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    I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. - 2002
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I NETWORK NELLE ORGANIZZAZIONI

     KNOWLEDGE INTENSIVE.

                IL CASO MILK




                  CAPITOLO 3

KNOWLEDGE-BASED MANAGEMENT
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3 KNOWLEDGE-BASED MANAGEMENT


Le   organizzazioni     stanno incominciando              a considerare         l’explicit
knowledge come la semplice punta di un iceberg (Allee, 1997). Mentre,
infatti, questa è sempre più facilmente maneggiabile e condivisibile,
attraverso l’integrazione tecnologica, la tacit knowlegde ha, in potenza, un
più alto valore strategico, perché è il frutto di particolari circostanze ed
esperienze e, pertanto, risulta unica e difficile da imitare. Attraverso le
attività tecniche ed organizzative, quando allineate ed integrate, è possibile
fornire un’infrastruttura che supporti le attività di knowledge management,
sia in relazione all’explicit che alla tacit knowlegde.

Gestire in modo appropriato la conoscenza non garantisce di per sé un
vantaggio competitivo, è necessario, innanzitutto, gestire the “right
knowledge” (Zack, 1998).

Per poter comprendere quale siano le conoscenze che impattano in modo
strategico sul comportamento competitivo delle organizzazioni è
opportuno avere una visione completa delle dinamiche organizzative. Si
propone allora un approccio organizzativo capace di soddisfare queste
esigenze sfruttando strumenti di analisi consolidati nella teoria economica.

Konno (2000) sostiene che la visione del knowledge management non è
legata solo alla semplice gestione della conoscenza, al managing
knowledge, essa dovrebbe comprendere tutte le attività di gestione di
un’organizzazione in un’ottica di capitalizzazione della conoscenza per la
gestione. L’autore parla, infatti, di knowledge-based management, quindi
di gestione degli assets organizzativi basandosi sulla loro importanza in
termini di conoscenza.
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                                                          3. Knowledge-based management



3.1 LA CONOSCENZA COME RISORSA STRATEGICA


Le organizzazioni competono attraverso l’accesso a risorse uniche che i
competitors difficilmente possono comprendere o imitare.

In alcuni mercati le imprese hanno accesso alle stesse materie prime, fonti
di capitali, sistemi distributivi, a risorse che non sono uniche.

Mentre queste risorse potrebbero determinare una sorta di superiorità nella
competizione, ciò che realmente determina un unico e sostenibile
vantaggio    competitivo      è    la   conoscenza,        la    risorsa    intellettuale
dell’impresa, capace di combinare le tradizionali fonti di utilità in modo
nuovo e migliore, anche senza un reale accesso a risorse uniche.

E’ la conoscenza a rappresentare la più importante risorsa strategica. E’ la
conoscenza - specialmente quella specifica e contestuale, la tacit
knowledge - ad essere unica e difficilmente imitabile. A differenze delle
altre risorse, non può essere acquisita facilmente all’interno di un mercato
e comunque non risulterebbe “pronta per l’uso”. Per acquisire la medesima
conoscenza sono necessarie particolari circostanze ed esperienze, e ciò
richiede tempo e l’utilizzo di ingenti risorse.

Si giunge ad un nuovo paradiga: la knowledge-based competition. Essere
un first mover, in questa prospettiva, conferisce un significato maggiore al
concetto stesso di vantaggio. La conoscenza rappresenta ciò che gli
economisti chiamano increasing return. Diversamente dalle tradizionali
risorse che si consumano in relazione all’uso, diminuendo il loro valore
(rappresentano cioè decreasing returns), la conoscenza aumenta il proprio
valore. Il rapporto fra uso e valore è direttamente proporzionale e ciò
determina un circolo virtuoso che si rinforza autonomamente.
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                                                          3. Knowledge-based management



Le organizzazioni dovrebbero usare la loro capacità di apprendimento per
costruire o completare una knowledge position, una knowledge strategic
position, che determini un unico e sostenibile vantaggio competitivo.




3.2 KNOWLEDGE STRATEGY


Il knowledge management è fondamentalmente un’attività di management
e, come tale, deve essere legata alle strategie aziendale e agli obiettivi di
business. Le iniziative di knowledge management devono essere attivate
con lo scopo di risolvere problemi di business e di incrementare le
performances dell’azienda, piuttosto che con lo scopo di gestire la
conoscenza come attività fine a se stessa. Contemporaneamente, è
necessario definire una precisa strategia in merito alla conoscenza, a
partire dall’individuazione delle conoscenze effettivamente rilevanti per il
business che l’azienda possiede (Morici, 2000).

Ogni knowledge strategic position è collegata ad un insieme di risorse e
capacità intellettuali organizzative.

Se da un lato le scelte strategiche influenzano profondamente il set di
conoscenze richieste per competere, dall’altro le conoscenze possedute
limitano il modo attraverso il quale agire. Si richiede una strategia capace
di orientare il comportamento aziendale che faccia leva sulle conoscenze
per competere in modo efficace ed efficiente.

Una strategia di knowledge management può essere considerata la
dichiarazione del modo in cui l’impresa userà il capitale intellettuale per
competere. Essa può essere considerata knowledge-focused, nel caso
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                                                          3. Knowledge-based management



l’impresa sia fortemente dipendente dal capitale intellettuale, oppure
knowledge-enabled, nel caso l’impresa abbia altri assets di valore
(Casonato, 2000).

Per implementare una knowledge strategy è necessaria una struttura
analitica per identificare e mappare le aree strategiche di conoscenza. La
tradizionale   SWOT       analysis,      se    opportunamente          utilizzata,     può
rappresentare questa struttura. Una knowlegde-based SWOT analysis
permette alle imprese di mappare il bagaglio di conoscenze possedute, in
relazione alle opportunità e minacce del mercato per meglio comprendere i
propri punti di forza e debolezza. Le imprese possono utilizzare questa
mappa per guidare strategicamente gli sforzi per la gestione della
conoscenza, supportando i loro vantaggi di conoscenza e riducendo le loro
debolezze di conoscenza. Identificare risorse e competenze knowledge-
based come apprezzabili, uniche ed inimitabili, e comprendere come
incorporarle nel sistema d’offerta, sostenendo la propria posizione
competitiva, rappresentano tutti elementi essenziali di una knowlegde
strategy (Zack, 1998).

Definire una knowlegde strategy significa diventare consapevoli di come
la conoscenza può essere utilizzata per raggiungere gli obiettivi
dell’organizzazione, e quali sono le leve da poter utilizzare per pianificare
e controllare la gestione delle conoscenze; permette di descrivere, in modo
integrale, l’approccio di un’impresa che vuole allineare le sue risorse e
competenze in termini di conoscenza alle necessità di tipo intellettuali
della sua strategia.
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3.3 SCENARI DI KNOWLEDGE MANAGEMENT


Le attività di gestione della conoscenza, in relazione ai contenuti, possono
essere distinte in differenti tipi, ognuno dei quali rappresenta idealmente
uno scenario all’interno del quale è possibile implementare le azioni di
knoweldge-based management. Successivamente, per ogni tipo di
knowledge management è possibile identificare differenti approcci
organizzativi, che ci permettono di giungere all’obiettivo definito a livello
di knowledge strategy.


3.3.1 Tipi di KM

Per identificare i più rilevanti tipi di knowledge management, Konno
(2000) propone di utilizzare un diagramma realizzato attraverso due
dimensioni. Sull’asse delle ascisse troviamo gli obiettivi, in termini di
conoscenza, per i quali gli assets aziendali sono utilizzati: miglioramento o
aggiunta di nuovo valore; mentre sull’asse delle ordinate abbiamo le
modalità attraverso le quali gli stessi knowledge assets sono impiegati:
centralizzate o trasmesse.
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                                                         3. Knowledge-based management




                                                                Fonte: Konno, 2000




Il primo tipo di knowledge management è chiamato “best practice
sharing” e comprende il trasferimento dei metodi di problem-solving di
successo, riuso del know-how del passato, la condivisione dei knowledge
repository (contenitori di conoscenza) e dei knowledge mining (processi
d’estrapolazione di conoscenza). Tutto ciò per evitare la ripetizione di
medesimi lavori svolti nel passato e permettere la riduzione di tempi e
costi. Il trasferimento di best practices non è un operazione semplice. E’
necessario avvertire un rischio: dato che la conoscenza, oppure il know-
how, non può essere trasferito solo attraverso informazioni codificate, è
possibile trovarsi in una situazione dove gli elementi cognitivi del passato
che si utilizzano sono obsoleti, rendendo superata una determinata attività
di problem-solving.
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                                                         3. Knowledge-based management



Il secondo tipo di knowledge management, “export knowledge network”,
comprende una struttura organizzativa, o un “ba”, di problem-solving,
all’interno della quale gli esperti di determinati contesti conoscitivi
possono lavorare insieme in modo simultaneo. Tutto ciò coinvolge sia
strutture centralizzate che l’utilizzo di conoscenze relative al passato, ma
anche l’interazione tra persone che detengono “the right knowledge in the
right place”. Per considerare realizzabile una struttura del genere, è
necessario creare un cultura e un clima organizzativo che incoraggi
l’interazione tra soggetti esperti in termini di conoscenza. Un elemento da
considerare potrebbe essere rappresentato da un “soft enabler” quale il
“care” di von Krog (1998).

Il terzo tipo di knowledge management si focalizza sul “knowledge
capital”. Risulta essere un collegamento diretto fra i knowledge assets ed
il valore dell’organizzazione: una strategia comprensiva che comprenda il
capitale intellettuale non solo in termini di capitale strutturale, ma, e
soprattutto, di capitale umano. Quindi, si vuole porre attenzione sui
knowledge assets esistenti analizzando coloro che posseggono e creano la
conoscenza tacita. Per realizzare ciò è importante definire un sistema di
valutazione degli assets che tenga conto anche dei loro aspetti non
tangibili.

Il quarto tipo di knowledge management è rappresentato dal “customer
knowledge infusion” e comprende un insieme di strutture all’interno delle
quali il cliente può ricevere e condividere conoscenza con l’organizzazione
mediante un sistema che, in definitiva, crea valore per entrambi gli
interlocutori. In tale contesto, assume estrema rilevanza un altro aspetto
del capitale intellettuale: il capitale relazione. Infatti questo tipo di
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                                                           3. Knowledge-based management



knowledge management si collega alle logiche di customer relationship
management.

Il precedente diagramma non rappresenta l’insieme della attività di
knowledge management che l’organizzazione deve porre in essere in modo
integrato e simultaneo per implementare la propria knowledge strategy, ma
deve essere considerato come una traccia per indirizzare il comportamento
dell’impresa, in merito alle sue determinate esigenze e problematiche,
verso specifiche azioni.



3.3.2 Approcci di KM

Definito il tipo di knowledge management, l’organizzazione non può
modificare la sua struttura iniziale istantaneamente. Bisogna identificare
degli approcci che ci guidino lungo la strada del cambiamento.

Il primo di questi è il “knowledge problem solving”, definibile “di
risposta”. Esso è efficace quando sono chiari i problemi da risolvere e si
focalizzano su una particolare sezione, dipartimento o funzione aziendale.
Risulta, quindi, abbastanza facile individuare le conoscenza da condividere
o da trasferire attraverso l’introduzione, ad esempio, di un knowledge
sharing system.

Il secondo approccio è il “change management”, legato a un processo di
catalisi. Questo modalità d’agire è efficace quando gli obiettivi sono
rappresentati dal miglioramento del sistema di business o dei processi
aziendali. E’ indispensabile, in questa fase, un forte leadership che
conduca l’organizzazione verso il raggiungimento delle mete.
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Il terzo approccio si focalizza sulla “organizational reform”. Questo
rappresenta la messa in fase del concetto di knowledge-based
management, indirizzando tutti gli sforzi della gestione verso la
trasformazione dell’intera organizzazione in una knowledge company.
Quindi, non si punta all’introduzione del knowledge management
semplicemente all’interno di limitate aree dell’azienda e ciò richiede
tempo e forza lavoro.



3.4 KNOWLEDGE ASSESSMENT


La knowlegde strategy viene così definita attraverso un processo d’analisi
relativo   alle   componenti         sia    interne      che     esterne     all’impresa.
Successivamente questa strategia deve essere traslata nell’organizzazione e
nelle architetture tecniche di supporto a quei processi di creazione,
gestione e utilizzo della conoscenza per colmare i knowlegde gaps.

Bisogna implementare un modello organizzativo che possa veicolare
l’agire strategico dell’azienda, nell’intento di raggiungere gli obiettivi di
business. Ma ciò non è sufficiente. Si avverte la necessità di gestire
l’intero processo d’implementazione definendo gli obiettivi e le priorità,
analizzando la struttura iniziale, proponendo un modello alternativo e
conducendo l’organizzazione verso il cambiamento, attraverso un costante
monitoraggio di tutte le attività poste in essere.

In sostanza il tema della gestione della conoscenza affonda le sue radici
nell’organizzazione, nelle modalità attraverso le quali l’intera azienda
gestisce i suoi assets, siano essi tangibili o virtuali. Pertanto, qualunque
proposta di knowledge management andrebbe costruita in base alle
peculiarità del contesto a cui si riferisce.
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E’ necessario quindi comprendere il legame tra la knowledge strategy e il
change management come vitale per l’esito delle azioni di knowledge
management.

3.4.1 Knowledge map - “AS IS” Model

Per definire una knowledge strategic position è necessario poter
categorizzare o descrivere ciò che l’impresa conosce e cosa deve
conoscere. In relazione al proprio capitale intellettuale è possibile creare
quella che è comunemente chiamata una knowledge map.

La knowledge map richiede la comprensione della conoscenza disponibile
all’interno dell’organizzazione; è necessaria, quindi, una fase iniziale di
audit della conoscenza per poi mappare queste basi informative in uno
schema che abbia senso per gli utenti (Casonato, 2000).

Tassonomie distinguono, tra le altre, quattro tipi di conoscenza
organizzativa, ognuna della quale contribuisce al regolare funzionamento
di un’organizzazione.

Knowlegde about, o conoscenza declarativa, si riferisce all’abilità di
riconoscere e classificare concetti, cose e stati del mondo. Essa può essere
rappresentata come uno schema di classificazione gerarchico (Bobrow e
Norman, 1975). La comunicazione effettiva e la condivisione di
conoscenza richiedono che i membri di un’organizzazione siano d’accordo
su strutture, categorie e distinzioni usate per rappresentare le cose
importanti per l’organizzazione (Rogers e Kincaid, 1981; von Krog e
Roos, 1995)

Knowledge how, o conoscenza procedurale, si riferisce alla comprensione
di un’appropriata sequenza di eventi o abilità per compiere un particolare
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insieme di attività (Gioia e Poole, 1984). Questa potrebbe includere
procedure e routine (Cohen e Bacdayan, 1994). La conoscenza procedurale
può essere intesa come una sequenza ordinata di eventi associati a
particolari ruoli o relazioni. Essa permette il verificarsi di efficienti azioni
coordinate.

Knowledge why, o conoscenza causale, si riferisce alla comprensione del
perché qualcosa accade, per esempio, i fattori che influenzano la qualità di
un prodotto o la customer satisfaction. La conoscenza causale può essere
formalmente rappresentata attraverso la descrizione della causa che
collega fra loro un insieme di fattori (Schank, 1977; Weick e Bougnon,
1986), ma più spesso è meno formalmente rappresentata come le storie
organizzative    (Schank,      1990).      Condividere        storie    significa,     per
un’organizzazione, sviluppare un consenso sul perché particolare azioni
dovrebbero essere realizzate o come meglio raggiungere determinati
obiettivi (Boje, 1991)

Knowledge relational, o conoscenza relazionale, si riferisce alla
comprensione delle relazioni all’interno e fra questi tipi di conoscenza. Per
esempio, l’apprendimento e l’innovazione sono spesso il risultato del
creare o modificare le relazioni tra gli esistenti ed apparentemente
disparati concetti ed idee. Applicato alle organizzazioni, la performance di
un’impresa è fortemente legata alla conoscenza di come le risorse e le
competenze organizzative siano fra di loro relazionate (Black e Boal,
1994; Penrose, 1995; Spender, 1996). Lo sviluppo di nuovi prodotti e
mercati è spesso il risultato della ricombinazione delle risorse e
competenze esistenti piuttosto che l’acquisizione di nuove (Grant, 1996;
Schumpeter, 1934), e i fallimenti sono allo stesso modo il risultato del non
aver compreso quelle relazioni fra risorse. Una particolare forma di
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conoscenza relazionale è la comprensione di come le risorse umane
dell’impresa interagiscono fra di loro. Ciò rappresenta la struttura sociale e
comunicativa dell’impresa attraverso la quale la conoscenza è trasferita o
condivisa (Krackhardt e Hanson, 1993).

Categorizzare o descrivere ciò che l’impresa conosce e cosa deve
conoscere circa l’ambiente o la posizione competitiva non è facile.

Ogni impresa che abbia la consapevolezza del legame tra strategia e
conoscenza pone in essere azioni che scaturiscono da questo legame.
Questa visione delle cose, se unica, potrebbe essa stessa rappresentare un
vantaggio.

Determinare quale conoscenza gestire richiede un particolare focus
strategico. Zack (1998) sottolinea l’importanza della mappatura della
conoscenze rilevando la correlazione tra aspetti strategici e competitivi.
Questa knowlegde map si sviluppa lungo due dimensioni: l’allineamento
con la strategia dell’azienda e il legame con le sue capacità competitive.
Nel particolare la conoscenza può essere classificata in relazione al fatto
che rappresenta il suo core, advanced o innovative business.

Core knowledge rappresenta la conoscenza di base richiesta per operare
nell’impresa, proprio per il “play the game”. Dato che essa risulta
abbastanza comune per tutte le imprese di un’industria, questo livello di
conoscenza non assicura un vantaggio competitivo, ma rappresenta una
sorta di barriera all’entrata per i nuovi entranti.

Advanced knowledge permette all’impresa di differenziarsi ed essere
competitiva. Le imprese possono avere lo stesso livello o qualità di
conoscenza, core knowledge, possono cioè appartenere allo stesso dominio
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di conoscenze, ma far leva su specifici contenuti di questa per
differenziarsi e ottenere un vantaggio competitivo.

Innovative knowledge è una forma di conoscenza che permette all’impresa
che la possiede di guidare la propria industria e di differenziarsi
significativamente dai suoi concorrenti. Questa conoscenza dà la
possibilità di “cambiare le regole del gioco”.

La conoscenza non è una risorsa statica e ciò che è innovative oggi può
diventare core domani.




                                                                Fonte: Zack, 1998
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3.4.2 Knowledge model - “TO BE” Model

Un orientamento strategico, legato alla necessità di implementare una
knowledge strategy, può essere definito attraverso due dimensioni. La
prima trova, da un lato, il bisogno per l’organizzazione di aumentare il
bagaglio delle sue competenze in determinate aree d’affari e, dall’altro,
l’opportunità di fare leva sulle conoscenze esistenti ma sotto utilizzate. Ciò
delinea l’attitudine dell’impresa ad essere un creatore oppure un
utilizzatore di conoscenza. La seconda dimensione analizza la fonte
attraverso cui è possibile attingere conoscenza, e questa risulta essere
interna o esterna. L’utilizzo di entrambe le dimensioni ci permette di
descrivere un knowledge model da implementare.

In determinati contesti competitivi, dove le dinamiche industriali sono in
continua evoluzione, l’organizzazione potrebbero necessitare di creare
costantemente conoscenza. Essa ha la necessita di essere un knowledge
explorer, un creatore, un soggetto che acquista conoscenza per proteggere
la propria posizione competitiva, per difendere la propria knowledge
strategic position.

In altri ambienti, l’organizzazione risulta possedere un’eccedenza di
risorse conoscitive in relazione alle sue esigenze competitive e si presenta,
così, l’opportunità di utilizzare questo patrimonio. In tali circostanze
l’organizzazione ha la necessità di essere un knowledge exploiter.

Lo sfruttamento e l’esplorazione non sono attività che si escludono a
vicenda. La stessa organizzazione può porre in essere azioni in entrambe le
direzioni. In realtà, l’ideale competitivo risulta essere una sorta di
bilanciamento tra i due comportamenti. L’esplorazione permette
all’organizzazione di fornire quelle nuove conoscenze atte ad entrare in
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                                                          3. Knowledge-based management



nuovi business o a fronteggiare ambienti altamente competitivi, dove
l’innovazione è il fattore critico di successo. Lo sfruttamento delle esistenti
conoscenze alimenta il capitale finanziario che facilita, e in alcuni casi
determina, l’esplorazione stessa. In questo caso, le organizzazioni
assumono un comportamento da innovators.

Queste attività si svolgono, generalmente, all’interno di differenti strutture
organizzative, quali la R&S, marketing, produzione, ecc.. Bilanciare lo
sfruttamento con l’esplorazione richiede un’elevata capacità interna di
trasferimento della conoscenza, e ciò è possibile con la presenza di una
cultura coerente con la knowledge strategy, adeguati sistemi informativi,
reti di comunicazione che supportino il flusso migratorio fra le varie unità
organizzative.

Un altro modo per indirizzare il comportamento strategico è descrivere
quali siano le fonti dalle quali l’organizzazione attinge per alimentare il
suo fabbisogno conoscitivo. E’ possibile distinguere queste in interne ed
esterne.

Le risorse interne possono essere presenti, all’interno dei confini
dell’organizzazione, nelle teste delle persone, nei comportamenti, nelle
procedure, nei sistemi informativi, in documenti cartacei o in database
virtuali, etc.. Le risorse esterne sono rappresentate da quelle fonti che non
rientrano nel dominio conoscitivo diretto dall’impresa, quali pubblicazioni
scientifiche, università, agenzie governative, ONG, associazioni di
professionisti, consulenti, etc..

La   conoscenza      acquisita      direttamente       all’interno      della     propria
organizzazione è particolarmente rilevante come fonte del vantaggio
competitivo, perché tende ad essere unica, specifica, e difficilmente
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imitabile dai competitors. La conoscenza ottenuta dall’esterno, al
contrario, sebbene serva per stimolare il comportamento strategico e
realizzare attività di benchmarking, risulta essere astratta, costosa da
ottenere e facilmente imitabile.

Combinando le due dimensioni di analisi è possibile definire un
comportamento strategico. Le organizzazioni orientate a sfruttare una
conoscenza interna implementeranno una                    conservative knowledge
strategy, mentre quelle che sfrutteranno ed esploreranno sia conoscenza
interna che esterna (unbounded) adotteranno una aggressive knowledge
strategy.




                                                                Fonte: Zack, 1998
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3.4.3 Knowledge gap analysis

La mappatura delle conoscenze organizzative permette di individuare
quale posizione competitiva ha assunto l’impresa, i suoi competitors, e
quale posizione l’impresa vorrà assumere in relazione ai suoi obiettivi
strategici.

Il gap tra ciò che l’impresa deve fare e ciò che sta facendo rappresenta uno
strategic gap. Zack (1998), utilizzando la SWOT analysis, sostiene che le
forze e debolezze rappresentano ciò che l’impresa può fare, mentre le
opportunità e minacce ciò che deve fare. La strategia, la knowledge
strategy, permette di comprendere come bilanciare i suoi “può” con i suoi
“deve” per sviluppare e proteggere la posizione competitiva.

In questo contesto ciò che per l’impresa è uno strategic gap, in realtà
risulta essere un potenziale knowledge gap. L’esistenza del divario tra il
“può” fare ed il “deve” fare potrebbe essere un divario in termini di ciò
che l’impresa “può” sapere e “deve” sapere per implementare la propria
strategia. Basandoci su una knowlegde map è possibile verificare
l’esistenza di quali categorie di conoscenze esistenti sono allineate con le
necessità strategiche. Questo allineamento tra conoscenza e strategia
rappresenta un elemento cruciale della knowledge strategy.
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                                                         3. Knowledge-based management




                                                                Fonte: Zack, 1998


Le organizzazioni sono interessate a cercare di condividere le proprie
risorse intellettuali senza prima comprendere cosa esse necessitano
condividere. Le organizzazioni sono interessate ad analizzare i propri
knowledge gaps in termini di processi senza analizzare gli stessi in termini
di contenuti.

Comparando ciò che l’impresa necessita sapere con ciò che sa è possibile
identificare un knowledge gap interno a livello strategico. L’impresa
identifica la core, l’advanced e l’innovative knowledge necessarie per
implementare la strategia, e compara ciò con le attuali conoscenze,
categorizzandole nello stesso modo. Ciò evidenzia l’esistenza di aree di
conoscenza in relazione alle forze e opportunità. Allo stesso modo è
possibile comparare ciò che una organizzazione conosce con ciò che i suoi
competitors conoscono, utilizzando le stesse categorie, identificando
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                                                         3. Knowledge-based management



knowledge gaps esterni a livello strategico. Si identificano, così, aree di
conoscenza legate alle opportunità e alle minacce del mercato (Zack,
1998).




3.5 SYSTEM INTEGRATORS


Nei contesti organizzativi esistono variabili soft e variabili hard che
influenzano e veicolano il processo di knowledge management, e quella
del “care” di von Krog (1998) è certamente uno dei più importanti soft
enablers. Accanto ad essi esistono hard enalbers, che in modi differenti
tendono verso gli stessi obiettivi dei primi. I supporti tecnologici risultano
essere questi hard enablers.

Le nuove tecnologie informatiche e telecomunicative (ICT) possono
giocare un duplice ruolo per le aziende: in primo luogo, possono essere
impegnate per automatizzare in modo sempre più efficace ed efficiente i
processi di produzione delle informazioni all’interno dell’impresa
(migliorando i sistemi informativi); in secondo luogo, si stanno rivelando
una forma d’innovazione di tipo pervasivo che tende a modificare i
prodotti dell’azienda, i suoi processi produttivi e le relazioni con gli
operatori con cui l’azienda medesima è in rapporto (Camussone, 2000).

In tale contesto, sviluppare una soluzione di knowledge management
significa creare un clima e un’infrastruttura tecnologica che favorisca la
crescita della conoscenza e la sua diffusione a chi ne ha bisogno nel
momento in cui ne necessita (Berini, 2000).
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                                                         3. Knowledge-based management



La creazione, condivisione e combinazione di conoscenza all’interno dei
differenti knowledge network presenti nell’organizzazione richiede che
esista una gestione coordinata dello scambio di conoscenza tacita ed
esplicita. La condivisione della tacit knowledge necessita l’uso di modalità
interattive di comunicazione come le conversazioni face-to-face, la
condivisione di esperienze.

In contesti dove l’esigenza della tacit knowledge sharing è minore, risulta
interessante porre l’attenzione sui fenomeni di condivisione della
conoscenza esplicita e, quindi, delle modalità interattive di comunicazione
basata sugli strumenti tecnologici, quali electronic mail, conferenze
tramite computer e condivisione dei contenitori di explicit knowledge.

Pertanto, nei casi dove la conoscenza può essere esplicitata, le tecnologie
collaborative possono giocare un ruolo centrale nei processi di
acquisizione, combinazione, interpretazione e disseminazione. Dove la
conoscenza è principalmente tacita, queste tecnologie possono supportare
le interazioni personali necessarie per i processi di condivisione, creazione
ed esplicitazione.



3.5.1 Un architettura di knowledge management

Dal punto di vista tecnologico, un architettura di knowledge management
utilizza due risorse: un repository, per contenere il patrimonio di
conoscenza esplicita e una refinery, per gestire i processi che vanno
dall’accumulazione alla presentazione di conoscenza esplicita.

Il repository riflette le due componenti basiche della conoscenza come
oggetto: la struttura e il contenuto. Le strutture della conoscenza
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                                                          3. Knowledge-based management



forniscono il contesto tramite il quale è possibile interpretare il contenuto.
Se si considera il repository come una “knowledge platform” è possibile
derivare differenti visioni di contenuti dalle medesime strutture. Ogni
visione potrebbe differire in base al contenuto, al formato o al contesto. In
tali circostanze la conoscenza come oggetto assume i connotati di
conoscenza come processo.

L’elemento basilare della struttura è il knowledge unit, un elemento
definito formalmente, un piccolissimo contenitore che può essere
nominato, indicizzato, immagazzinato, ricercato e manipolato (Zack,
1999). Il formato, la dimensione e il contenuto dei knowledge units
dipendono dal tipo di conoscenza esplicita che vuole essere archiviata e
dal contesto d’uso. Il repository include anche schemi che legano fra loro i
knowledge units. Questi legami sono rappresentati da associazioni
concettuali, relazioni sequenziali o causali o altro, in base al tipo di
conoscenza. Il repository è una componente fondamentale di un sistema di
knowledge management perché rappresenta la struttura che consente di
gestire, organizzare e strutturare la conoscenza codificata all'interno di
un'organizzazione. In particolare, questa conoscenza può essere archiviata
in database o archivi elettronici e, allo stesso tempo, sottoposta a processi
di   categorizzazione      che     la    rendano       maggiormente          visibile     e
successivamente riutilizzabile.

Una knowledge platform potrebbe essere anche costituita da differenti
repositories, ognuno dei quali possiede una particolare struttura per un
determinato tipo di conoscenza. Attraverso dei collegamenti logici è
possibile ottenere un repository virtuale, dove il contenuto di ognuno
fornisce gli elementi per interpretare il contenuto degli altri.
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                                                         3. Knowledge-based management



La refinery è un processo mediante il quale è possibile gestire la
conoscenza esplicita contenuta nel repository. Questo processo include,
fondamentalmente, cinque fasi:

1) Acquisizione.     Attraverso       differenti     fonti,     esterne     e     interne
   all’organizzazione, si procede a catturare la conoscenza creata o
   acquisita.

2) Classificazione. Prima di aggiungere la conoscenza catturata al
   repository, bisogna rendere questa di valore cercando di classificarla
   secondo gli schemi e i processi organizzativi quali la pulizia,
   l’identificazione e nominalizzazione, l’indicizzazione, l’abstracting e
   l’integrazione.

3) Archiviazione e Ricerca. Questo stadio è molto importante per l’intero
   processo di gestione perché permette di collegare fra loro, a monte, la
   fase di acquisizione e, a valle, la fase di rappresentazione

4) Distribuzione. Sono compresi i meccanismi che l’organizzazione
   utilizza affinché sia reale, efficace ed efficiente, l’acceso ai contenuti
   del repository.

5) Rappresentazione. Il contesto attraverso il quale la conoscenza viene
   visualizzata influenza profondamente il valore percepito dagli
   utilizzatori del sistema e, quindi, si richiede una particolare attenzione
   sia alle interrelazione logiche fra i knowledge units che alle interfacce
   grafiche necessarie per la visualizzazione dei contesti.
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                                                          3. Knowledge-based management




                                                        Adattato da: Meyer e Zack, 1996




3.5.2 Categorie di applicazioni di knowledge management

Le applicazioni di knowledge management possono essere suddivise in due
grandi classi: integrative e interattive.

Le applicazioni integrative presuppongono l’esistenza del repository e lo
considerano l’elemento fondamentale ed unico per l’intero processo di
knowledge sharing. Coloro che producono la conoscenza e coloro che ne
fruiscono interagiscono fra loro indirettamente, mediane cioè il repository.
Queste applicazioni presentano un flusso sequenziale di informazioni tutte
che transitano in modo unidirezionali per il repository, strutturato per
fornire un accesso flessibile e una visione contestuale della conoscenza. Il
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                                                         3. Knowledge-based management



focus è sullo strumento tecnologico e sulla conoscenza esplicita contenuta
in esso, piuttosto che sui contributori e utilizzatori di questa conoscenza, o
sulla conoscenza tacita che essi detengono.

Queste applicazioni sono diverse a seconda che i produttori e i fruitori
della conoscenza appartengano o meno al medesimo knowledge network.
Pertanto abbiamo, da un lato, applicazioni definite di electronic
publishing, per le quali non esiste l’appartenenza alla medesima comunità,
dove i contenuti tendono ad essere stabili e vengono modificati
sporadicamente e solamente dagli autori. Un esempio può essere offerto da
una newsletter periodica, inviata ad un determinato reparto aziendale, che
indica le direttive alle quali gli impiegati devono attenersi con riguardo ad
un certo ambito di lavoro. Dall’altro lato troviamo le applicazioni
knoweldge-based integrate, le quali richiedono che i produttori e gli
utilizzatori della conoscenza facciano parte dello stesso network.
L’esempio migliore è dato dal database di best practices, all’interno del
quale vengono raccolte e condivise procedure e modalità operative
elaborate da persone che si sono trovate ad affrontare problemi simili.

Le applicazioni interattive hanno lo scopo di supportare l’interazione tra
persone in possesso di conoscenza tacita. Differentemente dalle
applicazioni integrative, il repository rappresenta un sottoprodotto
dell’interazione. Non è più, quindi, il fulcro del sistema. I contenuti
elaborati attraverso queste applicazioni risultano dinamici ed emergenti.

All’interno della famiglia della applicazioni interattive, è possibile operare
una distinzione in base al livello di competenza dei produttori e dei fruitori
nonché del grado di strutturazione della loro interazione. Quindi, se
l’obiettivo è trasferire conoscenza in modo formale, come avviene tra
l’insegnante e lo studente, l’interazione tenderà ad essere strutturale e si
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                                                         3. Knowledge-based management



parlerà di applicazioni di distributed learning. Quando l’interazione tra le
persone tende ad essere emergente, cioè si svolge in modo spontaneo, il
tipo d’applicazione utilizzato è il forum di discussione, uno spazio virtuale
dedicato alla comunicazione che può coinvolgere molteplici persone. La
conoscenza che circola all’interno del forum può essere strutturata ed
indicizzata, dando così origine ad un repository.




                                                                Fonte: Zack, 1996




3.5.3 Le reti ipermediali: l’Intranet

Le reti ipermediali, chiuse come la Intranet o aperte come Internet, stanno
creando nelle imprese nuovi ambienti di comunicazione che permettono di
accedere a basso costo e senza barriere per l’utente alla risorse informative
disponibili sul network interno ed esterno (Mandelli, 1998).
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                                                          3. Knowledge-based management



Si rende possibile la realizzazione di gruppi di lavoro virtuali che possono
rimanere in contatto, pur operando in contesti geografici oppure
organizzativi distinti e lontani.

Tutto ciò pone i vecchi modelli organizzativi in crisi per puntare verso una
nuova architettura deformalizzata, dove ciascuno è posto nella condizione
di poter entrare in contatto con la persona che possiede l’informazione di
cui ha bisogno. Le reti ipermediali creano infatti una sorta di
comunicazione plurale, in cui la comunicazione interpersonale non è più
distinta da quella di massa, privilegiando la comunicazione analogica e
favorendo i processi di knowledge sharing.

In tale conteso assume un ruolo di estrema importanza l’Intranet, uno
strumento che permette, all’interno di un organizzazione, di mettere a
disposizione di tutti le risorse informative aziendali, attraverso
l’applicazione delle tecnologie Internet.

L’Intranet è un ambiente virtuale per la gestione delle conoscenze
aziendali, per la collaborazione, la condivisione e la comunicazione. La
sua progettazione implica la progettazione o la riprogettazione delle
modalità con cui l’azienda organizza e mette a disposizione dei propri
membri le informazioni che possiede e acquista.

Generalizzando, dal punto di vista dell'utente, le Intranet possono essere
considerate dei contenitori di pubblicazioni da un lato, e servizi e
applicazioni dall'altra.

Nel primo caso si tratta di informazioni, testi o materiali consultabili on-
line, navigabili attraverso dei links, e/o scaricabili sotto forma di file sul
proprio computer. Usando la tecnologia Internet, è possibile superare le
barriere relative alla comunicazione e alla condivisione di informazioni e
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                                                           3. Knowledge-based management



conoscenze tra persone che lavorano in un'organizzazione. Il vantaggio
principale delle Intranet aziendali è, innanzitutto, relativo alla facilità delle
attività di publishing delle informazioni e di successiva consultazione e
accesso. In altre parole, questi strumenti costituiscono un medium
importantissimo per una comunicazione e una collaborazione efficiente
all'interno delle organizzazioni, attraverso interfacce semplici e familiari
(Ovum, 1999).

Nel secondo caso si ha riguardo agli strumenti che consentono una
interazione dell’utente nella ricerca o selezione di informazioni
personalizzate,    nell'inserimento        di   comunicazioni         e    informazioni,
nell’invio di richieste, nel contribuire a sistemi di raccolta ed elaborazione
di dati da più parti dell’organizzazione.

Il valore di una Intranet si misura dal suo impatto sui processi di business;
i vantaggi principali di una Intranet possono essere riassunti in alcuni punti
chiave (Morici, 2000):

 aumento della produttività (dovuta a un migliore accesso alle
   applicazioni e allo svolgimento di alcune funzionalità in self-service da
   parte degli utenti)

 aumento della collaborazione (dovuta a una maggiore trasparenza dei
   processi e progetti aziendali)

 riduzione dei costi (di stampe, di spedizioni postali, di viaggi e
   riunioni)

 risparmi di tempo (per la ricerca di informazioni e documenti, per la
   ricerca degli intermediari o dei responsabili delle informazioni)
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                                                          3. Knowledge-based management



 riduzione del time to market (dovuto alla progettazione con strumenti
   collaborativi e al riutilizzo di conoscenze esistenti)

Una Intranet ha un impatto significativo sui processi di knowledge
management: essa si configura come una piattaforma per l’apprendimento
e per l'accesso alla conoscenza distribuita. Negli ambienti di lavoro
knowledge intensive, le persone fanno tutti uso non solo delle proprie
conoscenze, ma in misura sempre maggiore combinano queste con
conoscenze che non possiedono, con “conoscenze degli altri” che hanno
bisogno di identificare e spesso utilizzare on-line. L’Intranet è uno
strumento per consentire alle persone di identificare dove, e in quale
forma, si trova la conoscenza di cui hanno bisogno, ad esempio mettendo
in relazione i documenti dei progetti con informazioni sulle persone che vi
lavorano, gli argomenti con gli esperti delle discipline, i dati relativi
all'andamento dell'azienda con i responsabili del raggiungimento degli
obiettivi. Tutto ciò contribuisce al passaggio da un cultura del “controllo”
delle informazioni a una cultura dell’accesso e dell’empowerment.

Inoltre l'Intranet cambia il modo di lavorare e diventa il luogo primario
dove si realizzano i processi di lavoro. Lo spostamento di parte dei
processi di lavoro on-line implica infatti, in molti casi, il ripensamento dei
processi stessi e dei flussi di produzione delle informazioni e delle
conoscenze.

Due sono le direzioni verso le quali lo sviluppo delle Intranet è rivolto. La
prima è interna: la prossima generazione delle Intranet adotterà
completamente il concetto di portali, sviluppando ambienti che, piuttosto
di presentare tutte le risorse aziendali contemporaneamente, consentiranno
l’accesso a tutte le risorse e i siti aziendali facilitandone l’individuazione.
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                                                         3. Knowledge-based management



La seconda direzione di sviluppo è verso l’esterno: man mano che le
Intranet diventano più robuste, ossia ricche di contenuti e integrate con
sistemi di data wharehouse e elaborazione dati aziendali, la loro logica
evoluzione è di apertura verso i fornitori, i clienti, i partner e gli
stakeholders (“the extended enterprise”). Si realizza così un’integrazione
delle Intranet e delle Extranet per estendere e condividere gli ambienti di
lavoro, le informazioni e i processi di business con i partner sia a monte
che a valle della catena del valore (Morici, 2000).


3.5.4 Il ruolo della tecnologia nei processi di knowledge management

La conoscenza, all'interno delle organizzazioni innovative, appartiene alle
“comunità di pratiche” che costituiscono una vera e propria “fabbrica
sociale dell’apprendimento” e i motori di sviluppo della conoscenza
generata (Wenger, 1998). Solo l’uomo è capace di trasformare i dati
(semplici registri senza significato) in informazione (organizzando i dati in
messaggi connotati di potenziali significati), e questa in conoscenza
(incorporando giudizi di valore e orientando le azione per produrre
risultati). La tecnologia, pertanto, non trasforma i messaggi in conoscenza
perché manca della capacità dell’interpretazione, neppure è capace di
produrre decisioni corrette davanti ai problemi complessi associati alle
situazioni d’incertezza che creano intorni altamente dinamici e
competitivi. La tecnologia non può nemmeno sostituirsi in nessun caso
all’intuizione, nella sua qualità di conoscenza non cosciente indotta
dall’esperienza, ne offrire di per sé prospettive sugli avvenimenti futuri.
Però non c’è alcun dubbio sul suo straordinario ruolo come “elemento
facilitante” nella gestione della conoscenza (Calero, 1998)
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                                                          3. Knowledge-based management



Pertanto, un sistema di knowledge management basato sull'ICT deve
essere, principalmente, in grado di supportare le dinamiche attraverso le
quali gli individui e le comunità interagiscono per poter amplificare i
processi di apprendimento e di knowledge sharing. Gli strumenti
tecnologici devono essere progettati in un’ottica di supporto a tali
comunità per migliorare le modalità attraverso cui i membri comunicano e
sono in contatto tra di loro, lavorano assieme, si scambiano e condividono
idee e punti di vista e negoziano il significato e il senso delle loro pratiche
di lavoro comuni.

In precedenza, è stato affermato che i membri di una comunità negoziano
il senso, frutto della loro pratica, attraverso dinamiche di interazione e
relazione sociale che risultano essere i processi di partecipazione e
reificazione, attraverso i quali gli individui collaborano e creano artefatti
concreti. Pertanto, è evidente che la conoscenza esplicita, reificata e
codificata in un documento di lavoro, cartaceo o digitale, può essere
considerato come output di un processo di reificazione; ma per essere
compreso appieno deve essere posto in relazione anche con i meccanismi
di partecipazione e di interazione sociale che lo hanno reso possibile,
affinché esso non passi ad un livello epistemologico inferiore, quale
l’informazione semantica.

In questo senso, un'infrastruttura di ICT deve essere in grado di porre la
conoscenza in relazione ai flussi di comunicazione e di interazione sociale
che ne sono alla base. È necessario, cioè, che i documenti siano collegati o
collegabili al contesto all’interno del quale tale conoscenza esplicita è stata
generata.

Una soluzione di knowledge management deve supportare i processi di
gestione della conoscenza e l’apprendimento a livello organizzativo,
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amplificando e allargando il contesto di lavoro all’interno del quale
operano i membri di un knowledge network.

Tuttavia, l'ICT non deve assolutamente sostituirsi allo spazio reale, bensì
deve solo cercare di creare un'estensione virtuale allo spazio di lavoro
fisico per evitare che barriere fisiche possano compromettere l'efficacia e
l’efficienza delle attività collaborative.

In questo senso, un sistema di knowlegde management deve essere in
grado di fornire tutti gli strumenti e le risorse necessarie in qualunque
luogo e in qualunque momento, per supportare e facilitare la
partecipazione degli utenti ai processi collaborativi e cooperativi in cui
sono quotidianamente coinvolti.

Il contesto può essere ricreato ponendo i singoli knowledge units presenti
in un repository in relazione ad una serie di informazioni di contorno, che
favoriscano gli utenti nella comprensione di quali siano state le condizioni
all'interno delle quali uno specifico documento è stato creato. Per esempio,
queste informazioni possono essere relative ad un progetto e, in
particolare, ad una sua determinata fase o, ancora, alle persone che hanno
contribuito alla sua creazione. Inoltre, influenza positivamente questo
processo di ricostruzione, la creazione di links e di riferimenti ad altri
documenti o knowledge units, che sono stati usati come fonti o che
semplicemente sono relativi allo stesso argomento ed alla stessa area di
conoscenza. In questo modo è possibile, quindi, creare delle connessioni e
delle relazioni tra tutti gli elementi che costituiscono l’intero patrimonio
cognitivo dell’organizzazione, indipendentemente da separazioni relative
all’area funzionale o a unità diverse.
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In tale modo il sistema costituisce un valido accesso al “sapere” dell’intera
organizzazione, offrendo un luogo dove esso è disponibile a tutti.

Se i sistemi di document & information management rappresentano un
supporto prezioso per la condivisione della conoscenza di natura esplicita,
quelli per la gestione della comunicazione e della collaborazione devono
essere ugualmente considerati rilevanti per il knowledge management, in
quanto supporti utili per facilitare i flussi di knowledge sharing. Anche
questi strumenti consentono di superare le barriere di natura fisica e
spaziale perché arricchiscono i flussi comunicativi con nuovi canali sia di
natura asincrona (posta elettronica o bulletin board) che sincrona (video-
teleconferenze, chat). In questo modo le opportunità di interazione sociale
e di comunicazione si moltiplicano, aggiungendosi ai tradizionali canali
quali il telefono, la posta tradizionale e gli incontri faccia a faccia.

In questa dimensione, il vantaggio competitivo di un’azienda non è dato
dalla tecnologia e dagli strumenti, che per quanto innovativi e sofisticati
possono essere riprodotti, ma dalla qualità delle persone. Elementi come
competenza, cultura, caratteristiche personali non si possono riprodurre. È
necessario possedere la conoscenza. Il knowledge e la creatività si
ottengono quando si rendono le persone coscienti del valore delle loro
idee, del contributo concreto che può apportare il loro pensiero. Le idee
vanno capitalizzate per lasciare un segno nella storia aziendale (Marietti,
1998).

Un sistema di knowledge management deve prestare attenzione alla
ricchezza insita nelle persone che lavorano in azienda, alle esperienze
maturate, al modo di fare business. E’ probabilmente questa la strada
maestra per fare leva sull’intelligenza presente all’interno del sistema
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d’offerta e per ottenere un vero e duraturo vantaggio competitivo
all’interno del mercato (Mazzuca, 2000)

Il vantaggio competitivo sta sempre meno negli aspetti puramente
tecnologici. La velocità di adattamento tecnologico all’interno delle
aziende è ormai tale per cui il fatto che si disponga di una tecnologia
piuttosto che di un’altra è un problema di allineamento che si sviluppa in
tempi relativamente brevi: la vera potenzialità consiste nel comprendere
come sfruttare la componente di intelligenza cha sta all’interno del sistema
d’offerta.

In definitiva, non esiste una tecnologia univoca per il knowledge
management: è un insieme di tecnologie a supportare il knowledge
management e l’azione di progettazione deve mirare a individuare la più
opportuna per lo specifico problema di gestione della conoscenza. Quindi,
ci sono vie differenti che possono condurre alla definizione di un metodo
operativo per la gestione della conoscenza, ma tutte sembrano passare
attraverso la valorizzazione della singola persona in un gruppo, cercando,
mediante processi di collaborazione, di far emergere la conoscenza di
valore e di diffonderla (Biffi, 2000).

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  • 1. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. - 2002 3. Knowledge-based management I NETWORK NELLE ORGANIZZAZIONI KNOWLEDGE INTENSIVE. IL CASO MILK CAPITOLO 3 KNOWLEDGE-BASED MANAGEMENT
  • 2. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management 3 KNOWLEDGE-BASED MANAGEMENT Le organizzazioni stanno incominciando a considerare l’explicit knowledge come la semplice punta di un iceberg (Allee, 1997). Mentre, infatti, questa è sempre più facilmente maneggiabile e condivisibile, attraverso l’integrazione tecnologica, la tacit knowlegde ha, in potenza, un più alto valore strategico, perché è il frutto di particolari circostanze ed esperienze e, pertanto, risulta unica e difficile da imitare. Attraverso le attività tecniche ed organizzative, quando allineate ed integrate, è possibile fornire un’infrastruttura che supporti le attività di knowledge management, sia in relazione all’explicit che alla tacit knowlegde. Gestire in modo appropriato la conoscenza non garantisce di per sé un vantaggio competitivo, è necessario, innanzitutto, gestire the “right knowledge” (Zack, 1998). Per poter comprendere quale siano le conoscenze che impattano in modo strategico sul comportamento competitivo delle organizzazioni è opportuno avere una visione completa delle dinamiche organizzative. Si propone allora un approccio organizzativo capace di soddisfare queste esigenze sfruttando strumenti di analisi consolidati nella teoria economica. Konno (2000) sostiene che la visione del knowledge management non è legata solo alla semplice gestione della conoscenza, al managing knowledge, essa dovrebbe comprendere tutte le attività di gestione di un’organizzazione in un’ottica di capitalizzazione della conoscenza per la gestione. L’autore parla, infatti, di knowledge-based management, quindi di gestione degli assets organizzativi basandosi sulla loro importanza in termini di conoscenza.
  • 3. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management 3.1 LA CONOSCENZA COME RISORSA STRATEGICA Le organizzazioni competono attraverso l’accesso a risorse uniche che i competitors difficilmente possono comprendere o imitare. In alcuni mercati le imprese hanno accesso alle stesse materie prime, fonti di capitali, sistemi distributivi, a risorse che non sono uniche. Mentre queste risorse potrebbero determinare una sorta di superiorità nella competizione, ciò che realmente determina un unico e sostenibile vantaggio competitivo è la conoscenza, la risorsa intellettuale dell’impresa, capace di combinare le tradizionali fonti di utilità in modo nuovo e migliore, anche senza un reale accesso a risorse uniche. E’ la conoscenza a rappresentare la più importante risorsa strategica. E’ la conoscenza - specialmente quella specifica e contestuale, la tacit knowledge - ad essere unica e difficilmente imitabile. A differenze delle altre risorse, non può essere acquisita facilmente all’interno di un mercato e comunque non risulterebbe “pronta per l’uso”. Per acquisire la medesima conoscenza sono necessarie particolari circostanze ed esperienze, e ciò richiede tempo e l’utilizzo di ingenti risorse. Si giunge ad un nuovo paradiga: la knowledge-based competition. Essere un first mover, in questa prospettiva, conferisce un significato maggiore al concetto stesso di vantaggio. La conoscenza rappresenta ciò che gli economisti chiamano increasing return. Diversamente dalle tradizionali risorse che si consumano in relazione all’uso, diminuendo il loro valore (rappresentano cioè decreasing returns), la conoscenza aumenta il proprio valore. Il rapporto fra uso e valore è direttamente proporzionale e ciò determina un circolo virtuoso che si rinforza autonomamente.
  • 4. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management Le organizzazioni dovrebbero usare la loro capacità di apprendimento per costruire o completare una knowledge position, una knowledge strategic position, che determini un unico e sostenibile vantaggio competitivo. 3.2 KNOWLEDGE STRATEGY Il knowledge management è fondamentalmente un’attività di management e, come tale, deve essere legata alle strategie aziendale e agli obiettivi di business. Le iniziative di knowledge management devono essere attivate con lo scopo di risolvere problemi di business e di incrementare le performances dell’azienda, piuttosto che con lo scopo di gestire la conoscenza come attività fine a se stessa. Contemporaneamente, è necessario definire una precisa strategia in merito alla conoscenza, a partire dall’individuazione delle conoscenze effettivamente rilevanti per il business che l’azienda possiede (Morici, 2000). Ogni knowledge strategic position è collegata ad un insieme di risorse e capacità intellettuali organizzative. Se da un lato le scelte strategiche influenzano profondamente il set di conoscenze richieste per competere, dall’altro le conoscenze possedute limitano il modo attraverso il quale agire. Si richiede una strategia capace di orientare il comportamento aziendale che faccia leva sulle conoscenze per competere in modo efficace ed efficiente. Una strategia di knowledge management può essere considerata la dichiarazione del modo in cui l’impresa userà il capitale intellettuale per competere. Essa può essere considerata knowledge-focused, nel caso
  • 5. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management l’impresa sia fortemente dipendente dal capitale intellettuale, oppure knowledge-enabled, nel caso l’impresa abbia altri assets di valore (Casonato, 2000). Per implementare una knowledge strategy è necessaria una struttura analitica per identificare e mappare le aree strategiche di conoscenza. La tradizionale SWOT analysis, se opportunamente utilizzata, può rappresentare questa struttura. Una knowlegde-based SWOT analysis permette alle imprese di mappare il bagaglio di conoscenze possedute, in relazione alle opportunità e minacce del mercato per meglio comprendere i propri punti di forza e debolezza. Le imprese possono utilizzare questa mappa per guidare strategicamente gli sforzi per la gestione della conoscenza, supportando i loro vantaggi di conoscenza e riducendo le loro debolezze di conoscenza. Identificare risorse e competenze knowledge- based come apprezzabili, uniche ed inimitabili, e comprendere come incorporarle nel sistema d’offerta, sostenendo la propria posizione competitiva, rappresentano tutti elementi essenziali di una knowlegde strategy (Zack, 1998). Definire una knowlegde strategy significa diventare consapevoli di come la conoscenza può essere utilizzata per raggiungere gli obiettivi dell’organizzazione, e quali sono le leve da poter utilizzare per pianificare e controllare la gestione delle conoscenze; permette di descrivere, in modo integrale, l’approccio di un’impresa che vuole allineare le sue risorse e competenze in termini di conoscenza alle necessità di tipo intellettuali della sua strategia.
  • 6. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management 3.3 SCENARI DI KNOWLEDGE MANAGEMENT Le attività di gestione della conoscenza, in relazione ai contenuti, possono essere distinte in differenti tipi, ognuno dei quali rappresenta idealmente uno scenario all’interno del quale è possibile implementare le azioni di knoweldge-based management. Successivamente, per ogni tipo di knowledge management è possibile identificare differenti approcci organizzativi, che ci permettono di giungere all’obiettivo definito a livello di knowledge strategy. 3.3.1 Tipi di KM Per identificare i più rilevanti tipi di knowledge management, Konno (2000) propone di utilizzare un diagramma realizzato attraverso due dimensioni. Sull’asse delle ascisse troviamo gli obiettivi, in termini di conoscenza, per i quali gli assets aziendali sono utilizzati: miglioramento o aggiunta di nuovo valore; mentre sull’asse delle ordinate abbiamo le modalità attraverso le quali gli stessi knowledge assets sono impiegati: centralizzate o trasmesse.
  • 7. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management Fonte: Konno, 2000 Il primo tipo di knowledge management è chiamato “best practice sharing” e comprende il trasferimento dei metodi di problem-solving di successo, riuso del know-how del passato, la condivisione dei knowledge repository (contenitori di conoscenza) e dei knowledge mining (processi d’estrapolazione di conoscenza). Tutto ciò per evitare la ripetizione di medesimi lavori svolti nel passato e permettere la riduzione di tempi e costi. Il trasferimento di best practices non è un operazione semplice. E’ necessario avvertire un rischio: dato che la conoscenza, oppure il know- how, non può essere trasferito solo attraverso informazioni codificate, è possibile trovarsi in una situazione dove gli elementi cognitivi del passato che si utilizzano sono obsoleti, rendendo superata una determinata attività di problem-solving.
  • 8. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management Il secondo tipo di knowledge management, “export knowledge network”, comprende una struttura organizzativa, o un “ba”, di problem-solving, all’interno della quale gli esperti di determinati contesti conoscitivi possono lavorare insieme in modo simultaneo. Tutto ciò coinvolge sia strutture centralizzate che l’utilizzo di conoscenze relative al passato, ma anche l’interazione tra persone che detengono “the right knowledge in the right place”. Per considerare realizzabile una struttura del genere, è necessario creare un cultura e un clima organizzativo che incoraggi l’interazione tra soggetti esperti in termini di conoscenza. Un elemento da considerare potrebbe essere rappresentato da un “soft enabler” quale il “care” di von Krog (1998). Il terzo tipo di knowledge management si focalizza sul “knowledge capital”. Risulta essere un collegamento diretto fra i knowledge assets ed il valore dell’organizzazione: una strategia comprensiva che comprenda il capitale intellettuale non solo in termini di capitale strutturale, ma, e soprattutto, di capitale umano. Quindi, si vuole porre attenzione sui knowledge assets esistenti analizzando coloro che posseggono e creano la conoscenza tacita. Per realizzare ciò è importante definire un sistema di valutazione degli assets che tenga conto anche dei loro aspetti non tangibili. Il quarto tipo di knowledge management è rappresentato dal “customer knowledge infusion” e comprende un insieme di strutture all’interno delle quali il cliente può ricevere e condividere conoscenza con l’organizzazione mediante un sistema che, in definitiva, crea valore per entrambi gli interlocutori. In tale contesto, assume estrema rilevanza un altro aspetto del capitale intellettuale: il capitale relazione. Infatti questo tipo di
  • 9. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management knowledge management si collega alle logiche di customer relationship management. Il precedente diagramma non rappresenta l’insieme della attività di knowledge management che l’organizzazione deve porre in essere in modo integrato e simultaneo per implementare la propria knowledge strategy, ma deve essere considerato come una traccia per indirizzare il comportamento dell’impresa, in merito alle sue determinate esigenze e problematiche, verso specifiche azioni. 3.3.2 Approcci di KM Definito il tipo di knowledge management, l’organizzazione non può modificare la sua struttura iniziale istantaneamente. Bisogna identificare degli approcci che ci guidino lungo la strada del cambiamento. Il primo di questi è il “knowledge problem solving”, definibile “di risposta”. Esso è efficace quando sono chiari i problemi da risolvere e si focalizzano su una particolare sezione, dipartimento o funzione aziendale. Risulta, quindi, abbastanza facile individuare le conoscenza da condividere o da trasferire attraverso l’introduzione, ad esempio, di un knowledge sharing system. Il secondo approccio è il “change management”, legato a un processo di catalisi. Questo modalità d’agire è efficace quando gli obiettivi sono rappresentati dal miglioramento del sistema di business o dei processi aziendali. E’ indispensabile, in questa fase, un forte leadership che conduca l’organizzazione verso il raggiungimento delle mete.
  • 10. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management Il terzo approccio si focalizza sulla “organizational reform”. Questo rappresenta la messa in fase del concetto di knowledge-based management, indirizzando tutti gli sforzi della gestione verso la trasformazione dell’intera organizzazione in una knowledge company. Quindi, non si punta all’introduzione del knowledge management semplicemente all’interno di limitate aree dell’azienda e ciò richiede tempo e forza lavoro. 3.4 KNOWLEDGE ASSESSMENT La knowlegde strategy viene così definita attraverso un processo d’analisi relativo alle componenti sia interne che esterne all’impresa. Successivamente questa strategia deve essere traslata nell’organizzazione e nelle architetture tecniche di supporto a quei processi di creazione, gestione e utilizzo della conoscenza per colmare i knowlegde gaps. Bisogna implementare un modello organizzativo che possa veicolare l’agire strategico dell’azienda, nell’intento di raggiungere gli obiettivi di business. Ma ciò non è sufficiente. Si avverte la necessità di gestire l’intero processo d’implementazione definendo gli obiettivi e le priorità, analizzando la struttura iniziale, proponendo un modello alternativo e conducendo l’organizzazione verso il cambiamento, attraverso un costante monitoraggio di tutte le attività poste in essere. In sostanza il tema della gestione della conoscenza affonda le sue radici nell’organizzazione, nelle modalità attraverso le quali l’intera azienda gestisce i suoi assets, siano essi tangibili o virtuali. Pertanto, qualunque proposta di knowledge management andrebbe costruita in base alle peculiarità del contesto a cui si riferisce.
  • 11. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management E’ necessario quindi comprendere il legame tra la knowledge strategy e il change management come vitale per l’esito delle azioni di knowledge management. 3.4.1 Knowledge map - “AS IS” Model Per definire una knowledge strategic position è necessario poter categorizzare o descrivere ciò che l’impresa conosce e cosa deve conoscere. In relazione al proprio capitale intellettuale è possibile creare quella che è comunemente chiamata una knowledge map. La knowledge map richiede la comprensione della conoscenza disponibile all’interno dell’organizzazione; è necessaria, quindi, una fase iniziale di audit della conoscenza per poi mappare queste basi informative in uno schema che abbia senso per gli utenti (Casonato, 2000). Tassonomie distinguono, tra le altre, quattro tipi di conoscenza organizzativa, ognuna della quale contribuisce al regolare funzionamento di un’organizzazione. Knowlegde about, o conoscenza declarativa, si riferisce all’abilità di riconoscere e classificare concetti, cose e stati del mondo. Essa può essere rappresentata come uno schema di classificazione gerarchico (Bobrow e Norman, 1975). La comunicazione effettiva e la condivisione di conoscenza richiedono che i membri di un’organizzazione siano d’accordo su strutture, categorie e distinzioni usate per rappresentare le cose importanti per l’organizzazione (Rogers e Kincaid, 1981; von Krog e Roos, 1995) Knowledge how, o conoscenza procedurale, si riferisce alla comprensione di un’appropriata sequenza di eventi o abilità per compiere un particolare
  • 12. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management insieme di attività (Gioia e Poole, 1984). Questa potrebbe includere procedure e routine (Cohen e Bacdayan, 1994). La conoscenza procedurale può essere intesa come una sequenza ordinata di eventi associati a particolari ruoli o relazioni. Essa permette il verificarsi di efficienti azioni coordinate. Knowledge why, o conoscenza causale, si riferisce alla comprensione del perché qualcosa accade, per esempio, i fattori che influenzano la qualità di un prodotto o la customer satisfaction. La conoscenza causale può essere formalmente rappresentata attraverso la descrizione della causa che collega fra loro un insieme di fattori (Schank, 1977; Weick e Bougnon, 1986), ma più spesso è meno formalmente rappresentata come le storie organizzative (Schank, 1990). Condividere storie significa, per un’organizzazione, sviluppare un consenso sul perché particolare azioni dovrebbero essere realizzate o come meglio raggiungere determinati obiettivi (Boje, 1991) Knowledge relational, o conoscenza relazionale, si riferisce alla comprensione delle relazioni all’interno e fra questi tipi di conoscenza. Per esempio, l’apprendimento e l’innovazione sono spesso il risultato del creare o modificare le relazioni tra gli esistenti ed apparentemente disparati concetti ed idee. Applicato alle organizzazioni, la performance di un’impresa è fortemente legata alla conoscenza di come le risorse e le competenze organizzative siano fra di loro relazionate (Black e Boal, 1994; Penrose, 1995; Spender, 1996). Lo sviluppo di nuovi prodotti e mercati è spesso il risultato della ricombinazione delle risorse e competenze esistenti piuttosto che l’acquisizione di nuove (Grant, 1996; Schumpeter, 1934), e i fallimenti sono allo stesso modo il risultato del non aver compreso quelle relazioni fra risorse. Una particolare forma di
  • 13. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management conoscenza relazionale è la comprensione di come le risorse umane dell’impresa interagiscono fra di loro. Ciò rappresenta la struttura sociale e comunicativa dell’impresa attraverso la quale la conoscenza è trasferita o condivisa (Krackhardt e Hanson, 1993). Categorizzare o descrivere ciò che l’impresa conosce e cosa deve conoscere circa l’ambiente o la posizione competitiva non è facile. Ogni impresa che abbia la consapevolezza del legame tra strategia e conoscenza pone in essere azioni che scaturiscono da questo legame. Questa visione delle cose, se unica, potrebbe essa stessa rappresentare un vantaggio. Determinare quale conoscenza gestire richiede un particolare focus strategico. Zack (1998) sottolinea l’importanza della mappatura della conoscenze rilevando la correlazione tra aspetti strategici e competitivi. Questa knowlegde map si sviluppa lungo due dimensioni: l’allineamento con la strategia dell’azienda e il legame con le sue capacità competitive. Nel particolare la conoscenza può essere classificata in relazione al fatto che rappresenta il suo core, advanced o innovative business. Core knowledge rappresenta la conoscenza di base richiesta per operare nell’impresa, proprio per il “play the game”. Dato che essa risulta abbastanza comune per tutte le imprese di un’industria, questo livello di conoscenza non assicura un vantaggio competitivo, ma rappresenta una sorta di barriera all’entrata per i nuovi entranti. Advanced knowledge permette all’impresa di differenziarsi ed essere competitiva. Le imprese possono avere lo stesso livello o qualità di conoscenza, core knowledge, possono cioè appartenere allo stesso dominio
  • 14. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management di conoscenze, ma far leva su specifici contenuti di questa per differenziarsi e ottenere un vantaggio competitivo. Innovative knowledge è una forma di conoscenza che permette all’impresa che la possiede di guidare la propria industria e di differenziarsi significativamente dai suoi concorrenti. Questa conoscenza dà la possibilità di “cambiare le regole del gioco”. La conoscenza non è una risorsa statica e ciò che è innovative oggi può diventare core domani. Fonte: Zack, 1998
  • 15. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management 3.4.2 Knowledge model - “TO BE” Model Un orientamento strategico, legato alla necessità di implementare una knowledge strategy, può essere definito attraverso due dimensioni. La prima trova, da un lato, il bisogno per l’organizzazione di aumentare il bagaglio delle sue competenze in determinate aree d’affari e, dall’altro, l’opportunità di fare leva sulle conoscenze esistenti ma sotto utilizzate. Ciò delinea l’attitudine dell’impresa ad essere un creatore oppure un utilizzatore di conoscenza. La seconda dimensione analizza la fonte attraverso cui è possibile attingere conoscenza, e questa risulta essere interna o esterna. L’utilizzo di entrambe le dimensioni ci permette di descrivere un knowledge model da implementare. In determinati contesti competitivi, dove le dinamiche industriali sono in continua evoluzione, l’organizzazione potrebbero necessitare di creare costantemente conoscenza. Essa ha la necessita di essere un knowledge explorer, un creatore, un soggetto che acquista conoscenza per proteggere la propria posizione competitiva, per difendere la propria knowledge strategic position. In altri ambienti, l’organizzazione risulta possedere un’eccedenza di risorse conoscitive in relazione alle sue esigenze competitive e si presenta, così, l’opportunità di utilizzare questo patrimonio. In tali circostanze l’organizzazione ha la necessità di essere un knowledge exploiter. Lo sfruttamento e l’esplorazione non sono attività che si escludono a vicenda. La stessa organizzazione può porre in essere azioni in entrambe le direzioni. In realtà, l’ideale competitivo risulta essere una sorta di bilanciamento tra i due comportamenti. L’esplorazione permette all’organizzazione di fornire quelle nuove conoscenze atte ad entrare in
  • 16. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management nuovi business o a fronteggiare ambienti altamente competitivi, dove l’innovazione è il fattore critico di successo. Lo sfruttamento delle esistenti conoscenze alimenta il capitale finanziario che facilita, e in alcuni casi determina, l’esplorazione stessa. In questo caso, le organizzazioni assumono un comportamento da innovators. Queste attività si svolgono, generalmente, all’interno di differenti strutture organizzative, quali la R&S, marketing, produzione, ecc.. Bilanciare lo sfruttamento con l’esplorazione richiede un’elevata capacità interna di trasferimento della conoscenza, e ciò è possibile con la presenza di una cultura coerente con la knowledge strategy, adeguati sistemi informativi, reti di comunicazione che supportino il flusso migratorio fra le varie unità organizzative. Un altro modo per indirizzare il comportamento strategico è descrivere quali siano le fonti dalle quali l’organizzazione attinge per alimentare il suo fabbisogno conoscitivo. E’ possibile distinguere queste in interne ed esterne. Le risorse interne possono essere presenti, all’interno dei confini dell’organizzazione, nelle teste delle persone, nei comportamenti, nelle procedure, nei sistemi informativi, in documenti cartacei o in database virtuali, etc.. Le risorse esterne sono rappresentate da quelle fonti che non rientrano nel dominio conoscitivo diretto dall’impresa, quali pubblicazioni scientifiche, università, agenzie governative, ONG, associazioni di professionisti, consulenti, etc.. La conoscenza acquisita direttamente all’interno della propria organizzazione è particolarmente rilevante come fonte del vantaggio competitivo, perché tende ad essere unica, specifica, e difficilmente
  • 17. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management imitabile dai competitors. La conoscenza ottenuta dall’esterno, al contrario, sebbene serva per stimolare il comportamento strategico e realizzare attività di benchmarking, risulta essere astratta, costosa da ottenere e facilmente imitabile. Combinando le due dimensioni di analisi è possibile definire un comportamento strategico. Le organizzazioni orientate a sfruttare una conoscenza interna implementeranno una conservative knowledge strategy, mentre quelle che sfrutteranno ed esploreranno sia conoscenza interna che esterna (unbounded) adotteranno una aggressive knowledge strategy. Fonte: Zack, 1998
  • 18. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management 3.4.3 Knowledge gap analysis La mappatura delle conoscenze organizzative permette di individuare quale posizione competitiva ha assunto l’impresa, i suoi competitors, e quale posizione l’impresa vorrà assumere in relazione ai suoi obiettivi strategici. Il gap tra ciò che l’impresa deve fare e ciò che sta facendo rappresenta uno strategic gap. Zack (1998), utilizzando la SWOT analysis, sostiene che le forze e debolezze rappresentano ciò che l’impresa può fare, mentre le opportunità e minacce ciò che deve fare. La strategia, la knowledge strategy, permette di comprendere come bilanciare i suoi “può” con i suoi “deve” per sviluppare e proteggere la posizione competitiva. In questo contesto ciò che per l’impresa è uno strategic gap, in realtà risulta essere un potenziale knowledge gap. L’esistenza del divario tra il “può” fare ed il “deve” fare potrebbe essere un divario in termini di ciò che l’impresa “può” sapere e “deve” sapere per implementare la propria strategia. Basandoci su una knowlegde map è possibile verificare l’esistenza di quali categorie di conoscenze esistenti sono allineate con le necessità strategiche. Questo allineamento tra conoscenza e strategia rappresenta un elemento cruciale della knowledge strategy.
  • 19. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management Fonte: Zack, 1998 Le organizzazioni sono interessate a cercare di condividere le proprie risorse intellettuali senza prima comprendere cosa esse necessitano condividere. Le organizzazioni sono interessate ad analizzare i propri knowledge gaps in termini di processi senza analizzare gli stessi in termini di contenuti. Comparando ciò che l’impresa necessita sapere con ciò che sa è possibile identificare un knowledge gap interno a livello strategico. L’impresa identifica la core, l’advanced e l’innovative knowledge necessarie per implementare la strategia, e compara ciò con le attuali conoscenze, categorizzandole nello stesso modo. Ciò evidenzia l’esistenza di aree di conoscenza in relazione alle forze e opportunità. Allo stesso modo è possibile comparare ciò che una organizzazione conosce con ciò che i suoi competitors conoscono, utilizzando le stesse categorie, identificando
  • 20. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management knowledge gaps esterni a livello strategico. Si identificano, così, aree di conoscenza legate alle opportunità e alle minacce del mercato (Zack, 1998). 3.5 SYSTEM INTEGRATORS Nei contesti organizzativi esistono variabili soft e variabili hard che influenzano e veicolano il processo di knowledge management, e quella del “care” di von Krog (1998) è certamente uno dei più importanti soft enablers. Accanto ad essi esistono hard enalbers, che in modi differenti tendono verso gli stessi obiettivi dei primi. I supporti tecnologici risultano essere questi hard enablers. Le nuove tecnologie informatiche e telecomunicative (ICT) possono giocare un duplice ruolo per le aziende: in primo luogo, possono essere impegnate per automatizzare in modo sempre più efficace ed efficiente i processi di produzione delle informazioni all’interno dell’impresa (migliorando i sistemi informativi); in secondo luogo, si stanno rivelando una forma d’innovazione di tipo pervasivo che tende a modificare i prodotti dell’azienda, i suoi processi produttivi e le relazioni con gli operatori con cui l’azienda medesima è in rapporto (Camussone, 2000). In tale contesto, sviluppare una soluzione di knowledge management significa creare un clima e un’infrastruttura tecnologica che favorisca la crescita della conoscenza e la sua diffusione a chi ne ha bisogno nel momento in cui ne necessita (Berini, 2000).
  • 21. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management La creazione, condivisione e combinazione di conoscenza all’interno dei differenti knowledge network presenti nell’organizzazione richiede che esista una gestione coordinata dello scambio di conoscenza tacita ed esplicita. La condivisione della tacit knowledge necessita l’uso di modalità interattive di comunicazione come le conversazioni face-to-face, la condivisione di esperienze. In contesti dove l’esigenza della tacit knowledge sharing è minore, risulta interessante porre l’attenzione sui fenomeni di condivisione della conoscenza esplicita e, quindi, delle modalità interattive di comunicazione basata sugli strumenti tecnologici, quali electronic mail, conferenze tramite computer e condivisione dei contenitori di explicit knowledge. Pertanto, nei casi dove la conoscenza può essere esplicitata, le tecnologie collaborative possono giocare un ruolo centrale nei processi di acquisizione, combinazione, interpretazione e disseminazione. Dove la conoscenza è principalmente tacita, queste tecnologie possono supportare le interazioni personali necessarie per i processi di condivisione, creazione ed esplicitazione. 3.5.1 Un architettura di knowledge management Dal punto di vista tecnologico, un architettura di knowledge management utilizza due risorse: un repository, per contenere il patrimonio di conoscenza esplicita e una refinery, per gestire i processi che vanno dall’accumulazione alla presentazione di conoscenza esplicita. Il repository riflette le due componenti basiche della conoscenza come oggetto: la struttura e il contenuto. Le strutture della conoscenza
  • 22. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management forniscono il contesto tramite il quale è possibile interpretare il contenuto. Se si considera il repository come una “knowledge platform” è possibile derivare differenti visioni di contenuti dalle medesime strutture. Ogni visione potrebbe differire in base al contenuto, al formato o al contesto. In tali circostanze la conoscenza come oggetto assume i connotati di conoscenza come processo. L’elemento basilare della struttura è il knowledge unit, un elemento definito formalmente, un piccolissimo contenitore che può essere nominato, indicizzato, immagazzinato, ricercato e manipolato (Zack, 1999). Il formato, la dimensione e il contenuto dei knowledge units dipendono dal tipo di conoscenza esplicita che vuole essere archiviata e dal contesto d’uso. Il repository include anche schemi che legano fra loro i knowledge units. Questi legami sono rappresentati da associazioni concettuali, relazioni sequenziali o causali o altro, in base al tipo di conoscenza. Il repository è una componente fondamentale di un sistema di knowledge management perché rappresenta la struttura che consente di gestire, organizzare e strutturare la conoscenza codificata all'interno di un'organizzazione. In particolare, questa conoscenza può essere archiviata in database o archivi elettronici e, allo stesso tempo, sottoposta a processi di categorizzazione che la rendano maggiormente visibile e successivamente riutilizzabile. Una knowledge platform potrebbe essere anche costituita da differenti repositories, ognuno dei quali possiede una particolare struttura per un determinato tipo di conoscenza. Attraverso dei collegamenti logici è possibile ottenere un repository virtuale, dove il contenuto di ognuno fornisce gli elementi per interpretare il contenuto degli altri.
  • 23. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management La refinery è un processo mediante il quale è possibile gestire la conoscenza esplicita contenuta nel repository. Questo processo include, fondamentalmente, cinque fasi: 1) Acquisizione. Attraverso differenti fonti, esterne e interne all’organizzazione, si procede a catturare la conoscenza creata o acquisita. 2) Classificazione. Prima di aggiungere la conoscenza catturata al repository, bisogna rendere questa di valore cercando di classificarla secondo gli schemi e i processi organizzativi quali la pulizia, l’identificazione e nominalizzazione, l’indicizzazione, l’abstracting e l’integrazione. 3) Archiviazione e Ricerca. Questo stadio è molto importante per l’intero processo di gestione perché permette di collegare fra loro, a monte, la fase di acquisizione e, a valle, la fase di rappresentazione 4) Distribuzione. Sono compresi i meccanismi che l’organizzazione utilizza affinché sia reale, efficace ed efficiente, l’acceso ai contenuti del repository. 5) Rappresentazione. Il contesto attraverso il quale la conoscenza viene visualizzata influenza profondamente il valore percepito dagli utilizzatori del sistema e, quindi, si richiede una particolare attenzione sia alle interrelazione logiche fra i knowledge units che alle interfacce grafiche necessarie per la visualizzazione dei contesti.
  • 24. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management Adattato da: Meyer e Zack, 1996 3.5.2 Categorie di applicazioni di knowledge management Le applicazioni di knowledge management possono essere suddivise in due grandi classi: integrative e interattive. Le applicazioni integrative presuppongono l’esistenza del repository e lo considerano l’elemento fondamentale ed unico per l’intero processo di knowledge sharing. Coloro che producono la conoscenza e coloro che ne fruiscono interagiscono fra loro indirettamente, mediane cioè il repository. Queste applicazioni presentano un flusso sequenziale di informazioni tutte che transitano in modo unidirezionali per il repository, strutturato per fornire un accesso flessibile e una visione contestuale della conoscenza. Il
  • 25. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management focus è sullo strumento tecnologico e sulla conoscenza esplicita contenuta in esso, piuttosto che sui contributori e utilizzatori di questa conoscenza, o sulla conoscenza tacita che essi detengono. Queste applicazioni sono diverse a seconda che i produttori e i fruitori della conoscenza appartengano o meno al medesimo knowledge network. Pertanto abbiamo, da un lato, applicazioni definite di electronic publishing, per le quali non esiste l’appartenenza alla medesima comunità, dove i contenuti tendono ad essere stabili e vengono modificati sporadicamente e solamente dagli autori. Un esempio può essere offerto da una newsletter periodica, inviata ad un determinato reparto aziendale, che indica le direttive alle quali gli impiegati devono attenersi con riguardo ad un certo ambito di lavoro. Dall’altro lato troviamo le applicazioni knoweldge-based integrate, le quali richiedono che i produttori e gli utilizzatori della conoscenza facciano parte dello stesso network. L’esempio migliore è dato dal database di best practices, all’interno del quale vengono raccolte e condivise procedure e modalità operative elaborate da persone che si sono trovate ad affrontare problemi simili. Le applicazioni interattive hanno lo scopo di supportare l’interazione tra persone in possesso di conoscenza tacita. Differentemente dalle applicazioni integrative, il repository rappresenta un sottoprodotto dell’interazione. Non è più, quindi, il fulcro del sistema. I contenuti elaborati attraverso queste applicazioni risultano dinamici ed emergenti. All’interno della famiglia della applicazioni interattive, è possibile operare una distinzione in base al livello di competenza dei produttori e dei fruitori nonché del grado di strutturazione della loro interazione. Quindi, se l’obiettivo è trasferire conoscenza in modo formale, come avviene tra l’insegnante e lo studente, l’interazione tenderà ad essere strutturale e si
  • 26. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management parlerà di applicazioni di distributed learning. Quando l’interazione tra le persone tende ad essere emergente, cioè si svolge in modo spontaneo, il tipo d’applicazione utilizzato è il forum di discussione, uno spazio virtuale dedicato alla comunicazione che può coinvolgere molteplici persone. La conoscenza che circola all’interno del forum può essere strutturata ed indicizzata, dando così origine ad un repository. Fonte: Zack, 1996 3.5.3 Le reti ipermediali: l’Intranet Le reti ipermediali, chiuse come la Intranet o aperte come Internet, stanno creando nelle imprese nuovi ambienti di comunicazione che permettono di accedere a basso costo e senza barriere per l’utente alla risorse informative disponibili sul network interno ed esterno (Mandelli, 1998).
  • 27. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management Si rende possibile la realizzazione di gruppi di lavoro virtuali che possono rimanere in contatto, pur operando in contesti geografici oppure organizzativi distinti e lontani. Tutto ciò pone i vecchi modelli organizzativi in crisi per puntare verso una nuova architettura deformalizzata, dove ciascuno è posto nella condizione di poter entrare in contatto con la persona che possiede l’informazione di cui ha bisogno. Le reti ipermediali creano infatti una sorta di comunicazione plurale, in cui la comunicazione interpersonale non è più distinta da quella di massa, privilegiando la comunicazione analogica e favorendo i processi di knowledge sharing. In tale conteso assume un ruolo di estrema importanza l’Intranet, uno strumento che permette, all’interno di un organizzazione, di mettere a disposizione di tutti le risorse informative aziendali, attraverso l’applicazione delle tecnologie Internet. L’Intranet è un ambiente virtuale per la gestione delle conoscenze aziendali, per la collaborazione, la condivisione e la comunicazione. La sua progettazione implica la progettazione o la riprogettazione delle modalità con cui l’azienda organizza e mette a disposizione dei propri membri le informazioni che possiede e acquista. Generalizzando, dal punto di vista dell'utente, le Intranet possono essere considerate dei contenitori di pubblicazioni da un lato, e servizi e applicazioni dall'altra. Nel primo caso si tratta di informazioni, testi o materiali consultabili on- line, navigabili attraverso dei links, e/o scaricabili sotto forma di file sul proprio computer. Usando la tecnologia Internet, è possibile superare le barriere relative alla comunicazione e alla condivisione di informazioni e
  • 28. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management conoscenze tra persone che lavorano in un'organizzazione. Il vantaggio principale delle Intranet aziendali è, innanzitutto, relativo alla facilità delle attività di publishing delle informazioni e di successiva consultazione e accesso. In altre parole, questi strumenti costituiscono un medium importantissimo per una comunicazione e una collaborazione efficiente all'interno delle organizzazioni, attraverso interfacce semplici e familiari (Ovum, 1999). Nel secondo caso si ha riguardo agli strumenti che consentono una interazione dell’utente nella ricerca o selezione di informazioni personalizzate, nell'inserimento di comunicazioni e informazioni, nell’invio di richieste, nel contribuire a sistemi di raccolta ed elaborazione di dati da più parti dell’organizzazione. Il valore di una Intranet si misura dal suo impatto sui processi di business; i vantaggi principali di una Intranet possono essere riassunti in alcuni punti chiave (Morici, 2000):  aumento della produttività (dovuta a un migliore accesso alle applicazioni e allo svolgimento di alcune funzionalità in self-service da parte degli utenti)  aumento della collaborazione (dovuta a una maggiore trasparenza dei processi e progetti aziendali)  riduzione dei costi (di stampe, di spedizioni postali, di viaggi e riunioni)  risparmi di tempo (per la ricerca di informazioni e documenti, per la ricerca degli intermediari o dei responsabili delle informazioni)
  • 29. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management  riduzione del time to market (dovuto alla progettazione con strumenti collaborativi e al riutilizzo di conoscenze esistenti) Una Intranet ha un impatto significativo sui processi di knowledge management: essa si configura come una piattaforma per l’apprendimento e per l'accesso alla conoscenza distribuita. Negli ambienti di lavoro knowledge intensive, le persone fanno tutti uso non solo delle proprie conoscenze, ma in misura sempre maggiore combinano queste con conoscenze che non possiedono, con “conoscenze degli altri” che hanno bisogno di identificare e spesso utilizzare on-line. L’Intranet è uno strumento per consentire alle persone di identificare dove, e in quale forma, si trova la conoscenza di cui hanno bisogno, ad esempio mettendo in relazione i documenti dei progetti con informazioni sulle persone che vi lavorano, gli argomenti con gli esperti delle discipline, i dati relativi all'andamento dell'azienda con i responsabili del raggiungimento degli obiettivi. Tutto ciò contribuisce al passaggio da un cultura del “controllo” delle informazioni a una cultura dell’accesso e dell’empowerment. Inoltre l'Intranet cambia il modo di lavorare e diventa il luogo primario dove si realizzano i processi di lavoro. Lo spostamento di parte dei processi di lavoro on-line implica infatti, in molti casi, il ripensamento dei processi stessi e dei flussi di produzione delle informazioni e delle conoscenze. Due sono le direzioni verso le quali lo sviluppo delle Intranet è rivolto. La prima è interna: la prossima generazione delle Intranet adotterà completamente il concetto di portali, sviluppando ambienti che, piuttosto di presentare tutte le risorse aziendali contemporaneamente, consentiranno l’accesso a tutte le risorse e i siti aziendali facilitandone l’individuazione.
  • 30. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management La seconda direzione di sviluppo è verso l’esterno: man mano che le Intranet diventano più robuste, ossia ricche di contenuti e integrate con sistemi di data wharehouse e elaborazione dati aziendali, la loro logica evoluzione è di apertura verso i fornitori, i clienti, i partner e gli stakeholders (“the extended enterprise”). Si realizza così un’integrazione delle Intranet e delle Extranet per estendere e condividere gli ambienti di lavoro, le informazioni e i processi di business con i partner sia a monte che a valle della catena del valore (Morici, 2000). 3.5.4 Il ruolo della tecnologia nei processi di knowledge management La conoscenza, all'interno delle organizzazioni innovative, appartiene alle “comunità di pratiche” che costituiscono una vera e propria “fabbrica sociale dell’apprendimento” e i motori di sviluppo della conoscenza generata (Wenger, 1998). Solo l’uomo è capace di trasformare i dati (semplici registri senza significato) in informazione (organizzando i dati in messaggi connotati di potenziali significati), e questa in conoscenza (incorporando giudizi di valore e orientando le azione per produrre risultati). La tecnologia, pertanto, non trasforma i messaggi in conoscenza perché manca della capacità dell’interpretazione, neppure è capace di produrre decisioni corrette davanti ai problemi complessi associati alle situazioni d’incertezza che creano intorni altamente dinamici e competitivi. La tecnologia non può nemmeno sostituirsi in nessun caso all’intuizione, nella sua qualità di conoscenza non cosciente indotta dall’esperienza, ne offrire di per sé prospettive sugli avvenimenti futuri. Però non c’è alcun dubbio sul suo straordinario ruolo come “elemento facilitante” nella gestione della conoscenza (Calero, 1998)
  • 31. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management Pertanto, un sistema di knowledge management basato sull'ICT deve essere, principalmente, in grado di supportare le dinamiche attraverso le quali gli individui e le comunità interagiscono per poter amplificare i processi di apprendimento e di knowledge sharing. Gli strumenti tecnologici devono essere progettati in un’ottica di supporto a tali comunità per migliorare le modalità attraverso cui i membri comunicano e sono in contatto tra di loro, lavorano assieme, si scambiano e condividono idee e punti di vista e negoziano il significato e il senso delle loro pratiche di lavoro comuni. In precedenza, è stato affermato che i membri di una comunità negoziano il senso, frutto della loro pratica, attraverso dinamiche di interazione e relazione sociale che risultano essere i processi di partecipazione e reificazione, attraverso i quali gli individui collaborano e creano artefatti concreti. Pertanto, è evidente che la conoscenza esplicita, reificata e codificata in un documento di lavoro, cartaceo o digitale, può essere considerato come output di un processo di reificazione; ma per essere compreso appieno deve essere posto in relazione anche con i meccanismi di partecipazione e di interazione sociale che lo hanno reso possibile, affinché esso non passi ad un livello epistemologico inferiore, quale l’informazione semantica. In questo senso, un'infrastruttura di ICT deve essere in grado di porre la conoscenza in relazione ai flussi di comunicazione e di interazione sociale che ne sono alla base. È necessario, cioè, che i documenti siano collegati o collegabili al contesto all’interno del quale tale conoscenza esplicita è stata generata. Una soluzione di knowledge management deve supportare i processi di gestione della conoscenza e l’apprendimento a livello organizzativo,
  • 32. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management amplificando e allargando il contesto di lavoro all’interno del quale operano i membri di un knowledge network. Tuttavia, l'ICT non deve assolutamente sostituirsi allo spazio reale, bensì deve solo cercare di creare un'estensione virtuale allo spazio di lavoro fisico per evitare che barriere fisiche possano compromettere l'efficacia e l’efficienza delle attività collaborative. In questo senso, un sistema di knowlegde management deve essere in grado di fornire tutti gli strumenti e le risorse necessarie in qualunque luogo e in qualunque momento, per supportare e facilitare la partecipazione degli utenti ai processi collaborativi e cooperativi in cui sono quotidianamente coinvolti. Il contesto può essere ricreato ponendo i singoli knowledge units presenti in un repository in relazione ad una serie di informazioni di contorno, che favoriscano gli utenti nella comprensione di quali siano state le condizioni all'interno delle quali uno specifico documento è stato creato. Per esempio, queste informazioni possono essere relative ad un progetto e, in particolare, ad una sua determinata fase o, ancora, alle persone che hanno contribuito alla sua creazione. Inoltre, influenza positivamente questo processo di ricostruzione, la creazione di links e di riferimenti ad altri documenti o knowledge units, che sono stati usati come fonti o che semplicemente sono relativi allo stesso argomento ed alla stessa area di conoscenza. In questo modo è possibile, quindi, creare delle connessioni e delle relazioni tra tutti gli elementi che costituiscono l’intero patrimonio cognitivo dell’organizzazione, indipendentemente da separazioni relative all’area funzionale o a unità diverse.
  • 33. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management In tale modo il sistema costituisce un valido accesso al “sapere” dell’intera organizzazione, offrendo un luogo dove esso è disponibile a tutti. Se i sistemi di document & information management rappresentano un supporto prezioso per la condivisione della conoscenza di natura esplicita, quelli per la gestione della comunicazione e della collaborazione devono essere ugualmente considerati rilevanti per il knowledge management, in quanto supporti utili per facilitare i flussi di knowledge sharing. Anche questi strumenti consentono di superare le barriere di natura fisica e spaziale perché arricchiscono i flussi comunicativi con nuovi canali sia di natura asincrona (posta elettronica o bulletin board) che sincrona (video- teleconferenze, chat). In questo modo le opportunità di interazione sociale e di comunicazione si moltiplicano, aggiungendosi ai tradizionali canali quali il telefono, la posta tradizionale e gli incontri faccia a faccia. In questa dimensione, il vantaggio competitivo di un’azienda non è dato dalla tecnologia e dagli strumenti, che per quanto innovativi e sofisticati possono essere riprodotti, ma dalla qualità delle persone. Elementi come competenza, cultura, caratteristiche personali non si possono riprodurre. È necessario possedere la conoscenza. Il knowledge e la creatività si ottengono quando si rendono le persone coscienti del valore delle loro idee, del contributo concreto che può apportare il loro pensiero. Le idee vanno capitalizzate per lasciare un segno nella storia aziendale (Marietti, 1998). Un sistema di knowledge management deve prestare attenzione alla ricchezza insita nelle persone che lavorano in azienda, alle esperienze maturate, al modo di fare business. E’ probabilmente questa la strada maestra per fare leva sull’intelligenza presente all’interno del sistema
  • 34. Florindo Russo I network nelle organizzazioni knowledge intensive. Il caso M.I.L.K. – 2002 3. Knowledge-based management d’offerta e per ottenere un vero e duraturo vantaggio competitivo all’interno del mercato (Mazzuca, 2000) Il vantaggio competitivo sta sempre meno negli aspetti puramente tecnologici. La velocità di adattamento tecnologico all’interno delle aziende è ormai tale per cui il fatto che si disponga di una tecnologia piuttosto che di un’altra è un problema di allineamento che si sviluppa in tempi relativamente brevi: la vera potenzialità consiste nel comprendere come sfruttare la componente di intelligenza cha sta all’interno del sistema d’offerta. In definitiva, non esiste una tecnologia univoca per il knowledge management: è un insieme di tecnologie a supportare il knowledge management e l’azione di progettazione deve mirare a individuare la più opportuna per lo specifico problema di gestione della conoscenza. Quindi, ci sono vie differenti che possono condurre alla definizione di un metodo operativo per la gestione della conoscenza, ma tutte sembrano passare attraverso la valorizzazione della singola persona in un gruppo, cercando, mediante processi di collaborazione, di far emergere la conoscenza di valore e di diffonderla (Biffi, 2000).