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Luca Gervasutti                                         Le strade del tempo - Antologia per i CPIA




                                                   Tra fascino e inquietudine
 la nascita della modernita’



                      La letteratura del Novecento, oggetto di questo corso di studi,
                    ha cercato di indagare le trasformazioni causate nei comporta-
                    menti umani e nella società dall’avvento della modernità. Ma co-
                    sa intendiamo con questo termine? E quando inizia l’età moder-
                    na?

                      Il concetto di modernità può essere analizzato da vari punti di
                    vista: se è vero che il suo senso ultimo consiste in una totale au-
                    tonomia rispetto al passato, è possibile individuare in alcuni
                    momenti di rottura che si verificarono nel tardo Ottocento la na-
                    scita di un mondo nuovo. Proviamo a sintetizzarli:

 Nella sociologia     Dal punto di vista sociologico, la modernità è quell’epoca sto-
                    rica che risulta dai profondi processi di trasformazione generati
                    dalla seconda rivoluzione industriale e dalla conseguente nascita
                    della società di massa: quest’ultima espressione identifica il
                    massiccio inurbamento di una moltitudine che popola città sem-
                    pre più grandi, lavora nelle fabbriche e negli uffici, consuma gli
                    identici prodotti e fruisce della medesima cultura diffusa dai
                    media, vive come grandi riti collettivi i diversi momenti dell'an-
                    no, le varie fasi della vita e la partecipazione alla vita politica. Si
                    tratta di un processo che coincide con il progressivo affermarsi
                    delle profonde trasformazioni che caratterizzarono la seconda
                    Rivoluzione industriale negli ultimi decenni dell’Ottocento. Le
                    scoperte scientifiche, lo sviluppo delle comunicazioni, la scoper-
                    ta di nuove fonti di energia, la nuova organizzazione del lavoro,
                    l’applicazione della catena di montaggio, il sorgere di nuove figu-
                    re professionali, la crescente incidenza dell'industrializzazione
                    nei campi più disparati, il diffondersi delle specializzazioni: so-
                    no, questi, solo alcuni dei fattori che mutarono radicalmente il
                    volto della società.

 Nella scienza        Anche dal punto di vista scientifico l’inizio della modernità
                    viene fatto risalire alla fine del XIX secolo, quando l’instabilità


                                                                                                     1
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                  della situazione cultura europea fu aggravata dalla diffusione
                  delle teorie psicoanalitiche del viennese Sigmund Freud, che at-
                  tribuiva le ragioni di ogni momento psichico cosciente a una vita
                  anteriore della conoscenza, a un fondo oscuro e ignoto chiamato
                  inconscio. Freud sosteneva la possibilità di descrivere e analizza-
                  re i fenomeni dell'inconscio e di trarre da questi la spiegazione
                  dei comportamenti e la cura delle patologie: nell'inconscio di
                  ogni uomo, infatti, si trovano quei contenuti psichici (desideri,
                  pulsioni, paure) che la coscienza ha nascosto a se stessa non po-
                  tendoli accettare. Quello che noi normalmente crediamo di aver
                  dimenticato, allontanando così la sofferenza che vi è legata, è
                  stato in realtà rimosso nell'inconscio, ed è pronto a riemergere in
                  forma patologica se il sistema delle rimozioni e delle difese mes-
                  so in opera dalla coscienza non è più in grado di assolvere pie-
                  namente al suo compito.

                    Compito della psicoanalisi è quello di riportare gradualmente
                  alla luce (ricordare) ciò che si è voluto dimenticare e far rivivere
                  le esperienze traumatiche che sono all'origine della sofferenza
                  psichica.

Nella filosofia     Dal punto di vista filosofico, l’avvento della modernità coinci-
                  de invece con la morte di Dio.

                    "Dio è morto e noi l’abbiamo ucciso", scriveva nel 1882 il filo-
                  sofo tedesco Friedrich Nietzsche (La gaia scienza, fr. 125). Non si
                  tratta di un’invettiva ateistica contro le tradizioni religiose, ma è
                  piuttosto la denuncia della scomparsa degli ideali e dei valori su
                  cui per quasi due millenni si era fondato il mondo occidentale. La
                  morte di Dio è dimostrata secondo Nietzsche da un dato oggetti-
                  vo, ovvero dalla fine di tutte le illusioni dell’essere umano, alla
                  quale gli uomini, sperduti "nel gran mare dell’essere", cercano di-
                  speratamente di far fronte creandosi dei sostituti, ovvero idoli e
                  miti di varia natura e di varia specie (il denaro, la fama, il pote-
                  re...) che diano un senso alla vita, in modo che ognuno si veda e
                  si senta realmente ricompensato delle proprie fatiche, delle ri-
                  nunce e degli affanni.

                    La morte di Dio assume inoltre la portata di un evento epocale
                  e caratterizzante che coincide anche con la perdita di tutte quelle

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                    certezze, che, con la loro crisi, hanno fatto cadere l’umanità stes-
                    sa nel dubbio e nell’incertezza. Infatti è il mondo stesso – col suo
                    caos, il suo disordine e la progressiva mancanza di punti fissi
                    che gettano su tutto l’ombra del relativismo – a giustificare il fat-
                    to che Dio non esiste più e che oggettivamente non può più esi-
                    stere, in un ambiente così corrotto, degenerato e privo della sua
                    unità organica. Il soggetto umano si eclissa divenendo qualcosa
                    di non sostanziale, una formazione provvisoria e precaria, sog-
                    getta al conflitto delle varie forze biologiche. Il mondo si frantu-
                    ma, la realtà si fa piccola e non collegabile. L’infinito non ci ap-
                    partiene più; esso fa paura, procura un senso di vertigine e di
                    smarrimento.
L’urlo
                                                      “L’urlo” (1885), del pittore nor-
                                                      vegese Edward Munch, è la
                                                      straordinaria fotografia dell’epo-
                                                      ca moderna, segnata dalla morte
                                                      di Dio, ucciso - secondo
                                                      Nietzsche - nell’indifferenza e
                                                      nella disattenzione con la furbi-
                                                      zia e il compiacimento dell’uomo
                                                      mediocre. Dio è morto tra uomi-
                                                      ni addomesticati e vili, senza la
                                                      tragedia che l’enormità del fatto
                                                      avrebbe dovuto comportare.


Nella letteratura     La crisi dei valori, l’individualismo, la frantumazione dell’io
                    segnano anche la letteratura moderna, che assume caratteristiche
                    quali la sperimentazione linguistica, la disarticolazione sintatti-
                    ca, la violazione del decoro, la rottura dell’ordine spazio-tempo-
                    rale, l’ambiguità e l’oscurità. Scrive lo scrittore ceco Milan Kun-
                    dera: “C’è l’arte moderna che, con estasi lirica, si identifica con il
                    moderno. Apollinaire. L’esaltazione della tecnica, dell’avvenire.
                    Con e dopo di lui Majakovskij, Léger, i futuristi, le avanguardie.
                    Ma all’estremo opposto di Apollinaire è Kafka. Il mondo moderno
                    come un labirinto dove l’uomo si smarrisce. Il modernismo antili-
                    rico, antiromantico, scettico, critico. Con e dopo Kafka: Musil,
                    Broch, Gombrowicz, Beckett, Ionesco, Fellini...” (Kundera, L’arte


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                      del romanzo, Adelphi).

                        Sono, quelli individuati da Kundera, i due grandi filoni dell’ar-
                      te moderna che compongono il grande movimento del decadenti-
                      smo, la corrente culturale che ha attraversato tutto il Novecento
                      denunciando le contraddizioni del mondo nuovo.

                        Alla radice del dualismo individuato da Kundera c’è però l’au-
                      tore che ha posto le basi della letteratura moderna: Charles Bau-
                      delaire.

 Vita di Baudelaire     Nato nel 1821 a Parigi dall'unione di un funzionario di stato
                      sessantenne ex-sacerdote, Joseph-François Baudelaire, e la venti-
                      settenne Caroline Dufays, rimase orfano di padre all'età di sei
                      anni. Pochi mesi dopo la madre decise di sposare Jacques Aupick,
                      un tenente colonnello che, a causa della sua rigidità, si guadagnò
                      ben presto l'odio del giovane Charles. A causa della frequenta-
                      zione di cattivi ambienti e dello stile di vita dissoluto del futuro
                      poeta, il patrigno lo ritirò dal liceo Louis-Le-Grando e lo mandò in
                      India su una nave. Da questa esperienza nacque la passione per
                      l'esotismo che si rifletterà in seguito nella sua opera di maggior
                      successo: I fiori del male.

                        Dieci mesi dopo la sua partenza per l'India, Baudelaire rientrò
                      a Parigi dove, grazie al patrimonio paterno, iniziò una vita di
                      grande libertà. Ma i generosi dispendi economici intaccarono ra-
                      pidamente la metà dei beni costringendo la madre, su consiglio
                      del patrigno, a interdire il giovane e ad affidare il suo patrimonio
                      a un notaio. L'anno seguente Baudelaire tentò per la prima volta il
                      suicidio.


                        Nel 1857 l'editore Poulet-Malassis pubblicò in 500 copie la ra-
                      colta di cento poesie intitolata I fiori del male (Les fleurs du mal)
                      che fu sequestrata qualche mese dopo, facendo finire Baudelaire
                      e l'editore in sede processuale con l'accusa di pubblicazione
                      oscena e oltraggiosa. L'esito del processo portò alla censura di
                      sei poesie e a una pena pecuniaria.

                        Nel 1860 Baudelaire fu colto da una prima crisi cerebrale; l’an-
                      no successivo tentò per la seconda volta il suicidio.


                                                                                                      4
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                    Nel 1866 rimase paralizzato nel lato destro del corpo. Ormai
                  malato, cercò sollievo nelle droghe; nel 1867, dopo una strazian-
                  te agonia della paralisi, morì a soli 46 anni. Fu sepolto a Parigi
                  nel cimitero di Montparnasse senza alcun particolare epitaffio
                  nella tomba di famiglia, insieme al patrigno e, in seguito, alla
                  madre. Solo nel 1949 la Corte di Cassazione francese decise di
                  riabilitare opere e memoria del poeta scomparso.

                    Per Baudelaire l’uomo è condannato a convivere con il dolore e
                  la sofferenza, poiché l'intero universo è il regno della infelicità e
                  della sofferenza irrimediabile.

 Intellettuale      Egli si assunse il compito di coscienza critica della società, ne
                  descrisse le ingiustizie e la imperfezioni, assumendo un atteg-
                  giamento intellettuale improntato all’impassibilità. Scelse, in-
                  somma, di contemplare l’involuzione del mondo restando al di
                  fuori dai riti sociali e culturali della società di massa, che nell'Ot-
                  tocento stava per sorgere, testimoniando con i suoi comporta-
                  menti eccentrici il valore dell'arte e della bellezza.

                    Nei suoi componimenti Baudelaire descrive inoltre il continuo
                  oscillare dell’animo umano tra il Bene e il Male, due poli opposti
                  inconciliabili: a suo giudizio l’aspirazione all’elevazione morale
                  viene costantemente frustrata dalla tensione verso il basso, dal-
                  l’attrazione per ciò che è peccaminoso.

                    Egli è infine il cantore dello Spleen, termine che riassume ed
                  esprime la noia esistenziale, l’inquietudine provata durante la
                  sua vita al cospetto dei terribili effetti prodotti dalla modernità
                  nella sua fase primordiale: l'eterna ingiustizia, la predicazione di
                  un falso e vuoto progresso, la divisione nella società tra i ricchi e
                  i poveri, la nascita della dittatura del denaro.




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Luca Gervasutti                                        Le strade del tempo - Antologia per i CPIA


 Spleen             Quando il cielo basso e greve pesa come un coperchio
                    sullo spirito che geme in preda a lunghi affanni, e versa,
                    abbracciando l'intero giro dell'orizzonte, un giorno nero
                    più triste della notte;

                    quando la terra è trasformata in umida prigione dove la
                    Speranza, come un pipistrello, va sbattendo contro i mu-
                    ri la sua timida ala e picchiando la testa sui soffitti marci;

                    quando la pioggia, distendendo le sue immense strisce,
                    imita le sbarre d'un grande carcere, e un popolo muto
                    d'infami ragni tende le sue reti in fondo ai nostri cervelli,

                    improvvisamente delle campane sbattono con furia e
                    lanciano verso il cielo un urlo orrendo, simili a spiriti va-
                    ganti e senza patria, che si mettono a gemere ostinata-
                    mente.

                    E lunghi trasporti funebri, senza tamburi né bande, sfi-
                    lano lentamente nella mia anima; vinta, la Speranza
                    piange; e l'atroce Angoscia, dispotica, pianta sul mio
                    cranio chinato il suo vessillo nero.

 Note             Spleen è un vocabolo inglese che anticamente significava “mil-
                  za”, ma che in questo testo può essere considerato il corrispetti-
                  vo del francese “ennui”, cioè uno stato d’animo fatto di angoscia
                  esistenziale, di incapacità di instaurare un rapporto positivo con
                  il mondo circostante.

                    E’ un testo cupo, caratterizzato da un ritmo ascendente: il ri-
                  petuto susseguirsi di “Quando” crea infatti una una crescente at-
                  tesa che esplode nella disperazione.

                    Il lessico è allo stesso tempo realistico e metaforico: Baudelai-
                  re fonde stili diversi (umile, realistico con sublime e simbolico)
                  per cercare di essere il più possibile concreto nella rappresenta-
                  zione di un drammatico conflitto interiore.

                    Nella poesia sono individuabili quattro macro temi:




                                                                                                    6
Luca Gervasutti                                        Le strade del tempo - Antologia per i CPIA


 Temi               La claustrofobia: il cielo basso che pesa come un coperchio
                  (strofa 1); l'immagine di una prigione umida e altrettanto bassa
                  (il pipistrello vi vola sbattendo le ali sulle pareti e picchiando la
                  testa sul soffitto) (str.2); di nuovo l'immagine di una prigione at-
                  traverso le strisce di pioggia (str.3).

                    L'umidità: la prigione umida e il soffitto marcio (str.2); la piog-
                  gia (str. 3); ma anche il pianto (str.5).

                    I suoni: le campane, le urla, i gemiti (str.4); ma anche l'assenza
                  di rumore, il silenzio funebre della strofa 5 (senza tamburi né
                  bande).

                    I colori: la luce nera del giorno (str.1) e il vessillo altrettanto
                  nero dell'Angoscia.

 Antitesi           Il "cielo basso e greve" (v.1) mette in contrasto il nome cielo,
                  normalmente associato ad una idea di immensità, di infinito, di
                  ascensione, con due aggettivi che, al contrario, indicano finitudi-
                  ne, decadimento, pesantezza, incapacità di muoversi (e qui, ov-
                  viamente, si rimanda al campo semantico della claustrofobia).

                    Lo "spirito che geme" (v.2) mette in contrasto lo spirito, cioè
                  quella parte dell'uomo che è considerata la più elevata, la più
                  "divina", con il gemere, atto che sottolinea invece una miserevole
                  condizione da reietto. Difatti, più avanti, nella strofa 4, di nuovo
                  l'idea del lamento viene assimilato a degli " spiriti vaganti e sen-
                  za patria".

                    Il "giorno nero" (v.4) è una chiara antitesi, nel senso che a
                  "giorno" si potrebbe sostituire "luce" senza alterare il senso della
                  poesia, mettendo in rilievo il contrasto assoluto di un'espressio-
                  ne come "luce nera".La "timida ala" (v.7) è pure, in un certo senso,
                  un'antitesi, nel senso che mentre l'ala è solitamente associata ad
                  una idea di libertà, l'aggettivo timida immediatamente riporta al-
                  l'idea dell'impossibilità di fuggire, di liberarsi.




                                                                                                    7
Luca Gervasutti                          Le strade del tempo - Antologia per i CPIA


 MAPPA CONCETTUALE: CHARLES BAUDELAIRE




                                                                                      8
Luca Gervasutti                                     Le strade del tempo - Antologia per i CPIA


 Discussione
                     Qualche giorno dopo la scomparsa di Michael Jackson, il filo-
                  sofo francese Bernard Henri Levy scrisse un articolo in cui faceva
                  un curioso e affascinante parallelismo tra Baudelaire e il “re del
                  pop”. Riproponiamo qui una parte di quell’articolo affinché di-
                  venti strumento per una discussione in classe.




                            Il dandysmo da Baudelaire a Michael Jackson
                            di Bernard Henri Levy (dal Corriere della Sera
                            del 30/6/2009)


                            I dandy erano così. Intendo dire i grandi dandy.
                            I fondatori della tradizione. Barbey. Beau
                            Brummel. Wilde e il suo Dorian Gray. Tacchi
                            rossi per danzare al di sopra di un mondo di
                            miasmi e di umori. Belletti e artifici per sfuggire
                            al De Profundis di un baratro definitivamente
                            parassitato. Senza parlare di Baudelaire che, del
                            suo disgusto per la natura e le sue mostruose
                            proliferazioni, aveva fatto il principio della
                            propria estetica, della propria politica. Michael
                            Jackson era il loro erede. Michael Jackson, con i
                            suoi dischi in vinile, i latex, la casa mausoleo, i
                            terrori profilattici e anche, beninteso, i saltelli
                            da danzatore geniale assediato da ogni parte
                            dalla luce, era l’ultimo di questi grandi dandy.
                            Aggiungete la cura morbosa che, pare, dedicava
                            al proprio corpo. La storia della cassa a ossige-
                            no dove si preparava, instancabilmente, per
                            chissà quale toilette funeraria. Non è morto per
                            una overdose di farmaci, ma per aver voluto
                            non solo inventare, ma inocularsi un vaccino
                            contro la vita.




                                                                                                 9

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  • 1. Luca Gervasutti Le strade del tempo - Antologia per i CPIA Tra fascino e inquietudine la nascita della modernita’ La letteratura del Novecento, oggetto di questo corso di studi, ha cercato di indagare le trasformazioni causate nei comporta- menti umani e nella società dall’avvento della modernità. Ma co- sa intendiamo con questo termine? E quando inizia l’età moder- na? Il concetto di modernità può essere analizzato da vari punti di vista: se è vero che il suo senso ultimo consiste in una totale au- tonomia rispetto al passato, è possibile individuare in alcuni momenti di rottura che si verificarono nel tardo Ottocento la na- scita di un mondo nuovo. Proviamo a sintetizzarli: Nella sociologia Dal punto di vista sociologico, la modernità è quell’epoca sto- rica che risulta dai profondi processi di trasformazione generati dalla seconda rivoluzione industriale e dalla conseguente nascita della società di massa: quest’ultima espressione identifica il massiccio inurbamento di una moltitudine che popola città sem- pre più grandi, lavora nelle fabbriche e negli uffici, consuma gli identici prodotti e fruisce della medesima cultura diffusa dai media, vive come grandi riti collettivi i diversi momenti dell'an- no, le varie fasi della vita e la partecipazione alla vita politica. Si tratta di un processo che coincide con il progressivo affermarsi delle profonde trasformazioni che caratterizzarono la seconda Rivoluzione industriale negli ultimi decenni dell’Ottocento. Le scoperte scientifiche, lo sviluppo delle comunicazioni, la scoper- ta di nuove fonti di energia, la nuova organizzazione del lavoro, l’applicazione della catena di montaggio, il sorgere di nuove figu- re professionali, la crescente incidenza dell'industrializzazione nei campi più disparati, il diffondersi delle specializzazioni: so- no, questi, solo alcuni dei fattori che mutarono radicalmente il volto della società. Nella scienza Anche dal punto di vista scientifico l’inizio della modernità viene fatto risalire alla fine del XIX secolo, quando l’instabilità 1
  • 2. Luca Gervasutti Le strade del tempo - Antologia per i CPIA della situazione cultura europea fu aggravata dalla diffusione delle teorie psicoanalitiche del viennese Sigmund Freud, che at- tribuiva le ragioni di ogni momento psichico cosciente a una vita anteriore della conoscenza, a un fondo oscuro e ignoto chiamato inconscio. Freud sosteneva la possibilità di descrivere e analizza- re i fenomeni dell'inconscio e di trarre da questi la spiegazione dei comportamenti e la cura delle patologie: nell'inconscio di ogni uomo, infatti, si trovano quei contenuti psichici (desideri, pulsioni, paure) che la coscienza ha nascosto a se stessa non po- tendoli accettare. Quello che noi normalmente crediamo di aver dimenticato, allontanando così la sofferenza che vi è legata, è stato in realtà rimosso nell'inconscio, ed è pronto a riemergere in forma patologica se il sistema delle rimozioni e delle difese mes- so in opera dalla coscienza non è più in grado di assolvere pie- namente al suo compito. Compito della psicoanalisi è quello di riportare gradualmente alla luce (ricordare) ciò che si è voluto dimenticare e far rivivere le esperienze traumatiche che sono all'origine della sofferenza psichica. Nella filosofia Dal punto di vista filosofico, l’avvento della modernità coinci- de invece con la morte di Dio. "Dio è morto e noi l’abbiamo ucciso", scriveva nel 1882 il filo- sofo tedesco Friedrich Nietzsche (La gaia scienza, fr. 125). Non si tratta di un’invettiva ateistica contro le tradizioni religiose, ma è piuttosto la denuncia della scomparsa degli ideali e dei valori su cui per quasi due millenni si era fondato il mondo occidentale. La morte di Dio è dimostrata secondo Nietzsche da un dato oggetti- vo, ovvero dalla fine di tutte le illusioni dell’essere umano, alla quale gli uomini, sperduti "nel gran mare dell’essere", cercano di- speratamente di far fronte creandosi dei sostituti, ovvero idoli e miti di varia natura e di varia specie (il denaro, la fama, il pote- re...) che diano un senso alla vita, in modo che ognuno si veda e si senta realmente ricompensato delle proprie fatiche, delle ri- nunce e degli affanni. La morte di Dio assume inoltre la portata di un evento epocale e caratterizzante che coincide anche con la perdita di tutte quelle 2
  • 3. Luca Gervasutti Le strade del tempo - Antologia per i CPIA certezze, che, con la loro crisi, hanno fatto cadere l’umanità stes- sa nel dubbio e nell’incertezza. Infatti è il mondo stesso – col suo caos, il suo disordine e la progressiva mancanza di punti fissi che gettano su tutto l’ombra del relativismo – a giustificare il fat- to che Dio non esiste più e che oggettivamente non può più esi- stere, in un ambiente così corrotto, degenerato e privo della sua unità organica. Il soggetto umano si eclissa divenendo qualcosa di non sostanziale, una formazione provvisoria e precaria, sog- getta al conflitto delle varie forze biologiche. Il mondo si frantu- ma, la realtà si fa piccola e non collegabile. L’infinito non ci ap- partiene più; esso fa paura, procura un senso di vertigine e di smarrimento. L’urlo “L’urlo” (1885), del pittore nor- vegese Edward Munch, è la straordinaria fotografia dell’epo- ca moderna, segnata dalla morte di Dio, ucciso - secondo Nietzsche - nell’indifferenza e nella disattenzione con la furbi- zia e il compiacimento dell’uomo mediocre. Dio è morto tra uomi- ni addomesticati e vili, senza la tragedia che l’enormità del fatto avrebbe dovuto comportare. Nella letteratura La crisi dei valori, l’individualismo, la frantumazione dell’io segnano anche la letteratura moderna, che assume caratteristiche quali la sperimentazione linguistica, la disarticolazione sintatti- ca, la violazione del decoro, la rottura dell’ordine spazio-tempo- rale, l’ambiguità e l’oscurità. Scrive lo scrittore ceco Milan Kun- dera: “C’è l’arte moderna che, con estasi lirica, si identifica con il moderno. Apollinaire. L’esaltazione della tecnica, dell’avvenire. Con e dopo di lui Majakovskij, Léger, i futuristi, le avanguardie. Ma all’estremo opposto di Apollinaire è Kafka. Il mondo moderno come un labirinto dove l’uomo si smarrisce. Il modernismo antili- rico, antiromantico, scettico, critico. Con e dopo Kafka: Musil, Broch, Gombrowicz, Beckett, Ionesco, Fellini...” (Kundera, L’arte 3
  • 4. Luca Gervasutti Le strade del tempo - Antologia per i CPIA del romanzo, Adelphi). Sono, quelli individuati da Kundera, i due grandi filoni dell’ar- te moderna che compongono il grande movimento del decadenti- smo, la corrente culturale che ha attraversato tutto il Novecento denunciando le contraddizioni del mondo nuovo. Alla radice del dualismo individuato da Kundera c’è però l’au- tore che ha posto le basi della letteratura moderna: Charles Bau- delaire. Vita di Baudelaire Nato nel 1821 a Parigi dall'unione di un funzionario di stato sessantenne ex-sacerdote, Joseph-François Baudelaire, e la venti- settenne Caroline Dufays, rimase orfano di padre all'età di sei anni. Pochi mesi dopo la madre decise di sposare Jacques Aupick, un tenente colonnello che, a causa della sua rigidità, si guadagnò ben presto l'odio del giovane Charles. A causa della frequenta- zione di cattivi ambienti e dello stile di vita dissoluto del futuro poeta, il patrigno lo ritirò dal liceo Louis-Le-Grando e lo mandò in India su una nave. Da questa esperienza nacque la passione per l'esotismo che si rifletterà in seguito nella sua opera di maggior successo: I fiori del male. Dieci mesi dopo la sua partenza per l'India, Baudelaire rientrò a Parigi dove, grazie al patrimonio paterno, iniziò una vita di grande libertà. Ma i generosi dispendi economici intaccarono ra- pidamente la metà dei beni costringendo la madre, su consiglio del patrigno, a interdire il giovane e ad affidare il suo patrimonio a un notaio. L'anno seguente Baudelaire tentò per la prima volta il suicidio. Nel 1857 l'editore Poulet-Malassis pubblicò in 500 copie la ra- colta di cento poesie intitolata I fiori del male (Les fleurs du mal) che fu sequestrata qualche mese dopo, facendo finire Baudelaire e l'editore in sede processuale con l'accusa di pubblicazione oscena e oltraggiosa. L'esito del processo portò alla censura di sei poesie e a una pena pecuniaria. Nel 1860 Baudelaire fu colto da una prima crisi cerebrale; l’an- no successivo tentò per la seconda volta il suicidio. 4
  • 5. Luca Gervasutti Le strade del tempo - Antologia per i CPIA Nel 1866 rimase paralizzato nel lato destro del corpo. Ormai malato, cercò sollievo nelle droghe; nel 1867, dopo una strazian- te agonia della paralisi, morì a soli 46 anni. Fu sepolto a Parigi nel cimitero di Montparnasse senza alcun particolare epitaffio nella tomba di famiglia, insieme al patrigno e, in seguito, alla madre. Solo nel 1949 la Corte di Cassazione francese decise di riabilitare opere e memoria del poeta scomparso. Per Baudelaire l’uomo è condannato a convivere con il dolore e la sofferenza, poiché l'intero universo è il regno della infelicità e della sofferenza irrimediabile. Intellettuale Egli si assunse il compito di coscienza critica della società, ne descrisse le ingiustizie e la imperfezioni, assumendo un atteg- giamento intellettuale improntato all’impassibilità. Scelse, in- somma, di contemplare l’involuzione del mondo restando al di fuori dai riti sociali e culturali della società di massa, che nell'Ot- tocento stava per sorgere, testimoniando con i suoi comporta- menti eccentrici il valore dell'arte e della bellezza. Nei suoi componimenti Baudelaire descrive inoltre il continuo oscillare dell’animo umano tra il Bene e il Male, due poli opposti inconciliabili: a suo giudizio l’aspirazione all’elevazione morale viene costantemente frustrata dalla tensione verso il basso, dal- l’attrazione per ciò che è peccaminoso. Egli è infine il cantore dello Spleen, termine che riassume ed esprime la noia esistenziale, l’inquietudine provata durante la sua vita al cospetto dei terribili effetti prodotti dalla modernità nella sua fase primordiale: l'eterna ingiustizia, la predicazione di un falso e vuoto progresso, la divisione nella società tra i ricchi e i poveri, la nascita della dittatura del denaro. 5
  • 6. Luca Gervasutti Le strade del tempo - Antologia per i CPIA Spleen Quando il cielo basso e greve pesa come un coperchio sullo spirito che geme in preda a lunghi affanni, e versa, abbracciando l'intero giro dell'orizzonte, un giorno nero più triste della notte; quando la terra è trasformata in umida prigione dove la Speranza, come un pipistrello, va sbattendo contro i mu- ri la sua timida ala e picchiando la testa sui soffitti marci; quando la pioggia, distendendo le sue immense strisce, imita le sbarre d'un grande carcere, e un popolo muto d'infami ragni tende le sue reti in fondo ai nostri cervelli, improvvisamente delle campane sbattono con furia e lanciano verso il cielo un urlo orrendo, simili a spiriti va- ganti e senza patria, che si mettono a gemere ostinata- mente. E lunghi trasporti funebri, senza tamburi né bande, sfi- lano lentamente nella mia anima; vinta, la Speranza piange; e l'atroce Angoscia, dispotica, pianta sul mio cranio chinato il suo vessillo nero. Note Spleen è un vocabolo inglese che anticamente significava “mil- za”, ma che in questo testo può essere considerato il corrispetti- vo del francese “ennui”, cioè uno stato d’animo fatto di angoscia esistenziale, di incapacità di instaurare un rapporto positivo con il mondo circostante. E’ un testo cupo, caratterizzato da un ritmo ascendente: il ri- petuto susseguirsi di “Quando” crea infatti una una crescente at- tesa che esplode nella disperazione. Il lessico è allo stesso tempo realistico e metaforico: Baudelai- re fonde stili diversi (umile, realistico con sublime e simbolico) per cercare di essere il più possibile concreto nella rappresenta- zione di un drammatico conflitto interiore. Nella poesia sono individuabili quattro macro temi: 6
  • 7. Luca Gervasutti Le strade del tempo - Antologia per i CPIA Temi La claustrofobia: il cielo basso che pesa come un coperchio (strofa 1); l'immagine di una prigione umida e altrettanto bassa (il pipistrello vi vola sbattendo le ali sulle pareti e picchiando la testa sul soffitto) (str.2); di nuovo l'immagine di una prigione at- traverso le strisce di pioggia (str.3). L'umidità: la prigione umida e il soffitto marcio (str.2); la piog- gia (str. 3); ma anche il pianto (str.5). I suoni: le campane, le urla, i gemiti (str.4); ma anche l'assenza di rumore, il silenzio funebre della strofa 5 (senza tamburi né bande). I colori: la luce nera del giorno (str.1) e il vessillo altrettanto nero dell'Angoscia. Antitesi Il "cielo basso e greve" (v.1) mette in contrasto il nome cielo, normalmente associato ad una idea di immensità, di infinito, di ascensione, con due aggettivi che, al contrario, indicano finitudi- ne, decadimento, pesantezza, incapacità di muoversi (e qui, ov- viamente, si rimanda al campo semantico della claustrofobia). Lo "spirito che geme" (v.2) mette in contrasto lo spirito, cioè quella parte dell'uomo che è considerata la più elevata, la più "divina", con il gemere, atto che sottolinea invece una miserevole condizione da reietto. Difatti, più avanti, nella strofa 4, di nuovo l'idea del lamento viene assimilato a degli " spiriti vaganti e sen- za patria". Il "giorno nero" (v.4) è una chiara antitesi, nel senso che a "giorno" si potrebbe sostituire "luce" senza alterare il senso della poesia, mettendo in rilievo il contrasto assoluto di un'espressio- ne come "luce nera".La "timida ala" (v.7) è pure, in un certo senso, un'antitesi, nel senso che mentre l'ala è solitamente associata ad una idea di libertà, l'aggettivo timida immediatamente riporta al- l'idea dell'impossibilità di fuggire, di liberarsi. 7
  • 8. Luca Gervasutti Le strade del tempo - Antologia per i CPIA MAPPA CONCETTUALE: CHARLES BAUDELAIRE 8
  • 9. Luca Gervasutti Le strade del tempo - Antologia per i CPIA Discussione Qualche giorno dopo la scomparsa di Michael Jackson, il filo- sofo francese Bernard Henri Levy scrisse un articolo in cui faceva un curioso e affascinante parallelismo tra Baudelaire e il “re del pop”. Riproponiamo qui una parte di quell’articolo affinché di- venti strumento per una discussione in classe. Il dandysmo da Baudelaire a Michael Jackson di Bernard Henri Levy (dal Corriere della Sera del 30/6/2009) I dandy erano così. Intendo dire i grandi dandy. I fondatori della tradizione. Barbey. Beau Brummel. Wilde e il suo Dorian Gray. Tacchi rossi per danzare al di sopra di un mondo di miasmi e di umori. Belletti e artifici per sfuggire al De Profundis di un baratro definitivamente parassitato. Senza parlare di Baudelaire che, del suo disgusto per la natura e le sue mostruose proliferazioni, aveva fatto il principio della propria estetica, della propria politica. Michael Jackson era il loro erede. Michael Jackson, con i suoi dischi in vinile, i latex, la casa mausoleo, i terrori profilattici e anche, beninteso, i saltelli da danzatore geniale assediato da ogni parte dalla luce, era l’ultimo di questi grandi dandy. Aggiungete la cura morbosa che, pare, dedicava al proprio corpo. La storia della cassa a ossige- no dove si preparava, instancabilmente, per chissà quale toilette funeraria. Non è morto per una overdose di farmaci, ma per aver voluto non solo inventare, ma inocularsi un vaccino contro la vita. 9