Slide a supporto dell'intervento di Mario Carotenuto tenuto per Find The Cure.
Conflitti sanguinolenti all’ordine del giorno piegano intere popolazioni di territori poco conosciuti dalla nostra cultura. Ma che cosa è questo ISIS? E i tagliagole? E cosa centra l’occidente in tutto questo? E poi in Ukraina ma si combatte davvero? E perchè non fa notizia? Ma non c’è un Diritto Internazionale Umanitario che dovrebbe regolare le zone di guerra?
Ma che cosa sta succedendo veramente?
Un mio intervento sulla realtà imprenditoriale italiana e le eccellenze del sistema economico toscano, in relazione agli scenari internazionali e ai trend del commercio mondiale. Ci attendiamo grandi opportunità, per le nostre imprese, soprattutto dai trattati internazionali di libero scambio...
La Comimissione Chilcot sulla guerra in Iraq, gli errori dell'intelligence occidentale, una ampia riflessione sull'importanza della trasparenza e libertà nell'informazione, per prevenire nuovi gravi errori negli scenari internazionali.
Il caso dei nostri Marò trattenuti in India è lo spunto per una più ampia riflessione sul concetto di tutela della sovranità nazionale, e di come essa venga a volte percepita in Italia da istituzioni e pubblica opinione
Discorso alla World Model United NationGiulioTerzi
Intervento dell'Ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata, alla World Model United Nation - sede FAO, Roma. Una riflessione sul ruolo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e sul lavoro svolto in esso dalla rappresentanza italiana, è lo spunto per riflettere sull'opportunità di una nuova candidatura del nostro Paese a questo seggio.
Slide a supporto dell'intervento di Mario Carotenuto tenuto per Find The Cure.
Conflitti sanguinolenti all’ordine del giorno piegano intere popolazioni di territori poco conosciuti dalla nostra cultura. Ma che cosa è questo ISIS? E i tagliagole? E cosa centra l’occidente in tutto questo? E poi in Ukraina ma si combatte davvero? E perchè non fa notizia? Ma non c’è un Diritto Internazionale Umanitario che dovrebbe regolare le zone di guerra?
Ma che cosa sta succedendo veramente?
Un mio intervento sulla realtà imprenditoriale italiana e le eccellenze del sistema economico toscano, in relazione agli scenari internazionali e ai trend del commercio mondiale. Ci attendiamo grandi opportunità, per le nostre imprese, soprattutto dai trattati internazionali di libero scambio...
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Discorso alla World Model United NationGiulioTerzi
Intervento dell'Ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata, alla World Model United Nation - sede FAO, Roma. Una riflessione sul ruolo del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite, e sul lavoro svolto in esso dalla rappresentanza italiana, è lo spunto per riflettere sull'opportunità di una nuova candidatura del nostro Paese a questo seggio.
Europa, Ucraina, Russia… genesi, scenario, e proiezioni futureGiulioTerzi
Una nuova cena rotariana è l'occasione per l'Ambasciatore Giulio Terzi, di approfondire riflessioni sullo scenario euroasiatico, dei rapporti tra Unione Europea e federazione Russa e non solo...
“Chi governa il mondo: il futuro delle Nazioni Unite” La riforma delle Nazioni Unite tra mito e realtà. Intervento dell’Ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata al Festival “Fare la pace”. Bergamo, 23 maggio 2015
Giornata della Pace e della NonViolenza in Azienda - GUNA SpaGiulioTerzi
Intervento dell'Ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata alla Giornata della Non-Violenza in azienda, che GUNA SpA - azienda italiana leader nella produzione e distribuzione di farmaci biologici - organizza ogni anno in occasione del 2 ottobre, compleanno del Mahatma Ghandi.
Europa, Ucraina, Russia… genesi, scenario, e proiezioni futureGiulioTerzi
Una nuova cena rotariana è l'occasione per l'Ambasciatore Giulio Terzi, di approfondire riflessioni sullo scenario euroasiatico, dei rapporti tra Unione Europea e federazione Russa e non solo...
“Chi governa il mondo: il futuro delle Nazioni Unite” La riforma delle Nazioni Unite tra mito e realtà. Intervento dell’Ambasciatore Giulio Terzi di Sant’Agata al Festival “Fare la pace”. Bergamo, 23 maggio 2015
Giornata della Pace e della NonViolenza in Azienda - GUNA SpaGiulioTerzi
Intervento dell'Ambasciatore Giulio Terzi di Sant'Agata alla Giornata della Non-Violenza in azienda, che GUNA SpA - azienda italiana leader nella produzione e distribuzione di farmaci biologici - organizza ogni anno in occasione del 2 ottobre, compleanno del Mahatma Ghandi.
1. LA LUNGA STORIA DEL
MEDITERRANEO: IMMIGRAZIONE,
TERRORISMO, SICUREZZA
2. Stiamo sottovalutando le “guerre” all’Occidente della Jihad islamica,
come abbiamo ignorato il prevedibilissimo “tsunami” migratorio?
Venerdì 26 giugno attacchi quasi simultanei sono stati rivendicati dallo
Stato Islamico in tre diversi continenti: in Europa a Lione; in Africa a
Tunisi; in Medio Oriente a Kuwait. L’Isis ha voluto dimostrare una sua
crescente capacità di colpire lontano. La sintonizzazione e le modalità
degli attentati erano intese ad impressionare il pubblico, oltre che a
“testare” le tecniche dell’Isis nel portare la minaccia ovunque,
nell’impiegare la radicalizzazione via internet, nel trovare nuovi seguaci
nelle moschee, nell’attrarre “foreign fighters” sempre più numerosi, e
“delocalizzati” rispetto ai teatri abituali di scontro negli “Stati falliti”
(Siria, Iraq, Libia, Somalia) o interni all’Islam.
LA LUNGA STORIA DEL MEDITERRANEO:
IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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3. Nei giorni seguenti a questa triplice strage gruppi legati all’Isis hanno
effettuato massicci attacchi contro obiettivi nel Sinai uccidendo decine
di soldati egiziani. Persino a Gaza, dove il controllo di Hamas sembrava
sino a poco fa incontestato, lo Stato islamico si sta affermando ed ha
lanciato un’offensiva mediatica – con dichiarazioni sui social e
campagne web – per affermarsi come interprete esclusivo della Sharia,
contro gli “apostati “ di Hamas e delle altre organizzazioni palestinesi.
Abu Bakr al- Baghdadi aveva preannunciato a metà maggio un
Ramadan sanguinoso, con attacchi anche all’Arabia saudita, poi
avvenuti con gli attentati alle moschee sciite nella Provincia orientale
del paese.
LA LUNGA STORIA DEL MEDITERRANEO:
IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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4. Ma poi jihadisti dell’Isis e di Al Nusra venivano inopinatamente aiutati
dalle proposte dell’inviato Onu De Mistura, apertamente favorevoli ad
Assad, e trovavano il modo di intensificare la loro offensiva contro i
moderati, che in quel momento costituivano il vero problema per
Assad. Ennesima dimostrazione delle connivenze tra il regime siriano e
l’Isis.
In Siria nel frattempo si è consolidato un nuovo fronte jihadista tra al-
Qaeda, Al Nusra e Ahrar al- Sham per il completo controllo
dell’importantissimo nodo strategico di Aleppo , dove appare mai
come prima in pericolo la sopravvivenza del regime di Assad. L’alleanza
per la liberazione di Aleppo non rappresenta peraltro un successo
scontato per lo Stato islamico: le forze che la compongono, pur tutte
impegnate a istaurare la Sharia, sono entrate anche recentemente in
contrasto tra loro. Ciò potrebbe aprire nuovi spazi, se noi occidentali
avessimo una vera strategia in Siria
LA LUNGA STORIA DEL MEDITERRANEO:
IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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5. Infatti il riemergere della conflittualità interna alle formazioni jihadiste
consentirebbe una ripresa dell’insorgenza laica anti-islamista,
un’insorgenza che aveva sino allo scorso anno controllava parte della
città.
Circola l’ipotesi che il nostro paese sia stato sino ad ora “risparmiato”.
Ma sia chiaro, questo è accaduto per motivi ben diversi dalle
operazioni di polizia che hanno individuato alcune cellule di terroristi in
Lombardia, Lazio e Campania. Cellule che rappresentano solo la punta
dell’iceberg di una radicalizzazione assai più diffusa. Le organizzazioni
qaediste avrebbero convenienza a concentrarsi in questa fase su
Francia e Belgio; lasciando l’Italia – come faceva il terrorismo
palestinese tra gli anni ’70 e ’80 - in una sorta di retrovia logistica.
LA LUNGA STORIA DEL MEDITERRANEO:
IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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6. Comincerebbero a dimostrarlo i collegamenti tra gli attentatori al
Museo del Bardo e alcuni tunisini da noi. Ma l’estrema precarietà della
sicurezza nel Mediterraneo e in Medio Oriente ci coinvolge ormai
direttamente.
Il Governo Renzi e il mondo dell’informazione praticano invece in
materia di sicurezza, come sull’immigrazione, l’euro, le banche e altro,
una “politica placebo”, morfinizzante, antiallarmista, così da evitare
pressioni dell’opinione pubblica affinché gli italiani dentro e fuori i
confini nazionali siano più seriamente protetti e informati.
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IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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7. Quale è realmente il quadro delle minacce che riguardano anche il
nostro Paese e che possono mettere in pericolo i tantissimi italiani
che lavorano, viaggiano, vivono all’estero?
Nessun serio analista dissente da quanto David Gardner ha scritto sul
Financial Times settimana scorsa: “anni di terrore dell’Isis stanno
davanti a noi …”. E non solo dell’Isis. Si individuano in particolare
quattro minacce:
LA LUNGA STORIA DEL MEDITERRANEO:
IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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8. 1. la distruzione dell’integrità territoriale in Iraq e in Siria può avere
effetti domino in una regione di prioritario interesse occidentale;
2. i successi dell’Isis producono nuovi adepti. Circa 25000 giovani da
diciannove paesi, quasi un terzo di loro da paesi occidentali, sono
partiti per la Siria entrati nelle sue formazioni, acquisiscono
esperienze di combattimento e di proselitismo che sono pronti a
riutilizzare nei paesi di provenienza. È un fenomeno di gran lunga
più importante di quello che si era già verificato nel 2003 in Iraq e
negli anni ’80 con l’afflusso di Mujiaheddin in Afghanistan per
combattere l’invasione sovietica;
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IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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9. 3. lo Stato islamico si collega in modo molto più rapido ed efficace di
quanto abbia mai saputo fare al- Qaeda con altri gruppi estremisti
nel mondo, in Algeria, Libia, Nigeria, Egitto, Somalia, Afghanistan;
gruppi che ne emulano la ferocia, gli obiettivi, i metodi, le capacità
comunicative e di proselitismo;
4. il messaggio dell’Isis è un potente strumento di radicalizzazione
nelle comunità islamiche; ha già motivato atti di terrorismo
individuali o di piccoli gruppi in Europa, Usa, Canada, Australia;
diversi arresti hanno impedito altri attacchi; ma è inevitabile che il
fenomeno si espanda.
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IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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10. Oltre all’Isis, numerose organizzazioni jihadiste non sempre collegate
allo Stato islamico rappresentano una minaccia per l’Occidente. Tra
queste, le più significative per capacità di colpire in Occidente sono:
• al-Qaeda nella Penisola Araba (AQAP), con una lunga storia di
attentati; il più spettacolare e potenzialmente destabilizzante è
stato quello contro il Ministro dell’Interno ed attuale vicario nella
linea dinastica Saudita, Principe Muhammad bin Nayef, salvatosi
miracolosamente;
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IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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11. • al-Qaeda nel Maghreb Islamico (AQIM) con armi di ogni tipo
provenienti dagli enormi arsenali libici. È stata la saldatura di questa
componente con formazioni Tuareg e Jihadiste nell’Azawad, a nord
del Mali, a rendere necessario un urgente intervento di “peace
enforcement” dell’Unione Africana, autorizzato dalle Nazioni Unite
nel 2012, voluto all’inizio soprattutto dalla Francia. L’intervento è
stato determinante per fermare l’avanzata jihadista verso sud e per
rilanciare un percorso politico, ancora in via di consolidamento.
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12. • al-Qaeda Senior Leadership (AQSL) attiva in Afghanistan e nelle
Federally Administered Tribal Areas pakistane, indebolita dopo le
operazioni militari e di intelligence pakistane e americane dopo il
2008, ma pur sempre con capacità di colpire e di avvantaggiarsi di
un rapporto mai interrotto con diverse fazioni Talebane in entrambi
i paesi; non dimentichiamo il serio pericolo che esiste per i nostri
cooperanti e operatori economici in Pakistan, come è parso
evidente con la drammatica uccisione di Giovanni Lo Porto. Episodio
che ha evidenziato un grave scollamento di intelligence , e sembra
anche a livello politico, tra Roma e Washington nella conduzione
dell’intero caso,
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IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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13. • in tale contesto preoccupa diversi servizi occidentali la rete creata
in alcune impervie regioni afghane dal leader qaedista di origine
qatarina al-Qahtani;
• il Gruppo Khorasan con pakistani operanti in Siria per sostenere al-
Nusra contro Assad, e per creare “santuari” in Siria dai quali
preparare attacchi contro paesi occidentali;
• Boko Haram in Nigeria ,responsabile di migliaia di vittime,
distruzione di decine di Chiese cristiane , e di centinaia di rapimenti
anche di italiani, tra i quali l’Ing. Lamolinara ucciso dai sequestratori
islamisti tre anni fa. Boko Aram ha collaborato ad atti di terrorismo
in Africa occidentale, anche se non si è ancora manifestata in
Occidente. Ma nella sempre più numerosa diaspora nigeriana sono
attivi trafficanti di esseri umani, droga, prostituzione contigui a
terroristi in Africa occidentale, Sahel e Maghreb;
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IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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14. • organizzazioni terroristiche come Ansar al –Sharia , radicata in Libia
a fianco dello Stato Islamico e al-Shabab originaria del Corno
d’Africa , contrastata con successo alterno dal Governo di
Mogadiscio, ma sempre piu pericolosa in Kenia e in Etiopia;
• ugualmente pericolosa la galassia del terrore riconducibile
all’universo scita, sostenuto dall’ Iran: Hezbollah dispone non solo di
decine di migliaia di miliziani in Libano, Siria, Iraq , ma può anche
contare su una rete di agenti estesa sino all’America latina e al
Centro America. Teheran sostiene attivamente anche organizzazioni
a matrice sunnita, o “laica”, come Hamas e Jihad Islamica a Gaza e
nella West Bank, e il Fronte Popolare per la Liberazione della
Palestina.
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IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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15. Questo allarmante quadro dovrebbe dare la dimensione di una
minaccia estremamente concreta e diretta alla nostra sicurezza. Farvi
fronte significa anzitutto maturare una precisa volontà politica,
sostenuta a livello nazionale da una corretta informazione pubblica;
significa destinare risorse adeguate alle strutture di intelligence e della
sicurezza; e significa rafforzare – ed è questo l’aspetto di fondamentale
importanza - la collaborazione e la coesione con tutti i Governi
stranieri che condividono i nostri stessi interessi di sicurezza. È un
terreno sul quale la coesione di tutto l’Occidente costituisce un valore
preziosissimo.
LA LUNGA STORIA DEL MEDITERRANEO:
IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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16. Perché solo i Paesi retti da democrazie mature e improntate allo Stato
di Diritto hanno saputo dimostrare di poter combattere e vincere
terrorismo e radicalizzazione senza derogare al rispetto dei diritti
dell’uomo, della libertà di informazione, del giusto processo.
Combattere il terrore con stragi indiscriminate di popolazione, come
avvenuto in Siria, in Cecenia, in Xiniang costituisce la formula perfetta
per alimentare il contagio. E quasi sempre sono i Paesi occidentali a
farne le spese, in tutti i sensi.
LA LUNGA STORIA DEL MEDITERRANEO:
IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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17. Vi deve essere inoltre un deciso impegno tanto delle Autorità di
Governo, quanto di noi tutti ad evitare la diffusione dell’intolleranza,
della propaganda all’odio, della predicazione e della educazione
settaria, in una parola, della radicalizzazione tra le comunità
immigrate, ed al tempo stesso ad agire in sostegno di una
“transizione” verso lo Stato di Diritto nei Paesi maggiormente colpiti
dal fenomeno jihadista. Un modello è il programma di anti-
radicalizzazione attuato nell’ultimo decennio dal paese dove vive la più
numerosa popolazione Musulmana del pianeta: l’Indonesia.
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IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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18. Non è un caso se i “foreign fighters” indonesiani partiti per la Siria
siano stati una piccola percentuale di quelli partiti dai Paesi Europei
dove risiedono le maggiori comunità islamiche. E neppure è un caso se
gli attentati jihadisti che avevano causato tra il 2001 e il 2006 in
Indonesia più di trecento vittime, abbiano causato negli ultimi dieci
anni quattordici vittime e siano diminuiti in numero del 70%. Il
programma indonesiano di anti- radicalizzazione è rivolto a tutte le
componenti della società, ha diffusione capillare nell’intero paese,
poggia su due messaggi destinati specialmente ai giovani: il primo, che
l’interpretazione estremista dell’Islam e incompatibile con il Corano; il
secondo, riguarda il valore della tolleranza. Si tratta di uno sforzo molto
rilevante che il Governo attua attraverso le numerosissime
organizzazioni religiose, la collaborazione con Imam, le moschee,
l’intero sistema scolastico, e attraverso una politica culturale a tutto
campo, dall’arte, alla editoria, alla informazione.
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IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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19. Nel "Grande Mediterraneo" le mutazioni innescate dalle Primavere
Arabe hanno trovato un Occidente impreparato ad affrontare le
minacce che si stavano addensando sulla sua sicurezza. Le nostre
scelte sono parse tardive e carenti di visione strategica. Abbiamo
ricercato troppi compromessi su valori di fondo. Nel frattempo le
contraddizioni nel mondo Arabo e l'atteggiamento antagonista della
Russia, hanno lasciato campo libero a profonde "mutazioni" delle crisi
in atto, aggravando il confronto settario all'interno dell'Islam con
forme nuove e ancor più diffuse di fondamentalismo. Appare
ineludibile una diversa, pubblica consapevolezza delle sfide che
abbiamo di fronte, delle politiche e della coesione necessarie ad
affrontarle.
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IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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20. I. La distrazione dell'Occidente.
L'Eurasia Group è un importante gruppo americano di consulenza
internazionale. Ha tra i propri clienti alcune tra le maggiori
multinazionali. Nel settembre 2011, quasi un anno dopo il disperato
gesto di Mohammed Bouazizi che segnava l’inizio delle “Primavere
arabe”, l'Eurasia group pubblicava la lista dei principali fattori di
rischio da tener d'occhio per la stabilità regionale e globale. Nessun
Paese Arabo entrava nei "top risks". Alcune "costanti" per la criticità
dell'intera regione erano opportunamente menzionate nel Rapporto
dell'Eurasia Group, come il programma nucleare iraniano. Ma i grandi
sconvolgimenti politici e sociali in Medio Oriente già in atto da mesi
restavano semplicemente fuori dal radar.
LA LUNGA STORIA DEL MEDITERRANEO:
IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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21. I. La distrazione dell'Occidente.
L'Eurasia Group è un importante gruppo americano di consulenza
internazionale. Ha tra i propri clienti alcune tra le maggiori
multinazionali. Nel settembre 2011, quasi un anno dopo il disperato
gesto di Mohammed Bouazizi che segnava l’inizio delle “Primavere
arabe”, l'Eurasia group pubblicava la lista dei principali fattori di
rischio da tener d'occhio per la stabilità regionale e globale. Nessun
Paese Arabo entrava nei "top risks". Alcune "costanti" per la criticità
dell'intera regione erano opportunamente menzionate nel Rapporto
dell'Eurasia Group, come il programma nucleare iraniano. Ma i grandi
sconvolgimenti politici e sociali in Medio Oriente già in atto da mesi
restavano semplicemente fuori dal radar.
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22. C'erano stati lunghi periodi di incubazione del dissenso e della rivolta.
Il radicamento dell'Islam politico e le sue deviazioni radicali venivano
da molto lontano. E segnali precisi che anticipavano una contestazione
diffusa e durevole nel tempo si coglievano sul web sin quattro o
cinque anni prima di Piazza Tahrir.
In Iran "l'onda verde" dei riformisti e dei giovani aveva rotto gli argini
nel 2009, per poi essere repressa con estrema violenza dopo
un'elezione Presidenziale scippata. Il Grande Mediterraneo, si
presentava sempre più come un esteso "arco di crisi" da Gibilterra alla
Mesopotamia, caratterizzato da dinamiche inedite sul piano
demografico, migratorio, della radicalizzazione fondamentalista, del
terrorismo.
LA LUNGA STORIA DEL MEDITERRANEO:
IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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23. L'Europa e l'America, ma non solo loro, avevano preferito sottovalutare
i segni premonitori dei mutamenti del 2011. Avevano continuato a
contare sul fatto che i Leaders Arabi erano riusciti a mantenere una
certa stabilità facendo di volta in volta leva sul panarabismo. Una
stabilità assai fragile perché costava molto ai popoli sui quali essa era
costruita.
L'episodio dei "global risks" individuati nel 2011 da Eurasia Group non
è certo un caso isolato di "distrazione" occidentale.
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IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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24. Ancora: nel gennaio 2015, quest'anno, il Rapporto "Global Risk" del
World Economic Forum attribuisce al "collasso delle strutture statali" e
alla "dissoluzione della Governance nazionale" una posizione molto
alta tra i "rischi globali"; ma lo fa con un ritardo di ben quattro anni
sulle Primavere Arabe, tre anni dopo l'inizio della guerra civile in Siria,
tre anni dopo la disgregazione delle strutture statuali in Libia, e almeno
un anno dopo il propagarsi dell'Isis da Siria/Iraq a diversi altri punti
dell'arco di crisi mediterraneo.
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IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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25. C’è quindi una perdurante sottovalutazione delle crisi che abbiamo alle
porte di casa. È come un freno psicologico, impregnato di ideologismi,
sui temi vitali per la nostra sicurezza . Un atteggiamento che
caratterizza, e distrae, l'opinione pubblica e la politica di molti paesi
Europei e Atlantici. Quanto è diverso l'atteggiamento dei Governi in
altri "stakeholders", soprattutto Russia, Iran, Cina! Non si deve
trascurare l'asimmetria tra un "West" – l’Occidente - riluttante a fare
entrare nel discorso pubblico i grandi temi della sicurezza, e un "Rest"
– l’altra parte del mondo- dove la sicurezza viene brandita come
strumento di legittimazione nazionalista, di consenso popolare, di
protagonismo regionale e globale.
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IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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26. II. Guardare l'ISIS senza vedere l'Iran.
La conferenza del 3 giugno scorso dei Paesi che partecipano alla
“guerra all’Isis” ha sottolineato l'esigenza della riconciliazione in Iraq,
della partecipazione Sunnita al governo, del riarmo delle tribù sunnite
in funzione anti Isis. Il Primo Ministro al-Abadi ha addebitato
all'insufficiente sostegno occidentale i recenti rovesci militari. Ma ha
dovuto sentire critiche francesi e di altri- ma non dell'Italia- per le
politiche settarie guidate dall’Iran, che il Governo di Baghdad continua
a praticare. Otto anni di dominio scita-iraniano in Iraq scoraggiano i
sunniti dal prendere le armi contro l'Isis, e li fanno sentire sempre più
emarginati e in pericolo. Ma al-Abadi non ha potuto o voluto cambiare
rotta.
LA LUNGA STORIA DEL MEDITERRANEO:
IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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27. Appena prima della Conferenza di Parigi per l’Isis, sull'altro fronte,
quello della guerra civile siriana, il Presidente Rouhani riceveva il
Presidente del Parlamento siriano Mohammad al-Laham e dichiarava
solennemente: "L'Iran sosterrà il Presidente Bashar al-Assad sino alla
fine ... non dimentica i suoi obblighi morali verso il Governo siriano". E
il comandante delle Forze speciali Quds, il Gen. Qassem Soleiman
ammoniva che "ci saranno sorprese". In effetti il reclutamento di
volontari sciti assoldati per combattere in Siria sta aumentando
esponenzialmente.
Ci sono già in Siria diecimila miliziani iracheni sciti e settemila
Hezbollah libanesi. Agenti iraniani in Afghanistan, Pakistan e in Asia
Centrale starebbero reclutando a pieno ritmo, anche sul web.
LA LUNGA STORIA DEL MEDITERRANEO:
IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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28. Il rapporto tra l'Iran scita e gli Assad precede la rivoluzione
Khomeinista. Tuttavia Hafez al- Assad aveva tenuto a coltivare la
centralità della Siria nei complessi giochi di potere regionale. Con
Bashar Assad il rapporto con l'Iran diventa del tutto subalterno e
dipendente via via che la criminale repressione alimenta, volutamente,
il jihadismo sunnita e l'Isis.
Il contrasto all'Isis diventa così occasione perfetta per iniziative
iraniane non soltanto nel mondo scita ma anche in campo sunnita ,
insieme ad Hamas , Islamic Jihad a Gaza, a gruppi di al- Qaeda e
Talebani. La macchia d'olio dell'influenza iraniana tende a
espandersi verso forze fondamentaliste sunnite che vedono male un
"Califfato" che autoimposto dall'esterno. La visione millenarista e
rivoluzionaria fa pretendere alla teocrazia iraniana di essere la "guida"
di tutto l'Islam.
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IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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29. Da quando la "guerra all'Isis" è stata lanciata lo scorso agosto dalla
coalizione arabo-occidentale, di fatto insieme all'Iran, è iniziata una
campagna di bombardamenti contro l'Isis con gravi "danni collaterali",
e la situazione non fa che peggiorare; le vittime civili aumentano, così
come sfollati, profughi, distruzioni.
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30. III. Le "mutazioni" dei conflitti intra-statuali in Siria, Iraq, Yemen,
Libia.
Non eravamo stati in pochi i primi giorni d'agosto dello scorso anno, a
sottolineare l’errore di azioni militari del tutto prive di una strategia
politica, quale condizione del sostegno militare al Governo iracheno.
Questa deve essere la linea dell'Italia e dell'Europa. Dobbiamo
sottolineare con decisione, non solo nelle pieghe di un comunicato,
che occorre un'intesa politica “condizionante” per porre fine ai
massacri in Iraq e Siria. Diversamente i bombardamenti non
estirperanno mai il jihadismo e lo Stato Islamico . E saranno sempre
più la dimostrazione di una assai improvvida "alleanza" con Assad,
Khamenei, Hezbollah e simili, che sono pericolosi almeno quanto i
fondamentalisti sunniti.
LA LUNGA STORIA DEL MEDITERRANEO:
IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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31. Le guerre intra-statuali in Siria, in Iraq, Libia e ora anche in Yemen,
hanno questo in comune: che sono iniziate come rivolte contro regimi
corrotti e sanguinari ; ma poi , per assoluta carenza di un “percorso di
riforme” all’interno, e in presenza di contrapposti interessi nella
Comunità internazionale, hanno dato luogo a rapidissime "mutazioni"
a carattere etnico-religioso, con fenomeni che si chiamano Isis in Iraq,
Siria ed ora anche in Libia, Houti e al- Qaeda in Yemen. Il principale
alimento a queste mutazioni proviene dal settarismo dell'Iran,
contrastato unicamente dai Paesi del Golfo.
LA LUNGA STORIA DEL MEDITERRANEO:
IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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32. Le quattro gravi crisi devono essere risolte prima che il crollo di assetti
regionali del XX secolo basati su realtà statuali multietniche lasci il
campo a una vastissima conflagrazione tra mondo scita e mondo
sunnita. Spetta ai Paesi Occidentali e alla Lega Araba, che si era
impegnata con sanzioni e missioni di osservatori per fermare la
criminale violenza del regime siriano, subordinare il sostegno militare a
Baghdad e a Damasco alla creazione immediata di Governi di Unità
Nazionale, garantiti dai Paesi che hanno partecipato alla Conferenza di
Parigi. Ugualmente garantiti devono essere i principi e le tutele
costituzionali che esistono nell'ordinamento iracheno, ma che sono
state del tutto disattese; e che per lo Yemen sono state già
ripetutamente definite. Sono tali principi e tutele a dover essere
elemento costitutivo di una urgente transizione in Siria.
LA LUNGA STORIA DEL MEDITERRANEO:
IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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33. Una posizione ferma nei confronti dell'Iran è essenziale. I segnali che
noi europei e italiani continuiamo ad inviare a Teheran sono sbagliati;
incoraggiano gli Ayatollah a perseguire nelle ambizioni regionali
e visioni messianiche proprie alle sue più retrive componenti
fondamentaliste.
Dobbiamo invece essere chiari sul nostro sostegno al pluralismo
politico ,ai diritti umani, alle aspirazioni di un mondo giovane e istruito
sempre più insofferente all'oppressione della teocrazia. Sono queste le
linee di politica estera che dovrebbero guidare una seria azione per la
stabilità di una regione al momento dominata da un inaccettabile
settarismo, che non dobbiamo assolutamente condividere.
LA LUNGA STORIA DEL MEDITERRANEO:
IMMIGRAZIONE, TERRORISMO, SICUREZZA
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34. In questo quadro dovremmo riconoscere alla Russia di essere un
fondamentale "stakeholder". Non si tratta di un auspicio formale, né di
illudersi che sia per ora immaginabile riattivare con Mosca quel
partenariato che l'Italia ha incoraggiato anche negli ultimi anni, e che
riuscivamo ancora a tenere in atto nel 2012/2013. Si tratta piuttosto di
motivare la Russia nella transizione siriana e irachena.
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35. IV. Libia.
L'inviato speciale dell'Onu, Bernardino Leon, sostenuto da parallele
iniziative europee e Arabe, è da oltre un anno alla ricerca di un'intesa
tra i due principali schieramenti: Alba e le componenti islamiste di
Tripoli da un lato; Operazione Dignità in sostegno del Parlamento
trasferitosi a Tobruk, dall'altro. Due schieramenti che si frammentano e
incrociano con una pluralità di milizie locali, fazioni, personaggi
che agiscono per mero calcolo personale. Vi è, molto preoccupante,
l'elemento Jihadista ,con Ansar al-Sharia e Isis.
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36. L'attivismo diplomatico non è certo mancato. Ne sono state cornice le
riunioni euromediterranee "5+5", conferenze internazionali, le
discussioni Ue a Bruxelles e Onu a New York. La febbre è ancora
cresciuta per il sovrapporsi, alla crisi di altre immediate criticità:
1. il decuplicarsi in soli pochi mesi del traffico di migranti verso le
nostre coste, con ripetute tragedie in mare, anche dopo quella di
Lampedusa;
2. il radicarsi dello Stato Islamico a Derna, con collegamenti jihadisti a
Tripoli e Sirte.
3. il rapporto tra criminalità coinvolta nel traffico dei migranti e
organizzazioni terroristiche; e in Italia analoghi collegamenti tra le
cosche di Mafia Capitale e dell’immigrazione clandestina.
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37. Nell'immediato, la nostra sicurezza deve essere tutelata. Esistono basi
legali per agire a titolo nazionale con misure di contrasto al traffico dei
migranti perché stiamo subendo la minaccia di organizzazioni criminali
e terroristiche. Le azioni di autotutela perfettamente legittime anche
senza pronunce di un Consiglio di sicurezza dell’ONU paralizzato dagli
interessi nazionali dei cinque membri permanenti. Ed è poco
comprensibile che da due anni si stia solo discutendo “aspettando
l’ONU”. A meno che l'"andare a New York" sia il modo per trasferire
sempre la responsabilità di decisioni difficili a qualcun altro.
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38. Nel medio e nel lungo periodo vi è la necessità di promuovere:
• a livello Europeo, una normativa comune sul diritto d'asilo;
una ripartizione degli oneri di accoglienza tra i Paesi membri per
quanti hanno diritto allo status di rifugiato; regole condivise e
cogenti sui rimpatri; accordi con i paesi di provenienza
finanziamenti ad hoc nei programmi di Partenariato Mediterraneo.
• sul piano nazionale, interventi legislativi che rispondano a un
disegno coerente di inserimento delle comunità immigrate nella
realtà sociale, culturale, economica del nostro paese. Il rispetto
della legalità, dei percorsi di scolarizzazione, dei principi
costituzionali di libertà e uguaglianza sembra irrinunciabile. Così
come la lotta all'intolleranza, alla discriminazione, al
fondamentalismo.
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39. Paesi europei che hanno una centenaria tradizione di rapporti con
l'Islam sul proprio territorio, come l'Austria, hanno adottato leggi sul
riconoscimento della libertà religiosa e dei culti che meritano di essere
valutate anche da altri in Europa.
La stabilità e il consolidamento istituzionale della Libia rappresenta una
delle priorità in assoluto più elevate per l'Italia. Il ginepraio di conflitti
nel quale il Paese sta affondando è conseguenza dell'interruzione del
processo costituzionale e della sempre più condizionante entrata in
scena delle forze islamiste in tutto il nord Africa a fine 2012, un anno
dopo l'uccisione di Gheddafi. Anche in Libia si è perso troppo tempo. Il
superamento della crisi libica richiede enorme impegno: diplomatico,
di concertazione internazionale, di risorse finanziarie e umane, e di
assistenza militare e di sicurezza. Ridare prospettive a un paese fonte
di tensioni destabilizzanti è necessità vitale per l'Italia. Ancor più lo è
per motivi economici ,di approvvigionamento energetico, di presenza
delle nostre aziende, oltre che per i legami storici tra Italia e Libia.
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40. Mentre proseguono i tentativi dell'Onu di portare le diverse fazioni a
un Governo di unità nazionale, sul terreno si manifestano segni di
evidente logoramento. Diversi sono i casi di tregue locali, ma in una
grande instabilità. Gli scontri hanno compromesso o danneggiato quasi
tutti i porti e gli aeroporti. Le alleanze si capovolgono facilmente come
quella tra Zintane e Sobrata, durante la rivolta contro Gheddafi,
diventata ostilità, e poi ancora tregua. Vi sono veti reciproci,
delegittimazioni, indisponibilità ad accettare il dialogo proposto dalle
Nazioni Unite. La presenza dell'Isis tende a essere sottaciuta dagli
interlocutori libici. Ma induce alcuni a maggior ragionevolezza.
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41. La ripresa di un "percorso costituzionale" può solo poggiare su
un'agenda condivisa tra i paesi Arabi ,e tra gli europei, anziché sui
giochi di influenza. Il nostro paese viene sollecitato da tempo, dagli Usa
e da alcuni partners europei, a esercitare una "leadership" negoziale .
Non lo sta facendo.
Si tratta di fare emergere, dalla attuale situazione di blocco, una figura
di alto livello e significato per tutte le diverse componenti religiose,
politiche e tribali del paese, che possa garantire quel percorso che
deve necessariamente partire dalla stessa realtà libica.
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42. V. Migrazioni.
Di emergenza immigrazione si è discusso all'infinito in questi mesi: per
la completa assenza di una politica e di una strategia nazionale ed
europea; per una "emergenza" che non è onesto definire come tale
dato che il fenomeno era previsto con certezza matematica da almeno
due anni; per il fatto che da una parte si sottolineano le priorità
umanitarie del salvataggio in mare, e dell'accoglienza di tutti i migranti
in Italia; mentre si stigmatizzano dall'altro gli enormi problemi sociali,
economici, di bilancio, di sicurezza, di illegalità diffusa e di tutela
dell'ordine pubblico che un "buonismo senza se e senza ma" pone al
nostro Paese.
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43. Parlando di questi temi durante una mia recente visita negli Usa, Paese
dove l'immigrazione è pure al centro del dibattito politico, mi è
capitato di constatare l'assenza nel confronto politico italiano, o per lo
meno la sottovalutazione, di aspetti che invece sono fondamentali per
gli americani, oltre che per altri Paesi.
Affrontare l'emergenza immigrazione significa anzitutto adottare
politiche risolutive nei confronti del traffico di esseri umani. In ordine
d'importanza, si tratta della seconda maggiore attività per il crimine
organizzato transnazionale, seconda solo al traffico di droga e persino
più redditizia del commercio di armi.
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44. Affrontare l'emergenza immigrazione significa anzitutto adottare
politiche risolutive nei confronti del traffico di esseri umani. In ordine
d'importanza, si tratta della seconda maggiore attività per il crimine
organizzato transnazionale, seconda solo al traffico di droga e persino
più redditizia del commercio di armi.
Nonostante le considerazioni emotive ed etiche non possano valere
meno per le vittime del traffico di droga e di armi, il traffico
clandestino di esseri umani tocca in questa epoca molte coscienza più
di ogni altro fenomeno criminoso.
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45. La ricerca di soluzioni non può tuttavia essere "isolata". I trafficanti,
come spiega un'importante ricerca appena pubblicata dalla Columbia
University, considerano i migranti clandestini come "merce"
("commodities"), trasportata attraverso le stesse "autostrade",
finanziata attraverso gli stessi circuiti, protetta e sfruttata dalle
medesime mafie che muovono a livello globale droga, armi, petrolio,
prodotti contraffatti. I network sono "ibridi", collegano crimine
organizzato, attività finanziarie e terrorismo. La valutazione della
minaccia deve collegare queste contiguità e sovrapposizioni.
La prassi internazionale distingue le fattispecie criminose che
caratterizzano l'immigrazione clandestina in base a tre criteri:
consenso; sfruttamento; trasporto. Si tende così a differenziare il reato
di "contrabbando" dal reato di "traffico". Nel *contrabbando* il
migrante si accorda e paga un prezzo per il proprio trasporto. Nel
*traffico* il migrante diviene vittima di un sistema di sfruttamento nel
quale il trasferimento oltrefrontiera non è che la primissima fase.
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46. Nelle analisi fatte dalle Agenzie dell'Onu e da istituzioni indipendenti
come la Columbia University, si rileva come il semplice
"contrabbando"- pur sempre reato contro la sovranità e la sicurezza
dello Stato - stia diventando sempre più marginale rispetto al crimine
di "traffico di esseri umani ", nel quale si sommano pesantissime
violazioni dei diritti della persona e delle sue libertà fondamentali. Il
"contrabbando" diventa sempre più spesso "traffico" per i meccanismi
che sistematicamente si innescano:
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47. 1. per pagare debiti contratti con i trafficanti, fatti lievitare
artificiosamente durante e dopo il viaggio;
2. per il collegamento con organizzazioni dedite al traffico di droga
che soprattutto in Africa Occidentale e in America Centrale
operano in simbiosi con l'immigrazione illegale, utilizzandone le
rimesse derivanti dallo sfruttamento dei lavoratori clandestini e
della prostituzione, per riciclaggio di denaro;
3. per alimentare i "network" del terrorismo, attraverso la
radicalizzazione di intere comunità di migranti. Ciò è avvenuto da
tempo in America Latina e in Africa Occidentale con l'emigrazione
di sciti libanesi che hanno rafforzato la presenza Hezbollah in
quelle regioni. Sta avvenendo con l'immigrazione clandestina dal
Corno d'Africa, dal Sahel e dalla Libia verso l'Europa.
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48. Il contrasto a queste diffuse e multiformi minacce alla nostra sicurezza
e alla legalità deve perciò riguardare ambiti che vanno aldilà
dell'immigrazione illegale. Questo reato deve essere sanzionato e
combattuto su tutto il fronte delle conseguenze che esso comporta.
Risulta così incomprensibile che ci si voglia eliminare il "reato" di
immigrazione clandestina, sempre meno separabile da quello di
"traffico di esseri umani".
Le misure di interdizione devono collegare agenzie,
programmi, collaborazioni internazionali, per aggredire
networks, flussi finanziari, e l'intera pluralità di soggetti coinvolti nei
traffici di migranti, sempre più interdipendenti con le organizzazioni
criminali della droga, del terrorismo, della prostituzione e
dell'economia sommersa. Basti questo per dare la misura della grave
inadeguatezza nelle politiche sull'immigrazione di questo Governo.
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49. Il contrasto a queste diffuse e multiformi minacce alla nostra sicurezza
e alla legalità deve perciò riguardare ambiti che vanno aldilà
dell'immigrazione illegale. Questo reato deve essere sanzionato e
combattuto su tutto il fronte delle conseguenze che esso comporta.
Risulta così incomprensibile che ci si voglia eliminare il "reato" di
immigrazione clandestina, sempre meno separabile da quello di
"traffico di esseri umani".
Le misure di interdizione devono collegare agenzie,
programmi, collaborazioni internazionali, per aggredire
networks, flussi finanziari, e l'intera pluralità di soggetti coinvolti nei
traffici di migranti, sempre più interdipendenti con le organizzazioni
criminali della droga, del terrorismo, della prostituzione e
dell'economia sommersa. Basti questo per dare la misura della grave
inadeguatezza nelle politiche sull'immigrazione di questo Governo.
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