Product marketing: Significato, attività, ruoli e implementazione a supporto ...
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PARLARE
IL NEGOZIOCome è possibile PENSARE, PROGETTARE
e REALIZZARE un punto vendita in grado
di incuriosire e attrarre consumatori, ma soprattutto
far ritornare le persone un’altra volta e poi un’altra ancora?
Lo abbiamo chiesto a un docente universitario di marketing,
un designer e progettista di spazi commerciali
e un esperto di retail
Testo di Chiara Grianti
S
pesso, molto spesso, ci troviamo a parlare di punto
vendita perché è lì che il consumatore può toccare
con mano il prodotto, è lì che il personale con la
propria preparazione può fare la differenza, è lì che
il consumatore acquista. Questo almeno in passato. Per-
ché resta vero che è in negozio, in profumeria nello spe-
cifico, dove è possibile provare il nuovo rossetto, testare
l’ultimo mascara, sentire direttamente sulla propria pelle
la fragranza di cui abbiamo visto lo spot in televisione o
il video virale sul web. E resta vero che è lì che la prepa-
razione del personale può fare la differenza. Non è affatto
scontato, però, che è lì che avvenga anche l’acquisto. Colpa
della concorrenza agguerrita da parte di monomarca e di
altri canali competitor, complice Internet, il punto vendita
è sempre meno polo di attrazione. Perché? Ma, soprattutto,
come è possibile pensare, progettare e realizzare un punto
vendita in grado di incuriosire e attrarre consumatori e far
ritornare le persone un’altra volta e poi un’altra ancora?
In poche parole come è possibile rendere la visita in pro-
fumeria se non memorabile per lo meno molto piacevole e
interessante? Lo abbiamo chiesto a tre diversi interlocutori
che ci hanno mostrato le differenti facce della medaglia: un
docente universitario di marketing, un designer e progetti-
sta di spazi commerciali e un esperto di retail. Le conclusio-
ni che ne abbiamo tratto sono molteplici. Affinché il punto
vendita sia in sé e per sé interessante è necessario che parli.
Non è il prodotto che fa la differenza – il prodotto è ovun-
que, nelle profumerie concorrenti, in Internet e spesso nei
casa toilette – ma la lettura che se ne offre e il servizio che
lo accompagna. La tecnologia può aiutare il consumatore a
interpretare l’offerta, ma soprattutto è un media indispen-
sabile al dialogo con un certo tipo di clientela, che possiamo
chiamare Millennials o più semplicemente giovani, che non
possiamo permetterci di perdere. E il servizio? Se la cabina
per il trattamento è già una realtà per molti, soprattutto
per i negozi con metrature più ampie a disposizione, non
lo è per tutti. Perché non pensare a concetti di servizio
differenti che esulano dal concetto di bellezza e benesse-
re normalmente inteso? Gli esempi non mancano, come ci
raccontano i nostri intervistati.
FACCIAMO
2. T C
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DOBBIAMO
FARE IN MODO
CHE IL NEGOZIO
SMETTA DI ESSERE
AUTOREFERENZIALE:
BISOGNA APRIRSI AI
CLIENTI,STIMOLARLI
A DIVENTARE
COMMUNITY
i sono varie possibilità
per i punti vendita
di innovare con
successo a seconda dei
target ai cui vogliono rivolgersi.
Può essere interessante
che il punto vendita offra,
oltre i prodotti di bellezza e
benessere,un’esperienza
globale di bellezza e benessere
già durante la visita.Il che
significa dedicare più spazio
non ai prodotti,bensì ai servizi.
All’estero ci sono non poche
catene di profumeria che,
all’interno di punti vendita
anche piccoli,hanno inserito
una stanza o comunque uno
spazio per i trattamenti.Al
contrario i negozi in Italia sono
spesso focalizzati su prodotti
massificati,con un’immagine
e un’esperienza più da mass
market che da boutique.Per
quanto riguarda l’uso della
tecnologia penso che ci sia
da fare attenzione nel capire
a quali target ci rivolgiamo.I
Millennials più digitali oggi sono
definiti storeless generation,
generazione che non entra più
nei negozi.Eppure vediamo casi
di successo come Birchbox,che
nasce come e-commerce di
prodotti cosmetici,con marche
poco conosciute al grande
pubblico,ma di qualità.Avendo
come obiettivo far provare i
prodotti ai clienti ha lanciato
un servizio di abbonamento
mensile di minitaglie a un prezzo
‘simbolico’: per 10 dollari spese
di spedizione incluse il cliente,
avendo fornito indicazioni sulle
proprie caratteristiche (tipo e
colore di pelle e capelli,ecc.)
e lo stile prevalentemente
usato nel vestirsi,riceve ogni
mese una box a sorpresa
contenente cinque maxi
campioni di cinque categorie
differenti,per testare i prodotti
prima dell’acquisto.È possibile
interrompere l’abbonamento
in qualsiasi momento con
effetto immediato: massima
libertà ai clienti.Il meccanismo
è piaciuto tantissimo alle clienti
americane (e non solo).Dopo
quattro anni però Birchbox
ha deciso di aprire anche dei
punti vendita fisici dove vende
i suoi prodotti,ma,soprattutto,
sviluppa le relazioni con il cliente
in modo fisico,ascoltandolo e
rilassandolo grazie a massaggi,
trattamenti e servizi vari offerti.
Ma anche attraverso i touch
screen presenti in store che
invitano i clienti che non
l’abbiano ancora fatto a
compilare il questionario
sulle proprie caratteristiche e
sottoscrivere l’abbonamento.
Quindi sì all’uso intelligente e
guidato in chiave educational
alle tecnologie per i clienti.No
alla tendenza,diffusa oggi,di
introdurre tecnologie in negozio
come strumento di marketing
più decorativo che di vero
servizio.Alcuni retailer vanno
in questa direzione,mentre
sarebbe più semplice dotare
tutti gli addetti di un tablet:
permetterebbe di ampliare le
possibilità tecnologiche del
negozio accedendo a Internet
e ad altri tipi di contenuti.
Dobbiamo fare in modo che
il negozio smetta di essere
autoreferenziale: bisogna aprirsi
ai clienti,stimolarli a diventare
community per far circolare
pareri,commenti,informazioni
in maniera intelligente.Il tablet è
interessante perché non è uno
strumento freddo,che allontana
la cliente tradizionale che cerca
il contatto con l’addetto alla
vendita,ma va a supportare il
servizio offerto da quest’ultimo.
Inoltre il tablet ci permette di
creare un negozio‘liquido’,
ampliandone le potenzialità
con lo scaffale virtuale per cui
anche in una piccola boutique
e quindi in uno spazio limitato,
tramite un tablet collegato al
sito di e-commerce è possibile
vendere un’ampia selezione
di prodotti e farli recapitare
direttamente a casa.La catena
di intimo Undiz normalmente
sviluppa i propri punti vendita su
superfici di circa 100 mq,ma a
volte è difficile trovare metrature
così grandi libere in location di
alto traffico.Per questo motivo
ha realizzato un nuovo format
nel quale sono esposti solo i
prodotti altorotanti e gli altri
vengono mostrati alla cliente
su touch screen e tablet.Nel
momento in cui la potenziale
acquirente esprime la volontà
di provare tre modelli,di cui
solo uno esposto,tramite un
ordine su tablet la piattaforma lo
“chiama”e in tre minuti,tramite
un sistema di posta pneumatica
anche divertente da vedere,
la cliente riceve gli altri due e
può andare in camerino a
provarli.Interessante anche
un test realizzato nel settore
del bricolage: Bricocenter ha
dotato tutti gli addetti non di un
tablet ma di uno smartphone.
Con questo strumento
l’addetto può dialogare
con i clienti non presenti
fisicamente nel negozio,per
esempio relativamente al
progetto di ristrutturazione
di una stanza.Il cliente può
scegliere di utilizzare il canale di
comunicazione preferito,
dall’email a whatsapp.
Mi sembra interessante
e un aspetto su cui il
canale profumeria è
molto indietro.Un altro
elemento su cui vale
la pena riflettere è che
i prodotti cosmetici si
prestano tantissimo a
stimolare il feedback
da parte dei clienti,eppure
poche profumerie sfruttano
questa interazione.Marks &
Spencer attribuisce ai clienti
dei bonus con un numero
elevato di punti fedeltà se
forniscono feedback sui prodotti
e sul servizio.Nel beauty non
accade nulla di simile.Un ultimo
aspetto interessante riguarda
la possibilità di personalizzare
il prodotto,estremizzata in Bite
Lip Lab,un negozio di NewYork
che addirittura realizza il rossetto
nella nuance e profumazione
preferita dalla cliente,aiutata
nella sua scelta da una
consulente.Tra le più recenti
modalità di differenziazione del
retail c’è,infine,quella della
massima targettizzazione del
servizio.Il salone per parrucchieri
Blow nasce per rispondere alle
esigenze di quelle consumatrici
che vogliono tagliare i capelli
o fare una piega senza dove
chiacchierare e senza perdere
tempo: il servizio è fast e le
clienti hanno a disposizione
un iPad da usare per ispirarsi,
guardare video tutorial oppure
leggere l’aggiornatissimo blog
del negozio.Il segreto del
successo di Blow è sicuramente
nella rapidità del servizio ma
è racchiuso anche in uno
dei suoi comandamenti: il
parrucchiere non può ignorare
le indicazioni della cliente
relative al taglio.
NEGOZI LIQUIDI
utti noi, ormai viviamo
con in mano il
nostro smartphone
dal quale attingiamo
continuamente informazioni
e poi entriamo in profumeria
- come in tanti altri negozi
- e facciamo un salto indietro
di un decennio. Per quanto
belle esteticamente, molte
profumerie restano dei bazar,
dei contenitori di prodotti di
qualsiasi marca e formato, così
affastellati che il consumatore
ha difficoltà a scegliere ciò
di cui ha bisogno.Trovo
totalmente fuori tempo
e luogo il fatto che in
alcune profumerie
ci siano dei cestini
come quelli dei
supermercati
nei quali riporre i
prodotti. Bisognerebbe
cambiare la modalità di
vendita degli operatori e
fare in modo che attraverso
le nuove tecnologie, il cliente
si senta meno aggredito
e più libero di circolare
all’interno di questi locali,
raccogliendo autonomamente
le informazioni di cui ha
bisogno. Oggi con un banale
QR code e le app dedicate
al punto vendita, è possibile
avere informazioni, prezzi e
giacenze di ogni prodotto.
La tecnologia NFC (Near
Fied Communication)
permetterebbe al cliente di
prelevare il prodotto, pagarlo
con il proprio device e uscire
senza passare dalla cassa. È
necessario fidelizzare il cliente
ex ante, attraverso un sito che
offre tutte le informazioni e
poi permettergli di muoversi
liberamente nel punto vendita
guidato da segnaletica
adeguata ed efficace. I
monomarca hanno saputo
muoversi in questa direzione.
È chiaro che gestire un solo
brand è più facile perché le
superfici sono ridotte, il design
è dedicato con espositori
in linea con quella che è
l’immagine coordinata del
punto vendita. Nei format
plurimarca, sarebbe da evitare
che ogni casa cosmetica
mettesse nel punto vendita un
contenitore dedicato ai suoi
prodotti e alle sue confezioni;
quando ciò accade, ed
accade spesso, il negozio
diventa un bazar. Meglio
pensare a un format che
metta sullo stesso livello tutti i
brand ed eventualmente che
assegni ad alcuni di loro uno
spazio di comunicazione che
può essere dinamico con un
monitor, anche touch screen,
dove sia possibile far vedere le
ultime novità, oppure collegarsi
al device per avere le notizie
sulle promozioni oppure sugli
eventuali allergeni, contenuti
nei prodotti.
C’è, come in tutti i settori, una
parte di clientela che vuole
ancora essere accudita,
seguita e coccolata dagli
addetti alla vendita, è la
fascia di età medio alta e
alto spendente, peraltro
in naturale aumento nel
vecchio continente. È altresì
necessario guardare anche
all’altra fascia di acquirenti
del “presente futuro”. I
millennials, i nativi tra i due
millenni che rappresentano
un futuro vicinissimo e
sono mostruosamente e
indissolubilmente legati ai
device: non entrano in un
negozio se prima non hanno
visto, non hanno letto sui
siti, piuttosto che sui blog di
riferimento. E sarà sempre
di più così e le profumerie
dovranno essere pronte a
questo tipo di clientela che
non si conquista in negozio,
ma a monte della visita.
Invece se si punta sull’acquisto
d’impulso per questo tipo
di clientela, sarà sempre più
importante lavorare sui lay
out, sulle luci, sulle atmosfere,
su uno stile molto più simile ai
luoghi che essi sono abituati
a frequentare: lounge, smart,
easy. È questo il segreto.
Per cui forse bisognerebbe
differenziare creando
all’interno del negozio una
zona dedicata ai profumi per
giovani con un mood diverso
e con un’interattività elevata.
Oppure un negozio dentro il
negozio. Non esiste un modo
giusto in assoluto, bisogna
progettare in modo fluido
e flessibile affinché almeno
alcune zone del negozio
possano essere velocemente
modificate. Oggi ci vengono
molto incontro materiali di
ultima generazione che
possono davvero permettere
con un piccolo investimento
e poco tempo di cambiare
l’immagine di una parte
del punto vendita. Inoltre la
profumeria potrebbe offrire
servizi un po’ più smart: cito
l’esempio estremo di un
negozio di Kuala Lumpur
che abbina alla vendita di
scarpe da donna un servizio
di dating accessibile previa
registrazione sul sito dello
store. Un altro esempio è Tesco
che in Corea ha creato dei
negozi virtuali alle fermate
delle metropolitane per cui
cliccando su delle fotografie
è possibile fare la spesa
che poi viene recapitata
comodamente a casa o
in ufficio. È come avere Il
negozio aperto 24 ore su 24,
senza spese di personale. Le
performance sono aumentate
in meno di un anno del 130%.
Certo è necessario che il
consumatore conosca già il
prodotto e il brand, ma una
soluzione simile è interessante.
È altrettanto importante non
cadere nell’ uso eccessivo
della tecnologia, che può
decisamente mettere a
disagio la maggior parte
della clientela, in alcuni casi
addirittura con robot come
“testimonials”. Certamente c’è
una via di mezzo che potrebbe
trovare la sua dimensione
in una differenziazione per
target delle aree all’interno
del punto vendita. È tempo
di muoversi, i primi millennials
sono già acquirenti sul campo.
Meglio quindi rivolgersi ad
architetti, designers esperti di
marketing e di tendenze. Un
buon team di lavoro, genera
un buon progetto, governa il
modo di lavorare all’interno
del punto vendita, gestisce
correttamente i flussi, i consumi
e la comunicazione, aumenta
le performance e ottimizza i
costi. Sul mercato vi sono già
alcuni esempi eccellenti.
GIANPIETRO SACCHI
direttore Corsi Alta Formazione
POLI.design - Consorzio Politecnico
di Milano
NEGOZI A ZONE
FABRIZIO VALENTE
partner fondatore di Kiki Lab
BISOGNA
PROGETTARE IN
MODO FLESSIBILE
AFFINCHÉ ALMENO
ALCUNE ZONE
DEL NEGOZIO
POSSANO ESSERE
VELOCEMENTE
MODIFICATE