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INDICE GENERALE:
INTRODUZIONE................................................................................................................................
CAPITOLO 1: NUOVA GESTIONE DELLE CRISI BANCARIE ...............................................
1.1 Le risposte alla crisi e l’Unione Bancaria ........................................................................................
1.1.1 I Pilastri dell’Unione ........................................................................................................
1.1.2 L’attuazione del secondo pilastro .....................................................................................
1.2 Le misure preventive........................................................................................................................
1.2.1 Il Piano di Risanamento....................................................................................................
1.2.2 Il Piano di Risoluzione......................................................................................................
1.3 La gestione ordinata delle crisi ........................................................................................................
1.3.1 La Risoluzione...................................................................................................................
1.3.2 Il Fondo di Risoluzione Unico ..........................................................................................
CAPITOLO 2: COMPOSIZIONE E ATTIVAZIONE DELLA PROCEDURA DI
RISOLUZIONE ...................................................................................................................................
2.1 Il lavoro delle autorità nell’Unione Bancaria...................................................................................
2.1.1 Soddisfacimento dei presupposti per l’avvio della Risoluzione........................................
2.1.2 Avvio della procedura di Risoluzione ...............................................................................
2.2 Gli strumenti della Risoluzione........................................................................................................
2.2.1 Il bail in.............................................................................................................................
2.2.2 La bridge bank e la bad bank............................................................................................
2.2.3 La vendita dell’attività d’impresa.....................................................................................
2.3 Lo scenario italiano..........................................................................................................................
2.3.1 Il recepimento della direttiva BRRD.................................................................................
CAPITOLO 3: GLI EFFETTI DEL BAIL IN..................................................................................
3.1 Adozione dello strumento del bail in...............................................................................................
3.1.1 La svalutazione e la conversione delle passività ..............................................................
3.1.2 Soggetti coinvolti e soggetti esclusi ..................................................................................
3.2 Cosa è cambiato ...............................................................................................................................
3.2.1 Precauzioni e problematicità ............................................................................................
3.2.2 Primi casi applicativi ........................................................................................................
CONCLUSIONI...................................................................................................................................
BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA....................................................................................................
1
Introduzione
La situazione di stallo originatasi negli Stati Uniti nel 2008, partendo da una “bolla” del settore
immobiliare, si è inseguito riversata nell’intera economia, traducendosi infine una vera e propria crisi
finanziaria. Essa ha coinvolto successivamente anche l’intera l’Europa e le restanti economie mature
del mondo, dando vita, forse, a uno dei peggiori disagi che l’economia mondiale possa ricordare, sin
dalla grande crisi del 1929.
Le iniziali difficoltà finanziarie riscontrabili solo in specifici settori, sono ben presto mutate ed
evolute fino a nuocere alle casse degli stessi Stati, trasformando, di fatto, la crisi da finanziaria ad
economica. Si è assistito, quindi, ad una pericolosa ed inarrestabile fase di recessione da parte delle
più grandi economie mature, dalla quale si è stentato ad uscire. Tale fase recessiva, quindi, registrata
dai bilanci statali, ha prodotto ovviamente un progressivo aumento dei debiti pubblici, che hanno
raggiunto apici storici per molti Paesi europei. Questa situazione di notevole disagio si è palesemente
riversata anche nei mercati finanziari, destabilizzando soprattutto gli istituti bancari e quelli di
investimento, che si sono trovati improvvisamente privi di liquidità. In questo scenario critico, le
aziende si sono ritrovate pesantemente danneggiate, in quanto riscontravano notevoli difficoltà nel
reperire le risorse finanziarie di cui necessitavano per i loro investimenti, continuando, pertanto, a
danneggiare ciclicamente il sistema.
Cercando di trovare delle soluzioni che potessero fornire ristoro ai Paesi in notevole disagio, le
istituzioni comunitarie hanno, quindi, introdotto dei procedimenti di carattere emergenziale, mirati a
mantenere la sostenibilità economica degli Stati in notevole difficoltà1
. L’attenzione delle autorità
comunitarie, tuttavia, non si è soffermata sui soli Stati membri, bensì anche sul sistema bancario, in
quanto vi erano istituti talmente grandi da raggiungere dimensioni paragonabili a quelle di alcuni
Paesi, e una loro condizione di insolvenza avrebbe causato ulteriori effetti negativi al sistema. Tali
intermediari venivano, quindi, considerati come enti di importanza sistemica2
, strumentali al
mantenimento della stabilità finanziaria. Tuttavia, la diversa natura delle crisi all’interno di ogni
singolo Stato e le altrettanto diverse discipline in essi contenute, non hanno reso semplice l’azione
delle autorità comunitarie3
. Insufficienti, sono stati anche gli interventi degli stessi Stati al loro
interno, i quali, fin troppe volte hanno speso le proprie risorse per andare in soccorso al proprio
sistema bancario, con la speranza di attenuare le condizioni critiche in cui versavano le proprie
economie.
L’intento di questo lavoro è, quindi, quello di identificare la natura degli interventi delle autorità
comunitarie in risposta alla crisi, con particolare interesse a quelli inerenti al sistema bancario,
soffermandosi soprattutto sull’istituzione dell’Unione Bancaria Europea, avvenuta nel 2012. I tre
pilastri di cui è formata l’Unione hanno dato vita recentemente a nuovi strumenti di gestione delle
crisi bancarie, i quali hanno destato particolare interesse agli addetti ai lavori, in quanto essi
presentano delle componenti innovative mai utilizzate prima d’ora. Tra questi strumenti, notevole
risalto è stato dato al bail in, che in questo lavoro viene trattato in un intero capitolo, il quale mette in
primo piano l’utilizzo delle risorse dei clienti della banca, non pregiudicando, però, l’intervento
statale.
Nello specifico, la prima parte del lavoro è incentrata sulle misure poste in essere dalle autorità, volte
a rimediare alla crisi originatasi nel 2008, approfondendo le caratteristiche del secondo pilastro
dell’Unione Bancaria. Inseguito, viene messa in risalto la nuova modalità di gestione delle crisi
1
Capriglione F., L’unione Bancaria Europea, Torino, 2013, p.6 e seg. «Nonostante si sia ora ravvisata una spiccata
capacità reattiva da parte delle autorità monetarie nella valutazione dei fenomeni finanziari, le misure adottate sono
risultate inadeguate nell’impedire l’insorgere dei gravi effetti recessivi che, tuttora, si registrano in ampia parte
dell’Unione.»
2
Si definisce ente di importanza sistemica una entità bancaria che risponde ai presupposti:
a) le sue attività superano complessivamente il valore di EUR 30 000 000 000; oppure
b) la quota totale delle sue attività rispetto al PIL dello Stato membro di stabilimento supera il 20 %, salvo che
il valore totale delle attività sia inferiore a EUR 5 000 000 000.
bancarie, denominata dalle istituzioni semplicemente come “Risoluzione”, illustrando i cd.
“Strumenti della Risoluzione” e le modalità con cui questi nuovi mezzi sono stati introdotti e recepiti
nel nostro ordinamento. L’ultima parte è basata, infine, sul bail in: nei casi e nei modi in cui è richiesto
il suo utilizzo, con particolare interesse sui soggetti che devono subirlo, analizzando, infine, i
primissimi casi applicativi dei nuovi strumenti comunitari, avvenuti nel nostro Paese nell’ultima parte
del 2015.
3
Canepa’ A., Crisi dei debiti sovrani e regolazione europea: una prima rassegna e classificazione di meccanismi e
strumenti adottati nella recente crisi economico-finanziaria, in AIC (Rivista N°1/2015), p.2: «Proprio questi due elementi
sono venuti meno nella recente crisi finanziaria determinando una crescente mancanza di fiducia ed un conseguente rapido
innalzamento dello spread in molti Stati accompagnato da seri dissesti nel settore bancario.»
3
CAPITOLO 1
NUOVA GESTIONE DELLE CRISI BANCARIE
1.1 Le risposte alla crisi e l’Unione Bancaria
Come viene ampiamente illustrato attraverso il cd. Rapporto de Laroisière4
, le difficoltà che si sono
venute a verificare a seguito della recente crisi hanno messo in mostra gli evidenti limiti dell’Unione
Europea e degli Stati di cui è formata, nel gestire le difficoltà finanziarie degli enti creditizi. La
situazione che si è creata è stata in gran parte frutto della combinazione di «fallimenti del mercato, di
squilibri finanziari e monetari mondiali, di regolamentazione inappropriata, di vigilanza inefficace e
di insufficiente sorveglianza macroprudenziale»5
. Tali mancanze sono state spesso affrontate
attraverso strumenti di carattere emergenziale, grazie soprattutto alla coordinazione degli Stati
membri, i quali, tuttavia, non sempre hanno mostrato risultati soddisfacenti6
. Si è data, inoltre, fin
troppa importanza al salvataggio di enti considerati di importanza sistemica, che in virtù della loro
imponente rilevanza hanno reso indispensabile l'intervento degli stessi Stati, i quali, con forti deroghe
al principio del no bail out, hanno utilizzato fondi pubblici per la loro ricapitalizzazione. Tale scenario
è riconducibile alle politiche adottate da molti Stati membri dell’Unione Europea7
, tra i quali
fortunatamente non figura l’Italia, in quanto la nostra politica interna non ha fatto un abuso di questo
tipo di strumenti, ma non per questo si è trovata in una situazione di grande vantaggio rispetto agli
altri Paesi8
. In ogni caso, le autorità non erano consce del fatto che l’infrastruttura UE in merito alla
gestione delle crisi bancarie era inadeguata, in termini di cooperazione sia tra autorità nazionali di
vigilanza che tra autorità pubbliche, soprattutto in riferimento ai nuovi e rischiosi prodotti finanziari.
Pertanto, per ovvi motivi, questi interventi, data la rapidità degli eventi, non sono stati pienamente
coordinati e hanno a volte causato effetti di ricaduta negativa su altri Stati membri9
.
L’Unione Europea e le altre autorità, alla luce di questi fatti, hanno dunque mirato le loro attenzioni
sull'introduzione di nuove misure volte a regolamentare e vigilare sul sistema bancario europeo ed
internazionale, questa volta tenendo conto dei limiti e delle mancanze che sono emerse in questi anni,
concentrandosi «sulle fonti principali di debolezza della presente configurazione»10
. Partendo, quindi,
dalle indicazioni venute fuori dal Rapporto de Laroisière, il lavoro dell’Unione Europea è stato
incentrato soprattutto su una regolamentazione finanziaria non troppo stringente, ma in ogni caso
attenta ai nuovi scenari, mirata alla cooperazione delle autorità ed infine finalizzata alla «tutela dei
consumatori, la salvaguardia della stabilità finanziaria e la sostenibilità della crescita economica»11
.
A tal fine, le autorità hanno cercato di collaborare per introdurre un nuovo insieme di riforme che
possa, prima di ogni altra cosa, tutelare maggiormente il sistema finanziario; facendo in modo, quindi,
di attenuare gli effetti negativi che possono ripercuotersi dal sistema bancario all’intera economia.
4
AA.VV., “The high level group on financial supervision in the EU” chaired by Jacques de Laroisière, 25 febbraio 2009.
5
AA.VV., “The high level group on financial supervision in the EU” chaired by Jacques de Laroisière, p.10 e seg.
6
Capriglione F., L’unione bancaria europea, Torino 2013, p.6: «per quanto concerne il contesto regionale europeo, a
fronte di accertate carenze di regolazione, si riscontra una limitata efficacia dei rimedi praticati.»
7
Visco I., L’attuazione dell’Unione bancaria europea e il credito all’economia, Audizione del Governatore della Banca
d’Italia (2014), p.7: «alla fine del 2013 l’impatto di questi aiuti sul debito pubblico ammontava a quasi 250 miliardi in
Germania, quasi 60 in Spagna, circa 50 in Irlanda e nei Paesi Bassi, poco più di 40 in Grecia.»
8
Panetta F., Seminario istituzionale sulle tematiche concernenti gli schemi di decreto legislativo relativi all’attuazione
della direttiva 2014/59/UE, Intervento alla Camera dei deputati del Vice Direttore Generale della Banca d’Italia (Roma,
20 ottobre 2015), p.4: «A titolo di esempio, è possibile calcolare che se in Italia fossero stati effettuati interventi in
rapporto al Pil pari a quelli della Germania, l’onere a carico delle nostre finanze pubbliche sarebbe ammontato a 130
miliardi di euro.»
9
AA.VV., “The high level group on financial supervision in the EU” chaired by Jacques de Laroisière, p.13 e seg.
10
AA.VV., “The high level group on financial supervision in the EU” chaired by Jacques de Laroisière, p.15 e seg.: «ad
esempio la gestione delle bolle finanziarie, il rafforzamento della vigilanza regolamentare degli istituti che si sono rivelati
scarsamente regolamentati.»
11
AA.VV., “The high level group on financial supervision in the EU” chaired by Jacques de Laroisière, p.16.
4
Tale sistema di riforme è stato introdotto a partire dal 2010 grazie al Comitato di Basilea12
, attraverso
il quale numerose autorità bancarie continentali e intercontinentali hanno dato vita al cd. Basilea 313
:
un pacchetto di riforme volte a «rafforzare l’assetto regolamentare internazionale in materia di
patrimonio e liquidità, con l’obiettivo di promuovere un sistema bancario più robusto»14
. Il Comitato
ha, quindi, rivolto le proprie attenzioni alle fragilità mostrate fino ad allora dal complesso bancario,
quali una insufficiente copertura patrimoniale e l’eccessiva tendenza alla prociclicità del sistema15
,
nonché l’eccessivo grado di leva finanziaria accumulato dai tempi della crisi. Gli scopi del Comitato
sono stati finalizzati, oltretutto, ad introdurre misure cautelari nella regolamentazione finanziaria
internazionale, volendo evitare quegli inconvenienti avvenuti nel sistema europeo che, a causa della
propria fragilità, hanno reso indispensabile l’intervento pubblico16
. Pertanto, le misure adottate hanno
portato ad una regolamentazione bancaria tesa alla riduzione dei rischi, grazie innanzitutto ad un
innalzamento dei requisiti patrimoniali, come una maggiore qualità, coerenza e trasparenza della base
patrimoniale; mediante il contenimento del grado di leva finanziaria del sistema bancario; attraverso
l’“assorbimento” degli shock da parte del sistema, anziché trasmetterli in maniera prociclica; ed
infine, ponendo le basi per un sistema di vigilanza micro e macro prudenziale. Queste misure sono
state ulteriormente specificate e dettagliate inseguito in campo internazionale, per fare in modo che
la solidità finanziaria venisse sempre più rafforzata.
È da notare, in aggiunta, anche l’intervento della BCE, avvenuto nel momento in cui governatore
Mario Draghi espresse la propria volontà di salvare l’Euro “a tutti i costi”17
. Attraverso tali
dichiarazioni diede, di fatto, il suo assenso alle politiche comunitarie, lasciando, però, intendere che
le sole politiche monetarie attuabili dalla Banca Centrale Europea non sarebbero state sufficienti, ma
era necessario un nuovo quadro regolamentare comune in merito alla gestione delle crisi finanziarie.
Le perplessità erano, inoltre, rivolte verso quelle attività bancarie di investimento che denotano una
notevole componente di rischio. Pertanto, più di una volta si è discusso sulla possibilità di poter
separare questo tipo di attività da quelle più sicure di deposito, nelle quali è necessario applicare una
maggiore garanzia.
L’Unione Europea, dunque, ha dato anch’essa concretezza alle proprie intenzioni, dando vita nel 2012
all’Unione Bancaria Europea (UBE): un progetto di durata pluriennale volto a mantenere i Paesi
membri della UE sotto un’unica disciplina a livello bancario. L’Unione Bancaria è solo l’ultimo dei
provvedimenti che fanno parte del graduale e lungo processo di unione monetaria, economica e
politica che si sta cercando di creare all’interno del nostro continente. Più volte l’Unione Europea è
stata chiamata ad intervenire in soccorso di specifici Stati, con mezzi non sempre idonei a fronteggiare
le difficoltà, soprattutto a causa delle differenti discipline all’interno degli Stati membri, nonché il
diverso andamento della loro economia nazionale18
. A ciò, va ad aggiungersi che «nel presente le
forme di intervento volte a perseguire sulla strada dell’integrazione sembrano non avere, come nel
12
Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria è composto da alti esponenti delle banche centrali e autorità di vigilanza
di Arabia Saudita, Argentina, Australia, Belgio, Brasile, Canada, Cina, Corea, Francia, Germania, Giappone, Hong Kong
SAR, India, Indonesia, Italia, Lussemburgo, Messico, Paesi Bassi, Regno Unito, Russia, Singapore, Spagna, Stati Uniti,
Sudafrica, Svezia, Svizzera, Turchia.
13
Basilea 3 – Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari,
dicembre 2010.
14
Basilea 3 - Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari,
dicembre 2010, p.1.
15
Basilea 3 - Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari,
dicembre 2010, p.5: «Uno degli elementi più destabilizzanti della crisi è stata l’amplificazione prociclica degli shock
finanziari al complesso del sistema bancario, dei mercati finanziari e dell’economia più in generale.»
16
Basilea 3 - Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari,
dicembre 2010, p.2: «Il settore pubblico è dovuto intervenire in ultima istanza con iniezioni di liquidità, ricapitalizzazioni
e garanzie senza precedenti, esponendo i contribuenti a ingenti perdite.»
17
Dal celebre discorso “whatever it takes”, alla Global Investment Conference di Londra nel 2012.
18
Canepà A., Crisi dei debiti sovrani e regolazione europea: una prima rassegna e classificazione di meccanismi e
strumenti adottati nella recente crisi economico-finanziaria, in AIC (N°1 2015), p.2 e seg.: «La gravità e l’estensione
della crisi hanno determinato la necessità di adottare numerosi interventi che hanno seguito solo in parte un disegno
unitario».
5
passato, il loro centro propulsivo nell’entusiasmo dei popoli dell’UE, i quali mostrano di essere
sempre più interessati da un revival delle identità nazionali»19
. È chiaro, quindi, che questo processo
non è, e non sarà, molto semplice da completare, ma è opinione comune che il settore bancario, in
quanto estremamente importante per la stabilità sistemica, debba avere una disciplina concreta, dotata
di istituzioni, autorità, regolamenti e mezzi propri. Il risultato è, quindi, «un sistema unico europeo di
supervisione e risoluzione delle crisi in grado di fornire un quadro d’insieme e una maggiore presa
sui rischi del sistema bancario europeo»20
.
Il provvedimento di istituzione dell’UBE ha avuto, e continua ad avere, chiaramente, notevoli
ripercussioni sugli ordinamenti degli Stati membri, ma è una misura necessaria per un’efficace e
continuativo svolgimento dell’attività bancaria, soprattutto alla luce delle notevoli difficoltà
riscontrate degli ultimi anni. Inoltre, «queste modifiche normative renderanno meno rischiose le
banche, dotandole in prospettiva di più capitale, di maggiore liquidità e di un grado di leva minore
che in passato. Ciò conferirà stabilità all’intero sistema finanziario, accrescendone la resistenza in
caso di crisi»21
. La disciplina inerente l’Unione Bancaria diventa, pertanto, la base normativa di
riferimento all’interno dell’Unione Europea, ed una volta che ogni sua parte sarà portata a termine,
ed ogni Stato membro avrà recepito le sue componenti nei suoi ordinamenti diventerà definitiva.
1.1.1 I Pilastri dell’Unione Bancaria
L’Unione Bancaria Europea è predisposta in modo da essere completata in un arco temporale molto
ampio, e vede la sua struttura composta da tre “pilastri”, attualmente ancora in fase di costituzione22
.
In primo luogo, questo progetto prevede l’istituzione di un sistema di vigilanza unico denominato
Single Supervision Mechanism (cd. SSM). Grazie a questo mezzo, in maniera graduale23
, la
sorveglianza micro e macro prudenziale24
di tutto il sistema bancario europeo passa alla Banca
Centrale Europea, in maniera diretta ed indiretta. In altre parole, la BCE ha il compito di sorvegliare
direttamente solo le banche cd. significative, ossia quelle di importanza sistemica, mentre le autorità
nazionali di ogni Stato membro (in genere le Banche Centrali Nazionali) monitorano i loro enti
domestici, seguendo gli standard di vigilanza stabiliti in sede comunitaria. L’attività di supervisione,
di conseguenza, passa dagli organi nazionali ad un’autorità sovranazionale quale la BCE, togliendo,
di fatto agli Stati la facoltà di monitorare le proprie economie. Il principale compito riferito a questo
primo pilastro, quindi, è sostanzialmente quello di sorvegliare l’intero sistema e segnalare alle autorità
preposte quegli enti in difficoltà, che necessitano di interventi25
. Il secondo elemento costitutivo
dell’Unione Bancaria riguarda le modalità di gestione delle crisi degli enti creditizi, ossia il Single
Resolution Mechanism (cd. SRM): «esso presuppone l’armonizzazione dei regimi nazionali di
19
Capriglione F., L’unione bancaria europea, Torino 2013, p. XI.
20
De Polis S., Unione Bancaria e gestione delle crisi: un modello di Banca in trasformazione, ASSIOM FOREX XII
PAN European Banking Meeting, (Monza, 3 ottobre 2014), p.5.
21
Panetta F., Indagine conoscitiva degli atti di governo 208 e 209 relativi al risanamento e alla risoluzione degli enti
creditizi e delle imprese di investimento (Roma, 29 ottobre 2015), p.4.
22
Commissione Europea, Una tabella di marcia verso l’Unione bancaria, Comunicazione della Commissione al
Parlamento Europeo e al Consiglio, (Bruxelles, 12/09/2012), p.6: «Come indicato dalla Commissione […] il
completamento dell’Unione bancaria imporrà un ulteriore lavoro per la creazione di un meccanismo di vigilanza unico,
un sistema comune di garanzia dei depositi e un quadro integrato di gestione delle crisi.»
23
Il passaggio graduale di consegne dalle BCN alla BCE è iniziato a partire dal novembre 2014.
24
Trucchi M., Verso l’Unione bancaria in Eurolandia: un percorso ad ostacoli, in Mondo Bancario (2012), p.2 «Si
distingue, per la vigilanza della BCE, una supervisione microprudenziale sulle singole banche ed una supervisione
macroprudenziale sull’intero sistema finanziario.»
25
Commissione Europea, Una tabella di marcia verso l’Unione bancaria, Comunicazione della Commissione al
Parlamento Europeo e al Consiglio, (Bruxelles, 12/09/2012), p.6: «la BCE assolverà i suoi compiti nel quadro del
meccanismo di vigilanza unico composto dalla BCE e dalle autorità nazionali di vigilanza. Tale struttura consentirà una
vigilanza forte e uniforme in tutta la zona euro, utilizzando al meglio le specifiche conoscenze delle realtà locali delle
autorità di vigilanza nazionali. Ciò assicurerà una vigilanza basata su una profonda conoscenza delle condizioni nazionali
e locali che possono avere un’incidenza sulla stabilità finanziaria.».
6
gestione delle crisi bancarie prevista dalla direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche»26
.
Questa nuova disciplina comprende, oltre ai metodi più opportuni per la gestione delle crisi, anche
dei mezzi preventivi, resi obbligatori verso tutti gli enti bancari presenti nel sistema. In questo modo,
essi vengono dotati di un grado maggiore di sicurezza, facendo ricorso all’intervento pubblico solo
nei casi strettamente necessari27
. Il terzo ed ultimo pilastro è riferito ai cd. “Sistemi di Garanzia dei
Depositi” (DGS), mirato a «offrire tutela al risparmiatore inconsapevole, che non dispone degli
strumenti per valutare in modo adeguato il livello di rischio dei soggetti cui affida il proprio
risparmio»28
. Pertanto, quest’ultimo elemento fondante dell’Unione è caratterizzato dalla
consapevolezza da parte delle autorità della notevole importanza rivestita dai risparmiatori, dando
vita ad una struttura che possa salvaguardare nel miglior modo possibile le loro risorse.
Questo lavoro si concentra sostanzialmente sul secondo pilastro dell’Unione, portato a
completamento attraverso la direttiva BRRD29
, emanata nel maggio del 2014. I mezzi messi a
disposizione da questa direttiva, tuttavia, non sono ancora stati utilizzati da tutti gli Stati membri, in
quanto alcuni di essi hanno recepito le sue componenti solo recentemente; pertanto sarebbe
interessante capire come lo scenario della gestione delle crisi potrà cambiare di qui in futuro.
1.1.2 L’attuazione del secondo pilastro
A partire dal novembre 2014 è stato dato il via al Sistema di Vigilanza Unico, portando a
completamento il primo pilastro dell’Unione Bancaria. La sorveglianza dell’intero sistema bancario
è passata, quindi, alla BCE, la quale si occupa direttamente solo della sorveglianza delle banche cd.
significative. Si tratta di un numero esiguo di banche, ma è da notare che «sebbene in numero
rappresentino solo il 3 per cento del totale delle banche attive nell’Eurozona, detengono oltre l’85 per
cento degli attivi del sistema»30
, lasciando il compito di monitorare i restanti istituti “meno
significativi” alle banche centrali nazionali di ogni Paese membro.
Inseguito, attraverso l’istituzione del Single Resolution Mechanism31
e l’emanazione della direttiva
BRRD, è evidente l’intenzione dell’Europa di voler definire gli elementi restanti dell’Unione.
«L’Unione bancaria è come un tripode, a cui occorre presto aggiungere al piede esistente (la
supervisione bancaria) i due piedi mancanti, vale a dire meccanismi unici e centralizzati sia nella
gestione delle crisi che nell’assicurazione dei depositi»32
. Pertanto, nel 2014, l’Unione Europea ha
introdotto nel nostro sistema nuove modalità per la gestione delle crisi degli enti creditizi e di
investimento, che vanno ad implementare le procedure già esistenti negli Stati membri; fermo
restando il terzo pilastro, ovvero il sistema di garanzia dei depositi (DGS), il quale verrà completato
in futuro33
.
Nelle misure adottate è possibile distinguere una duplice finalità voluta dall’Unione Europea,
riconducibile alle due maggiori mancanze che sono state poste in risalto dagli ultimi anni, ossia la
gestione unificata ed ordinata delle crisi degli enti creditizi e la loro prevenzione. L’adozione degli
strumenti messi a disposizione ha la capacità, innanzitutto, di prevenire le crisi degli enti bancari, con
26
Barbagallo C., L’Unione Bancaria Europea, NIFA – New International Finance Association - Verso l’Europa Unita
Gli obiettivi raggiunti, gli ostacoli da superare, le nuove sfide - Intervento del capo del dipartimento di vigilanza bancaria
e finanziaria della Banca d’Italia (6 maggio 2014).
27
Il supporto pubblico per la gestione delle crisi diventa di tipo “residuale”.
28
da https://www.fitd.it.
29
BANKING RECOVERY AND RESOLUTION DIRECTIVE (BRRD) - DIRETTIVA 2014/59/UE DEL PARLAMENTO
EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 15/05/2014 che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi
e delle imprese di investimento.
30
De Polis S., Unione Bancaria e gestione delle crisi: un modello di Banca in trasformazione, ASSIOM FOREX XII
PAN European Banking Meeting, (Monza, 3 ottobre 2014), p.5.
31
Il Meccanismo di Risoluzione Unico è stato introdotto con il Regolamento 806/2014.
32
Masciandaro D., L’ultimo miglio dell’Unione Bancaria, ne IlSole24Ore.it del 05 novembre 2015.
33
Barbagallo C, Le banche italiane e la Vigilanza nella prospettiva dell’Unione Bancaria, intervento al convegno Basilea
3 (2014): «il terzo pilastro dell’unione bancaria avrebbe dovuto essere costituito da un sistema europeo comune di
garanzia dei depositi. Questo obiettivo si è rivelato troppo ambizioso ed è stato per il momento accantonato a favore
dell’approvazione di una direttiva di armonizzazione massima delle regole sui sistemi nazionali di garanzia dei depositi.»
7
particolare riferimento a quelli di importanza sistemica. In secondo luogo, la gestione questo tipo di
difficoltà può avvenire nel modo più opportuno, utilizzando i mezzi più efficaci a seconda della
gravità situazione; considerando che tutta l’operazione non grava in nessun modo sui conti statali, e
quindi sui contribuenti34
. Nella concezione delle autorità che hanno dato vita a queste misure, la
gestione delle crisi può essere portata a termine nell’arco di un fine settimana (quando le attività
bancarie sono spente), facendo in modo che con l’inizio della settimana successiva, la situazione di
stallo possa essere già risolta nella maniera migliore, senza aver provocato inefficienze nel sistema,
e allo stesso tempo avendo mantenuto attive le funzioni essenziali per tutto il tempo della crisi.
Tra i provvedimenti che sono stati posti in essere, particolare interesse va a due di loro: il regolamento
806/2014 e la direttiva 2014/59/UE, comunemente denominata BRRD. Il primo va ad introdurre nel
nostro sistema quei meccanismi e quegli organi che sono posti a capo della gestione delle crisi degli
enti bancari; il secondo provvedimento, invece, instaura una nuova cornice normativa nel medesimo
scenario, accompagnata da quei nuovi strumenti che, si spera, possano rendere più agevole la gestione
delle crisi. Essi introducono, oltretutto, nei nostri ordinamenti dei procedimenti di natura sia ex ante
che ex post, da adottare non solo nelle fasi di difficoltà, bensì anche nelle fasi di ordinaria operatività
degli enti a cui sono riferiti. La particolarità di questi nuovi provvedimenti che ha suscitato notevole
interesse nel pubblico e nelle autorità, inoltre, è riferita ai soggetti su cui grava: in caso di crisi
avanzata e irrimediabile degli intermediari bancari, sono le banche stesse e i loro clienti a farsi carico
dei costi delle crisi. Pertanto, gli azionisti, i creditori, e successivamente una quota ristretta di
correntisti35
, hanno l’onere di dover sopportare una quota “adeguata” delle perdite. Infine, l’intervento
pubblico può essere preso in considerazione solo sotto specifici requisiti, ma in ogni caso rispecchia
il carattere di straordinarietà (cd. extrema ratio). Tuttavia, queste sono misure adottabili solo sotto
specifici presupposti da superare, e quindi non pregiudicano l’adozione delle comuni procedure di
insolvenza degli enti36
, le quali vogliono, in ogni caso, essere lasciate come soluzione ultima, in
quanto non prive di rischi e di ricadute sull’intero sistema. Il Meccanismo di Risoluzione Unico, in
altre parole, in attuazione del secondo pilastro dell’Unione Bancaria Europea, prevede l’utilizzo
alternativo delle risorse dell’ente solo nella misura in cui la crisi in cui si trova sia irreversibile. Negli
altri casi, è necessario fare ricorso alle procedure descritte nei piani preventivi, escludendo a priori
l’intervento pubblico. La procedura è, inoltre, interamente affidata a una nuova autorità, introdotta
nel nostro sistema dal Regolamento 806/2014 e denominata Autorità di Risoluzione. Tale autorità è
scelta da ogni Stato membro tra i propri enti pubblici o anche enti di nuova costituzione37
. e deve
necessariamente essere «operativamente indipendente nel perseguimento degli obiettivi ad essa
assegnati dalla legge, ovvero non soggetta a pressioni politiche o dell’industria bancaria»38
. Nello
scenario europeo, invece, questo nuovo organismo si traduce nel Comitato Unico di Risoluzione,
ovvero il Single Resolution Board (cd. SRB), quale autorità centrale di risoluzione a livello
comunitario, formata da rappresentanti della BCE, della Commissione Europea e dalle stesse Autorità
di Risoluzione Nazionali. Alle Autorità di Risoluzione sono, ovviamente, concessi ampi margini di
manovra in sede di definizione dei piani preventivi, ma in particolar modo vengono loro concesse
ulteriori libertà relative all’attuazione dello strumento della Risoluzione, libertà che non verrebbero
concesse in condizioni normali39
, ma rispecchiano l’eccezionalità dello strumento. È previsto, inoltre,
l’utilizzo ulteriore di uno specifico fondo, detto Fondo di Risoluzione Unico, al quale è assegnato il
compito di finanziare i costi della procedura, o in alternativa di ricapitalizzare gli enti insolventi solo
34
De Polis S., Unione Bancaria e gestione delle crisi: un modello di Banca in trasformazione, ASSIOM FOREX XII
PAN European Banking Meeting, (Monza, 3 ottobre 2014), p.6: «Il Sistema di risoluzione unico dovrà infatti assicurare,
a far tempo dal 1 gennaio 2016, la liquidazione ordinata - in caso di crisi - delle banche cd. significative.»
35
Questi provvedimenti prevedono la garanzia assoluta per i depositi inferiori ai 100.000€.
36
In Italia è la liquidazione coatta amministrativa.
37
Dall’Art. 3 BRRD: «Possono essere autorità di risoluzione le banche centrali nazionali, i ministeri competenti ovvero
altre autorità amministrative pubbliche o autorità cui sono conferiti poteri amministrativi pubblici.»
38
De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione Bancaria, in Banca, Impresa Società, fascicolo 3 (dicembre 2015),
p.397
39
I notevoli poteri concessi alle Autorità di Risoluzione sono state oggetto di dibattito recentemente, che hanno fatto
sorgere il dubbio sulla costituzionalità dei nuovi strumenti comunitari.
8
a seguito del superamento di specifici requisiti. Tale fondo è costituito e finanziato dall’intero sistema
bancario europeo, pertanto ha anch’esso natura privata, ma non è ancora interamente completato40
.
Il seguito di questo lavoro si concentra, dunque, sia sulle misure di prevenzione delle crisi, sia sulle
nuove modalità con cui viene trattata la crisi di un ente bancario. In primo luogo, l’attenzione viene
posta sulle misure preventive.
1.2 Le misure preventive
È abbastanza chiaro, dopo la recente che le crisi, che i dissesti o le eventuali condizioni di difficoltà
finanziaria in cui potrebbero incorrere gli istituti bancari non possono essere evitate in nessun modo
in maniera assoluta; pertanto, si deve agire affinché queste situazioni possano essere bloccate
all’origine. Grazie alla nuova disciplina, l’intervento sanatorio deve provenire prioritariamente dagli
enti privati da cui la crisi è partita, dovendosi in un certo senso “salvarsi da soli” (bail in), senza fare
troppo affidamento sull’apporto delle istituzioni pubbliche (bail out), «contribuendo a spezzare il
legame perverso tra condizioni della finanza pubblica di singoli Stati e stabilità bancaria»41
. Solo
successivamente si potrebbe fare ricorso anche alle risorse del Fondo di Risoluzione Unico,
interamente alimentato dal sistema bancario, se le Autorità di Risoluzione dovessero ritenere che le
risorse dei creditori e degli azionisti non fossero sufficienti a coprire “adeguatamente” le perdite.
Infine, solo al verificarsi dei giusti presupposti, ma in ogni caso dopo aver utilizzato anche le risorse
del Fondo di Risoluzione, può essere preso in considerazione anche l’intervento pubblico42
. I
destinatari dei recenti provvedimenti comunitari, però, non sono solo le istituzioni cd. significative,
bensì tutte le banche e le imprese di investimento in quanto «l’esperienza della crisi ha infatti
dimostrato che anche l’insolvenza di banche minori può generare fenomeni di instabilità sistemica
se, per effetto di un contagio, l’instabilità si estende a molti intermediari con modelli di business
simili.»43
.
I provvedimenti posti in essere dalle autorità europee, tramite l’Unione Bancaria, hanno, quindi,
riformato il nostro sistema introducendo al suo interno degli strumenti di natura preventiva (Piano di
Risanamento e Piano di Risoluzione44
), che in passato non erano stati mai adottati dagli Stati membri.
Il termine stesso di “Risoluzione” «esprime un nuovo concetto giuridico, fino ad oggi assente dal
diritto fallimentare del nostro ordinamento»45
, così come all’ordinamento degli altri Paesi membri,
nei quali seppur fossero stati utilizzati, erano in ogni caso, visti in una maniera del tutto diversa. In
passato, in situazioni di gravi crisi finanziarie si faceva spesso riferimento alla “liquidazione” o al
“salvataggio” degli enti bancari46
; tuttavia, con la nuova disciplina tali procedure non sono più
adottabili, almeno non inizialmente, ma in particolar modo per le banche cd. significative, esse
verranno risolte o tuttalpiù risanate.
Con il recepimento degli Stati membri della direttiva BRRD, quindi, i piani preventivi devono essere
adottati obbligatoriamente da tutti gli enti creditizi e di investimento nelle fasi di ordinaria operatività,
al fine di evitare che si verifichino crisi sistemiche, o al limite, rendere più agevole il superamento di
difficoltà che potrebbero eventualmente degenerare e coinvolgere l’intero sistema. L’adozione di
questi piani, di conseguenza, è vitale per il raggiungimento degli obiettivi della neonata Unione
40
Si prevede di completare il Fondo entro il 2024.
41
Barbagallo C., L’Unione Bancaria Europea, Intervento del Capo del Dipartimento di Vigilanza Bancaria e Finanziaria,
Banca d’Italia, (6 maggio 2014), p.4.
42
Panetta F., Seminario istituzionale sulle tematiche concernenti gli schemi di decreto legislativo relativi all’attuazione
della direttiva 2014/59/UE, (Roma, 20 ottobre 2015), p.4 «Solo al ricorrere di presupposti specifici sarà possibile
l’intervento di un “Fondo di risoluzione” finanziato dallo stesso sistema bancario, a integrazione delle risorse di azionisti
e creditori. L’intervento pubblico svolgerà un ruolo residuale.»
43
De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione Bancaria, in Banca, Impresa Società (dicembre 2015), p.396.
44
Descritti nelle sezioni 2-3 BRRD.
45
Spina E.- Bikoula I., Dal bail out al bail in, (Roma 2015), p.81.
46
Rulli E., Prevenire l’insolvenza, dal salvataggio pubblico alla risoluzione, dalla Rivista trimestrale di diritto pubblico
e ed economia, vol.3 (2015), p. 291: «La banca in stato di insolvenza, nel linguaggio giuridico in auge sino a pochi anni
fa, doveva essere liquidata oppure, seguendo linee più prosaiche, poteva essere salvata.»
9
Bancaria, ovvero la gestione ordinata delle crisi, in modo che esse non possano contagiare l’intero
sistema economico e gravare sulle casse statali, mantenendo la stabilità finanziaria e allo stesso tempo
dare garanzia ai depositanti. Si fa riferimento, quindi, all’enorme impatto negativo che potrebbe avere
l’eventualità in cui un ente di importanza sistemica, venga sottoposto alla ordinaria procedura di
liquidazione, nonché alle gravi conseguenze sui risparmiatori, e quindi sull’interesse pubblico.
Nello specifico, in riferimento ai Piani di Risanamento, si tratta di misure predisposte dagli enti stessi
creditizi e di investimento volte a ripristinare la posizione finanziaria dell’ente, a seguito di un suo
eccessivo peggioramento, la quale è degenerata a tal punto da provocare la violazione di specifiche
norme prudenziali. Differentemente, si parla di Piani di Risoluzione, come di quei piani tesi a ridurre
l’impatto negativo che potrebbe arrecare al sistema la grave ed irrimediabile insolvenza di un ente,
dovuta all’impossibilità del ricorso a mezzi sananti. Pertanto, una volta che venisse accertata
l’effettiva situazione di dissesto e l’eventuale interesse pubblico al salvataggio dello specifico
intermediario, diventerebbe compito dell’autorità preposta quello di avviare la procedura di
Risoluzione. Per quanto riguarda i Piani di Risoluzione, però, è compito della stessa Autorità di
Risoluzione Nazionale quello di doverli stilare, eventualmente sotto la collaborazione dello Stato
membro di riferimento, il quale deve impegnarsi a fornire i mezzi necessari per la predisposizione del
Piano, nonché la rimozione di eventuali ostacoli alla sua attuazione47
.
Predisponendo dei piani preventivi, pertanto, deve essere chiaro fin dall’inizio quali sono quei i
soggetti che dovranno farsi carico in primis delle situazioni di difficoltà, quali risorse saranno
utilizzate ed in che modo. Sono piani, quindi, che definiscono in maniera preventiva le procedure e
gli strumenti da impiegare a seguito di una accertata situazione di crisi, individuati tra i mezzi resi
disponibili dalla direttiva BRRD. Chiaramente, i mezzi da adottare devono essere proporzionali con
il tipo e le dimensioni dell’ente in questione, nonché gravità della crisi in cui si trova. A questo
proposito, le misure adottabili possono rispecchiare due diversi profili: uno mirato a mantenere in
vita l’intermediario bancario come autorità giuridica autonoma (going concern), applicando solo
azioni correttive volte a ripristinare la sua sostenibilità finanziaria; mentre in altri casi il fine ultimo
diventa quello di ristrutturare profondamente l’ente bancario per non turbare eccessivamente il
sistema (gone concern).
Di seguito vengono individuate le caratteristiche e le particolarità introdotte nel nostro sistema dai
piani preventivi, per poi concentrare l’interesse sulla procedura che compone la Risoluzione.
1.2.1 Il Piano di Risanamento
Nel caso dei Piani di Risanamento (recovery plans), si parla di misure cautelari da attivare
preventivamente dagli enti creditizi e di investimento, finalizzate a sanare la situazione finanziaria di
un ente nel caso di un deterioramento della stessa, da redigere dal management dell’ente48
. Sono
attività preparatorie volte a far sì che un momentaneo deterioramento delle attività di una banca non
possa, in qualunque modo, diffondersi nell’intero sistema, ma debba rimanere confinato all’interno
dell’ente di partenza. L’ente dispone, quindi, quali azioni bisogna adottare tempestivamente, ai
primissimi segnali di peggioramento significativo delle condizioni patrimoniali dell’ente, in modo
che possa essere ripristinata la sua sostenibilità finanziaria di lungo periodo. A tal fine, il management
dell’istituto è tenuto ad identificare degli indicatori che possano rendere possibile un monitoraggio
continuo delle attività, in modo da per poterne risolvere gli eventuali futuri deterioramenti, andando,
inoltre, a prevedere ogni plausibile scenario che possa verificarsi, anche nelle previsioni più
pessimistiche49
. Tuttavia l’approvazione finale dei piani di risanamento è in ogni caso a carico della
47
Art. 3, par. 8 BRRD «Gli Stati membri provvedono a che ogni autorità di risoluzione disponga delle competenze, risorse
e capacità operative atte ad applicare le azioni di risoluzione e sia in grado di esercitare i suoi poteri con la rapidità e
flessibilità necessarie per conseguire gli obiettivi della risoluzione.»
48
Dall’Art. 5 BRRD: Piani di Risanamento «Gli Stati membri assicurano che ciascun ente […] prepari e tenga aggiornato
un piano di risanamento che preveda l’adozione da parte dell’ente di misure volte al ripristino della sua situazione
finanziaria dopo un deterioramento significativo della stessa».
49
Dall’Art. 9 BRRD: Indicatori del Piano di Risanamento.
10
Autorità di Risoluzione, la quale ne verifica l’adeguatezza e la completezza e applica entro sei mesi
eventuali modifiche50
. A causa del continuo mutamento nel contesto economico-finanziario, inoltre,
questi piani sono da aggiornare annualmente o anche a seguito di cambiamenti significativi nella
struttura giuridica e/o organizzativa dell’ente51
.
Qualora un istituto bancario presente nell’UBE dovesse avere necessità di disporre degli strumenti
preposti dai Piani di Risanamento, ossia nei casi in cui l’ente dovesse trovarsi in una situazione di
deperimento del patrimonio non irreversibile, non soddisfacendo al tempo stesso i requisiti per la
Risoluzione, allora potranno essere attuati i cd. interventi precoci. «I poteri di intervento precoce
scattano quando un ente non rispetta i requisiti patrimoniali previsti dalla legge o, presumibilmente,
non sarà più in grado di rispettarli. Le Autorità potranno imporre all’ente di attuare le misure previste
dal piano di risanamento, elaborare un programma d’azione e stabilire un calendario per la sua
attuazione»52
. Ricorre anche in questo caso l’ampio potere concesso alle Autorità di Risoluzione, le
quali potrebbero disporre azioni riferite alla semplice cessione di talune attività (cd. assets tossici),
fino anche alla sostituzione dei membri del management dell’ente, se queste operazioni fossero utili
a rimediare alle problematicità. Tali processi mantengono, ovviamente, il presupposto di mantenere
attive le funzioni essenziali dell’ente per tutta la durata della crisi, utilizzando unicamente le risorse
disponibili nel suo patrimonio.
1.2.2 Il Piano di Risoluzione
Per quanto riguarda i Piani di Risoluzione (resolution plans), essi sono stilati con il fine ultimo di
evitare che la situazione di insostenibile insolvenza di un ente bancario possa danneggiare l’intero
sistema; situazione in nessun caso rimediabile con l’adozione di ordinari strumenti di risanamento,
ma solitamente risolvibile solo con le comuni procedure di liquidazione. Una procedura ordinaria di
insolvenza nei confronti di enti di portata sistemica, tuttavia, non solo potrebbe portare al potenziale
contagio dell’intera economia, ma danneggerebbe anche i risparmiatori, i quali potrebbero venire lesi
eccessivamente da un processo del genere. L’adozione degli odierni mezzi di Risoluzione53
, pertanto,
è strumentale al mantenimento continuo delle funzioni essenziali dell’ente, unito al ripristino della
sua solidità finanziaria, escludendo a priori l’intervento pubblico.
Tali piani non sono più sotto il controllo del management dell’ente, bensì è la stessa Autorità di
Risoluzione a predisporli, in collaborazione con gli Stati membri di riferimento e le altre autorità
preposte54
. I Piani di Risoluzione devono necessariamente contenere le procedure dettagliate che si
intende avviare a seguito di una irreversibile e irrimediabile situazione di crisi di un’entità bancaria,
volte a una vera e propria “ristrutturazione” dell’ente. Si deve tenere conto di tutti i mezzi concessi e
quelli esclusi a priori55
, nonché degli eventuali ostacoli che potrebbero limitare o addirittura impedire
l’attuazione della procedura risolutiva. A tal fine, è compito degli Stati membri quello provvedere
alla rimozione di eventuali ostacoli, modificando se necessario anche la struttura organizzativa
dell’istituto bancario, in modo da rendere possibile in futuro, l’intervento attraverso le nuove
misure56
. La scelta dei mezzi da adoperare deve necessariamente ricadere sui mezzi resi disponibili
dalla direttiva BRRD, quali l’utilizzo di enti “veicolo” (bridge bank o bad bank), con un “salvataggio
interno” (bail in), con la comune vendita dell’attività d’impresa, o infine, in caso non vi siano i
presupposti per l’avvio della Risoluzione, stabilire in che modo si debba agire per la vera e propria
liquidazione, e quindi con la ordinaria procedura di insolvenza. Non in ogni caso, quindi, sarebbe
50
Specificato dall’Art. 6 BRRD: Valutazione dei Piani di Risanamento.
51
Come specifica l’Art.5, par.2 BRRD, le Autorità possono, in ogni caso, chiedere che il piano venga aggiornato con
maggior frequenza.
52
EBA, FLASH REPORT, Recovery and Resolution Framework: proposta di un quadro comune di norme per la gestione
delle crisi bancarie (giugno 2012), p.2.
53
Si distinguono in bail in, bad bank, bridge bank e vendita dell’attività d’impresa.
54
Dall’Art. 10 BRRD: Piani di Risoluzione.
55
La predisposizione dei Piani di Risoluzione deve tenere conto dei possibili futuri deterioramenti dell’economia e non
deve prevedere finanziamenti straordinari da parte degli Stati o da parte delle banche centrali. Dall’Art. 10 BRRD.
56
Dall’Art. 10, par. 7 BRRD: Piani di Risoluzione.
11
necessario fare ricorso ai nuovi strumenti della Risoluzione, ma solo in quei casi in cui venissero
soddisfatte delle precise condizioni verificate opportunamente dall’Autorità di Risoluzione. Se tali
presupposti venissero soddisfatti, allora verrebbero attivate le misure di Risoluzione, mettendo in
moto tutte quelle attività stabilite nel Piano, utili alla profonda ristrutturazione dell’organizzazione
bancaria. In caso contrario, ossia quando non sussista l’interesse pubblico al salvataggio dello
specifico ente o comunque non vengano soddisfatte altre condizioni, allora potrebbe essere avviata
anche la comune procedura di liquidazione, nelle modalità espresse nel Piano. Analogamente ai Piani
di Risanamento, anche i Piani di Risoluzione hanno necessità di aggiornamento costante; in
condizioni normali l’aggiornamento è necessario una volta l’anno, ma in ogni caso, a seguito di
modifiche sostanziali della struttura dell’ente sono da rivedere e adattare alle mutate condizioni57
.
1.3 La gestione ordinata delle crisi
L’elemento ulteriore a cui è finalizzata l’attuazione del secondo pilastro dell’Unione Bancaria, oltre
alla creazione dei piani preventivi, è la cd. gestione armonizzata delle crisi, in modo che quest’ultima
«avvenga in modo ordinato, senza danni sistemici né oneri per i taxpayers»58
. Con l’introduzione da
quest’anno di questa nuova procedura, ogni Stato membro aderente al progetto dell’Unione Bancaria
deve fare ricorso alla medesima disciplina, in sostituzione alle comuni procedure, le quali rimangono
comunque adottabili solo sotto specifici requisiti verificati dalle Autorità di Risoluzione. Queste
ultime discipline, inoltre, possono essere ancora parte degli ordinamenti degli Stati membri solo nella
misura in cui esse non rallentino o addirittura impediscano l’attuazione dei nuovi strumenti di
Risoluzione59
.
Il nuovo meccanismo di gestione delle crisi bancarie è ovviamente facilitato dall’adozione da parte
degli enti bancari dei piani preventivi, i quali fanno in modo che l’attivazione dei procedimenti
risolutivi delle crisi possa essere una procedura “meccanica”, automatica e quindi molto più agevole
da impiegare. Tuttavia l’adozione di questo tipo di piani è solo la prima delle tre parti di cui si
compone la nuova “gestione ordinata” introdotta dalla BRRD e dal Regolamento 806/2014. In primo
luogo, dunque, è necessaria la predisposizione dei già citati piani preventivi60
; successivamente, a
seguito di eventuali gravi squilibri finanziari dell’ente o potenziali sue violazioni dei requisiti
comunitari, è possibile fare ricorso ai cd. interventi precoci, basati fondamentalmente sui Piani di
Risanamento stilati dagli enti stessi61
. Infine, la BRRD individua la fase in cui «la Banca centrale
europea, ovvero l'autorità di vigilanza, comunica al Comitato di risoluzione unico (SRB) che una
banca è in dissesto o a rischio di dissesto»62
. Questa eventualità, disciplinata dai Titoli 4 e 5 della
direttiva BRRD, pone le basi per la verifica dei presupposti per l’attivazione della procedura di
Risoluzione. Se tali presupposti dovessero risultare soddisfatti, allora il single resolution board, o in
alternativa l’Autorità di Risoluzione Nazionale, potrebbe dare l’avvio alla procedura. In sintesi, le
misure adottabili dalle autorità possono essere espresse in (1) misure preparatorie, (2) misure
preventive e (3) misure per la Risoluzione.
Questi procedimenti seguono la disciplina del Meccanismo di Risoluzione Unico, e quindi del
secondo pilastro dell’Unione Bancaria. Ciò ha fatto in modo che, a seguito del recepimento della
direttiva BRRD da parte degli Stati membri, con l’avvento del 2016 tutti gli Stati potessero disporre
di tali strumenti all’interno del proprio ordinamento. Esso «consentirà una gestione accentrata delle
crisi bancarie e contribuirà, anche attraverso un graduale processo di mutualizzazione delle risorse
necessarie per la gestione ordinata delle crisi, a recidere il legame tra le condizioni degli Stati e quelle
57
Art. 10, par. 6 BRRD.
58
De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione Bancaria, in Banca, Impresa Società, fascicolo 3 (dicembre 2015),
p. 393.
59
Dall’Art. 17 BRRD: Poteri di affrontare o rimuovere impedimenti alla possibilità di Risoluzione.
60
Titolo 2 BRRD: Preparazione.
61
Titolo 3 BRRD: Intervento precoce.
62
Da http://www.consilium.europa.eu/it/policies/banking-union/single-resolution-mechanism/
12
delle banche»63
. Tale meccanismo prevede, inoltre, l’istituzione di un fondo realizzato e finanziato
da parte delle banche stesse64
, utile a finanziare lo svolgimento delle azioni della Risoluzione, ma in
ogni caso si tratta di un fondo utilizzabile nei modi e nei tempi stabiliti dal single resolution board, in
quanto suo proprietario. In questo modo, quindi, i costi delle crisi, che fino ad ora erano in gran parte
finanziati dalle casse statali, possono essere sopportati da una fonte origine esclusivamente privata,
quale il Fondo di Risoluzione stesso.
Nella parte successiva di questo lavoro, l’attenzione viene dedicata all’analisi sulle linee generali
della procedura di Risoluzione, per poi concentrarsi sulle caratteristiche del Fondo di Risoluzione
Unico.
1.3.1 La Risoluzione
Il ricorso alle nuove procedure che fanno parte della cd. Risoluzione degli enti bancari rispondono
alle necessità venute fuori dalla recente crisi. Esse forniscono una alternativa valida alle ordinarie ed
invasive procedure di insolvenza degli intermediari bancari65
, in quanto tali procedure sono molto più
delicate e problematiche delle ordinarie modalità per la liquidazione di normali aziende. Si è
provveduto, quindi, ad affidare la predisposizione ed attivazione di un piano specifico per il contesto
bancario ad autorità amministrative indipendenti (le Autorità di Risoluzione), le quali seguono le
stesse discipline in ogni Stato membro66
; facendo in modo, quindi, di avere una infrastruttura formata
da autorità omogenee in tutta l’Unione. Queste ultime hanno la facoltà di attivare la cd. Risoluzione
nel momento in cui vengano soddisfatti i presupposti adeguati, attivando le misure predisposte nei
Piani di Risoluzione. È evidente che le procedure inerenti la Risoluzione rispecchiano le
caratteristiche degli interventi gone concern, in quanto «la risoluzione è intesa come un processo di
ristrutturazione e riorganizzazione della banca, con netta distinzione rispetto alla liquidazione,
generalmente concepita come smembramento dei cespiti e disposizione degli stessi per la
soddisfazione delle pretese creditorie»67
; pertanto hanno come obiettivo quello di ristrutturare
profondamente l’ente colpito da crisi irreversibile. Tuttavia, a seconda dei criteri di scelta adottati
dalle Autorità di Risoluzione in fase di stipula del Piano preventivo, ma anche in base alla gravità
della situazione di crisi in cui versa uno specifico intermediario, è possibile intervenire in maniera
più o meno marcata. Tali misure si contrappongono a quelle meno marcate (cd. going concern), le
quali non modificano sostanzialmente l’ente in crisi, ma ne eliminano unicamente le componenti che
generano le perdite68
. È chiaro, quindi, che volendo non impattare i costi di queste forti crisi sui conti
statali, diventa necessario imputare i loro costi esclusivamente all’ente insolvente, o tuttalpiù se il
Comitato di Risoluzione Unico (cd. board) dovesse giudicarlo opportuno, alle risorse del Fondo di
Risoluzione Unico, lasciando l’intervento statale solo come extrema ratio.
Le attività dell’ente sottoposto a Risoluzione devono essere, quindi, riorganizzate in modo da
sopperire alle perdite nella maniera più adeguata e con il minore spreco di tempo e di risorse, tenendo
conto di un principio cardine noto come no creditor worse off. Secondo tale principio, le perdite che
i creditori e gli azionisti (o eventualmente anche i correntisti) dovessero subire a seguito dell’adozione
dei mezzi della Risoluzione, queste non dovrebbero mai essere peggiori di quelle che avrebbero avuto
in caso di ordinaria procedura di insolvenza69
. In aggiunta, sempre in osservanza al medesimo
principio, se questi ultimi dovessero ricevere un trattamento peggiore, andando quindi, a subire
63
Visco I, L’attuazione dell’Unione bancaria europea e il credito all’economia, Audizione del Governatore della Banca
d’Italia (Roma, 15 dicembre 2014), p.9.
64
Il Single Resolution Fund, che avrà una dotazione finanziaria di circa 55 miliardi di euro, che verrà raggiunta nell’arco
di otto anni.
65
De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione Bancaria, in Banca, Impresa Società, fascicolo 3 (dicembre 2015),
p.393.
66
Nel nostro ordinamento è stata individuata nella Banca d’Italia.
67
Spina E., Bikoula I., Dal bail out al bail in, (Roma 2015), p. 81 e seg.
68
Queste procedure possono modificare anche l’assetto del management dell’ente, vendere attività che non generano
profitto, ecc… ma mantengono inalterata la struttura e la veste dell’intermediario bancario.
69
Specificato dall’Art. 75 BRRD: Salvaguardia per azionisti e creditori.
13
perdite eccessive, allora essi acquisirebbero il diritto a un rimborso a carico del Fondo di Risoluzione.
Si può notare, quindi, che nonostante la nuova impostazione sia incentrata prevalentemente
sull’apporto privato, non si è voluto tralasciare un segnale di garanzia per coloro che andranno a
coprire le perdite dell’ente in dissesto, onde ad evitare che ad essi venga imposto un sacrificio
sproporzionato o anche eccessivo.
L’attivazione della procedura tiene, inoltre, conto delle forti inefficienze che potrebbero verificarsi se
dovessero essere interrotte le cd. funzioni essenziali «ovvero dei servizi la cui improvvisa interruzione
può generare danni per l’economia e per il sistema finanziario nel suo insieme (attività di prestito,
depositi, attività nel sistema dei pagamenti ecc.)»70
, pertanto la procedura risolutiva garantisce la
piena continuazione di tali attività per tutta la durata delle crisi. La messa in funzione del
procedimento, tuttavia, è sotto la piena responsabilità del Single Resolution Board, il quale ha il
compito di valutare la sussistenza dei presupposti, a seguito delle segnalazioni da parte della BCE,
che, appunto, individua quegli enti che versano in situazioni finanziarie precarie, attraverso il suo
compito di vigilanza dell’intero sistema bancario. A seguito della valutazione del board, è dunque
compito delle Autorità di Risoluzione Nazionali dare avvio alla procedura nei confronti dell’ente
colpito dal dissesto; dovendo porre in essere le azioni preventivate dal Piano di Risoluzione.
I dettagli relativi alle modalità di adozione dei mezzi di Risoluzione vengono analizzati più avanti in
questo lavoro, in quanto di seguito ci si concentrerà sulla costituzione e sull’impiego delle risorse del
Fondo di Risoluzione.
1.3.2 Il Fondo di Risoluzione Unico
Disciplinato dal Regolamento 806/2014, il Fondo di Risoluzione Unico sottostà alle regole del
secondo pilastro dell’Unione Bancaria, pertanto è rivolto ai medesimi soggetti a cui è rivolta la BRRD
e il Meccanismo di Risoluzione Unico71
. Tali istituti sono soggetti all’obbligo, dal 1° gennaio 2016,
di versare delle quote «in proporzione ai rischi assunti da ciascun ente»72
, quote che vengono raccolte
dall’Autorità di Risoluzione nazionale, e versate successivamente al Fondo di Risoluzione Unico. I
contributi dovuti dagli enti bancari, tuttavia, possono avere diversa natura: possono essere di tipo ex
ante, riferendosi all’ammontare dei versamenti dovuti dall’ente bancario su base annuale, tenendo
conto delle proprie passività patrimoniali73
; diversamente, si parla di contributi straordinari ex post
come quei contributi destinati al Fondo, nella misura in cui i versamenti precedentemente effettuati
non fossero sufficienti a coprire «i costi o altre spese sostenuti mediante il ricorso al Fondo nelle
azioni di risoluzione»74
. Secondo le previsioni delle autorità competenti, il livello-obiettivo del Fondo
sarà raggiunto in otto anni, in quanto si intende raggiungere la quota di 55 miliardi di € entro il 2024.
Il Fondo di Risoluzione Unico ha il compito, quindi, di finanziare le attività del Meccanismo di
Risoluzione Unico escludendo le risorse provenienti dalla finanza pubblica degli Stati membri, in
quanto alimentato dall’intero sistema bancario europeo. L’utilizzo del Fondo, tuttavia, può essere
deciso esclusivamente dal single resolution board, quale suo effettivo detentore. In aggiunta, in
qualità di proprietario del Fondo, il board diventerebbe direttamente responsabile di tutti i casi di
Risoluzione di tutte le banche, anche quelle non significative, se nella procedura si dovesse fare
ricorso alle risorse del Fondo75
. Se le condizioni lo impongono, inoltre, il board potrebbe anche
destinare parte delle sue risorse anche alla copertura delle perdite degli enti sottoposti a Risoluzione,
oltre che per finanziare i costi della crisi. Questo caso di applicazione alternativa del Fondo, oltre a
sottostare all’approvazione del board, presenta un’ulteriore limitazione: è possibile solo a patto che
nei piani preventivi degli enti sottoposti a Risoluzione siano presenti delle componenti che prevedano
70
De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione Bancaria, in Banca, Impresa Società, fascicolo 3 (dicembre 2015),
p.393.
71
Capo 2, sez. 1 del Regolamento 806/2014.
72
Da http://www.consilium.europa.eu/it/policies/banking-union/single-resolution-mechanism/.
73
Capo 2, sez.1, art.70 del Regolamento 806/2014.
74
Capo 2, sez.1, art.71 del Regolamento 806/2014.
75
Da http://www.consilium.europa.eu/it/policies/banking-union/single-resolution-mechanism/.
14
l’utilizzo dello strumento del bail in76
e che tale strumento sia stato già applicato in misura minima
dell’8% sulle passività totali. È evidente, dunque, la notevole prudenza che si è voluta introdurre nel
nuovo quadro regolamentare. Le situazioni di difficoltà finanziaria in cui potrebbe andare a trovarsi
un ente bancario non dovranno, e non vorranno, più essere una “sorpresa”, bensì un evento previsto,
ed alla quale si starà di già ricorrendo con i metodi più opportuni, tempestivi ed efficaci.
Nel capitolo successivo, si andranno ad analizzare più nello specifico le modalità per l’attivazione
della Risoluzione, soffermandosi successivamente sui cd. strumenti della Risoluzione.
76
De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione Bancaria, in Banca, Impresa Società, fascicolo 3 (dicembre 2015),
p.416: «può intervenire nella misura massima del 5% del totale del passivo, previa applicazione di un bail-in minimo pari
all’8% delle passività totali.»
15
CAPITOLO 2
COMPOSIZIONE E ATTIVAZIONE DELLA PROCEDURA DI RISOLUZIONE
2.1 Il lavoro delle autorità nell’Unione Bancaria
Come si è già provveduto a introdurre, il nuovo meccanismo per la Risoluzione delle crisi bancarie e
degli enti d’investimento garantisce una procedura “pulita” e ordinata, provvista di opportune misure
preventive, nonché dei mezzi più efficaci a seconda della grandezza e della complessità degli enti,
tenendo conto anche della gravità della crisi in cui essi versano77
. La rapidità e l’efficacia dei nuovi
meccanismi risiede sostanzialmente nella coordinazione dei due pilastri dell’Unione Bancaria già
completati, i quali comprendono, oltre alla disciplina relativa al Meccanismo di Risoluzione Unico,
anche le attività di sorveglianza sulle attività bancarie relative al Meccanismo di Vigilanza Unico,
svolte direttamente e indirettamente dalla BCE. Quest’ultima, quindi, deve coordinare il proprio
lavoro di monitoraggio con quello di Risoluzione del single resolution board, quale organo di
Risoluzione centrale a livello comunitario. È una novità questa per il nostro sistema, infatti «in alcuni
ordinamenti, come ad esempio quello italiano, vigilanza prudenziale e gestione delle crisi sono
esercitate per così dire, “in continuità” dalla stessa Autorità. Non si è avvertita finora la necessità o,
quantomeno, l’opportunità di introdurre un soggetto nuovo e distinto dall’autorità di vigilanza per
gestire le crisi»78
. In più, sapendo che il board è composto da rappresentanti della BCE ed essendo la
stessa Banca Centrale Europea a doversi occupare della vigilanza degli enti significativi, è opportuno
che vi sia «separatezza tra vigilanza e risoluzione delle crisi, anche al fine di ridurre i conflitti
d’interesse tra le autorità responsabili delle due funzioni»79
, in modo tale da rendere più chiaro e
agevole l’utilizzo dei nuovi strumenti.
2.1.1 Soddisfacimento dei presupposti per l’avvio della Risoluzione
Tornando alla procedura di Risoluzione, è possibile affermare che la complessità maggiore ai fini
dell’attivazione dei nuovi strumenti risiede nella fase preliminare, in cui viene valutata l’esistenza dei
presupposti per la loro adozione. In questa fase, innanzitutto, è necessario che le molteplici autorità
incaricate valutino quali procedure sia più opportuno utilizzare, nel caso in cui si venisse riscontrata
la grave ed irreparabile insolvenza di un ente bancario. Se si possa, prima di ogni altra cosa, dare
avvio a una eventuale procedura ordinaria di insolvenza, valutando l’impatto che questa operazione
potrebbe provocare sull’interesse pubblico: se il suo impiego possa danneggiare l’economia o anche
rendere inefficienti le cd. funzioni essenziali dell’ente colpito dalla crisi. Nella misura in cui, quindi,
questa procedura potrebbe causare gravi ripercussioni all’intero sistema, è necessario valutare se
possano essere posti in essere, in alternativa, altri provvedimenti80
. Gli odierni strumenti che
compongono il procedimento risolutivo, dunque, non possono essere adottati a priori, ma bisogna
valutare con attenzione ogni fattispecie, capire quali attività siano più opportune e se sia necessario,
77
Come è ribadito da Visco I., in L’attuazione dell’Unione bancaria europea e il credito all’economia, Audizione del
Governatore della Banca d’Italia, Roma 15 dicembre 2014, p.9 e seg.: «Facendo leva su strumenti di gestione delle crisi
e regimi nazionali armonizzati (in base a quanto previsto dalla direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche), il
meccanismo mira a rendere più agevole la gestione delle crisi di grandi intermediari cross-border, ed attenuare i problemi
di coordinamento tra autorità nazionali.»
78
Bikoula I.- Spina E., Dal bail out al bail in, (Roma, 2015), p.40 e seg.
79
Visco I., L’attuazione dell’Unione bancaria europea e il credito all’economia, Audizione del Governatore della Banca
d’Italia, Roma 15 dicembre 2014, p. 10.
80
Rossano D., Nuove strategie per la gestione delle crisi bancarie: il bail in e la sua concreta applicazione, nella Rivista
di diritto pubblico italiano, comparato, europeo (13 gennaio 2016), p.2: «Con l'obiettivo, dunque, di ridurre i fenomeni di
moral hazard e di mantenere integre le finanze pubbliche, sono stati predisposti specifici modelli operativi diretti a
reprimere gli impulsi degli intermediari ad assumere rischi elevati, arginando, per tale via, le possibili ripercussioni
negative che simili comportamenti produrrebbero sul mercato.»
16
inoltre, il ricorso alle risorse del Fondo di Risoluzione Unico. Le attività relative a questa fase
preliminare sono ovviamente descritte nei piani di Risoluzione delle entità bancarie, i quali fanno in
modo che le Autorità di Risoluzione debbano attenersi alle misure contenute in essi.
Seguendo le linee guida della direttiva BRRD, però, è possibile accorgersi che l’attivazione della
Risoluzione è sostanzialmente subordinata al superamento di tre diversi presupposti81
. In primo
luogo, è il monitoraggio dell’attività bancaria da parte della BCE a fornire informazioni e segnalazioni
riguardo la presenza nel sistema di organizzazioni bancarie che necessitano di interventi. Tali enti
possono usufruire degli strumenti di Risoluzione pianificati dalle Autorità solo al verificarsi di eventi
specifici, e a volte persino l’adozione degli interventi precoci potrebbe non essere sufficiente a
soddisfare questo primo presupposto82
. Infatti, la direttiva BRRD parla di enti «in dissesto o a rischio
di dissesto»83
(cd. failing or likely to fail), andando a riferirsi solo a particolari condizioni di crisi in
cui può andarsi a trovare una banca. Non tutti gli enti in difficoltà, dunque, possono essere considerati
“in dissesto”, ma solo quelli in una «situazione di difficoltà avanzata, necessaria per giustificare
l’utilizzo di strumenti che interferiscono con i diritti degli azionisti e dei creditori»84
. In ogni caso è
compito del board, o in alternativa dell’Autorità di Risoluzione, quello di valutare se l’ente colpito da
crisi versa in questa particolare condizione85
. Se successivamente, l’ente viene reputato come
effettivamente in dissesto o a rischio di prossimo dissesto, allora è chiaro che esso dovrà subire una
qualche ristrutturazione interna (cd. gone concern), ma che possa in qualche modo permettere
l’adozione di mezzi alternativi e meno invasivi dell’ordinaria procedura di liquidazione. Tuttavia, la
Risoluzione (come procedura alternativa) comporta l’utilizzo delle risorse proprie di azionisti e
creditori, eventualità che, per quanto possibile, si vuol cercare di minimizzare. Pertanto, l’Autorità di
Risoluzione è incaricata di attestare, in secondo luogo, l’impossibilità al ricorso di misura alternative
alla Risoluzione in tempi ragionevoli86
, in quanto «alternative più vantaggiose per i creditori non
siano percorribili»87
. Dando soddisfazione anche questa seconda condizione, in ultima analisi, deve
essere valutata anche la portata dell’ente bancario a livello sistemico, e le possibili ricadute che si
possono generare nell’intero sistema a seguito di una sua liquidazione. Si parla quindi della
valutazione dell’interesse pubblico alla Risoluzione dello specifico intermediario88
. È questa la
situazione in cui una crisi irreversibile ha colpito, in qualche modo, un ente particolarmente
significativo per il sistema, e la sua liquidazione avviata nella stessa maniera di una normale società
potrebbe minare alla continuità delle sue funzioni essenziali, con inevitabili ripercussioni sui soggetti
che hanno interessi nell’istituto in questione. Seguendo, dunque, il testo della direttiva risulta chiaro
che la Risoluzione di un ente rientra nei casi a favore dell’interesse pubblico se «è necessaria al
conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione», quali appunto preservare la stabilità
finanziaria del sistema, garantire la continuità delle funzioni essenziali, salvaguardare i fondi pubblici
81
Condizioni contenute nell’Art. 32 BRRD: Condizioni per la Risoluzione.
82
Art. 32, par. 3 BRRD.
83
Art. 32, par. 1, lett. a BRRD.
84
De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione bancaria, in Banca, Impresa Società (Fascicolo 3, dicembre 2015),
p. 404 e seg.
85
«Nell’accertare se un ente sia in dissesto o a rischio di dissesto, l’autorità competente o l’autorità di risoluzione dovrebbe
basarsi sulla valutazione degli elementi oggettivi […] e tener conto dei seguenti elementi, se del caso:
a. il fatto che un ente abbia attivato il proprio piano di risanamento e che l’attuazione delle opzioni di risanamento
scelte a partire dal suo piano di risanamento non abbia sortito effetti positivi, in particolare quando l’autorità
competente ha imposto all’ente l’attivazione del piano di risanamento a titolo di misura di intervento precoce;
b. una notifica pervenuta all’autorità competente […] da parte dell’organo di amministrazione di un ente, il quale
reputa che l’ente sia in dissesto o a rischio di dissesto.»
Da Orientamenti sull’interpretazione delle diverse situazioni nelle quali un ente è considerato in dissesto o a rischio di
dissesto, European Banking Authority (06/08/2015).
86
Art. 32, par. 1, lett. b BRRD.
87
De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione bancaria, in Banca, Impresa Società (Fascicolo 3, dicembre 2015),
p. 405.
88
Art. 32, par. 1, lett. c BRRD.
17
e, infine, dare tutela ai depositanti89
. «Ad ogni modo, questi obiettivi presi insieme ed opportunamente
ponderati gli uni rispetto agli altri, a seconda della natura e delle circostanze, definiscono l’interesse
pubblico in gioco»90
. Pertanto, provvedimenti alternativi alla Risoluzione non potrebbero far
raggiungere tali obiettivi nella stessa misura.
Dando soddisfazione a tutte e tre queste condizioni preliminari, quindi, l’autorità preposta può fare
ricorso agli strumenti della Risoluzione, così come era stato preventivato in sede della redazione del
Piano.
2.1.2 Avvio della procedura di Risoluzione
La procedura risolutiva della crisi di un intermediario bancario passa, quindi, dall’assorbimento
prioritario da parte dei creditori e degli azionisti delle perdite dell’ente sottoposto a Risoluzione,
nonché di una parte dei correntisti che superano specifici requisiti91
. Vista in maniera sintetica, la
Risoluzione può essere vista come «l’insieme degli strumenti e delle procedure volte alla
riorganizzazione e ristrutturazione delle funzioni critiche e/o economicamente ancora sostenibili della
banca (con dismissione delle altre)»92
. Tuttavia, con la nuova disciplina non si vuole cercare di
penalizzare eccessivamente azionisti e creditori, ma l’obiettivo finale è quello di evitare che la finanza
pubblica debba farsi carico dei costi delle crisi. Pertanto, a garanzia dei diritti degli azionisti e
creditori, la direttiva BRRD assicura che il trattamento rivolto a questi soggetti non possa mai essere
peggiore di quello che avrebbero ricevuto in caso di adozione della procedura ordinaria di
insolvenza93
. Essi devono «assorbire le perdite in coerenza con la gerarchia dei crediti prevista dalla
legge fallimentare»94
, dato che, in un certo senso il procedimento risolutivo rispecchia le
caratteristiche di tale disciplina. Le garanzie per creditori ed azionisti secondo questa procedura,
tuttavia, vanno ancora oltre, in quanto è previsto dalla disciplina comunitaria anche una protezione
aggiuntiva nel caso in cui il procedimento risolutivo dovesse essere eccessivamente oneroso per
questi soggetti. Si parla del diritto ad incassare la somma eccedente alla quota massima imputabile
ad ogni azionista o creditore, nel caso essi abbiano dovuto sopportare un importo superiore a
quell’ammontare; somma da imporre a carico del Fondo di Risoluzione Unico95
.
Il trattamento rivolto al management dell’ente, invece, rispecchia una diversa natura, in quanto
«l’organo di amministrazione e di alta dirigenza dell’ente soggetto a Risoluzione dovrà essere
sostituito (facendo salve talune eccezioni)»96
. In linea con gli ampi poteri attribuiti alle Autorità di
Risoluzione, quindi, è loro compito quello di porre in essere gli atti di sostituzione dell’alta
dirigenza97
, al posto della quale, l’ente sottoposto a Risoluzione viene gestito temporaneamente da
una amministrazione speciale. Tale organo deve opportunamente portare avanti la procedura
risolutiva, ossia «adottare tutte le misure necessarie a promuovere gli obiettivi di risoluzione»98
, per
poi essere rimossa dalla stessa Autorità di Risoluzione che l’ha nominata. Quest’ultima detiene,
89
Art. 32, par. 5 BRRD.
90
Bikoula I. – Spina E., Dal bail out al bail in, (Roma 2015), p. 72-73.
91
Rimangono in ogni caso esclusi i depositi protetti e quelli di entità inferiore a 100.000€.
92
Bikoula I. – Spina E., Dal bail out al bail in, (Roma 2015), p.81.
93
Principio cardine di questo concetto è il già citato no creditor worse off.
94
De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione bancaria, in Banca, Impresa Società (Fascicolo 3, dicembre 2015),
p. 407.
95
Dall’Art. 75 BRRD: Salvaguardie per azionisti e creditori.
96
Rossano D., Nuove strategie per la gestione delle crisi bancarie: il bail in e la sua concreta applicazione, nella Rivista
di diritto pubblico italiano, comparato, europeo (13 gennaio 2016), p.3.
97
Dall’Art.34, par.1, lett. c BRRD: Principi generali che disciplinano la Risoluzione: «l’organo di amministrazione e
l’alta dirigenza dell’ente soggetto a risoluzione sono sostituiti, salvo i casi in cui il mantenimento della totalità o di parte
dell’organo di amministrazione e dell’alta dirigenza, a seconda delle circostanze, sia considerato necessario per
conseguire gli obiettivi di risoluzione».
98
Dall’Art. 35, par. 3 BRRD: Amministrazione speciale.
18
oltretutto, anche la facoltà di limitare i poteri, la durata, e le azioni della stessa amministrazione
speciale, oltre che nominarla e revocarla99
.
Per quanto riguarda la fase operativa del procedimento risolutivo, infine, è opportuno specificare che
la procedura viene attuata direttamente dal board solo nell’eventualità in cui si debba fare anche
ricorso alle risorse del Fondo di Risoluzione Unico, mentre negli altri casi, o comunque nei casi che
riguardano le banche “meno significative”, il board deve occuparsi unicamente di accertare
l’esistenza delle condizioni necessarie per dare avvio alla procedura, in modo da concedere
successivamente i pieni poteri operativi alle Autorità di Risoluzione Nazionali. In sede di attuazione
del Piani, inoltre, è riscontrabile un processo di stretta collaborazione di molteplici autorità: dal single
resolution board fino all’EBA e la BCE100
. Tale collaborazione è evidente da una chiara divisione dei
compiti sia in sede di monitoraggio che in fase di attuazione della Risoluzione, fino alla
collaborazione ulteriore con gli stessi Stati membri nei quali risiedono gli enti creditizi, i quali
provvedono affinché non vi siano degli ostacoli di qualsiasi natura all’attuazione della procedura101
.
In ogni caso, però, l’attuazione delle misure risolutive deve prevedere l’adozione di almeno102
quattro
degli strumenti istituiti con la direttiva BRRD, ovvero la bridge bank, la bad bank, il sale of business
e il bail in. Sull’utilizzo e le particolarità di questi strumenti di cui ci si concentrerà di seguito.
2.2 Gli strumenti della Risoluzione
Le modalità con cui le Autorità di Risoluzione possono eseguire le procedure di risolutive devono,
quindi, prevedere l’utilizzo dei nuovi strumenti introdotti dalla direttiva BRRD, da impiegare,
eventualmente o obbligatoriamente, in combinazione tra loro. Si parla di procedimenti che possono
prevedere l’impiego di enti esterni, parlando di bridge bank e bad bank, di vendita dell’attività
d’impresa (sale of business), o infine del mantenimento dell’assetto societario riducendo o svalutando
il valore delle azioni e/o dei crediti (bail in). Sono strumenti che, quindi, hanno come particolarità
quella di mantenere in attività l’ente, sottoponendolo a un processo di ristrutturazione interna (cd.
gone concern), attraverso l’utilizzo in primo luogo delle risorse o dei diritti degli azionisti dell’istituto
insolvente.
Tuttavia, prima di stabilire quali strumenti sia più opportuno utilizzare, è necessario “valutare”
l’effettivo valore delle risorse contenute nella banca, in modo da capire quale potrebbe essere la
soluzione più efficacie. A questo proposito la direttiva BRRD assegna questo compito a un organo
completamente indipendente, sia dall’Autorità di Risoluzione e sia dall’ente stesso, in modo da avere
una valutazione del tutto imparziale delle attività103
; salvo assegnare questo compito all’Autorità di
Risoluzione Nazionale, nel caso in cui non sia possibile una valutazione indipendente a causa di una
estrema urgenza o altri impedimenti104
. La valutazione delle risorse, tuttavia, può rispecchiare due
diversi profili: uno ex ante e uno ex post. Il primo è finalizzato a quantificare l’entità delle risorse che
dovranno in futuro essere svalutate, cedute o ridotte; mentre il secondo fornisce dei dati utili a
verificare l’effettiva osservanza del principio no creditor worse off, riuscendo a capire, quindi, se le
risorse a cui si è fatto ricorso possano essere state eccessive, e in caso positivo rimborsare i soggetti
99
Come specificato dai restanti paragrafi dell’Art. 35 BRRD.
100
Barbagallo C., L’Unione Bancaria Europea, Intervento del Capo del Dipartimento di Vigilanza Bancaria e Finanziaria,
Banca d’Italia, (6 maggio 2014), p.12: «il Regolamento SRM prevede specifici meccanismi di cooperazione tra il
Resolution Board e le autorità di risoluzione nazionali, che dovranno favorire un intenso scambio di informazioni sulle
condizioni delle banche […] il Regolamento prevede che il Resolution Board cooperi strettamente anche con l’EBA e
con la BCE, oltre che con le altre autorità abilitate ad esercitare la vigilanza sulle banche nell'ambito dell'SSM.»
101
«Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione abbiano il potere di imporre all’ente: di assicurare la
necessaria cooperazione ai fini della preparazione dei piani di risoluzione; di fornir loro […] tutte le informazioni
necessarie per la preparazione e l’attuazione dei piani di risoluzione.» Così recita l’Art. 11 BRRD.
102
Gli stati membri possono disporre affinché vengano utilizzati anche altri tipi di strumenti, che consentano comunque
di raggiungere gli obiettivi della Risoluzione.
103
Art. 36 BRRD: Valutazione ai fini della Risoluzione.
104
Art. 36, par. 1 BRRD.
19
coinvolti. L’attività di valutazione delle risorse è molto importante, infatti «il suo obiettivo è duplice:
da un lato, essa è diretta a riconoscere tutte le perdite al momento dell’avvio della risoluzione, per
evitare una sottostima che costringa a interventi successivi delle autorità […]. Dall’altro, una
valutazione indipendente è necessaria a difesa dei diritti degli azionisti e dei creditori per evitare che
ad essi sia imposto un sacrificio sproporzionato»105
. A seguito, quindi, della valutazione indipendente
delle risorse dell’ente in Risoluzione, l’autorità preposta è in grado di capire quali strumenti possono
essere quelli più idonei a riuscire a risolvere la crisi, andando eventualmente anche a combinarli se
necessario.
Nei paragrafi successivi verrà analizzato, dunque, ognuno degli strumenti utili al procedimento
risolutivo.
2.2.1 Il bail in
L’introduzione del Meccanismo di Risoluzione Unico ha dato prova di essere una procedura
innovativa da molti punti di vista, ma si è parlato di questo nuovo sistema soprattutto a causa
dell’inserimento di uno strumento mai utilizzato nel nostro sistema, il quale ha già dato voce a
parecchi pareri contrastanti106
, denominato bail in107
(letteralmente “salvataggio interno”). Attraverso
questo nuovo mezzo, viene messo chiaramente in primo piano l’utilizzo delle risorse dei creditori ed
azionisti, così come per gli altri strumenti di Risoluzione, ma non è prevista la loro cessione.
Attraverso l’adozione del bail in, le risorse dei creditori, azionisti ed eventualmente anche dei
correntisti, sono sottoposte a riduzione, svalutazione o conversione, in modo tale da ripristinare la
sostenibilità finanziaria dell’ente posto a Risoluzione e mantenere attive le sue funzioni essenziali. Si
tratta, quindi, di una condizione che non prevede la profonda ristrutturazione dell’ente, ma, per la
maggior parte dei casi, solo una riorganizzazione e revisione delle sue componenti di bilancio108
.
Sotto questo punto di vista, quindi, può essere classificato come una misura di tipo going concern, in
quanto, tale procedimento è utile a restaurare dal punto di vista finanziario l’entità bancaria posta in
Risoluzione, per permetterle di continuare la propria attività in uno scenario di lungo periodo.
L’utilizzo di questo mezzo, tuttavia, è riscontrabile in due ambiti diversi: può essere applicato nella
misura in cui la procedura risolutiva abbia come obiettivo quello di ricapitalizzare l’ente, e mantenere
in questo modo la fiducia del mercato verso di esso; o, in alternativa, il suo utilizzo potrebbe essere
strumentale all’attivazione degli altri strumenti della Risoluzione, (come la bad bank o la bridge
bank), svalutando in questo caso crediti e/o azioni cedute ad enti esterni109
. Pertanto, a seconda
dell’entità della crisi in cui versa uno specifico ente, o comunque in base alla discrezione dell’Autorità
di Risoluzione, lo strumento del bail in può essere impiegato per dare vita a diverse soluzioni di
carattere più o meno marcato, che possono apportare all’ente un diverso grado di ristrutturazione.
Sono circolate molte voci relative a questo nuovo strumento dal momento in cui esso è entrato in
vigore; nonostante fosse già noto da tempo che il bail in sarebbe diventato operativo a partire dal
2016, le preoccupazioni maggiori sono uscite fuori appena prima della sua entrata in vigore. La sua
introduzione ha fatto muovere parecchie critiche, fatto oscillare i mercati e modificare le discipline
del sistema bancario degli Stati membri dell’Unione Europea. Ciò ha destato l’inquietudine
soprattutto dei risparmiatori privati, i quali si sono sentiti ansiosi per l’incolumità dei propri risparmi.
Spesso «l’interesse si è tradotto in disinformazione, con l’effetto, non sempre preterintenzionale, di
105
De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione bancaria, in Banca, Impresa Società (Fascicolo 3, dicembre 2015),
p. 408.
106
Presti G., Il bail in, da Banca, Impresa Società (Fascicolo 3, dicembre 2015), p.339: «Poche volte la stampa e la
propaganda politica hanno dedicato tanta attenzione a un nuovo istituto giuridico come è avvenuto ultimamente per il
bail-in».
107
Disciplinato dall’Art. 43 BRRD: Strumento del bail in.
108
Bikoula I. - Spina E., Dal bail out al bail in, (Roma, 2015), p.97: «il bail in prevede la possibilità di ridurre il valore
delle passività, cioè l’applicazione di un haircut sul debito – allo scopo di ricostituire un livello di capitale adeguato alla
continuazione dell’operatività bancaria.»
109
I fini per cui viene utilizzato lo strumento del bail in sono disciplinati nell’Art. 43, par.2 BRRD.
20
allarmare oltre il dovuto i clienti delle banche»110
, pertanto sarebbe interessante andare a capire qual
è la vera natura del bail in: come e quando viene adottato, i soggetti che possono essere colpiti da
questa procedura e quelli che invece ne sono esclusi, le conseguenze e i nuovi scenari che
l’introduzione di questo strumento ha portato all’interno dell’Europa.
Di seguito, tuttavia, ci si concentrerà ancora sui restanti strumenti della Risoluzione, mentre l’analisi
più accurata sullo strumento del bail in e degli effetti che esso ha portato saranno trattati nel terzo
capitolo di questo lavoro.
2.2.2 La bridge bank e la bad bank
Se il bail in può essere inteso come una misura che modifica solo superficialmente l’entità bancaria,
andando a incidere unicamente sulla quantità del patrimonio aziendale, lo stesso non si può dire dei
restanti mezzi della Risoluzione. Nelle misure imposte dalla direttiva BRRD, sono previste delle
componenti che vanno a modificare non solo la quantità delle voci di bilancio, ma ne alterano
profondamente la struttura. Questi nuovi mezzi, possono portare ad eliminare completamente alcune
voci dai bilanci111
, in quanto la loro eliminazione potrebbe essere strumentale al mantenimento della
stabilità del sistema. Siccome uno degli obiettivi della Risoluzione è, appunto, la conservazione
dell’equilibrio finanziario, proprio per questo motivo si vuole evitare che eventuali attività, passività
o altro tipo di risorse in rapido deterioramento possano in qualche modo destabilizzare l’intero
sistema. Queste operazioni avvengono attraverso l’ausilio di organizzazioni esterne all’ente in
Risoluzione, che fungono da intermediari o anche da “veicoli”, grazie ovviamente all’attività di
coordinamento dell’Autorità di Risoluzione. Gli enti esterni destinati a fare da “tramite” sono
organizzazioni di natura pubblica già esistenti o di nuova costituzione, i quali hanno come obiettivo
quello di «preservare e ricollocare sul mercato le funzioni essenziali della banca (il cosiddetto ente
ponte o bridge bank) o di realizzare il valore di lungo termine delle attività deteriorate (la cosiddetta
bad bank)»112
.
Attraverso lo strumento della bad bank, talvolta chiamato anche “strumento per la separazione delle
attività”113
, l’obiettivo è quello di servirsi di una società esterna, che possa ricevere le attività
deteriorate (o di difficile valutazione) dell’ente in Risoluzione, in modo che questo possa continuare
senza interruzioni le proprie funzioni essenziali, liberandosi di fatto delle componenti di intralcio. In
altre parole, una bad bank (letteralmente la “banca cattiva”) «è, diciamo, un veicolo societario al quale
la “banca buona” […] trasferisce i suoi crediti, incagliati o “sofferti” che siano. Così la “banca
madre”, alleggerita da quelle tossine che avvelenavano i suoi bilanci, può nuovamente fare il suo
mestiere, tornare a prestar soldi e raccogliere capitali, da depositanti o da sottoscrittori di obbligazioni
che non siano più preoccupati per la sorte della banca»114
. Le attività, le passività o i diritti ceduti
all’ente veicolo devono, però, essere successivamente vendute e liquidate, facendo in modo di
massimizzare il loro valore e poterne ricavare la massima somma possibile115
. Lo scopo dello
strumento è, quindi, quello di «riuscire a liquidare le attività ad un prezzo migliore rispetto a quanto
avverrebbe nel caso di promozione di una procedura ordinaria di insolvenza»116
. Questo tipo di
strumento, tuttavia, ha la particolarità di non poter essere utilizzato da solo, ma la direttiva BRRD ha
imposto che ci possa servire di questo mezzo solo se il procedimento di Risoluzione preveda la
110
Presti G., Il bail in, da Banca, Impresa Società (Fascicolo 3, dicembre 2015), p.339.
111
Quindi non solo parzialmente come nel caso del bail in, ma totalmente.
112
Panetta F., Indagine conoscitiva degli atti di Governo 208 e 209 relativi al risanamento e alla risoluzione degli enti
creditizi e imprese di investimento, (Roma, 29 ottobre 2015), p.6.
113
Art. 42 BRRD: Strumento della separazione delle attività.
114
Galimberti F., Banche e “crediti cattivi”: la bad bank spiegata ai non addetti ai lavori, da IlSole24Ore.it del 01
febbraio 2016.
115
Art. 42, par. 3 BRRD: «Il veicolo di gestione delle attività gestisce le attività ad esso cedute al fine di massimizzare il
valore delle attività attraverso la vendita finale ovvero la liquidazione ordinata.»
116
Bikoula I. – Spina E., Dal bail out al bail in, (Roma – 2015), p. 96.
21
combinazione della bad bank con altri strumenti risolutivi, quali la bridge bank o il bail in117, dato
che in caso contrario non sarebbero garantiti completamente gli obiettivi della procedura118
.
Parlando, invece, della bridge bank (cd. ente ponte), si intende una organizzazione di proprietà
parzialmente o totalmente pubblica, che può consistere anche nella stessa Autorità di Risoluzione,
nella quale destinare per un periodo di tempo limitato le attività, passività, diritti o anche titoli di
proprietà di un ente posto a Risoluzione119
. La cessione di tali attività non è subordinata al consenso
degli azionisti, ma segue esclusivamente la discrezionalità dell’Autorità di Risoluzione, la quale si
impegna a cedere le attività all’ente-ponte nel minor tempo e costo possibile. Una volta che le attività
non in deterioramento della banca posta in Risoluzione risultano trasferite nella nuova bridge bank,
essa è incaricata di detenere queste risorse nei propri bilanci a titolo temporaneo e mantenere attive
le funzioni essenziali dell’ente, fino a quando non vengono raggiunti gli obiettivi della procedura120
.
Di conseguenza, l’ente-ponte viene «fornito dell’autorizzazione a esercitare attività bancaria ed è
tenuto, come qualsiasi altro intermediario operante nel mercato, al rispetto delle norme regolanti il
settore»121
. Tuttavia, il periodo in cui l’ente-ponte può detenere queste attività è circoscritto in un
arco temporale ridotto (al massimo due anni), nel quale l’obiettivo è quello di cercare un acquirente
privato per le attività trasferite122
. Pertanto, sono poste a trasferimento dall’ente in Risoluzione
all’ente-ponte, solo quelle attività strettamente relative al funzionamento delle operazioni essenziali
per la stabilità sistemica, mentre le rimanenti attività devono essere prontamente liquidate, facendo
eventualmente ricorso anche allo strumento del bail in. Per queste ultime, vale il discorso relativo alla
bad bank, ovvero cercare di vendere le attività deteriorate in un lasso di tempo relativamente basso,
provando a massimizzarne il valore; anche se è chiaro che non è possibile assicurarne la piena
esigibilità123
. Infine, è ovvio che la continuazione delle attività bancaria dell’ente-ponte deve
proseguire, almeno fino a quando tutte le funzioni essenziali dell’ente posto a Risoluzione, che
risiedono nell’ente ponte, non sono state vendute a società esterne; o comunque fino a quando non si
verificano le condizioni utili alla sua estinzione in qualità di ente-ponte124
.
2.2.3 La vendita dell’attività d’impresa
La procedura di Risoluzione può, in alternativa, manifestarsi attraverso il comune mezzo della vendita
dell’attività di impresa (sale of business)125
. Quest’ultimo strumento viene impiegato nella misura in
cui si vuole fare ricorso ad un «trasferimento forzoso di beni e rapporti giuridici dall’intermediario in
crisi ad acquirenti privati»126
, che per qualsiasi motivo possono essere rischiosi per la stabilità
sistemica. Essendo parte della procedura di Risoluzione, non necessita del consenso degli azionisti,
ma dipende esclusivamente dalla discrezione dell’Autorità di Risoluzione, la quale in ogni caso
117
De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione bancaria, in Banca, Impresa Società (Fascicolo 3, dicembre 2015),
p. 412: «Resta l’obbligo previsto nella proposta iniziale della Commissione, di utilizzare lo strumento solo in
combinazione con altri strumenti di risoluzione (bail-in, bridge bank).»
118
Bikoula I. – Spina E., Dal bail out al bail in, (Roma – 2015), p.97: «Se non si utilizzasse altro strumento in
combinazione con quello della separazione, la totalità dell’intermediario verrebbe sottoposta a procedura di liquidazione,
una parte immediatamente dopo l’applicazione del regime di risoluzione e una parte (quella ceduta alla bad bank) nel
lungo periodo. L’utilizzo combinato di bad bank più un altro tra gli strumenti previsti, invece, permette di salvare le parti
“sane”».
119
Art. 40 BRRD: Strumento dell’ente-ponte.
120
Art. 41 BRRD: Funzionamento dell’ente-ponte.
121
Bikoula I – Spina E., Dal bail out al bail in, (Roma – 2015), p.94.
122
Il funzionamento dell’ente-ponte può anche essere prorogato per un periodo maggiore se questo rispetta i requisiti
imposti dall’Art.41 BRRD.
123
Anche in questo caso l’adozione dello strumento deve rispettare il no creditor worse off.
124
Le condizioni che pongono fine all’attività bancaria dell’ente-ponte sono elencate nell’Art. 41, par. 3 BRRD.
125
Art. 38 BRRD: Strumento per la vendita dell’attività d’impresa.
126
Panetta F., Indagine conoscitiva degli atti di Governo 208 e 209 relativi al risanamento e alla risoluzione degli enti
creditizi e imprese di investimento, (Roma, 29 ottobre 2015), p.6.
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  • 1.
  • 2. INDICE GENERALE: INTRODUZIONE................................................................................................................................ CAPITOLO 1: NUOVA GESTIONE DELLE CRISI BANCARIE ............................................... 1.1 Le risposte alla crisi e l’Unione Bancaria ........................................................................................ 1.1.1 I Pilastri dell’Unione ........................................................................................................ 1.1.2 L’attuazione del secondo pilastro ..................................................................................... 1.2 Le misure preventive........................................................................................................................ 1.2.1 Il Piano di Risanamento.................................................................................................... 1.2.2 Il Piano di Risoluzione...................................................................................................... 1.3 La gestione ordinata delle crisi ........................................................................................................ 1.3.1 La Risoluzione................................................................................................................... 1.3.2 Il Fondo di Risoluzione Unico .......................................................................................... CAPITOLO 2: COMPOSIZIONE E ATTIVAZIONE DELLA PROCEDURA DI RISOLUZIONE ................................................................................................................................... 2.1 Il lavoro delle autorità nell’Unione Bancaria................................................................................... 2.1.1 Soddisfacimento dei presupposti per l’avvio della Risoluzione........................................ 2.1.2 Avvio della procedura di Risoluzione ............................................................................... 2.2 Gli strumenti della Risoluzione........................................................................................................ 2.2.1 Il bail in............................................................................................................................. 2.2.2 La bridge bank e la bad bank............................................................................................ 2.2.3 La vendita dell’attività d’impresa..................................................................................... 2.3 Lo scenario italiano.......................................................................................................................... 2.3.1 Il recepimento della direttiva BRRD................................................................................. CAPITOLO 3: GLI EFFETTI DEL BAIL IN.................................................................................. 3.1 Adozione dello strumento del bail in............................................................................................... 3.1.1 La svalutazione e la conversione delle passività .............................................................. 3.1.2 Soggetti coinvolti e soggetti esclusi .................................................................................. 3.2 Cosa è cambiato ............................................................................................................................... 3.2.1 Precauzioni e problematicità ............................................................................................ 3.2.2 Primi casi applicativi ........................................................................................................ CONCLUSIONI................................................................................................................................... BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA....................................................................................................
  • 3. 1 Introduzione La situazione di stallo originatasi negli Stati Uniti nel 2008, partendo da una “bolla” del settore immobiliare, si è inseguito riversata nell’intera economia, traducendosi infine una vera e propria crisi finanziaria. Essa ha coinvolto successivamente anche l’intera l’Europa e le restanti economie mature del mondo, dando vita, forse, a uno dei peggiori disagi che l’economia mondiale possa ricordare, sin dalla grande crisi del 1929. Le iniziali difficoltà finanziarie riscontrabili solo in specifici settori, sono ben presto mutate ed evolute fino a nuocere alle casse degli stessi Stati, trasformando, di fatto, la crisi da finanziaria ad economica. Si è assistito, quindi, ad una pericolosa ed inarrestabile fase di recessione da parte delle più grandi economie mature, dalla quale si è stentato ad uscire. Tale fase recessiva, quindi, registrata dai bilanci statali, ha prodotto ovviamente un progressivo aumento dei debiti pubblici, che hanno raggiunto apici storici per molti Paesi europei. Questa situazione di notevole disagio si è palesemente riversata anche nei mercati finanziari, destabilizzando soprattutto gli istituti bancari e quelli di investimento, che si sono trovati improvvisamente privi di liquidità. In questo scenario critico, le aziende si sono ritrovate pesantemente danneggiate, in quanto riscontravano notevoli difficoltà nel reperire le risorse finanziarie di cui necessitavano per i loro investimenti, continuando, pertanto, a danneggiare ciclicamente il sistema. Cercando di trovare delle soluzioni che potessero fornire ristoro ai Paesi in notevole disagio, le istituzioni comunitarie hanno, quindi, introdotto dei procedimenti di carattere emergenziale, mirati a mantenere la sostenibilità economica degli Stati in notevole difficoltà1 . L’attenzione delle autorità comunitarie, tuttavia, non si è soffermata sui soli Stati membri, bensì anche sul sistema bancario, in quanto vi erano istituti talmente grandi da raggiungere dimensioni paragonabili a quelle di alcuni Paesi, e una loro condizione di insolvenza avrebbe causato ulteriori effetti negativi al sistema. Tali intermediari venivano, quindi, considerati come enti di importanza sistemica2 , strumentali al mantenimento della stabilità finanziaria. Tuttavia, la diversa natura delle crisi all’interno di ogni singolo Stato e le altrettanto diverse discipline in essi contenute, non hanno reso semplice l’azione delle autorità comunitarie3 . Insufficienti, sono stati anche gli interventi degli stessi Stati al loro interno, i quali, fin troppe volte hanno speso le proprie risorse per andare in soccorso al proprio sistema bancario, con la speranza di attenuare le condizioni critiche in cui versavano le proprie economie. L’intento di questo lavoro è, quindi, quello di identificare la natura degli interventi delle autorità comunitarie in risposta alla crisi, con particolare interesse a quelli inerenti al sistema bancario, soffermandosi soprattutto sull’istituzione dell’Unione Bancaria Europea, avvenuta nel 2012. I tre pilastri di cui è formata l’Unione hanno dato vita recentemente a nuovi strumenti di gestione delle crisi bancarie, i quali hanno destato particolare interesse agli addetti ai lavori, in quanto essi presentano delle componenti innovative mai utilizzate prima d’ora. Tra questi strumenti, notevole risalto è stato dato al bail in, che in questo lavoro viene trattato in un intero capitolo, il quale mette in primo piano l’utilizzo delle risorse dei clienti della banca, non pregiudicando, però, l’intervento statale. Nello specifico, la prima parte del lavoro è incentrata sulle misure poste in essere dalle autorità, volte a rimediare alla crisi originatasi nel 2008, approfondendo le caratteristiche del secondo pilastro dell’Unione Bancaria. Inseguito, viene messa in risalto la nuova modalità di gestione delle crisi 1 Capriglione F., L’unione Bancaria Europea, Torino, 2013, p.6 e seg. «Nonostante si sia ora ravvisata una spiccata capacità reattiva da parte delle autorità monetarie nella valutazione dei fenomeni finanziari, le misure adottate sono risultate inadeguate nell’impedire l’insorgere dei gravi effetti recessivi che, tuttora, si registrano in ampia parte dell’Unione.» 2 Si definisce ente di importanza sistemica una entità bancaria che risponde ai presupposti: a) le sue attività superano complessivamente il valore di EUR 30 000 000 000; oppure b) la quota totale delle sue attività rispetto al PIL dello Stato membro di stabilimento supera il 20 %, salvo che il valore totale delle attività sia inferiore a EUR 5 000 000 000.
  • 4. bancarie, denominata dalle istituzioni semplicemente come “Risoluzione”, illustrando i cd. “Strumenti della Risoluzione” e le modalità con cui questi nuovi mezzi sono stati introdotti e recepiti nel nostro ordinamento. L’ultima parte è basata, infine, sul bail in: nei casi e nei modi in cui è richiesto il suo utilizzo, con particolare interesse sui soggetti che devono subirlo, analizzando, infine, i primissimi casi applicativi dei nuovi strumenti comunitari, avvenuti nel nostro Paese nell’ultima parte del 2015. 3 Canepa’ A., Crisi dei debiti sovrani e regolazione europea: una prima rassegna e classificazione di meccanismi e strumenti adottati nella recente crisi economico-finanziaria, in AIC (Rivista N°1/2015), p.2: «Proprio questi due elementi sono venuti meno nella recente crisi finanziaria determinando una crescente mancanza di fiducia ed un conseguente rapido innalzamento dello spread in molti Stati accompagnato da seri dissesti nel settore bancario.»
  • 5. 3 CAPITOLO 1 NUOVA GESTIONE DELLE CRISI BANCARIE 1.1 Le risposte alla crisi e l’Unione Bancaria Come viene ampiamente illustrato attraverso il cd. Rapporto de Laroisière4 , le difficoltà che si sono venute a verificare a seguito della recente crisi hanno messo in mostra gli evidenti limiti dell’Unione Europea e degli Stati di cui è formata, nel gestire le difficoltà finanziarie degli enti creditizi. La situazione che si è creata è stata in gran parte frutto della combinazione di «fallimenti del mercato, di squilibri finanziari e monetari mondiali, di regolamentazione inappropriata, di vigilanza inefficace e di insufficiente sorveglianza macroprudenziale»5 . Tali mancanze sono state spesso affrontate attraverso strumenti di carattere emergenziale, grazie soprattutto alla coordinazione degli Stati membri, i quali, tuttavia, non sempre hanno mostrato risultati soddisfacenti6 . Si è data, inoltre, fin troppa importanza al salvataggio di enti considerati di importanza sistemica, che in virtù della loro imponente rilevanza hanno reso indispensabile l'intervento degli stessi Stati, i quali, con forti deroghe al principio del no bail out, hanno utilizzato fondi pubblici per la loro ricapitalizzazione. Tale scenario è riconducibile alle politiche adottate da molti Stati membri dell’Unione Europea7 , tra i quali fortunatamente non figura l’Italia, in quanto la nostra politica interna non ha fatto un abuso di questo tipo di strumenti, ma non per questo si è trovata in una situazione di grande vantaggio rispetto agli altri Paesi8 . In ogni caso, le autorità non erano consce del fatto che l’infrastruttura UE in merito alla gestione delle crisi bancarie era inadeguata, in termini di cooperazione sia tra autorità nazionali di vigilanza che tra autorità pubbliche, soprattutto in riferimento ai nuovi e rischiosi prodotti finanziari. Pertanto, per ovvi motivi, questi interventi, data la rapidità degli eventi, non sono stati pienamente coordinati e hanno a volte causato effetti di ricaduta negativa su altri Stati membri9 . L’Unione Europea e le altre autorità, alla luce di questi fatti, hanno dunque mirato le loro attenzioni sull'introduzione di nuove misure volte a regolamentare e vigilare sul sistema bancario europeo ed internazionale, questa volta tenendo conto dei limiti e delle mancanze che sono emerse in questi anni, concentrandosi «sulle fonti principali di debolezza della presente configurazione»10 . Partendo, quindi, dalle indicazioni venute fuori dal Rapporto de Laroisière, il lavoro dell’Unione Europea è stato incentrato soprattutto su una regolamentazione finanziaria non troppo stringente, ma in ogni caso attenta ai nuovi scenari, mirata alla cooperazione delle autorità ed infine finalizzata alla «tutela dei consumatori, la salvaguardia della stabilità finanziaria e la sostenibilità della crescita economica»11 . A tal fine, le autorità hanno cercato di collaborare per introdurre un nuovo insieme di riforme che possa, prima di ogni altra cosa, tutelare maggiormente il sistema finanziario; facendo in modo, quindi, di attenuare gli effetti negativi che possono ripercuotersi dal sistema bancario all’intera economia. 4 AA.VV., “The high level group on financial supervision in the EU” chaired by Jacques de Laroisière, 25 febbraio 2009. 5 AA.VV., “The high level group on financial supervision in the EU” chaired by Jacques de Laroisière, p.10 e seg. 6 Capriglione F., L’unione bancaria europea, Torino 2013, p.6: «per quanto concerne il contesto regionale europeo, a fronte di accertate carenze di regolazione, si riscontra una limitata efficacia dei rimedi praticati.» 7 Visco I., L’attuazione dell’Unione bancaria europea e il credito all’economia, Audizione del Governatore della Banca d’Italia (2014), p.7: «alla fine del 2013 l’impatto di questi aiuti sul debito pubblico ammontava a quasi 250 miliardi in Germania, quasi 60 in Spagna, circa 50 in Irlanda e nei Paesi Bassi, poco più di 40 in Grecia.» 8 Panetta F., Seminario istituzionale sulle tematiche concernenti gli schemi di decreto legislativo relativi all’attuazione della direttiva 2014/59/UE, Intervento alla Camera dei deputati del Vice Direttore Generale della Banca d’Italia (Roma, 20 ottobre 2015), p.4: «A titolo di esempio, è possibile calcolare che se in Italia fossero stati effettuati interventi in rapporto al Pil pari a quelli della Germania, l’onere a carico delle nostre finanze pubbliche sarebbe ammontato a 130 miliardi di euro.» 9 AA.VV., “The high level group on financial supervision in the EU” chaired by Jacques de Laroisière, p.13 e seg. 10 AA.VV., “The high level group on financial supervision in the EU” chaired by Jacques de Laroisière, p.15 e seg.: «ad esempio la gestione delle bolle finanziarie, il rafforzamento della vigilanza regolamentare degli istituti che si sono rivelati scarsamente regolamentati.» 11 AA.VV., “The high level group on financial supervision in the EU” chaired by Jacques de Laroisière, p.16.
  • 6. 4 Tale sistema di riforme è stato introdotto a partire dal 2010 grazie al Comitato di Basilea12 , attraverso il quale numerose autorità bancarie continentali e intercontinentali hanno dato vita al cd. Basilea 313 : un pacchetto di riforme volte a «rafforzare l’assetto regolamentare internazionale in materia di patrimonio e liquidità, con l’obiettivo di promuovere un sistema bancario più robusto»14 . Il Comitato ha, quindi, rivolto le proprie attenzioni alle fragilità mostrate fino ad allora dal complesso bancario, quali una insufficiente copertura patrimoniale e l’eccessiva tendenza alla prociclicità del sistema15 , nonché l’eccessivo grado di leva finanziaria accumulato dai tempi della crisi. Gli scopi del Comitato sono stati finalizzati, oltretutto, ad introdurre misure cautelari nella regolamentazione finanziaria internazionale, volendo evitare quegli inconvenienti avvenuti nel sistema europeo che, a causa della propria fragilità, hanno reso indispensabile l’intervento pubblico16 . Pertanto, le misure adottate hanno portato ad una regolamentazione bancaria tesa alla riduzione dei rischi, grazie innanzitutto ad un innalzamento dei requisiti patrimoniali, come una maggiore qualità, coerenza e trasparenza della base patrimoniale; mediante il contenimento del grado di leva finanziaria del sistema bancario; attraverso l’“assorbimento” degli shock da parte del sistema, anziché trasmetterli in maniera prociclica; ed infine, ponendo le basi per un sistema di vigilanza micro e macro prudenziale. Queste misure sono state ulteriormente specificate e dettagliate inseguito in campo internazionale, per fare in modo che la solidità finanziaria venisse sempre più rafforzata. È da notare, in aggiunta, anche l’intervento della BCE, avvenuto nel momento in cui governatore Mario Draghi espresse la propria volontà di salvare l’Euro “a tutti i costi”17 . Attraverso tali dichiarazioni diede, di fatto, il suo assenso alle politiche comunitarie, lasciando, però, intendere che le sole politiche monetarie attuabili dalla Banca Centrale Europea non sarebbero state sufficienti, ma era necessario un nuovo quadro regolamentare comune in merito alla gestione delle crisi finanziarie. Le perplessità erano, inoltre, rivolte verso quelle attività bancarie di investimento che denotano una notevole componente di rischio. Pertanto, più di una volta si è discusso sulla possibilità di poter separare questo tipo di attività da quelle più sicure di deposito, nelle quali è necessario applicare una maggiore garanzia. L’Unione Europea, dunque, ha dato anch’essa concretezza alle proprie intenzioni, dando vita nel 2012 all’Unione Bancaria Europea (UBE): un progetto di durata pluriennale volto a mantenere i Paesi membri della UE sotto un’unica disciplina a livello bancario. L’Unione Bancaria è solo l’ultimo dei provvedimenti che fanno parte del graduale e lungo processo di unione monetaria, economica e politica che si sta cercando di creare all’interno del nostro continente. Più volte l’Unione Europea è stata chiamata ad intervenire in soccorso di specifici Stati, con mezzi non sempre idonei a fronteggiare le difficoltà, soprattutto a causa delle differenti discipline all’interno degli Stati membri, nonché il diverso andamento della loro economia nazionale18 . A ciò, va ad aggiungersi che «nel presente le forme di intervento volte a perseguire sulla strada dell’integrazione sembrano non avere, come nel 12 Il Comitato di Basilea per la vigilanza bancaria è composto da alti esponenti delle banche centrali e autorità di vigilanza di Arabia Saudita, Argentina, Australia, Belgio, Brasile, Canada, Cina, Corea, Francia, Germania, Giappone, Hong Kong SAR, India, Indonesia, Italia, Lussemburgo, Messico, Paesi Bassi, Regno Unito, Russia, Singapore, Spagna, Stati Uniti, Sudafrica, Svezia, Svizzera, Turchia. 13 Basilea 3 – Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari, dicembre 2010. 14 Basilea 3 - Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari, dicembre 2010, p.1. 15 Basilea 3 - Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari, dicembre 2010, p.5: «Uno degli elementi più destabilizzanti della crisi è stata l’amplificazione prociclica degli shock finanziari al complesso del sistema bancario, dei mercati finanziari e dell’economia più in generale.» 16 Basilea 3 - Schema di regolamentazione internazionale per il rafforzamento delle banche e dei sistemi bancari, dicembre 2010, p.2: «Il settore pubblico è dovuto intervenire in ultima istanza con iniezioni di liquidità, ricapitalizzazioni e garanzie senza precedenti, esponendo i contribuenti a ingenti perdite.» 17 Dal celebre discorso “whatever it takes”, alla Global Investment Conference di Londra nel 2012. 18 Canepà A., Crisi dei debiti sovrani e regolazione europea: una prima rassegna e classificazione di meccanismi e strumenti adottati nella recente crisi economico-finanziaria, in AIC (N°1 2015), p.2 e seg.: «La gravità e l’estensione della crisi hanno determinato la necessità di adottare numerosi interventi che hanno seguito solo in parte un disegno unitario».
  • 7. 5 passato, il loro centro propulsivo nell’entusiasmo dei popoli dell’UE, i quali mostrano di essere sempre più interessati da un revival delle identità nazionali»19 . È chiaro, quindi, che questo processo non è, e non sarà, molto semplice da completare, ma è opinione comune che il settore bancario, in quanto estremamente importante per la stabilità sistemica, debba avere una disciplina concreta, dotata di istituzioni, autorità, regolamenti e mezzi propri. Il risultato è, quindi, «un sistema unico europeo di supervisione e risoluzione delle crisi in grado di fornire un quadro d’insieme e una maggiore presa sui rischi del sistema bancario europeo»20 . Il provvedimento di istituzione dell’UBE ha avuto, e continua ad avere, chiaramente, notevoli ripercussioni sugli ordinamenti degli Stati membri, ma è una misura necessaria per un’efficace e continuativo svolgimento dell’attività bancaria, soprattutto alla luce delle notevoli difficoltà riscontrate degli ultimi anni. Inoltre, «queste modifiche normative renderanno meno rischiose le banche, dotandole in prospettiva di più capitale, di maggiore liquidità e di un grado di leva minore che in passato. Ciò conferirà stabilità all’intero sistema finanziario, accrescendone la resistenza in caso di crisi»21 . La disciplina inerente l’Unione Bancaria diventa, pertanto, la base normativa di riferimento all’interno dell’Unione Europea, ed una volta che ogni sua parte sarà portata a termine, ed ogni Stato membro avrà recepito le sue componenti nei suoi ordinamenti diventerà definitiva. 1.1.1 I Pilastri dell’Unione Bancaria L’Unione Bancaria Europea è predisposta in modo da essere completata in un arco temporale molto ampio, e vede la sua struttura composta da tre “pilastri”, attualmente ancora in fase di costituzione22 . In primo luogo, questo progetto prevede l’istituzione di un sistema di vigilanza unico denominato Single Supervision Mechanism (cd. SSM). Grazie a questo mezzo, in maniera graduale23 , la sorveglianza micro e macro prudenziale24 di tutto il sistema bancario europeo passa alla Banca Centrale Europea, in maniera diretta ed indiretta. In altre parole, la BCE ha il compito di sorvegliare direttamente solo le banche cd. significative, ossia quelle di importanza sistemica, mentre le autorità nazionali di ogni Stato membro (in genere le Banche Centrali Nazionali) monitorano i loro enti domestici, seguendo gli standard di vigilanza stabiliti in sede comunitaria. L’attività di supervisione, di conseguenza, passa dagli organi nazionali ad un’autorità sovranazionale quale la BCE, togliendo, di fatto agli Stati la facoltà di monitorare le proprie economie. Il principale compito riferito a questo primo pilastro, quindi, è sostanzialmente quello di sorvegliare l’intero sistema e segnalare alle autorità preposte quegli enti in difficoltà, che necessitano di interventi25 . Il secondo elemento costitutivo dell’Unione Bancaria riguarda le modalità di gestione delle crisi degli enti creditizi, ossia il Single Resolution Mechanism (cd. SRM): «esso presuppone l’armonizzazione dei regimi nazionali di 19 Capriglione F., L’unione bancaria europea, Torino 2013, p. XI. 20 De Polis S., Unione Bancaria e gestione delle crisi: un modello di Banca in trasformazione, ASSIOM FOREX XII PAN European Banking Meeting, (Monza, 3 ottobre 2014), p.5. 21 Panetta F., Indagine conoscitiva degli atti di governo 208 e 209 relativi al risanamento e alla risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento (Roma, 29 ottobre 2015), p.4. 22 Commissione Europea, Una tabella di marcia verso l’Unione bancaria, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio, (Bruxelles, 12/09/2012), p.6: «Come indicato dalla Commissione […] il completamento dell’Unione bancaria imporrà un ulteriore lavoro per la creazione di un meccanismo di vigilanza unico, un sistema comune di garanzia dei depositi e un quadro integrato di gestione delle crisi.» 23 Il passaggio graduale di consegne dalle BCN alla BCE è iniziato a partire dal novembre 2014. 24 Trucchi M., Verso l’Unione bancaria in Eurolandia: un percorso ad ostacoli, in Mondo Bancario (2012), p.2 «Si distingue, per la vigilanza della BCE, una supervisione microprudenziale sulle singole banche ed una supervisione macroprudenziale sull’intero sistema finanziario.» 25 Commissione Europea, Una tabella di marcia verso l’Unione bancaria, Comunicazione della Commissione al Parlamento Europeo e al Consiglio, (Bruxelles, 12/09/2012), p.6: «la BCE assolverà i suoi compiti nel quadro del meccanismo di vigilanza unico composto dalla BCE e dalle autorità nazionali di vigilanza. Tale struttura consentirà una vigilanza forte e uniforme in tutta la zona euro, utilizzando al meglio le specifiche conoscenze delle realtà locali delle autorità di vigilanza nazionali. Ciò assicurerà una vigilanza basata su una profonda conoscenza delle condizioni nazionali e locali che possono avere un’incidenza sulla stabilità finanziaria.».
  • 8. 6 gestione delle crisi bancarie prevista dalla direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche»26 . Questa nuova disciplina comprende, oltre ai metodi più opportuni per la gestione delle crisi, anche dei mezzi preventivi, resi obbligatori verso tutti gli enti bancari presenti nel sistema. In questo modo, essi vengono dotati di un grado maggiore di sicurezza, facendo ricorso all’intervento pubblico solo nei casi strettamente necessari27 . Il terzo ed ultimo pilastro è riferito ai cd. “Sistemi di Garanzia dei Depositi” (DGS), mirato a «offrire tutela al risparmiatore inconsapevole, che non dispone degli strumenti per valutare in modo adeguato il livello di rischio dei soggetti cui affida il proprio risparmio»28 . Pertanto, quest’ultimo elemento fondante dell’Unione è caratterizzato dalla consapevolezza da parte delle autorità della notevole importanza rivestita dai risparmiatori, dando vita ad una struttura che possa salvaguardare nel miglior modo possibile le loro risorse. Questo lavoro si concentra sostanzialmente sul secondo pilastro dell’Unione, portato a completamento attraverso la direttiva BRRD29 , emanata nel maggio del 2014. I mezzi messi a disposizione da questa direttiva, tuttavia, non sono ancora stati utilizzati da tutti gli Stati membri, in quanto alcuni di essi hanno recepito le sue componenti solo recentemente; pertanto sarebbe interessante capire come lo scenario della gestione delle crisi potrà cambiare di qui in futuro. 1.1.2 L’attuazione del secondo pilastro A partire dal novembre 2014 è stato dato il via al Sistema di Vigilanza Unico, portando a completamento il primo pilastro dell’Unione Bancaria. La sorveglianza dell’intero sistema bancario è passata, quindi, alla BCE, la quale si occupa direttamente solo della sorveglianza delle banche cd. significative. Si tratta di un numero esiguo di banche, ma è da notare che «sebbene in numero rappresentino solo il 3 per cento del totale delle banche attive nell’Eurozona, detengono oltre l’85 per cento degli attivi del sistema»30 , lasciando il compito di monitorare i restanti istituti “meno significativi” alle banche centrali nazionali di ogni Paese membro. Inseguito, attraverso l’istituzione del Single Resolution Mechanism31 e l’emanazione della direttiva BRRD, è evidente l’intenzione dell’Europa di voler definire gli elementi restanti dell’Unione. «L’Unione bancaria è come un tripode, a cui occorre presto aggiungere al piede esistente (la supervisione bancaria) i due piedi mancanti, vale a dire meccanismi unici e centralizzati sia nella gestione delle crisi che nell’assicurazione dei depositi»32 . Pertanto, nel 2014, l’Unione Europea ha introdotto nel nostro sistema nuove modalità per la gestione delle crisi degli enti creditizi e di investimento, che vanno ad implementare le procedure già esistenti negli Stati membri; fermo restando il terzo pilastro, ovvero il sistema di garanzia dei depositi (DGS), il quale verrà completato in futuro33 . Nelle misure adottate è possibile distinguere una duplice finalità voluta dall’Unione Europea, riconducibile alle due maggiori mancanze che sono state poste in risalto dagli ultimi anni, ossia la gestione unificata ed ordinata delle crisi degli enti creditizi e la loro prevenzione. L’adozione degli strumenti messi a disposizione ha la capacità, innanzitutto, di prevenire le crisi degli enti bancari, con 26 Barbagallo C., L’Unione Bancaria Europea, NIFA – New International Finance Association - Verso l’Europa Unita Gli obiettivi raggiunti, gli ostacoli da superare, le nuove sfide - Intervento del capo del dipartimento di vigilanza bancaria e finanziaria della Banca d’Italia (6 maggio 2014). 27 Il supporto pubblico per la gestione delle crisi diventa di tipo “residuale”. 28 da https://www.fitd.it. 29 BANKING RECOVERY AND RESOLUTION DIRECTIVE (BRRD) - DIRETTIVA 2014/59/UE DEL PARLAMENTO EUROPEO E DEL CONSIGLIO del 15/05/2014 che istituisce un quadro di risanamento e risoluzione degli enti creditizi e delle imprese di investimento. 30 De Polis S., Unione Bancaria e gestione delle crisi: un modello di Banca in trasformazione, ASSIOM FOREX XII PAN European Banking Meeting, (Monza, 3 ottobre 2014), p.5. 31 Il Meccanismo di Risoluzione Unico è stato introdotto con il Regolamento 806/2014. 32 Masciandaro D., L’ultimo miglio dell’Unione Bancaria, ne IlSole24Ore.it del 05 novembre 2015. 33 Barbagallo C, Le banche italiane e la Vigilanza nella prospettiva dell’Unione Bancaria, intervento al convegno Basilea 3 (2014): «il terzo pilastro dell’unione bancaria avrebbe dovuto essere costituito da un sistema europeo comune di garanzia dei depositi. Questo obiettivo si è rivelato troppo ambizioso ed è stato per il momento accantonato a favore dell’approvazione di una direttiva di armonizzazione massima delle regole sui sistemi nazionali di garanzia dei depositi.»
  • 9. 7 particolare riferimento a quelli di importanza sistemica. In secondo luogo, la gestione questo tipo di difficoltà può avvenire nel modo più opportuno, utilizzando i mezzi più efficaci a seconda della gravità situazione; considerando che tutta l’operazione non grava in nessun modo sui conti statali, e quindi sui contribuenti34 . Nella concezione delle autorità che hanno dato vita a queste misure, la gestione delle crisi può essere portata a termine nell’arco di un fine settimana (quando le attività bancarie sono spente), facendo in modo che con l’inizio della settimana successiva, la situazione di stallo possa essere già risolta nella maniera migliore, senza aver provocato inefficienze nel sistema, e allo stesso tempo avendo mantenuto attive le funzioni essenziali per tutto il tempo della crisi. Tra i provvedimenti che sono stati posti in essere, particolare interesse va a due di loro: il regolamento 806/2014 e la direttiva 2014/59/UE, comunemente denominata BRRD. Il primo va ad introdurre nel nostro sistema quei meccanismi e quegli organi che sono posti a capo della gestione delle crisi degli enti bancari; il secondo provvedimento, invece, instaura una nuova cornice normativa nel medesimo scenario, accompagnata da quei nuovi strumenti che, si spera, possano rendere più agevole la gestione delle crisi. Essi introducono, oltretutto, nei nostri ordinamenti dei procedimenti di natura sia ex ante che ex post, da adottare non solo nelle fasi di difficoltà, bensì anche nelle fasi di ordinaria operatività degli enti a cui sono riferiti. La particolarità di questi nuovi provvedimenti che ha suscitato notevole interesse nel pubblico e nelle autorità, inoltre, è riferita ai soggetti su cui grava: in caso di crisi avanzata e irrimediabile degli intermediari bancari, sono le banche stesse e i loro clienti a farsi carico dei costi delle crisi. Pertanto, gli azionisti, i creditori, e successivamente una quota ristretta di correntisti35 , hanno l’onere di dover sopportare una quota “adeguata” delle perdite. Infine, l’intervento pubblico può essere preso in considerazione solo sotto specifici requisiti, ma in ogni caso rispecchia il carattere di straordinarietà (cd. extrema ratio). Tuttavia, queste sono misure adottabili solo sotto specifici presupposti da superare, e quindi non pregiudicano l’adozione delle comuni procedure di insolvenza degli enti36 , le quali vogliono, in ogni caso, essere lasciate come soluzione ultima, in quanto non prive di rischi e di ricadute sull’intero sistema. Il Meccanismo di Risoluzione Unico, in altre parole, in attuazione del secondo pilastro dell’Unione Bancaria Europea, prevede l’utilizzo alternativo delle risorse dell’ente solo nella misura in cui la crisi in cui si trova sia irreversibile. Negli altri casi, è necessario fare ricorso alle procedure descritte nei piani preventivi, escludendo a priori l’intervento pubblico. La procedura è, inoltre, interamente affidata a una nuova autorità, introdotta nel nostro sistema dal Regolamento 806/2014 e denominata Autorità di Risoluzione. Tale autorità è scelta da ogni Stato membro tra i propri enti pubblici o anche enti di nuova costituzione37 . e deve necessariamente essere «operativamente indipendente nel perseguimento degli obiettivi ad essa assegnati dalla legge, ovvero non soggetta a pressioni politiche o dell’industria bancaria»38 . Nello scenario europeo, invece, questo nuovo organismo si traduce nel Comitato Unico di Risoluzione, ovvero il Single Resolution Board (cd. SRB), quale autorità centrale di risoluzione a livello comunitario, formata da rappresentanti della BCE, della Commissione Europea e dalle stesse Autorità di Risoluzione Nazionali. Alle Autorità di Risoluzione sono, ovviamente, concessi ampi margini di manovra in sede di definizione dei piani preventivi, ma in particolar modo vengono loro concesse ulteriori libertà relative all’attuazione dello strumento della Risoluzione, libertà che non verrebbero concesse in condizioni normali39 , ma rispecchiano l’eccezionalità dello strumento. È previsto, inoltre, l’utilizzo ulteriore di uno specifico fondo, detto Fondo di Risoluzione Unico, al quale è assegnato il compito di finanziare i costi della procedura, o in alternativa di ricapitalizzare gli enti insolventi solo 34 De Polis S., Unione Bancaria e gestione delle crisi: un modello di Banca in trasformazione, ASSIOM FOREX XII PAN European Banking Meeting, (Monza, 3 ottobre 2014), p.6: «Il Sistema di risoluzione unico dovrà infatti assicurare, a far tempo dal 1 gennaio 2016, la liquidazione ordinata - in caso di crisi - delle banche cd. significative.» 35 Questi provvedimenti prevedono la garanzia assoluta per i depositi inferiori ai 100.000€. 36 In Italia è la liquidazione coatta amministrativa. 37 Dall’Art. 3 BRRD: «Possono essere autorità di risoluzione le banche centrali nazionali, i ministeri competenti ovvero altre autorità amministrative pubbliche o autorità cui sono conferiti poteri amministrativi pubblici.» 38 De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione Bancaria, in Banca, Impresa Società, fascicolo 3 (dicembre 2015), p.397 39 I notevoli poteri concessi alle Autorità di Risoluzione sono state oggetto di dibattito recentemente, che hanno fatto sorgere il dubbio sulla costituzionalità dei nuovi strumenti comunitari.
  • 10. 8 a seguito del superamento di specifici requisiti. Tale fondo è costituito e finanziato dall’intero sistema bancario europeo, pertanto ha anch’esso natura privata, ma non è ancora interamente completato40 . Il seguito di questo lavoro si concentra, dunque, sia sulle misure di prevenzione delle crisi, sia sulle nuove modalità con cui viene trattata la crisi di un ente bancario. In primo luogo, l’attenzione viene posta sulle misure preventive. 1.2 Le misure preventive È abbastanza chiaro, dopo la recente che le crisi, che i dissesti o le eventuali condizioni di difficoltà finanziaria in cui potrebbero incorrere gli istituti bancari non possono essere evitate in nessun modo in maniera assoluta; pertanto, si deve agire affinché queste situazioni possano essere bloccate all’origine. Grazie alla nuova disciplina, l’intervento sanatorio deve provenire prioritariamente dagli enti privati da cui la crisi è partita, dovendosi in un certo senso “salvarsi da soli” (bail in), senza fare troppo affidamento sull’apporto delle istituzioni pubbliche (bail out), «contribuendo a spezzare il legame perverso tra condizioni della finanza pubblica di singoli Stati e stabilità bancaria»41 . Solo successivamente si potrebbe fare ricorso anche alle risorse del Fondo di Risoluzione Unico, interamente alimentato dal sistema bancario, se le Autorità di Risoluzione dovessero ritenere che le risorse dei creditori e degli azionisti non fossero sufficienti a coprire “adeguatamente” le perdite. Infine, solo al verificarsi dei giusti presupposti, ma in ogni caso dopo aver utilizzato anche le risorse del Fondo di Risoluzione, può essere preso in considerazione anche l’intervento pubblico42 . I destinatari dei recenti provvedimenti comunitari, però, non sono solo le istituzioni cd. significative, bensì tutte le banche e le imprese di investimento in quanto «l’esperienza della crisi ha infatti dimostrato che anche l’insolvenza di banche minori può generare fenomeni di instabilità sistemica se, per effetto di un contagio, l’instabilità si estende a molti intermediari con modelli di business simili.»43 . I provvedimenti posti in essere dalle autorità europee, tramite l’Unione Bancaria, hanno, quindi, riformato il nostro sistema introducendo al suo interno degli strumenti di natura preventiva (Piano di Risanamento e Piano di Risoluzione44 ), che in passato non erano stati mai adottati dagli Stati membri. Il termine stesso di “Risoluzione” «esprime un nuovo concetto giuridico, fino ad oggi assente dal diritto fallimentare del nostro ordinamento»45 , così come all’ordinamento degli altri Paesi membri, nei quali seppur fossero stati utilizzati, erano in ogni caso, visti in una maniera del tutto diversa. In passato, in situazioni di gravi crisi finanziarie si faceva spesso riferimento alla “liquidazione” o al “salvataggio” degli enti bancari46 ; tuttavia, con la nuova disciplina tali procedure non sono più adottabili, almeno non inizialmente, ma in particolar modo per le banche cd. significative, esse verranno risolte o tuttalpiù risanate. Con il recepimento degli Stati membri della direttiva BRRD, quindi, i piani preventivi devono essere adottati obbligatoriamente da tutti gli enti creditizi e di investimento nelle fasi di ordinaria operatività, al fine di evitare che si verifichino crisi sistemiche, o al limite, rendere più agevole il superamento di difficoltà che potrebbero eventualmente degenerare e coinvolgere l’intero sistema. L’adozione di questi piani, di conseguenza, è vitale per il raggiungimento degli obiettivi della neonata Unione 40 Si prevede di completare il Fondo entro il 2024. 41 Barbagallo C., L’Unione Bancaria Europea, Intervento del Capo del Dipartimento di Vigilanza Bancaria e Finanziaria, Banca d’Italia, (6 maggio 2014), p.4. 42 Panetta F., Seminario istituzionale sulle tematiche concernenti gli schemi di decreto legislativo relativi all’attuazione della direttiva 2014/59/UE, (Roma, 20 ottobre 2015), p.4 «Solo al ricorrere di presupposti specifici sarà possibile l’intervento di un “Fondo di risoluzione” finanziato dallo stesso sistema bancario, a integrazione delle risorse di azionisti e creditori. L’intervento pubblico svolgerà un ruolo residuale.» 43 De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione Bancaria, in Banca, Impresa Società (dicembre 2015), p.396. 44 Descritti nelle sezioni 2-3 BRRD. 45 Spina E.- Bikoula I., Dal bail out al bail in, (Roma 2015), p.81. 46 Rulli E., Prevenire l’insolvenza, dal salvataggio pubblico alla risoluzione, dalla Rivista trimestrale di diritto pubblico e ed economia, vol.3 (2015), p. 291: «La banca in stato di insolvenza, nel linguaggio giuridico in auge sino a pochi anni fa, doveva essere liquidata oppure, seguendo linee più prosaiche, poteva essere salvata.»
  • 11. 9 Bancaria, ovvero la gestione ordinata delle crisi, in modo che esse non possano contagiare l’intero sistema economico e gravare sulle casse statali, mantenendo la stabilità finanziaria e allo stesso tempo dare garanzia ai depositanti. Si fa riferimento, quindi, all’enorme impatto negativo che potrebbe avere l’eventualità in cui un ente di importanza sistemica, venga sottoposto alla ordinaria procedura di liquidazione, nonché alle gravi conseguenze sui risparmiatori, e quindi sull’interesse pubblico. Nello specifico, in riferimento ai Piani di Risanamento, si tratta di misure predisposte dagli enti stessi creditizi e di investimento volte a ripristinare la posizione finanziaria dell’ente, a seguito di un suo eccessivo peggioramento, la quale è degenerata a tal punto da provocare la violazione di specifiche norme prudenziali. Differentemente, si parla di Piani di Risoluzione, come di quei piani tesi a ridurre l’impatto negativo che potrebbe arrecare al sistema la grave ed irrimediabile insolvenza di un ente, dovuta all’impossibilità del ricorso a mezzi sananti. Pertanto, una volta che venisse accertata l’effettiva situazione di dissesto e l’eventuale interesse pubblico al salvataggio dello specifico intermediario, diventerebbe compito dell’autorità preposta quello di avviare la procedura di Risoluzione. Per quanto riguarda i Piani di Risoluzione, però, è compito della stessa Autorità di Risoluzione Nazionale quello di doverli stilare, eventualmente sotto la collaborazione dello Stato membro di riferimento, il quale deve impegnarsi a fornire i mezzi necessari per la predisposizione del Piano, nonché la rimozione di eventuali ostacoli alla sua attuazione47 . Predisponendo dei piani preventivi, pertanto, deve essere chiaro fin dall’inizio quali sono quei i soggetti che dovranno farsi carico in primis delle situazioni di difficoltà, quali risorse saranno utilizzate ed in che modo. Sono piani, quindi, che definiscono in maniera preventiva le procedure e gli strumenti da impiegare a seguito di una accertata situazione di crisi, individuati tra i mezzi resi disponibili dalla direttiva BRRD. Chiaramente, i mezzi da adottare devono essere proporzionali con il tipo e le dimensioni dell’ente in questione, nonché gravità della crisi in cui si trova. A questo proposito, le misure adottabili possono rispecchiare due diversi profili: uno mirato a mantenere in vita l’intermediario bancario come autorità giuridica autonoma (going concern), applicando solo azioni correttive volte a ripristinare la sua sostenibilità finanziaria; mentre in altri casi il fine ultimo diventa quello di ristrutturare profondamente l’ente bancario per non turbare eccessivamente il sistema (gone concern). Di seguito vengono individuate le caratteristiche e le particolarità introdotte nel nostro sistema dai piani preventivi, per poi concentrare l’interesse sulla procedura che compone la Risoluzione. 1.2.1 Il Piano di Risanamento Nel caso dei Piani di Risanamento (recovery plans), si parla di misure cautelari da attivare preventivamente dagli enti creditizi e di investimento, finalizzate a sanare la situazione finanziaria di un ente nel caso di un deterioramento della stessa, da redigere dal management dell’ente48 . Sono attività preparatorie volte a far sì che un momentaneo deterioramento delle attività di una banca non possa, in qualunque modo, diffondersi nell’intero sistema, ma debba rimanere confinato all’interno dell’ente di partenza. L’ente dispone, quindi, quali azioni bisogna adottare tempestivamente, ai primissimi segnali di peggioramento significativo delle condizioni patrimoniali dell’ente, in modo che possa essere ripristinata la sua sostenibilità finanziaria di lungo periodo. A tal fine, il management dell’istituto è tenuto ad identificare degli indicatori che possano rendere possibile un monitoraggio continuo delle attività, in modo da per poterne risolvere gli eventuali futuri deterioramenti, andando, inoltre, a prevedere ogni plausibile scenario che possa verificarsi, anche nelle previsioni più pessimistiche49 . Tuttavia l’approvazione finale dei piani di risanamento è in ogni caso a carico della 47 Art. 3, par. 8 BRRD «Gli Stati membri provvedono a che ogni autorità di risoluzione disponga delle competenze, risorse e capacità operative atte ad applicare le azioni di risoluzione e sia in grado di esercitare i suoi poteri con la rapidità e flessibilità necessarie per conseguire gli obiettivi della risoluzione.» 48 Dall’Art. 5 BRRD: Piani di Risanamento «Gli Stati membri assicurano che ciascun ente […] prepari e tenga aggiornato un piano di risanamento che preveda l’adozione da parte dell’ente di misure volte al ripristino della sua situazione finanziaria dopo un deterioramento significativo della stessa». 49 Dall’Art. 9 BRRD: Indicatori del Piano di Risanamento.
  • 12. 10 Autorità di Risoluzione, la quale ne verifica l’adeguatezza e la completezza e applica entro sei mesi eventuali modifiche50 . A causa del continuo mutamento nel contesto economico-finanziario, inoltre, questi piani sono da aggiornare annualmente o anche a seguito di cambiamenti significativi nella struttura giuridica e/o organizzativa dell’ente51 . Qualora un istituto bancario presente nell’UBE dovesse avere necessità di disporre degli strumenti preposti dai Piani di Risanamento, ossia nei casi in cui l’ente dovesse trovarsi in una situazione di deperimento del patrimonio non irreversibile, non soddisfacendo al tempo stesso i requisiti per la Risoluzione, allora potranno essere attuati i cd. interventi precoci. «I poteri di intervento precoce scattano quando un ente non rispetta i requisiti patrimoniali previsti dalla legge o, presumibilmente, non sarà più in grado di rispettarli. Le Autorità potranno imporre all’ente di attuare le misure previste dal piano di risanamento, elaborare un programma d’azione e stabilire un calendario per la sua attuazione»52 . Ricorre anche in questo caso l’ampio potere concesso alle Autorità di Risoluzione, le quali potrebbero disporre azioni riferite alla semplice cessione di talune attività (cd. assets tossici), fino anche alla sostituzione dei membri del management dell’ente, se queste operazioni fossero utili a rimediare alle problematicità. Tali processi mantengono, ovviamente, il presupposto di mantenere attive le funzioni essenziali dell’ente per tutta la durata della crisi, utilizzando unicamente le risorse disponibili nel suo patrimonio. 1.2.2 Il Piano di Risoluzione Per quanto riguarda i Piani di Risoluzione (resolution plans), essi sono stilati con il fine ultimo di evitare che la situazione di insostenibile insolvenza di un ente bancario possa danneggiare l’intero sistema; situazione in nessun caso rimediabile con l’adozione di ordinari strumenti di risanamento, ma solitamente risolvibile solo con le comuni procedure di liquidazione. Una procedura ordinaria di insolvenza nei confronti di enti di portata sistemica, tuttavia, non solo potrebbe portare al potenziale contagio dell’intera economia, ma danneggerebbe anche i risparmiatori, i quali potrebbero venire lesi eccessivamente da un processo del genere. L’adozione degli odierni mezzi di Risoluzione53 , pertanto, è strumentale al mantenimento continuo delle funzioni essenziali dell’ente, unito al ripristino della sua solidità finanziaria, escludendo a priori l’intervento pubblico. Tali piani non sono più sotto il controllo del management dell’ente, bensì è la stessa Autorità di Risoluzione a predisporli, in collaborazione con gli Stati membri di riferimento e le altre autorità preposte54 . I Piani di Risoluzione devono necessariamente contenere le procedure dettagliate che si intende avviare a seguito di una irreversibile e irrimediabile situazione di crisi di un’entità bancaria, volte a una vera e propria “ristrutturazione” dell’ente. Si deve tenere conto di tutti i mezzi concessi e quelli esclusi a priori55 , nonché degli eventuali ostacoli che potrebbero limitare o addirittura impedire l’attuazione della procedura risolutiva. A tal fine, è compito degli Stati membri quello provvedere alla rimozione di eventuali ostacoli, modificando se necessario anche la struttura organizzativa dell’istituto bancario, in modo da rendere possibile in futuro, l’intervento attraverso le nuove misure56 . La scelta dei mezzi da adoperare deve necessariamente ricadere sui mezzi resi disponibili dalla direttiva BRRD, quali l’utilizzo di enti “veicolo” (bridge bank o bad bank), con un “salvataggio interno” (bail in), con la comune vendita dell’attività d’impresa, o infine, in caso non vi siano i presupposti per l’avvio della Risoluzione, stabilire in che modo si debba agire per la vera e propria liquidazione, e quindi con la ordinaria procedura di insolvenza. Non in ogni caso, quindi, sarebbe 50 Specificato dall’Art. 6 BRRD: Valutazione dei Piani di Risanamento. 51 Come specifica l’Art.5, par.2 BRRD, le Autorità possono, in ogni caso, chiedere che il piano venga aggiornato con maggior frequenza. 52 EBA, FLASH REPORT, Recovery and Resolution Framework: proposta di un quadro comune di norme per la gestione delle crisi bancarie (giugno 2012), p.2. 53 Si distinguono in bail in, bad bank, bridge bank e vendita dell’attività d’impresa. 54 Dall’Art. 10 BRRD: Piani di Risoluzione. 55 La predisposizione dei Piani di Risoluzione deve tenere conto dei possibili futuri deterioramenti dell’economia e non deve prevedere finanziamenti straordinari da parte degli Stati o da parte delle banche centrali. Dall’Art. 10 BRRD. 56 Dall’Art. 10, par. 7 BRRD: Piani di Risoluzione.
  • 13. 11 necessario fare ricorso ai nuovi strumenti della Risoluzione, ma solo in quei casi in cui venissero soddisfatte delle precise condizioni verificate opportunamente dall’Autorità di Risoluzione. Se tali presupposti venissero soddisfatti, allora verrebbero attivate le misure di Risoluzione, mettendo in moto tutte quelle attività stabilite nel Piano, utili alla profonda ristrutturazione dell’organizzazione bancaria. In caso contrario, ossia quando non sussista l’interesse pubblico al salvataggio dello specifico ente o comunque non vengano soddisfatte altre condizioni, allora potrebbe essere avviata anche la comune procedura di liquidazione, nelle modalità espresse nel Piano. Analogamente ai Piani di Risanamento, anche i Piani di Risoluzione hanno necessità di aggiornamento costante; in condizioni normali l’aggiornamento è necessario una volta l’anno, ma in ogni caso, a seguito di modifiche sostanziali della struttura dell’ente sono da rivedere e adattare alle mutate condizioni57 . 1.3 La gestione ordinata delle crisi L’elemento ulteriore a cui è finalizzata l’attuazione del secondo pilastro dell’Unione Bancaria, oltre alla creazione dei piani preventivi, è la cd. gestione armonizzata delle crisi, in modo che quest’ultima «avvenga in modo ordinato, senza danni sistemici né oneri per i taxpayers»58 . Con l’introduzione da quest’anno di questa nuova procedura, ogni Stato membro aderente al progetto dell’Unione Bancaria deve fare ricorso alla medesima disciplina, in sostituzione alle comuni procedure, le quali rimangono comunque adottabili solo sotto specifici requisiti verificati dalle Autorità di Risoluzione. Queste ultime discipline, inoltre, possono essere ancora parte degli ordinamenti degli Stati membri solo nella misura in cui esse non rallentino o addirittura impediscano l’attuazione dei nuovi strumenti di Risoluzione59 . Il nuovo meccanismo di gestione delle crisi bancarie è ovviamente facilitato dall’adozione da parte degli enti bancari dei piani preventivi, i quali fanno in modo che l’attivazione dei procedimenti risolutivi delle crisi possa essere una procedura “meccanica”, automatica e quindi molto più agevole da impiegare. Tuttavia l’adozione di questo tipo di piani è solo la prima delle tre parti di cui si compone la nuova “gestione ordinata” introdotta dalla BRRD e dal Regolamento 806/2014. In primo luogo, dunque, è necessaria la predisposizione dei già citati piani preventivi60 ; successivamente, a seguito di eventuali gravi squilibri finanziari dell’ente o potenziali sue violazioni dei requisiti comunitari, è possibile fare ricorso ai cd. interventi precoci, basati fondamentalmente sui Piani di Risanamento stilati dagli enti stessi61 . Infine, la BRRD individua la fase in cui «la Banca centrale europea, ovvero l'autorità di vigilanza, comunica al Comitato di risoluzione unico (SRB) che una banca è in dissesto o a rischio di dissesto»62 . Questa eventualità, disciplinata dai Titoli 4 e 5 della direttiva BRRD, pone le basi per la verifica dei presupposti per l’attivazione della procedura di Risoluzione. Se tali presupposti dovessero risultare soddisfatti, allora il single resolution board, o in alternativa l’Autorità di Risoluzione Nazionale, potrebbe dare l’avvio alla procedura. In sintesi, le misure adottabili dalle autorità possono essere espresse in (1) misure preparatorie, (2) misure preventive e (3) misure per la Risoluzione. Questi procedimenti seguono la disciplina del Meccanismo di Risoluzione Unico, e quindi del secondo pilastro dell’Unione Bancaria. Ciò ha fatto in modo che, a seguito del recepimento della direttiva BRRD da parte degli Stati membri, con l’avvento del 2016 tutti gli Stati potessero disporre di tali strumenti all’interno del proprio ordinamento. Esso «consentirà una gestione accentrata delle crisi bancarie e contribuirà, anche attraverso un graduale processo di mutualizzazione delle risorse necessarie per la gestione ordinata delle crisi, a recidere il legame tra le condizioni degli Stati e quelle 57 Art. 10, par. 6 BRRD. 58 De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione Bancaria, in Banca, Impresa Società, fascicolo 3 (dicembre 2015), p. 393. 59 Dall’Art. 17 BRRD: Poteri di affrontare o rimuovere impedimenti alla possibilità di Risoluzione. 60 Titolo 2 BRRD: Preparazione. 61 Titolo 3 BRRD: Intervento precoce. 62 Da http://www.consilium.europa.eu/it/policies/banking-union/single-resolution-mechanism/
  • 14. 12 delle banche»63 . Tale meccanismo prevede, inoltre, l’istituzione di un fondo realizzato e finanziato da parte delle banche stesse64 , utile a finanziare lo svolgimento delle azioni della Risoluzione, ma in ogni caso si tratta di un fondo utilizzabile nei modi e nei tempi stabiliti dal single resolution board, in quanto suo proprietario. In questo modo, quindi, i costi delle crisi, che fino ad ora erano in gran parte finanziati dalle casse statali, possono essere sopportati da una fonte origine esclusivamente privata, quale il Fondo di Risoluzione stesso. Nella parte successiva di questo lavoro, l’attenzione viene dedicata all’analisi sulle linee generali della procedura di Risoluzione, per poi concentrarsi sulle caratteristiche del Fondo di Risoluzione Unico. 1.3.1 La Risoluzione Il ricorso alle nuove procedure che fanno parte della cd. Risoluzione degli enti bancari rispondono alle necessità venute fuori dalla recente crisi. Esse forniscono una alternativa valida alle ordinarie ed invasive procedure di insolvenza degli intermediari bancari65 , in quanto tali procedure sono molto più delicate e problematiche delle ordinarie modalità per la liquidazione di normali aziende. Si è provveduto, quindi, ad affidare la predisposizione ed attivazione di un piano specifico per il contesto bancario ad autorità amministrative indipendenti (le Autorità di Risoluzione), le quali seguono le stesse discipline in ogni Stato membro66 ; facendo in modo, quindi, di avere una infrastruttura formata da autorità omogenee in tutta l’Unione. Queste ultime hanno la facoltà di attivare la cd. Risoluzione nel momento in cui vengano soddisfatti i presupposti adeguati, attivando le misure predisposte nei Piani di Risoluzione. È evidente che le procedure inerenti la Risoluzione rispecchiano le caratteristiche degli interventi gone concern, in quanto «la risoluzione è intesa come un processo di ristrutturazione e riorganizzazione della banca, con netta distinzione rispetto alla liquidazione, generalmente concepita come smembramento dei cespiti e disposizione degli stessi per la soddisfazione delle pretese creditorie»67 ; pertanto hanno come obiettivo quello di ristrutturare profondamente l’ente colpito da crisi irreversibile. Tuttavia, a seconda dei criteri di scelta adottati dalle Autorità di Risoluzione in fase di stipula del Piano preventivo, ma anche in base alla gravità della situazione di crisi in cui versa uno specifico intermediario, è possibile intervenire in maniera più o meno marcata. Tali misure si contrappongono a quelle meno marcate (cd. going concern), le quali non modificano sostanzialmente l’ente in crisi, ma ne eliminano unicamente le componenti che generano le perdite68 . È chiaro, quindi, che volendo non impattare i costi di queste forti crisi sui conti statali, diventa necessario imputare i loro costi esclusivamente all’ente insolvente, o tuttalpiù se il Comitato di Risoluzione Unico (cd. board) dovesse giudicarlo opportuno, alle risorse del Fondo di Risoluzione Unico, lasciando l’intervento statale solo come extrema ratio. Le attività dell’ente sottoposto a Risoluzione devono essere, quindi, riorganizzate in modo da sopperire alle perdite nella maniera più adeguata e con il minore spreco di tempo e di risorse, tenendo conto di un principio cardine noto come no creditor worse off. Secondo tale principio, le perdite che i creditori e gli azionisti (o eventualmente anche i correntisti) dovessero subire a seguito dell’adozione dei mezzi della Risoluzione, queste non dovrebbero mai essere peggiori di quelle che avrebbero avuto in caso di ordinaria procedura di insolvenza69 . In aggiunta, sempre in osservanza al medesimo principio, se questi ultimi dovessero ricevere un trattamento peggiore, andando quindi, a subire 63 Visco I, L’attuazione dell’Unione bancaria europea e il credito all’economia, Audizione del Governatore della Banca d’Italia (Roma, 15 dicembre 2014), p.9. 64 Il Single Resolution Fund, che avrà una dotazione finanziaria di circa 55 miliardi di euro, che verrà raggiunta nell’arco di otto anni. 65 De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione Bancaria, in Banca, Impresa Società, fascicolo 3 (dicembre 2015), p.393. 66 Nel nostro ordinamento è stata individuata nella Banca d’Italia. 67 Spina E., Bikoula I., Dal bail out al bail in, (Roma 2015), p. 81 e seg. 68 Queste procedure possono modificare anche l’assetto del management dell’ente, vendere attività che non generano profitto, ecc… ma mantengono inalterata la struttura e la veste dell’intermediario bancario. 69 Specificato dall’Art. 75 BRRD: Salvaguardia per azionisti e creditori.
  • 15. 13 perdite eccessive, allora essi acquisirebbero il diritto a un rimborso a carico del Fondo di Risoluzione. Si può notare, quindi, che nonostante la nuova impostazione sia incentrata prevalentemente sull’apporto privato, non si è voluto tralasciare un segnale di garanzia per coloro che andranno a coprire le perdite dell’ente in dissesto, onde ad evitare che ad essi venga imposto un sacrificio sproporzionato o anche eccessivo. L’attivazione della procedura tiene, inoltre, conto delle forti inefficienze che potrebbero verificarsi se dovessero essere interrotte le cd. funzioni essenziali «ovvero dei servizi la cui improvvisa interruzione può generare danni per l’economia e per il sistema finanziario nel suo insieme (attività di prestito, depositi, attività nel sistema dei pagamenti ecc.)»70 , pertanto la procedura risolutiva garantisce la piena continuazione di tali attività per tutta la durata delle crisi. La messa in funzione del procedimento, tuttavia, è sotto la piena responsabilità del Single Resolution Board, il quale ha il compito di valutare la sussistenza dei presupposti, a seguito delle segnalazioni da parte della BCE, che, appunto, individua quegli enti che versano in situazioni finanziarie precarie, attraverso il suo compito di vigilanza dell’intero sistema bancario. A seguito della valutazione del board, è dunque compito delle Autorità di Risoluzione Nazionali dare avvio alla procedura nei confronti dell’ente colpito dal dissesto; dovendo porre in essere le azioni preventivate dal Piano di Risoluzione. I dettagli relativi alle modalità di adozione dei mezzi di Risoluzione vengono analizzati più avanti in questo lavoro, in quanto di seguito ci si concentrerà sulla costituzione e sull’impiego delle risorse del Fondo di Risoluzione. 1.3.2 Il Fondo di Risoluzione Unico Disciplinato dal Regolamento 806/2014, il Fondo di Risoluzione Unico sottostà alle regole del secondo pilastro dell’Unione Bancaria, pertanto è rivolto ai medesimi soggetti a cui è rivolta la BRRD e il Meccanismo di Risoluzione Unico71 . Tali istituti sono soggetti all’obbligo, dal 1° gennaio 2016, di versare delle quote «in proporzione ai rischi assunti da ciascun ente»72 , quote che vengono raccolte dall’Autorità di Risoluzione nazionale, e versate successivamente al Fondo di Risoluzione Unico. I contributi dovuti dagli enti bancari, tuttavia, possono avere diversa natura: possono essere di tipo ex ante, riferendosi all’ammontare dei versamenti dovuti dall’ente bancario su base annuale, tenendo conto delle proprie passività patrimoniali73 ; diversamente, si parla di contributi straordinari ex post come quei contributi destinati al Fondo, nella misura in cui i versamenti precedentemente effettuati non fossero sufficienti a coprire «i costi o altre spese sostenuti mediante il ricorso al Fondo nelle azioni di risoluzione»74 . Secondo le previsioni delle autorità competenti, il livello-obiettivo del Fondo sarà raggiunto in otto anni, in quanto si intende raggiungere la quota di 55 miliardi di € entro il 2024. Il Fondo di Risoluzione Unico ha il compito, quindi, di finanziare le attività del Meccanismo di Risoluzione Unico escludendo le risorse provenienti dalla finanza pubblica degli Stati membri, in quanto alimentato dall’intero sistema bancario europeo. L’utilizzo del Fondo, tuttavia, può essere deciso esclusivamente dal single resolution board, quale suo effettivo detentore. In aggiunta, in qualità di proprietario del Fondo, il board diventerebbe direttamente responsabile di tutti i casi di Risoluzione di tutte le banche, anche quelle non significative, se nella procedura si dovesse fare ricorso alle risorse del Fondo75 . Se le condizioni lo impongono, inoltre, il board potrebbe anche destinare parte delle sue risorse anche alla copertura delle perdite degli enti sottoposti a Risoluzione, oltre che per finanziare i costi della crisi. Questo caso di applicazione alternativa del Fondo, oltre a sottostare all’approvazione del board, presenta un’ulteriore limitazione: è possibile solo a patto che nei piani preventivi degli enti sottoposti a Risoluzione siano presenti delle componenti che prevedano 70 De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione Bancaria, in Banca, Impresa Società, fascicolo 3 (dicembre 2015), p.393. 71 Capo 2, sez. 1 del Regolamento 806/2014. 72 Da http://www.consilium.europa.eu/it/policies/banking-union/single-resolution-mechanism/. 73 Capo 2, sez.1, art.70 del Regolamento 806/2014. 74 Capo 2, sez.1, art.71 del Regolamento 806/2014. 75 Da http://www.consilium.europa.eu/it/policies/banking-union/single-resolution-mechanism/.
  • 16. 14 l’utilizzo dello strumento del bail in76 e che tale strumento sia stato già applicato in misura minima dell’8% sulle passività totali. È evidente, dunque, la notevole prudenza che si è voluta introdurre nel nuovo quadro regolamentare. Le situazioni di difficoltà finanziaria in cui potrebbe andare a trovarsi un ente bancario non dovranno, e non vorranno, più essere una “sorpresa”, bensì un evento previsto, ed alla quale si starà di già ricorrendo con i metodi più opportuni, tempestivi ed efficaci. Nel capitolo successivo, si andranno ad analizzare più nello specifico le modalità per l’attivazione della Risoluzione, soffermandosi successivamente sui cd. strumenti della Risoluzione. 76 De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione Bancaria, in Banca, Impresa Società, fascicolo 3 (dicembre 2015), p.416: «può intervenire nella misura massima del 5% del totale del passivo, previa applicazione di un bail-in minimo pari all’8% delle passività totali.»
  • 17. 15 CAPITOLO 2 COMPOSIZIONE E ATTIVAZIONE DELLA PROCEDURA DI RISOLUZIONE 2.1 Il lavoro delle autorità nell’Unione Bancaria Come si è già provveduto a introdurre, il nuovo meccanismo per la Risoluzione delle crisi bancarie e degli enti d’investimento garantisce una procedura “pulita” e ordinata, provvista di opportune misure preventive, nonché dei mezzi più efficaci a seconda della grandezza e della complessità degli enti, tenendo conto anche della gravità della crisi in cui essi versano77 . La rapidità e l’efficacia dei nuovi meccanismi risiede sostanzialmente nella coordinazione dei due pilastri dell’Unione Bancaria già completati, i quali comprendono, oltre alla disciplina relativa al Meccanismo di Risoluzione Unico, anche le attività di sorveglianza sulle attività bancarie relative al Meccanismo di Vigilanza Unico, svolte direttamente e indirettamente dalla BCE. Quest’ultima, quindi, deve coordinare il proprio lavoro di monitoraggio con quello di Risoluzione del single resolution board, quale organo di Risoluzione centrale a livello comunitario. È una novità questa per il nostro sistema, infatti «in alcuni ordinamenti, come ad esempio quello italiano, vigilanza prudenziale e gestione delle crisi sono esercitate per così dire, “in continuità” dalla stessa Autorità. Non si è avvertita finora la necessità o, quantomeno, l’opportunità di introdurre un soggetto nuovo e distinto dall’autorità di vigilanza per gestire le crisi»78 . In più, sapendo che il board è composto da rappresentanti della BCE ed essendo la stessa Banca Centrale Europea a doversi occupare della vigilanza degli enti significativi, è opportuno che vi sia «separatezza tra vigilanza e risoluzione delle crisi, anche al fine di ridurre i conflitti d’interesse tra le autorità responsabili delle due funzioni»79 , in modo tale da rendere più chiaro e agevole l’utilizzo dei nuovi strumenti. 2.1.1 Soddisfacimento dei presupposti per l’avvio della Risoluzione Tornando alla procedura di Risoluzione, è possibile affermare che la complessità maggiore ai fini dell’attivazione dei nuovi strumenti risiede nella fase preliminare, in cui viene valutata l’esistenza dei presupposti per la loro adozione. In questa fase, innanzitutto, è necessario che le molteplici autorità incaricate valutino quali procedure sia più opportuno utilizzare, nel caso in cui si venisse riscontrata la grave ed irreparabile insolvenza di un ente bancario. Se si possa, prima di ogni altra cosa, dare avvio a una eventuale procedura ordinaria di insolvenza, valutando l’impatto che questa operazione potrebbe provocare sull’interesse pubblico: se il suo impiego possa danneggiare l’economia o anche rendere inefficienti le cd. funzioni essenziali dell’ente colpito dalla crisi. Nella misura in cui, quindi, questa procedura potrebbe causare gravi ripercussioni all’intero sistema, è necessario valutare se possano essere posti in essere, in alternativa, altri provvedimenti80 . Gli odierni strumenti che compongono il procedimento risolutivo, dunque, non possono essere adottati a priori, ma bisogna valutare con attenzione ogni fattispecie, capire quali attività siano più opportune e se sia necessario, 77 Come è ribadito da Visco I., in L’attuazione dell’Unione bancaria europea e il credito all’economia, Audizione del Governatore della Banca d’Italia, Roma 15 dicembre 2014, p.9 e seg.: «Facendo leva su strumenti di gestione delle crisi e regimi nazionali armonizzati (in base a quanto previsto dalla direttiva sul risanamento e la risoluzione delle banche), il meccanismo mira a rendere più agevole la gestione delle crisi di grandi intermediari cross-border, ed attenuare i problemi di coordinamento tra autorità nazionali.» 78 Bikoula I.- Spina E., Dal bail out al bail in, (Roma, 2015), p.40 e seg. 79 Visco I., L’attuazione dell’Unione bancaria europea e il credito all’economia, Audizione del Governatore della Banca d’Italia, Roma 15 dicembre 2014, p. 10. 80 Rossano D., Nuove strategie per la gestione delle crisi bancarie: il bail in e la sua concreta applicazione, nella Rivista di diritto pubblico italiano, comparato, europeo (13 gennaio 2016), p.2: «Con l'obiettivo, dunque, di ridurre i fenomeni di moral hazard e di mantenere integre le finanze pubbliche, sono stati predisposti specifici modelli operativi diretti a reprimere gli impulsi degli intermediari ad assumere rischi elevati, arginando, per tale via, le possibili ripercussioni negative che simili comportamenti produrrebbero sul mercato.»
  • 18. 16 inoltre, il ricorso alle risorse del Fondo di Risoluzione Unico. Le attività relative a questa fase preliminare sono ovviamente descritte nei piani di Risoluzione delle entità bancarie, i quali fanno in modo che le Autorità di Risoluzione debbano attenersi alle misure contenute in essi. Seguendo le linee guida della direttiva BRRD, però, è possibile accorgersi che l’attivazione della Risoluzione è sostanzialmente subordinata al superamento di tre diversi presupposti81 . In primo luogo, è il monitoraggio dell’attività bancaria da parte della BCE a fornire informazioni e segnalazioni riguardo la presenza nel sistema di organizzazioni bancarie che necessitano di interventi. Tali enti possono usufruire degli strumenti di Risoluzione pianificati dalle Autorità solo al verificarsi di eventi specifici, e a volte persino l’adozione degli interventi precoci potrebbe non essere sufficiente a soddisfare questo primo presupposto82 . Infatti, la direttiva BRRD parla di enti «in dissesto o a rischio di dissesto»83 (cd. failing or likely to fail), andando a riferirsi solo a particolari condizioni di crisi in cui può andarsi a trovare una banca. Non tutti gli enti in difficoltà, dunque, possono essere considerati “in dissesto”, ma solo quelli in una «situazione di difficoltà avanzata, necessaria per giustificare l’utilizzo di strumenti che interferiscono con i diritti degli azionisti e dei creditori»84 . In ogni caso è compito del board, o in alternativa dell’Autorità di Risoluzione, quello di valutare se l’ente colpito da crisi versa in questa particolare condizione85 . Se successivamente, l’ente viene reputato come effettivamente in dissesto o a rischio di prossimo dissesto, allora è chiaro che esso dovrà subire una qualche ristrutturazione interna (cd. gone concern), ma che possa in qualche modo permettere l’adozione di mezzi alternativi e meno invasivi dell’ordinaria procedura di liquidazione. Tuttavia, la Risoluzione (come procedura alternativa) comporta l’utilizzo delle risorse proprie di azionisti e creditori, eventualità che, per quanto possibile, si vuol cercare di minimizzare. Pertanto, l’Autorità di Risoluzione è incaricata di attestare, in secondo luogo, l’impossibilità al ricorso di misura alternative alla Risoluzione in tempi ragionevoli86 , in quanto «alternative più vantaggiose per i creditori non siano percorribili»87 . Dando soddisfazione anche questa seconda condizione, in ultima analisi, deve essere valutata anche la portata dell’ente bancario a livello sistemico, e le possibili ricadute che si possono generare nell’intero sistema a seguito di una sua liquidazione. Si parla quindi della valutazione dell’interesse pubblico alla Risoluzione dello specifico intermediario88 . È questa la situazione in cui una crisi irreversibile ha colpito, in qualche modo, un ente particolarmente significativo per il sistema, e la sua liquidazione avviata nella stessa maniera di una normale società potrebbe minare alla continuità delle sue funzioni essenziali, con inevitabili ripercussioni sui soggetti che hanno interessi nell’istituto in questione. Seguendo, dunque, il testo della direttiva risulta chiaro che la Risoluzione di un ente rientra nei casi a favore dell’interesse pubblico se «è necessaria al conseguimento di uno o più obiettivi della risoluzione», quali appunto preservare la stabilità finanziaria del sistema, garantire la continuità delle funzioni essenziali, salvaguardare i fondi pubblici 81 Condizioni contenute nell’Art. 32 BRRD: Condizioni per la Risoluzione. 82 Art. 32, par. 3 BRRD. 83 Art. 32, par. 1, lett. a BRRD. 84 De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione bancaria, in Banca, Impresa Società (Fascicolo 3, dicembre 2015), p. 404 e seg. 85 «Nell’accertare se un ente sia in dissesto o a rischio di dissesto, l’autorità competente o l’autorità di risoluzione dovrebbe basarsi sulla valutazione degli elementi oggettivi […] e tener conto dei seguenti elementi, se del caso: a. il fatto che un ente abbia attivato il proprio piano di risanamento e che l’attuazione delle opzioni di risanamento scelte a partire dal suo piano di risanamento non abbia sortito effetti positivi, in particolare quando l’autorità competente ha imposto all’ente l’attivazione del piano di risanamento a titolo di misura di intervento precoce; b. una notifica pervenuta all’autorità competente […] da parte dell’organo di amministrazione di un ente, il quale reputa che l’ente sia in dissesto o a rischio di dissesto.» Da Orientamenti sull’interpretazione delle diverse situazioni nelle quali un ente è considerato in dissesto o a rischio di dissesto, European Banking Authority (06/08/2015). 86 Art. 32, par. 1, lett. b BRRD. 87 De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione bancaria, in Banca, Impresa Società (Fascicolo 3, dicembre 2015), p. 405. 88 Art. 32, par. 1, lett. c BRRD.
  • 19. 17 e, infine, dare tutela ai depositanti89 . «Ad ogni modo, questi obiettivi presi insieme ed opportunamente ponderati gli uni rispetto agli altri, a seconda della natura e delle circostanze, definiscono l’interesse pubblico in gioco»90 . Pertanto, provvedimenti alternativi alla Risoluzione non potrebbero far raggiungere tali obiettivi nella stessa misura. Dando soddisfazione a tutte e tre queste condizioni preliminari, quindi, l’autorità preposta può fare ricorso agli strumenti della Risoluzione, così come era stato preventivato in sede della redazione del Piano. 2.1.2 Avvio della procedura di Risoluzione La procedura risolutiva della crisi di un intermediario bancario passa, quindi, dall’assorbimento prioritario da parte dei creditori e degli azionisti delle perdite dell’ente sottoposto a Risoluzione, nonché di una parte dei correntisti che superano specifici requisiti91 . Vista in maniera sintetica, la Risoluzione può essere vista come «l’insieme degli strumenti e delle procedure volte alla riorganizzazione e ristrutturazione delle funzioni critiche e/o economicamente ancora sostenibili della banca (con dismissione delle altre)»92 . Tuttavia, con la nuova disciplina non si vuole cercare di penalizzare eccessivamente azionisti e creditori, ma l’obiettivo finale è quello di evitare che la finanza pubblica debba farsi carico dei costi delle crisi. Pertanto, a garanzia dei diritti degli azionisti e creditori, la direttiva BRRD assicura che il trattamento rivolto a questi soggetti non possa mai essere peggiore di quello che avrebbero ricevuto in caso di adozione della procedura ordinaria di insolvenza93 . Essi devono «assorbire le perdite in coerenza con la gerarchia dei crediti prevista dalla legge fallimentare»94 , dato che, in un certo senso il procedimento risolutivo rispecchia le caratteristiche di tale disciplina. Le garanzie per creditori ed azionisti secondo questa procedura, tuttavia, vanno ancora oltre, in quanto è previsto dalla disciplina comunitaria anche una protezione aggiuntiva nel caso in cui il procedimento risolutivo dovesse essere eccessivamente oneroso per questi soggetti. Si parla del diritto ad incassare la somma eccedente alla quota massima imputabile ad ogni azionista o creditore, nel caso essi abbiano dovuto sopportare un importo superiore a quell’ammontare; somma da imporre a carico del Fondo di Risoluzione Unico95 . Il trattamento rivolto al management dell’ente, invece, rispecchia una diversa natura, in quanto «l’organo di amministrazione e di alta dirigenza dell’ente soggetto a Risoluzione dovrà essere sostituito (facendo salve talune eccezioni)»96 . In linea con gli ampi poteri attribuiti alle Autorità di Risoluzione, quindi, è loro compito quello di porre in essere gli atti di sostituzione dell’alta dirigenza97 , al posto della quale, l’ente sottoposto a Risoluzione viene gestito temporaneamente da una amministrazione speciale. Tale organo deve opportunamente portare avanti la procedura risolutiva, ossia «adottare tutte le misure necessarie a promuovere gli obiettivi di risoluzione»98 , per poi essere rimossa dalla stessa Autorità di Risoluzione che l’ha nominata. Quest’ultima detiene, 89 Art. 32, par. 5 BRRD. 90 Bikoula I. – Spina E., Dal bail out al bail in, (Roma 2015), p. 72-73. 91 Rimangono in ogni caso esclusi i depositi protetti e quelli di entità inferiore a 100.000€. 92 Bikoula I. – Spina E., Dal bail out al bail in, (Roma 2015), p.81. 93 Principio cardine di questo concetto è il già citato no creditor worse off. 94 De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione bancaria, in Banca, Impresa Società (Fascicolo 3, dicembre 2015), p. 407. 95 Dall’Art. 75 BRRD: Salvaguardie per azionisti e creditori. 96 Rossano D., Nuove strategie per la gestione delle crisi bancarie: il bail in e la sua concreta applicazione, nella Rivista di diritto pubblico italiano, comparato, europeo (13 gennaio 2016), p.3. 97 Dall’Art.34, par.1, lett. c BRRD: Principi generali che disciplinano la Risoluzione: «l’organo di amministrazione e l’alta dirigenza dell’ente soggetto a risoluzione sono sostituiti, salvo i casi in cui il mantenimento della totalità o di parte dell’organo di amministrazione e dell’alta dirigenza, a seconda delle circostanze, sia considerato necessario per conseguire gli obiettivi di risoluzione». 98 Dall’Art. 35, par. 3 BRRD: Amministrazione speciale.
  • 20. 18 oltretutto, anche la facoltà di limitare i poteri, la durata, e le azioni della stessa amministrazione speciale, oltre che nominarla e revocarla99 . Per quanto riguarda la fase operativa del procedimento risolutivo, infine, è opportuno specificare che la procedura viene attuata direttamente dal board solo nell’eventualità in cui si debba fare anche ricorso alle risorse del Fondo di Risoluzione Unico, mentre negli altri casi, o comunque nei casi che riguardano le banche “meno significative”, il board deve occuparsi unicamente di accertare l’esistenza delle condizioni necessarie per dare avvio alla procedura, in modo da concedere successivamente i pieni poteri operativi alle Autorità di Risoluzione Nazionali. In sede di attuazione del Piani, inoltre, è riscontrabile un processo di stretta collaborazione di molteplici autorità: dal single resolution board fino all’EBA e la BCE100 . Tale collaborazione è evidente da una chiara divisione dei compiti sia in sede di monitoraggio che in fase di attuazione della Risoluzione, fino alla collaborazione ulteriore con gli stessi Stati membri nei quali risiedono gli enti creditizi, i quali provvedono affinché non vi siano degli ostacoli di qualsiasi natura all’attuazione della procedura101 . In ogni caso, però, l’attuazione delle misure risolutive deve prevedere l’adozione di almeno102 quattro degli strumenti istituiti con la direttiva BRRD, ovvero la bridge bank, la bad bank, il sale of business e il bail in. Sull’utilizzo e le particolarità di questi strumenti di cui ci si concentrerà di seguito. 2.2 Gli strumenti della Risoluzione Le modalità con cui le Autorità di Risoluzione possono eseguire le procedure di risolutive devono, quindi, prevedere l’utilizzo dei nuovi strumenti introdotti dalla direttiva BRRD, da impiegare, eventualmente o obbligatoriamente, in combinazione tra loro. Si parla di procedimenti che possono prevedere l’impiego di enti esterni, parlando di bridge bank e bad bank, di vendita dell’attività d’impresa (sale of business), o infine del mantenimento dell’assetto societario riducendo o svalutando il valore delle azioni e/o dei crediti (bail in). Sono strumenti che, quindi, hanno come particolarità quella di mantenere in attività l’ente, sottoponendolo a un processo di ristrutturazione interna (cd. gone concern), attraverso l’utilizzo in primo luogo delle risorse o dei diritti degli azionisti dell’istituto insolvente. Tuttavia, prima di stabilire quali strumenti sia più opportuno utilizzare, è necessario “valutare” l’effettivo valore delle risorse contenute nella banca, in modo da capire quale potrebbe essere la soluzione più efficacie. A questo proposito la direttiva BRRD assegna questo compito a un organo completamente indipendente, sia dall’Autorità di Risoluzione e sia dall’ente stesso, in modo da avere una valutazione del tutto imparziale delle attività103 ; salvo assegnare questo compito all’Autorità di Risoluzione Nazionale, nel caso in cui non sia possibile una valutazione indipendente a causa di una estrema urgenza o altri impedimenti104 . La valutazione delle risorse, tuttavia, può rispecchiare due diversi profili: uno ex ante e uno ex post. Il primo è finalizzato a quantificare l’entità delle risorse che dovranno in futuro essere svalutate, cedute o ridotte; mentre il secondo fornisce dei dati utili a verificare l’effettiva osservanza del principio no creditor worse off, riuscendo a capire, quindi, se le risorse a cui si è fatto ricorso possano essere state eccessive, e in caso positivo rimborsare i soggetti 99 Come specificato dai restanti paragrafi dell’Art. 35 BRRD. 100 Barbagallo C., L’Unione Bancaria Europea, Intervento del Capo del Dipartimento di Vigilanza Bancaria e Finanziaria, Banca d’Italia, (6 maggio 2014), p.12: «il Regolamento SRM prevede specifici meccanismi di cooperazione tra il Resolution Board e le autorità di risoluzione nazionali, che dovranno favorire un intenso scambio di informazioni sulle condizioni delle banche […] il Regolamento prevede che il Resolution Board cooperi strettamente anche con l’EBA e con la BCE, oltre che con le altre autorità abilitate ad esercitare la vigilanza sulle banche nell'ambito dell'SSM.» 101 «Gli Stati membri provvedono a che le autorità di risoluzione abbiano il potere di imporre all’ente: di assicurare la necessaria cooperazione ai fini della preparazione dei piani di risoluzione; di fornir loro […] tutte le informazioni necessarie per la preparazione e l’attuazione dei piani di risoluzione.» Così recita l’Art. 11 BRRD. 102 Gli stati membri possono disporre affinché vengano utilizzati anche altri tipi di strumenti, che consentano comunque di raggiungere gli obiettivi della Risoluzione. 103 Art. 36 BRRD: Valutazione ai fini della Risoluzione. 104 Art. 36, par. 1 BRRD.
  • 21. 19 coinvolti. L’attività di valutazione delle risorse è molto importante, infatti «il suo obiettivo è duplice: da un lato, essa è diretta a riconoscere tutte le perdite al momento dell’avvio della risoluzione, per evitare una sottostima che costringa a interventi successivi delle autorità […]. Dall’altro, una valutazione indipendente è necessaria a difesa dei diritti degli azionisti e dei creditori per evitare che ad essi sia imposto un sacrificio sproporzionato»105 . A seguito, quindi, della valutazione indipendente delle risorse dell’ente in Risoluzione, l’autorità preposta è in grado di capire quali strumenti possono essere quelli più idonei a riuscire a risolvere la crisi, andando eventualmente anche a combinarli se necessario. Nei paragrafi successivi verrà analizzato, dunque, ognuno degli strumenti utili al procedimento risolutivo. 2.2.1 Il bail in L’introduzione del Meccanismo di Risoluzione Unico ha dato prova di essere una procedura innovativa da molti punti di vista, ma si è parlato di questo nuovo sistema soprattutto a causa dell’inserimento di uno strumento mai utilizzato nel nostro sistema, il quale ha già dato voce a parecchi pareri contrastanti106 , denominato bail in107 (letteralmente “salvataggio interno”). Attraverso questo nuovo mezzo, viene messo chiaramente in primo piano l’utilizzo delle risorse dei creditori ed azionisti, così come per gli altri strumenti di Risoluzione, ma non è prevista la loro cessione. Attraverso l’adozione del bail in, le risorse dei creditori, azionisti ed eventualmente anche dei correntisti, sono sottoposte a riduzione, svalutazione o conversione, in modo tale da ripristinare la sostenibilità finanziaria dell’ente posto a Risoluzione e mantenere attive le sue funzioni essenziali. Si tratta, quindi, di una condizione che non prevede la profonda ristrutturazione dell’ente, ma, per la maggior parte dei casi, solo una riorganizzazione e revisione delle sue componenti di bilancio108 . Sotto questo punto di vista, quindi, può essere classificato come una misura di tipo going concern, in quanto, tale procedimento è utile a restaurare dal punto di vista finanziario l’entità bancaria posta in Risoluzione, per permetterle di continuare la propria attività in uno scenario di lungo periodo. L’utilizzo di questo mezzo, tuttavia, è riscontrabile in due ambiti diversi: può essere applicato nella misura in cui la procedura risolutiva abbia come obiettivo quello di ricapitalizzare l’ente, e mantenere in questo modo la fiducia del mercato verso di esso; o, in alternativa, il suo utilizzo potrebbe essere strumentale all’attivazione degli altri strumenti della Risoluzione, (come la bad bank o la bridge bank), svalutando in questo caso crediti e/o azioni cedute ad enti esterni109 . Pertanto, a seconda dell’entità della crisi in cui versa uno specifico ente, o comunque in base alla discrezione dell’Autorità di Risoluzione, lo strumento del bail in può essere impiegato per dare vita a diverse soluzioni di carattere più o meno marcato, che possono apportare all’ente un diverso grado di ristrutturazione. Sono circolate molte voci relative a questo nuovo strumento dal momento in cui esso è entrato in vigore; nonostante fosse già noto da tempo che il bail in sarebbe diventato operativo a partire dal 2016, le preoccupazioni maggiori sono uscite fuori appena prima della sua entrata in vigore. La sua introduzione ha fatto muovere parecchie critiche, fatto oscillare i mercati e modificare le discipline del sistema bancario degli Stati membri dell’Unione Europea. Ciò ha destato l’inquietudine soprattutto dei risparmiatori privati, i quali si sono sentiti ansiosi per l’incolumità dei propri risparmi. Spesso «l’interesse si è tradotto in disinformazione, con l’effetto, non sempre preterintenzionale, di 105 De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione bancaria, in Banca, Impresa Società (Fascicolo 3, dicembre 2015), p. 408. 106 Presti G., Il bail in, da Banca, Impresa Società (Fascicolo 3, dicembre 2015), p.339: «Poche volte la stampa e la propaganda politica hanno dedicato tanta attenzione a un nuovo istituto giuridico come è avvenuto ultimamente per il bail-in». 107 Disciplinato dall’Art. 43 BRRD: Strumento del bail in. 108 Bikoula I. - Spina E., Dal bail out al bail in, (Roma, 2015), p.97: «il bail in prevede la possibilità di ridurre il valore delle passività, cioè l’applicazione di un haircut sul debito – allo scopo di ricostituire un livello di capitale adeguato alla continuazione dell’operatività bancaria.» 109 I fini per cui viene utilizzato lo strumento del bail in sono disciplinati nell’Art. 43, par.2 BRRD.
  • 22. 20 allarmare oltre il dovuto i clienti delle banche»110 , pertanto sarebbe interessante andare a capire qual è la vera natura del bail in: come e quando viene adottato, i soggetti che possono essere colpiti da questa procedura e quelli che invece ne sono esclusi, le conseguenze e i nuovi scenari che l’introduzione di questo strumento ha portato all’interno dell’Europa. Di seguito, tuttavia, ci si concentrerà ancora sui restanti strumenti della Risoluzione, mentre l’analisi più accurata sullo strumento del bail in e degli effetti che esso ha portato saranno trattati nel terzo capitolo di questo lavoro. 2.2.2 La bridge bank e la bad bank Se il bail in può essere inteso come una misura che modifica solo superficialmente l’entità bancaria, andando a incidere unicamente sulla quantità del patrimonio aziendale, lo stesso non si può dire dei restanti mezzi della Risoluzione. Nelle misure imposte dalla direttiva BRRD, sono previste delle componenti che vanno a modificare non solo la quantità delle voci di bilancio, ma ne alterano profondamente la struttura. Questi nuovi mezzi, possono portare ad eliminare completamente alcune voci dai bilanci111 , in quanto la loro eliminazione potrebbe essere strumentale al mantenimento della stabilità del sistema. Siccome uno degli obiettivi della Risoluzione è, appunto, la conservazione dell’equilibrio finanziario, proprio per questo motivo si vuole evitare che eventuali attività, passività o altro tipo di risorse in rapido deterioramento possano in qualche modo destabilizzare l’intero sistema. Queste operazioni avvengono attraverso l’ausilio di organizzazioni esterne all’ente in Risoluzione, che fungono da intermediari o anche da “veicoli”, grazie ovviamente all’attività di coordinamento dell’Autorità di Risoluzione. Gli enti esterni destinati a fare da “tramite” sono organizzazioni di natura pubblica già esistenti o di nuova costituzione, i quali hanno come obiettivo quello di «preservare e ricollocare sul mercato le funzioni essenziali della banca (il cosiddetto ente ponte o bridge bank) o di realizzare il valore di lungo termine delle attività deteriorate (la cosiddetta bad bank)»112 . Attraverso lo strumento della bad bank, talvolta chiamato anche “strumento per la separazione delle attività”113 , l’obiettivo è quello di servirsi di una società esterna, che possa ricevere le attività deteriorate (o di difficile valutazione) dell’ente in Risoluzione, in modo che questo possa continuare senza interruzioni le proprie funzioni essenziali, liberandosi di fatto delle componenti di intralcio. In altre parole, una bad bank (letteralmente la “banca cattiva”) «è, diciamo, un veicolo societario al quale la “banca buona” […] trasferisce i suoi crediti, incagliati o “sofferti” che siano. Così la “banca madre”, alleggerita da quelle tossine che avvelenavano i suoi bilanci, può nuovamente fare il suo mestiere, tornare a prestar soldi e raccogliere capitali, da depositanti o da sottoscrittori di obbligazioni che non siano più preoccupati per la sorte della banca»114 . Le attività, le passività o i diritti ceduti all’ente veicolo devono, però, essere successivamente vendute e liquidate, facendo in modo di massimizzare il loro valore e poterne ricavare la massima somma possibile115 . Lo scopo dello strumento è, quindi, quello di «riuscire a liquidare le attività ad un prezzo migliore rispetto a quanto avverrebbe nel caso di promozione di una procedura ordinaria di insolvenza»116 . Questo tipo di strumento, tuttavia, ha la particolarità di non poter essere utilizzato da solo, ma la direttiva BRRD ha imposto che ci possa servire di questo mezzo solo se il procedimento di Risoluzione preveda la 110 Presti G., Il bail in, da Banca, Impresa Società (Fascicolo 3, dicembre 2015), p.339. 111 Quindi non solo parzialmente come nel caso del bail in, ma totalmente. 112 Panetta F., Indagine conoscitiva degli atti di Governo 208 e 209 relativi al risanamento e alla risoluzione degli enti creditizi e imprese di investimento, (Roma, 29 ottobre 2015), p.6. 113 Art. 42 BRRD: Strumento della separazione delle attività. 114 Galimberti F., Banche e “crediti cattivi”: la bad bank spiegata ai non addetti ai lavori, da IlSole24Ore.it del 01 febbraio 2016. 115 Art. 42, par. 3 BRRD: «Il veicolo di gestione delle attività gestisce le attività ad esso cedute al fine di massimizzare il valore delle attività attraverso la vendita finale ovvero la liquidazione ordinata.» 116 Bikoula I. – Spina E., Dal bail out al bail in, (Roma – 2015), p. 96.
  • 23. 21 combinazione della bad bank con altri strumenti risolutivi, quali la bridge bank o il bail in117, dato che in caso contrario non sarebbero garantiti completamente gli obiettivi della procedura118 . Parlando, invece, della bridge bank (cd. ente ponte), si intende una organizzazione di proprietà parzialmente o totalmente pubblica, che può consistere anche nella stessa Autorità di Risoluzione, nella quale destinare per un periodo di tempo limitato le attività, passività, diritti o anche titoli di proprietà di un ente posto a Risoluzione119 . La cessione di tali attività non è subordinata al consenso degli azionisti, ma segue esclusivamente la discrezionalità dell’Autorità di Risoluzione, la quale si impegna a cedere le attività all’ente-ponte nel minor tempo e costo possibile. Una volta che le attività non in deterioramento della banca posta in Risoluzione risultano trasferite nella nuova bridge bank, essa è incaricata di detenere queste risorse nei propri bilanci a titolo temporaneo e mantenere attive le funzioni essenziali dell’ente, fino a quando non vengono raggiunti gli obiettivi della procedura120 . Di conseguenza, l’ente-ponte viene «fornito dell’autorizzazione a esercitare attività bancaria ed è tenuto, come qualsiasi altro intermediario operante nel mercato, al rispetto delle norme regolanti il settore»121 . Tuttavia, il periodo in cui l’ente-ponte può detenere queste attività è circoscritto in un arco temporale ridotto (al massimo due anni), nel quale l’obiettivo è quello di cercare un acquirente privato per le attività trasferite122 . Pertanto, sono poste a trasferimento dall’ente in Risoluzione all’ente-ponte, solo quelle attività strettamente relative al funzionamento delle operazioni essenziali per la stabilità sistemica, mentre le rimanenti attività devono essere prontamente liquidate, facendo eventualmente ricorso anche allo strumento del bail in. Per queste ultime, vale il discorso relativo alla bad bank, ovvero cercare di vendere le attività deteriorate in un lasso di tempo relativamente basso, provando a massimizzarne il valore; anche se è chiaro che non è possibile assicurarne la piena esigibilità123 . Infine, è ovvio che la continuazione delle attività bancaria dell’ente-ponte deve proseguire, almeno fino a quando tutte le funzioni essenziali dell’ente posto a Risoluzione, che risiedono nell’ente ponte, non sono state vendute a società esterne; o comunque fino a quando non si verificano le condizioni utili alla sua estinzione in qualità di ente-ponte124 . 2.2.3 La vendita dell’attività d’impresa La procedura di Risoluzione può, in alternativa, manifestarsi attraverso il comune mezzo della vendita dell’attività di impresa (sale of business)125 . Quest’ultimo strumento viene impiegato nella misura in cui si vuole fare ricorso ad un «trasferimento forzoso di beni e rapporti giuridici dall’intermediario in crisi ad acquirenti privati»126 , che per qualsiasi motivo possono essere rischiosi per la stabilità sistemica. Essendo parte della procedura di Risoluzione, non necessita del consenso degli azionisti, ma dipende esclusivamente dalla discrezione dell’Autorità di Risoluzione, la quale in ogni caso 117 De Aldisio A., La gestione delle crisi nell’Unione bancaria, in Banca, Impresa Società (Fascicolo 3, dicembre 2015), p. 412: «Resta l’obbligo previsto nella proposta iniziale della Commissione, di utilizzare lo strumento solo in combinazione con altri strumenti di risoluzione (bail-in, bridge bank).» 118 Bikoula I. – Spina E., Dal bail out al bail in, (Roma – 2015), p.97: «Se non si utilizzasse altro strumento in combinazione con quello della separazione, la totalità dell’intermediario verrebbe sottoposta a procedura di liquidazione, una parte immediatamente dopo l’applicazione del regime di risoluzione e una parte (quella ceduta alla bad bank) nel lungo periodo. L’utilizzo combinato di bad bank più un altro tra gli strumenti previsti, invece, permette di salvare le parti “sane”». 119 Art. 40 BRRD: Strumento dell’ente-ponte. 120 Art. 41 BRRD: Funzionamento dell’ente-ponte. 121 Bikoula I – Spina E., Dal bail out al bail in, (Roma – 2015), p.94. 122 Il funzionamento dell’ente-ponte può anche essere prorogato per un periodo maggiore se questo rispetta i requisiti imposti dall’Art.41 BRRD. 123 Anche in questo caso l’adozione dello strumento deve rispettare il no creditor worse off. 124 Le condizioni che pongono fine all’attività bancaria dell’ente-ponte sono elencate nell’Art. 41, par. 3 BRRD. 125 Art. 38 BRRD: Strumento per la vendita dell’attività d’impresa. 126 Panetta F., Indagine conoscitiva degli atti di Governo 208 e 209 relativi al risanamento e alla risoluzione degli enti creditizi e imprese di investimento, (Roma, 29 ottobre 2015), p.6.