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1
PierLuigi Albini
255. Recensioni di saggi e critica
Pensare l’universo
Massimo Bucciantini
Pensare l’universo
Italo Calvino e la scienza
Donzelli
2023
pp. 184
Quando nel saggio Mondo scritto e mondo non scritto Italo Calvino sosteneva che “scriviamo per rendere
possibile al mondo non scritto di esprimersi attraverso noi”, manifestava la sua radicata visione materialista,
perché la frase equivaleva al dire che l’intelligenza, la riflessione umana sono “l’universo che pensa se stesso”.1
Che è poi il senso de Il mondo guarda il mondo del signor Palomar.
Il libro di Bucciantini è fondamentale per comprendere l’itinerario culturale ed etico di Calvino e il perché
sia stato uno scrittore che si distaccava del tutto dal panorama letterario italiano dell’epoca (e non solo di
quell’epoca, a mio avviso). Tutto ciò a partire proprio dal suo rapporto con il pensiero scientifico. A questo
proposito, sono illuminanti le sue Due interviste su scienza e letteratura, in cui difendeva la linea di continuità
di scrittori ‘amici’ della scienza che da Ariosto passava per Galileo e Leopardi, con il secondo definito il più
grande scrittore italiano.2
Per non dire poi di Lucrezio, un altro autore che Calvino ammirava. L’affermazione
aveva sollevato critiche da parte di Cassola che citava invece Dante. Calvino gli rispondeva bene nel merito,
smontando le tesi di Cassola che Galileo fosse uno scienziato e non uno scrittore. Cassola aveva torto, in primo
luogo perché restringeva la nozione di scrittore a un orto limitato (che era il suo) credendo che fosse il solo
universo della letteratura e, in secondo luogo, perché anche Leopardi ammirava la prosa di Galileo, il quale
era capace di espressioni che ne segnalavano una coscienza e una capacità letteraria notevoli.
Ma, tornando al “mondo non scritto” è proprio questo tropo la chiave per capire Calvino. Egli ha criticato
ripetutamente gli atteggiamenti di rifiuto nei confronti della scienza e della tecnica – così come, in generale,
delle innovazioni della modernità - sostenendo che occorreva conoscerle per farsene padroni e non esserne
dominati. Ma non solo. Esse informavano talmente di sé la contemporaneità che continuare a rappresentare
prevalentemente il mondo interiore, il soggetto e le sue vicissitudini, come tendeva a fare la letteratura
contemporanea, significava non parlare della realtà nella sua complessità e nelle sue sfaccettature. Bucciantini
cita una lettera di Calvino a Leonardo Sinisgalli in cui si dice che il progresso tecnico-scientifico è un’arma a
1
Italo Calvino, Mondo scritto e non scritto, Saggi, vol . II, Mondadori, I Meridiani, 2001; pubblicato postumo
2
Italo Calvino, Due interviste su scienza e letteratura, in Saggi, vol. I, 1945-1985, Mondadori, I Meridiani, 2001
2
doppio taglio (come ormai sappiamo da tempo) ma che occorre misurarsi con esso.3
Comprendere il nostro
inserimento nella realtà era l’assillo di Calvino, dove il mondo non era ristretto a un ambito umano ma è
proprio il mondo nella sua totalità, l’universo e la sua storia. Soggetto e oggetto descritti insieme, dunque.
Cioè, non si può più scrivere dell’interno e dell’esterno a prescindere da uno dei due. Questo ‘esterno’, una
volta spiegato dai miti, dalla filosofia e dalle religioni, è da tempo indagato e anche progressivamente spiegato
dalla scienza: perciò, non la si può lasciare da parte, anche nelle storie personali. Insomma – come scrive
Bucciantini – quella di Calvino è “una letteratura come filosofia naturale”.
In realtà, questo viaggio di Calvino verso una letteratura diversa dall’usuale e che incorporasse scienza e
tecnica (e il mondo esterno), era iniziata da tempo. Si può citare la sua Sfida al labirinto come un passaggio
fondamentale verso una diversa concezione della letteratura e, più in generale, della cultura.4
Nel concludere
il suo scritto, Calvino affermava: “Da una parte c’è l’attitudine oggi necessaria per affrontare la complessità
del reale, rifiutandosi alle visioni semplicistiche che non fanno altro che confermare le nostre abitudini di
rappresentazione del mondo; quello che oggi ci serve è la mappa del labirinto la più particolareggiata possibile.
Dall’altra parte c’è il fascino del labirinto in quanto tale, del perdersi nel labirinto, del rappresentare questa
assenza di vie d’uscita come la vera condizione dell’uomo”.
Secondo le stesse dichiarazioni di Calvino, la ‘svolta’ non solo teorica ma anche di individuazione di un
nuovo concreto approccio alla scrittura, avvenne con il suo incontro personale e con gli scritti di Giorgio de
Santillana. “Ascoltando la conferenza [di de Santillana] del 1963 – scrive Calvino –, ne ebbi come una
rivelazione di un nodo di idee che forse già ronzavano confusamente nella mia testa ma che m’era difficile
esprimere […]”.5
Le tesi di de Santillana gli permisero un ricupero del mito e del fantastico non come cosa
altra dal pensiero scientifico. Tuttavia, Calvino rovescia il percorso rispetto a de Santillana: quest’ultimo
ricupera l’interpretazione scientifica a partire dal mito e dalle antiche cosmologie, Calvino partiva invece
dall’interpretazione scientifica per elaborare un mito/narrazione/letteratura. Scrive Bucciantini che con il
risalire all’atteggiamento mitico/favolistico c’è “il recupero di un’unità di fondo tra io e mondo da lungo tempo
andata perduta”. Da lì in poi, molte delle opere di Calvino, che qui appare superfluo citare - assumono la veste
e i contenuti di narrativa su base scientifica che sappiamo. Basterà ricordare che due anni dopo quel 1963
pubblicò Le cosmicomiche e che Ti con zero è del 1967.
Naturalmente, nelle conoscenze scientifiche di Calvino non c’è stato solo de Santillana. Egli era un lettore
attento e sistematico, per cui giustamente Bucciantini dà spazio anche a Ilya Prigogine e a Claude Lévi Strauss,
tra gli altri. Del primo, Calvino recensì l’ancora fondamentale testo La nuova alleanza, scritto insieme a
Isabelle Stengers e colse immediatamente il nucleo centrale e duraturo del pensiero degli autori, laddove
scriveva che Prigogine “si dichiara in grado di spiegarci come le organizzazioni più complesse, cioè le forme
del mondo vivente, non sono un accidente della natura ma si situano sulla via maestra, sul tracciato del suo
sviluppo più logico”.6
Colgo l’occasione per segnalare a chi legge che l’apparizione della vita come necessitata
dall’evoluzione fisico-chimica dell’universo ha anche di recente registrato due contributi importanti.7
In un
suo saggio su Vittorini, Calvino rifiuta l’antropocentrismo perché l’uomo deve uscire dai suoi limiti e
concepire la sua storia “come un anello, lasciandosi inghiottire ai due estremi della storia”; da una parte,
3
Ricordo ai più giovani che Sinisgalli è stato soprannominato il poeta ingegnere, facendo convivere nella sua multiforme attività
cultura umanistica e cultura scientifica; tra l’altro, fondò per la Finmeccanica dell’IRI l’importante rivista Civiltà delle macchine
4
Italo Calvino, La sfida al labirinto, Saggi, vol. I, Mondadori I Meridiani, 2001, p. 104; pubblicato su il Menabò 5 del 1962. Il testo
faceva seguito a un precedente scritto di Vittorini su Letteratura e industria pubblicato su il Menabò 4, ma la discussione con Vittorini
su questi temi era iniziata da tempo
5
Italo Calvino, Fato antico e fato moderno di George de Santillana, Saggi, vol. II, Mondadori, I Meridiani, 2001. Come lo stesso Calvino
ricorda, il testo appare come una sintesi del più ponderoso Il mulino di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo di George
de Santillana e Herta von Dechend, Adelphi, 1983
6
Italo Calvino, Ilya Prigogine e Isabelle Stengers, La nuova alleanza, Saggi, vol. II, Mondadori, I Meridiani, 2001; pubblicato su la
Repubblica il 3 maggio 1980 con il titolo No, non saremo soli
7
Vedi La vita inevitabile. Diario di viaggio di un Replicante alla ricerca della Vita di Pier Palo di Fiore, nonché Un mondo oltre la fisica.
Nascita ed evoluzione della vita di Stuart Kauffman, di prossima recensione su Ticonzero
3
dalla organizzazione della materia e dall’essere un animale e, dall’altra, “nell’estensione alle macchine
dell’elaborazione dell’informazione”.8
Di Lévi Strauss, come di altri antropologi e etnologi, Calvino mette tra l’altro in evidenza la convinzione
che “i fatti culturali influiscono sul patrimonio genetico”.9
Ma la curiosità e gli interessi scientifici di Calvino erano ben più vasti dei pochi esempi riportati. Vale la
pena di citare la conferenza da lui tenuta a Torino nel 1978 intitolata Cibernetica e fantasmi (Appunti sulla
narrativa come processo combinatorio). Il lettore, toccato dall’esperienza odierna dello sviluppo
dell’Intelligenza Artificiale generativa e dal dibattito acceso da ChatGpt e da altri algoritmi similari, non può
non rimanere sorpreso dalla preveggenza con cui Calvino affronta l’avvento delle tecnologie digitali. Oggi le
Intelligenze Artificiali di nuova generazione fanno più o meno le stesse cose che Calvino prevedeva, proprio
parlando dell’evoluzione della letteratura. Ivi compreso il cambio di mentalità che le nuove tecnologie
sollecitano, nel senso che “nel modo in cui la cultura d’oggi vede il mondo, c’è una tendenza che affiora
contemporaneamente da varie parti: il mondo nei suoi vari aspetti viene visto sempre di più come discreto e
non come continuo”. Composto di “impalpabili stati psicologici, umbratili paesaggi dell’anima […] oggi
sentiamo il velocissimo passaggio di segnali sugli intricati circuiti che collegano i relè, i diodi, i transistor di
cui la nostra calotta cranica è stipata”. E poi si spinge a immaginare quale nuova letteratura potrà produrre un
automa letterario e la risposta è un po’ sorprendente, perché “la sua vera vocazione sarebbe il classicismo”,
ma il suo successo effettivo potrebbe essere la sua capacità di produrre disordine perché, a un certo punto, la
macchina potrebbe sentire “l’insoddisfazione del proprio tradizionalismo e si mette a proporre nuovi modi
d’intendere la scrittura, e a sconvolgere completamente i propri codici”. Non ci siamo ancora, ma diciamo che
siamo sul limitare di questa possibilità, che Calvino non condannava affatto, come esperienza letteraria. Del
resto, lui stesso aveva osservato in una lettera citata da Bucciantini che “sono più chemmai per una letteratura
che tenda all’astrazione geometrica, alla composizione di meccanismi che si muovono da soli, il più possibile
anonimi. E tutto ciò che è esistenziale, espressionistico, ‘caldo di vita’ lo sento molto lontano”.10
Non è qui la
sede per aprire, auspice Calvino, una discussione sui pregi e i rischi dell’Intelligenza Artificiale (sempre come
“arma a doppio taglio”). Per questi aspetti rinvio alla recensione di due libri di Luciano Floridi e al dibattito
in corso.11
Infine, al di là del testo di Bucciantini, vorrei fare un’osservazione sul rapporto tra Calvino e la letteratura
divulgativa di oggi. Di tempo ne è passato, ma da allora sono parecchi gli scienziati italiani che hanno dismesso
l’atteggiamento iperspecialistico (si scrive solo per i propri pari), incoraggiati anche da una vasta letteratura
anglosassone divulgativa di successo, e che producono dei testi accessibili che scalano spesso le classifiche
della saggistica. Ma, mi sembra di notare che in questi testi continui a sentirsi – in modo più accentuato rispetto
a quelli anglosassoni – una impronta umanistica che, a mio avviso, non deriva solo dalla formazione scolastica.
Per esempio, gli autori incorporano spesso nei loro scritti storie personali e squarci autobiografici. Tuttavia, la
loro impostazione si configura, come dire, rovesciata rispetto all’itinerario di Calvino.12
Ma c’è da tenere in
mente che Calvino diffidava molto dei testi scientifici che provavano a debordare nella poesia, perché la
suggestione poetica doveva essere lui a scoprirla in quei testi: “se è la scienza stessa a dirmi: ‘hai visto come
sono poetica!’ io non ci sto, anzi ho una reazione di rifiuto”.13
E aveva ragione.
2 settembre 2023
Codice ISSN 2420-8442
8
Nel saggio pubblicato su il Menabò 10, Calvino precisa le sue divergenze da Vittorini: Vittorini: progettazione e letteratura, Saggi,
vol. I, Mondadori I Meridiani, 2001
9
Italo Calvino, Lo sguardo da lontano di Claude Lévi Strauss, Saggi, vol. II, Mondadori, I Meridiani, 2001
10
Italo Calvino, Cibernetica e fantasmi (Appunti sulla narrativa come processo combinatorio), Saggi, vol. I, Mondadori I Meridiani, 2001
11
Si veda su Ticonzero Etica dell’intelligenza artificiale e Il verde e il blu; oppure il più recente L’era dell’intelligenza artificiale. Il futuro
dell’identità umana, di Henry A. Kissinger, Eric Schmidt, Daniel Huttenbocher, Mondadori, 2023
12
Un esempio tra gli altri è Carlo Rovelli che non immagina una nuova letteratura – come scoperta o descrizione del mondo, che è la
cifra specifica di Calvino – ma muove direttamente dalla speculazione scientifica per spiegare attraverso metafore e immagini
letterarie il dato scientifico che vuole dimostrare, ma rimanendo ben al di qua del mito e della fiaba. In effetti - come ha scritto
Bucciantini commentando Calvino: “dove c’è scienza può esservi […] racconto”. Del resto, è lo stesso Rovelli che rende esplicita questa
lettura quando, spiegando come sono fatti e come si evolvono, per esempio, i buchi bianchi, non trova modo più efficace che riferirsi
alla struttura materiale della Divina Commedia di Dante.
13
Ibid. Prigogine e Stengers

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  • 1. 1 PierLuigi Albini 255. Recensioni di saggi e critica Pensare l’universo Massimo Bucciantini Pensare l’universo Italo Calvino e la scienza Donzelli 2023 pp. 184 Quando nel saggio Mondo scritto e mondo non scritto Italo Calvino sosteneva che “scriviamo per rendere possibile al mondo non scritto di esprimersi attraverso noi”, manifestava la sua radicata visione materialista, perché la frase equivaleva al dire che l’intelligenza, la riflessione umana sono “l’universo che pensa se stesso”.1 Che è poi il senso de Il mondo guarda il mondo del signor Palomar. Il libro di Bucciantini è fondamentale per comprendere l’itinerario culturale ed etico di Calvino e il perché sia stato uno scrittore che si distaccava del tutto dal panorama letterario italiano dell’epoca (e non solo di quell’epoca, a mio avviso). Tutto ciò a partire proprio dal suo rapporto con il pensiero scientifico. A questo proposito, sono illuminanti le sue Due interviste su scienza e letteratura, in cui difendeva la linea di continuità di scrittori ‘amici’ della scienza che da Ariosto passava per Galileo e Leopardi, con il secondo definito il più grande scrittore italiano.2 Per non dire poi di Lucrezio, un altro autore che Calvino ammirava. L’affermazione aveva sollevato critiche da parte di Cassola che citava invece Dante. Calvino gli rispondeva bene nel merito, smontando le tesi di Cassola che Galileo fosse uno scienziato e non uno scrittore. Cassola aveva torto, in primo luogo perché restringeva la nozione di scrittore a un orto limitato (che era il suo) credendo che fosse il solo universo della letteratura e, in secondo luogo, perché anche Leopardi ammirava la prosa di Galileo, il quale era capace di espressioni che ne segnalavano una coscienza e una capacità letteraria notevoli. Ma, tornando al “mondo non scritto” è proprio questo tropo la chiave per capire Calvino. Egli ha criticato ripetutamente gli atteggiamenti di rifiuto nei confronti della scienza e della tecnica – così come, in generale, delle innovazioni della modernità - sostenendo che occorreva conoscerle per farsene padroni e non esserne dominati. Ma non solo. Esse informavano talmente di sé la contemporaneità che continuare a rappresentare prevalentemente il mondo interiore, il soggetto e le sue vicissitudini, come tendeva a fare la letteratura contemporanea, significava non parlare della realtà nella sua complessità e nelle sue sfaccettature. Bucciantini cita una lettera di Calvino a Leonardo Sinisgalli in cui si dice che il progresso tecnico-scientifico è un’arma a 1 Italo Calvino, Mondo scritto e non scritto, Saggi, vol . II, Mondadori, I Meridiani, 2001; pubblicato postumo 2 Italo Calvino, Due interviste su scienza e letteratura, in Saggi, vol. I, 1945-1985, Mondadori, I Meridiani, 2001
  • 2. 2 doppio taglio (come ormai sappiamo da tempo) ma che occorre misurarsi con esso.3 Comprendere il nostro inserimento nella realtà era l’assillo di Calvino, dove il mondo non era ristretto a un ambito umano ma è proprio il mondo nella sua totalità, l’universo e la sua storia. Soggetto e oggetto descritti insieme, dunque. Cioè, non si può più scrivere dell’interno e dell’esterno a prescindere da uno dei due. Questo ‘esterno’, una volta spiegato dai miti, dalla filosofia e dalle religioni, è da tempo indagato e anche progressivamente spiegato dalla scienza: perciò, non la si può lasciare da parte, anche nelle storie personali. Insomma – come scrive Bucciantini – quella di Calvino è “una letteratura come filosofia naturale”. In realtà, questo viaggio di Calvino verso una letteratura diversa dall’usuale e che incorporasse scienza e tecnica (e il mondo esterno), era iniziata da tempo. Si può citare la sua Sfida al labirinto come un passaggio fondamentale verso una diversa concezione della letteratura e, più in generale, della cultura.4 Nel concludere il suo scritto, Calvino affermava: “Da una parte c’è l’attitudine oggi necessaria per affrontare la complessità del reale, rifiutandosi alle visioni semplicistiche che non fanno altro che confermare le nostre abitudini di rappresentazione del mondo; quello che oggi ci serve è la mappa del labirinto la più particolareggiata possibile. Dall’altra parte c’è il fascino del labirinto in quanto tale, del perdersi nel labirinto, del rappresentare questa assenza di vie d’uscita come la vera condizione dell’uomo”. Secondo le stesse dichiarazioni di Calvino, la ‘svolta’ non solo teorica ma anche di individuazione di un nuovo concreto approccio alla scrittura, avvenne con il suo incontro personale e con gli scritti di Giorgio de Santillana. “Ascoltando la conferenza [di de Santillana] del 1963 – scrive Calvino –, ne ebbi come una rivelazione di un nodo di idee che forse già ronzavano confusamente nella mia testa ma che m’era difficile esprimere […]”.5 Le tesi di de Santillana gli permisero un ricupero del mito e del fantastico non come cosa altra dal pensiero scientifico. Tuttavia, Calvino rovescia il percorso rispetto a de Santillana: quest’ultimo ricupera l’interpretazione scientifica a partire dal mito e dalle antiche cosmologie, Calvino partiva invece dall’interpretazione scientifica per elaborare un mito/narrazione/letteratura. Scrive Bucciantini che con il risalire all’atteggiamento mitico/favolistico c’è “il recupero di un’unità di fondo tra io e mondo da lungo tempo andata perduta”. Da lì in poi, molte delle opere di Calvino, che qui appare superfluo citare - assumono la veste e i contenuti di narrativa su base scientifica che sappiamo. Basterà ricordare che due anni dopo quel 1963 pubblicò Le cosmicomiche e che Ti con zero è del 1967. Naturalmente, nelle conoscenze scientifiche di Calvino non c’è stato solo de Santillana. Egli era un lettore attento e sistematico, per cui giustamente Bucciantini dà spazio anche a Ilya Prigogine e a Claude Lévi Strauss, tra gli altri. Del primo, Calvino recensì l’ancora fondamentale testo La nuova alleanza, scritto insieme a Isabelle Stengers e colse immediatamente il nucleo centrale e duraturo del pensiero degli autori, laddove scriveva che Prigogine “si dichiara in grado di spiegarci come le organizzazioni più complesse, cioè le forme del mondo vivente, non sono un accidente della natura ma si situano sulla via maestra, sul tracciato del suo sviluppo più logico”.6 Colgo l’occasione per segnalare a chi legge che l’apparizione della vita come necessitata dall’evoluzione fisico-chimica dell’universo ha anche di recente registrato due contributi importanti.7 In un suo saggio su Vittorini, Calvino rifiuta l’antropocentrismo perché l’uomo deve uscire dai suoi limiti e concepire la sua storia “come un anello, lasciandosi inghiottire ai due estremi della storia”; da una parte, 3 Ricordo ai più giovani che Sinisgalli è stato soprannominato il poeta ingegnere, facendo convivere nella sua multiforme attività cultura umanistica e cultura scientifica; tra l’altro, fondò per la Finmeccanica dell’IRI l’importante rivista Civiltà delle macchine 4 Italo Calvino, La sfida al labirinto, Saggi, vol. I, Mondadori I Meridiani, 2001, p. 104; pubblicato su il Menabò 5 del 1962. Il testo faceva seguito a un precedente scritto di Vittorini su Letteratura e industria pubblicato su il Menabò 4, ma la discussione con Vittorini su questi temi era iniziata da tempo 5 Italo Calvino, Fato antico e fato moderno di George de Santillana, Saggi, vol. II, Mondadori, I Meridiani, 2001. Come lo stesso Calvino ricorda, il testo appare come una sintesi del più ponderoso Il mulino di Amleto. Saggio sul mito e sulla struttura del tempo di George de Santillana e Herta von Dechend, Adelphi, 1983 6 Italo Calvino, Ilya Prigogine e Isabelle Stengers, La nuova alleanza, Saggi, vol. II, Mondadori, I Meridiani, 2001; pubblicato su la Repubblica il 3 maggio 1980 con il titolo No, non saremo soli 7 Vedi La vita inevitabile. Diario di viaggio di un Replicante alla ricerca della Vita di Pier Palo di Fiore, nonché Un mondo oltre la fisica. Nascita ed evoluzione della vita di Stuart Kauffman, di prossima recensione su Ticonzero
  • 3. 3 dalla organizzazione della materia e dall’essere un animale e, dall’altra, “nell’estensione alle macchine dell’elaborazione dell’informazione”.8 Di Lévi Strauss, come di altri antropologi e etnologi, Calvino mette tra l’altro in evidenza la convinzione che “i fatti culturali influiscono sul patrimonio genetico”.9 Ma la curiosità e gli interessi scientifici di Calvino erano ben più vasti dei pochi esempi riportati. Vale la pena di citare la conferenza da lui tenuta a Torino nel 1978 intitolata Cibernetica e fantasmi (Appunti sulla narrativa come processo combinatorio). Il lettore, toccato dall’esperienza odierna dello sviluppo dell’Intelligenza Artificiale generativa e dal dibattito acceso da ChatGpt e da altri algoritmi similari, non può non rimanere sorpreso dalla preveggenza con cui Calvino affronta l’avvento delle tecnologie digitali. Oggi le Intelligenze Artificiali di nuova generazione fanno più o meno le stesse cose che Calvino prevedeva, proprio parlando dell’evoluzione della letteratura. Ivi compreso il cambio di mentalità che le nuove tecnologie sollecitano, nel senso che “nel modo in cui la cultura d’oggi vede il mondo, c’è una tendenza che affiora contemporaneamente da varie parti: il mondo nei suoi vari aspetti viene visto sempre di più come discreto e non come continuo”. Composto di “impalpabili stati psicologici, umbratili paesaggi dell’anima […] oggi sentiamo il velocissimo passaggio di segnali sugli intricati circuiti che collegano i relè, i diodi, i transistor di cui la nostra calotta cranica è stipata”. E poi si spinge a immaginare quale nuova letteratura potrà produrre un automa letterario e la risposta è un po’ sorprendente, perché “la sua vera vocazione sarebbe il classicismo”, ma il suo successo effettivo potrebbe essere la sua capacità di produrre disordine perché, a un certo punto, la macchina potrebbe sentire “l’insoddisfazione del proprio tradizionalismo e si mette a proporre nuovi modi d’intendere la scrittura, e a sconvolgere completamente i propri codici”. Non ci siamo ancora, ma diciamo che siamo sul limitare di questa possibilità, che Calvino non condannava affatto, come esperienza letteraria. Del resto, lui stesso aveva osservato in una lettera citata da Bucciantini che “sono più chemmai per una letteratura che tenda all’astrazione geometrica, alla composizione di meccanismi che si muovono da soli, il più possibile anonimi. E tutto ciò che è esistenziale, espressionistico, ‘caldo di vita’ lo sento molto lontano”.10 Non è qui la sede per aprire, auspice Calvino, una discussione sui pregi e i rischi dell’Intelligenza Artificiale (sempre come “arma a doppio taglio”). Per questi aspetti rinvio alla recensione di due libri di Luciano Floridi e al dibattito in corso.11 Infine, al di là del testo di Bucciantini, vorrei fare un’osservazione sul rapporto tra Calvino e la letteratura divulgativa di oggi. Di tempo ne è passato, ma da allora sono parecchi gli scienziati italiani che hanno dismesso l’atteggiamento iperspecialistico (si scrive solo per i propri pari), incoraggiati anche da una vasta letteratura anglosassone divulgativa di successo, e che producono dei testi accessibili che scalano spesso le classifiche della saggistica. Ma, mi sembra di notare che in questi testi continui a sentirsi – in modo più accentuato rispetto a quelli anglosassoni – una impronta umanistica che, a mio avviso, non deriva solo dalla formazione scolastica. Per esempio, gli autori incorporano spesso nei loro scritti storie personali e squarci autobiografici. Tuttavia, la loro impostazione si configura, come dire, rovesciata rispetto all’itinerario di Calvino.12 Ma c’è da tenere in mente che Calvino diffidava molto dei testi scientifici che provavano a debordare nella poesia, perché la suggestione poetica doveva essere lui a scoprirla in quei testi: “se è la scienza stessa a dirmi: ‘hai visto come sono poetica!’ io non ci sto, anzi ho una reazione di rifiuto”.13 E aveva ragione. 2 settembre 2023 Codice ISSN 2420-8442 8 Nel saggio pubblicato su il Menabò 10, Calvino precisa le sue divergenze da Vittorini: Vittorini: progettazione e letteratura, Saggi, vol. I, Mondadori I Meridiani, 2001 9 Italo Calvino, Lo sguardo da lontano di Claude Lévi Strauss, Saggi, vol. II, Mondadori, I Meridiani, 2001 10 Italo Calvino, Cibernetica e fantasmi (Appunti sulla narrativa come processo combinatorio), Saggi, vol. I, Mondadori I Meridiani, 2001 11 Si veda su Ticonzero Etica dell’intelligenza artificiale e Il verde e il blu; oppure il più recente L’era dell’intelligenza artificiale. Il futuro dell’identità umana, di Henry A. Kissinger, Eric Schmidt, Daniel Huttenbocher, Mondadori, 2023 12 Un esempio tra gli altri è Carlo Rovelli che non immagina una nuova letteratura – come scoperta o descrizione del mondo, che è la cifra specifica di Calvino – ma muove direttamente dalla speculazione scientifica per spiegare attraverso metafore e immagini letterarie il dato scientifico che vuole dimostrare, ma rimanendo ben al di qua del mito e della fiaba. In effetti - come ha scritto Bucciantini commentando Calvino: “dove c’è scienza può esservi […] racconto”. Del resto, è lo stesso Rovelli che rende esplicita questa lettura quando, spiegando come sono fatti e come si evolvono, per esempio, i buchi bianchi, non trova modo più efficace che riferirsi alla struttura materiale della Divina Commedia di Dante. 13 Ibid. Prigogine e Stengers