La necessità di fare un grosso cambiamentoHoro Capital
Il 5 marzo 2013 il Dow Jones Industrial Average ha stabilito un nuovo massimo storico, superando il precedente massimo pari a 14,165.50 che era stato raggiunto nell'ottobre del 2007. Solo il mercato azionario non sembra prendere atto che il mondo si trova oggi in una situazione ben diversa rispetto a 5 anni e mezzo fa. Molti investitori parlano di un mercato ribassista, ma intanto percorrono la strada rialzista. Questa apparente contraddizione è funzione della convinzione diffusa che la politica della banca centrale sia questa proveniente da Tokyo, Francoforte, Londra o Washington fornisce un efficace copertura alla volatilità consentendo così agli investitori di ignorare i problemi economici e finanziari sottostanti, che continuano intanto a cuocere a fuoco lento.
In principio, la manovra e' sufficiente per ottenere pareggio di bilancio, ma ha 3 punti di debolezza: consiste principalmente di aumenti di tasse, che fanno male alla crescita; per la maggior parte, queste tasse colpiscono le famiglie a reddito medio-basso; e buona parte della manovra non e' ancora stata definita nei dettagli e la fragile maggioranza di Governo non garantisce che questa verra' definita. L'intervento manca quindi di credibilita’.
Il mostro di Fi-Renzi.
Prima della chiusura feriale, avevamo lasciato questo Blog con il post dall’emblematico titolo “Matteo il cantastorie”. Oggi, al rientro, ritroviamo le solite renzianate nell’intervista pubblicata ieri da “Il Sole 24 Ore”.
Come si fa a confrontare la crisi finanziaria di un paese con quella di un altro? Il Fondo Monetario Internazionale ha cercato di fare proprio questo, scatenando di conseguenza un dibattito piuttosto acceso negli ambienti economici. E mentre oggi vedremo le loro analisi, il punto chiave è che i modelli economici utilizzati per guidare la politica monetaria e fiscale non stanno funzionando come succedeva invece in passato.
art.18/legge 330 come benefit? è possibile a livello individuale negoziare deroghe se si cambia lavoro e se si ha un profilo professionale elevato; 7,6 mln su 22,2 mln sono i tutelati dall'art 18; quanto costa la decontribuzione per i prossimi 3 anni? quali sono le stime ministeriali sul numero di contratti a tutele crescenti dal 2015-al 2018? leggi ......
La necessità di fare un grosso cambiamentoHoro Capital
Il 5 marzo 2013 il Dow Jones Industrial Average ha stabilito un nuovo massimo storico, superando il precedente massimo pari a 14,165.50 che era stato raggiunto nell'ottobre del 2007. Solo il mercato azionario non sembra prendere atto che il mondo si trova oggi in una situazione ben diversa rispetto a 5 anni e mezzo fa. Molti investitori parlano di un mercato ribassista, ma intanto percorrono la strada rialzista. Questa apparente contraddizione è funzione della convinzione diffusa che la politica della banca centrale sia questa proveniente da Tokyo, Francoforte, Londra o Washington fornisce un efficace copertura alla volatilità consentendo così agli investitori di ignorare i problemi economici e finanziari sottostanti, che continuano intanto a cuocere a fuoco lento.
In principio, la manovra e' sufficiente per ottenere pareggio di bilancio, ma ha 3 punti di debolezza: consiste principalmente di aumenti di tasse, che fanno male alla crescita; per la maggior parte, queste tasse colpiscono le famiglie a reddito medio-basso; e buona parte della manovra non e' ancora stata definita nei dettagli e la fragile maggioranza di Governo non garantisce che questa verra' definita. L'intervento manca quindi di credibilita’.
Il mostro di Fi-Renzi.
Prima della chiusura feriale, avevamo lasciato questo Blog con il post dall’emblematico titolo “Matteo il cantastorie”. Oggi, al rientro, ritroviamo le solite renzianate nell’intervista pubblicata ieri da “Il Sole 24 Ore”.
Come si fa a confrontare la crisi finanziaria di un paese con quella di un altro? Il Fondo Monetario Internazionale ha cercato di fare proprio questo, scatenando di conseguenza un dibattito piuttosto acceso negli ambienti economici. E mentre oggi vedremo le loro analisi, il punto chiave è che i modelli economici utilizzati per guidare la politica monetaria e fiscale non stanno funzionando come succedeva invece in passato.
art.18/legge 330 come benefit? è possibile a livello individuale negoziare deroghe se si cambia lavoro e se si ha un profilo professionale elevato; 7,6 mln su 22,2 mln sono i tutelati dall'art 18; quanto costa la decontribuzione per i prossimi 3 anni? quali sono le stime ministeriali sul numero di contratti a tutele crescenti dal 2015-al 2018? leggi ......
c'e molta confusione nei dati sull'occupazione; media e politici enfatizzano la crescita, ma l'ISTAT ci dice che a marzo 2015 su marzo 2014 l'occupazione è diminuita di 161.000 unità e che tasso di occupazione è passato da 55,7% a 55,5% , -0,2/ non sono bei numeri ...leggi
Economia Italiana: Un confronto per le elezioniricciolina85
Questo lavoro è fatto da un gruppo di ragazzi in master di economia all'università di Londra.
Consiste in un'analisi dell'economia italiana e di come gli ultimi governi abbiano operato sotto questo aspetto.
Chi Vuole Prendersi Il Mio Facile PulsanteHoro Capital
Tutti oramai sanno che gli Stati Uniti si trovano ad affrontare delle scelte difficili. A seconda di quali ipotesi si utilizzano, le passività non finanziate della Social Security e del Medicare sono tra i $50 e gli $80 trilioni e sono in crescita. E questo non è davvero rilevante, perché non c\'è modo di poter trovare dei soldi, dato l\'attuale sistema, anche nella migliori delle ipotesi. Le cose non solo devono cambiare, ma cambieranno. O faremo delle scelte difficili o questi cambiamenti ci verranno imposti dal mercato. E più a lungo aspettiamo nel fare delle scelte difficili, sempre più dolorose saranno le conseguenze.
Lavoratori migranti: non tutti i mali vengono per nuocere?
La questione dei migranti è attualmente al primo posto fra le priorità che le forze politiche italiane e comunitarie devono affrontare e risolvere. I cittadini attendono risposte concrete con riferimento a una situazione che si va facendo ogni giorno più ardua, a partire dalle problematiche concernenti la pacifica convivenza di popoli così differenti fra loro, nel continente con la più alta densità mondiale.
1. Lavoro e conti pubblici, le chiacchiere stanno a zero. il sole 24 ore 5 aprile 2015
di Luca Ricolfi5 aprile 2015
In questo articolo
Non si può dire che, questa settimana, l'Istat sia stata di grande conforto al governo e al Paese. Prima la doccia fredda
sull'occupazione: meno occupati, più disoccupati fra gennaio e febbraio 2015. Poi il pugno nello stomaco dei conti
pubblici: nell'ultimo trimestre del 2014 l'interposizione pubblica, ossia il grado di ingerenza della politica
nell'economia, ha toccato il massimo storico, superando il record (possiamo chiamarlo così?) a suo tempo toccato dal
governo Monti alla fine del 2012.
Questo secondo colpo che l'Istat (facendo fino in fondo il suo mestiere di osservatore imparziale) ha inferto
all'immagine del paese ha suscitato meno clamore del primo perché le fredde cifre di conti pubblici non scaldano i
cuori dell'opinione pubblica come le calde cifre dell'occupazione e della disoccupazione. Eppure i due tipi di cifre sono
connesse, e le cattive notizie provenienti dai conti pubblici sono forse ancora più gravi di quelle che provengono dal
mercato del lavoro.
Vediamo brevemente perché, cominciando con una possibile definizione dell'interposizione pubblica. Per valutare in
che misura la Pubblica Amministrazione si interpone nell'economia di un paese si può calcolare quanto le entrate e le
uscite totali (al netto degli interessi sul debito) pesano sul Pil. Ebbene questo rapporto era pari all'85,6% nel 2011
(ultimo anno del governo Berlusconi), è balzato all'89% nel 2012 (sotto Monti), è salito all'89,9% nel 2013 (sotto
Letta), e ha sfondato la barriera del 90% nel 2014 (sotto Renzi), portandosi al 90,4%. La progressione è ancora più
inquietante se cerchiamo di valutare le cose partendo dall'ultimo dato disponibile (4° trimestre 2014), e confrontiamo
tra loro gli ultimi trimestri di ogni anno (in cui tradizionalmente uscite e entrate sono più alte che nel resto dell'anno):
103,8% nel 2011 (Berlusconi), 107,5 nel 2012 (Monti), 106,0 nel 2013 (Letta), 108,2 nel 2014 (Renzi). Si vede bene che
ogni governo fa cambiare verso al trend dell'interposizione pubblica, ma l'unico governo che l'ha diminuita è quello di
Letta.
Il governo attuale ha sì “cambiato verso” rispetto a quello di Letta, ma portandoci all'indietro, verso i livelli mostruosi
che il governo Monti aveva toccato in una situazione eccezionale, in nessun modo comparabile a quella assai più
favorevole di oggi. Poiché so benissimo che cosa mi verrà obiettato a questo punto, mi faccio da solo l'obiezione: ma il
dato del governo Renzi è falsato dal fatto che la contabilità europea ci obbliga a trattare i 6-7 miliardi del bonus da 80
euro come una maggiore spesa, anziché come una minore entrata. L'interposizione pubblica effettiva andrebbe
dunque ricalcolata trattando il bonus per quello che è, una riduzione della pressione fiscale e non un aumento di spesa
pubblica. Personalmente non trovo affatto irragionevole questo modo di ragionare del Ministero dell'Economia
(anche se naturalmente anche l'Europa ha i suoi buoni motivi), quindi ho ricalcolato l'interposizione pubblica facendo
esattamente quello che il Governo auspica, ossia trattando il bonus da 80 euro come una riduzione della pressione
fiscale anziché come una spesa. Ebbene, il risultato è deprimente: anche accettando fino in fondo la contabilità
governativa, l'interposizione pubblica del 4° trimestre 2014 resta a livelli altissimi: 107.4%, ossia abbondantemente
peggiore di quella ereditata da Letta (106.0), e praticamente allineata a quella (107.5) che Monti aveva imposto in una
situazione drammatica come quella del 2012.
Dunque abbiamo un problema. Il problema è che, quando arrivano i dati Istat, le chiacchiere stanno a zero. Si possono
pronunciare parole alate, si possono confezionare slide variopinte, si possono esibire modernissimi (ma neanche poi
tanto) fogli Excel, si può cinguettare finché si vuole su Twitter e Facebook, si possono riversare sui media vagonate di
slogan e di battute irridenti, ma poi arriva la dura, pietrosa, irriducibile realtà dei dati. Basta una piccola, modesta,
tradizionale tabellina come quella dei conti pubblici pubblicata dall'Istat il 2 aprile per far svanire ogni illusione: la
politica, con la sua perdurante invadenza e pervasività, non mostra alcuna intenzione di fare passi indietro. Come un
ghiacciaio che non si ritira, ma allunga la sua morsa sulla roccia su cui poggia. Che aspettarsi, perciò? Date le
premesse, lo scenario più verosimile mi pare quello di sempre: qualche taglio di spesa (ottima l'idea di aggredire le
false pensioni di invalidità), ovviamente accompagnato dalle immancabili nuove spese prioritarie e indilazionabili; un
po' di deficit pubblico in più, magari presentato come premio per aver fatto “le riforme che ci chiede l'Europa”; e
naturalmente il consueto aumento della pressione fiscale complessiva, poco importa se attuato alzando l'Iva dal 1°
gennaio 2016, o attraverso un cocktail più complicato di inasprimenti fiscali (giusto ieri si è ricominciato a parlare di
tagli agli incentivi e alle agevolazioni per le imprese).
2. Ma non è tutto. Alle falle nei conti pubblici che stanno venendo a galla in questi giorni, potrebbe purtroppo
aggiungersene una nuova, non preventivata dal governo ma più volte segnalata dagli studiosi del mercato del lavoro: i
2 miliardi scarsi stanziati per il 2015 dalla legge di stabilità per incentivare le assunzioni a tempo indeterminato
potrebbero non bastare. Nulla esclude, infatti, che il mercato del lavoro italiano nel 2015 sia investito da una sorta di
“bolla occupazionale”, destinata a scoppiare, ossia a sgonfiarsi, solo nel 2016. Questo perché, se il governo
confermerà che lo sgravio vale solo per gli assunti nel 2015 (o semplicemente lascerà nel vago la possibilità di una
proroga nel 2016), allora nel 2015 si cumuleranno tre tipi di assunzioni: le assunzioni rimandate a fine 2014 in attesa
dello sgravio; le assunzioni “normali” del 2014; le assunzioni del 2016 anticipate al 2015 per usufruire dello sgravio. Di
qui un aumento apparente dell'occupazione, e un'ulteriore falla (reale, in questo caso) nei conti pubblici del 2015.
Ecco perché, sull'evoluzione futura della pressione fiscale, è difficile essere ottimisti. Se ci sarà bisogno di rifinanziare
la decontribuzione, il governo i soldi li troverà, perché è politicamente conveniente. Ma pensare che li troverà
disboscando la giungla degli sprechi pubblici, anziché imponendo nuove tasse, è una generosa illusione: se davvero ci
fosse stata, e tuttora ci fosse, la volontà di aggredire la spesa improduttiva, Carlo Cottarelli, il commissario alla
spending review, non se ne sarebbe tornato a Washington, al Fondo Monetario, ma sarebbe ancora qui, chiuso nel
suo ufficio, a studiare come si doma il drago della spesa pubblica.