
gli ammortizzatori hanno esaurito le risorse potrebbe, se si seguisse la
stessa logica dell’intaccabilità dei diritti acquisiti, sostenere di aver
maturato un diritto alla prestazione per disoccupazione, avendo sino al
giorno prima pagato contributi, direttamente e tramite il proprio datore,
a questo istituto del welfare. È solo un esempio e se ne potrebbero fare
altri.
Qui di seguito si propone un metodo di correzione degli importi delle pensioni a
seconda dell’età di pensionamento. Se applicate, tali correzioni permetterebbero di
dare flessibilità all’età di pensionamento. Se riferite alle pensioni già in decorrenza, le
correzioni gettano luce sul grado di generosità con cui le pensioni sono state
concesse.
Il grafico a pagina 4 descrive l’andamento, dal 1974 al 2010, della vita attesa degli
uomini a sei età: 50 anni, 55, 60, 62, 65, 70. Per la vita attesa a 65 anni si riporta anche
la proiezione sino al 2064 (scenario centrale Istat).
Sempre nello stesso grafico, la linea celeste ricostruisce quale sarebbe dovuta essere
l’età “giusta”, o pivot, per il pensionamento partendo da un livello fissato oggi a 65
anni e andando ritroso secondo la regola che nei prossimi anni dovrebbe guidare
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3
l’aggancio alla vita attesa, ossia variazioni di 3 mesi ogni 3 anni. Il calcolo del pivot è
esteso sino al 2064. La linea rossa rappresenta anch’essa l’età pivot, ma con una
differenza. Dal 2010 in poi il calcolo avviene con lo stesso criterio che per la linea
celeste (le due linee infatti si sovrappongono), mentre all’indietro nel tempo il calcolo
avviene in modo tale che, di quinquennio in quinquennio, le variazioni di vita attesa
si ripartiscano in egual misura tra aumento del valore pivot e aumento della durata
del pensionamento se ci si pensiona all’età pivot, con il valore attuale del pivot sempre
fissato a 65 anni (è un calcolo backward). Da quest’ultimo scenario, come si può
apprezzare dal grafico, derivano livelli pivot inferiori, soprattutto per gli anni ’80.
Infine, la linea verde ricostruisce quale sarebbe dovuta essere l’anzianità
“giusta”/pivot per il pensionamento partendo da un livello fissato oggi a 40 anni e
andando a ritroso sempre secondo la regola dei “3 mesi ogni 3 anni”. Il calcolo è
esteso sino al 2064. La tavola a pagina 5 fornisce dettagli numerici per alcuni anni.
Perché i livelli pivot? Perché possono essere utilizzati come punti di riferimento per
permettere il pensionamento flessibile previa correzione degli assegni a seconda
della distanza dal pivot; oppure per definire un ordine di grandezza di quanto le
pensioni già in erogazione differiscono dall’importo che sarebbe “giusto” se fossero
stati rispettati i pivot.
L’esigenza di adeguare gli assegni a seconda dell’età o dell’anzianità di
pensionamento si pone per le pensioni calcolate col criterio retributivo e per le quote
retributive delle pensioni calcolate col criterio misto (retributivo-contributivo). Le
pensioni interamente contributive godono già della proprietà di commisurare i
benefici alla storia contributiva e alla vita attesa. Queste pensioni sono state
introdotte nel 1995 assieme al pensionamento flessibile, e sono pronte per il suo
pieno reinserimento.
Si prenda un lavoratore di 60 anni compiuti che voglia andare in pensione nel 2013
con una anzianità di 35 anni. Si tratta di una pensione mista (17 anni di contributi nel
1995). Con le regole attuali il pensionamento non sarebbe possibile. Si potrebbe,
tuttavia, permetterlo, ma a patto di correggere al ribasso la parte retributiva della
pensione di una percentuale che eguagli:
— il valore attuale della rendita con importo corretto e percepita per un
numero di anni pari alla vita attesa a 60 anni,
— al valore attuale della stessa rendita con importo pieno e percepita per
un numero di anni pari alla vita attesa all’età pivot.
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4
fonte: elaborazioni NicSal su database Istat
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5
fonte: elaborazioni NicSal su database Istat
Di fatto, così facendo, si consente flessibilità, ma a condizione che la “ricchezza
pensionistica” non vari rispetto a quella cui si avrebbe accesso rispettando il pivot. La
formula utilizzata è la seguente:
∑
( %)
= à
∑
( %)
( %)
à
,
dove r% è il tasso di sconto su cui imposta l’equazione attuariale, corr% è la percentuale di
correzione da applicare alla pensione, e vita attesa a età effettiva quella che si ha davanti
all’età alla quale si desidera andare in pensione.
Nel 2013 la vita attesa a 60 anni è pari a 22,37 anni, per ipotesi l’età pivotale è pari a 65 anni,
e la vita attesa a 65 anni è pari a 18,297 anni. I decimali nel valore dell’età attesa sono
trattati facendo percepire una quota della pensione pari alla percentuale che i decimali
rappresentano sull’anno intero (non ci sono accumulazione o sconto infrannuali,
esattamente come nelle regeole del criterio di calcolo contributivo nozionale). Per
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6
uguagliare i due valori attesi è necessario scegliere un tasso di sconto. In coerenza con
quanto avviene per la trasformazione in rendita della parte contributiva della pensione, si
utilizza il tasso dell’1,5%, che dovrebbe cogliere la dinamica media del Pil nel periodo di
erogazione della rendita. Questo parametro, che adesso appare ottimistico ma che va
valutato su archi temporali lunghi (quanto dura il pensionamento, 18-20 anni), è uno di
quelli su cui è necessaria manutenzione periodica affinché rispecchi il più possibile le
prospettive di crescita del sistema economico. Alla luce di tutto ciò, per andare in pensione
a 60 anni compiuti, invece che a 65, il lavoratore dovrebbe accettare una riduzione
dell’assegno di poco meno del 16%. Se nel 2013 l’età del lavoratore fosse stata di 62 anni, la
penalizzazione sarebbe stata di poco più del 10%.
Per fare un esempio di pensione già in erogazione si consideri un lavoratore andato in
pensione nel 1990 all’età di 55 anni compiuti e con 30 anni di contributi. Si tratta di un caso
di pensione retributiva calcolata con le regole precedenti le riforme pensionistiche degli
anni ’90. Nel 1990 la vita attesa a 55 anni era pari a 22,499 anni, per costruzione a ritroso
l’età pivotale era pari a 62,7 anni, e la vita attesa a 62,7 anni pari a 16,87 anni (media
ponderata della vita attesa a 62 a 63 anni). Dal 1990 ad oggi, il tasso di sconto dell’1,5%
può esser rappresentativo di una previsione (fatta allora) della dinamica media del Pil. Se
si reiterano i calcoli prima descritti, questa pensione, per essere resa coerente con i pivot,
avrebbe dovuto essere più bassa di circa il 24%. Un taglio elevato, che si spiega con i circa
7 anni in più di pensionamento (su 22) rispetto allo scenario pivot, e che a sua volta spiega
gli squilibri generazionali che si sono andati accumulando durante gli ultimi 25-30 anni
attraverso il sistema pensionistico. È irrealistico, in questo e nei casi similari, pensare che si
possa chiedere la restituzione del maggior importo lungo tutto il periodo di
pensionamento, compreso quello già decorso. La riflessione che questa percentuale deve
stimolare riguarda, come si è detto prima, l’opportunità di chiedere alle pensioni più alte
di concorrere, da ora in poi, a sostenere i sacrifici imposti a tutti dalla crisi.
Il metodo che si è appena descritto può essere esteso dagli uomini alle donne, con i relativi
dati sulla speranza di vita alle varie età. Può essere esteso anche ai casi in cui gli anni che
separano l’età desiderata per il pensionamento dal pivot sono più numerosi di quelli che
separano l’anzianità maturata dal suo pivot. Se così è, è il pivot dell’anzianità che bisogna
considerare, e l’età pivot diventa quella alla quale il lavoratore matura l’anzianità pivot. Il
metodo può essere anche esteso a prolungamenti della carriera oltre le soglie pivot, e in
questo caso le correzioni dell’assegno sono incrementali e vanno a compensare l’effetto
“Gruber-Wise”, ossia la tassa implicita a cui il criterio di calcolo retributivo assoggetta chi,
posticipando il pensionamento, si trova a corrispondere annualità contributive e a
rinunciare a rate di pensione, senza che l’importo della rata sia aumentato nel frattempo in
maniera sufficiente.
7. Nicola C. Salerno -in pubblicazione su LinTank-
Nicola C. Salerno
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Adesso che si sta discutendo di come ripristinare il pensionamento flessibile, per una
visione coordinata e organica dei problemi del welfare e del lavoro, un metodo come
quello proposto, o sue varianti perfezionate, potrebbe fornire una soluzione.