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La biblioteca dei benefattori
                1
Maria Luisa Barletta




          Azienda di Servizi alla Persona
                        “Golgi-Redaelli”
2




    Azienda di Servizi alla Persona
    «Golgi-Redaelli»
    Via Olmetto 6, 20123 Milano
    Istituto Geriatrico «Piero Redaelli», Milano
    Istituto Geriatrico «Piero Redaelli», Vimodrone
    Istituto Geriatrico «Camillo Golgi», Abbiategrasso
    www.golgiredaelli.it

    Consiglio di Amministrazione
    Presidente
    Rodolfo Masto
    Vice Presidente
    Elena Emanuela Panigoni
    Consiglieri
    Roberto Bollina
    Roberto Comazzi
    Giorgio De Bernardi
    Carlo Mazzucchelli
    Luciano Riva Cambrin
    Direttore Generale
    Francesco Fascia




    Testi
    Maria Cristina Brunati
    con la collaborazione di Sergio Rebora e del Servizio Archivio e Beni Culturali
    Progetto grafico, impaginazione e redazione
    Nodo, Como
    Edizione
    2010 - NodoLibri, Nodo s.n.c., via Volta 38, Como - www.nodolibri.it - ISBN 978-88-7185-184-6
    Stampa
    Grafica Raveglia, Capiago Intimiano (Co)
    Si ringraziano Lisa Villa e Guglielmo Costa, operatori dell’Istituto «Redaelli» ora in pensione,
    e i vicini di casa di Maria Luisa Barletta per le preziose testimonianze personali.
    Imprescindibile è stato l’apporto delle diverse Direzioni e Servizi dell’Azienda.
    © Azienda di Servizi alla Persona «Golgi-Redaelli» 2010
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C’è una tradizione assai popolare che contraddistingue da secoli
la storia degli istituti di assistenza milanesi e lombardi, quella
che prevede di immortalare le sembianze dei benefattori più
generosi attraverso ritratti. Eseguite da autentici artisti
piuttosto che da onesti artigiani, con il passare del tempo
queste effigi si sono moltiplicate andando a costituire vere e
proprie quadrerie, composte da dipinti a olio su tela, busti in
marmo, finanche ingrandimenti fotografici. Dal punto di vista
del linguaggio tecnico, da “addetti ai lavori”, questi ritratti si
definiscono commemorativi perché assolvono al compito di
testimoniare a tutti e per sempre le sembianze di chi si è
distinto per un gesto di generosità nei confronti del prossimo,
nella fattispecie il prossimo più disagiato e sofferente. Sono
chiamati anche ritratti gratulatori, dal momento che svolgono,
nel contempo, la funzione di ringraziare i benefattori; non va
dimenticato tuttavia che, con la loro intensa e diretta evidenza
iconografica, queste immagini hanno esercitato sul pubblico un
forte stimolo a moltiplicare donazioni e lasciti, presentandosi
come utili strumenti promozionali.
Anche i Luoghi Pii Elemosinieri per secoli hanno onorato questa
antica e nobile consuetudine dando vita a varie quadrerie che,
unificatesi nel tempo, sono confluite in un unico corpus e
appartengono oggi al patrimonio culturale dell’ASP “Golgi-
Redaelli”. Nel Novecento i tempi sono inesorabilmente mutati,
tanto che, fin dal secondo dopoguerra, questa tradizione è
andata via via affievolendosi fino a estinguersi del tutto.
Oggi, in occasione del generoso e cospicuo lascito della signora
Maria Luisa Barletta, l’ASP “Golgi-Redaelli”, in qualità di erede
universale di quest’ultima, intende infondere nuova vita
all’antica usanza di ricordare e ringraziare i benefattori. Al fine
di far giungere tale messaggio a un più ampio numero di
persone, si è scelto di ricorrere a uno strumento diverso rispetto
al ritratto, quello della biografia scritta. L’intendimento è quello
di offrire un racconto attendibile e dettagliato, per quanto
possibile, ma contestualizzato nel suo tempo e reso più diretto
attraverso un ricco corredo di immagini, scelte soprattutto
tra le molte fotografie che ritraggono Maria Luisa Barletta
nei diversi momenti della sua vita.
Si auspica che il presente volumetto non sia che il primo di una
serie, una vera e propria collana di biografie destinate
a immortalare e consegnare alle generazioni di oggi e di domani
i volti e le vicende dei prossimi benefattori.

                                          Il Consiglio d’Amministrazione
                                     dell’Azienda di Servizi alla Persona
                                                          “Golgi-Redaelli”
Azienda di Servizi alla Persona “Golgi-Redaelli”

                                                   L’Azienda di Servizi alla Persona “Golgi-Redaelli” si è costituita nell’ottobre
                                                   del 2003 a seguito della fusione, per incorporazione, delle tre Istituzioni
                                                   precedentemente amministrate dalle IIPPAB ex ECA di Milano (Luoghi Pii
                                                   Elemosinieri, Redaelli e Golgi), operanti da tempo immemorabile nel
                                                   territorio della Provincia di Milano nel settore dell’assistenza.
                                                   È un Ente di diritto pubblico senza fini di lucro dotato di piena autonomia
                                                   statutaria, regolamentare, patrimoniale contabile e gestionale, che ha
                                                   sempre finanziato con risorse proprie la sua attività istituzionale.
                                                   L’Azienda ha la propria sede legale e amministrativa in Milano, via Olmetto
                                                   6, e le proprie sedi operativo-istituzionali a Milano (Redaelli, via D’Alviano),
                                                   Abbiategrasso (Golgi) e Vimodrone (Redaelli).
                                                   L’attività aziendale è ormai da tempo focalizzata prevalentemente a favore
                                                   delle persone anziane, con erogazione di servizi a contenuto sanitario
                                                   assistenziale quali:
                                                   - Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), con ricoveri di persone anziane
                                                       affette da patologie croniche gravemente invalidanti, comprensive di
                                                       Nuclei Alzheimer;
                                                   - Istituti di Riabilitazione (IDR), con ricoveri nei diversi regimi di
                                                       specialistica, generale e geriatrica e di mantenimento, limitati alla
                                                       durata dell’intervento riabilitativo;
                                                   - Nuclei Hospice, per soggetti in fase terminale, e “Comi”, per soggetti in
                                                       stato vegetativo permanente;
                                                   - Servizi di Ospedale Diurno (DH), Ciclo Diurno Continuo (CDC) e Centri
                                                       Diurni Integrati (CDI) con finalità riabilitative;
                                                   - Assistenza Domiciliare (ADI e SAD) e prestazioni di medicina
                                                       specialistica in regime ambulatoriale in diverse branche (chimica clinica,
                                                       geriatria, cardiologia, radiologia, riabilitazione), erogate da personale
                                                       altamente specializzato.
                                                   L’Azienda di Servizi alla Persona “Golgi-Redaelli” si pone, oggi, tra gli attori
                                                   più qualificati nella programmazione e nella gestione dei servizi socio
                                                   sanitari assistenziali della Regione Lombardia.
Maria Luisa Barletta
   26 ottobre 1921 - 24 gennaio 2006
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    il padre




    Riccardo Barletta,
    procuratore legale.
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La biografia

               Il benefico lascito di Maria Luisa Barletta all’Azienda di Servizi alla Persona
               “Golgi-Redaelli” nasce da un’esperienza umana che, nella sua normalità,
               cela una schietta quanto inconsueta e pudica sensibilità: aliena da
               atteggiamenti e toni appariscenti, ha voluto destinare tutti i suoi averi agli
               anziani, quasi con l’intento di prendere le distanze da una società che con
               frenesia e affanno si illude di cancellare la realtà della vecchiaia
               occultandola agli occhi e al pensiero.
               Avvezza, al contrario, ad affrontare apertamente, fin da giovanissima, le
               ineluttabili asperità della vita, la benefattrice ha consapevolmente scelto di
               accostarsi a quella che oggi rappresenta una delle più diffuse e neglette
               forme di marginalità, recuperando di fatto lo spirito solidaristico dell’ente,
               fin dalle sue origini attento a molteplici manifestazioni di disagio sociale.
               Di famiglia benestante, Maria Luisa Barletta avrebbe potuto avere
               un’esistenza facile e priva di preoccupazioni, ma gli insondabili casi della
               vita la portarono verso un percorso meno lineare e spesso accidentato.
               Maria Luisa Barletta nacque il 26 ottobre 1921 dall’avvocato e procuratore
               legale Riccardo (1887-1938) e da Pompea Gilda Porzio (1901-2002)
               a Vedano Olona, piccolo centro nei pressi di Varese dove la famiglia,
               originaria della Puglia, si era da qualche tempo trasferita.
               Poco dopo il loro matrimonio, celebrato ad Andria il 12 luglio 1919,
               i genitori si erano infatti spostati in Lombardia, probabilmente a causa
               degli impegni lavorativi di Riccardo, accompagnandosi al flusso migratorio
               che dal Sud si muoveva verso le regioni settentrionali economicamente
               più dinamiche.
               La coppia si stabilì inizialmente a Milano dove nacque la primogenita
               Fernanda (1920-1979) per trasferirsi poi a Vedano Olona. La permanenza
               della famiglia nel Varesotto ebbe breve durata: anche l’ultimogenita Magda
               (1925-1988) nacque infatti nel capoluogo lombardo, nella casa di viale
               Brianza 32. Riccardo e Gilda Barletta vollero offrire alle figlie l’opportunità
               di un’educazione adeguata alla loro estrazione sociale medio-borghese, che
               oltrepassasse i limiti della scuola dell’obbligo, avviandole a studi
               appropriati a giovani donne di buona famiglia; la stessa Gilda era d’altro
10




     la famiglia
                   I nonni materni:
                   Serafina Caradonna e Pasquale Porzio.




                   La sorella Magda.




                   La madre, Pompea Gilda,
                   con lo zio materno Vincenzo Porzio.
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Le tre sorelle Barletta:
Maria Luisa, Magda e Fernanda.




                                 Maria Luisa con i genitori e le sorelle (sopra)
                                 e con la madre e la sorella Magda (sotto).




       I genitori.
12
13




canto in possesso di licenza tecnica, conseguita al termine dell’anno
scolastico 1916-1917 ad Andria.
Tuttavia tali aspirazioni erano destinate ad essere disattese a causa della
precoce morte di Riccardo, occorsa il 2 ottobre 1938. Da quel momento
tutto cambiò. La repentina scomparsa del capofamiglia fu all’origine di non
poche difficoltà per Gilda, da sempre dedita esclusivamente alle cure della
famiglia, e per le sue figlie, proprio mentre le condizioni di vita della
popolazione milanese conoscevano un drammatico peggioramento in
conseguenza del persistere degli effetti della crisi internazionale del 1929 e
dei sacrifici imposti dall’economia autarchica inaugurata nel 1935.
Le quattro donne, lontane dall’ambiente d’origine e dai congiunti che
avrebbero potuto aiutarle, si videro dunque costrette ad affrontare da sole i
durissimi anni che precedettero la deflagrazione della Seconda guerra
mondiale e, poi, quelli ancor più drammatici del conflitto.
Abbandonata la scuola, a nemmeno un mese dalla morte del padre, Maria
Luisa iniziava a lavorare come apprendista presso la ditta C. Ravizza & Co.
di Milano, dalla quale però si dimise alla fine di giugno dell’anno
successivo. Nel corso dell’anno scolastico 1939-40 tentò infatti di
riprendere gli studi frequentando l’Istituto magistrale privato “Maria
Consolatrice” di via Melchiorre Gioia, un’istituzione cattolica radicata nel
territorio, che tuttavia abbandonò pur avendo conseguito la promozione al
secondo anno.
Il precipitare della situazione internazionale e la discesa in campo
dell’Italia, proclamata da Mussolini il 10 giugno 1940 con la dichiarazione
di guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, portarono alla ribalta nuovi
scenari ed emergenze.
Già alla fine del mese di maggio, in previsione della mobilitazione generale,
un’apposita legge aveva accordato al governo la facoltà di fissare interventi
per il razionamento dei consumi (Legge 21 maggio 1940), mentre
l’inflazione galoppante aumentava drasticamente il divario tra prezzi e
potere d’acquisto. Il 15 gennaio 1941 iniziava la distribuzione delle tessere
annonarie che davano diritto a quantità contingentate di generi alimentari
14




     per ogni persona, quantità destinate a ridursi progressivamente con il
     passare dei mesi andando a includere anche beni di prima necessità come
     zucchero, farina, pasta e riso, carni, legumi, olio e formaggi e, dal mese di
     ottobre, anche il pane. Rispetto alla campagna, la situazione era ancora più
     difficoltosa in città, dove venne promossa la costituzione dei cosiddetti
     “orti di guerra” con la messa a coltura di tutto il verde pubblico disponibile,
     persino nelle aiuole di piazza del Duomo e nei cortili del Castello Sforzesco.
     In queste condizioni, poter contare su un salario sicuro era una fortuna alla
     quale non ci si poteva permettere il lusso di rinunciare. La scelta di
     abbandonare gli studi fatta da Maria Luisa Barletta non deve dunque
     sorprendere, tanto più se si pensa che la giovane era riuscita ad ottenere un
     impiego di concetto presso l’Ufficio per l’industria risiera, dove fu assunta
     in qualità di stenodattilografa e aiuto-contabile nel mese di ottobre del
     1940.
     Lasciato l’impiego all’Ufficio per l’industria risiera il 31 luglio 1946, passava
     per pochi giorni, dal 1° al 10 agosto, alle dipendenze della milanese S.A.
     Assicurazioni e Riassicurazioni “La Pace”. Alla metà di agosto otteneva
     infatti un impiego di stenodattilografa nella ditta di cosmetici Bio Beauty
     Company, poi incorporata nel Gruppo Lepetit, presso la quale lavorò per
     trent’anni, fino al raggiungimento dell’età pensionabile nell’aprile 1976.
     Dopo le privazioni e i sacrifici imposti dal regime e dalla guerra, l’aprirsi di
     un’epoca di speranze e di rinascita seguita alla caduta del regime fascista e
     al termine del conflitto coincise con l’inaugurazione di una nuova stagione
     anche per la famiglia Barletta. Le tre giovani sorelle furono investite
     dall’entusiasmo che si accompagnò ai tempi del dopoguerra e della
     ricostruzione e tutte riuscirono a realizzarsi professionalmente: la più
     giovane, Magda, potè laurearsi in lettere all’Università Statale di Milano nel
     1949 e a intraprendere la carriera di insegnante, che in seguito affiancò ad
     un’attività di intermediazione finanziaria.
     Le foto di quegli anni ci rimandano l’immagine di un nucleo familiare che
     aveva finalmente recuperato serenità, grazie anche al sostegno di Vincenzo
     Porzio (1887-1973), il fratello di Gilda, da tempo emigrato negli Stati Uniti,
15




in gioventù
16




     dove aveva avviato una propria attività di orologiaio a New York. Le
     ragazze, che nelle foto indossano sempre abiti sobri ed eleganti con
     qualche licenza vezzosa, talvolta poterono nuovamente permettersi viaggi
     e vacanze, come succedeva prima della scomparsa di Riccardo.
     Era l’epoca del miracolo economico e del boom edilizio e, con il ritrovato
     benessere, Gilda poteva investire nell’effervescente mercato immobiliare:
     nel 1950 si concedeva l’acquisto di un bilocale al mare nella rinomata
     stazione balneare di Rapallo, nel Golfo del Tigullio, mentre nel 1955
     rilevava dal fratello Vincenzo tre appartamenti di recentissima costruzione,
     in un complesso ubicato nella prima periferia milanese, tra via Cardinal
     Mezzofanti e via Pannonia, forse con l’intenzione di garantire una
     sistemazione alle figlie.
     Queste, nel frattempo, avevano iniziato a costruire la propria indipendenza.
     Erano gli anni in cui Maria Luisa immaginava di poter formare una sua
     famiglia: nel 1954 si sposò, ma l’unione ebbe breve durata; si separò infatti
     già nel 1958, anche se il divorzio arrivò solo nel 1978.
     Nel corso degli anni Sessanta e Settanta Maria Luisa Barletta si dedicò
     assiduamente alla passione per i viaggi, prendendo parte a svariati tour di
     gruppo con i quali raggiunse le mete più disparate, come il Circolo polare
     artico, che passò nell’agosto 1962 a bordo della nave Plarlys della
     norvegese “Bergen Steamship Company”, Bratislava nel 1966, la Turchia
     nel 1975, lo Sri Lanka nel 1976, la Thailandia e Hong Kong nel 1978, l’India
     nel 1979 e il Kenia nel 1980.
     Quello in Africa fu l’ultimo dei grandi viaggi intrapresi da Maria Luisa
     Barletta: il suo passaporto non riporta infatti l’indicazione di nuovi visti
     dopo quell’anno.
     Si trattò di una rinuncia gravosa, condizionata anche dalla necessità di
     assistere in maniera continuativa la madre, ormai ultraottantenne,
     necessità fattasi ancor più urgente dall’aprile 1988, dopo la morte della
     sorella Magda, che conviveva con l’anziana donna.
     Pompea Gilda Porzio fu allora ricoverata per qualche tempo presso l’Istituto
     Geriatrico “Piero Redaelli” di piazza Giovanni delle Bande Nere, mentre
17




il lavoro




Maria Luisa Barletta viene premiata
da Guido Zerilli-Marimò
per i 25 anni di servizio.
18




     in viaggio
19
20
21
22




     venivano avviate le pratiche per la vendita del suo appartamento in via
     Cardinal Mezzofanti 45. Probabilmente furono proprio gli incontri vissuti
     durante la degenza della madre, e la scoperta della benefica influenza che
     una presenza affettuosa e attenta poteva avere sugli ospiti, a far maturare
     in Maria Luisa Barletta il desiderio di vivere l’esperienza del volontariato
     geriatrico, continuata anche dopo il rientro della madre a casa e la decisione
     di vivere insieme nell’appartamento di via Cardinal Mezzofanti 47.
     La sua scelta cadde naturalmente sull’istituto di piazza Bande Nere, dove
     l’attività di volontariato aveva cominciato a supportare i servizi di
     assistenza svolti dal personale dipendente intorno al 1970, inizialmente in
     forma del tutto spontanea e libera, slegata da vincoli e regolamenti, ma
     sempre fortemente sostenuta dall’Amministrazione, in relazione all’evidente
     beneficio psicologico che ne traevano gli ospiti. I volontari si avvicinavano
     all’Istituto mossi dalle motivazioni più disparate, come il desiderio di
     seguire le sorti di parenti o vicini di casa ricoverati, il bisogno di sentirsi
     utili, la necessità di occupare parte del tempo libero, e si dedicavano
     principalmente a intrattenere gli ospiti, facendo loro compagnia,
     ascoltandoli, aiutando quelli non autosufficienti a mangiare e a camminare.
     Ne nascevano frequenti legami di affetto e amicizia, anche per la
     percezione che gli ospiti avevano dei volontari, spesso considerati come
     unici intermediari di relazioni con il mondo esterno. L’attitudine ad
     accostarsi con maggiore libertà e confidenza ai degenti rispetto al
     personale dipendente – necessariamente vincolato dall’esigenza di
     mantenere un conveniente distacco professionale – riusciva infatti a
     vincere le loro resistenze, e ad attenuare l’inevitabile senso di sradicamento
     sofferto dagli ospiti rispetto alla realtà nella quale avevano vissuto e dalla
     quale avevano dovuto allontanarsi per essere inseriti in un ambiente del
     tutto sconosciuto e talvolta estraniante.
     Alcuni semplici accorgimenti, come la scelta di portare i camici aperti
     lasciando intravedere gli abiti indossati nella vita di tutti i giorni, aiutavano
     i volontari a superare le difficoltà emotive dei degenti, attenuando i segni
     di separazione con la loro condizione e rendendo così più semplice
23




India, 1979.
24




     A Vienna, davanti
     alla Donnerbrunnen.




     A Londra,
     in Piccadilly Circus
     e a Trafalgar Square.
25




Sri Lanka, 1976.
26




     Kenia, 1980.
27
28




     l’incontro con il loro sconfinato bisogno d’affetto e premure, qualche volta
     caparbiamente nascosto per pudore, orgoglio o per il semplice desiderio di
     difendersi dal rischio di nuovi abbandoni e delusioni.
     Nel ricordo degli operatori dell’Istituto, la presenza di Maria Luisa Barletta
     fu sempre discreta e di poche parole: la sua natura schiva e riservata la
     portava a privilegiare il rapporto diretto con gli ospiti, rifuggendo occasioni
     formali e momenti di convivialità, come le cerimonie e i pranzi organizzati
     per le festività. La stessa misura è rammentata dai suoi vicini di casa, con i
     quali, a differenza della madre e della sorella che avevano un
     temperamento più gioviale, mantenne sempre rapporti formali, senza
     indulgere alla confidenza.




                    Il testamento
          di Maria Luisa Barletta.
29



Il lascito

             Maria Luisa Barletta è deceduta il 24 gennaio 2006, nel primo pomeriggio,
             dopo un improvviso malore. Aveva quasi ottantacinque anni e viveva da sola,
             in buone condizioni di salute e in piena autonomia. Nelle operazioni
             di inventariazione dei suoi beni conservati nella casa di via Mezzofanti 47 –
             un’abitazione pulita e ordinata dove ogni oggetto si trovava al proprio posto –
             la dottoressa Paola Maria Grossini, curatore dell’eredità giacente nominato
             dal Tribunale di Milano, il 3 novembre 2006 rinvenne il testamento olografo
             di Maria Luisa Barletta; vergato con mano sicura il 15 dicembre 1990
             su un foglietto di carta da lettere rigato di colore ambrato, fu depositato e
             pubblicato negli atti del notaio Claudio Guidobono Cavalchini il 15 dicembre
             2006: «Desidero che alla mia morte tutto ciò che possiedo venga dato all’Ist.
             Geriatrico Redaelli di Milano». Il 2 dicembre 2005 la benefattrice aveva
             riconfermato tali disposizioni in un testamento olografo rintracciato tra le
             carte di famiglia. Il Tribunale di Milano nel 2007 ha approvato l’inventario
             dell’eredità della defunta, consistente in titoli e denaro contante su diversi
             conti correnti bancari per un ammontare di circa 630.000 euro e nell’unità
             immobiliare di via Mezzofanti 47 con i relativi mobili e arredi, da cui in
             seguito sono stati ricavati circa 240.000 euro.
             Entrata in possesso dell’eredità nel 2008, l’ASP “Golgi-Redaelli” si è
             innanzitutto preoccupata di far eseguire il monumento funerario della
             benefattrice, tumulata presso il Cimitero di Lambrate a Milano, ispirato a
             quello, ubicato nelle vicinanze, dedicato alla madre. Il generoso lascito è
             stato impiegato dall’Azienda nei lavori di ristrutturazione dell’Istituto
             Geriatrico “Piero Redaelli” di Milano, caro alla benefattrice.
             I documenti, le carte personali e le fotografie della famiglia Barletta,
             accuratamente raccolti, presi in carico e inventariati dal Servizio Archivio e Beni
             Culturali, oggi fanno parte dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri insieme alle
             testimonianze degli altri benefattori del passato. Due ritratti in miniatura riferibili
             all’ultimo quarto del XVIII secolo e un piatto da parata in ceramica del Novecento
             di gusto neo rinascimentale, che adornavano l’abitazione di Maria Luisa Barletta,
             sono entrati a far parte del patrimonio artistico dell’Azienda, che li ha collocati
             negli ambienti di rappresentanza del Palazzo Archinto di via Olmetto.
30




     Miniature e piatto da parata
     rinvenuti nell’appartamento
     di Maria Luisa Barletta.
31



Il ricordo

             È antica consuetudine delle istituzioni assistenziali e ospedaliere
             ambrosiane dedicare un sia pur succinto profilo biografico ai suoi
             benefattori, innanzitutto in segno di riconoscenza e memoria. In questo
             senso si collocano, nella tradizione dell’Ente, Gli amici dei poveri di Antonio
             Noto, edito nel lontano 1966, La generosità e la memoria. I luoghi pii
             elemosinieri di Milano e i loro benefattori attraverso i secoli, a cura di
             Ivanoe Riboli, Marco Bascapè e Sergio Rebora (1995) e il più recente Il
             tesoro dei poveri. Il patrimonio artistico delle Istituzioni pubbliche di
             assistenza e beneficenza (ex Eca) di Milano, a cura di Marco Bascapè, Paolo
             Galimberti e Sergio Rebora (2001).
             Ricostruire le vicende di Maria Luisa Barletta è stato un compito arduo:
             assai riservata, la signora ha condotto una vita non dissimile da quella di
             tante altre persone, che trascorrono il loro tempo dividendosi tra il lavoro
             e la famiglia.
             A meglio tratteggiare la fisionomia della benefattrice hanno concorso fonti
             molteplici e diverse, tra loro intrecciate nell’utilizzo. I suoi documenti
             e carte personali hanno fornito i primi e più significativi elementi utili per
             la ricostruzione della biografia. Non meno rilevante si è rivelato l’apporto
             dato dalle numerose fotografie, da quelle più datate inerenti alla famiglia
             della benefattrice a quelle recenti che testimoniano la sua passione per i
             viaggi. L’abbozzo al ritratto via via delineato ha in seguito potuto arricchirsi
             attraverso le testimonianze orali di alcune persone che hanno incontrato e
             conosciuto Maria Luisa Barletta, dai vicini di casa agli operatori dell’Istituto
             Geriatrico “Piero Redaelli” di Milano, dove la signora prestava opera di
             volontariato.
             E, infine, informazioni indirette ma preziose sulla personalità
             della benefattrice sono affiorate a livello di suggestione durante la visita
             al suo appartamento dalle stanze ordinate, ancora complete del ricco
             e curato guardaroba. La casa di una persona che non guardava con
             nostalgia al passato e che viveva ancora pienamente la sua vita.
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Maria Luisa Barletta (1921 - 2006)

  • 1.
  • 2.
  • 3. La biblioteca dei benefattori 1 Maria Luisa Barletta Azienda di Servizi alla Persona “Golgi-Redaelli”
  • 4. 2 Azienda di Servizi alla Persona «Golgi-Redaelli» Via Olmetto 6, 20123 Milano Istituto Geriatrico «Piero Redaelli», Milano Istituto Geriatrico «Piero Redaelli», Vimodrone Istituto Geriatrico «Camillo Golgi», Abbiategrasso www.golgiredaelli.it Consiglio di Amministrazione Presidente Rodolfo Masto Vice Presidente Elena Emanuela Panigoni Consiglieri Roberto Bollina Roberto Comazzi Giorgio De Bernardi Carlo Mazzucchelli Luciano Riva Cambrin Direttore Generale Francesco Fascia Testi Maria Cristina Brunati con la collaborazione di Sergio Rebora e del Servizio Archivio e Beni Culturali Progetto grafico, impaginazione e redazione Nodo, Como Edizione 2010 - NodoLibri, Nodo s.n.c., via Volta 38, Como - www.nodolibri.it - ISBN 978-88-7185-184-6 Stampa Grafica Raveglia, Capiago Intimiano (Co) Si ringraziano Lisa Villa e Guglielmo Costa, operatori dell’Istituto «Redaelli» ora in pensione, e i vicini di casa di Maria Luisa Barletta per le preziose testimonianze personali. Imprescindibile è stato l’apporto delle diverse Direzioni e Servizi dell’Azienda. © Azienda di Servizi alla Persona «Golgi-Redaelli» 2010
  • 5. 3 C’è una tradizione assai popolare che contraddistingue da secoli la storia degli istituti di assistenza milanesi e lombardi, quella che prevede di immortalare le sembianze dei benefattori più generosi attraverso ritratti. Eseguite da autentici artisti piuttosto che da onesti artigiani, con il passare del tempo queste effigi si sono moltiplicate andando a costituire vere e proprie quadrerie, composte da dipinti a olio su tela, busti in marmo, finanche ingrandimenti fotografici. Dal punto di vista del linguaggio tecnico, da “addetti ai lavori”, questi ritratti si definiscono commemorativi perché assolvono al compito di testimoniare a tutti e per sempre le sembianze di chi si è distinto per un gesto di generosità nei confronti del prossimo, nella fattispecie il prossimo più disagiato e sofferente. Sono chiamati anche ritratti gratulatori, dal momento che svolgono, nel contempo, la funzione di ringraziare i benefattori; non va dimenticato tuttavia che, con la loro intensa e diretta evidenza iconografica, queste immagini hanno esercitato sul pubblico un forte stimolo a moltiplicare donazioni e lasciti, presentandosi come utili strumenti promozionali. Anche i Luoghi Pii Elemosinieri per secoli hanno onorato questa antica e nobile consuetudine dando vita a varie quadrerie che, unificatesi nel tempo, sono confluite in un unico corpus e appartengono oggi al patrimonio culturale dell’ASP “Golgi- Redaelli”. Nel Novecento i tempi sono inesorabilmente mutati, tanto che, fin dal secondo dopoguerra, questa tradizione è andata via via affievolendosi fino a estinguersi del tutto. Oggi, in occasione del generoso e cospicuo lascito della signora
  • 6. Maria Luisa Barletta, l’ASP “Golgi-Redaelli”, in qualità di erede universale di quest’ultima, intende infondere nuova vita all’antica usanza di ricordare e ringraziare i benefattori. Al fine di far giungere tale messaggio a un più ampio numero di persone, si è scelto di ricorrere a uno strumento diverso rispetto al ritratto, quello della biografia scritta. L’intendimento è quello di offrire un racconto attendibile e dettagliato, per quanto possibile, ma contestualizzato nel suo tempo e reso più diretto attraverso un ricco corredo di immagini, scelte soprattutto tra le molte fotografie che ritraggono Maria Luisa Barletta nei diversi momenti della sua vita. Si auspica che il presente volumetto non sia che il primo di una serie, una vera e propria collana di biografie destinate a immortalare e consegnare alle generazioni di oggi e di domani i volti e le vicende dei prossimi benefattori. Il Consiglio d’Amministrazione dell’Azienda di Servizi alla Persona “Golgi-Redaelli”
  • 7. Azienda di Servizi alla Persona “Golgi-Redaelli” L’Azienda di Servizi alla Persona “Golgi-Redaelli” si è costituita nell’ottobre del 2003 a seguito della fusione, per incorporazione, delle tre Istituzioni precedentemente amministrate dalle IIPPAB ex ECA di Milano (Luoghi Pii Elemosinieri, Redaelli e Golgi), operanti da tempo immemorabile nel territorio della Provincia di Milano nel settore dell’assistenza. È un Ente di diritto pubblico senza fini di lucro dotato di piena autonomia statutaria, regolamentare, patrimoniale contabile e gestionale, che ha sempre finanziato con risorse proprie la sua attività istituzionale. L’Azienda ha la propria sede legale e amministrativa in Milano, via Olmetto 6, e le proprie sedi operativo-istituzionali a Milano (Redaelli, via D’Alviano), Abbiategrasso (Golgi) e Vimodrone (Redaelli). L’attività aziendale è ormai da tempo focalizzata prevalentemente a favore delle persone anziane, con erogazione di servizi a contenuto sanitario assistenziale quali: - Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), con ricoveri di persone anziane affette da patologie croniche gravemente invalidanti, comprensive di Nuclei Alzheimer; - Istituti di Riabilitazione (IDR), con ricoveri nei diversi regimi di specialistica, generale e geriatrica e di mantenimento, limitati alla durata dell’intervento riabilitativo; - Nuclei Hospice, per soggetti in fase terminale, e “Comi”, per soggetti in stato vegetativo permanente; - Servizi di Ospedale Diurno (DH), Ciclo Diurno Continuo (CDC) e Centri Diurni Integrati (CDI) con finalità riabilitative; - Assistenza Domiciliare (ADI e SAD) e prestazioni di medicina specialistica in regime ambulatoriale in diverse branche (chimica clinica, geriatria, cardiologia, radiologia, riabilitazione), erogate da personale altamente specializzato. L’Azienda di Servizi alla Persona “Golgi-Redaelli” si pone, oggi, tra gli attori più qualificati nella programmazione e nella gestione dei servizi socio sanitari assistenziali della Regione Lombardia.
  • 8.
  • 9. Maria Luisa Barletta 26 ottobre 1921 - 24 gennaio 2006
  • 10. 8 il padre Riccardo Barletta, procuratore legale.
  • 11. 9 La biografia Il benefico lascito di Maria Luisa Barletta all’Azienda di Servizi alla Persona “Golgi-Redaelli” nasce da un’esperienza umana che, nella sua normalità, cela una schietta quanto inconsueta e pudica sensibilità: aliena da atteggiamenti e toni appariscenti, ha voluto destinare tutti i suoi averi agli anziani, quasi con l’intento di prendere le distanze da una società che con frenesia e affanno si illude di cancellare la realtà della vecchiaia occultandola agli occhi e al pensiero. Avvezza, al contrario, ad affrontare apertamente, fin da giovanissima, le ineluttabili asperità della vita, la benefattrice ha consapevolmente scelto di accostarsi a quella che oggi rappresenta una delle più diffuse e neglette forme di marginalità, recuperando di fatto lo spirito solidaristico dell’ente, fin dalle sue origini attento a molteplici manifestazioni di disagio sociale. Di famiglia benestante, Maria Luisa Barletta avrebbe potuto avere un’esistenza facile e priva di preoccupazioni, ma gli insondabili casi della vita la portarono verso un percorso meno lineare e spesso accidentato. Maria Luisa Barletta nacque il 26 ottobre 1921 dall’avvocato e procuratore legale Riccardo (1887-1938) e da Pompea Gilda Porzio (1901-2002) a Vedano Olona, piccolo centro nei pressi di Varese dove la famiglia, originaria della Puglia, si era da qualche tempo trasferita. Poco dopo il loro matrimonio, celebrato ad Andria il 12 luglio 1919, i genitori si erano infatti spostati in Lombardia, probabilmente a causa degli impegni lavorativi di Riccardo, accompagnandosi al flusso migratorio che dal Sud si muoveva verso le regioni settentrionali economicamente più dinamiche. La coppia si stabilì inizialmente a Milano dove nacque la primogenita Fernanda (1920-1979) per trasferirsi poi a Vedano Olona. La permanenza della famiglia nel Varesotto ebbe breve durata: anche l’ultimogenita Magda (1925-1988) nacque infatti nel capoluogo lombardo, nella casa di viale Brianza 32. Riccardo e Gilda Barletta vollero offrire alle figlie l’opportunità di un’educazione adeguata alla loro estrazione sociale medio-borghese, che oltrepassasse i limiti della scuola dell’obbligo, avviandole a studi appropriati a giovani donne di buona famiglia; la stessa Gilda era d’altro
  • 12. 10 la famiglia I nonni materni: Serafina Caradonna e Pasquale Porzio. La sorella Magda. La madre, Pompea Gilda, con lo zio materno Vincenzo Porzio.
  • 13. 11 Le tre sorelle Barletta: Maria Luisa, Magda e Fernanda. Maria Luisa con i genitori e le sorelle (sopra) e con la madre e la sorella Magda (sotto). I genitori.
  • 14. 12
  • 15. 13 canto in possesso di licenza tecnica, conseguita al termine dell’anno scolastico 1916-1917 ad Andria. Tuttavia tali aspirazioni erano destinate ad essere disattese a causa della precoce morte di Riccardo, occorsa il 2 ottobre 1938. Da quel momento tutto cambiò. La repentina scomparsa del capofamiglia fu all’origine di non poche difficoltà per Gilda, da sempre dedita esclusivamente alle cure della famiglia, e per le sue figlie, proprio mentre le condizioni di vita della popolazione milanese conoscevano un drammatico peggioramento in conseguenza del persistere degli effetti della crisi internazionale del 1929 e dei sacrifici imposti dall’economia autarchica inaugurata nel 1935. Le quattro donne, lontane dall’ambiente d’origine e dai congiunti che avrebbero potuto aiutarle, si videro dunque costrette ad affrontare da sole i durissimi anni che precedettero la deflagrazione della Seconda guerra mondiale e, poi, quelli ancor più drammatici del conflitto. Abbandonata la scuola, a nemmeno un mese dalla morte del padre, Maria Luisa iniziava a lavorare come apprendista presso la ditta C. Ravizza & Co. di Milano, dalla quale però si dimise alla fine di giugno dell’anno successivo. Nel corso dell’anno scolastico 1939-40 tentò infatti di riprendere gli studi frequentando l’Istituto magistrale privato “Maria Consolatrice” di via Melchiorre Gioia, un’istituzione cattolica radicata nel territorio, che tuttavia abbandonò pur avendo conseguito la promozione al secondo anno. Il precipitare della situazione internazionale e la discesa in campo dell’Italia, proclamata da Mussolini il 10 giugno 1940 con la dichiarazione di guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, portarono alla ribalta nuovi scenari ed emergenze. Già alla fine del mese di maggio, in previsione della mobilitazione generale, un’apposita legge aveva accordato al governo la facoltà di fissare interventi per il razionamento dei consumi (Legge 21 maggio 1940), mentre l’inflazione galoppante aumentava drasticamente il divario tra prezzi e potere d’acquisto. Il 15 gennaio 1941 iniziava la distribuzione delle tessere annonarie che davano diritto a quantità contingentate di generi alimentari
  • 16. 14 per ogni persona, quantità destinate a ridursi progressivamente con il passare dei mesi andando a includere anche beni di prima necessità come zucchero, farina, pasta e riso, carni, legumi, olio e formaggi e, dal mese di ottobre, anche il pane. Rispetto alla campagna, la situazione era ancora più difficoltosa in città, dove venne promossa la costituzione dei cosiddetti “orti di guerra” con la messa a coltura di tutto il verde pubblico disponibile, persino nelle aiuole di piazza del Duomo e nei cortili del Castello Sforzesco. In queste condizioni, poter contare su un salario sicuro era una fortuna alla quale non ci si poteva permettere il lusso di rinunciare. La scelta di abbandonare gli studi fatta da Maria Luisa Barletta non deve dunque sorprendere, tanto più se si pensa che la giovane era riuscita ad ottenere un impiego di concetto presso l’Ufficio per l’industria risiera, dove fu assunta in qualità di stenodattilografa e aiuto-contabile nel mese di ottobre del 1940. Lasciato l’impiego all’Ufficio per l’industria risiera il 31 luglio 1946, passava per pochi giorni, dal 1° al 10 agosto, alle dipendenze della milanese S.A. Assicurazioni e Riassicurazioni “La Pace”. Alla metà di agosto otteneva infatti un impiego di stenodattilografa nella ditta di cosmetici Bio Beauty Company, poi incorporata nel Gruppo Lepetit, presso la quale lavorò per trent’anni, fino al raggiungimento dell’età pensionabile nell’aprile 1976. Dopo le privazioni e i sacrifici imposti dal regime e dalla guerra, l’aprirsi di un’epoca di speranze e di rinascita seguita alla caduta del regime fascista e al termine del conflitto coincise con l’inaugurazione di una nuova stagione anche per la famiglia Barletta. Le tre giovani sorelle furono investite dall’entusiasmo che si accompagnò ai tempi del dopoguerra e della ricostruzione e tutte riuscirono a realizzarsi professionalmente: la più giovane, Magda, potè laurearsi in lettere all’Università Statale di Milano nel 1949 e a intraprendere la carriera di insegnante, che in seguito affiancò ad un’attività di intermediazione finanziaria. Le foto di quegli anni ci rimandano l’immagine di un nucleo familiare che aveva finalmente recuperato serenità, grazie anche al sostegno di Vincenzo Porzio (1887-1973), il fratello di Gilda, da tempo emigrato negli Stati Uniti,
  • 18. 16 dove aveva avviato una propria attività di orologiaio a New York. Le ragazze, che nelle foto indossano sempre abiti sobri ed eleganti con qualche licenza vezzosa, talvolta poterono nuovamente permettersi viaggi e vacanze, come succedeva prima della scomparsa di Riccardo. Era l’epoca del miracolo economico e del boom edilizio e, con il ritrovato benessere, Gilda poteva investire nell’effervescente mercato immobiliare: nel 1950 si concedeva l’acquisto di un bilocale al mare nella rinomata stazione balneare di Rapallo, nel Golfo del Tigullio, mentre nel 1955 rilevava dal fratello Vincenzo tre appartamenti di recentissima costruzione, in un complesso ubicato nella prima periferia milanese, tra via Cardinal Mezzofanti e via Pannonia, forse con l’intenzione di garantire una sistemazione alle figlie. Queste, nel frattempo, avevano iniziato a costruire la propria indipendenza. Erano gli anni in cui Maria Luisa immaginava di poter formare una sua famiglia: nel 1954 si sposò, ma l’unione ebbe breve durata; si separò infatti già nel 1958, anche se il divorzio arrivò solo nel 1978. Nel corso degli anni Sessanta e Settanta Maria Luisa Barletta si dedicò assiduamente alla passione per i viaggi, prendendo parte a svariati tour di gruppo con i quali raggiunse le mete più disparate, come il Circolo polare artico, che passò nell’agosto 1962 a bordo della nave Plarlys della norvegese “Bergen Steamship Company”, Bratislava nel 1966, la Turchia nel 1975, lo Sri Lanka nel 1976, la Thailandia e Hong Kong nel 1978, l’India nel 1979 e il Kenia nel 1980. Quello in Africa fu l’ultimo dei grandi viaggi intrapresi da Maria Luisa Barletta: il suo passaporto non riporta infatti l’indicazione di nuovi visti dopo quell’anno. Si trattò di una rinuncia gravosa, condizionata anche dalla necessità di assistere in maniera continuativa la madre, ormai ultraottantenne, necessità fattasi ancor più urgente dall’aprile 1988, dopo la morte della sorella Magda, che conviveva con l’anziana donna. Pompea Gilda Porzio fu allora ricoverata per qualche tempo presso l’Istituto Geriatrico “Piero Redaelli” di piazza Giovanni delle Bande Nere, mentre
  • 19. 17 il lavoro Maria Luisa Barletta viene premiata da Guido Zerilli-Marimò per i 25 anni di servizio.
  • 20. 18 in viaggio
  • 21. 19
  • 22. 20
  • 23. 21
  • 24. 22 venivano avviate le pratiche per la vendita del suo appartamento in via Cardinal Mezzofanti 45. Probabilmente furono proprio gli incontri vissuti durante la degenza della madre, e la scoperta della benefica influenza che una presenza affettuosa e attenta poteva avere sugli ospiti, a far maturare in Maria Luisa Barletta il desiderio di vivere l’esperienza del volontariato geriatrico, continuata anche dopo il rientro della madre a casa e la decisione di vivere insieme nell’appartamento di via Cardinal Mezzofanti 47. La sua scelta cadde naturalmente sull’istituto di piazza Bande Nere, dove l’attività di volontariato aveva cominciato a supportare i servizi di assistenza svolti dal personale dipendente intorno al 1970, inizialmente in forma del tutto spontanea e libera, slegata da vincoli e regolamenti, ma sempre fortemente sostenuta dall’Amministrazione, in relazione all’evidente beneficio psicologico che ne traevano gli ospiti. I volontari si avvicinavano all’Istituto mossi dalle motivazioni più disparate, come il desiderio di seguire le sorti di parenti o vicini di casa ricoverati, il bisogno di sentirsi utili, la necessità di occupare parte del tempo libero, e si dedicavano principalmente a intrattenere gli ospiti, facendo loro compagnia, ascoltandoli, aiutando quelli non autosufficienti a mangiare e a camminare. Ne nascevano frequenti legami di affetto e amicizia, anche per la percezione che gli ospiti avevano dei volontari, spesso considerati come unici intermediari di relazioni con il mondo esterno. L’attitudine ad accostarsi con maggiore libertà e confidenza ai degenti rispetto al personale dipendente – necessariamente vincolato dall’esigenza di mantenere un conveniente distacco professionale – riusciva infatti a vincere le loro resistenze, e ad attenuare l’inevitabile senso di sradicamento sofferto dagli ospiti rispetto alla realtà nella quale avevano vissuto e dalla quale avevano dovuto allontanarsi per essere inseriti in un ambiente del tutto sconosciuto e talvolta estraniante. Alcuni semplici accorgimenti, come la scelta di portare i camici aperti lasciando intravedere gli abiti indossati nella vita di tutti i giorni, aiutavano i volontari a superare le difficoltà emotive dei degenti, attenuando i segni di separazione con la loro condizione e rendendo così più semplice
  • 26. 24 A Vienna, davanti alla Donnerbrunnen. A Londra, in Piccadilly Circus e a Trafalgar Square.
  • 28. 26 Kenia, 1980.
  • 29. 27
  • 30. 28 l’incontro con il loro sconfinato bisogno d’affetto e premure, qualche volta caparbiamente nascosto per pudore, orgoglio o per il semplice desiderio di difendersi dal rischio di nuovi abbandoni e delusioni. Nel ricordo degli operatori dell’Istituto, la presenza di Maria Luisa Barletta fu sempre discreta e di poche parole: la sua natura schiva e riservata la portava a privilegiare il rapporto diretto con gli ospiti, rifuggendo occasioni formali e momenti di convivialità, come le cerimonie e i pranzi organizzati per le festività. La stessa misura è rammentata dai suoi vicini di casa, con i quali, a differenza della madre e della sorella che avevano un temperamento più gioviale, mantenne sempre rapporti formali, senza indulgere alla confidenza. Il testamento di Maria Luisa Barletta.
  • 31. 29 Il lascito Maria Luisa Barletta è deceduta il 24 gennaio 2006, nel primo pomeriggio, dopo un improvviso malore. Aveva quasi ottantacinque anni e viveva da sola, in buone condizioni di salute e in piena autonomia. Nelle operazioni di inventariazione dei suoi beni conservati nella casa di via Mezzofanti 47 – un’abitazione pulita e ordinata dove ogni oggetto si trovava al proprio posto – la dottoressa Paola Maria Grossini, curatore dell’eredità giacente nominato dal Tribunale di Milano, il 3 novembre 2006 rinvenne il testamento olografo di Maria Luisa Barletta; vergato con mano sicura il 15 dicembre 1990 su un foglietto di carta da lettere rigato di colore ambrato, fu depositato e pubblicato negli atti del notaio Claudio Guidobono Cavalchini il 15 dicembre 2006: «Desidero che alla mia morte tutto ciò che possiedo venga dato all’Ist. Geriatrico Redaelli di Milano». Il 2 dicembre 2005 la benefattrice aveva riconfermato tali disposizioni in un testamento olografo rintracciato tra le carte di famiglia. Il Tribunale di Milano nel 2007 ha approvato l’inventario dell’eredità della defunta, consistente in titoli e denaro contante su diversi conti correnti bancari per un ammontare di circa 630.000 euro e nell’unità immobiliare di via Mezzofanti 47 con i relativi mobili e arredi, da cui in seguito sono stati ricavati circa 240.000 euro. Entrata in possesso dell’eredità nel 2008, l’ASP “Golgi-Redaelli” si è innanzitutto preoccupata di far eseguire il monumento funerario della benefattrice, tumulata presso il Cimitero di Lambrate a Milano, ispirato a quello, ubicato nelle vicinanze, dedicato alla madre. Il generoso lascito è stato impiegato dall’Azienda nei lavori di ristrutturazione dell’Istituto Geriatrico “Piero Redaelli” di Milano, caro alla benefattrice. I documenti, le carte personali e le fotografie della famiglia Barletta, accuratamente raccolti, presi in carico e inventariati dal Servizio Archivio e Beni Culturali, oggi fanno parte dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri insieme alle testimonianze degli altri benefattori del passato. Due ritratti in miniatura riferibili all’ultimo quarto del XVIII secolo e un piatto da parata in ceramica del Novecento di gusto neo rinascimentale, che adornavano l’abitazione di Maria Luisa Barletta, sono entrati a far parte del patrimonio artistico dell’Azienda, che li ha collocati negli ambienti di rappresentanza del Palazzo Archinto di via Olmetto.
  • 32. 30 Miniature e piatto da parata rinvenuti nell’appartamento di Maria Luisa Barletta.
  • 33. 31 Il ricordo È antica consuetudine delle istituzioni assistenziali e ospedaliere ambrosiane dedicare un sia pur succinto profilo biografico ai suoi benefattori, innanzitutto in segno di riconoscenza e memoria. In questo senso si collocano, nella tradizione dell’Ente, Gli amici dei poveri di Antonio Noto, edito nel lontano 1966, La generosità e la memoria. I luoghi pii elemosinieri di Milano e i loro benefattori attraverso i secoli, a cura di Ivanoe Riboli, Marco Bascapè e Sergio Rebora (1995) e il più recente Il tesoro dei poveri. Il patrimonio artistico delle Istituzioni pubbliche di assistenza e beneficenza (ex Eca) di Milano, a cura di Marco Bascapè, Paolo Galimberti e Sergio Rebora (2001). Ricostruire le vicende di Maria Luisa Barletta è stato un compito arduo: assai riservata, la signora ha condotto una vita non dissimile da quella di tante altre persone, che trascorrono il loro tempo dividendosi tra il lavoro e la famiglia. A meglio tratteggiare la fisionomia della benefattrice hanno concorso fonti molteplici e diverse, tra loro intrecciate nell’utilizzo. I suoi documenti e carte personali hanno fornito i primi e più significativi elementi utili per la ricostruzione della biografia. Non meno rilevante si è rivelato l’apporto dato dalle numerose fotografie, da quelle più datate inerenti alla famiglia della benefattrice a quelle recenti che testimoniano la sua passione per i viaggi. L’abbozzo al ritratto via via delineato ha in seguito potuto arricchirsi attraverso le testimonianze orali di alcune persone che hanno incontrato e conosciuto Maria Luisa Barletta, dai vicini di casa agli operatori dell’Istituto Geriatrico “Piero Redaelli” di Milano, dove la signora prestava opera di volontariato. E, infine, informazioni indirette ma preziose sulla personalità della benefattrice sono affiorate a livello di suggestione durante la visita al suo appartamento dalle stanze ordinate, ancora complete del ricco e curato guardaroba. La casa di una persona che non guardava con nostalgia al passato e che viveva ancora pienamente la sua vita.