A dispetto della loro apparente inattualità, i cataloghi cartacei hanno molte buone ragioni per continuare a esistere, ponendosi in una prospettiva non subalterna di dialogo e integrazione con le applicazioni digitali. Vediamo perché!
Che cos’è il prodotto nell’infosfera? L’insieme delle sue informazioniKEA s.r.l.
Produttori e distributori sono chiamati a creare e distribuire a ogni interlocutore tutte le informazioni necessarie e sufficienti a scoprire, trovare, scegliere, acquistare e usare il prodotto in modo efficiente, efficace, soddisfacente e sicuro.
Per assolvere a questo compito le informazioni devono essere veridiche, ricche, autorizzate, elaborabili da parte di agenti digitali, rilevanti per le persone, tradotte/localizzate: tutti fattori che rendono complessa la gestione di frammenti, moduli e aggregazioni di contenuti.
Cercate un software che vi aiuti, racchiudendo in un’unica soluzione le funzioni di un PIM e di un CCMS? Scoprite Argo, un sistema a portata di piccola-media impresa, pensato per gestire e distribuire in modo multicanale tutto lo spettro delle informazioni tecniche e di prodotto
Il cuore digitale del catalogo stampato - Parte 2KEA s.r.l.
Panoramica sui modificatori digitali
Anche a parità di risultato, il catalogo stampato di ieri e quello di oggi non sono lo stesso oggetto.
Un insieme di modificatori digitali cambia il modo di realizzare i cataloghi, rivoluziona l’ecosistema della comunicazione aziendale e ridefinisce il ruolo del catalogo, permette di sovrapporre layer smart a oggetti che intrinsecamente non possono esserlo, muta in chiave onlife il comportamento delle persone e, non da ultimo, aggiunge gli agenti software come nuovi fruitori della carta stampata.
Report sul libro di Riccardo Falcinelli "Critica portatile al visual design"KEA s.r.l.
Guida al “saper guardare” con occhio critico i prodotti del design che ci circondano: oggetti, eventi e comunicazioni.
Report sul libro di Riccardo Falcinelli, Critica portatile al visual design. Da Gutenberg ai social network, Einaudi, Torino, 2014
Il codice QR: quadrato, pratico, utile - Perché e come usare i QRKEA s.r.l.
I QR sono come le soap opera: molti le guardano, ma pochi lo confessano. Ufficialmente snobbati come tecnologia superata, i codici QR hanno silenziosamente trovato una collocazione stabile e precisa nella comunicazione stampata: vediamo come!
Knowledge Management: catturare saperi aziendali, condividerli e collaborare....KEA s.r.l.
Social Knowledge Management, CCMS (component content management system), Knowledge Base, Customer Self-Service… Tanti anglicismi, un unico obiettivo: recepire, creare, gestire e distribuire in modo collaborativo informazioni usabili, contestualmente rilevanti e azionabili, destinate a interlocutori interni ed esterni all’azienda.
In azienda, l’idea di avviare un progetto di Knowledge Management emerge di solito quando ci si accorge del tempo sprecato a cercare contenuti che si sanno esistenti, quando non si riesce a rispondere in modo agile alle esigenze informative degli interlocutori oppure quando persone depositarie di saperi taciti si avvicinano alla soglia della pensione.
Dalle Intranet agli Enterprise Social Network: come cambia la comunicazione i...KEA s.r.l.
Sempre più spesso i comunicatori tecnici manifestano l’esigenza di condividere all’interno dell’azienda non solo documentazione tecnica e di prodotto, ma anche moduli di contenuti standardizzati, tradotti e validati, utilizzabili da altre funzioni aziendali (marketing, vendite, formazione, assistenza, amministrazione, ecc.) nell’ambito dei loro processi redazione e produzione di output.
Il libro “Digital Enterprise” (Albeggiani G., Galimberti C., Lamarque A., Todisco S., Zucca C., Digital Enterprise. Innovare e gestire le organizzazioni 2.0, Hoepli, Milano, 2015) mostra come utilizzare piattaforme “social network like” per agevolare la creazione di relazioni, la condivisione di risorse e la collaborazione trasversale fra le persone all’interno di singole aziende, gruppi e reti di aziende – un tema interessante anche per chi si occupa di comunicazione tecnica!
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Produttori e distributori sono chiamati a creare e distribuire a ogni interlocutore tutte le informazioni necessarie e sufficienti a scoprire, trovare, scegliere, acquistare e usare il prodotto in modo efficiente, efficace, soddisfacente e sicuro.
Per assolvere a questo compito le informazioni devono essere veridiche, ricche, autorizzate, elaborabili da parte di agenti digitali, rilevanti per le persone, tradotte/localizzate: tutti fattori che rendono complessa la gestione di frammenti, moduli e aggregazioni di contenuti.
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Panoramica sui modificatori digitali
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Un insieme di modificatori digitali cambia il modo di realizzare i cataloghi, rivoluziona l’ecosistema della comunicazione aziendale e ridefinisce il ruolo del catalogo, permette di sovrapporre layer smart a oggetti che intrinsecamente non possono esserlo, muta in chiave onlife il comportamento delle persone e, non da ultimo, aggiunge gli agenti software come nuovi fruitori della carta stampata.
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Guida al “saper guardare” con occhio critico i prodotti del design che ci circondano: oggetti, eventi e comunicazioni.
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Social Knowledge Management, CCMS (component content management system), Knowledge Base, Customer Self-Service… Tanti anglicismi, un unico obiettivo: recepire, creare, gestire e distribuire in modo collaborativo informazioni usabili, contestualmente rilevanti e azionabili, destinate a interlocutori interni ed esterni all’azienda.
In azienda, l’idea di avviare un progetto di Knowledge Management emerge di solito quando ci si accorge del tempo sprecato a cercare contenuti che si sanno esistenti, quando non si riesce a rispondere in modo agile alle esigenze informative degli interlocutori oppure quando persone depositarie di saperi taciti si avvicinano alla soglia della pensione.
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Sempre più spesso i comunicatori tecnici manifestano l’esigenza di condividere all’interno dell’azienda non solo documentazione tecnica e di prodotto, ma anche moduli di contenuti standardizzati, tradotti e validati, utilizzabili da altre funzioni aziendali (marketing, vendite, formazione, assistenza, amministrazione, ecc.) nell’ambito dei loro processi redazione e produzione di output.
Il libro “Digital Enterprise” (Albeggiani G., Galimberti C., Lamarque A., Todisco S., Zucca C., Digital Enterprise. Innovare e gestire le organizzazioni 2.0, Hoepli, Milano, 2015) mostra come utilizzare piattaforme “social network like” per agevolare la creazione di relazioni, la condivisione di risorse e la collaborazione trasversale fra le persone all’interno di singole aziende, gruppi e reti di aziende – un tema interessante anche per chi si occupa di comunicazione tecnica!
L’Apparato Package Nel Progetto Strategico Del Sistema D’OffertaEnrico Viceconte
L’apparato package nel progetto strategico del sistema d’offerta
Un esoscheletro per attraversare le zone indistinte
Di Enrico Viceconte.
Di prossima pubblicazione su
Blur Design, n° 2 2009
Dispositivi mobili e comunicazione proattivaKEA s.r.l.
I dispositivi mobili richiedono un approccio alla comunicazione al tempo stesso olistico e multidimensionale, creando valore aggiunto per l'utente grazie a logiche di sottrazione (less is more), personalizzazione e contestualizzazione.
Sebbene il nuovo libro “E-commerce per dispositivi mobili” si concentri su marketing e vendite, molte riflessioni sono applicabili anche all’erogazione dei contenuti della comunicazione tecnica e di prodotto, che in fase di pre-vendita orientano la decisione di acquisto e in fase di post-vendita contribuiscono al livello di soddisfazione del cliente, alla sua fidelizzazione e alla sua propensione a esercitare un passaparola positivo.
Report sull’interessantissimo libro di Tim Hayden e Tom Webster, E-commerce per dispositivi mobili. La rivoluzione degli acquisti con tablet e smartphone, Tecniche Nuove, Milano, 2015
Proviamo a raccontarvi il nostro metodo di lavoro nel realizzare un CASO DI STUDIO che raccontasse una "storia" e che fosse coinvolgente, perfino nel mondo del B2B dove solitamente si utilizzano sempre gli stessi strumenti per descrivere i case-study.
Come metafora o, meglio ancora, sotto forma di costruzioni reali, i mattoncini più famosi del mondo possono essere alleati preziosi per comunicare intuitivamente principi di funzionamento e potenzialità di CCMS e sistemi di automazione editoriale; per dare forma in modo iterativo al nuovo ambiente e ai flussi di lavoro; per formare efficacemente gli utilizzatori
Comunicare e raccontare l'arte nel web 2.0Netlife s.r.l.
Comunicare e raccontare l'arte nel web 2.0.
Artisti, curatori,critici, galleristi, musei, fondazioni, collezionisti e opere d’arte a ciascuno le sue opportunità di valorizzazione attraverso i new media
Sintesi dell'intervento alla Sharing School 2016 di Matera su quali siano le competenze distintive e utili allo sviluppo di progetti collaborativi nel privato, nel pubblico, nelle comunità.
Internet delle cose, realtà aumentata e comunicazione tecnica innovativaKEA s.r.l.
IoT (Internet of Things) e AR (Augmented Reality) come cambiano la fruizione e la produzione di documentazione tecnica? Approfondimento sul modello di erogazione e fruizione della “informazione contestuale”
Argo CCMS: come usare al meglio i file di configurazione per export in Word, ...KEA s.r.l.
Alla scoperta di uno strumento di Argo CCMS molto potente, che non sempre riceve la giusta attenzione.
Che cosa sono e a che cosa servono i file di configurazione?
I file di configurazione «registrano» tutte le impostazioni che eseguiamo durante una procedura di esportazione (es. in Word, Excel o XML).
Richiamando in seguito un file di configurazione ripetiamo la procedura di esportazione, applicando in modo automatico le impostazioni salvate... senza doverci pensare più!
Perché i file di configurazione sono utili?
I file di configurazione sono utili perché rendono la procedura di esportazione più veloce, certa e replicabile da ogni operatore.
Suggerimento! A questo scopo possiamo creare, per esempio, file di configurazione specifici per modello e versione, configurazione o matricola della macchina, per cliente, per lingua, per destinatario...
Dialogare con le macchine in linguaggio naturale... Finalmente! Ma ci voleva ...KEA s.r.l.
La storia del Natural Language Processing (NLP) parte negli anni Cinquanta del secolo scorso, ma fino a una decina di anni fa traduzioni automatiche, chatbot e assistenti vocali erano perlopiù fonte di ilarità o frustrazione, mentre ora - superato il magico stupore iniziale - dialogare in linguaggio naturale con una macchina è una comune esperienza quotidiana - che sia Google Translate, Alexa, ChatGPT o il chatbot di un sito, ecc. Come dire: “Finalmente le macchine hanno imparato a parlare la nostra lingua! Ci voleva tanto?”.
Sì, tantissimo: il linguaggio è un fenomeno molto complesso - perché intrinsecamente legato all’umana esperienza del mondo, a livello personale, relazionale, socio-culturale e storico -, un fenomeno che padroneggiamo con naturalezza, ma che abbiamo dovuto anzitutto capire come rendere “comprensibile” alle macchine. Padroneggiare il linguaggio non significa solo conoscere il significato delle parole e le regole sintattico grammaticali di una lingua, significa anche e soprattutto come generare senso mediante questi utensili linguistici. La questione centrale è come rendere “comprensibili” alle macchine i sistemi di produzione di senso in assenza del fatto che le macchine possano basarsi sul contesto esperienziale e relazionale che guida l’umana comprensione delle eccezioni, delle ambiguità, della semantica e della pragmatica della lingua.
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Software per realizzare manuali e documentazione tecnica: Argo CCMS di KEAKEA s.r.l.
Da oltre 20 anni i nostri clienti scelgono di adottare Argo CCMS come software per gestire i contenuti tecnici e realizzare i manuali di istruzioni.
Molte aziende, prima di adottare Argo CCMS, usavano MS Word, Adobe InDesign o, più raramente, Adobe FrameMaker per realizzare a mano la documentazione tecnica.
Vediamo insieme il perché del cambio!
Quando un'azienda contatta KEA, le esigenze espresse più comunemente sono:
Gestire più volumi di documentazione
Risparmiare tempi e costi
Mitigare i rischi
Moltiplicare i tipi di output
Attuare l'approccio «digital first»
Rendere più fluida la collaborazione tra funzioni aziendali, con esperti esterni, distributori/rivenditori e utilizzatori finali
Accrescere la qualità
Gestire anche product data.
Perché e come usare i fumetti nella comunicazione tecnica e di prodottoKEA s.r.l.
I manuali di istruzioni di Antonio Carraro S.p.A. hanno una caratteristica che balza subito all’occhio: sono ricchi di vignette in cui è impossibile non immedesimarsi nei trattori antropomorfizzati e nei cartoon di agricoltori, tecnici e personaggi di contorno. Finiamo così per leggere con attenzione i testi che ci spiegano come dare una mano ai nostri beniamini e per imparare in modo dilettevole come usare e manutenere il nostro trattore
Ma perché i fumetti catturano la nostra attenzione? Perché ci immedesimiamo nei personaggi? Perché, rivivendo le loro storie, finiamo per imprimerle nella nostra memoria e apprendere in modo ludico anche informazioni utili?
I principi base dell’intelligenza artificiale spiegata ai non tecnici KEA s.r.l.
Invito alla lettura di Tom Taulli, Artificial Intelligence Basics: A Non-Technical Introduction, New York, Apress Media, 2019
Soprattutto a chi ha una formazione umanistica il libro di Tom Taulli spiega in modo chiaro i principi base dell’intelligenza artificiale: dalla preparazione dei dati al machine learning, dal deep learning alle reti neurali artificiali, dal natural language processing all’automazione robotica dei processi, dai robot/cobot fisici a come implementare un progetto di AI, fino ai cenni sul futuro dell’intelligenza artificiale
Come migliorare l’efficienza della formazione aziendaleKEA s.r.l.
Dal viaggio del cliente al viaggio del discente: spunti per migliorare l’efficienza della formazione aziendale
Invito alla lettura di Massimiliano Fiorelli, e-Learning Design: Progettare la formazione digitale con il mindset del Designer, 2021
Metaverso, ma non solo: come la vita digitale e l’economia digitale potrebber...KEA s.r.l.
Da quando, a fine ottobre 2021, Facebook Inc. ha assunto il nome di Meta Platforms Inc. il termine “metaverso” è sempre più ricorrente.
Che cos’è il metaverso? Esiste già? Qual è il suo rapporto con altre tecnologie - blockchain, token, NFT, criptovalute, smart contract e finanza decentralizzata - spesso citate insieme al metaverso?
Un percorso di lettura ci ha permesso di farci un’idea più precisa di una delle possibili evoluzioni del mondo digitale. Seguiteci!
Sono molte le aziende che, sulla documentazione stampata e/o sulle presenze online, indicano agli interlocutori il numero a cui essere contattate via WhatsApp.
Alcune aziende propongono sul sito anche applicazioni di live chat, mentre non sono molte quelle che promuovono l’uso di Telegram presso i propri contatti, come fanno - per esempio - Coop Viaggi ed Euronics sui volantini periodici.
Quali sono le caratteristiche che possono indurre un’azienda ad aggiungere Telegram al proprio mosaico di strumenti di comunicazione?
Social e valorizzazione della complessitàKEA s.r.l.
Invito alla lettura dello stimolante libro di Francesco Oggiano, SociAbility. Come i social stanno cambiando il nostro modo di informarci e fare attivismo, Milano, Piemme, 2022
***
Presupposto implicito del libro di Francesco Oggiano è che i social, diversamente dai motori di ricerca, hanno l’obiettivo di incrementare il nostro tempo di permanenza al loro interno.
Mentre i motori cercano di proporci i contenuti più rilevanti per la nostra ricerca, sapendo in questo modo di fidelizzarci, i social (con la parziale eccezione di comunità professionali come LinkedIn) si focalizzano sull’espressione delle emozioni, più che sulla comunicazione dei contenuti, per risvegliare la nostra attenzione, sollecitarci ad agire anzitutto digitalmente - valutando, condividendo o commentando - e indurci iterare il ciclo il più a lungo possibile.
Non va dimenticato che le azioni digitali sono monetizzabili da parte sia della piattaforma (per esempio in termini di profilazione dell’utenza e di vendita di pubblicità targetizzata), sia di singoli agenti (per esempio in termini di collaborazione con soggetti interessati a distribuire il loro messaggio alla rete di influenza dell’utente).
Argo CCMS: tutte le funzioni della finestra Gestione documentiKEA s.r.l.
Argo CCMS: tutte le funzioni della finestra Gestione documenti.
Come gestire elementi di classificazione, archivi (di contenuti comuni, di prodotti, ecc.) e documenti (manuali di istruzioni, cataloghi prodotto, schede, ecc.), revisioni.
Argo CCMS: come tradurre testi esportando e importando file MS Excel e XMLKEA s.r.l.
Argo CCMS: come tradurre testi usando le funzioni Esporta / Importa Office (formati supportati: MS Excel e XML)
Guida per il technical writer che usa Argo e per il traduttore che traduce sui file MS Excel o XML esportati da Argo
La SEO come conversazione fra le nostre presenze online, Google e chi cercaKEA s.r.l.
Tim Cameron-Kitchen ci aiuta a vedere la SEO come un dialogo costante fra noi, nel medium delle nostre presenze online, l’algoritmo di Google e gli utenti del motore di ricerca. Scopo della conversazione è far comprendere a Google le intenzioni della nostra comunicazione online e indurre il motore a posizionarci nel modo più coerente rispetto ai quesiti formulati dal singolo utente. Da questa prospettiva l’autore illustra in modo ampio, dettagliato e ricco di esempi come condurre questo dialogo, dal punto di vista dei contenuti delle nostre pagine web, del codice sorgente, della velocità di caricamento, della fruibilità mobile, delle attività sistemistiche, ecc.
Invito alla lettura di Tim Cameron-Kitchen, How To Get To The Top Of Google in 2022: The Plain English Guide to SEO, Exposure Ninja, 2020
L’importanza dei metadati nella comunicazione tecnica e di prodotto e come ge...KEA s.r.l.
I metadati sono importanti per automatizzare la selezione e l’aggregazione flessibile e dinamica di risorse rilevanti contestualmente, nonché per supportare funzioni di elaborazione dei contenuti da parte di agenti software e/o di interazione con i contenuti da parte di persone (es. funzioni di site search e filtri).
Il sistema di gestione dei contenuti Argo di KEA, impiegabile come sistema di component content management e di product information management, mette a disposizione del redattore tecnico numerosi strumenti per gestire i metadati.
Per maggiori informazioni http://www.keanet.it/argo-ccms-per-documentazione-tecnica-e-di-prodotto.html
Invito alla lettura di Riccardo Falcinelli: Figure. Come funzionano le immagi...KEA s.r.l.
Senza che ne siamo necessariamente consapevoli, le caratteristiche formali delle immagini guidano le nostre azioni, il nostro sguardo e il processo di elaborazione della “nostra” storia basata sulla percezione dei contenuti dell’immagine.
La scoperta dell’importanza del “come” (e non solo del “che cosa”) delle immagini è legato a un bel ricordo d’infanzia, quando Riccardo Falcinelli - sotto la guida della madre - esperisce, per approssimazioni successive, la distanza giusta a cui guardare le Ninfee di Monet…
Catalogo Natale Kasanova: edizioni 2020 e 2021 a confrontoKEA s.r.l.
Nel 2020 il Catalogo Natale di Kasanova - noto franchising con oltre 450 negozi specializzato nella vendita di casalinghi e articoli per la casa - mi colpì per il grado di integrazione esistente fra pubblicazione stampata, spot televisivi ed e-shop dell’azienda.
Conservai l’edizione 2020 del catalogo con l’intenzione di raffrontarla all’edizione di quest’anno, disponibile al seguente URL:
https://www.kasanova.com/it/volantino-natale-kasanova/
Scoprire le differenze fra le due edizioni del catalogo natalizio di Kasanova ci può dare indicazioni utili su come l’azienda ha reagito al feedback dei clienti e all’evoluzione della comunicazione.
Argo CMS – Come riusare manualmente contenuti all’interno di documenti distintiKEA s.r.l.
Argo CMS - Come riusare manualmente contenuti all’interno di documenti distinti. Riuso come link, mantenendo il collegamento fra documento di partenza e di destinazione oppure copia del contenuto da documento di partenza a documento di destinazione
Argo CMS – Come riusare manualmente contenuti all’interno di documenti distinti
Ode ai cataloghi prodotto stampati su carta
1. Kea s.r.l. | Via Strà, 102 | 37042 Caldiero (VR)
Tel.: +39 045 6152381
Web: www.keanet.it | E-mail: info@keanet.it
1
Ode ai cataloghi prodotto stampati | Novembre 2018
Ode ai cataloghi prodotto stampati
A dispetto della loro apparente inattualità, i cataloghi cartacei hanno molte buone
ragioni per continuare a esistere, ponendosi in una prospettiva non subalterna di
dialogo e integrazione con le applicazioni digitali. Vediamo perché!
Nel libro di David Sax “The Revenge of Analogue” il 2014 è un anno chiave. È l’anno dell’inversione di
tendenza, in cui in alcuni contesti l’acquisto e l’uso di oggetti fisici è tornato a crescere. Il riscatto
dell’analogico non ha un’impronta nostalgica: è operato in larga misura da persone che rientrano nella
fascia di età compresa fra i 25 e i 45 anni, nativi digitali o quasi. Il riscatto dell’analogico avviene anzi alla
luce della fruizione dei corrispondenti oggetti digitali, che facilita il riconoscimento per contrasto delle
peculiarità dell’oggetto fisico e il loro apprezzamento in determinati contesti. Il digitale ci fa vedere con
occhi nuovi alcuni oggetti, rendendoci consapevoli del fatto che anche i nativi digitali, in quanto esseri
umani, sono nativamente fisici e sono solo ospiti nell’infosfera, a cui possono accedere solo attraverso
media di interfaccia (dispositivi hardware e applicazioni software).
Mentre David Sax prende in esame, per esempio, la rinascita dei dischi in vinile, della pellicola (per
fotografie e film), dei blocchi per appunti, la nostra riflessione si incentra sulle pubblicazioni aziendali su
carta (cataloghi prodotto stampati e, più in generale, documentazione tecnica e di prodotto cartacea) e
sulla loro collocazione nell’ecosistema di comunicazione omnicanale integrato, in cui ogni elemento e le
loro relazioni reciproche sono funzionali al perseguimento degli obiettivi aziendali.
I punti di forza della carta e della stampa che evidenziamo non vanno interpretati come punti di debolezza
del digitale, ma come caratteristiche positive in sé, che – alla luce della relazione tra fisico e digitale –,
possiamo sfruttare nell’ambito della comunicazione aziendale.
L’oggetto
Il catalogo prodotti stampato è anzitutto un oggetto.
Come tutti gli oggetti, anche il catalogo impone il vincolo della compresenza fra pubblicazione e fruitore, il
cui aspetto positivo è la multisensorialità dell’esperienza, che – in quanto tale – è ricca, coinvolgente ed
emozionalmente connotata.
Gli oggetti che abbiamo sott’occhio e sottomano ci guardano e ci parlano.
La loro fisicità ha una forza comunicativa intrinseca che siamo predisposti a cogliere. Nel catalogo, a
prescindere dai contenuti, sono il formato, lo spessore, il tipo di copertina e rilegatura, la qualità della
carta, la struttura del layout di pagina, la rubricatura e le finiture varie a raccontarci una storia; una storia
che narra del suo autore ed editore (l’azienda), del valore che egli gli attribuisce, dei suoi obiettivi, ecc.
La molteplicità della caratteristiche fisiche e il gioco delle loro relazioni ci fanno cogliere in modo netto la
differenza tra un oggetto e altri oggetti analoghi, fra il catalogo prodotti edito da un’azienda e altri
pubblicati da altre aziende. Fisicità fa rima con identità. Nell’infosfera, la necessità di tradurre in bit oggetti
e azioni, il fatto di poterli svincolare dal comportamento dei corrispondenti fisici, la prevalenza della
2. Kea s.r.l. | Via Strà, 102 | 37042 Caldiero (VR)
Tel.: +39 045 6152381
Web: www.keanet.it | E-mail: info@keanet.it
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Ode ai cataloghi prodotto stampati | Novembre 2018
bidimensionalità, la mediazione necessaria delle interfacce, la focalizzazione sull’azione comportano un
livello di semplificazione, standardizzazione e astrazione che favorisce l’appiattimento degli oggetto e ne
sfuma l’identità.
La capacità rappresentativa ed espressiva degli oggetti fisici fa sì, che sia più facile costruire una storia su un
oggetto reale anziché su uno digitale; una storia in cui identificarsi e a cui contribuire con la nostra
narrazione, in una logica di integrazione ed espansione.
Gli oggetti, prima ancora che motori di narrazione, sono sempre stati motori di relazioni interpersonali in
presenza, legati ad attività di scambio, vendita, prestito e dono. I cataloghi non fanno eccezione: ancora
oggi sono un motivo valido per andare a trovare un cliente, recapitargli di persona le sue copie del catalogo
e cogliere l’occasione per dialogare sui vari temi che caratterizzano la relazione commerciale. Il catalogo
digitale non supporta il gesto del passaggio di mano dall’azienda al cliente, e quindi non si presta a fungere
da innesco relazionale.
Il possesso dell’oggetto fisico è uno dei presupposti del suo essere motore di relazione, ruolo che si attaglia
poco agli oggetti digitali a causa sia della loro immaterialità, sia della loro focalizzazione sull’accesso,
anziché sul possesso. Pur avendo caratteristiche positive in termini di ottimizzazione dell’uso delle risorse,
l’accesso non manca di suscitarci un senso di incertezza, alimentato dalla possibilità che gli strumenti
abilitanti siano temporaneamente indisponibili o che divengano tecnicamente obsoleti, dalla possibilità che
i contenuti siano cancellati accidentalmente o che la piattaforma in cloud su cui sono ospitati chiuda i
battenti, nonché da eventuali barriere tecnologiche che impediscono la condivisione delle risorse, ecc.
In quanto esseri fisici siamo abituati a orientarci usando tutti gli appigli multisensoriali che ci offrono
ambienti e oggetti. La fisicità dei cataloghi prodotto stampati supporta il nostro senso dell’orientamento:
lo spessore del volume ci fa dedurre l’ampiezza dell’offerta; l’azione di sfogliare le pagine introduce una
cesura anti-ritmica, che ci fa percepire meno il sovraccarico informativo (a ogni pagina nuova eseguiamo
infatti un piccolo reset dell’attenzione, predisponendoci nuovamente a comprendere ed elaborare i
contenuti proposti); sfogliando le pagine siamo sempre consapevoli della nostra posizione lungo il percorso
cognitivo e possiamo andare avanti e indietro, in modo sequenziale o procedendo a salti; la spazialità del
volume e la geometria delle pagine agevolano l’attivazione della nostra memoria visiva, facilitando il
ritrovamento di contenuti visti in precedenza, ecc.
Nel corso della storia, il libro si è specializzato nella funzione di strumento a supporto delle nostre
costruzioni di senso. La fruizione logico-sequenziale dei contenuti – predisposti dall’autore nella sostanza e
nella forma – ci aiuta a comprendere il “che cosa”, a riflettere su di esso e a elaborare in modo personale il
suo “perché”. A questo percorso cognitivo, in cui si intrecciano fasi di approfondimento e di costruzione del
“big picture”, sono tendenzialmente associati momenti di scoperta, creatività e innovazione.
I cataloghi prodotto stampati condividono con i libri la funzione di strumenti di conoscenza. A livelli di
approfondimento successivo, ci permettono di conoscere il punto di vista dell’azienda su un determinato
settore e di rielaborare il sapere acquisito in funzione delle nostre esigenze operative. Benché la
consultazione del catalogo possa essere propedeutica al processo di acquisto (l’azienda editrice
naturalmente se lo auspica), tale processo avviene in tempi e luoghi altri rispetto al catalogo stesso.
Quando consultiamo un catalogo – soprattutto se ricco di contenuti redazionali – ci concentriamo
sull’attività cognitiva, spostando l’attività operativa in avanti nel tempo e in altri luoghi fisici e digitali (i
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punti vendita e gli e-shop dell’azienda e/o dei suoi partner di canale). Cognizione e azione sono attività
distinte, ancorché potenzialmente collegate.
Diversamente dal libro e dal catalogo cartaceo, il catalogo web è un ambiente che supporta numerosi
compiti. Alcuni sono collegati logicamente fra loro (per esempio la consultazione della scheda prodotto,
l’inserimento del prodotto nel carrello e il check-out), mentre altri sono concorrenti (per esempio l’invito,
sulla stessa scheda prodotto, a inserire il prodotto nel carrello, ma anche a valutare/commentare il
prodotto e a condividerlo con la rete sociale; la presenza, a contorno della scheda prodotto, degli strumenti
per accedere alla palette completa di informazioni e funzioni di cui dispone l’applicazione che contiene il
catalogo web). Come già sottolineato nel 2001 da Lev Manovich nel suo “Il linguaggio dei nuovi media”, le
applicazioni digitali sono focalizzate in generale sulle azioni (iscriversi, acquistare, condividere, valutare,
commentare; raccogliere il feedback dei nostri interlocutori, ecc.) e sul fatto di supportare l’acquisizione,
nel più breve tempo possibile, di informazioni sufficientemente soddisfacenti (“satisficing”) da permetterci
di agire in base alle nostre priorità del momento.
Ferma restando la sua focalizzazione su un solo compito centrale, il catalogo prodotti stampato può
suggerirci contestualmente compiti collegati, indicandoci tempi, luoghi e modi per portarli a termine.
Esempi ne sono la pubblicazione di codici QR, che fungono da attuatori fisico-digitali per completare sull’e-
shop il compito di acquistare prodotti visti a catalogo oppure la pubblicazione dell’elenco dei punti vendita
fisici, un attuatore fisico-fisico per portare a termine lo stesso compito.
Per inciso: la direzione dal fisico al digitale è quella più facilmente percorribile. Quando abbiamo sottomano
il fisico di partenza, è altamente probabile che il digitale di arrivo sia alla nostra portata, data la diffusione
capillare di dispositivi mobili e internet. Partendo dal digitale non possiamo invece dare per scontata la
compresenza del fisico, che potrebbe richiedere sforzo e differimento spazio-temporale per essere
raggiunto. Dato che l’attrito funge da barriera, è più probabile che procediamo dal fisico al digitale, anziché
dal digitale al fisico, a meno che il collegamento non sia geolocalizzato e garantisca quindi la compresenza
fra punto di partenza e di arrivo.
Mentre il catalogo cartaceo, in quanto strumento cognitivo, favorisce la concentrazione, il catalogo web è
più dispersivo, perché supporta numerosi compiti e perché ogni catalogo web dista solo pochi clic da
risorse concorrenti. Nel mondo fisico difficilmente abbiamo sottomano tutti i cataloghi (concorrenti) di un
determinato settore e comunque il passaggio dall’uno all’altro ci richiede un certo sforzo: alzarci, accedere
alla libreria, individuare il catalogo, portarlo alla scrivania, ecc. L’attrito crea una barriera che ci fa stare
incollati al catalogo che stiamo consultando, agendo come forza contraria all’impulso di saltabeccare
agilmente dall’uno all’altro come siamo soliti fare nell’infosfera.
La materialità del catalogo prodotti stampato e la sua differente finalità rispetto al catalogo web
condizionano l’esperienza del tempo che si sviluppa nella relazione fra persona e oggetto:
• La permanenza e la stabilità dell’oggetto fisico ci permettono di percepire un prima e un dopo nella
nostra relazione con esso, di storicizzarla e di accumulare esperienza
• La tendenziale singolarità del compito supportato dal catalogo cartaceo favorisce un approccio più
dilatato al tempo, improntato all’agio e al raggiungimento di obiettivi di efficacia.
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La mutevolezza del digitale e la molteplicità dei compiti abilitati dalle applicazioni digitali ci fanno invece
vivere il tempo dell’infosfera come un insieme puntuale di istanti singoli, accelerati verso un obiettivo
finale. In questa sorta di corsa attraverso un imbuto, l’efficienza è il metro di misura principale. La
differente esperienza del tempo informa di sé la diversa idea di produttività suggerita dal fisico e dal
digitale. È la differenza che passa fra un luogo in cui si sosta, perché è già la meta, e un luogo attraverso cui
si passa, perché la meta è sempre altra e oltre.
Oltre alla percezione quantitativa e qualitativa del tempo, fisico e digitale condizionano anche la nostra
esperienza e il nostro giudizio sull’attrito, cioè sulla forza che un elemento oppone al fatto di essere
dimenticato, accantonato a favore di un altro simile o superato dall’urgenza di un nuovo compito.
Il maggiore attrito esercitato dal fisico ha risvolti positivi in termini comunicativi e funzionali. Quando è
compresente, il catalogo cartaceo occupa spazio, rimane sotto i nostri occhi ed è a portata di mano: nella
sua fisicità è un promemoria potente a iterarne la consultazione. Il catalogo web, invece, rimane nascosto
sotto la superficie del dispositivo, del suo software di base e dell’applicazione digitale che lo ospita:
dobbiamo essere noi a ricordarcene e a richiamarlo attivamente. È uno svantaggio sensibile, che le aziende
cercano di controbilanciare con azioni di e-mail marketing (per esempio newsletter periodiche
personalizzate) e con lo sviluppo di app native dotate di sistemi di notifica push, in grado di farsi notare
attivamente dall’utente, “alzando la mano” per segnalare novità, offerte, ecc. Per quanto vasta sia la nostra
biblioteca, ognuno di noi può attingere a un bacino pur sempre limitato di cataloghi prodotto fisici, il cui
incremento richiede tempo e sforzi. La semplice presenza di un determinato catalogo stampato sul tavolo o
nella libreria del nostro ufficio rappresenta una barriera di protezione dalla concorrenza dei cataloghi
assenti… almeno fino a quando non decidiamo di passare all’infosfera per colmare il gap. Infine, quando
interagiamo con il catalogo cartaceo, dedicandoci al singolo compito per cui è pensato (svolgimento
dell’attività cognitiva) siamo meno soggetti a distrazioni e a passare repentinamente ad altre attività.
Tendiamo a restare incollati alle pagine fino a completamento del compito (comprendere se e come i
prodotti/servizi proposti possano rispondere alle nostre esigenze operative), differendo nel tempo e nei
luoghi lo svolgimento di eventuali attività di collegate (l’invio di una richiesta di offerta o di un ordine;
l’acquisto presso il punto vendita più vicino o sull’e-shop, ecc.).
Per converso l’attrito fisico limita l’ampiezza delle informazioni accessibili e l’agilità nella concatenazione di
compiti logicamente collegati. In ciò sta il suo limite, che il digitale compensa in modo eccellente.
Il punto di forza del catalogo prodotti stampato è l’efficacia di esecuzione del singolo compito cognitivo,
non tanto l’efficienza, intesa come rapidità di completamento e di concatenazione di attività messe a
sistema. Il catalogo web e le applicazioni digitali puntano invece sull’efficienza e implicano una valutazione
sostanzialmente negativa dell’attrito. La storia dell’evoluzione dell’usabilità di siti web e app va tutta in
direzione della progressiva eliminazione dei punti di frizione: velocità di funzionamento; riduzione del
numero di clic necessari per portare a termine un compito; interfacce standardizzate per dispensare
l’utente dalla necessità di riflettere sulle operazioni da compiere (il “don’t make me think” di Steve Krug);
ruolo attivo degli agenti digitali come suggeritori di informazioni e azioni; attuazione silente di opzioni
impostate una tantum dall’utente, ecc.
Rispetto al catalogo web, il catalogo prodotti cartaceo intrattiene un rapporto diverso non solo con l’attrito,
ma anche con la finitezza. I contorni fisici dell’oggetto “libro” ci suggeriscono l’estensione in sé conchiusa
del percorso cognitivo proposto dall’autore. La “finishability” del catalogo stampato – la sua
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predisposizione a essere non solo iniziato, ma anche finito –, è il presupposto della soddisfazione che
proviamo quando portiamo a compimento il percorso cognitivo, in tutto o in una parte in sé finita. Passata
l’euforia iniziale, la tendenziale infinitezza del catalogo web, accentuata dalla scarsità di indicatori relativi
alla sua reale estensione, fa germogliare in noi un senso di frustrazione, alimentato alla percezione che il
compito che ci attende è senza fine apparente. È questo uno dei motivi per cui le applicazioni digitali
controbilanciano l’estensione dei loro cataloghi con filtri applicati proattivamente dagli agenti digitali o
applicabili attivamente dall’utente in caso di necessità.
L’interfaccia
L’interfaccia del catalogo prodotti stampato è fruibile in modo immediato, poiché è un’interfaccia fisica.
Per accedere all’infosfera dobbiamo interagire invece con vari livelli di mediazione, materiali e immateriali:
il dispositivo, il suo software di base, l’applicazione web o la app, la palette delle funzioni che possiamo
usare attivamente, gli agenti digitali proattivi nei nostri confronti, ecc.
Mentre l’interfaccia del catalogo cartaceo è passiva, quella del catalogo web è attiva. La persona è l’unico
agente nei confronti dell’oggetto “libro”, mentre sull’applicazione digitale gli agenti sono due: noi e
l’agente digitale, cioè il software che presiede al funzionamento dell’applicazione. Noi agiamo e reagiamo al
comportamento dell’agente digitale, così come l’agente digitale reagisce al nostro comportamento e agisce
in modo proattivo in base a criteri fissi o dinamici, riconducibili anche a tecnologie di apprendimento
automatico (“machine learning”) tipiche dell’intelligenza artificiale.
Permanenza e stabilità caratterizzano il funzionamento dell’interfaccia fisica del catalogo, che non modifica
il suo comportamento né nel tempo, né in relazione alla persona che lo consulta: chi è, qual è il suo
comportamento attuale e passato, quali sono le sue preferenze, quali sono le sue relazioni sociali, ecc. Per
contro, le interfacce digitali variano nel tempo – in quanto soggette per definizione a sviluppi evolutivi – e
in relazione all’utente, inteso come parte di un insieme omogeneo o, sempre più spesso, come singolo
individuo.
In quanto focalizzata su un solo compito, l’interfaccia del catalogo stampato risulta meno distraente
rispetto a quella del catalogo web. Gli attuatori fisico-digitali rappresentano una potenziale fonte di
distrazione, ma il loro influsso è mitigato dalla loro passività e dallo sforzo che dobbiamo compiere per
attivarli. Nell’infosfera per azionare un attuatore basta un clic, mentre attivare un attuatore fisico-digitale,
per esempio un codice QR, richiede una serie di azioni: prendere smartphone/tablet, inquadrare il codice,
attivare il link, consultare la risorsa di destinazione. Senza considerare che l’attuatore fisico-digitale se ne
sta lì silente sulla pagina, non ci fa fretta, ma attende paziente, finché non siamo noi pronti ad attivarlo.
Passività e attrito sono fattori positivi o negativi a seconda del punto di vista: fanno sì che restiamo incollati
al catalogo, ma impediscono di balzare agilmente a risorse integrative e a compiti correlati/concorrenti.
Focalizzazione su un solo compito, passività, permanenza e stabilità fanno sì, che l’interfaccia del catalogo
cartaceo richieda meno attenzione e un investimento minore nell’apprendimento/ri-apprendimento
all’uso, supportando meglio il senso dell’orientamento di noi esseri fisici. Nel caso dei non nativi digitali,
anche il fattore culturale, dato dalla maggiore dimestichezza con le interfacce fisiche, gioca a favore del
minore sforzo richiesto dall’interazione con la carta stampata. Questo elemento storicamente determinato
tenderà a essere superato con l’avanzare delle generazioni nate a cavallo tra mondo fisico e infosfera. Per
contro, le attuali interfacce digitali costano ancora strutturalmente un sforzo maggiore all’utente a causa
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della molteplicità di compiti supportati, della loro volatilità e mutevolezza, dell’immaterialità degli appigli
che offrono al senso dell’orientamento, ecc.
Maggiore immediatezza, permanenza e stabilità si applicano non solo a interfaccia fisica e contenuti
stampati, ma anche alle informazioni apposte dal fruitore: segnalibri, sottolineature, note. Sulla carta è più
facile inserirle e ritrovarle, mentre l’infosfera è imbattibile quando si tratta di condividerle con altri,
aumentando l’ampiezza della audience e la contemporaneità delle persone raggiungibili.
I contenuti
Esattamente come l’interfaccia, a parità di edizione, anche i contenuti del catalogo prodotti stampato
rimangono sempre visibili, permanenti e stabili, favorendo il senso dell’orientamento e il ritrovamento delle
informazioni già consultate. La permanenza agisce anche a favore della sedimentazione della memoria
storica dei contenuti, cui il digitale contrappone in linea di principio la sovrascrittura in modifica delle
informazioni e quindi la preferenza del sempre nuovo.
Secondo una convenzione storicamente determinata, i contenuti stampati sono disposti in sequenza,
aderenti allo sviluppo logico proposto dall’autore, che il lettore accetta implicitamente di seguire nel suo
personale percorso di ri-costruzione della narrazione e di donazione di senso, fatto di comprensione,
riflessione ed elaborazione. Accettare di cedere il timone all’autore predispone il lettore alla “serendipity, al
felice incontro casuale con contenuti inattesi. Oltre che nell’articolazione e nell’esposizione delle
informazioni, la sequenzialità è insita nell’oggetto “libro” in quanto tale: nella sua finitezza, cioè nel fatto di
avere inizio e fine; nel verso di sfoglio della pagine e in quello di lettura; nelle informazioni di contesto
mostrate in intestazione e piè di pagina; nella presenza di rubricature a scalare, ecc.
L’esposizione e la fruizione sequenziale dei contenuti sono funzionali al nostro personale percorso di
costruzione di senso, ma risultano molto meno efficienti per condurre ricerche per approssimazione
successiva, ovvero nella fase precedente all’approfondimento, in cui abbiamo bisogno di individuare
attraverso un processo iterativo qual è l’informazione/il prodotto/il servizio in grado di soddisfare le nostre
esigenze. Questo accade, per esempio, quando abbiamo un problema, ma non sappiamo né se vi è
un’entità che lo risolve, né qual è la sua denominazione, né chi la propone. Che il catalogo cartaceo richieda
la compresenza per poter essere consultato e sia irriducibilmente distinto da ogni altro catalogo,
opponendosi quindi all’interoperabilità, limita strutturalmente l’estensione della ricerca e la possibilità di
comparare le fonti nel mondo fisico.
Collocandosi nel solco di una tradizione editoriale, le cui buone pratiche si sono distillate nel corso di molto
tempo, il catalogo prodotti stampato sfrutta a vantaggio del fruitore la finitezza della pagina, intesa come
unità minima, storicamente determinata, della pubblicazione. L’autore articola lo spazio della pagina per
creare insiemi in sé compiuti di contenuti (non dissimili dai “topic” della comunicazione tecnica), per
collegarli logicamente ad altri (affini, più generali, più specifici, ecc.) e per guidare il processo di
comprensione, riflessione ed elaborazione di chi legge.
Mentre nel catalogo stampato il susseguirsi delle singole pagine dà vita a una sequenza logica, che indica al
fruitore il percorso cognitivo da compiere, nell’infosfera “every page is page one” secondo la felice
definizione di Mark Baker. Il vantaggio di questo approccio, tipico del digitale, sta nel fatto che l’utente può
essere paracadutato sulla pagina saltando l’eventuale sequenza espositiva del tema. Ciò accade
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normalmente, quando accediamo a una pagina web provenendo dai risultati di un motore di ricerca o
seguendo un link diretto, proposto – per esempio – nel post su un social network. L’impostazione secondo
cui “ogni pagina è pagina uno” è indice del fatto che nel digitale le informazioni sono finalizzate non tanto
alla costruzione di un quadro generale, quanto alla loro fruizione puntuale e all’attivazione entro il più
breve tempo possibile di una o più azioni collegate. Sono inform-azioni, informazioni orientate
preminentemente all’azione, che hanno nei suoi confronti un valore strumentale, ancillare. Il punto debole
dell’approccio “every page is page one” sta nel minore supporto che offre al senso di orientamento
dell’utente e alla sua capacità di costruire un percorso cognitivo personale, in mancanza di quadro generale
forte che l’autore propone sulla carta, ma non nell’infosfera.
Non va però dimenticato, che le buone pratiche della comunicazione su carta si sono distillate nel corso dei
secoli, diventando di pari passo una seconda natura per noi. A dispetto della sua velocità evolutiva,
l’infosfera è pur sempre un mondo giovane, per cui occorre dargli e darci tempo per puntare a raggiungere
un livello analogo di confidenza reciproca.
Riguardo al rapporto fra autore e contenuti vi è un curioso paradosso evidenziato da David Sax. Benché i
contenuti digitali siano tecnicamente molto più facili da modificare di quelli analogici, essi hanno un aspetto
così “satisficing” e definitivo, che siamo meno propensi a rielaborarli rispetto alle note manoscritte, che
ostentano tutta la loro provvisorietà. Quando prendiamo appunti o schizziamo un bozzetto a mano
tendiamo a concentrarci di più sul nocciolo della questione, senza lasciarci sviare da dettagli formali, né
subire condizionamenti dati dal modo in cui funziona l’applicazione che stiamo usando. Libertà espressiva e
predisposizione all’iterazione del ciclo autoriale sono due aspetti per cui vale la pena non abbandonare del
tutto carta e penna, quando agiamo come autori… magari usando uno di quei sistemi di scrittura smart, che
integrano il meglio dei due mondi, carta e digitale.
L’autore
Quando scegliamo un autore – che nel caso del catalogo prodotti coincide con l’azienda editrice –,
implicitamente decidiamo di riconoscerne l’autorevolezza (fino a prova contraria) e di aprirci al dialogo con
le sue proposte contenutistiche e formali.
Nel caso del libro e del catalogo cartaceo, questo atteggiamento di fiducia è alimentato, in modo più o
meno consapevole, anche dal riconoscimento del percorso di valorizzazione economica rappresentato dal
binomio autore-pubblicazione. Ieri come oggi, realizzare una pubblicazione, stamparla e distribuirla sono
attività costose, che abbiamo imparato a considerare come solida barriera di ingresso e sigillo di garanzia
preliminare della qualità della proposta.
Mentre nel mondo fisico la distinzione tra autore e lettore/fruitore rimane netta, l’infosfera è l’ambito
dell’autorialità diffusa, grazie all’economicità e semplicità degli strumenti di creazione, pubblicazione e
distribuzione dei contenuti. Le barriere di accesso all’autorialità sono minime, il che comporta una
maggiore difficoltà a riconoscere le professionalità di spicco, nonché un abbassamento generale della
propensione a riconoscere l’autorevolezza degli autori.
Nel mondo fisico prevale l’apertura di credito nei confronti dell’autore con cui scegliamo di volta in volta di
dialogare, mentre nell’infosfera lo scetticismo rispetto all’autore va di pari passo con la fiducia nella
capacità di generare conoscenza collettivamente. È la comunità nel suo insieme a essere autorevole, non
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tanto le persone prese singolarmente: questo, nella presupposizione che l’intelligenza collettiva sia in grado
di distillare la “verità media” su un determinato tema, marginalizzando errori e posizioni estreme.
Scegliere un autore, riconoscerne l’autorevolezza, accordargli fiducia, implicano anche la predisposizione ad
affidarci al percorso cognitivo che ci propone e a valutare in modo preliminarmente positivo il filtro
operato dall’autore e quindi la finitezza intrinseca alla pubblicazione stampata.
Nell’infosfera, le possibilità tecnologiche e l’autorialità diffusa, ancorché debole, fanno sì che sia la non-
finitezza a prevalere. A prescindere dall’appezzamento teorico di avere accesso a un catalogo “infinito”,
l’interazione pratica tende a disorientarci e ad affaticarci, tant’è vero che sempre più le applicazioni digitali
integrano non solo strumenti utilizzabili dall’utente, ma anche agenti digitali in grado di filtrare
proattivamente informazioni e azioni in base all’interlocutore e al suo contesto operativo.
L’autore in carne e ossa, estromesso dall’intelligenza collettiva, ritorna sotto forma di agente digitale.
In base al suo punto di vista su un settore, l’autore opera una selezione, che propone a tutti coloro che
decidono di aprirsi al dialogo con lui. Si tratta di un filtro i cui criteri sono esplicitati dall’autore, un filtro
uguale per tutti gli interlocutori e stabile nel tempo – almeno nell’ambito della stessa versione/edizione
della pubblicazione. Gli agenti digitali, invece, elaborano e applicano filtri diversi per insiemi omogenei di
utenti o per singoli utenti, filtri mutevoli nel tempo e il cui funzionamento ci resta perlopiù oscuro.
Quando dialoghiamo con una pubblicazione stampata percorriamo una strada che dall’affidamento va
verso l’autonomia: prima scegliamo un autore e ascoltiamo la sua storia; poi – attraverso il processo di
riflessione ed elaborazione – facciamo nostra la sua storia e la trasformiamo in base al nostro contesto,
cognitivo e operativo.
Il nostro atteggiamento nei confronti delle risorse digitali sembrerebbe improntato a un’autonomia molto
maggiore: siamo noi a cercare le varie fonti, a compararle, a selezionarle e ad attribuire loro un certo grado
di autorevolezza. Eppure, per come funzionano i software che ci abilitano a tutto ciò (motori di ricerca, siti
di comparazione, social media, applicazioni web, app, ecc.), il percorso è molto più eterodiretto da agenti
digitali dal comportamento opaco, che dalla nostra autonomia di giudizio e di decisione.
Senza trascurare che affidarsi all’altro aumenta la predisposizione e la possibilità di fare scoperte inattese. Il
fatto di partire da sé, rafforzato dal modo in cui funzionano gli agenti digitali, rende invece più probabile
l’incontro con l’atteso, innescando un processo di auto-avveramento e rafforzamento dei pre-giudizi, che
va in una direzione tendenzialmente contraria rispetto al percorso cognitivo.
Ecco, una piccola ode ai cataloghi prodotto stampati, che – a dispetto della loro apparente inattualità –
hanno molte buone ragioni per continuare a esistere, ponendosi in una prospettiva non subalterna di
dialogo e di integrazione con i cataloghi web e con le applicazioni digitali in genere.
Autore: Petra Dal Santo | dalsanto@keanet.it