5. 3
C’è una tradizione assai popolare che contraddistingue da secoli
la storia degli istituti di assistenza milanesi e lombardi, quella
che prevede di immortalare le sembianze dei benefattori più
generosi attraverso ritratti. Eseguite da autentici artisti
piuttosto che da onesti artigiani, con il passare del tempo
queste effigi si sono moltiplicate andando a costituire vere e
proprie quadrerie, composte da dipinti a olio su tela, busti in
marmo, finanche ingrandimenti fotografici. Dal punto di vista
del linguaggio tecnico, da “addetti ai lavori”, questi ritratti si
definiscono commemorativi perché assolvono al compito di
testimoniare a tutti e per sempre le sembianze di chi si è
distinto per un gesto di generosità nei confronti del prossimo,
nella fattispecie il prossimo più disagiato e sofferente. Sono
chiamati anche ritratti gratulatori, dal momento che svolgono,
nel contempo, la funzione di ringraziare i benefattori; non va
dimenticato tuttavia che, con la loro intensa e diretta evidenza
iconografica, queste immagini hanno esercitato sul pubblico un
forte stimolo a moltiplicare donazioni e lasciti, presentandosi
come utili strumenti promozionali.
Anche i Luoghi Pii Elemosinieri per secoli hanno onorato questa
antica e nobile consuetudine dando vita a varie quadrerie che,
unificatesi nel tempo, sono confluite in un unico corpus e
appartengono oggi al patrimonio culturale dell’ASP “Golgi-
Redaelli”. Nel Novecento i tempi sono inesorabilmente mutati,
tanto che, fin dal secondo dopoguerra, questa tradizione è
andata via via affievolendosi fino a estinguersi del tutto.
Oggi, in occasione del generoso e cospicuo lascito della signora
6. Maria Luisa Barletta, l’ASP “Golgi-Redaelli”, in qualità di erede
universale di quest’ultima, intende infondere nuova vita
all’antica usanza di ricordare e ringraziare i benefattori. Al fine
di far giungere tale messaggio a un più ampio numero di
persone, si è scelto di ricorrere a uno strumento diverso rispetto
al ritratto, quello della biografia scritta. L’intendimento è quello
di offrire un racconto attendibile e dettagliato, per quanto
possibile, ma contestualizzato nel suo tempo e reso più diretto
attraverso un ricco corredo di immagini, scelte soprattutto
tra le molte fotografie che ritraggono Maria Luisa Barletta
nei diversi momenti della sua vita.
Si auspica che il presente volumetto non sia che il primo di una
serie, una vera e propria collana di biografie destinate
a immortalare e consegnare alle generazioni di oggi e di domani
i volti e le vicende dei prossimi benefattori.
Il Consiglio d’Amministrazione
dell’Azienda di Servizi alla Persona
“Golgi-Redaelli”
7. Azienda di Servizi alla Persona “Golgi-Redaelli”
L’Azienda di Servizi alla Persona “Golgi-Redaelli” si è costituita nell’ottobre
del 2003 a seguito della fusione, per incorporazione, delle tre Istituzioni
precedentemente amministrate dalle IIPPAB ex ECA di Milano (Luoghi Pii
Elemosinieri, Redaelli e Golgi), operanti da tempo immemorabile nel
territorio della Provincia di Milano nel settore dell’assistenza.
È un Ente di diritto pubblico senza fini di lucro dotato di piena autonomia
statutaria, regolamentare, patrimoniale contabile e gestionale, che ha
sempre finanziato con risorse proprie la sua attività istituzionale.
L’Azienda ha la propria sede legale e amministrativa in Milano, via Olmetto
6, e le proprie sedi operativo-istituzionali a Milano (Redaelli, via D’Alviano),
Abbiategrasso (Golgi) e Vimodrone (Redaelli).
L’attività aziendale è ormai da tempo focalizzata prevalentemente a favore
delle persone anziane, con erogazione di servizi a contenuto sanitario
assistenziale quali:
- Residenze Sanitarie Assistenziali (RSA), con ricoveri di persone anziane
affette da patologie croniche gravemente invalidanti, comprensive di
Nuclei Alzheimer;
- Istituti di Riabilitazione (IDR), con ricoveri nei diversi regimi di
specialistica, generale e geriatrica e di mantenimento, limitati alla
durata dell’intervento riabilitativo;
- Nuclei Hospice, per soggetti in fase terminale, e “Comi”, per soggetti in
stato vegetativo permanente;
- Servizi di Ospedale Diurno (DH), Ciclo Diurno Continuo (CDC) e Centri
Diurni Integrati (CDI) con finalità riabilitative;
- Assistenza Domiciliare (ADI e SAD) e prestazioni di medicina
specialistica in regime ambulatoriale in diverse branche (chimica clinica,
geriatria, cardiologia, radiologia, riabilitazione), erogate da personale
altamente specializzato.
L’Azienda di Servizi alla Persona “Golgi-Redaelli” si pone, oggi, tra gli attori
più qualificati nella programmazione e nella gestione dei servizi socio
sanitari assistenziali della Regione Lombardia.
10. 8
il padre
Riccardo Barletta,
procuratore legale.
11. 9
La biografia
Il benefico lascito di Maria Luisa Barletta all’Azienda di Servizi alla Persona
“Golgi-Redaelli” nasce da un’esperienza umana che, nella sua normalità,
cela una schietta quanto inconsueta e pudica sensibilità: aliena da
atteggiamenti e toni appariscenti, ha voluto destinare tutti i suoi averi agli
anziani, quasi con l’intento di prendere le distanze da una società che con
frenesia e affanno si illude di cancellare la realtà della vecchiaia
occultandola agli occhi e al pensiero.
Avvezza, al contrario, ad affrontare apertamente, fin da giovanissima, le
ineluttabili asperità della vita, la benefattrice ha consapevolmente scelto di
accostarsi a quella che oggi rappresenta una delle più diffuse e neglette
forme di marginalità, recuperando di fatto lo spirito solidaristico dell’ente,
fin dalle sue origini attento a molteplici manifestazioni di disagio sociale.
Di famiglia benestante, Maria Luisa Barletta avrebbe potuto avere
un’esistenza facile e priva di preoccupazioni, ma gli insondabili casi della
vita la portarono verso un percorso meno lineare e spesso accidentato.
Maria Luisa Barletta nacque il 26 ottobre 1921 dall’avvocato e procuratore
legale Riccardo (1887-1938) e da Pompea Gilda Porzio (1901-2002)
a Vedano Olona, piccolo centro nei pressi di Varese dove la famiglia,
originaria della Puglia, si era da qualche tempo trasferita.
Poco dopo il loro matrimonio, celebrato ad Andria il 12 luglio 1919,
i genitori si erano infatti spostati in Lombardia, probabilmente a causa
degli impegni lavorativi di Riccardo, accompagnandosi al flusso migratorio
che dal Sud si muoveva verso le regioni settentrionali economicamente
più dinamiche.
La coppia si stabilì inizialmente a Milano dove nacque la primogenita
Fernanda (1920-1979) per trasferirsi poi a Vedano Olona. La permanenza
della famiglia nel Varesotto ebbe breve durata: anche l’ultimogenita Magda
(1925-1988) nacque infatti nel capoluogo lombardo, nella casa di viale
Brianza 32. Riccardo e Gilda Barletta vollero offrire alle figlie l’opportunità
di un’educazione adeguata alla loro estrazione sociale medio-borghese, che
oltrepassasse i limiti della scuola dell’obbligo, avviandole a studi
appropriati a giovani donne di buona famiglia; la stessa Gilda era d’altro
12. 10
la famiglia
I nonni materni:
Serafina Caradonna e Pasquale Porzio.
La sorella Magda.
La madre, Pompea Gilda,
con lo zio materno Vincenzo Porzio.
13. 11
Le tre sorelle Barletta:
Maria Luisa, Magda e Fernanda.
Maria Luisa con i genitori e le sorelle (sopra)
e con la madre e la sorella Magda (sotto).
I genitori.
15. 13
canto in possesso di licenza tecnica, conseguita al termine dell’anno
scolastico 1916-1917 ad Andria.
Tuttavia tali aspirazioni erano destinate ad essere disattese a causa della
precoce morte di Riccardo, occorsa il 2 ottobre 1938. Da quel momento
tutto cambiò. La repentina scomparsa del capofamiglia fu all’origine di non
poche difficoltà per Gilda, da sempre dedita esclusivamente alle cure della
famiglia, e per le sue figlie, proprio mentre le condizioni di vita della
popolazione milanese conoscevano un drammatico peggioramento in
conseguenza del persistere degli effetti della crisi internazionale del 1929 e
dei sacrifici imposti dall’economia autarchica inaugurata nel 1935.
Le quattro donne, lontane dall’ambiente d’origine e dai congiunti che
avrebbero potuto aiutarle, si videro dunque costrette ad affrontare da sole i
durissimi anni che precedettero la deflagrazione della Seconda guerra
mondiale e, poi, quelli ancor più drammatici del conflitto.
Abbandonata la scuola, a nemmeno un mese dalla morte del padre, Maria
Luisa iniziava a lavorare come apprendista presso la ditta C. Ravizza & Co.
di Milano, dalla quale però si dimise alla fine di giugno dell’anno
successivo. Nel corso dell’anno scolastico 1939-40 tentò infatti di
riprendere gli studi frequentando l’Istituto magistrale privato “Maria
Consolatrice” di via Melchiorre Gioia, un’istituzione cattolica radicata nel
territorio, che tuttavia abbandonò pur avendo conseguito la promozione al
secondo anno.
Il precipitare della situazione internazionale e la discesa in campo
dell’Italia, proclamata da Mussolini il 10 giugno 1940 con la dichiarazione
di guerra alla Francia e alla Gran Bretagna, portarono alla ribalta nuovi
scenari ed emergenze.
Già alla fine del mese di maggio, in previsione della mobilitazione generale,
un’apposita legge aveva accordato al governo la facoltà di fissare interventi
per il razionamento dei consumi (Legge 21 maggio 1940), mentre
l’inflazione galoppante aumentava drasticamente il divario tra prezzi e
potere d’acquisto. Il 15 gennaio 1941 iniziava la distribuzione delle tessere
annonarie che davano diritto a quantità contingentate di generi alimentari
16. 14
per ogni persona, quantità destinate a ridursi progressivamente con il
passare dei mesi andando a includere anche beni di prima necessità come
zucchero, farina, pasta e riso, carni, legumi, olio e formaggi e, dal mese di
ottobre, anche il pane. Rispetto alla campagna, la situazione era ancora più
difficoltosa in città, dove venne promossa la costituzione dei cosiddetti
“orti di guerra” con la messa a coltura di tutto il verde pubblico disponibile,
persino nelle aiuole di piazza del Duomo e nei cortili del Castello Sforzesco.
In queste condizioni, poter contare su un salario sicuro era una fortuna alla
quale non ci si poteva permettere il lusso di rinunciare. La scelta di
abbandonare gli studi fatta da Maria Luisa Barletta non deve dunque
sorprendere, tanto più se si pensa che la giovane era riuscita ad ottenere un
impiego di concetto presso l’Ufficio per l’industria risiera, dove fu assunta
in qualità di stenodattilografa e aiuto-contabile nel mese di ottobre del
1940.
Lasciato l’impiego all’Ufficio per l’industria risiera il 31 luglio 1946, passava
per pochi giorni, dal 1° al 10 agosto, alle dipendenze della milanese S.A.
Assicurazioni e Riassicurazioni “La Pace”. Alla metà di agosto otteneva
infatti un impiego di stenodattilografa nella ditta di cosmetici Bio Beauty
Company, poi incorporata nel Gruppo Lepetit, presso la quale lavorò per
trent’anni, fino al raggiungimento dell’età pensionabile nell’aprile 1976.
Dopo le privazioni e i sacrifici imposti dal regime e dalla guerra, l’aprirsi di
un’epoca di speranze e di rinascita seguita alla caduta del regime fascista e
al termine del conflitto coincise con l’inaugurazione di una nuova stagione
anche per la famiglia Barletta. Le tre giovani sorelle furono investite
dall’entusiasmo che si accompagnò ai tempi del dopoguerra e della
ricostruzione e tutte riuscirono a realizzarsi professionalmente: la più
giovane, Magda, potè laurearsi in lettere all’Università Statale di Milano nel
1949 e a intraprendere la carriera di insegnante, che in seguito affiancò ad
un’attività di intermediazione finanziaria.
Le foto di quegli anni ci rimandano l’immagine di un nucleo familiare che
aveva finalmente recuperato serenità, grazie anche al sostegno di Vincenzo
Porzio (1887-1973), il fratello di Gilda, da tempo emigrato negli Stati Uniti,
18. 16
dove aveva avviato una propria attività di orologiaio a New York. Le
ragazze, che nelle foto indossano sempre abiti sobri ed eleganti con
qualche licenza vezzosa, talvolta poterono nuovamente permettersi viaggi
e vacanze, come succedeva prima della scomparsa di Riccardo.
Era l’epoca del miracolo economico e del boom edilizio e, con il ritrovato
benessere, Gilda poteva investire nell’effervescente mercato immobiliare:
nel 1950 si concedeva l’acquisto di un bilocale al mare nella rinomata
stazione balneare di Rapallo, nel Golfo del Tigullio, mentre nel 1955
rilevava dal fratello Vincenzo tre appartamenti di recentissima costruzione,
in un complesso ubicato nella prima periferia milanese, tra via Cardinal
Mezzofanti e via Pannonia, forse con l’intenzione di garantire una
sistemazione alle figlie.
Queste, nel frattempo, avevano iniziato a costruire la propria indipendenza.
Erano gli anni in cui Maria Luisa immaginava di poter formare una sua
famiglia: nel 1954 si sposò, ma l’unione ebbe breve durata; si separò infatti
già nel 1958, anche se il divorzio arrivò solo nel 1978.
Nel corso degli anni Sessanta e Settanta Maria Luisa Barletta si dedicò
assiduamente alla passione per i viaggi, prendendo parte a svariati tour di
gruppo con i quali raggiunse le mete più disparate, come il Circolo polare
artico, che passò nell’agosto 1962 a bordo della nave Plarlys della
norvegese “Bergen Steamship Company”, Bratislava nel 1966, la Turchia
nel 1975, lo Sri Lanka nel 1976, la Thailandia e Hong Kong nel 1978, l’India
nel 1979 e il Kenia nel 1980.
Quello in Africa fu l’ultimo dei grandi viaggi intrapresi da Maria Luisa
Barletta: il suo passaporto non riporta infatti l’indicazione di nuovi visti
dopo quell’anno.
Si trattò di una rinuncia gravosa, condizionata anche dalla necessità di
assistere in maniera continuativa la madre, ormai ultraottantenne,
necessità fattasi ancor più urgente dall’aprile 1988, dopo la morte della
sorella Magda, che conviveva con l’anziana donna.
Pompea Gilda Porzio fu allora ricoverata per qualche tempo presso l’Istituto
Geriatrico “Piero Redaelli” di piazza Giovanni delle Bande Nere, mentre
19. 17
il lavoro
Maria Luisa Barletta viene premiata
da Guido Zerilli-Marimò
per i 25 anni di servizio.
24. 22
venivano avviate le pratiche per la vendita del suo appartamento in via
Cardinal Mezzofanti 45. Probabilmente furono proprio gli incontri vissuti
durante la degenza della madre, e la scoperta della benefica influenza che
una presenza affettuosa e attenta poteva avere sugli ospiti, a far maturare
in Maria Luisa Barletta il desiderio di vivere l’esperienza del volontariato
geriatrico, continuata anche dopo il rientro della madre a casa e la decisione
di vivere insieme nell’appartamento di via Cardinal Mezzofanti 47.
La sua scelta cadde naturalmente sull’istituto di piazza Bande Nere, dove
l’attività di volontariato aveva cominciato a supportare i servizi di
assistenza svolti dal personale dipendente intorno al 1970, inizialmente in
forma del tutto spontanea e libera, slegata da vincoli e regolamenti, ma
sempre fortemente sostenuta dall’Amministrazione, in relazione all’evidente
beneficio psicologico che ne traevano gli ospiti. I volontari si avvicinavano
all’Istituto mossi dalle motivazioni più disparate, come il desiderio di
seguire le sorti di parenti o vicini di casa ricoverati, il bisogno di sentirsi
utili, la necessità di occupare parte del tempo libero, e si dedicavano
principalmente a intrattenere gli ospiti, facendo loro compagnia,
ascoltandoli, aiutando quelli non autosufficienti a mangiare e a camminare.
Ne nascevano frequenti legami di affetto e amicizia, anche per la
percezione che gli ospiti avevano dei volontari, spesso considerati come
unici intermediari di relazioni con il mondo esterno. L’attitudine ad
accostarsi con maggiore libertà e confidenza ai degenti rispetto al
personale dipendente – necessariamente vincolato dall’esigenza di
mantenere un conveniente distacco professionale – riusciva infatti a
vincere le loro resistenze, e ad attenuare l’inevitabile senso di sradicamento
sofferto dagli ospiti rispetto alla realtà nella quale avevano vissuto e dalla
quale avevano dovuto allontanarsi per essere inseriti in un ambiente del
tutto sconosciuto e talvolta estraniante.
Alcuni semplici accorgimenti, come la scelta di portare i camici aperti
lasciando intravedere gli abiti indossati nella vita di tutti i giorni, aiutavano
i volontari a superare le difficoltà emotive dei degenti, attenuando i segni
di separazione con la loro condizione e rendendo così più semplice
30. 28
l’incontro con il loro sconfinato bisogno d’affetto e premure, qualche volta
caparbiamente nascosto per pudore, orgoglio o per il semplice desiderio di
difendersi dal rischio di nuovi abbandoni e delusioni.
Nel ricordo degli operatori dell’Istituto, la presenza di Maria Luisa Barletta
fu sempre discreta e di poche parole: la sua natura schiva e riservata la
portava a privilegiare il rapporto diretto con gli ospiti, rifuggendo occasioni
formali e momenti di convivialità, come le cerimonie e i pranzi organizzati
per le festività. La stessa misura è rammentata dai suoi vicini di casa, con i
quali, a differenza della madre e della sorella che avevano un
temperamento più gioviale, mantenne sempre rapporti formali, senza
indulgere alla confidenza.
Il testamento
di Maria Luisa Barletta.
31. 29
Il lascito
Maria Luisa Barletta è deceduta il 24 gennaio 2006, nel primo pomeriggio,
dopo un improvviso malore. Aveva quasi ottantacinque anni e viveva da sola,
in buone condizioni di salute e in piena autonomia. Nelle operazioni
di inventariazione dei suoi beni conservati nella casa di via Mezzofanti 47 –
un’abitazione pulita e ordinata dove ogni oggetto si trovava al proprio posto –
la dottoressa Paola Maria Grossini, curatore dell’eredità giacente nominato
dal Tribunale di Milano, il 3 novembre 2006 rinvenne il testamento olografo
di Maria Luisa Barletta; vergato con mano sicura il 15 dicembre 1990
su un foglietto di carta da lettere rigato di colore ambrato, fu depositato e
pubblicato negli atti del notaio Claudio Guidobono Cavalchini il 15 dicembre
2006: «Desidero che alla mia morte tutto ciò che possiedo venga dato all’Ist.
Geriatrico Redaelli di Milano». Il 2 dicembre 2005 la benefattrice aveva
riconfermato tali disposizioni in un testamento olografo rintracciato tra le
carte di famiglia. Il Tribunale di Milano nel 2007 ha approvato l’inventario
dell’eredità della defunta, consistente in titoli e denaro contante su diversi
conti correnti bancari per un ammontare di circa 630.000 euro e nell’unità
immobiliare di via Mezzofanti 47 con i relativi mobili e arredi, da cui in
seguito sono stati ricavati circa 240.000 euro.
Entrata in possesso dell’eredità nel 2008, l’ASP “Golgi-Redaelli” si è
innanzitutto preoccupata di far eseguire il monumento funerario della
benefattrice, tumulata presso il Cimitero di Lambrate a Milano, ispirato a
quello, ubicato nelle vicinanze, dedicato alla madre. Il generoso lascito è
stato impiegato dall’Azienda nei lavori di ristrutturazione dell’Istituto
Geriatrico “Piero Redaelli” di Milano, caro alla benefattrice.
I documenti, le carte personali e le fotografie della famiglia Barletta,
accuratamente raccolti, presi in carico e inventariati dal Servizio Archivio e Beni
Culturali, oggi fanno parte dell’Archivio dei Luoghi Pii Elemosinieri insieme alle
testimonianze degli altri benefattori del passato. Due ritratti in miniatura riferibili
all’ultimo quarto del XVIII secolo e un piatto da parata in ceramica del Novecento
di gusto neo rinascimentale, che adornavano l’abitazione di Maria Luisa Barletta,
sono entrati a far parte del patrimonio artistico dell’Azienda, che li ha collocati
negli ambienti di rappresentanza del Palazzo Archinto di via Olmetto.
32. 30
Miniature e piatto da parata
rinvenuti nell’appartamento
di Maria Luisa Barletta.
33. 31
Il ricordo
È antica consuetudine delle istituzioni assistenziali e ospedaliere
ambrosiane dedicare un sia pur succinto profilo biografico ai suoi
benefattori, innanzitutto in segno di riconoscenza e memoria. In questo
senso si collocano, nella tradizione dell’Ente, Gli amici dei poveri di Antonio
Noto, edito nel lontano 1966, La generosità e la memoria. I luoghi pii
elemosinieri di Milano e i loro benefattori attraverso i secoli, a cura di
Ivanoe Riboli, Marco Bascapè e Sergio Rebora (1995) e il più recente Il
tesoro dei poveri. Il patrimonio artistico delle Istituzioni pubbliche di
assistenza e beneficenza (ex Eca) di Milano, a cura di Marco Bascapè, Paolo
Galimberti e Sergio Rebora (2001).
Ricostruire le vicende di Maria Luisa Barletta è stato un compito arduo:
assai riservata, la signora ha condotto una vita non dissimile da quella di
tante altre persone, che trascorrono il loro tempo dividendosi tra il lavoro
e la famiglia.
A meglio tratteggiare la fisionomia della benefattrice hanno concorso fonti
molteplici e diverse, tra loro intrecciate nell’utilizzo. I suoi documenti
e carte personali hanno fornito i primi e più significativi elementi utili per
la ricostruzione della biografia. Non meno rilevante si è rivelato l’apporto
dato dalle numerose fotografie, da quelle più datate inerenti alla famiglia
della benefattrice a quelle recenti che testimoniano la sua passione per i
viaggi. L’abbozzo al ritratto via via delineato ha in seguito potuto arricchirsi
attraverso le testimonianze orali di alcune persone che hanno incontrato e
conosciuto Maria Luisa Barletta, dai vicini di casa agli operatori dell’Istituto
Geriatrico “Piero Redaelli” di Milano, dove la signora prestava opera di
volontariato.
E, infine, informazioni indirette ma preziose sulla personalità
della benefattrice sono affiorate a livello di suggestione durante la visita
al suo appartamento dalle stanze ordinate, ancora complete del ricco
e curato guardaroba. La casa di una persona che non guardava con
nostalgia al passato e che viveva ancora pienamente la sua vita.