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“IL BACIO AZZURRO”
di Angelica Mauri
Quel giorno tornai da scuola molto stanco, la casa era vuota, il silenzio la
regnava, cominciai a preoccuparmi.
“Mamma! Nonno!” il silenzio si impadronì di me.
Magari il nonno era andato a ritirare il latte, che però ritirava puntualmente
tutte le mattine.
Sul tavolo notai un piatto su cui era poggiata una fetta di pizza, mi avvicinai
ormai era fredda.
Poggiato al suo fianco c'era un bigliettino.
La scrittura di mia madre assomigliava molto ad una goccia di acqua
trascinata dal vento lungo il foglio, una scrittura obliqua quasi incomprensibile,
ma non per me.
“Caro Francesco io e tuo nonno abbiamo deciso di farti ritrovare tuo padre e
un po' della felicità perduta durante questo periodo di distacco da lui. Quindi
segui l'acqua e buona fortuna”.
Solo in quel momento udii il suono delle gocce di acqua nel lavabo.
Mi avvicinai e con lo sguardo le seguii mentre scivolavano nello scolo del
lavandino.
In quel momento ricordai una frase del nonno che mi ripeteva molte volte
“quando sarà il momento dovrai seguire il percorso che fa l'acqua, parti da
dove vuoi ma ricorda sempre il suo lungo viaggio...”in quel momento capii
che dovevo seguire il percorso compiuto dall'acqua e non lasciarla mai.
“Il suo percorso comincia con il prelievo dell'acqua dal territorio, pensa che la
struttura utilizzata per quest'operazione si può scorgere da casa tua.”
Quel pomeriggio il nonno mi aveva portato su una collina da cui si scorgeva
tutto il paese e mi aveva mostrato quella struttura in cui solamente in quel
momento ricordai l'esistenza.
Preparai con fretta e con superficialità un piccolo zaino con il minimo
indispensabile.
La scuola era appena finita e l'estate era appena iniziata, ma un caldo afoso
già regnava su tutta la pianura.
L'aria calda mi soffiava sul viso mi gonfiava la maglietta e mi scompigliava i
capelli.
Sfrecciavo lungo le strade a cavalcioni della mia bicicletta. Nel momento
stesso in cui superai il margine del bosco un'aria gelida mi sfiorò le guance e
un brivido mi percorse la schiena.
Il sentiero cominciò a salire e io dovetti scendere dalla bicicletta e spingerla a
mano.
Arrivato in cima alla collina vidi per la seconda volta quell'enorme struttura,
quando la vidi mi sentii come una minuscola goccia nell'oceano.
Ai piedi di quest'ultima c'era una minuscola casetta di legno.
La porta era aperta, entrai, vidi una branda fiancheggiata da una stufa in cui
spiccava acceso un enorme fuoco.
Un tavolo imbandito poggiato alla parete mi fece capire che quel tutto era
stato preparato per me.
Un altro bigliettino era poggiato sul tavolo, ma questa volta il biglietto era
caratterizzato da una scrittura grossa e tonda, quella di mio nonno.
Lessi ad alta voce:” Ben arrivato, spero che questa notte ti troverai bene
anche se in solitudine.
L'indomani prosegui seguendo l'acqua. Ricordi il suo percorso? Saltiamo
qualche tappa e andiamo direttamente alla depurazione.
Se aggiri la struttura ti troverai a fiancheggiare un fiume, seguilo e trova la tua
destinazione”.
Quella sera mi sentii solo come non mai, non avevo nessuno con cui parlare.
Non sono un ragazzo vivace e solitamente tengo tutto dentro di me, ma sono
abituato al contatto con le persone. Sopratutto alla sera, perché è il momento
in cui tutte le mie paure tornano a galla, la distanza da mio padre si fa più
forte.
È in quel momento che hai veramente bisogno delle persone, bisogno di
parlare con qualcuno.
È quella sera non c'era nessuno lì a parlare con me, a consolarmi.
Feci molta fatica ad addormentarmi quella sera, avvolto in un velo di tristezza
e di sconforto.
La mattina successiva mi alzai di buon'ora, comincia a camminare, ogni tanto
mi fermavo a bordo del fiume con il fiatone, lo osservavo nei minimi particolari,
dalle acque lucenti che riflettevano i mille colori del bosco ai rami ricadenti sul
fiume, trascinati dalla corrente.
Ero quasi in cima oramai vedevo la cresta, ma mi fermai.
Volevo riflettere, sapevo che quando sarei arrivato in cima un fantastico
incontro mi avrebbe fatto felice, eppure sapevo che la mia vita sarebbe
cambiata completamente.
Volevo godermi quegli ultimi momenti nella mia solita e monotona vita, la
lontananza dal padre.
Mi sedetti e pensai; immaginai di essere un pesce, sempre a contatto con
l'acqua, compiere pirolette e salti, farmi trascinare dalla corrente.
Poi tornai alla realtà, proseguii verso la meta.
Arrivai in cima, un panorama mozzafiato si estendeva davanti ai miei occhi.
Alzai lo sguardo e lo vidi, mio padre, mi sembrava un estraneo, non riuscii a
muovere un muscolo.
Lui si avvicinò e mi abbracciò.
Una gioia improvvisa mi invase, pensai a tutti i momenti felici da trascorrere
insieme, pensai alla mia nuova vita.
Sapevo che sarebbe stata meglio dell'ultima appena trascorsa , ma sapevo
anche che mi sarebbe mancato qualcosa.

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Il bacio azzurro

  • 1. “IL BACIO AZZURRO” di Angelica Mauri Quel giorno tornai da scuola molto stanco, la casa era vuota, il silenzio la regnava, cominciai a preoccuparmi. “Mamma! Nonno!” il silenzio si impadronì di me. Magari il nonno era andato a ritirare il latte, che però ritirava puntualmente tutte le mattine. Sul tavolo notai un piatto su cui era poggiata una fetta di pizza, mi avvicinai ormai era fredda. Poggiato al suo fianco c'era un bigliettino. La scrittura di mia madre assomigliava molto ad una goccia di acqua trascinata dal vento lungo il foglio, una scrittura obliqua quasi incomprensibile, ma non per me. “Caro Francesco io e tuo nonno abbiamo deciso di farti ritrovare tuo padre e un po' della felicità perduta durante questo periodo di distacco da lui. Quindi segui l'acqua e buona fortuna”. Solo in quel momento udii il suono delle gocce di acqua nel lavabo. Mi avvicinai e con lo sguardo le seguii mentre scivolavano nello scolo del lavandino. In quel momento ricordai una frase del nonno che mi ripeteva molte volte “quando sarà il momento dovrai seguire il percorso che fa l'acqua, parti da dove vuoi ma ricorda sempre il suo lungo viaggio...”in quel momento capii che dovevo seguire il percorso compiuto dall'acqua e non lasciarla mai. “Il suo percorso comincia con il prelievo dell'acqua dal territorio, pensa che la struttura utilizzata per quest'operazione si può scorgere da casa tua.” Quel pomeriggio il nonno mi aveva portato su una collina da cui si scorgeva tutto il paese e mi aveva mostrato quella struttura in cui solamente in quel momento ricordai l'esistenza. Preparai con fretta e con superficialità un piccolo zaino con il minimo indispensabile. La scuola era appena finita e l'estate era appena iniziata, ma un caldo afoso già regnava su tutta la pianura. L'aria calda mi soffiava sul viso mi gonfiava la maglietta e mi scompigliava i capelli. Sfrecciavo lungo le strade a cavalcioni della mia bicicletta. Nel momento stesso in cui superai il margine del bosco un'aria gelida mi sfiorò le guance e un brivido mi percorse la schiena. Il sentiero cominciò a salire e io dovetti scendere dalla bicicletta e spingerla a mano. Arrivato in cima alla collina vidi per la seconda volta quell'enorme struttura, quando la vidi mi sentii come una minuscola goccia nell'oceano. Ai piedi di quest'ultima c'era una minuscola casetta di legno. La porta era aperta, entrai, vidi una branda fiancheggiata da una stufa in cui
  • 2. spiccava acceso un enorme fuoco. Un tavolo imbandito poggiato alla parete mi fece capire che quel tutto era stato preparato per me. Un altro bigliettino era poggiato sul tavolo, ma questa volta il biglietto era caratterizzato da una scrittura grossa e tonda, quella di mio nonno. Lessi ad alta voce:” Ben arrivato, spero che questa notte ti troverai bene anche se in solitudine. L'indomani prosegui seguendo l'acqua. Ricordi il suo percorso? Saltiamo qualche tappa e andiamo direttamente alla depurazione. Se aggiri la struttura ti troverai a fiancheggiare un fiume, seguilo e trova la tua destinazione”. Quella sera mi sentii solo come non mai, non avevo nessuno con cui parlare. Non sono un ragazzo vivace e solitamente tengo tutto dentro di me, ma sono abituato al contatto con le persone. Sopratutto alla sera, perché è il momento in cui tutte le mie paure tornano a galla, la distanza da mio padre si fa più forte. È in quel momento che hai veramente bisogno delle persone, bisogno di parlare con qualcuno. È quella sera non c'era nessuno lì a parlare con me, a consolarmi. Feci molta fatica ad addormentarmi quella sera, avvolto in un velo di tristezza e di sconforto. La mattina successiva mi alzai di buon'ora, comincia a camminare, ogni tanto mi fermavo a bordo del fiume con il fiatone, lo osservavo nei minimi particolari, dalle acque lucenti che riflettevano i mille colori del bosco ai rami ricadenti sul fiume, trascinati dalla corrente. Ero quasi in cima oramai vedevo la cresta, ma mi fermai. Volevo riflettere, sapevo che quando sarei arrivato in cima un fantastico incontro mi avrebbe fatto felice, eppure sapevo che la mia vita sarebbe cambiata completamente. Volevo godermi quegli ultimi momenti nella mia solita e monotona vita, la lontananza dal padre. Mi sedetti e pensai; immaginai di essere un pesce, sempre a contatto con l'acqua, compiere pirolette e salti, farmi trascinare dalla corrente. Poi tornai alla realtà, proseguii verso la meta. Arrivai in cima, un panorama mozzafiato si estendeva davanti ai miei occhi. Alzai lo sguardo e lo vidi, mio padre, mi sembrava un estraneo, non riuscii a muovere un muscolo. Lui si avvicinò e mi abbracciò. Una gioia improvvisa mi invase, pensai a tutti i momenti felici da trascorrere insieme, pensai alla mia nuova vita. Sapevo che sarebbe stata meglio dell'ultima appena trascorsa , ma sapevo anche che mi sarebbe mancato qualcosa.