La conduzione del nervo surale dorsale in pazienti con carenza di vitamina B1...
L'Emofilia Acquisita: scheda informativa
1. SCHEDA INFORMATIVA SULLA EMOFILIA ACQUSITA
Definizione
L’emofilia acquisita (EA) è una sindrome, caratterizzata da emorragie, spontanee o associate a traumi o procedure
chirurgiche, in pazienti con anamnesi personale e famigliare negativa per diatesi emorragica. E’ mediata da
autoanticorpi diretti contro i fattori della coagulazione, il FVIII nella maggior parte dei casi.
Epidemiologia
La EA ha una incidenza di 1-4 casi per milione/anno, anche se i dati disponibili sono probabilmente sottostimati perché
molti casi non sono diagnosticati o non vengono riportati. E’ egualmente distribuita tra i due sessi con età mediana
alla diagnosi variabile tra i 65 e 78 anni ma tipicamente ha un comportamento bimodale, con un picco minore nelle
donne tra 20 e 40 anni, correlato ai casi associati alla gravidanza. Può essere associata a condizioni cliniche come
malattie autoimmuni (artrite reumatoide, Lupus eritematoso, polimialgia reumatica), infettive, tumori solidi, malattie
linfoproliferative e gravidanza ma in circa il 50% dei casi una causa non è identificata.
Manifestazioni cliniche
Le emorragie possono essere spontanee ma frequentemente sono correlate a traumi, anche lievi, o interventi (nel
25% dei casi). Occasionalmente i pazienti sono inviati a centri specializzati a causa di emorragie perioperatorie e con
un aPTT allungato, rilevato nello screening preoperatorio ed ignorato. All’esordio le emorragie possono essere lievi e
non richiedono trattamento ma, nella maggior parte dei casi (oltre il 67%) sono maggiori con necessità di un
trattamento impegnativo a causa della gravità e la presenza di co-morbidità. Il quadro clinico non è in genere correlato
al livello del fattore carente ed al titolo dell’inibitore. La presenza di co-morbidità possono influenzare il quadro
clinico. La manifestazioni emorragiche sono abbastanza differenti da quelle dell’emofilia congenita. In più dell’80% dei
pazienti le emorragie sono cutanee, mucose, muscolari, dei tessuti molli mentre gli emartri sono rari. Particolarmente
gravi sono gli ematomi retro peritoneali o i vasti ematomi muscolari con sindrome compartimentale e compressione di
vasi e nervi; rare le emorragie cerebrali. La mortalità secondaria ad emorragie è elevata, variabile tra l’8 e il 20%, in
genere entro la prima settimana dall’esordio, correlata alle procedure invasive eseguite per controllare le emorragie,
ritardo nella diagnosi, non corretta terapia sostitutiva e complicanze correlate al trattamento (in particolare infezioni e
sepsi in corso di terapia immunosoppressiva). Perciò una diagnosi precoce e un trattamento corretto, gestito in
collaborazione con centri specialistici, sono essenziali sin dalle prima fasi della malattia. Una remissione spontanea è
riportata in circa il 20% dei casi, in particolare nelle forme associate alla gravidanza o a farmaci.
Diagnosi
La diagnosi è suggerita dal quadro clinico e confermata dagli esami di laboratorio. La comparsa improvvisa di
emorragie clinicamente significative in pazienti con anamnesi personale e famigliare negativa per diatesi emorragica e
con un aPTT allungato, non corretto dall’incubazione a 37°C per 2 ore con plasma normale, e con un tempo di
protrombina normale sono i cardini diagnostici. La diagnosi è poi confermata dal dosaggio specifico del fattore VIII e
dalle determinazione del titolo dell’inibitore (metodo Bethesda modificato) (esami di secondo livello). E’ importante
sottolineare che il test di miscela è facilmente eseguibile presso qualsiasi laboratorio. I test di secondo livello sono in
genere eseguiti presso laboratori più attrezzati o di centri specialistici.
Trattamento
Due sono gli obbiettivi del trattamento, il controllo delle emorragie e la eradicazione dell’inibitore. Non vi sono
raccomandazioni di elevata evidenza per il trattamento dei pazienti con EA. I dati sono derivati da studi osservazionali
e retrospettivi, che includono un numero limitato di pazienti e con differenti condizioni cliniche associate. I risultati dei
trattamenti osservati nei pazienti con emofilia congenita possono essere usati nelle decisioni terapeutiche. Molte
raccomandazioni si basano sull’esperienza clinica di medici che hanno trattato questi pazienti.
2. Il controllo dell’emorragia acuta è prioritario. Criteri di scelta del trattamento emostatico sono le sedi e l’entità delle
emorragie, i potenziali effetti collaterali degli agenti emostatici, i benefici attesi ed il costo del trattamento. Gli agenti
by-passanti sono raccomandati come terapia di prima linea. Sia il fattore VII attivato ricombinante (Novo Seven) che il
concentrato by-passante l’inibitore del FVIII (FEIBA) si sono dimostrati efficaci; nessuno di questi agenti è efficacie in
tutti i pazienti e non esiste evidenza per utilizzare un prodotto rispetto all’altro. I dosaggi sono in genere basati
sull’esperienza acquisita nell’emofilia congenita; non sono disponibili indicazioni sulla durata del trattamento che è
basato sulla valutazione clinica non essendo disponibili esami di laboratorio per la determinazione del livello
terapeutico. Complicanze tromboemboliche sono rare e la loro correlazione al trattamento emostatico è controversia
per la concomitante presenza di fattori di rischio (neoplasie, chirurgia, vascolopatia, gravidanza, malattie
cardiovascolari, età elevata). Nella scelta degli agenti by-passanti bisogna tenere presente il rischio cardiovascolare
per l’età, le co-morbidità e l’associazione di altri farmaci. Particolare cautela deve essere usata in pazienti con
espressione del fattore tessutale come ad esempio malattia arteriosclerotica avanzata, sindrome da schiacciamento,
setticemia e CID. Rischi, benefici e costi del trattamento devono essere accuratamente valutati su base individuale.
I concentrati del fattore VIII o la desmopressina (DDAVP) possono essere impiegati solo in caso di emorragie minori,
con titolo di inibitore basso e se gli agenti by passanti non sono disponibili. Tuttavia la risposta a questi agenti è
variabile e non prevedibile. La plasmaferesi e l’immunoadsorbimento, associati a FVIII e farmaci immunosoppressivi,
si sono dimostrati efficaci anche se possibili solo in centri specialistici.
La strategia terapeutica ottimale per eradicare l’inibitore non è ancora definita. I regimi terapeutici
immunosoppressivi più frequentemente usati hanno incluso i corticosteroidi da soli o in combinazione con la
ciclofosfamide. La risposte favorevoli riportate in letteratura sono variabili: corticosterodi 42-70%, corticosteroidi +
ciclofosfamide 50-84%. Questi risultati sono stati confermati in uno studio recente: terapia combinata 77%,
corticosterodi da soli 58%. Le recidive sono state più frequenti dopo trattamento iniziale con corticosteroidi da soli e
una remissione completa continua dopo terapia di prima linea è stata maggiore con corticosteroidi + farmaci
citotossici rispetto ai corticosteroidi da soli (67 vs 48%).
Recentemente sono stati riportati in letteratura risultati promettenti nell’eradicazione dell’inibitore con il Rituximab
alle dosi abitualmente impiegate nella terapia del linfoma non Hodgkin, con remissione nel 79% dei casi senza effetti
collaterali. Attualmente però questo farmaco è raccomandato come terapia di seconda linea in caso di insuccesso o
controindicazione alla ciclofosfamide e/o i corticosteroidi.
L’immunoglobuline ad alte dosi non sono raccomandate come terapia di prima scelta anche se risultati soddisfacenti
sono stati riportati in associazione con altre terapie eradicanti.
La maggior parte dei casi di EA sono osservati in reparti di medicina generale con emorragie gravi. In presenza di
emorragia non spiegabile e spesso grave associata ad un aPTT allungato è importante richiedere il parere di specialisti
in campo emostatico. A causa della rarità della sindrome, la complessità del trattamento e il potenziale rischio di
morte correlato alla gravità delle emorragie, questi pazienti dovrebbero essere trattati nei centri specializzati nella
cura dell’emofilia o sotto la loro supervisione.
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