2. Struttura
I - Introduzione
II - Antico Testamento
1. La speranza delle benedizioni di JHWH
2. JHWH, speranza di Israele e delle nazioni
3. La speranza della salvezza personale
III - Nuovo Testamento
1. La speranza di Israele realizzata da Gesù
2. Gesù Cristo speranza della Chiesa
3. La dottrina paolina della speranza
4. Le nozze dell’Agnello
3. Introduzione
Parlare della speranza significa dire il posto che
il futuro occupa nella vita religiosa del popolo di
Dio, un futuro di fedeltà a cui sono chiamati tutti
gli uomini (1Tm 2,4). Le promesse di Dio hanno
rivelato a poco a poco al suo popolo lo
splendore di questo futuro che non sarà una
realtà di questo mondo, ma «una patria migliore,
cioè celeste» (Eb 11,16): «la vita eterna» in cui
l'uomo sarà «simile a Dio» (1Gv 2,25; 3,2).
4.
5. Introduzione
La fiducia in Dio e nella sua fedeltà, la
fede nelle sue promesse, sono quelle che
garantiscono la realtà di questo avvenire
(cfr. Eb 11,1) e che permettono almeno di
intuirne le meraviglie. Da questo momento
è allora possibile per il credente
desiderare questo avvenire, o per essere
più precisi, sperarlo.
6. Introduzione
Infatti, la partecipazione a questo indubbio
avvenire resta problematica, perché
dipende da un amore fedele e paziente, di
per sé difficile esigenza per una libertà
peccatrice. Il credente quindi non può
assolutamente fidarsi di se stesso per
conseguire questo avvenire. Può solo
sperarlo, in piena fiducia, da Dio, in cui
crede e che è l'unico in grado di rendere la
sua libertà capace di amare.
7. Introduzione
Radicata così nella fede e nella fiducia, la
speranza può dispiegarsi verso l'avvenire
e sollevare con il suo dinamismo tutta la
vita del credente. Fede e fiducia,
speranza, amore sono quindi aspetti
diversi di un atteggiamento spirituale
complesso, ma unico.
8. Croce della
Camargue. Questo
originale emblema molto
significativo si compone di
tre simboli sovrapposti. In
alto si ha la croce,
simbolo universale di
Fede, i cui bracci
terminano con la fiocina
dei gardians, a
testimonianza del lavoro
quotidiano. In basso, a
fare da solida base alla
Fede, si ha l'ancora, che
rappresenta la Speranza.
Tra di esse, si pone un
cuore, che simboleggia
l'Amore, da porre al
centro di ogni cosa.
9. Introduzione
In ebraico le stesse radici esprimono sovente
l'una o l'altra di queste nozioni; tuttavia il
vocabolario della speranza si collega più
specialmente alle radici qawah, jahal e barah,
che i traduttori hanno reso del loro meglio in
greco (elpizo, elpìs, pèpoitha, hypomèno...) od
in latino (spero, spes, confido, sustineo,
exspecto...). Il NT (cfr. 1Ts 1,3; 1Cor 13,13; Gal
5,5-ss) stabilirà in tutta la sua chiarezza la
triade: fede, speranza, amore.
10. Le benedizioni di JHWH
La misteriosa promessa che Dio fece
all'umanità peccatrice fin dalle origini (Gn
3,15; 9,1-17) attesta che Dio non la lasciò
mai senza speranza; ma soltanto con
Abramo incomincia veramente la storia
della speranza biblica. Il futuro assicurato
dalla promessa è semplice: una terra ed
una numerosa posterità (Gn 12,1-ss).
12. Le benedizioni di JHWH
Per secoli gli oggetti della speranza di
Israele resteranno dello stesso ordine
terreno: «la terra dove scorrono latte e
miele» (Es 3,8.17), tutte le forme della
prosperità (Gn 49; Es 23,27-33; Lv 26,3-
13; Dt 28).
13. Le benedizioni di JHWH
Questo slancio vigoroso verso i beni di
questo mondo non fa tuttavia della
religione di Israele una semplice morale
del benessere. Questi beni terreni sono
per Israele delle benedizioni (Gn 39,5;
49,25) e dei doni (Gn 13,15; 24,7; 28,13)
di Dio che si dimostra fedele alla
promessa ed alla alleanza (Es 23,25; Dt
28,2).
14. Le benedizioni di JHWH
Quando la fedeltà a Jahvè lo esige, questi beni
terreni devono quindi essere sacrificati senza
esitazione (Gs 6,17-21; 1Sam 15); il sacrificio di
Abramo restava un esempio di speranza perfetta
nella promessa dell'onnipotente (Gn 22). Questa
situazione lasciava presagire che un giorno
Israele avrebbe conosciuto una «speranza
migliore» (Eb 7,19) verso la quale Dio condurrà
lentamente il suo popolo.
16. JHWH speranza di
Israele
Questo progresso fu anzitutto opera dei
profeti, che, purificando ed alimentando
la speranza di Israele, hanno aperto
prospettive nuove:
1. La falsa speranza
2. La vera speranza
3. Una nuova speranza
17. La falsa speranza
Israele dimenticò sovente che un futuro
felice era un dono del Dio dell'alleanza
(Os 2,10; Ez 16,15-ss). Era quindi tentato
di assicurarsi questo futuro come le
nazioni: mediante un culto formalistico,
l’idolatria, la potenza o le alleanze. I profeti
denunciano questa speranza illusoria (Ger
8,15; 13,16).
19. La falsa speranza
Senza fedeltà non c'è da sperare la
salvezza (Os 12,7; Is 26,8-ss; 59,9-ss). Il
giorno di Jahvè, «oscuro, senza luce
alcuna» (Am 5,20), sarà «il giorno dell'ira»
(Sof 1,15-ss). Geremia (1 - 29) illustra
tipicamente questo aspetto del ministero
profetico.
20. La vera speranza
Il futuro sembra talvolta richiudersi dinanzi
ad Israele, che allora è tentato di dire: «La
nostra speranza è distrutta» (Ez 37,11; cfr.
Lam 3,18). Per i profeti la speranza è
allora come nascosta (cfr. Is 8,16-ss), ma
non deve sparire; un resto sarà salvato
(Am 9,8-ss; Is 10,19-ss).
22. La vera speranza
La realizzazione del disegno di Dio potrà
così continuare. Nel momento del castigo,
l'annuncio di questo «futuro pieno di
speranza» (Ger 29,11; 31,17) si fa sentire
alle orecchie di Israele (Ger 30 - 33; Ez 34
- 48; Is 40 - 55), affinché sia consolato e la
sua speranza permanga (Sal 9,19).
23. La vera speranza
La stessa infedeltà di Israele non gli deve
impedire di sperare: Dio gli perdonerà (Os
11; Lam 3,22-23; Is 54,4-10; Ez 35,29). Se
anche la salvezza può tardare (Ab 2,3;
Sof 3,8), è certa, perché Jahvè, fedele e
misericordioso, è «la speranza di Israele»
(Ger 14,8; 17,13-ss).
24. Una nuova speranza
La concezione profetica del futuro è molto
complessa. I profeti annunciano la pace,
la salvezza, la luce, la guarigione, la
redenzione. Intravedono il rinnovamento
meraviglioso e definitivo del paradiso,
dell'esodo, della alleanza o del regno di
David.
25. Una nuova speranza
Israele «sarà saziato dalle benedizioni»
(Ger 31,14) di Jahvè (Os 2,23-ss; Is
32,15; Ger 31) e vedrà affluire verso di sé
la ricchezza delle nazioni (Is 61). I profeti,
figli dell'antico Israele, pongono Israele e
la sua felicità (beatitudine) temporale al
centro del futuro.
26. Una nuova speranza
Ma aspirano pure al giorno in cui Israele
sarà ripieno della conoscenza di Dio (Is
11,9; Ab 2,14) perché Dio avrà rinnovato i
cuori (Ger 31,33-ss; Ez 36,25-ss), mentre
le nazioni si convertiranno (Is 2,3; Ger
3,17; Is 45,14-ss). Questo futuro sarà
l'epoca di un culto finalmente perfetto (Ez
40 - 48; Zc 14), al quale prenderanno
parte le nazioni (Is 56,8; Zc 14,16-ss; cfr.
Sal 86,8-ss; 102,22-ss).
27. Dorè – La visione di Ezechiele delle ossa inaridite
28. Una nuova speranza
Ora il vertice del culto è la contemplazione
di Jahvè (Sal 63; 84). Per i profeti la
speranza di Israele e delle nazioni è Dio
stesso (Is 60,19-ss; 63,19; 51,5) ed il suo
regno (Sal 96 - 99). Tuttavia la felicità di
Israele, attesa per il futuro, rimane ancora
collocata sulla terra e, salvo eccezioni (Ez
18), resta collettiva, mentre la fedeltà, da
cui dipende la sua venuta, è individuale.
29. La salvezza
personale Per i pii e i sapienti la speranza del VT è
ormai destinata ad evolvere nella cornice
della fede nella retribuzione personale.
Questa fede urtava contro il problema
posto dalla sofferenza del giusto.
Probabilmente dopo la fine dell'esilio a
Babilonia, o un po' più tardi, un profeta
aveva insegnato che questa sofferenza
doveva far nascere la speranza e non
ostacolarla, perché era redentrice (Is 53).
30. La salvezza
personale Ma questa anticipazione non ebbe seguito
nel VT. La speranza di Giobbe, ad es.,
nonostante i presentimenti (Gb 13,15;
19,25-ss), sfocia nell'oscurità (Gb 42,1-6).
La speranza dei mistici, ripiena della
presenza di Dio. sente di essere giunta al
suo termine: la sofferenza e la morte non
hanno più veramente importanza per essa
(Sal 73; 49,16; cfr. 139,8; 16).
32. La salvezza
personale La fede dei martiri fa nascere la speranza
della risurrezione (Dan 12,1-ss; 2Mac 7),
mentre la speranza collettiva si rivolge
verso il Figlio dell'uomo (Dan 7). La
speranza dei sapienti si rivolge verso una
pace (Sap 3,3), un riposo (4,7), una
salvezza (5,2) che non sono più sulla
terra, ma nell'immortalità (3,4), presso il
Signore (5,15-ss). In tal modo la speranza
diventa personale e si orienta verso il
mondo futuro.
33. La salvezza
personale
La speranza giudaica al tempo di Gesù
rifletteva le diverse forme della speranza
di Israele. Attendeva un futuro nello stesso
tempo materiale e spirituale, accentrato in
Dio ed in Israele, temporale ed eterno,
collettivo e individuale. La realizzazione di
questo futuro in Gesù avrebbe invitato la
speranza a purificarsi ulteriormente.
34. La speranza realizzata in
Gesù
Gesù proclama l'avvento in questo mondo
del regno di Dio (Mt 4,17). Ma questo
regno è una realtà spirituale, accessibile
soltanto alla fede. Per essere colmata, la
speranza di Israele deve quindi rinunziare
ad ogni aspetto materiale della sua attesa:
Gesù esige dai suoi discepoli che
accettino la sofferenza e la morte al suo
seguito (Mt 16,24-ss).
36. La speranza realizzata in
Gesù
D'altra parte il regno già presente è non di meno
ancora futuro. La speranza quindi continua, ma
orientata unicamente verso la vita eterna (18,8-
ss), verso la venuta gloriosa del Figlio dell'uomo
«che renderà a ciascuno secondo il suo
operato» (16,27; 25,31-46). In attesa di quel
giorno la Chiesa, forte delle promesse (16,18) e
della presenza di Gesù (28,20), deve finire di
realizzare la speranza dei profeti, aprendo alle
nazioni il regno e la sua speranza (8,11-ss;
28,19).
37. Cristo speranza della Chiesa
La speranza della Chiesa è, nella fede, una
speranza pienamente appagata. Infatti il dono
dello Spirito ha terminato di compiere le
promesse (At 2,33.39). Tutta la forza della sua
speranza si concentra quindi nell'attesa del
ritorno di Gesù (1,11; 3,20). Chiamato parusia
(Gc 5,8; 1Ts 2,19), giorno del Signore, visita,
rivelazione, questo futuro appare vicinissimo (Gc
5,8; 1Ts 4,13-ss; Eb 10,25.37; 1Pt 4,7) e ci si
stupisce facilmente che tardi (2Pt 3,8-ss).
39. Cristo speranza della Chiesa
In realtà verrà «come un ladro nella notte»
(1Ts 5,1-ss; 1Pt 3,10; Ap 3,3; cfr. Mt
24,36). Questa incertezza esige che si
vegli (1Ts 5,6; 1Pt 5,8) con una pazienza
incrollabile nelle prove e nella sofferenza
(Gc 5,7-ss; 1Ts 1,4-ss; 1Pt 1,5-ss; cfr. Lc
21,19). La speranza della Chiesa è
gioiosa (Rm 12,12), anche nella
sofferenza (1Pt 4,13; cfr. Mt 5,11-ss),
perché la gloria attesa è così grande
(2Cor 4,17) da ridondare sul presente (1Pt
40. Cristo speranza della Chiesa
Essa produce la sobrietà (1Ts 5,8; 1Pt
4,7) e il distacco (1Cor 7,29-ss; 1Pt
1,13ss; Tt 2,12). Che sono infatti i beni
terreni nei confronti della speranza di
«partecipare alla natura divina» (2Pt 1,4)?
La speranza suscita infine la preghiera e
l'amore fraterno (1Pt 4,7-ss; Gc 5,8-ss).
Ancorata nel mondo futuro (Eb 6,18), essa
anima tutta la vita cristiana.
41. La dottrina paolina
Paolo condivide la speranza della Chiesa, ma la
ricchezza del suo pensiero e della sua vita
spirituale apporta al tesoro comune elementi di
grande valore. Così il posto che egli accorda alla
«redenzione del nostro corpo» (Rm 8,23), sia
essa trasformazione dei viventi (1Cor 15,51; cfr.
1Ts 4,13-18), oppure soprattutto risurrezione dei
morti. Non credere a quest'ultima significa per
Paolo essere «senza speranza» (1Ts 4,13; 1Cor
15,19; cfr. Ef 2,12).
43. La dottrina paolina
La gloria non coronerà che «la costanza nella
pratica del bene» (Rm 2,7-ss; cfr. Eb 6,12). Ora
la libertà umana è fragile (Rm 7,12-25). Il
cristiano può quindi sperare veramente di aver
parte all'eredità promessa (Col 3,24)? Può e
deve, come Abramo, «sperare contro ogni
speranza», a motivo della sua fede nelle
promesse (Rm 4,18-25) e della sua fiducia nella
fedeltà di Dio che assicurerà la fedeltà dell'uomo
(1Ts 5,24; 1Cor 1,9; cfr. Eb 10,23) dalla sua
chiamata (vocazione) fino alla gloria (Rm 8,28-
30).
44. La dottrina paolina
Il compimento delle promesse in Gesù Cristo
(1Cor 1,20) ha una parte fondamentale nella
riflessione di Paolo. La gloria attesa è una realtà
attuale (2Cor 3,18 - 4,6), benché invisibile (2Cor
4,18; Rm 8,24-ss). Il battezzato è già risuscitato
(Rm 6,1-7; Col 3,1); nello Spirito che ha ricevuto
come pegno (2Cor 1,22; 5,5; Ef 1,14) e primizia
(Rm 8,11.23) del mondo futuro, possiede già
questo mondo, e la sua speranza può così
«sovrabbondare» (15, 13).
45. La dottrina paolina
Dio ha fatto la grazia della giustificazione
a uomini che Adamo trascinava verso la
morte; «quanto più» la loro solidarietà con
il suo Figlio li condurrà alla vita (Rm 5).
Questo compimento in Cristo della
speranza di Israele è la rivelazione
completa del motivo della speranza
cristiana: un amore tale che nulla e
nessuno può strappargli il cristiano (Rm
8,31-39).
46. Gli sguardi incrociati di Adamo e di Cristo
Particolare del mosaico realizzato
nella Chiesa delle Suore Orsoline
Figlie di Maria Immacolata
Verona - Italia
47. La dottrina paolina
Infine la speranza personale di Paolo è un
esempio mirabile. Essa si dispiega nella sua
anima con un'estrema intensità. Geme di non
essere ancora appagata (2Cor 5,4-ss; Rm 8,23)
ed esulta al pensiero dell'avvenire che attende
(1Cor 15,54-ss). Alla sua luce le speranze
umane più legittime perdono ogni valore (Fil
3,8). Fondandosi soltanto sulla grazia di Dio e
non sulle opere (1Cor 4,4; 15,10; Rm 3,27),
essa non di meno anima con il suo dinamismo la
corsa (Fil 3,13-ss) e la lotta (2Tm 4,7) che Paolo
conduce per compiere la sua missione, pur
evitando di essere «egli stesso squalificato»
(1Cor 9,26-ss).
48. La dottrina paolina
Essa suscita allora, ma «nel Signore»,
nuove speranze (Fil 2,19; 2Cor 1,9-ss;
4,7-18). Quando la morte gli sembra
vicina, egli attende il premio (Fil 3,14) che
coronerà la sua corsa (2Tm 4,6-ss; cfr.
1Cor 3,8). Ma sa che la sua ricompensa è
Cristo stesso (Fil 3,8). La sua speranza è
innanzitutto di essere con lui (Fil 1,23;
2Cor 5,8). L'apostolo non attende più la
propria felicità personale, ma
semplicemente qualcuno che ama.
50. La dottrina paolina
Questo profondo disinteresse della sua
speranza si manifesta ancora con la sua
apertura alla salvezza degli «altri» (2Tm
4,8; 2,7), cristiani (1Ts 2,19) o pagani, ai
quali egli vuole rivelare Cristo «speranza
della gloria» (Col 1,24-29). La speranza di
Paolo abbraccia cosl, in tutta la sua
ampiezza (cfr. Rm 8,19-ss), il disegno di
Dio e risponde «con amore» (2Tm 4,8)
all'amore del Signore.
51. Le nozze
dell’Agnello
La speranza giovannea non cessa di essere
attesa del ritorno del Signore (Gv 14,3; 1Gv
2,18), della risurrezione e del giudizio (Gv 5,28-
ss; 6,39-ss). Ma preferisce riposarsi nel
possesso di una vita eterna già donata al
credente (3,15; 6,54; 1Gv 5,11-ss) che è già
risuscitato (Gv 11,25-ss; 1Gv 3,14) e giudicato
(Gv 3,19; 5,24). Il passaggio del cristiano
all'eternità non sarà che la manifestazione
tranquilla (1 Gv 4,17-ss) di una realtà che già
esiste (1Gv 3,2).
52. Le nozze
dell’Agnello Nell'Apocalisse le prospettive sono
profondamente diverse. L‘Agnello risorto,
circondato da cristiani (Ap 5,11-14; 14,1-5; 15,2-
ss), trionfa già in cielo, di dove verrà la Chiesa
sua sposa (21,2). Ma questa sposa è nello
stesso tempo sulla terra (22,17) dove si svolge il
dramma della speranza cristiana alle prese con
la storia. I trionfi apparenti delle potenze
sataniche minacciano di stancare questa
speranza. In realtà il Verbo invincibile combatte
e regna a fianco dei suoi (19,11-16; 20,1-6), e la
vittoria decisiva è vicina (Ap 1,1; 2,5; 3,11; 22,6.
12).
53. Cristo e Maria, Cristo sposo e la Chiesa sposa,
Cappella della Madonna, Sacro Speco, Subiaco.
54. Le nozze
dell’Agnello La speranza dei cristiani deve quindi trionfare
sino alla venuta del «nuovo universo» che
realizzerà infine pienamente e definitivamente le
profezie del VT (Ap 21 - 22). Alla fine del libro lo
sposo promette: «Il mio ritorno è vicino», e la
sposa gli risponde: «Vieni, Signore Gesù!» (Ap
22,20). Questo appello riprende una preghiera
aramaica della Chiesa dei primi tempi:
«Maranatha!» (cfr. 1Cor 16,22). La speranza
cristiana non troverà mai un'espressione
migliore, perché in fondo altro non è se non il
desiderio ardente di un amore che ha fame della
presenza del suo Signore.