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La riorganizzazione territoriale su base regionale:
aspetti teorici ed esperienze condotte in
Friuli Venezia Giulia
Gian Pietro Zaccomer
Dipartimento di Lingue e Letterature, Comunicazione, Formazione e Società
Università degli Studi di Udine
Giornata Italiana della Statistica – GIS 2017
Camera di Commercio di Udine, 26 ottobre 2017
La struttura dell’intervento
Durante l’intervento saranno toccati i seguenti punti:
• Il ruolo della Statistica Ufficiale.
• Dati (analisi) spaziali e territoriali.
• Riorganizzazione territoriale.
• Riflessioni sulle esperienze relative al FVG.
• Elementi di conclusione.
La Statistica: un “fastidio necessario”
Nell’attuale società dell’informazione (relativa alla Terza
rivoluzione industriale o fase del capitalismo) il ruolo
della statistica è fondamentale e pervasivo non a causa
dell’intensa attività accademica (che in Italia si sta
contraendo), ma piuttosto per gli aspetti pragmatici che
essa permette di risolvere (in particolar modo gli aspetti
descrittivi e di sintesi di un fenomeno, ma non solo). Dato
che la cultura statistica risulta alquanto limitata, anche
per alti livelli di formazione universitaria, l’utilizzo dei suoi
strumenti risulta spesso maldestro portando ad una
distorta se non ad una cattiva informazione.
Il ruolo della Statistica Ufficiale nazionale
Quanto appena detto ci porta ad affermare che:
• è importante che «qualcuno», a livello ufficiale, si
prenda il compito di produrre informazioni statistiche di
rilevanza nazionale seguendo tutti i crismi dettati dalla
più recente teoria statistica (in Italia: ISTAT/SISTAN);
• tale compito deve essere svolto in modo indipendente
dal potere esecutivo di turno poiché intimamente
legato al grado di democrazia di un Paese (esso
permette il controllo da parte dei cittadini, es. CEN,
Conti per settori istituzionali, Conti della PA).
La Statistica Ufficiale a supporto delle decisioni
La Statistica Ufficiale, dal punto di vista operativo, serve anche a
supportare le decisioni degli operatori:
• a livello interno (nazionale o regionale) per prendere
decisioni oculate in ambito di politiche economiche e sociali;
• a livello europeo non solo a condividere informazioni per la
messa a punto di politiche, ma anche a determinare i flussi
finanziari da e verso l’UE (es. i contributi dell’UE). A tal fine le
statistiche devono essere prodotte utilizzando definizioni (es.
PIL), classificazioni (es. NACE) e metodi (sia di raccolta dei
dati, sia di analisi degli stessi) condivisi a livello europeo
(EUROSTAT).
• i dati di partenza dati devono essere riferiti a unità statistiche
di tipo territoriale (Italia, Regione, Provincia, Comuni ed
equivalenti).
Cantiere Friuli: Demografia e Territorio
L’obiettivo generale del progetto Cantiere Friuli
dell’Università di Udine è «quello di produrre idee,
ragionamenti e progetti per il Friuli […] da mettere a
disposizione dei decisori e dei policy maker e, in
ultima istanza, di tutta la popolazione». L’officina sul
tema Demografia e Territorio vuole studiare i possibili
percorsi di evoluzione futura della popolazione,
fornire chiavi di lettura dei fenomeni demografici e
proporre strumenti per eventuali riorganizzazioni
territoriali in ambito scolastico, socio-sanitario, socio-
assistenziale ed economico e istituzionale.
Dati spaziali e territoriali
I dati spaziali sono quei particolari dati che, attraverso
i propri metadati (ossia la loro «carta di identità»)
sono riconducibili ad una precisa unità statistica
spaziale (sia essa un punto, una linea o un’area).
A livello europeo, secondo la Direttiva INSPIRE
(INfrastructure for SPatial InfoRmation in Europe)
entrata in vigore nel 2007, i dati territoriali sono
quelli che «attengono, direttamente o indirettamente,
a unità locali o a un’area geografica specifica». C’è
quindi una certa confusione tra il termine «spaziale» e
quello «territoriale».
Spaziale vs territoriale
Già nel 1990, in un convegno ISTAT-SIS, Zani e Napolitano
hanno proposto la seguente distinzione sul tipo di analisi
(che si può impiegare a ritroso per classificare i dati)
valida solo in ambito statistico (ripresa poi in Zani, 1993):
• analisi spaziali (in senso stretto) «quelle che si basano
su una griglia […] ovvero fanno riferimento alla
distribuzione dei punti su una superficie».
• analisi territoriali «quelle inerenti ai dati riferiti alle
suddivisioni amministrative di un territorio». A livello
UE, dal 1970 le diverse partizioni amministrative
nazionali sono raccordate, ai fini di una produzione
statistica omogenea, attraverso la classificazione NUTS
(Nomenclature des Unités Territoriales Statistiques).
Es. partizione a livello NUTS-2 per UE
NB: UE 27 nel senso pre-Brexit (ossia senza Croazia, ma con Gran Bretagna)
EUROSTAT: PIL NUTS-2 2005-11
Lussemburgo:
66 700 PPS/ab
Le caratteristiche dei dati spaziali/territoriali
Caratteristiche comuni (Zani, 1993):
1. sono tra loro dipendenti;
2. possono presentare una interdipendenza in tutte
le direzioni oppure seguire direzioni privilegiate.
Caratteristiche diverse (Zani, 1993):
3. per i dati spaziali: sono riferiti ad unità spaziali
costruite dal ricercatore (nella forma, dimensione
e scelta punto rappresentativo);
3. per i dati territoriali: il livello di studio (o scala
geografica) è scelto dal ricercatore.
I problemi di riorganizzazione territoriale
Consideriamo un caso concreto di utilizzo di dati
territoriali, ossia la Riorganizzazione Territoriale (RiTe):
• dal punto di vista cartografico questa viene vista come
l’individuazione di una nuova perimetrazione delle
unità territoriali elementari presenti in un’area di
riferimento (che contiene più unità territoriali);
• dal punto di vista statistico, questo implica l’utilizzo di
diverse tecniche generalmente basate sulla selezione di
una appropriata batteria di indicatori;
• può essere portata a termine per qualsiasi area di
riferimento (da quella europea fino alla sub-regionale);
• oltre all’utilizzo di strumenti di analisi statistica, si rende
necessario anche l’impiego di un GIS.
Geographic Information System (GIS)
Is the geographic world a
jig-saw puzzle of
polygons, or a club-
sandwich of data layers?
(Couclelis, 1992)
Le metodologie statistiche per la RiTeR in FVG
Le metodologie statistiche più utilizzate per portare a
termine RiTe su base regionale (RiTeR) in Friuli
Venezia Giulia fino ad ora si sono basate
sostanzialmente:
1. sull’uso di soglie prefissate (RiTeR come problema
di «statistica normativa»);
2. sulla cluster analysis (RiTeR come problema di
statistica multivariata).
RiTeR: l’uso di soglie prefissate
La RiTeR più semplice si ottiene selezionando una batteria
di indicatori, coerentemente con il tipo di ricerca, e una
serie di vincoli (soglie). L’insieme di relazioni matematiche
(equazioni e/o disequazioni) è messo a sistema: sono
inseriti nel gruppo solo unità territoriali (contigue o non)
che soddisfano simultaneamente tutti i vincoli.
Questa tecnica presenta forti problemi di soggettività
nella scelta degli indicatori e, soprattutto, delle soglie.
Generalmente si ritrova all’interno di normative (nazionali
o regionali) che spesso impongono ulteriori vincoli,
limitando ulteriormente l’analisi scientifica.
Case study: il distretto della sedia (1)
Come primo caso reale di RiTeR, condotta attraverso l’utilizzo di
soglie prefissate, si propone la metodologia prevista dal
legislatore nazionale per individuare il Distretto industriale della
sedia. L’art. 36 della L. 317/91 definiva i distretti industriali
come «aree territoriali locali che presentano un’elevata
concentrazione di piccole imprese, calcolato in base alla loro
numerosità e a quella della popolazione residente, ed una forte
specializzazione produttiva, in una particolare attività
economica, delle stesse».
La legge delegava al MICA la definizione degli indicatori, tramite
decreto, mentre veniva lascito il compito all’amministrazione
regionale di individuare esattamente i distretti e la loro
composizione territoriale sulla base dei precedenti indicatori.
Case study: il distretto della sedia (2)
Gli indicatori sono stati definiti dal D.M. 51/93 il
quale, oltre a fornire i criteri per l’individuazione dei
distretti, riporta anche la composizione del Sistemi
Locali del Lavoro di fonte ISTAT da utilizzarsi come
base di partenza nell’individuazione dei distretti
industriali. Il S.L.L. di Udine era allora composto da 37
comuni di cui uno, Dolegna del Collio, della Provincia
di Gorizia.
In ogni caso era lasciato al legislatore regionale la
possibilità di aggregare altri comuni, purché limitrofi a
quelli già individuati dall’ISTAT.
Gli indicatori previsti dal D.M.
Gli indicatori previsti dal DM erano cinque (Zaccomer,
1999), ossia:
1. Indicatore di industrializzazione manifatturiera;
2. Indicatore di densità imprenditoriale dell’industria
manifatturiera;
3. Indicatore di specializzazione produttiva;
4. Livello di occupazione dell’attività manifatturiera di
specializzazione;
5. Quota degli occupati nelle piccole imprese.
Indicatore di ind.ne manifatturiera
Calcolato come rapporto agli addetti dell’industria manifatturiera
ADm su quelli totali ADt in funzione dei diversi ambiti territoriali
considerati (nazionale N, regionale R o locale del distretto L):
quello del distretto doveva superare almeno del 30% l’indice
nazionale a meno che quello regionale sia inferiore; in questo caso
era possibile utilizzare l’indice regionale al posto di quello
nazionale.
Indicatore di densità imprenditoriale
È ottenuto del rapporto tra le imprese manifatturiere
presenti sul territorio, in termini di unità locali ULm, e la
popolazione residente Pr. La condizione richiesta dalla
legge prevedeva che l’indice del distretto dovesse
superare (solo) quello medio nazionale:
È stato considerato il concetto di unità locale per tener
conto della multi-localizzazione delle imprese.
Indicatore di specializzazione produttiva
Si tratta di un indicatore analogo a quello di ind.ne
manifatturiera. In questo caso il rapporto è dato agli
addetti dell’industria manifatturiera di specializzazione
ADs su quelli totali della sola industria manifatturiera ADm
del sistema locale del distretto:
Quello del distretto doveva superare almeno del 30%
l’analogo indice nazionale. L’attività manifatturiera di
specializzazione andava determinata sulla base delle
classificazioni ATECO, all’epoca versione 91.
Gli ultimi due indicatori sugli occupati
Livello di occupazione dell’attività manifatturiera di
specializzazione. Il DM specificava che questo livello
dovesse essere almeno superiore al 30% degli occupati
manifatturieri complessivi del distretto:
Quota degli occupati nella piccole imprese. Come la
precedente condizione, questa è riferita ai livelli assoluti e
non a quelli relativi; questa prevedeva che almeno il 50%
degli occupati dell’attività di specializzazione del distretto
trovasse impiego in imprese di piccole dimensioni pi:
.
La riorganizzazione ottenuta
Otto comuni facevano parte del S.L.L. di Udine mentre Trivignano e
San Vito al Torre (ad essi contigui) sono stati aggiunti. Il Distretto si
allargò poi per effetto della nuova LR del 2000.
RiTeR: la cluster analysis
Un tipico modo per procedere alla RiTeR è quello di
ricorrere a tecniche statistiche di analisi multivariata,
in particolare alla cluster analysis o analisi dei gruppi.
Questa analisi permette di costruire dei gruppi di
unità territoriali sempre sulla base della matrice degli
indicatori di partenza. Quindi è necessario, anche in
tal caso, passare attraverso il momento di
individuazione degli indicatori e, spesso, anche
attraverso lo loro selezione, o sintesi, in quanto
esistono strategie di aggregazione sensibili alla
correlazione esistente tra indicatori.
Scelte da compiere per una cluster analysis
Per portare a termini un’analisi dei gruppi, dopo aver
costruito la batteria degli indicatori, è necessario
compiere diverse scelte che impattano sui risultati:
• Analisi gerarchica o non gerarchica?
• Se gerarchica (costruzione del dendrogramma):
– metrica (euclidea, Minkowsi, Manhattan, Mahalanobis, ecc.);
– strategia di aggregazione (legame singolo, completo, ecc.);
– criterio di taglio del dendrogramma;
– (introduzione del vincolo di contiguità).
È possibile prevedere un’analisi di sensibilità per testare la
robustezza dei risultati ottenuti rispetto alle scelte fatte.
Scelte “consigliate” nel caso di una RiTeR
Nella maggioranza dei casi il numero di gruppi è
incognito, esiste una correlazione tra indicatori e il
fenomeno non agisce in modo netto sul territorio. In
questo caso è necessario prima di tutto procedere con
un’Analisi delle Componenti Principali (senza rotazione)
e successivamente procedere all’analisi dei cluster di tipo
gerarchico con (Cerioli e Zani, 2007; Marra, 1990):
• distanza euclidea al quadrato;
• metodo di Ward o della devianza minima;
• taglio del dendrogramma nel punto di massimo salto;
• senza vincolo di contiguità (si ritornerà sul punto).
Case study: la delimitazione di aree di domanda
Si considera ora la RiTeR condotta per la prima manovra
sui prezzi carburanti del FVG. Interpretando la L.R. 47/96
si evinceva che (Zaccomer, 2011):
• il prezzo scontato non potesse essere inferiore a quello
praticato oltre confine;
• per Stato confinante si intendesse la Slovenia,
• relazione inversa tra sconto e distanza;
• la RiTeR era di tipo unidimensionale: l’unica variabile da
considerare era la distanza stradale dal valico confinario
più prossimo (problema del valico praticabile);
• presenza di una deroga per i comuni senza punto
vendita di carburanti (problema inversione distanze).
La riorganizzazione ottenuta (5 gruppi)
Comuni senza punti vendita
L’introduzione del vincolo di contiguità
Ritornando all’introduzione del vincolo di contiguità, che
permette all’algoritmo di clustering di unire due unità
territoriali se e soltanto se queste sono confinanti, è
possibile affermare che tale introduzione:
• porta alla creazione di gruppi che non soddisfano più il
criterio della coesione interna;
• non permette più di costruire il dendrogramma;
• il numero dei gruppi deve essere conosciuto a priori.
In sintesi, l’introduzione di un vincolo di contiguità
corrisponde più ad esigenze di gestione del committente
che a quelle di scientificità del lavoro.
Alla ricerca della contiguità perduta
L’ultimo aspetto su cui si vuole discutere riguarda la
possibilità di ricercare una certa contiguità senza
introdurre un vincolo. Rispetto alle esperienze
condotte in FVG, si può affermare che questo si può
fare a patto che:
• esistano direzioni privilegiate del fenomeno;
• gran parte degli indicatori ne risentano («elevata»
correlazione tra loro);
• il taglio ottimale del dendrogramma individui un
numero non elevato di gruppi.
Quali indicatori di direzione?
Non esiste una risposta univoca poiché questa
dipende dal fenomeno sotto esame e dalla
configurazione morfologica dell’area in questione.
Esempi di indicatori di direzione utilizzati per RiTeR
del FVG sono stati:
• altimetria media (circa direzione sud-nord);
• distanza dal confine sloveno (direzione est-ovest).
Applicando una cluster analysis a queste due variabili
è immediato verificare il loro effetto.
La riorganizzazione ottenuta (5 gruppi)
Case study: un’analisi socio-economica
Per la costruzione del Piano Paesaggistico Regionale è
stata portata a termine un’analisi socio-economica sui
dati del 2010-11. Tale analisi ha visto una largo
impiego delle metodologie di clustering appena
illustrate. In questo caso l’indicatore di direzione
scelto era l’altimetria media (Modello DTM dell’ISTAT)
poiché la gran parte delle attività antropiche, sia
sociali sia economiche, sono fortemente influenzate
da questa variabile fisica (Zaccomer, 2017).
Le batterie di indicatori
• Altimetria
• Indicatori economici relativi a (8):
– superficie agricola utilizzata;
– occupati in attività agricole;
– aziende con attività connesse;
– carico zootecnico;
– addetti in attività industriali;
– densità industriale;
– addetti in attività terziarie;
– sportelli bancari.
Si tratta sempre di rapporti statistici
tranne l’altimetria (media secondo
DTM dell’ISTAT).
Il data set complessivo è costituito da
una matrice completa 218x23.
• Indicatori sociali relativi a (14):
– densità abitativa;
– natalità;
– anziani per un bambino;
– vecchiaia;
– disoccupazione;
– stranieri;
– scuole dell’infanzia e primarie;
– possesso titoli universitari e terziari non
universitari;
– spesa sanitaria;
– posti letto;
– volontari di istituzioni no-profit;
– partecipazione al referendum del 2011 al
quesito sull’acqua;
– popolazione residente che si sposta
giornalmente;
– parco circolante
La riorganizzazione economica (2-3 gruppi)
La riorganizzazione sociale (2-3 gruppi)
Sintesi dei risultati ottenuti
• Per entrambe le batterie di indicatori (economica e
sociale) il taglio ottimale si ottiene per due gruppi:
anche se diverse, le due RiTeR evidenziano un taglio
netto tra i comuni di montagna e gli altri del FVG.
• Se si taglia il dendrogramma ad un livello inferiore,
non garantendo più il principio della separazione
esterna ottimale, cominciano ad evidenziarsi i
maggiori centri abitati (e Lignano Sabbiadoro) e
alcuni comuni del loro hinterland.
• Consideriamo ora l’analisi socio-economica finale.
La riorganizzazione socio-eco (2-7 gruppi)
Elementi di conclusione
Rispetto alle RiTeR del FVG qui analizzate, e condotte
con strumenti classici, è emerso che:
• è meglio utilizzare un’analisi dei cluster gerarchica
poiché questa permette una migliore
interpretazione della formazione dei gruppi (anche
dal punto di vista territoriale);
• se possibile, sfruttare le direzioni privilegiate del
fenomeno al fine di evitare l’introduzione del
vincolo di contiguità negli algoritmi classici;
• il vincolo di contiguità va utilizzato se e soltanto se
richiesto dal committente della ricerca.
Ulteriori strumenti statistici
Sono sempre possibili altri strumenti:
• analisi dei gruppi (Zani, 1993):
– il metodo delle piramidi è una generalizzazione della
classificazione gerarchica: si ipotizza l’esistenza di unità
territoriali cerniera che stanno contemporaneamente in più
gruppi;
– le classificazioni sfuocate dove ad ogni unità territoale
inserita in gruppo viene associato un grado di appartenenza
normalizzato nell’intervallo [0,1]. La sommatoria dei gradi
deve sempre essere unitaria.
• per quanto riguarda la «fusione degli indicatori» un
notevole interesse riguarda gli indicatori compositi che
però, allo stato attuale della ricerca, presentano ancora
forti elementi di soggettività.
Bibliografia di riferimento
• Cantiere Friuli (2017), materiale rintracciabile sul sito ufficiale www.uniud.it/it/ateneo-
uniud/ateneo-uniud/eventi-istituzionali/cantiere-friuli.
• Cerioli A., Zani S. (2007), Analisi dei dati e data mining per le decisioni aziendali, Giuffrè Ed.,
Milano.
• Marra E. (1990), Metodi per la riorganizzazione territoriale e cluster analysis, in Guala C.,
Marra E., Indicatori sociali e territorio, Sagep, Genova, pp. 135-188.
• Unwin D. (1986), Analisi spaziale. Un’introduzione geocartografica, F. Angeli, Bologna.
• Zaccomer G.P. (1999), Considerazioni metodologiche e caratteristiche dell’indagine, in
Grandinetti R., Il seggiolaio e l’economia globale. La transizione evolutiva del distretto
friulano della sedia attraverso i risultati di una indagine sul campo, CEDAM, Padova, pp. 221-
232.
• Zaccomer G.P. (2011), Carburanti, statistiche e prezzi. Esperienze di ricerca legate alla
manovra di riduzione dei prezzi delle benzine e del gasolio per autotrazione in Friuli Venezia
Giulia, Forum, Udine.
• Zaccomer G.P. (2017), L’analisi territoriale socio-economica a supporto della predisposizione
di un Piano Paesaggistico Regionale: il caso del Friuli Venezia Giulia, XXXII Congresso
Geografico Italiano, L’apporto della geografia tra rivoluzioni e riforme, in corso di
pubblicazione.
• Zani S. (1993), a cura di, Metodi statistici per le analisi territoriali, Franco Angeli Ed., Milano.

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G. Zaccomer, La riorganizzazione territoriale su base regionale: aspetti teorici ed esperienze condotte nel Friuli Venezia Giulia

  • 1. La riorganizzazione territoriale su base regionale: aspetti teorici ed esperienze condotte in Friuli Venezia Giulia Gian Pietro Zaccomer Dipartimento di Lingue e Letterature, Comunicazione, Formazione e Società Università degli Studi di Udine Giornata Italiana della Statistica – GIS 2017 Camera di Commercio di Udine, 26 ottobre 2017
  • 2. La struttura dell’intervento Durante l’intervento saranno toccati i seguenti punti: • Il ruolo della Statistica Ufficiale. • Dati (analisi) spaziali e territoriali. • Riorganizzazione territoriale. • Riflessioni sulle esperienze relative al FVG. • Elementi di conclusione.
  • 3. La Statistica: un “fastidio necessario” Nell’attuale società dell’informazione (relativa alla Terza rivoluzione industriale o fase del capitalismo) il ruolo della statistica è fondamentale e pervasivo non a causa dell’intensa attività accademica (che in Italia si sta contraendo), ma piuttosto per gli aspetti pragmatici che essa permette di risolvere (in particolar modo gli aspetti descrittivi e di sintesi di un fenomeno, ma non solo). Dato che la cultura statistica risulta alquanto limitata, anche per alti livelli di formazione universitaria, l’utilizzo dei suoi strumenti risulta spesso maldestro portando ad una distorta se non ad una cattiva informazione.
  • 4. Il ruolo della Statistica Ufficiale nazionale Quanto appena detto ci porta ad affermare che: • è importante che «qualcuno», a livello ufficiale, si prenda il compito di produrre informazioni statistiche di rilevanza nazionale seguendo tutti i crismi dettati dalla più recente teoria statistica (in Italia: ISTAT/SISTAN); • tale compito deve essere svolto in modo indipendente dal potere esecutivo di turno poiché intimamente legato al grado di democrazia di un Paese (esso permette il controllo da parte dei cittadini, es. CEN, Conti per settori istituzionali, Conti della PA).
  • 5. La Statistica Ufficiale a supporto delle decisioni La Statistica Ufficiale, dal punto di vista operativo, serve anche a supportare le decisioni degli operatori: • a livello interno (nazionale o regionale) per prendere decisioni oculate in ambito di politiche economiche e sociali; • a livello europeo non solo a condividere informazioni per la messa a punto di politiche, ma anche a determinare i flussi finanziari da e verso l’UE (es. i contributi dell’UE). A tal fine le statistiche devono essere prodotte utilizzando definizioni (es. PIL), classificazioni (es. NACE) e metodi (sia di raccolta dei dati, sia di analisi degli stessi) condivisi a livello europeo (EUROSTAT). • i dati di partenza dati devono essere riferiti a unità statistiche di tipo territoriale (Italia, Regione, Provincia, Comuni ed equivalenti).
  • 6. Cantiere Friuli: Demografia e Territorio L’obiettivo generale del progetto Cantiere Friuli dell’Università di Udine è «quello di produrre idee, ragionamenti e progetti per il Friuli […] da mettere a disposizione dei decisori e dei policy maker e, in ultima istanza, di tutta la popolazione». L’officina sul tema Demografia e Territorio vuole studiare i possibili percorsi di evoluzione futura della popolazione, fornire chiavi di lettura dei fenomeni demografici e proporre strumenti per eventuali riorganizzazioni territoriali in ambito scolastico, socio-sanitario, socio- assistenziale ed economico e istituzionale.
  • 7. Dati spaziali e territoriali I dati spaziali sono quei particolari dati che, attraverso i propri metadati (ossia la loro «carta di identità») sono riconducibili ad una precisa unità statistica spaziale (sia essa un punto, una linea o un’area). A livello europeo, secondo la Direttiva INSPIRE (INfrastructure for SPatial InfoRmation in Europe) entrata in vigore nel 2007, i dati territoriali sono quelli che «attengono, direttamente o indirettamente, a unità locali o a un’area geografica specifica». C’è quindi una certa confusione tra il termine «spaziale» e quello «territoriale».
  • 8. Spaziale vs territoriale Già nel 1990, in un convegno ISTAT-SIS, Zani e Napolitano hanno proposto la seguente distinzione sul tipo di analisi (che si può impiegare a ritroso per classificare i dati) valida solo in ambito statistico (ripresa poi in Zani, 1993): • analisi spaziali (in senso stretto) «quelle che si basano su una griglia […] ovvero fanno riferimento alla distribuzione dei punti su una superficie». • analisi territoriali «quelle inerenti ai dati riferiti alle suddivisioni amministrative di un territorio». A livello UE, dal 1970 le diverse partizioni amministrative nazionali sono raccordate, ai fini di una produzione statistica omogenea, attraverso la classificazione NUTS (Nomenclature des Unités Territoriales Statistiques).
  • 9. Es. partizione a livello NUTS-2 per UE NB: UE 27 nel senso pre-Brexit (ossia senza Croazia, ma con Gran Bretagna)
  • 10. EUROSTAT: PIL NUTS-2 2005-11 Lussemburgo: 66 700 PPS/ab
  • 11. Le caratteristiche dei dati spaziali/territoriali Caratteristiche comuni (Zani, 1993): 1. sono tra loro dipendenti; 2. possono presentare una interdipendenza in tutte le direzioni oppure seguire direzioni privilegiate. Caratteristiche diverse (Zani, 1993): 3. per i dati spaziali: sono riferiti ad unità spaziali costruite dal ricercatore (nella forma, dimensione e scelta punto rappresentativo); 3. per i dati territoriali: il livello di studio (o scala geografica) è scelto dal ricercatore.
  • 12. I problemi di riorganizzazione territoriale Consideriamo un caso concreto di utilizzo di dati territoriali, ossia la Riorganizzazione Territoriale (RiTe): • dal punto di vista cartografico questa viene vista come l’individuazione di una nuova perimetrazione delle unità territoriali elementari presenti in un’area di riferimento (che contiene più unità territoriali); • dal punto di vista statistico, questo implica l’utilizzo di diverse tecniche generalmente basate sulla selezione di una appropriata batteria di indicatori; • può essere portata a termine per qualsiasi area di riferimento (da quella europea fino alla sub-regionale); • oltre all’utilizzo di strumenti di analisi statistica, si rende necessario anche l’impiego di un GIS.
  • 13. Geographic Information System (GIS) Is the geographic world a jig-saw puzzle of polygons, or a club- sandwich of data layers? (Couclelis, 1992)
  • 14. Le metodologie statistiche per la RiTeR in FVG Le metodologie statistiche più utilizzate per portare a termine RiTe su base regionale (RiTeR) in Friuli Venezia Giulia fino ad ora si sono basate sostanzialmente: 1. sull’uso di soglie prefissate (RiTeR come problema di «statistica normativa»); 2. sulla cluster analysis (RiTeR come problema di statistica multivariata).
  • 15. RiTeR: l’uso di soglie prefissate La RiTeR più semplice si ottiene selezionando una batteria di indicatori, coerentemente con il tipo di ricerca, e una serie di vincoli (soglie). L’insieme di relazioni matematiche (equazioni e/o disequazioni) è messo a sistema: sono inseriti nel gruppo solo unità territoriali (contigue o non) che soddisfano simultaneamente tutti i vincoli. Questa tecnica presenta forti problemi di soggettività nella scelta degli indicatori e, soprattutto, delle soglie. Generalmente si ritrova all’interno di normative (nazionali o regionali) che spesso impongono ulteriori vincoli, limitando ulteriormente l’analisi scientifica.
  • 16. Case study: il distretto della sedia (1) Come primo caso reale di RiTeR, condotta attraverso l’utilizzo di soglie prefissate, si propone la metodologia prevista dal legislatore nazionale per individuare il Distretto industriale della sedia. L’art. 36 della L. 317/91 definiva i distretti industriali come «aree territoriali locali che presentano un’elevata concentrazione di piccole imprese, calcolato in base alla loro numerosità e a quella della popolazione residente, ed una forte specializzazione produttiva, in una particolare attività economica, delle stesse». La legge delegava al MICA la definizione degli indicatori, tramite decreto, mentre veniva lascito il compito all’amministrazione regionale di individuare esattamente i distretti e la loro composizione territoriale sulla base dei precedenti indicatori.
  • 17. Case study: il distretto della sedia (2) Gli indicatori sono stati definiti dal D.M. 51/93 il quale, oltre a fornire i criteri per l’individuazione dei distretti, riporta anche la composizione del Sistemi Locali del Lavoro di fonte ISTAT da utilizzarsi come base di partenza nell’individuazione dei distretti industriali. Il S.L.L. di Udine era allora composto da 37 comuni di cui uno, Dolegna del Collio, della Provincia di Gorizia. In ogni caso era lasciato al legislatore regionale la possibilità di aggregare altri comuni, purché limitrofi a quelli già individuati dall’ISTAT.
  • 18. Gli indicatori previsti dal D.M. Gli indicatori previsti dal DM erano cinque (Zaccomer, 1999), ossia: 1. Indicatore di industrializzazione manifatturiera; 2. Indicatore di densità imprenditoriale dell’industria manifatturiera; 3. Indicatore di specializzazione produttiva; 4. Livello di occupazione dell’attività manifatturiera di specializzazione; 5. Quota degli occupati nelle piccole imprese.
  • 19. Indicatore di ind.ne manifatturiera Calcolato come rapporto agli addetti dell’industria manifatturiera ADm su quelli totali ADt in funzione dei diversi ambiti territoriali considerati (nazionale N, regionale R o locale del distretto L): quello del distretto doveva superare almeno del 30% l’indice nazionale a meno che quello regionale sia inferiore; in questo caso era possibile utilizzare l’indice regionale al posto di quello nazionale.
  • 20. Indicatore di densità imprenditoriale È ottenuto del rapporto tra le imprese manifatturiere presenti sul territorio, in termini di unità locali ULm, e la popolazione residente Pr. La condizione richiesta dalla legge prevedeva che l’indice del distretto dovesse superare (solo) quello medio nazionale: È stato considerato il concetto di unità locale per tener conto della multi-localizzazione delle imprese.
  • 21. Indicatore di specializzazione produttiva Si tratta di un indicatore analogo a quello di ind.ne manifatturiera. In questo caso il rapporto è dato agli addetti dell’industria manifatturiera di specializzazione ADs su quelli totali della sola industria manifatturiera ADm del sistema locale del distretto: Quello del distretto doveva superare almeno del 30% l’analogo indice nazionale. L’attività manifatturiera di specializzazione andava determinata sulla base delle classificazioni ATECO, all’epoca versione 91.
  • 22. Gli ultimi due indicatori sugli occupati Livello di occupazione dell’attività manifatturiera di specializzazione. Il DM specificava che questo livello dovesse essere almeno superiore al 30% degli occupati manifatturieri complessivi del distretto: Quota degli occupati nella piccole imprese. Come la precedente condizione, questa è riferita ai livelli assoluti e non a quelli relativi; questa prevedeva che almeno il 50% degli occupati dell’attività di specializzazione del distretto trovasse impiego in imprese di piccole dimensioni pi: .
  • 23. La riorganizzazione ottenuta Otto comuni facevano parte del S.L.L. di Udine mentre Trivignano e San Vito al Torre (ad essi contigui) sono stati aggiunti. Il Distretto si allargò poi per effetto della nuova LR del 2000.
  • 24. RiTeR: la cluster analysis Un tipico modo per procedere alla RiTeR è quello di ricorrere a tecniche statistiche di analisi multivariata, in particolare alla cluster analysis o analisi dei gruppi. Questa analisi permette di costruire dei gruppi di unità territoriali sempre sulla base della matrice degli indicatori di partenza. Quindi è necessario, anche in tal caso, passare attraverso il momento di individuazione degli indicatori e, spesso, anche attraverso lo loro selezione, o sintesi, in quanto esistono strategie di aggregazione sensibili alla correlazione esistente tra indicatori.
  • 25. Scelte da compiere per una cluster analysis Per portare a termini un’analisi dei gruppi, dopo aver costruito la batteria degli indicatori, è necessario compiere diverse scelte che impattano sui risultati: • Analisi gerarchica o non gerarchica? • Se gerarchica (costruzione del dendrogramma): – metrica (euclidea, Minkowsi, Manhattan, Mahalanobis, ecc.); – strategia di aggregazione (legame singolo, completo, ecc.); – criterio di taglio del dendrogramma; – (introduzione del vincolo di contiguità). È possibile prevedere un’analisi di sensibilità per testare la robustezza dei risultati ottenuti rispetto alle scelte fatte.
  • 26. Scelte “consigliate” nel caso di una RiTeR Nella maggioranza dei casi il numero di gruppi è incognito, esiste una correlazione tra indicatori e il fenomeno non agisce in modo netto sul territorio. In questo caso è necessario prima di tutto procedere con un’Analisi delle Componenti Principali (senza rotazione) e successivamente procedere all’analisi dei cluster di tipo gerarchico con (Cerioli e Zani, 2007; Marra, 1990): • distanza euclidea al quadrato; • metodo di Ward o della devianza minima; • taglio del dendrogramma nel punto di massimo salto; • senza vincolo di contiguità (si ritornerà sul punto).
  • 27. Case study: la delimitazione di aree di domanda Si considera ora la RiTeR condotta per la prima manovra sui prezzi carburanti del FVG. Interpretando la L.R. 47/96 si evinceva che (Zaccomer, 2011): • il prezzo scontato non potesse essere inferiore a quello praticato oltre confine; • per Stato confinante si intendesse la Slovenia, • relazione inversa tra sconto e distanza; • la RiTeR era di tipo unidimensionale: l’unica variabile da considerare era la distanza stradale dal valico confinario più prossimo (problema del valico praticabile); • presenza di una deroga per i comuni senza punto vendita di carburanti (problema inversione distanze).
  • 28. La riorganizzazione ottenuta (5 gruppi) Comuni senza punti vendita
  • 29. L’introduzione del vincolo di contiguità Ritornando all’introduzione del vincolo di contiguità, che permette all’algoritmo di clustering di unire due unità territoriali se e soltanto se queste sono confinanti, è possibile affermare che tale introduzione: • porta alla creazione di gruppi che non soddisfano più il criterio della coesione interna; • non permette più di costruire il dendrogramma; • il numero dei gruppi deve essere conosciuto a priori. In sintesi, l’introduzione di un vincolo di contiguità corrisponde più ad esigenze di gestione del committente che a quelle di scientificità del lavoro.
  • 30. Alla ricerca della contiguità perduta L’ultimo aspetto su cui si vuole discutere riguarda la possibilità di ricercare una certa contiguità senza introdurre un vincolo. Rispetto alle esperienze condotte in FVG, si può affermare che questo si può fare a patto che: • esistano direzioni privilegiate del fenomeno; • gran parte degli indicatori ne risentano («elevata» correlazione tra loro); • il taglio ottimale del dendrogramma individui un numero non elevato di gruppi.
  • 31. Quali indicatori di direzione? Non esiste una risposta univoca poiché questa dipende dal fenomeno sotto esame e dalla configurazione morfologica dell’area in questione. Esempi di indicatori di direzione utilizzati per RiTeR del FVG sono stati: • altimetria media (circa direzione sud-nord); • distanza dal confine sloveno (direzione est-ovest). Applicando una cluster analysis a queste due variabili è immediato verificare il loro effetto.
  • 33. Case study: un’analisi socio-economica Per la costruzione del Piano Paesaggistico Regionale è stata portata a termine un’analisi socio-economica sui dati del 2010-11. Tale analisi ha visto una largo impiego delle metodologie di clustering appena illustrate. In questo caso l’indicatore di direzione scelto era l’altimetria media (Modello DTM dell’ISTAT) poiché la gran parte delle attività antropiche, sia sociali sia economiche, sono fortemente influenzate da questa variabile fisica (Zaccomer, 2017).
  • 34. Le batterie di indicatori • Altimetria • Indicatori economici relativi a (8): – superficie agricola utilizzata; – occupati in attività agricole; – aziende con attività connesse; – carico zootecnico; – addetti in attività industriali; – densità industriale; – addetti in attività terziarie; – sportelli bancari. Si tratta sempre di rapporti statistici tranne l’altimetria (media secondo DTM dell’ISTAT). Il data set complessivo è costituito da una matrice completa 218x23. • Indicatori sociali relativi a (14): – densità abitativa; – natalità; – anziani per un bambino; – vecchiaia; – disoccupazione; – stranieri; – scuole dell’infanzia e primarie; – possesso titoli universitari e terziari non universitari; – spesa sanitaria; – posti letto; – volontari di istituzioni no-profit; – partecipazione al referendum del 2011 al quesito sull’acqua; – popolazione residente che si sposta giornalmente; – parco circolante
  • 37. Sintesi dei risultati ottenuti • Per entrambe le batterie di indicatori (economica e sociale) il taglio ottimale si ottiene per due gruppi: anche se diverse, le due RiTeR evidenziano un taglio netto tra i comuni di montagna e gli altri del FVG. • Se si taglia il dendrogramma ad un livello inferiore, non garantendo più il principio della separazione esterna ottimale, cominciano ad evidenziarsi i maggiori centri abitati (e Lignano Sabbiadoro) e alcuni comuni del loro hinterland. • Consideriamo ora l’analisi socio-economica finale.
  • 39. Elementi di conclusione Rispetto alle RiTeR del FVG qui analizzate, e condotte con strumenti classici, è emerso che: • è meglio utilizzare un’analisi dei cluster gerarchica poiché questa permette una migliore interpretazione della formazione dei gruppi (anche dal punto di vista territoriale); • se possibile, sfruttare le direzioni privilegiate del fenomeno al fine di evitare l’introduzione del vincolo di contiguità negli algoritmi classici; • il vincolo di contiguità va utilizzato se e soltanto se richiesto dal committente della ricerca.
  • 40. Ulteriori strumenti statistici Sono sempre possibili altri strumenti: • analisi dei gruppi (Zani, 1993): – il metodo delle piramidi è una generalizzazione della classificazione gerarchica: si ipotizza l’esistenza di unità territoriali cerniera che stanno contemporaneamente in più gruppi; – le classificazioni sfuocate dove ad ogni unità territoale inserita in gruppo viene associato un grado di appartenenza normalizzato nell’intervallo [0,1]. La sommatoria dei gradi deve sempre essere unitaria. • per quanto riguarda la «fusione degli indicatori» un notevole interesse riguarda gli indicatori compositi che però, allo stato attuale della ricerca, presentano ancora forti elementi di soggettività.
  • 41. Bibliografia di riferimento • Cantiere Friuli (2017), materiale rintracciabile sul sito ufficiale www.uniud.it/it/ateneo- uniud/ateneo-uniud/eventi-istituzionali/cantiere-friuli. • Cerioli A., Zani S. (2007), Analisi dei dati e data mining per le decisioni aziendali, Giuffrè Ed., Milano. • Marra E. (1990), Metodi per la riorganizzazione territoriale e cluster analysis, in Guala C., Marra E., Indicatori sociali e territorio, Sagep, Genova, pp. 135-188. • Unwin D. (1986), Analisi spaziale. Un’introduzione geocartografica, F. Angeli, Bologna. • Zaccomer G.P. (1999), Considerazioni metodologiche e caratteristiche dell’indagine, in Grandinetti R., Il seggiolaio e l’economia globale. La transizione evolutiva del distretto friulano della sedia attraverso i risultati di una indagine sul campo, CEDAM, Padova, pp. 221- 232. • Zaccomer G.P. (2011), Carburanti, statistiche e prezzi. Esperienze di ricerca legate alla manovra di riduzione dei prezzi delle benzine e del gasolio per autotrazione in Friuli Venezia Giulia, Forum, Udine. • Zaccomer G.P. (2017), L’analisi territoriale socio-economica a supporto della predisposizione di un Piano Paesaggistico Regionale: il caso del Friuli Venezia Giulia, XXXII Congresso Geografico Italiano, L’apporto della geografia tra rivoluzioni e riforme, in corso di pubblicazione. • Zani S. (1993), a cura di, Metodi statistici per le analisi territoriali, Franco Angeli Ed., Milano.