Ristampa di un diario, edito nel 1910, in merito ad un viaggio compiuto dall'autore in Dalmazia; ristampa di un discorso e di uno studio sempre dell'autore risalenti al 1920; ristampa di scritti e documenti dell'autore risalenti al 1921. Il suddetto materiale ha come tema principale l'agonia dell'italianità della Dalmazia in seguito alla cinquantennale persecuzione austriaca e slava e all'assegnazione della regione alla Jugoslavia in seguito al Trattato di Rapallo del 1920. A questo materiale si aggiunge uno scritto del 1941 in merito alla redenzione della Dalmazia in seguito alla vittoriosa campagna di Jugoslavia.
Ristampa di un diario, edito nel 1910, in merito ad un viaggio compiuto dall'autore in Dalmazia; ristampa di un discorso e di uno studio sempre dell'autore risalenti al 1920; ristampa di scritti e documenti dell'autore risalenti al 1921. Il suddetto materiale ha come tema principale l'agonia dell'italianità della Dalmazia in seguito alla cinquantennale persecuzione austriaca e slava e all'assegnazione della regione alla Jugoslavia in seguito al Trattato di Rapallo del 1920. A questo materiale si aggiunge uno scritto del 1941 in merito alla redenzione della Dalmazia in seguito alla vittoriosa campagna di Jugoslavia.
Gibellina. Laboratorio di sperimentazione sociale Autore: Giovanni RobustelliFrattura Scomposta
La piccola città di Gibellina, di origine medievale, fu completamente distrutta durante il terremoto del Belice del 1968. La sua ricostruzione però non fu come quella di tutti gli altri borghi colpiti: fu infatti affidata agli artisti, e oggi Gibellina è uno dei centri italiani più importanti per l'arte contemporanea, dal momento che oltre alle sculture all'aperto che vi si possono ammirare (realizzate da artisti come Pietro Consagra, Alberto Burri, Mimmo Rotella e molti altri) sono stati realizzati anche musei dedicati. Giovanni Robustelli ripercorre la storia di Gibellina dal 15 gennaio del 1968 fino ai giorni nostri, conducendo un'analisi non priva di critiche, volta a comprendere quali furono le idee alla base della ricostruzione della città e come Gibellina potrà svilupparsi in futuro. Il libro contiene anche un dialogo inedito con Ludovico Corrao, ex sindaco di Gibellina nonché tra i maggiori artefici della ricostruzione: l'ebook è dedicato alla sua memoria.
http://bit.ly/RESISTENZA_VENETO_STRAGE_COMANDANTI_LAICI_CARISMATICI
Audio video recente, con una prospettiva inedita sulla storia della resistenza locale
https://www.slideshare.net/sergiobernardi/presentations
Tutte le mie pubblicazioni su temi storici ed ambientali locali, sulle rive del Muson (TV)
Linea guida di questa pubblicazione
Provare a capire il contesto in cui ha vissuto gran parte della sua vita, per riscoprire la sua vera identità e spiegare qualche apparente enigma.
LA FAKE "SLAVA"
Abbiamo subito passivamente il lavaggio del cervello dell’illustre storico Bossi.
Tutti Celti! Conformismo servile innato?
Cerco una spiegazione meno umiliante al link:
http://bit.ly/STORIA-RIVE-MUSON
Adesso tutti slavi? Certamente siamo parenti molto stretti degli Sloveni
Seguendo una direttrice costante nel flusso della civilizzazione, siamo venuti da est, per mare e per terra.
Nel secondo caso, con un flusso lento, secolare ed un profondo rimescolamento etnico-culturale nei territori attraversati.
Alcuni hanno proseguito, come i Veneti combattuti da Cesare nella Gallia.
In controtendenza, dal nord si è sempre verificato un flusso inverso, le “invasioni barbariche”.
In questo caso, popoli rozzi, ma militarmente vincenti, si appropriano delle ricchezze locali con un’assimilazione lenta e problematica.
Pensiamo ai Dori in Grecia, cioè alla spiccata individualità culturale degli Spartani, oppure ai Mocheni, ai Cimbri, a Bossi, isolatosi a Gemonio…
Longobardo o Celtico???
Diffidare degli storici “fai da te”, che confondono i due tipi di flusso e costruiscono strampalate ipotesi, arzigogolando su qualche vaga assonanza linguistica.
I VENETI, DISPOSTI A FARE BUONI AFFARI CON CHIUNQUE
Fin dall’antichità ci caratterizza una spiccata vocazione per il commercio, che Venezia ha esercitato con enorme successo per un millennio.
Quando Roma è uno sconosciuto villaggio del Lazio, Omero consacra la nostra fama, già consolidata, come insuperabili allevatori di cavalli, che piazziamo in tutto il mediterraneo.
VIRTÙ BELLICHE ZERO
Nessuna forma di resistenza contro l’espansione di Roma, alla quale spalanchiamo le porte, addirittura invitandola a mediare qualche nostra diatriba.
Venezia, al culmine del suo splendore, difende i suoi interessi soprattutto investendo sull’efficienza del suo arsenale, in grado di ricostruire rapidamente l’intera flotta.
Assolda gli slavi come soldati, i condottieri li compra, a peso d'oro, tra i migliori.
Non si fida mai di loro e se ne disfa in fretta, alcuni, come il Carmagnola, li decapitata.
REITA ED IL MATRIARCATO
Visitate il museo archeologico di Este, per capire la religiosità dei nostri antenati.
Reita ha molti punti in comune con la “grande madre mediterranea”.
Schematizzando un po’, si può dire che, fin dalla preistoria, i popoli dediti ad attività pacifiche, l’agricoltura p.e., davano la preminenza ad una divinità femminile.
Questa peculiarità comportava una maggior valorizzazione della donna nella gerarchia sociale: l’archeologia ha trovato significativi riscontri anche per i Veneti.
DA REITA A MARIA
Tra le divinità romane si avvicina maggiormente a Giunone, padrona di casa, moglie vigile ed arcigna di un Giove passionale, capriccioso, insomma inaffidabile.
La nostra religiosità è cambiata poco in tre millenni!
I luoghi di culto a Reita, coincidono spesso con un santuario mariano, molto frequentato anche oggi.
http://bit.ly/RESISTENZA_VENETO_STRAGE_COMANDANTI_LAICI_CARISMATICI
Audio video recente, con una prospettiva inedita sulla storia della resistenza locale
https://www.slideshare.net/sergiobernardi/presentations
Tutte le mie pubblicazioni su temi storici ed ambientali locali, sulle rive del Muson (TV)
26/4/18 - Correzione a pag. A4
Sandro Pasqualetto era democristiano non comunista.
(Slideshare, non consente più di correggere il documento)
Comunque, nelle pagine successive, non mancano ben altri esempi di grande feeling cattocomunista.
IL MOVENTE POLITICO DELL'OMICIDIO
Mio padre, coetaneo, amico e confidente di Primo Visentin, ne era molto convinto.
In paese si parlava sempre di traditori e ladri, come potenziali autori e complici dell’omicidio, tutti erano decisamente concordi sul nome di Andretta, come autore materiale.
Nessuno di questi nanerottoli, aveva la statura, neppure era tanto stupido, da caricare sulle proprie spalle, un delitto simile, con la certezza assoluta di essere facimente individuato e punito.
Salvo complicità adeguate e ben garantite a priori, naturalmente
Le cronache dei protagonisti
In questo tipo di verifiche, è un po’ deprimente basarsi solo sui memoriali.
Poco o tanto, sono inficiati dall’irrefrenabile smania di abbellire il racconto, “pro domo sua”.
Tuttavia, con un po’ di pazienza, confrontando le varie versioni, si può ricavarne una intermedia di compromesso, che, presumibilmente, forse si avvicina alla verità.
Meglio studiare come andavano le cose in generale.
Secondo me è più utile leggere qualche buon libro di storia, approfondendo le poche vicende sufficientemente note ed acclarate.
Perché lo svolgimento dei fatti si conferma molto ripetitivo, quando il contesto è simile.
L’utilità pedagogica della storia
Pansa millanta di trovare la verità intrufolando il suo grugno nell’immondizia, ben sapendo che tutte le fazioni, in tutte le guerre, producono il tipo di porcheria di cui lui è ghiottissimo.
Con la sue gigantesche scoreggie editoriali, rischia di sopraffare il profumo nobile della resistenza, un’essenza molto delicata e ormai poco percettibile.
Tuttavia, per preservare la parte preziosa ed immarcescibile della vicenda resistenziale, bisogna separare, decisamente e coraggiosamente, tutto il materiale putrescente che effettivamente porta ancora con sé.
Intendo la retorica menzognera, le cento bugie, che, anche nella vicenda di Primo, persistono ostinatamente.
I sentimenti
Sono compaesano di Masaccio, ho vissuto la mia infanzia in un paese molto speciale, segnato dalla traccia profonda del suo passaggio.
La sua unica sorella, Rita, in quanto moglie di un mio zio paterno, era anche proprietaria della casa dove sono nato.
Non possiedo le parole adatte per trasmettere i sentimenti di affetto e di adesione agli ideali di Primo, che pervadeva la mia famiglia.
Questo lavoro è solo un modesto omaggio al "profeta".
http://bit.ly/RESISTENZA_VENETO_STRAGE_COMANDANTI_LAICI_CARISMATICI
Audio video recente, con una prospettiva inedita sulla storia della resistenza locale
https://www.slideshare.net/sergiobernardi/presentations
Tutte le mie pubblicazioni su temi storici ed ambientali locali, sulle rive del Muson (TV)
Le vicende eccezionali della sua storia antichissima, hanno sicuramente lasciato una profonda traccia genetica e culturale nei suoi abitanti: Veneti, Goti, Masnadieri.
Il castello è un manufatto antichissimo, una testimonianza unica delle importanti origini, ma anche il principale protagonista della storia del paese, fino alla sua distruzione.
A giudicare dalla stessa segnaletica, è sorprendentemente negletto dall’intera comunità.
Più che uno storico, bisognerebbe interpellare uno psicanalista….
Le strade e le piazze hanno sempre avuto una denominazione derivata da una caratteristica
propria o da un edificio, per lo più religioso, o da una situazione particolare.
Così a Novellara c’erano la Contrada della torre, la contrada del gioco del pallone,
quelle della zecca, dei birri e delle beccherie, lo stradone dei Gesuiti, la piazzetta
e così via, ma non c’era bisogno di indicazioni o targhe; lo si sapeva e basta.
http://bit.ly/RESISTENZA_VENETO_STRAGE_COMANDANTI_LAICI_CARISMATICI
Audio video recente, con una prospettiva inedita sulla storia della resistenza locale
https://www.slideshare.net/sergiobernardi/presentations
Tutte le mie pubblicazioni su temi storici ed ambientali locali, sulle rive del Muson (TV)
Una prospettiva concentrata sull’antropizzazione del territorio
I nostri antenati erano molto poveri, difficilmente potremo trovare nuovi insediamenti con reperti preziosi, ovvero durevoli.
Ma l’archeologia può progredire con altri metodi; i nostri avi ci parlano con “picco e paea”, basta essere attenti al loro linguaggio.
Ho provato ad utilizzare google earth per rivisitare le mie zone, evidenziando alcuni interventi umani sul paesaggio naturale.
Sull’abnorme ”ignoranza” di molti veneti ho una mia ipotesi.
La dominazione romana ha prodotto un effetto globalizzante molto simile a quello moderno dove usiamo, molto a sproposito e con pessimo gusto, solo termini inglesi per qualsiasi nuova definizione.
Il provincialismo, l’abdicazione alla propria identità, è proseguito poi per tutta la nostra storia, raggiungendo il parossismo con il risorgimento ed il fascismo.
Ma la cultura veneta ha comunque qualche tara particolarmente grave.
Penso alla sua reazione al lavaggio di cervello operato dall’insigne storico Umberto Bossi, che ci ha rivelato la nostra identità di celti.
Poche voci autorevoli si sono fatte sentire per ridicolizzarlo.
In compenso, pensosi personaggi, travestiti da esperti, "accademici", si sono cimentati nel divulgare il verbo bossiano, producendo una non trascurabile quantità di spazzatura editoriale.
Repvblicanismvs geopoliticvs fontes origines et via massimo morigiUNIVERSITY OF COIMBRA
Il presente file, titolo: Republicanismvs Geopoliticvs Fontes Origines et Via, contiene testi e link di Massimo Morigi sull’estetizzazione della politica e sul ‘Repubblicanesimo geopolitico’. Il ‘Repubblicanesimo Geopolitico’ è una dottrina politologica e filosofico-politica elaborata negli ultimi anni dall’ autore in cui i sette paper copia-incollati nelle pagine di questo file costituiscono l’elaborazione storico-filosofica che ha portato all’elaborazione finale del ‘Repubblicanesimo Geopolitico’, di cui si potrà prendere visione cliccando nei link posti nella parte finale del file al termine dei sette paper copia-incollati nel file. In questi precedenti paper era stato messo a fuoco, fra le altre cose, un nuovo tipo di repubblicanesimo profondamente debitore delle suggestioni dell’estetizzazione della politica, con le sue luci delle avanguardie artistiche e con le sue terribili ombre dei regimi totalitari, così come si era manifestata nel corso del Novecento (il numero della nota a piè di pagina che all’inizio di ogni nuovo paper non riparte da 1 ma aggiunge 1 all’ultimo numero di nota del precedente paper pur essendo dovuto ad un automatismo del copia-incolla è, se vogliamo, anche un accidente altamente simbolico del filo rosso, fra riflessioni sul repubblicanesimo e sulla estetizzazione della politica, che attraversa tutti questi interventi). Il ‘Repubblicanesimo Geopolitico’ raccoglie queste suggestioni ed intende innestarle nel tronco della tradizione realista della Geopolitica. Un realismo politico quello del ‘Repubblicanesimo geopolitico’ che però, rinnovato dalla scuola costruttivista delle relazioni internazionali (Alexander Wendt), pone in primo piano una spazialità non solo geografica ma anche di natura mentale, rappresentativa e culturale (in fondo la moderna noopolitik non è che una riscrittura postmoderna dell’estetizzazione della politica novecentesca) e che, proprio perché strettamente vincolato in senso machiavelliano all’effettualità, rifiuta con irrisione tutte le ingenue, quando non interessate, visioni liberal-neopositivistiche alla Popper e si riallaccia direttamente ai grandi pensatori dialettici Hegel e Marx (da questo punto di vista, il ‘Repubblicanesimo geopolitico’ si distacca drasticamente da tutte le vulgate neomarxiste: in primo luogo perché integralmente dialettico, in secondo luogo perché non cerca surrogati salvifici alla classe operaia ma individua, sulla scia di Gianfranco La Grassa, negli agenti strategici interni ed internazionali gli autentici operatori dell’evoluzione delle società capitalistiche – ma a differenza della versione lagrassiana del marxismo, il ‘Repubblicanesimo geopolitico’ si tiene ben stretta, ed intende sviluppare, la visione dialettica hegelo-marxiana della realtà). Possiamo così affermare che generare una profonda dialettica fra realismo politico e le mai sopite pulsioni verso l’estetizzazione della politica (imp
Gibellina. Laboratorio di sperimentazione sociale Autore: Giovanni RobustelliFrattura Scomposta
La piccola città di Gibellina, di origine medievale, fu completamente distrutta durante il terremoto del Belice del 1968. La sua ricostruzione però non fu come quella di tutti gli altri borghi colpiti: fu infatti affidata agli artisti, e oggi Gibellina è uno dei centri italiani più importanti per l'arte contemporanea, dal momento che oltre alle sculture all'aperto che vi si possono ammirare (realizzate da artisti come Pietro Consagra, Alberto Burri, Mimmo Rotella e molti altri) sono stati realizzati anche musei dedicati. Giovanni Robustelli ripercorre la storia di Gibellina dal 15 gennaio del 1968 fino ai giorni nostri, conducendo un'analisi non priva di critiche, volta a comprendere quali furono le idee alla base della ricostruzione della città e come Gibellina potrà svilupparsi in futuro. Il libro contiene anche un dialogo inedito con Ludovico Corrao, ex sindaco di Gibellina nonché tra i maggiori artefici della ricostruzione: l'ebook è dedicato alla sua memoria.
http://bit.ly/RESISTENZA_VENETO_STRAGE_COMANDANTI_LAICI_CARISMATICI
Audio video recente, con una prospettiva inedita sulla storia della resistenza locale
https://www.slideshare.net/sergiobernardi/presentations
Tutte le mie pubblicazioni su temi storici ed ambientali locali, sulle rive del Muson (TV)
Linea guida di questa pubblicazione
Provare a capire il contesto in cui ha vissuto gran parte della sua vita, per riscoprire la sua vera identità e spiegare qualche apparente enigma.
LA FAKE "SLAVA"
Abbiamo subito passivamente il lavaggio del cervello dell’illustre storico Bossi.
Tutti Celti! Conformismo servile innato?
Cerco una spiegazione meno umiliante al link:
http://bit.ly/STORIA-RIVE-MUSON
Adesso tutti slavi? Certamente siamo parenti molto stretti degli Sloveni
Seguendo una direttrice costante nel flusso della civilizzazione, siamo venuti da est, per mare e per terra.
Nel secondo caso, con un flusso lento, secolare ed un profondo rimescolamento etnico-culturale nei territori attraversati.
Alcuni hanno proseguito, come i Veneti combattuti da Cesare nella Gallia.
In controtendenza, dal nord si è sempre verificato un flusso inverso, le “invasioni barbariche”.
In questo caso, popoli rozzi, ma militarmente vincenti, si appropriano delle ricchezze locali con un’assimilazione lenta e problematica.
Pensiamo ai Dori in Grecia, cioè alla spiccata individualità culturale degli Spartani, oppure ai Mocheni, ai Cimbri, a Bossi, isolatosi a Gemonio…
Longobardo o Celtico???
Diffidare degli storici “fai da te”, che confondono i due tipi di flusso e costruiscono strampalate ipotesi, arzigogolando su qualche vaga assonanza linguistica.
I VENETI, DISPOSTI A FARE BUONI AFFARI CON CHIUNQUE
Fin dall’antichità ci caratterizza una spiccata vocazione per il commercio, che Venezia ha esercitato con enorme successo per un millennio.
Quando Roma è uno sconosciuto villaggio del Lazio, Omero consacra la nostra fama, già consolidata, come insuperabili allevatori di cavalli, che piazziamo in tutto il mediterraneo.
VIRTÙ BELLICHE ZERO
Nessuna forma di resistenza contro l’espansione di Roma, alla quale spalanchiamo le porte, addirittura invitandola a mediare qualche nostra diatriba.
Venezia, al culmine del suo splendore, difende i suoi interessi soprattutto investendo sull’efficienza del suo arsenale, in grado di ricostruire rapidamente l’intera flotta.
Assolda gli slavi come soldati, i condottieri li compra, a peso d'oro, tra i migliori.
Non si fida mai di loro e se ne disfa in fretta, alcuni, come il Carmagnola, li decapitata.
REITA ED IL MATRIARCATO
Visitate il museo archeologico di Este, per capire la religiosità dei nostri antenati.
Reita ha molti punti in comune con la “grande madre mediterranea”.
Schematizzando un po’, si può dire che, fin dalla preistoria, i popoli dediti ad attività pacifiche, l’agricoltura p.e., davano la preminenza ad una divinità femminile.
Questa peculiarità comportava una maggior valorizzazione della donna nella gerarchia sociale: l’archeologia ha trovato significativi riscontri anche per i Veneti.
DA REITA A MARIA
Tra le divinità romane si avvicina maggiormente a Giunone, padrona di casa, moglie vigile ed arcigna di un Giove passionale, capriccioso, insomma inaffidabile.
La nostra religiosità è cambiata poco in tre millenni!
I luoghi di culto a Reita, coincidono spesso con un santuario mariano, molto frequentato anche oggi.
http://bit.ly/RESISTENZA_VENETO_STRAGE_COMANDANTI_LAICI_CARISMATICI
Audio video recente, con una prospettiva inedita sulla storia della resistenza locale
https://www.slideshare.net/sergiobernardi/presentations
Tutte le mie pubblicazioni su temi storici ed ambientali locali, sulle rive del Muson (TV)
26/4/18 - Correzione a pag. A4
Sandro Pasqualetto era democristiano non comunista.
(Slideshare, non consente più di correggere il documento)
Comunque, nelle pagine successive, non mancano ben altri esempi di grande feeling cattocomunista.
IL MOVENTE POLITICO DELL'OMICIDIO
Mio padre, coetaneo, amico e confidente di Primo Visentin, ne era molto convinto.
In paese si parlava sempre di traditori e ladri, come potenziali autori e complici dell’omicidio, tutti erano decisamente concordi sul nome di Andretta, come autore materiale.
Nessuno di questi nanerottoli, aveva la statura, neppure era tanto stupido, da caricare sulle proprie spalle, un delitto simile, con la certezza assoluta di essere facimente individuato e punito.
Salvo complicità adeguate e ben garantite a priori, naturalmente
Le cronache dei protagonisti
In questo tipo di verifiche, è un po’ deprimente basarsi solo sui memoriali.
Poco o tanto, sono inficiati dall’irrefrenabile smania di abbellire il racconto, “pro domo sua”.
Tuttavia, con un po’ di pazienza, confrontando le varie versioni, si può ricavarne una intermedia di compromesso, che, presumibilmente, forse si avvicina alla verità.
Meglio studiare come andavano le cose in generale.
Secondo me è più utile leggere qualche buon libro di storia, approfondendo le poche vicende sufficientemente note ed acclarate.
Perché lo svolgimento dei fatti si conferma molto ripetitivo, quando il contesto è simile.
L’utilità pedagogica della storia
Pansa millanta di trovare la verità intrufolando il suo grugno nell’immondizia, ben sapendo che tutte le fazioni, in tutte le guerre, producono il tipo di porcheria di cui lui è ghiottissimo.
Con la sue gigantesche scoreggie editoriali, rischia di sopraffare il profumo nobile della resistenza, un’essenza molto delicata e ormai poco percettibile.
Tuttavia, per preservare la parte preziosa ed immarcescibile della vicenda resistenziale, bisogna separare, decisamente e coraggiosamente, tutto il materiale putrescente che effettivamente porta ancora con sé.
Intendo la retorica menzognera, le cento bugie, che, anche nella vicenda di Primo, persistono ostinatamente.
I sentimenti
Sono compaesano di Masaccio, ho vissuto la mia infanzia in un paese molto speciale, segnato dalla traccia profonda del suo passaggio.
La sua unica sorella, Rita, in quanto moglie di un mio zio paterno, era anche proprietaria della casa dove sono nato.
Non possiedo le parole adatte per trasmettere i sentimenti di affetto e di adesione agli ideali di Primo, che pervadeva la mia famiglia.
Questo lavoro è solo un modesto omaggio al "profeta".
http://bit.ly/RESISTENZA_VENETO_STRAGE_COMANDANTI_LAICI_CARISMATICI
Audio video recente, con una prospettiva inedita sulla storia della resistenza locale
https://www.slideshare.net/sergiobernardi/presentations
Tutte le mie pubblicazioni su temi storici ed ambientali locali, sulle rive del Muson (TV)
Le vicende eccezionali della sua storia antichissima, hanno sicuramente lasciato una profonda traccia genetica e culturale nei suoi abitanti: Veneti, Goti, Masnadieri.
Il castello è un manufatto antichissimo, una testimonianza unica delle importanti origini, ma anche il principale protagonista della storia del paese, fino alla sua distruzione.
A giudicare dalla stessa segnaletica, è sorprendentemente negletto dall’intera comunità.
Più che uno storico, bisognerebbe interpellare uno psicanalista….
Le strade e le piazze hanno sempre avuto una denominazione derivata da una caratteristica
propria o da un edificio, per lo più religioso, o da una situazione particolare.
Così a Novellara c’erano la Contrada della torre, la contrada del gioco del pallone,
quelle della zecca, dei birri e delle beccherie, lo stradone dei Gesuiti, la piazzetta
e così via, ma non c’era bisogno di indicazioni o targhe; lo si sapeva e basta.
http://bit.ly/RESISTENZA_VENETO_STRAGE_COMANDANTI_LAICI_CARISMATICI
Audio video recente, con una prospettiva inedita sulla storia della resistenza locale
https://www.slideshare.net/sergiobernardi/presentations
Tutte le mie pubblicazioni su temi storici ed ambientali locali, sulle rive del Muson (TV)
Una prospettiva concentrata sull’antropizzazione del territorio
I nostri antenati erano molto poveri, difficilmente potremo trovare nuovi insediamenti con reperti preziosi, ovvero durevoli.
Ma l’archeologia può progredire con altri metodi; i nostri avi ci parlano con “picco e paea”, basta essere attenti al loro linguaggio.
Ho provato ad utilizzare google earth per rivisitare le mie zone, evidenziando alcuni interventi umani sul paesaggio naturale.
Sull’abnorme ”ignoranza” di molti veneti ho una mia ipotesi.
La dominazione romana ha prodotto un effetto globalizzante molto simile a quello moderno dove usiamo, molto a sproposito e con pessimo gusto, solo termini inglesi per qualsiasi nuova definizione.
Il provincialismo, l’abdicazione alla propria identità, è proseguito poi per tutta la nostra storia, raggiungendo il parossismo con il risorgimento ed il fascismo.
Ma la cultura veneta ha comunque qualche tara particolarmente grave.
Penso alla sua reazione al lavaggio di cervello operato dall’insigne storico Umberto Bossi, che ci ha rivelato la nostra identità di celti.
Poche voci autorevoli si sono fatte sentire per ridicolizzarlo.
In compenso, pensosi personaggi, travestiti da esperti, "accademici", si sono cimentati nel divulgare il verbo bossiano, producendo una non trascurabile quantità di spazzatura editoriale.
Repvblicanismvs geopoliticvs fontes origines et via massimo morigiUNIVERSITY OF COIMBRA
Il presente file, titolo: Republicanismvs Geopoliticvs Fontes Origines et Via, contiene testi e link di Massimo Morigi sull’estetizzazione della politica e sul ‘Repubblicanesimo geopolitico’. Il ‘Repubblicanesimo Geopolitico’ è una dottrina politologica e filosofico-politica elaborata negli ultimi anni dall’ autore in cui i sette paper copia-incollati nelle pagine di questo file costituiscono l’elaborazione storico-filosofica che ha portato all’elaborazione finale del ‘Repubblicanesimo Geopolitico’, di cui si potrà prendere visione cliccando nei link posti nella parte finale del file al termine dei sette paper copia-incollati nel file. In questi precedenti paper era stato messo a fuoco, fra le altre cose, un nuovo tipo di repubblicanesimo profondamente debitore delle suggestioni dell’estetizzazione della politica, con le sue luci delle avanguardie artistiche e con le sue terribili ombre dei regimi totalitari, così come si era manifestata nel corso del Novecento (il numero della nota a piè di pagina che all’inizio di ogni nuovo paper non riparte da 1 ma aggiunge 1 all’ultimo numero di nota del precedente paper pur essendo dovuto ad un automatismo del copia-incolla è, se vogliamo, anche un accidente altamente simbolico del filo rosso, fra riflessioni sul repubblicanesimo e sulla estetizzazione della politica, che attraversa tutti questi interventi). Il ‘Repubblicanesimo Geopolitico’ raccoglie queste suggestioni ed intende innestarle nel tronco della tradizione realista della Geopolitica. Un realismo politico quello del ‘Repubblicanesimo geopolitico’ che però, rinnovato dalla scuola costruttivista delle relazioni internazionali (Alexander Wendt), pone in primo piano una spazialità non solo geografica ma anche di natura mentale, rappresentativa e culturale (in fondo la moderna noopolitik non è che una riscrittura postmoderna dell’estetizzazione della politica novecentesca) e che, proprio perché strettamente vincolato in senso machiavelliano all’effettualità, rifiuta con irrisione tutte le ingenue, quando non interessate, visioni liberal-neopositivistiche alla Popper e si riallaccia direttamente ai grandi pensatori dialettici Hegel e Marx (da questo punto di vista, il ‘Repubblicanesimo geopolitico’ si distacca drasticamente da tutte le vulgate neomarxiste: in primo luogo perché integralmente dialettico, in secondo luogo perché non cerca surrogati salvifici alla classe operaia ma individua, sulla scia di Gianfranco La Grassa, negli agenti strategici interni ed internazionali gli autentici operatori dell’evoluzione delle società capitalistiche – ma a differenza della versione lagrassiana del marxismo, il ‘Repubblicanesimo geopolitico’ si tiene ben stretta, ed intende sviluppare, la visione dialettica hegelo-marxiana della realtà). Possiamo così affermare che generare una profonda dialettica fra realismo politico e le mai sopite pulsioni verso l’estetizzazione della politica (imp
Repvblicanismvs geopoliticvs fontes origines et via massimo morigi geopoliticaUNIVERSITY OF COIMBRA
Il presente file, titolo: Republicanismvs Geopoliticvs Fontes Origenes et Via, contiene testi e link di Massimo Morigi sull’estetizzazione della politica e sul ‘Repubblicanesimo geopolitico’. Il ‘Repubblicanesimo Geopolitico’ è una dottrina politologica e filosofico-politica elaborata negli ultimi anni dall’ autore in cui i sette paper copia-incollati nelle pagine di questo file costituiscono l’elaborazione storico-filosofica che ha portato all’elaborazione finale del ‘Repubblicanesimo Geopolitico’, di cui si potrà prendere visione cliccando nei link posti nella parte finale del file al termine dei sette paper copia-incollati nel file. In questi precedenti paper era stato messo a fuoco, fra le altre cose, un nuovo tipo di repubblicanesimo profondamente debitore delle suggestioni dell’estetizzazione della politica, con le sue luci delle avanguardie artistiche e con le sue terribili ombre dei regimi totalitari, così come si era manifestata nel corso del Novecento (il numero della nota a piè di pagina che all’inizio di ogni nuovo paper non riparte da 1 ma aggiunge 1 all’ultimo numero di nota del precedente paper pur essendo dovuto ad un automatismo del copia-incolla è, se vogliamo, anche un accidente altamente simbolico del filo rosso, fra riflessioni sul repubblicanesimo e sulla estetizzazione della politica, che attraversa tutti questi interventi). Il ‘Repubblicanesimo Geopolitico’ raccoglie queste suggestioni ed intende innestarle nel tronco della tradizione realista della Geopolitica. Un realismo politico quello del ‘Repubblicanesimo geopolitico’ che però, rinnovato dalla scuola costruttivista delle relazioni internazionali (Alexander Wendt), pone in primo piano una spazialità non solo geografica ma anche di natura mentale, rappresentativa e culturale (in fondo la moderna noopolitik non è che una riscrittura postmoderna dell’estetizzazione della politica novecentesca) e che, proprio perché strettamente vincolato in senso machiavelliano all’effettualità, rifiuta con irrisione tutte le ingenue, quando non interessate, visioni liberal-neopositivistiche alla Popper e si riallaccia direttamente ai grandi pensatori dialettici Hegel e Marx (da questo punto di vista, il ‘Repubblicanesimo geopolitico’ si distacca drasticamente da tutte le vulgate neomarxiste: in primo luogo perché integralmente dialettico, in secondo luogo perché non cerca surrogati salvifici alla classe operaia ma individua, sulla scia di Gianfranco La Grassa, negli agenti strategici interni ed internazionali gli autentici operatori dell’evoluzione delle società capitalistiche – ma a differenza della versione lagrassiana del marxismo, il ‘Repubblicanesimo geopolitico’ si tiene ben stretta, ed intende sviluppare, la visione dialettica hegelo-marxiana della realtà). Possiamo così affermare che generare una profonda dialettica fra realismo politico e le mai sopite pulsioni verso l’estetizzazione della politica (impre
Repvblicanismvs geopoliticvs fontes origines et via massimo morigi geopoliti...UNIVERSITY OF COIMBRA
Il presente file, titolo: Republicanismvs Geopoliticvs Fontes Origenes et Via, contiene testi e link di Massimo Morigi sull’estetizzazione della politica e sul ‘Repubblicanesimo geopolitico’. Il ‘Repubblicanesimo Geopolitico’ è una dottrina politologica e filosofico-politica elaborata negli ultimi anni dall’ autore in cui i sette paper copia-incollati nelle pagine di questo file costituiscono l’elaborazione storico-filosofica che ha portato all’elaborazione finale del ‘Repubblicanesimo Geopolitico’, di cui si potrà prendere visione cliccando nei link posti nella parte finale del file al termine dei sette paper copia-incollati nel file. In questi precedenti paper era stato messo a fuoco, fra le altre cose, un nuovo tipo di repubblicanesimo profondamente debitore delle suggestioni dell’estetizzazione della politica, con le sue luci delle avanguardie artistiche e con le sue terribili ombre dei regimi totalitari, così come si era manifestata nel corso del Novecento (il numero della nota a piè di pagina che all’inizio di ogni nuovo paper non riparte da 1 ma aggiunge 1 all’ultimo numero di nota del precedente paper pur essendo dovuto ad un automatismo del copia-incolla è, se vogliamo, anche un accidente altamente simbolico del filo rosso, fra riflessioni sul repubblicanesimo e sulla estetizzazione della politica, che attraversa tutti questi interventi). Il ‘Repubblicanesimo Geopolitico’ raccoglie queste suggestioni ed intende innestarle nel tronco della tradizione realista della Geopolitica. Un realismo politico quello del ‘Repubblicanesimo geopolitico’ che però, rinnovato dalla scuola costruttivista delle relazioni internazionali (Alexander Wendt), pone in primo piano una spazialità non solo geografica ma anche di natura mentale, rappresentativa e culturale (in fondo la moderna noopolitik non è che una riscrittura postmoderna dell’estetizzazione della politica novecentesca) e che, proprio perché strettamente vincolato in senso machiavelliano all’effettualità, rifiuta con irrisione tutte le ingenue, quando non interessate, visioni liberal-neopositivistiche alla Popper e si riallaccia direttamente ai grandi pensatori dialettici Hegel e Marx (da questo punto di vista, il ‘Repubblicanesimo geopolitico’ si distacca drasticamente da tutte le vulgate neomarxiste: in primo luogo perché integralmente dialettico, in secondo luogo perché non cerca surrogati salvifici alla classe operaia ma individua, sulla scia di Gianfranco La Grassa, negli agenti strategici interni ed internazionali gli autentici operatori dell’evoluzione delle società capitalistiche – ma a differenza della versione lagrassiana del marxismo, il ‘Repubblicanesimo geopolitico’ si tiene ben stretta, ed intende sviluppare, la visione dialettica hegelo-marxiana della realtà). Possiamo così affermare che generare una profonda dialettica fra realismo politico e le mai sopite pulsioni verso l’estetizzazione della politica (imp
Adversvs Tristi Bestie Repvblicanisvs Geopoliticvs Fontes Origines et Via.pdfUNIVERSITY OF COIMBRA
Adversvs Tristi Bestie
Nella prima decade di questo nuovo millennio ebbi modo di partecipare a vari convegni internazionali di filosofia politica e i miei contributi furono sempre incentrati sull’estetizzazione della politica nei regimi autoritari del XX secolo e ho più volte sottolineato quanto questi iniziali studi sull’estetizzazione della politica e sulla politicizzazione dell’estetica (la contromossa di Walter Benjamin all’estetizzazione della politica dei regimi autoritari di destra) siano stati centrali nella successiva elaborazione della Weltanschauung del Repubblicanesimo Geopolitico. In seguito, nel 2014, decisi di riunire in un unico documento questi interventi sotto il titolo di Repvblicanisvs Geopoliticvs Fontes Origines et Via che poi caricai autonomamente su Internet Archive e quindi consultabile e scaricabile all’URL
https://archive.org/details/RepvblicanismvsGeopoliticvsFontesOriginesEtViaMassimoMorigiGeopolitics_436. Oggi, dopo aver deciso che le mie aurorali incursioni nella storia filosofica e nella filosofia politica pubblicate sull’ “Italia e il Mondo” e che vanno sotto il titolo di La Loggia “Dante Alighieri” nella Storia della Romagna e di Ravenna nel 140° anniversario della sua fondazione (1863-2003) e di Ancora in avvicinamento al Nuovo Gioco delle Perle di Vetro del Repubblicanesimo Geopolitico: Pombalina et Inactualia Archeologica potevano aiutare a ricostruire la genealogia del Repubblicanesimo Geopolitico, a questo appello non potevano mancare questi interventi e che ora vengono proposti con una leggera modifica nel titolo rispetto al documento immesso autonomamente su Internet Archive, aggiungendo, appunto, Adversus Tristi Bestie. Come non è difficile comprendere si tratta di un diretto riferimento ai bestioni di vichiana memoria, ma in questo caso le nostre Tristi Bestie sembrano non preludere ad alcuna Epifania Strategica ma solo ad un definitivo degrado antropologico e culturale connotato dalle due opposte ma equivalenti superstizioni scientifiche ed antiscientifiche delle ultime cronache virali su cui mi sono più volte soffermato e di cui ho accennato anche in Ancora in avvicinamento al Nuovo Gioco delle Perle di Vetro del Repubblicanesimo Geopolitico: Pombalina et Inactualia Archeologica. Un avviso alla fruizione del documento. Il file a suo tempo caricato su Internet Archive è un file Word al cui interno vi sono anche contenuti multimediali che non possono essere utilizzati nel formato PDF pubblicato dall’ “Italia e il Mondo”: si tratta di URL che rimandavano a video musicali allora presenti su YouTube che per paura che venissero, come poi è stato, rimossi, erano stati inseriti direttamente nel file Word in questione. Quindi chi vuole vedere questi contenuti multimediali non deve far altro che andare al documento Word caricato su Internet Archive. Inoltre, si avverte che per mantenere la linearità del discorso sull’estetizzazione della politica
sviluppato in queste conferenze il presente
Testo in lingua italiana, scritto dopo alcuni viaggi a Palermo, meravigliosa capitale mediterranea, in cui provo a descrivere la situazione della città e dei suoi cittadini, vera ricchezza inespressa del luogo. Una potenzialità che, qualora fosse adeguatamente espressa, potrebbe rappresentare la vera chiave di volta nella storia della città.
Arte e modernita'. i due percorsi comuni del fascismo e dell'estado novo (aes...UNIVERSITY OF COIMBRA
I due percorsi distinti del fascismo italiano e dell'Estado Novo Portoghese per l'estetizzazione della politica. Saggio neo-marxista e neo-repubblicano di Massimo Morigi
2. FERRARA SU DUE PIEDI E … SU DUE RUOTE.
Un excursus tra storia e arte, tra memoria e ricordo, è quello che ha visto protagoniste due classi in particolare del nostro istituto, la 2 A e la
3 A del liceo classico: tra le tappe visitate Cento, Ferrara, Carpi-Fossoli e Ravenna. Un viaggio all’ insegna della cultura, per non dimenticare
che la storia è ancora viva ed esercita la sua gravità sul presente, che ancora il ricordo del passato governa le dinamiche presenti e future. La
storia ha sempre svolto una parte attiva nella vita dell’ uomo e, in Emilia-Romagna, come anche nel resto della penisola, risulta parte integrante
del tessuto urbanistico e con esso convive e ad esso si salda in armonica coesione. Ci soffermeremo adesso sui veri protagonisti di questo
viaggio d’ istruzione, ovvero le città e le località sopraccitate. Cento è sicuramente famosa per il suo Carnevale, per i suoi pittoreschi carri
allegorici, per il particolare brio e fermento che vi si respira in questo periodo dell’ anno.
A seguire Ravenna, città molto ricca di chiese, monumenti, biblioteche, opere che traducono in termini di magnificenza l’ intero processo
storico che qui si è tenuto, a partire dalle prime civiltà italiche, passando per l’ impero romano d’ Oriente ed il Medioevo fino ai giorni nostri. Vi si
trova, inoltre, la tomba del divino poeta Dante Alighieri, collocata nella chiesetta di San Pier Maggiore. Ed in termini di memoriale, si pone anche
il campo di concentramento di Carpi, situato in località Fossoli, vera e proprio anticamera della morte dove, oltre ad ebrei, furono internati anche
dissidenti politici e oppositori del regime fascista. Il campo così come lo vediamo oggi è frutto di una sedimentazione dei precedenti usi che se
ne sono fatti e anche le poche baracche che ancora adesso vi si ergono, stanno lentamente cedendo contro la morsa delle intem perie e degli
agenti atmosferici. All’ interno di esso, distinguiamo due campi diversi, convenzionalmente detti Vecchio e Nuovo campo, uniti però da un
comune destino di
morte. Un ruolo preponderante in questa vicenda è stato giocato da don Zeno Saltini che,abbattendo le torrette e i reticolati del campo, vi
insedia il 19 maggio del 1947,l’ Opera Piccoli Apostoli. Nasce così la Comunità di Nomadelfia che, oltre ad adulti, accoglie anche e soprattutto
bambini e orfani di guerra, tutti uniti per portare in un luogo di morte uno spiraglio di vita. Ed ecco che,dulcis in fundo, arriva Ferrara, città
importantissima e tappa di soggiorno per le classi coinvolte nel progetto. Fiorente centro rinascimentale, Ferrara è stata dichiarata patrimonio
dell’ umanità nel 1995 e nel 1999, per il suo centro storico e per le delizie estensi. La città fa anche da sfondo e da ambientazione al romanzo di
Giorgio Bassani, il Giardino dei Finzi-Contini, ma si distingue per una sua propria peculiarità, ovvero per la massiccia presenza e circolazione di
biciclette. Ecco perché, facendo fede al titolo, può benissimo definirsi una città “su due ruote”, ancor più se questo dinamismo diviene simbolo di
un economia e, specialmente il settore turistico, in continuo movimento ed un indice di civiltà, sensibilizzazione al risparmio e all’ ambiente. La
città si avvale di una mobilità pensata nel rispetto delle norme d’ eco-sostenibilità e contro l’ inquinamento, limitando il traffico in alcune aree,
istituendo apposite isole pedonali e piste ciclabili, favorendo il noleggio e la compravendita di biciclette. Una vera e propria “cultura della
bicicletta” che non ha precedenti in altre regioni; vi contribuisce anche un’ assoluta linearità del territorio, privo di qualsiasi dislivello che , in tal
modo, si piega ad un uso più che quotidiano (anche notturno) di questo efficiente e maneggevole mezzo di locomozione. Purtroppo, anche e
soprattutto a causa della pioggia e della neve, non è stato possibile visitare la città su “due ruote”. Inizia allora, per ovvi motivi, un’ itinerario
della città “su due piedi”, che ha toccato perlopiù chiese e musei; tra questi il Duomo di Ferrara, lo splendido Castello estense, Casa Romei e il
monastero Corpus Domini. La cattedrale di S. Giorgio o Duomo è di datazione incerta ( in un’ iscrizione posta all’ ingresso dell’ edificio compare
il verbo latino “struitur” di difficile interpretazione, che alcuni traducono con “si costruisce”, mentre altri con “si continua a costruire”). In esterni
reca logge, arcate, statue, rosoni e bassorilievi e due importanti iscrizioni di carattere civico. In interni presenta tre navate decorate in stile
barocco e varie cappelle laterali contenenti affreschi del Guercino, del Garofalo e del Francia. Il castello, emblema della famiglia degli Estensi,
apparteneva in realtà ai Salinguerra, poi definitivamente sconfitti da Niccolò II.
Niccolò può ben considerarsi il primo di una serie di esponenti della famiglia estense che, in generale, apportarono modifiche e
cambiamenti al castello tali da trasformare l’ edificio in quel fiabesco ibrido architettonico tra un palazzo di corte e castello che oggi ammiriamo.
Uno dei fanalini di coda di questo tour all’ insegna dell’ arte e della cultura è stato Casa Romei, uno dei pochi esempi di dimora signorile in età
ducale.
L’ intero edificio affaccia su di un cortile, frutto dell’ unione di elementi medievali con elementi rinascimentali, in cui campeggia uno
splendido monogramma di Cristo. Le stanze al piano terra sono di scuola gotica, ed in particolare la stanza delle Sibille, adornata da ritratti
femminili con in mano i cartigli delle profezie. Originale è anche l’ imponente camino.
Il primo piano fu adibito, per volere del cardinale Ippolito II d’ Este, a salone refettizio , dov’è ripetuta più volte l’ aquila bianca, simbolo del
cardinale stesso. Lo studiolo di Giovanni Romei presenta ancora il soffitto a cassettoni, decorato da stampe su carta, un artificio allora assai
3. IL RAP E LA SOVRANITA’ DELLA PAROLA.
Tra i tanti generi musicali che affollano il “panteon” della musica, il rap meriterebbe qualche parola al riguardo. Nato dalla commistione di diversi
generi, a partire dalla work song, fino al malinconico blues ed al virtuoso jazz, è particolarmente in voga tra i neri dell’ America latina e dell’
Africa, sebbene recentemente se ne sia vista una rapidissima espansione. Consiste nel parlare seguendo un certo ritmo su una base o beat, prodotta da
un beat maker, suonata da un DJ e interpretata da un MC. Il rap non è un semplice genere musicale, ma uno degli elementi più importanti dell’ hip-
hop, espressione fonica di una protesta sociale che si scaglia contro il capitalismo e le logiche del sistema, che hanno sempre portato
fame, guerra, malattie, falsi pregiudizi. Nel contesto primario in cui s’ inseriva, il rap appariva una forma di denuncia fondamentale per i neri costretti a
subire le angherie dell’eurocentrismo, segregati, uccisi e massacrati dall’ uomo bianco. Ma adesso, a differenza di allora, ha assunto altre accezioni e il
suo scopo è mettere in guardia e premunire riguardo i problemi della società, artificiosamente coperti e mascherati da una frivola sovrastruttura di
perbenismo e topos dell’ “uomo buono” che, come ci è chiaro, non è l’ imprenditore che ha i soldi o il politico che miete consensi, ma è colui che riesce a
mantenere la sua integrità morale ed intellettuale, dissociandosi da ogni forma di massificazione e indottrinamento ideologico, dalla omologazione della
marca e dalla spettacolarizzazione mediatica. Il rap condanna soprattutto l’ aspetto perbenista dell’ economia capitalistica, dove tutti sono bravi,belli, felici
e poi fuori dai riflettori la gente soffre. L’ egoismo nei confronti del diverso, del malato, dell’ indigente, il disprezzo e la noncuranza della realtà della
strada, che è ultima spiaggia di una società stratificata, dove il cash è la condicio sine qua non, la Chiave per il successo, per l’ onore, per la ricchezza.
Non c’è un solo strato della società che non sia corrotto,se per corruzione s’ intende quel sostrato di marciume che giace oltre la finta apparenza. Forse
che l’ uomo si debba giudicare da ciò che indossa, da quanto profuma o da quanto è ricco?Il rap invita ad oltrepassare i confini del concreto, a carpire la
verità partendo dal basso, allontanandosi da ogni ideale di utopica felicità, da tutto ciò che soffoca e non lascia emergere l’ evidenza. Bisogna toccare il
fondo per risalire la china e il progresso porta intrinseca la sua antitesi, perché nulla è come si vuol far credere o inganna lo sguardo se non si possiede
una certa lungimiranza. La verità è il vettore che muove la rivolta o la protesta cui il rap aspira, senza però che vi siano né troppi martiri né troppi
disertori, ma tutti ne siano ugualmente partecipi e creino diritti laddove oggi se ne fa richiesta. Non c’è miglior metodo di formazione per l’ uomo che
sperimentare sulla propria pelle la cruda e vera realtà, perché ogni ferita non mortifica ma tempra e rende forti, perché forse il difetto della nostra società
è farci maturare nella bambagia e sradicarci quando saremo maturi. Noi siamo frutto di noi stessi e delle nostre esperienze e la ribellione dev’ essere
anzitutto intellettuale, l’ affrancamento dai canoni prestabiliti che poi tutti violano arbitrariamente, dev’ essere attivo e disarmato. Un altro pilastro del rap è
proprio la consistenza e la sovranità della parola. Qui entra in gioco e risalta particolarmente la potenza espressiva ed evocativa della retorica, una liricità
solenne ed impegnata, quasi mitologica, che crede nell’ immortalità della parola e dell’ opera d’ arte in quanto tale. E’, questa, la corda più sensibile e
profonda del rap, che penetra nell’ imperscrutabilità della parola e cerca di darle consistenza perché diventi vessillo di rivolta, parola d’ ordine. Un altro
aspetto del rap è costituito dal riferimento alla droga, alle armi, alle lotte tra bande o con la polizia, ossia il gangsta rap o droga rap. Talvolta molte delle
situazioni raccontate sono vere, spesso e,soprattutto in America o negli Stati Uniti, sorsero vere e proprie cosche mafiose o crew; talvolta talune sono
strumentalizzate dai rapper per predisporre l’ ascoltatore e sensibilizzarlo alle diverse tematiche, dissuadendone ogni tentativo di emulazione .Sta un po’
anche all’ ascoltatore saper discernere questo equivoco, distinguendo tra ciò che è moda e ciò che, invece, vuole assurgere a paradigma del vero.
Questo determina anche una profonda divisione tra rap commerciale e underground, ed in tal senso è orientata la critica al genere. Ma se ogni forma d’
arte ha per fine l’ utile, allora anche questa piccola pecca viene assorbita nell’ ambito più ampio dell’ informazione,del comprendere qualcosa della vita
molto di più degli altri, e divulgarla ,di una lotta alla disinformazione. Trattando anche il tema dell’ amore, infine, il genere ha effettuato la sua più grande
evoluzione, perché diverge dai temi caldi e scottanti cui è abituato, per lasciar intendere come dal dolore possa nascere l’ amore, come dalla confusione il
perfetto equilibrio. L’amore, inteso non solo come rapporto tra due persone ma anche come amorevole condiscendenza verso le diverse istanze
sociali, ai nostri tempi è stato contaminato dal sesso e dalle perversioni, dalla rottura eccessiva dei tabù. Tutto ciò ha indotto la demolizione degli
ideali, della fantasia, della voglia di rapportarsi attraverso un linguaggio che non sia solo sinergia di corpi, ma anche di eloquenti silenzi,anche di intensi
sguardi. Bisogna ripristinare la purezza delle emozioni, delle sensazioni, spogliarle di inutili e futili sofisticazioni, cogliendo solo quello che è pura
essenza. L’ amore è un sottile filo rosso che ci tiene uniti in simbiotica interdipendenza, cosicché ci completeremo sempre a vicenda e non saremo mai
4. SANREMO 2012: TRIONFA EMMA MARRONE.
Emozioni in musica, ma soprattutto tante polemiche, in scena sul palco dell’ Ariston.
Anche quest’ anno si è ufficialmente conclusa la kermesse canora sanremese che ha visto il trionfo di Emma Marrone, che si è rivelata una
delle cantanti più gettonate degli ultimi tempi, occupando i primi posti in svariate classifiche musicali , arrivando addirittura a contendersi al
televoto insieme ad Arisa e Noemi uno dei podi più ambiti di sempre: quello dell’Ariston. Una gara ricca di emozioni, che ha visto avvicendarsi
sul palco 14 artisti, protagonisti ed interpreti delle canzoni di ieri, di oggi,e dell’ Italia che sarà (San Remo giovani). Nella quarta delle cinque
serate sanremesi gli artisti in gara si sono esibiti in numerose collaborazioni con altri volti noti del campo musicale. Beniamino di quest’ edizione
il già ben noto Gianni Morandi coadiuvato dall’ attore e regista Rocco Papaleo insieme a tre madrine d’ eccezione: Elisabetta Canalis, Belen
Rodriguez,( presenti peraltro anche nella scorsa edizione), pronte a passare il testimone della nuova edizione ad Ivana Mrazova, molto spesso
chiamata Ivanka. La prima serata si apre all’ insegna della comicità (numerose del resto le presenze di comici in tutte le serate successive,
come Alessandro Siani e Geppy Cucciari) pungente e tutta impregnata di satira degli showman Luca e Paolo che, ricalcando le mosse della
scorsa edizione, cantano una versione inedita di “Uomini soli”, raccogliendo pertanto il boomerang della critica e dell’ invettiva polemica. Di
invettive si è parlato anche per quanto riguarda i discorsi “inaugurali” di Adriano Celentano che, a distanza di anni, ritorna alla ribalta in
televisione e sul palco dell’Ariston; scagliandosi con arditi sermoni contro le testate giornalistiche cattoliche “Famiglia cristiana” e
“Avvenire”,Celentano ha giudicato inopportuno che i preti debbano occuparsi solo di questioni politiche, invece di portare e trasmettere la luce
della parola di Cristo a quanti, anziani, ammalati, si trovano in difficoltà o a quanti si gioverebbero semplicemente che si parlasse loro di Dio,
delParadiso, del Regno supremo che Dio stesso ha predisposto per noi. " Preti e frati – spiega Celentano -non parlano mai del paradiso come
se l'uomo fosse nato soltanto per morire ma non è così >>. Brevi attacchi a Montezemolo e all’ alta velocità che ha sì innovato il paese ma che,
allo stesso tempo, ha lasciato senza lavoro quei 65 dipendenti della Wagon Lits che l’ 8 dicembre scorso hanno occupato in segno di protesta a
Milano il grattacielo della sede di Intesa San Paolo. A Montezemolo e alla Consulta, rea di aver bocciato i referendum abrogativi della legge
elettorale presentati dai ministri Di Pietro, Parisi e Segni, Adriano ha voluto ricordare che l’ Italia sta perdendo tutta la sua bellezza – “La mia
bellezza sta sfiorendo” dirà un’ allegorica Elisabetta Canalis salita sul palco con addosso il tricolore- e che il popolo non è in effetti sovrano,
come invece rammenta la Costituzione, inscenando un farsesco diverbio con il cantante Pupo sul concetto di “altezza” e “bassezza”. Anche per
quanto riguarda quest’ edizione le polemiche non si sono fatte attendere, ad iniziare da qualche problema tecnico al sistema del televoto nella
serata iniziale, passando poi ai già citati discorsi di Celentano, allo spacco vertiginoso del vestito di Belen Rodriguez che lasciava intravedere il
contestatissimo tatuaggio, per poi terminare con il vestito trasparente di Ivanka nella serata di chiusura. Le critiche d’ altronde hanno sempre
accompagnato ogni edizione del Festival, in forma di un sabotaggio mediatico che si nutre di ogni particolare, di ogni piccolissimo difetto, per
tentare di mettere ad ogni costo i bastoni fra le ruote, magari sperando che resti “in panne”, a quella grande macchina da spettacolo qual è San
Remo. Proprio su questo aspetto è tornato ad esprimersi pervicacemente in chiusura di Festival, quasi non soddisfatto del già intrapreso
discorso della prima serata, Adriano Celentano che, attraverso un’ intensaarringa difensiva, ha affermato: << La corporazione dei media si è
coalizzata in massa contro di me>>. Celentano parla della corporazione di quanti hanno voluto vedere a tutti i costi del marcio in quelle parole
non esitando a <<cambiare il modo dei verbi>> , non volendo o <<facendo finta di non capire>>. Celentano sottolinea, insomma, come l’ uomo
si stia allontanando da Dio e, ancora di più, la Chiesa, che Dio dovrebbero rappresentarlo concretamente, andando oltre il semplice teorema
verboso ed aprendosi ad una realizzazione piena della sua Parola. Emerge, dunque, dalle parole dello stesso Celentano, che il suo discorso
non è stata una semplice e mera invettiva o una trovata per tornare a farsi applaudire e riscuotere successo, né di un delirio di onnipotenza
dovuto al successo stesso, come qualcuno ha osato affermare ; lui ha semplicemente parlato <<a quei 16 milioni di persone che hanno visto il
Festival di Morandi>> per ricordare quella che è una piaga di tutti noi, della nostra società: affermare teoricamente l’ esistenza di Dio e,
puntualmente, negarlo nelle azioni, nella semplice realtà di tutti i giorni. Ed è appunto per questo che << non esistono quelli alti o quelli bassi,
esistono quelli giusti o quelli sbagliati>> ; esistono cose e persone che possono piacere e non – de gustibus non est disputandum – ma quelle
persone soprattutto che hanno il coraggio di perorare una causa, giusta o sbagliata che sia, sono le uniche che, parlando a viso aperto in
pubblica piazza, accettando tutti gli aspetti positivi e negativi del caso, permettono a noi tutti, ancora una volta, di guardarci intorno e capire
cos’è che nel nostro mondo non va e cosa noi, in quanto abitanti del mondo, siamo in grado di fare per cambiarlo. E’ un dovere, come Celentano
lascia intendere, etico e morale, che parte dalle menti di tutti noi e si attua e concretizza nell’ estenuante ed orgogliosa difesa dei valori e degli
ideali cardine della nostra società, ed invece troppo spesso siamo assorbiti e massificati da un qualunquismo che porta a discolparci e ad
esonerarci, dipartendoci da quelle che sono le nostre responsabilità come i preti che sembra dicano: << Noi la predica l’ abbiamo fatta, poi chi
se ne frega se gli ultimi in fondo non sentono>>.