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P.D.P.D.P.
PARTIAL DIAGNOSTIC
PROCESS DELOCALISATION
PROJECT
TRANSPORT OF
HUMAN BIOLOGICAL SAMPLES
HIGH COST & DEPERIBILITY
ANALYSIS
Business develoment prospective
Parziale Delocalizzazione Produttiva
prodottiservizi a cui è applicabile
modalità operative
A quali prodottiservizi è applicabile.
La delocalizzazione produttiva è applicabile ad ogni prodottoservizio finitosemi finito che abbia un ciclo produttivo,
non dipende da quanto complesso possa essere, costituito da lavorazioni con macchine, impianti o attrezzature e da
manodopera più o meno specializzata.
Il ciclo deve essere strutturato in modo tale da poter essere interrotto in una certa fase e ripristinato, completato in
un'altra azienda, in un'altra area, in una realtà diversa in modo che ciò comporti la possibilità di fornire localmente tale
prodotto servizio:
senza dover effettuare investimenti di capitale difficilmente ammortizzabili, indipendentemente da chi li effettua;
senza dover formare del personale altamente specializzato in loco;
senza dover cedere del know how di particolare rilevanza;
senza dover cedere metodi e procedure coperte da segreto industriale o brevettate;
avvalendosi di accordi di partnership, tipo franchising, joint venture, royalties etc. etc. con corrispondenti locali
avvalendosi ed massimizzando l'utilizzo di elementi quali la conoscenza della lingua autoctona, di usi e costumi, di
legislazione e logistica interna, utilizzando una rete commerciale pre esistente e esonerando in tal modo l'azienda da
tali oneri economici e normativi nel fornire e rispondere del prodottoservizio reso;
de-localizzando parte della produzione del prodottoservizio valutata nelle strategie aziendali di minor redditività (alto
costo della manodopera, basso valore aggiunto della prestazione resa), rendendo in tal modo più fluido ed indolore il
re-equilibrio interno verso le più richieste e moderne figure professionali, superando blocchi di “personale”
recrudescente ad una riqualificazione, defaticando la struttura amministrativa di oneri amministrativi e gestionali,
aumentando la flessibilità delle tipologie di prestazioni richieste, della variabilità degli orariturni, utilizzando strumenti
quali il telelavoro, ipotizzando l'utilizzo di prestazioni professionali x via telematica worldwide in una relazione
professionale assimilabile ad un “cottimista di alto livello”;
E' necessario avere dei test di cito-genetica e biologia molecolare con caratteristiche tali da poter essere de localizzati
e redarne le “distinte base” ai vari livelli di tutti gli elementi ed i passaggi che li costituiscono.
Sarà in questo modo possibile, dividendo tra i vari elementi e passaggi quelli di “acquisizione” (modalità, procedure e
tecniche del sampling) e quelli di manipolazione gestione dei campioni (cioè trattamento e ottenimento dei prodotti
“semilavorati” da trasferire al centro di approfondimento ed interpretazione), avere pertanto un chiaro quadro delle
strategie da perseguire.
Ovvero :
• individuare a quale livello prendere possesso del “processo produttivo” delegato;
• quali componenti fornire o far acquisire e validare in loco per iniziare il processo di lavorazione esterna (de-
localizzata) e quali fasi effettuare internamente (dove e come – locazione dei server, clouding, international
interpretati on service, multi-company operation);
• quali garanzie assicurarsi per evitare una clonazione incontrollata del prodotto/service;quali garanzie
prendere per evitare un trasferimento imprevidente di know-how non tutelato all'esterno dell'azienda;
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Garanzie … dirette ed indirette !!!
Se il prodottoservice (o parte di esso) è garantito direttamente eo indirettamente, la de-localizzazione produttiva
sarà molto più cautelata e sicura anche in campo internazionale.
In ogni caso con più un prodottoservice necessita per la sua fruizione finale di passaggi e validazioni che possono
essere fornite esclusivamente dalla casa “madre” … (validazione del processo de-localizzato, telemetria macchinari,
corsi di aggiornamento, training, detenzione di tutti i dati informatici, etc. etc.), più risulterà "tutelabile".
Analisi costi
E' necessario, partendo dalle “distinte basi” dei componenti e dei passaggi di produzione, effettuare una valorizzazione
corretta del prodottoservice finalizzato all'individuazione della ripartizione dei costi e centri di costo (acquisti, materie
prime, lavorazioni e trasformazioni, costi generali, margini di contribuzione netti, etc.).
Una volta individuato, segmentato e valorizzato il ciclo produttivo di ogni singolo prodottoservice sarà possibile non
solo tracciare la linea di demarcazione di cosa e quanto è necessario de-localizzare, ma anche quanto conviene
convenienze al fine di aumentare la competitività ed aumentare le marginalità.
Tali valutazioni porteranno a decidere cosa si intende mantenere in azienda e quando del ciclo produttivo e
conveniente, oltre che necessario trasferire a consociate esterne.
Sarà possibile determinare e proporre in paesi in via di sviluppo prezzi di "vendita"competitivi per test avanzati e di
alto livello qualitativo. Potranno essere redatti listini di test realizzati attraverso il processo di de-localizzazione,
valutando il risparmio ottenibile rispetto al prezzo di vendita standard.
La domanda che si sente porre di solito è: "......quanto risparmio (guadagno) adottando il ciclo produttivo e
commerciale de localizzato invece di fornire il prodotto finito ?...."
Nel nostro caso non solo dall'analisi dei costi si avrà la prima risposta, ma si deve tenere conto che in alcuni casi se
tale processo non viene adottato non sarà possibile effettuare alcuna vendita per ragioni ben note … quali:
• il ben noto protezionismo tra i servizi sanitari dei diversi paesi anche all'interno della comunità europea,
• accise,
• dazi,
• regolamenti,
• deperibilità temporale dei campioni da esaminare,
• differenze dei costi amministrativi,
• logistici e del personale, etc. etc.
Delocalizzazione produttiva : vantaggi e strategie
I risparmi derivati dalla parziale delocalizzazione x la realizzazione di test diagnostici su campioni biologici umani.
I risparmi e guadagni che potranno essere ottenuti con la parziale delocalizzazione produttiva non sono solo dovuti al
non effettuare una determinata lavorazione (che in ogni caso il laboratorio che inizierà la lavorazione dei campioni
prelevati dovrà in varia misura affrontare, anche se con costi diversi), ma anche ad altri fattori che di seguito
elenchiamo :
1. trasporti : verrebbero totalmente annullati con i relativi costi di accise, dazi, tasse, spedizionieri, ala, N.O.S.
,IVA, etc. etc.,
2. il costo della manodopera non è rapportato in uguale modo in tutto il mondo. Risparmiare 4 ore di lavoro pari
a 200€ lordi o più in Italia, equivalgono ad un mese ed oltre di lavoro in Russia ed in tanti altri paesi. Il
risultato può essere una riduzione anche considerevole del costo del prodotto finito su determinati mercati !
3. riduzione dei tempi di consegna – la lavorazione dei campioni può essere iniziata immediatamente e
programmata sul posto in base ad accordi commerciali, ciò comparta una risparmio di 24h da qualsiasi porto
extra europeo si tratti, dal Cairo a SanPaolo, da Istanbul a Lagos,
4. dal 5% al 10% dell'attuale capitale umano aziendale in forma di manodopera estera da formare, con corsi dai
3 ai 6 mesi,
5. necessari richiami biennali di un mese per le certificazioni relative alla corretta esecuzione delle procedure e
metodologie di sampling, culturing and imaging,
6. attività di telemetria e controllo con relativa certificazione dei macchinari delegati a svolgere le attività di
cultura dei terreni e fotografia,
7. possibilità di servizi di assistenza, consulenza genetica on line etc. etc.
8. multiple e potenziali collaborazioni scientifiche, pubblicazioni e international call.
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Il mercato nazionale
L'applicazione della delocalizzazione al mercato nazionale, Italiano
1. innanzi tutto ricercare piccoli lab in grado di elaborare i campioni raccolti in loco in modo rapido ed efficiente
con costi di gestioni alti rispetto ai volumi trattati, disposti e con le capacità di utilizzare gli stessi metodi e
procedure in essere presso la ToMaLab, ricevere i report e offrire un punto di appoggio per il servizio di
consulenza on line genetico ed interpretativo;
2. agevolare l'accesso a varie forme di finanziamento ai lab che effettuano le semi-lavorazioni dei campioni
raccolti in loco; questi finanziamenti possono essere anche in parte a fondo perduto a seconda delle diverse
ubicazioni geografiche
3. ridurre gli oneri del trasporto;
4. ridurre i tempi di consegna;
5. avere un costo di manodopera comparabile o, molto più spesso, inferiore (ed in parte, in certe regioni,
sovvenzionato);
6. migliorare l'immagine "tecnologica" dell'azienda e del prodotto;
7. avere un prodotto commercialmente molto più aggressivo.
Il mercato internazionale
L'applicazione della delocalizzazione al mercato internazionale: cosa fare ?
Come in parte indicato ai punti precedenti :
1- innanzi tutto ricercare laboratori, pubblici o privati interessati a "semi-lavorare i campioni biologici" ed inviare il
prodotto informatico quale risultato della semi-lavorazione con tutte le garanzie di possesso degli stessi requisiti tecnici
in uso presso la ToMa alla ToMa stessa;
2- coadiuvare ove e se possibile nell'accesso a varie forme di finanziamento internazionale alle strutture sanitarie che
effettuano le lavorazioni sul prodotto de localizzato;
3- eliminare in tal modo gli oneri doganali sul transito dei campioni fisici;
4- eliminare in tal modo gli oneri del trasporto dei campioni fisici ed eliminare i tempi di consegna;
5- migliorare l'immagine "tecnologica" dell'azienda e del servizio;
6- avere un prodottoservizio commercialmentetecnologicamente molto più aggressivo;
7- relativamente ai costi di manodopera, la delocalizzazione è economicamente vantaggiosa dove i costi di
manodopera sono inferiori : per esempio in Portogallo, Spagna, Est Europa, Balcani, Medio Oriente, Africa, Sud
America ed in genere in tutti i paesi in via di sviluppo ed quelli emergenti;
La manodopera
Altri criteri di valutazione
Occorre tenere conto anche di altri fattori riferiti al costo della manodopera.
Non sempre è infatti sufficiente valutare il costo orario lordo.
Esistono realtà “private, ospedaliere, universitarie” nelle quali l'inserimento del prodotto de localizzato avviene in
strutture laboratoristiche esistenti.
Si potrà quindi valutate "integrazioni produttive" o "compensazioni di tempi morti dovuti a cicli produttivi già esistenti",
come anche capitale umano già totalmente o parzialmente formato.
Delocalizzazione produttiva : aspetti commerciali ed organizzativi
Strategie commerciali
Utilizzando questo nuova impostazione produttiva si aprono nuove concrete possibilità:
• sarà possibile effettuare nuove proposte commerciali e tecnologiche sul mercato nazionale ed estero;
• sarà possibile migliorare la competitività dei propri prodotti;
• sarà possibile aggredire nuove fasce di utenza. Internet è in questo senso un ottimo alleato;
I listini del prodotto delocalizzato
I listini del prodotto de localizzato sono uno strumento fondamentale di presentazione.
Occorre far redarre listini in lingua, codificati, completi di codici a barre integrati nel sistema di gestione dei test, con
codici QR, disponibili su ogni tipo di supporto corredati da video illustrativi etc etc.
La formazione del personale interno e della rete distributiva
E' di fondamentale importanza la formazione del personale tecnico e commerciale interno alle strutture alle quali viene
insegnata la nuova tecnologia produttiva, per garantire la riuscita del progetto "de localizzazione".
Infatti non solo dovrà essere trasferita commercialmente questa tecnologia a nuovi potenziali utenti. Una volta
effettuati gli accordi per la semilavorazione "delocalizzata" del prodotto con nuovi (o vecchi !) clienti si dovrà
supportarli:
• - fornendo corsi di formazione tecnica (anche in lingua);
• - fornendo supporto post-formazione;
• - fornendo manualistica tecnica necessaria alla delocalizzazione (cioè alla produzione "remota");
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• - creando sistemi di controllo tecnico sulla qualità del prodotto de localizzato;
Ci si dovrà, cautelare anche legalmente affinché vengano rispettate:
clausole tecniche,
procedure,
metodologie,
manutenzioni,
materiali etc. etc.
La formazione di idoneo personale con specifici corsi è di fondamentale importanza.
Lo stato dell'arte
Oggi il mercato offre diversi esempi di "delocalizzazione di prodotti finiti", ma nella mia esperienza non ho mai sentito
parlare di un processo di questo tipo applicato a questa tipologia di servizioprodotto, nonostante gli evidenti vantaggi
che ne deriverebbero in innumerevoli campi, da quello commerciale, a quello scientifico, a quello logistico,
amministrativo, legale e soprattutto dell'uniformazione dei dati con metodi e processi uguali, creando standard di
valenza internazionale con un network globale di dati reali integrati.
Ad un progetto del genere sarebbe facilmente abbinabile una serie di progetti satelliti, dalla cartella clinica privata del
paziente cliente in clouding nella quale depositare i report a livello globale (fidelizzazione e ampliamento dell'utenza).
Ad un servizio di video consulenza genetica interpretativa dei report inviati  depositati nella cartella del paziente,
ente, medico, tale servizio potrebbe essere in diretta eo registrato e pertanto riconsultabile e visibile in qualsiasi
momento e in qualsiasi posto attraverso un link.
Ad servizi di statistica di valenza territoriale, nazionale, continentale, globale sulle diverse patologie, in relazione ai
test, all'età al sesso, ad altra patologie, ad aspetti di ereditarietà etc. etc.
A servizi legati a piattaforme e-commerce x la vendita e il pagamento di servizi accessori, non solo legati alla
interpretazione e alla consulenza genetica, ma a quella psicologica, nel caso di diagnostica nel campo oncologico o
nell'ambito di test predittivi, o di accompagnamento nel campo della farmacogenomica.
E non inserisco in questo documento idee che ritengo ancora più facilmente realizzabili (smartphones, tablet, totem,
etc. etc. )
E' difficile valutare esattamente i volumi di fatturato effettuabili con questa tecnologia.
La presentazione del progettoprodotto
La presentazione del progettoprodotto da de localizzare è fondamentale.
E' altresì di fondamentale importanza che questa presentazione sia presente in ogni caso in Internet attraverso tutti i
formati e con tutte le app. possibili, da totem, a pc a tablet a smartphone, sia per mac che android.
In Internet si ottengono riduzioni di costi importantissimi rispetto ai sistemi classici di marketing, si possono avere
cataloghi sempre aggiornati, in lingua, interattivi, consultabili in tempo reale 24 ore al giorno, ai quali possono essere
associati sia da parte dei produttori che da parte di potenziali utilizzatori lettere, richieste di informazioni, posta,
suggerimenti, commenti, pubblicità, diffusione , divulgazione e disseminazione del servizio o di parte del servizio, etc.
UN'IPOTESI
La cooperazione tra imprese come alternativa al controllo diretto delle risorse (unilab – tomalab - synlab)
La ristrutturazione interna secondo logiche che promuovono l'assunzione di ruoli autonomi e specifici da parte dei
sottosistemi in cui si articola l'attività dell' impresa non mira semplicemente a correggere le inefficienze e le
diseconomie generate da assetti verticistici e burocratizzati.
Essa tende piuttosto a costituire una piattaforma organizzativa per la sperimentazione, lo sviluppo ed il
consolidamento di relazioni cooperative con altre imprese.
Il ricorso a forme di collaborazione costituisce infatti una scelta quasi obbligata nel momento in cui l'impresa si
confronta con la complessità non soltanto sul versante della domanda, ma anche su quello dell'offerta, nel momento
cioè in cui affronta il problema del reperimento delle domanda: è a questo punto che i limiti di una ipotesi di sviluppo
incentrata su processi di accumulazione ed apprendimento esclusivamente interni emergono in tutta la loro evidenza.
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In (Teece D.J., 1989) si sottolinea a questo proposito che
"la varietà di risorse e di competenze cui si ha bisogno di accedere tende ad essere abbastanza ampia anche nei casi in
cui le tecnologie sono poco complesse.”
Ad esempio, per produrre un personal computer un' impresa deve avere conoscenze adeguate in una gamma di
tecnologie che riguardano i disk driver, i network, le tastiere e l' erogazione di energia.
Nessuna impresa è in grado da sola di tenere il passo dell' innovazione in tutte queste aree".
Una maggiore ricchezza e specificità di contenuti della domanda si traduce immediatamente, per chi si proponga di
soddisfarla, nella necessità di accedere a risorse altrettanto ricche e specifiche, la cui appropriazione esclusiva secondo
logiche di integrazione verticale appare quantomeno problematica.
In effetti, l'evoluzione della tecnologia e del profilo stesso dell'innovazione mette profondamente in crisi l'idea di uno
sviluppo dell'impresa fondato sull'espansione dimensionale.
L'innovazione tende a configurarsi come il luogo della convergenza di "saperi" tecnologici differenti e complementari, in
grado di integrarsi proficuamente in funzione di particolari obiettivi.
Un prodotto o un processo sono cioè innovativi tanto in quanto sottendono una pluralità di principi scientifici e tecnici,
dei quali è detentore un numero molto ampio di soggetti le cui competenze presentano vaste zone di sovrapposizione,
ma anche rilevanti aree di specificità.
Il sapere tecnologico si caratterizza quindi come una risorsa fortemente distribuita e sempre più intimamente connessa
all'evolvere delle conoscenze scientifiche: ne consegue una sua crescente immaterialità cui si accompagna una minore
possibilità di appropriazione esclusiva.
La compresenza di processi di de localizzazione e de materializzazione della risorse tecnologiche sottostanti
all'innovazione rende non più affrontabile la loro accumulazione diretta: il ricorso a forme di cooperazione fra imprese
autonome rappresenta allora l'unica via praticabile per attingere ad un patrimonio di conoscenze e know how
complementari rispetto al core business dell'azienda ed al tempo stesso indispensabili per il suo sviluppo.
Esso consente infatti di aggirare la maggior parte dei vincoli associati alle strategie di crescita fondate sull'espansione
dimensionale, ed in particolare:
• facilita, come è stato già osservato, l'erosione delle barriere tecnologiche e l'accesso a tecnologie
complementari;
• riduce i costi di sviluppo dei nuovi prodotti/processi ripartendoli tra una pluralità di soggetti ed eliminando gli
sprechi derivanti da inutili duplicazioni.
• permette allo stesso modo la diversificazione del rischio connesso all'innovazione;
• libera economie di scope sulla spinta della flessibilità delle tecniche di produzione. In virtù della crescente
rilevanza assunta dal software negli sviluppi dell' innovazione, aumentano infatti le possibilità di adattamento
di tecnologie di processo ed impianti ad esigenze d'uso diversificate;
• agevola la commercializzazione di prodotti e processi innovativi.
L' effetto congiunto di queste tendenze suggerisce alcuni spunti di analisi, che vale la pena di richiamare brevemente.
Se dunque un sistema industriale articolato in piccole unità produttive tra loro strettamente correlate può
rappresentare il presupposto infrastrutturale (vorremmo dire l'hardware) di un modello di sviluppo orientato verso la
rete, è però il sistema di valori condiviso che induce comportamenti e scelte coerenti con questo orientamento.
D'altra parte la fiducia reciproca, la trasparenza informativa, il senso di appartenenza ad una organizzazione che
travalica i confini della singola impresa non nascono spontaneamente, ma sono il frutto di un processo consapevole di
ricerca e valorizzazione di mutue dipendenze ed aree di sovrapposizione di interessi.
E' importante quindi la presenza di una componente progettuale che può presentarsi, per fare soltanto due esempi,
come il tentativo di tradurre in metodologie di lavoro organizzate aggregazioni operative nate da situazioni contingenti,
oppure scaturire dalla razionalizzazione di logiche di decentramento produttivo le quali, una volta messe in atto,
abbiano rivelato prospettive assai più ampie degli obiettivi che le avevano ispirate.
Reti di imprese: tipologie organizzative Nella "costellazione di imprese" analizzata in (Lorenzoni G., 1990) tale funzione
progettuale e di coordinamento è esercitata da un' "impresa guida" che, in virtù del suo particolare profilo tecnico-
economico, si propone come il naturale punto di riferimento per le imprese terze con cui intrattiene rapporti operativi
ricorrenti.
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Tipicamente si tratta di una impresa terminale, dotata quindi di una visibilità diretta sul mercato finale, che si avvale
largamente di apporti esterni sia per quanto riguarda l' approvvigionamento di componenti e sottosistemi che per l'
esecuzione di particolari cicli di lavorazione: i suoi tratti distintivi sono individuabili nelle fasi di progettazione,
assemblaggio e commercializzazione del prodotto finale.
Essa si caratterizza, da un punto di vista funzionale, per la capacità di armonizzare all'interno di un disegno coerente
una pluralità di contributi provenienti da imprese terze impegnate in attività più specifiche. E' proprio questo processo
di integrazione, portato avanti attraverso la ricerca e la valorizzazione dei legami con unità operative esterne
qualificate, la vera fonte del vantaggio competitivo.
Non è un caso che dallo studio di Lorenzoni emerga chiaramente come le imprese guida siano accomunate da un
fatturato per addetto molto elevato, investimenti limitati rispetto al volume d'affari, marcata presenza dei costi
variabili rispetto ai costi fissi: l'attività di integrazione è quella che genera il maggior valore aggiunto.
L' opportunità di crescita per le imprese terze, ed in definitiva per la costellazione nel suo complesso, è rappresentata
dalla redistribuzione di tale valore aggiunto sotto forma di feedback dal mercato, supporto alle attività di
miglioramento del potenziale produttivo, partecipazione ai processi di generazione della conoscenza, maggiore
consapevolezza del proprio posizionamento nella catena del valore e quindi possibilità di acquisire a propria volta di un
ruolo propositivo e di coordinamento periferico.
E' questo il punto chiave rispetto al quale la struttura delle costellazione, schematicamente rappresentata in figura,
sembra mostrare alcuni limiti riguardo al conseguimento di obiettivi di efficienza sistemica.
Il sostanziale accentramento della funzione coordinatrice, che pure garantisce unitarietà di scopi, conferisce
evidentemente un grande potere di controllo a chi ne è detentore. L' azione di sostegno alla crescita qualitativa delle
imprese minori resta comunque subordinata agli obiettivi dell' impresa guida, e rappresenta essa stessa una leva
competitiva la cui direzione di utilizzo non è univoca. Condizioni di mercato particolari potrebbero indurre, magari sulla
spinta di un' esigenza immediata di redditività, a gestire i processi di redistribuzione del valore secondo modalità non
eque, o comunque a pilotare questi processi lungo direzioni non coerenti con una ottimale allocazione delle risorse a
livello di sistema.
La prevalenza dei legami baricentrici rispetto a quelli periferici comporta il rischio della riproposizione di gerarchie di
fatto all' interno delle struttura organizzativa, nè vale a scongiurare questo pericolo la partecipazione contemporanea
delle imprese terze a più costellazioni, dal momento che in tutte si ripropone comunque, sia pure a diversi livelli di
latenza e di intensità, il medesimo problema di squilibrio.
Coordinamento diffuso: l'impresa virtuale
Il nodo da sciogliere è rappresentato dalla sovrapposizione tra tipologia funzionale dell'impresa ed articolazione dei
rapporti gerarchici: è questo il vincolo che rischia di imprigionare all'interno di un rapporto di forza, gestito con
maggiore o minore lungimiranza, le potenzialità di sviluppo implicite nei legami di interdipendenza.
L'impasse creata dalla predeterminazione dei ruoli appare superabile soltanto in un contesto nel quale la ripartizione
delle responsabilità e delle competenze venga dinamicamente ridefinita in funzione dei processi critici intorno ai quali
si strutturano le attività di business.
L'elaborazione di una strategia competitiva efficace comporta in questo caso lo sviluppo di aggregazioni fra imprese
autonome, che agiscono in modo integrato ed organico per configurarsi ogni volta al meglio come catena del valore più
adatta al perseguimento delle specifiche opportunità di business offerte dal mercato (Ceni P., Merli G., Saccani C.,
1993): una sorta di imprese "virtuali", nate in risposta a precisi segnali della domanda, focalizzate su obiettivi specifici
e chiaramente definiti, destinate a sciogliersi, o comunque a rinnovarsi, una volta che tali obiettivi siano stati
conseguiti.
La rete quindi come "sistema aperto" in cui operano imprese capaci di connessioni dinamiche e dotate di un alto livello
di autoregolazione in vista del perseguimento di obiettivi comuni, piuttosto che come struttura polarizzata, in cui il
decentramento di funzioni e fasi produttive è in ogni caso subordinato ad una logica di "quasi integrazione".
Rispetto al modello della costellazione, nel quale l'aspetto formale del coordinamento è molto accentuato, prevale
l'idea di un meccanismo di autoregolazione in cui la cooperazione è il risultato dell'azione concomitante di soggetti
diversi alle prese con problemi comuni nelle loro linee di fondo (flessibilità logistica e gestionale, innovazione, qualità)
e distinti, ma convergenti, nei loro contenuti specifici.
Anche questo approccio sottolinea in ogni caso l' esistenza di un legame molto stretto fra strutture reticolari,
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orientamenti imprenditoriali innovativi, posizionamento competitivo. La decodifica di questa complessa trama non
rientra certamente negli obiettivi del presente lavoro: sarà quindi sufficiente richiamare l' attenzione su pochi elementi
qualificanti che costituiscono i cardini della nostra riflessione.
Un contesto industriale costituito da unità operative autonome (i nodi della rete) di ridotte dimensioni, fortemente
specializzate e distribuite sul territorio, sembra rappresentare un buon presupposto infrastrutturale per l' evoluzione
verso un sistemi produttivi capaci di prestazioni in linea con i nuovi orientamenti di fondo della domanda, e
precisamente:
• forte interazione con il cliente;
• parallelizzazione dei processi lungo l' intera catena di business;
• elevata flessibilità quali/quantitativa;
• innovazione continua;
• ridotto time to market;
La condivisione di orientamenti imprenditoriali comuni favorisce una collaborazione tra imprese fondata su un sistema
di relazioni dinamico e adattativo che sostituisce o integra il ricorso ai consueti modelli di negoziazione formale.
La fiducia, la trasparenza informativa, il decentramento variabile per competenza della funzione decisionale
rappresentano i valori fondanti di questo sistema;
La convergenza di presupposti infrastrutturali e culturali costituisce il terreno di sviluppo di strategie incentrate sulla
ricerca e valorizzazione di quelle stesse dipendenze reciproche che una visione imprenditoriale autarchica tenderebbe
ad interpretare come occasioni di conflitto piuttosto che di crescita. Il focus di queste strategie è sulla efficienza
complessiva del processo di generazione del valore: la ricerca della competitività comporta quindi la partecipazione a
distinte catene di business e la loro continua ridefinizione in base ad una corretta interpretazione dei segnali
provenienti dal mercato.
E' chiaro che una prospettiva come quella delineata non significa certamente la scomparsa di situazioni di fatto, in cui
le imprese maggiori possano esercitare forme di condizionamento sulle aziende coinvolte nel loro ciclo produttivo: ma
è l'approccio, fondato su una visione progettuale comune maturata "sul campo" e non imposta, a rendere
tendenzialmente meno conflittuale il rapporto.
L' orientamento prioritario alla massimizzazione del valore aggiunto induce anche i soggetti contrattualmente più forti
ad accettare condizioni di sub ottimizzazione parziale dei loro processi interni in funzione di un obiettivo di sostenibilità
del confronto competitivo sul lungo periodo, e a ridurre di conseguenza la pressione gerarchica.
Ricorrendo ad una schematizzazione di comodo ma efficace, potremmo ravvisare nelle due indicazioni di metodo
sommariamente confrontate una contrapposizione di tipo "top- down/bottom-up".
Il primo approccio incontra probabilmente minori difficoltà nella fase di impostazione, durante la quale il ricorso alla
leva gerarchica consente di bypassare eventuali carenze nella condivisione degli orientamenti strategici ottenendo
comunque una rapida convergenza sulle attività da svolgere, ma può scontrarsi durante la fase operativa con una
cultura imprenditoriale non preparata a confrontarsi sul mercato aperto.
Viceversa, un processo di tipo "bottom-up" può presentarsi critico durante la fase di interiorizzazione dei
comportamenti richiesti dai nuovi assetti organizzativi: una volta che questi siano stati assimilati come prioritari,
l'attitudine al confronto su parametri di flessibilità, tempo, innovazione è però in grado di sprigionare tutte le sue
potenzialità competitive.
L’evoluzione dei modelli produttivi nell’industria: la delocalizzazione dei processi di produzione
Attraverso un’analisi della letteratura esistente e lo studio di due casi aziendali, si è approfondito lo studio del processo
di delocalizzazione di alcune fasi della lavorazione oltre i tradizionali confini fisici delle strutture aziendali centrali, sia
nelle imprese finalizzate alla produzione di beni materiali sia in quelle destinate alla realizzazione di servizi.
La ricerca ha confermato che la delocalizzazione produttiva ha assunto una importanza cruciale nelle imprese
contemporanee; ciò avviene in risposta a una crescente necessità competitiva delle aziende, obbligate a reagire
tempestivamente e in modo flessibile a una domanda di mercato sempre più complessa, articolata ed eterogenea.
Non va però sottaciuto come la delocalizzazione produttiva sia anche a volte una strada obbligata per raggiungere
l’eccellenza nella produzione di beni o nella fornitura di servizi.
La tendenza cui si assiste, pertanto, è verso il superamento di strutture organizzative di grandi dimensioni, statiche,
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rigidamente concentrate in un unico ambiente organizzativo e territoriale e, all’opposto, le aziende sperimentano
modelli organizzativi di dimensioni inferiori, che si decentrano in un insieme diffuso di “nodi” operativi.
Essi superando i confini fisici dell’unità centrale si articolano sul territorio, spesso anche a livello “globale”, ricercando
l’integrazione in fattori quali una mission corporativa, una forte cultura e comunicazione aziendale, un elevato livello di
omogeneità e ciclicità delle fasi organizzative, in cui l’obiettivo centrale diviene il miglioramento continuo dei livelli
qualitativi dei cicli produttivi, delle risorse impiegate, delle condizioni di lavoro nonché della qualità del
prodotto/servizio finale.
I fattori che sono alla base dell’attuale diffusione di modalità produttive che prescindono dalla valenza territoriale
dell’impresa e, al contrario, si articolano integrandosi in una “rete” di unità produttive, con processi unitari,
interconnessi, ma al contempo distanti geograficamente e spesso anche culturalmente.
le modalità organizzative
attuate dalle imprese per far fronte in modo efficace e efficiente alle richieste della globalizzazione. In tale prospettiva i
principi di flessibilità, specializzazione, decentramento, integrazione, divengono i principali termini della
riorganizzazione lavorativa e produttiva e danno luogo a nuovi paradigmi che ridisegnano i flussi produttivi e lo stesso
shape delle aziende.
La risposta delle imprese alla globalizzazione
Il passaggio dalla società industriale alla società postindustriale porta con sé anche una nuova immagine del mercato,
la quale è a sua volta sia causa che conseguenza di questi stessi mutamenti.
Sebbene il termine globalizzazione abbracci un fenomeno di ampia portata che coinvolge l’intera società in tutte le sue
dimensioni (storica, sociale, culturale, politica, economica), in questa sede faremo riferimento esclusivamente al
concetto connesso al sistema economico o delle imprese. Quando in tale ambito si parla di globalizzazione il
riferimento immediato è evidentemente il mercato delle merci e dei servizi, o meglio: alla pluralità delle forme
istituzionali che definiscono tali mercati nel mondo.
Vittorio Olgiati sostiene che uno dei principali criteri analitici per definire i mercati in un contesto di globalizzazione è
rappresentato dal codice binario “aperto/chiuso”, riferito ai mercati stessi in relazione alle attuali potenzialità
dell’innovazione tecnologica.
In questi termini la novità e l'importanza del principio consiste nella possibilità tecnica dei mercati di superare
contemporaneamente una pluralità di “chiusure” o “confini” sinora pressoché invalicabili.
Dall’altro canto, altri studiosi sostengono che siano cinque megatrends a determinare il superamento di una logica
locale dei mercati e la diffusione di una prospettiva “globale”. Essi riguardano:
La globalizzazione della concorrenza. “Nel mondo ci sono circa 800 milioni di persone che consumano pressoché nello
stesso modo: sono gli abitanti di Europa, Giappone e America più i benestanti di altri paesi.
Conoscono gli stessi marchi, vivono gli stessi eventi in TV o attraverso la stampa e vogliono essere serviti con la stessa
qualità e tempestività. Ogni azienda ha iniziato la propria esistenza servendo un mercato domestico e deve fare un
salto dimensionale di 4-15 volte per continuare a esistere”.
La globalizzazione della concorrenza è iniziata nei settori produttivi che richiedevano altissime specializzazioni, elevati
capitali per R&S o per investimenti produttivi, in cui produttori finali globalizzati richiedevano fornitori o componentisti
ugualmente globalizzati, ma oggi si estende anche ai settori delle commodities, ai settori in cui il know how gestionale
rappresenta un particolare vantaggio competitivo e a quasi tutti i prodotti di marca. “Le notevoli necessità di capitali
per la R&S, l’opportunità di penetrare quei mercati in cui si può sperare in tassi di crescita superiori a quelli dei paesi
sviluppati e le occasioni di acquisizione a seguito di privatizzazioni o ristrutturazioni sono altri elementi che spingono
sulla strada della globalizzazione”.
Lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’unità di spazio, tempo e azione, sembra essere
possibile oggi con lo sviluppo imponente delle telecomunicazioni e dell’informatica. In tempo reale e a migliaia di
chilometri di distanza, è possibile progettare, effettuare transazioni complesse, dare gli ordini di rifornimento dei
magazzini, effettuare attività di costumer service, tenere la contabilità, ecc. Il tutto a bassi costi e con eccellente
qualità. L'impresa può quindi essere riprogettata da capo - come ad esempio nel Business Process Reeinginering (BPR)
- decidendo dove fare certe attività, da chi farle fare e con quale mix di costi variabili/fissi. “Nel momento in cui i
dipendenti si abituano a dialogare con altri via computer, senza il bisogno di un contatto faccia a faccia, non c'è più
bisogno che, dall'altra parte, ci sia davvero una persona fisica che parla la stessa lingua: basta un sistema efficiente
che genera le proprie decisioni e reazioni”.
La diminuzione dei tassi di crescita per quasi tutte le industrie nei paesi sviluppati. Da molti anni i 3⁄4 dell'industria e
dei servizi sono strutturalmente stagnanti, almeno se definiamo come stagnazione una crescita nel mercato di origine
inferiore al tasso di aumento della produttività (che comunque ha tassi di miglioramento “strutturale” del 4-5 %
all'anno).
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La non crescita è pertanto la norma, mentre la crescita è l'eccezione. D'altra parte ciò è logico: nei paesi sviluppati, nei
quali la popolazione non cresce, non è più possibile mangiare di più, prendere più medicine, comprare più automobili
nuove, ecc. Ci sono, naturalmente, alcune aree di crescita - particolari prodotti, aree geografiche sottosviluppate,
servizi innovativi - ma la maggior parte dei business in cui operano le aziende è inevitabilmente stagnante. La
consapevolezza di ciò richiede dunque un approccio totalmente nuovo da parte di manager, azionisti e dipendenti.
La delocalizzazione produttiva. Le possibilità offerte dalla teleinformatica di governare in tempo reale situazioni distanti
migliaia di chilometri e il costante aumento della qualità dei prodotti fabbricati nei paesi che un tempo si distinguevano
solo per il basso costo della manodopera, permettono oggi di decidere liberamente dove collocare ogni singola
lavorazione del processo produttivo.
La deregolamentazione. Quando le tecnologie ridefiniscono i vecchi confini (come nel caso delle telecomunicazioni) le
aziende diventano sempre più multinazionali, i consumatori diventano sempre più omogenei, ogni singolo stato non
può più resistere alla pressione di uniformare la propria legislazione a quella degli altri e non può più negare a un
settore la deregolamentazione che ha concesso a un altro. “Deregolatori e antitrust, che oggi tutte le aziende
considerano dei nemici, sono invece dei preziosi alleati che permettono di percepire in anticipo un trend generalizzato”.
Il teatro dell’azione economica diviene dunque il “mercato mondiale” e il risultato dell’azione diventa la progettazione,
la costruzione e la vendita di prodotti/servizi in una logica globale. Non si tratta più di vendere singoli prodotti ma
interi sistemi: “oltre ai prodotti, reti di vendita, agevolazioni finanziarie e assicurative, tecnologia, organizzazione”.
L’ottica è pertanto profondamente mutata: da una concezione del prodotto fortemente legata al luogo di origine, alla
sua realizzazione nello stesso luogo in cui veniva progettato, alla successiva esportazione nei mercati esteri, si passa a
una visione globale che implica un approccio diverso alle politiche del prodotto, di produzione, di distribuzione. I nuovi
obiettivi richiedono una cultura di impresa che riesca a permeare ogni ambito dell'organizzazione per sviluppare una
nuova abitudine a pensare in termini di internazionalizzazione: lo schema di pensiero deve diventare globale.
Il prodotto, affermano C. Paracone e F. Uberto, è forse ciò che più di ogni altro fattore rispecchia la cultura d’origine: ci
sono attributi quali lo stile, le forme, la presentazione che si ricollegano direttamente al gusto estetico, alle abitudini di
chi lo progetta e più in generale alla cultura del mercato di origine. Oggi tuttavia le aziende più dinamiche e flessibili si
trovano nella necessità di sviluppare prodotti di classe mondiale e servizi che abbiano uno standard di livello mondiale
nel rapporto costo/qualità. Le implicazioni sulla cultura d’impresa sono pertanto notevoli.
La definizione di standard di classe mondiale per il design, i servizi e la prestazione implica nuove strategie di impiego
delle sorgenti di conoscenza e nuove forme di lavoro di gruppo. In particolare per “l’impiego strategico delle fonti di
conoscenza si stanno sviluppando modelli a sorgente tripla”: sviluppo del progetto secondo i canoni prevalenti
nell’originaria cultura d’impresa; collaborazioni con partners di altri paesi, acquisizione del contributo di fonti
indipendenti internazionali che rispecchino le culture di aree strategiche del mercato mondiale.
Stanno emergendo infatti nel mondo dell’impresa molte e differenziate alleanze. Esse divengono necessarie per
entrare su mercati difficili, per migliorare la competitività e acquisire tecnologie, per sviluppare nuove conoscenze e
sapere manageriale. Il successo di queste alleanze risiede nella compatibilità culturale dei partners, nell’esistenza di
condizioni per la reciproca cooperazione, nell’efficacia del coordinamento e dei meccanismi di integrazione. Infatti
quanto più i confini aziendali si espandono, abbracciando tessuti sociali diversi, tanto più aumentano le difficoltà di
integrare le organizzazioni. La comunicazione diventa pertanto elevata e tutto il sistema organizzativo nel suo insieme
non può non esserne coinvolto.
“L'azienda che deve confrontarsi con un mercato di 800 milioni di consumatori potenziali non ha che una possibilità:
focalizzarsi e fare al proprio interno solo l'essenziale”. Il primo passo è dunque l'abolizione del concetto di “domestico”:
un consumatore potenziale è tale sia che risieda in Giappone sia che viva negli Stati Uniti e, quindi, bisogna
comprendere bene cosa tale consumatore medio si attende dal prodotto e dall'azienda che lo produce. In parallelo
deve essere abolito il concetto di distanza, sia nello spazio che nel tempo: “non si può più introdurre un nuovo
prodotto prima vicino a casa e poi, via via, negli altri mercati, perché il consumatore pretende di essere servito
istantaneamente ovunque con il nuovo prodotto che vede in TV o viaggiando e i concorrenti non aspettano altro che
una differenza di tempestività per intrufolarsi nel gioco competitivo”.
Il secondo passo è il ripensare le relazioni con i fornitori e i clienti. Per competere su base globale il know-how
presente in azienda non è spesso sufficiente e deve quindi essere integrato con know-how che altri hanno: know-how
tecnologico, conoscenze di ciascun specifico mercato, accesso a risorse tecnologiche e finanziarie particolari, ecc.
Anche in questo caso l’azienda dovrà sviluppare un atteggiamento positivo verso le partnership, accettando la parziale
perdita di sovranità e di autonomia che esse comportano.
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Il terzo passo è rivedere anche la logica in base alla quale sono svolti, all'interno dell'azienda, i vari servizi: dalla
contabilità alla logistica, dall'informatica all'assistenza tecnica. A differenza del passato, esistono oggi validi fornitori
internazionali di servizi che danno all'imprenditore la possibilità di acquistare (sempre in ottica di partnership) quasi
tutti i servizi complementari alla propria progettazione e distribuzione del prodotto.
Al limite l'impresa può occuparsi solo del marchio, dell'ideazione del prodotto e della finanza, essendo oggi possibile far
costruire, distribuire e assistere il prodotto da altri specialisti.
I capitali e le risorse intellettuali dell'azienda possono così essere concentrati solo nelle aree in cui non c'è
un'alternativa efficace e meno costosa all'esterno. L'outsourcing non è quindi soltanto un metodo per ridurre i costi,
ma è anche una necessità strategica per l’azienda che si deve concentrare nel core del core per competere in un
mercato globale.
Il quarto passo è l'identificazione di un assetto competitivo vincente. Non basta infatti fare meglio che in passato,
soprattutto in termini di costi: bisogna riprogettare interamente come si produce e si vende e come si continuerà a
innovare. La potenza dell'informatica collegata alle telecomunicazioni consente di ridurre praticamente a zero il costo
variabile di ogni transazione. La possibilità di delocalizzare la produzione nei paesi più convenienti, mantenendo al
contempo qualità e tempi di reazione adeguati, consente di decentrare le singole fasi del processo produttivo,
dall'ideazione del prodotto all'assistenza al cliente, costruendo un sistema competitivo vincente.
Infine, il collegamento con centri di eccellenza diversi ed esterni all'azienda, ovunque siano situati nel mondo, consente
la tempestiva identificazione di nuove possibilità di produrre o servire clienti sempre più sofisticati ed esigenti.
A questo punto il vantaggio competitivo dell’azienda diviene la sua capacità di sviluppare competenze proprietary, cioè
non copiabili. Essa, infatti, liberata dai problemi che possono essere delegati ad altri, può concentrarsi su quelle
tecnologie essenziali che, combinate in modi innovativi, permettono stabilmente di far meglio dei concorrenti.
In ultimo occorre citare la sempre maggiore attenzione che bisogna prestare al mercato dei capitali: “quando tutti i
competitors si sono concentrati sul core business, hanno terziarizzato e reingegnerizzato le proprie operations, hanno
adottato tecniche di quick response, total quality, employee empowermente e lean production, la capacità di alcuni di
acquisire capitali con l'attesa di tassi di remunerazione diretta (dividendi) inferiore a quello degli altri concorrenti (in
quanto compensato da un'attesa di un maggior capital gain) diventa l'elemento distintivo sul quale basare una
strategia di sviluppo”.
In questa prospettiva, dunque, la presenza di leaders dotati di una visione globale diventa la chiave di volta per il
successo nel gioco della competizione. I due fondamentali ingredienti della competitività in una dimensione globale
sono, pertanto, la produttività e la qualità, dove il concetto di produttività assume un significato allargato rispetto al
passato.
Essa, infatti, non indica più esclusivamente il dato numerico della produzione effettuata per unità di tempo e valore,
bensì si espanse alla considerazione dell’impiego ottimale e simultaneo del mix di tutti i fattori della produzione:
capitali, lavoro, materiali, conoscenza, tecnologia, risorse umane.

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  • 1. rscarafia@tomalab.com www.tomalab.com 1 of 10 P.D.P.D.P. PARTIAL DIAGNOSTIC PROCESS DELOCALISATION PROJECT TRANSPORT OF HUMAN BIOLOGICAL SAMPLES HIGH COST & DEPERIBILITY ANALYSIS Business develoment prospective Parziale Delocalizzazione Produttiva prodottiservizi a cui è applicabile modalità operative A quali prodottiservizi è applicabile. La delocalizzazione produttiva è applicabile ad ogni prodottoservizio finitosemi finito che abbia un ciclo produttivo, non dipende da quanto complesso possa essere, costituito da lavorazioni con macchine, impianti o attrezzature e da manodopera più o meno specializzata. Il ciclo deve essere strutturato in modo tale da poter essere interrotto in una certa fase e ripristinato, completato in un'altra azienda, in un'altra area, in una realtà diversa in modo che ciò comporti la possibilità di fornire localmente tale prodotto servizio: senza dover effettuare investimenti di capitale difficilmente ammortizzabili, indipendentemente da chi li effettua; senza dover formare del personale altamente specializzato in loco; senza dover cedere del know how di particolare rilevanza; senza dover cedere metodi e procedure coperte da segreto industriale o brevettate; avvalendosi di accordi di partnership, tipo franchising, joint venture, royalties etc. etc. con corrispondenti locali avvalendosi ed massimizzando l'utilizzo di elementi quali la conoscenza della lingua autoctona, di usi e costumi, di legislazione e logistica interna, utilizzando una rete commerciale pre esistente e esonerando in tal modo l'azienda da tali oneri economici e normativi nel fornire e rispondere del prodottoservizio reso; de-localizzando parte della produzione del prodottoservizio valutata nelle strategie aziendali di minor redditività (alto costo della manodopera, basso valore aggiunto della prestazione resa), rendendo in tal modo più fluido ed indolore il re-equilibrio interno verso le più richieste e moderne figure professionali, superando blocchi di “personale” recrudescente ad una riqualificazione, defaticando la struttura amministrativa di oneri amministrativi e gestionali, aumentando la flessibilità delle tipologie di prestazioni richieste, della variabilità degli orariturni, utilizzando strumenti quali il telelavoro, ipotizzando l'utilizzo di prestazioni professionali x via telematica worldwide in una relazione professionale assimilabile ad un “cottimista di alto livello”; E' necessario avere dei test di cito-genetica e biologia molecolare con caratteristiche tali da poter essere de localizzati e redarne le “distinte base” ai vari livelli di tutti gli elementi ed i passaggi che li costituiscono. Sarà in questo modo possibile, dividendo tra i vari elementi e passaggi quelli di “acquisizione” (modalità, procedure e tecniche del sampling) e quelli di manipolazione gestione dei campioni (cioè trattamento e ottenimento dei prodotti “semilavorati” da trasferire al centro di approfondimento ed interpretazione), avere pertanto un chiaro quadro delle strategie da perseguire. Ovvero : • individuare a quale livello prendere possesso del “processo produttivo” delegato; • quali componenti fornire o far acquisire e validare in loco per iniziare il processo di lavorazione esterna (de- localizzata) e quali fasi effettuare internamente (dove e come – locazione dei server, clouding, international interpretati on service, multi-company operation); • quali garanzie assicurarsi per evitare una clonazione incontrollata del prodotto/service;quali garanzie prendere per evitare un trasferimento imprevidente di know-how non tutelato all'esterno dell'azienda;
  • 2. rscarafia@tomalab.com www.tomalab.com 2 of 10 Garanzie … dirette ed indirette !!! Se il prodottoservice (o parte di esso) è garantito direttamente eo indirettamente, la de-localizzazione produttiva sarà molto più cautelata e sicura anche in campo internazionale. In ogni caso con più un prodottoservice necessita per la sua fruizione finale di passaggi e validazioni che possono essere fornite esclusivamente dalla casa “madre” … (validazione del processo de-localizzato, telemetria macchinari, corsi di aggiornamento, training, detenzione di tutti i dati informatici, etc. etc.), più risulterà "tutelabile". Analisi costi E' necessario, partendo dalle “distinte basi” dei componenti e dei passaggi di produzione, effettuare una valorizzazione corretta del prodottoservice finalizzato all'individuazione della ripartizione dei costi e centri di costo (acquisti, materie prime, lavorazioni e trasformazioni, costi generali, margini di contribuzione netti, etc.). Una volta individuato, segmentato e valorizzato il ciclo produttivo di ogni singolo prodottoservice sarà possibile non solo tracciare la linea di demarcazione di cosa e quanto è necessario de-localizzare, ma anche quanto conviene convenienze al fine di aumentare la competitività ed aumentare le marginalità. Tali valutazioni porteranno a decidere cosa si intende mantenere in azienda e quando del ciclo produttivo e conveniente, oltre che necessario trasferire a consociate esterne. Sarà possibile determinare e proporre in paesi in via di sviluppo prezzi di "vendita"competitivi per test avanzati e di alto livello qualitativo. Potranno essere redatti listini di test realizzati attraverso il processo di de-localizzazione, valutando il risparmio ottenibile rispetto al prezzo di vendita standard. La domanda che si sente porre di solito è: "......quanto risparmio (guadagno) adottando il ciclo produttivo e commerciale de localizzato invece di fornire il prodotto finito ?...." Nel nostro caso non solo dall'analisi dei costi si avrà la prima risposta, ma si deve tenere conto che in alcuni casi se tale processo non viene adottato non sarà possibile effettuare alcuna vendita per ragioni ben note … quali: • il ben noto protezionismo tra i servizi sanitari dei diversi paesi anche all'interno della comunità europea, • accise, • dazi, • regolamenti, • deperibilità temporale dei campioni da esaminare, • differenze dei costi amministrativi, • logistici e del personale, etc. etc. Delocalizzazione produttiva : vantaggi e strategie I risparmi derivati dalla parziale delocalizzazione x la realizzazione di test diagnostici su campioni biologici umani. I risparmi e guadagni che potranno essere ottenuti con la parziale delocalizzazione produttiva non sono solo dovuti al non effettuare una determinata lavorazione (che in ogni caso il laboratorio che inizierà la lavorazione dei campioni prelevati dovrà in varia misura affrontare, anche se con costi diversi), ma anche ad altri fattori che di seguito elenchiamo : 1. trasporti : verrebbero totalmente annullati con i relativi costi di accise, dazi, tasse, spedizionieri, ala, N.O.S. ,IVA, etc. etc., 2. il costo della manodopera non è rapportato in uguale modo in tutto il mondo. Risparmiare 4 ore di lavoro pari a 200€ lordi o più in Italia, equivalgono ad un mese ed oltre di lavoro in Russia ed in tanti altri paesi. Il risultato può essere una riduzione anche considerevole del costo del prodotto finito su determinati mercati ! 3. riduzione dei tempi di consegna – la lavorazione dei campioni può essere iniziata immediatamente e programmata sul posto in base ad accordi commerciali, ciò comparta una risparmio di 24h da qualsiasi porto extra europeo si tratti, dal Cairo a SanPaolo, da Istanbul a Lagos, 4. dal 5% al 10% dell'attuale capitale umano aziendale in forma di manodopera estera da formare, con corsi dai 3 ai 6 mesi, 5. necessari richiami biennali di un mese per le certificazioni relative alla corretta esecuzione delle procedure e metodologie di sampling, culturing and imaging, 6. attività di telemetria e controllo con relativa certificazione dei macchinari delegati a svolgere le attività di cultura dei terreni e fotografia, 7. possibilità di servizi di assistenza, consulenza genetica on line etc. etc. 8. multiple e potenziali collaborazioni scientifiche, pubblicazioni e international call.
  • 3. rscarafia@tomalab.com www.tomalab.com 3 of 10 Il mercato nazionale L'applicazione della delocalizzazione al mercato nazionale, Italiano 1. innanzi tutto ricercare piccoli lab in grado di elaborare i campioni raccolti in loco in modo rapido ed efficiente con costi di gestioni alti rispetto ai volumi trattati, disposti e con le capacità di utilizzare gli stessi metodi e procedure in essere presso la ToMaLab, ricevere i report e offrire un punto di appoggio per il servizio di consulenza on line genetico ed interpretativo; 2. agevolare l'accesso a varie forme di finanziamento ai lab che effettuano le semi-lavorazioni dei campioni raccolti in loco; questi finanziamenti possono essere anche in parte a fondo perduto a seconda delle diverse ubicazioni geografiche 3. ridurre gli oneri del trasporto; 4. ridurre i tempi di consegna; 5. avere un costo di manodopera comparabile o, molto più spesso, inferiore (ed in parte, in certe regioni, sovvenzionato); 6. migliorare l'immagine "tecnologica" dell'azienda e del prodotto; 7. avere un prodotto commercialmente molto più aggressivo. Il mercato internazionale L'applicazione della delocalizzazione al mercato internazionale: cosa fare ? Come in parte indicato ai punti precedenti : 1- innanzi tutto ricercare laboratori, pubblici o privati interessati a "semi-lavorare i campioni biologici" ed inviare il prodotto informatico quale risultato della semi-lavorazione con tutte le garanzie di possesso degli stessi requisiti tecnici in uso presso la ToMa alla ToMa stessa; 2- coadiuvare ove e se possibile nell'accesso a varie forme di finanziamento internazionale alle strutture sanitarie che effettuano le lavorazioni sul prodotto de localizzato; 3- eliminare in tal modo gli oneri doganali sul transito dei campioni fisici; 4- eliminare in tal modo gli oneri del trasporto dei campioni fisici ed eliminare i tempi di consegna; 5- migliorare l'immagine "tecnologica" dell'azienda e del servizio; 6- avere un prodottoservizio commercialmentetecnologicamente molto più aggressivo; 7- relativamente ai costi di manodopera, la delocalizzazione è economicamente vantaggiosa dove i costi di manodopera sono inferiori : per esempio in Portogallo, Spagna, Est Europa, Balcani, Medio Oriente, Africa, Sud America ed in genere in tutti i paesi in via di sviluppo ed quelli emergenti; La manodopera Altri criteri di valutazione Occorre tenere conto anche di altri fattori riferiti al costo della manodopera. Non sempre è infatti sufficiente valutare il costo orario lordo. Esistono realtà “private, ospedaliere, universitarie” nelle quali l'inserimento del prodotto de localizzato avviene in strutture laboratoristiche esistenti. Si potrà quindi valutate "integrazioni produttive" o "compensazioni di tempi morti dovuti a cicli produttivi già esistenti", come anche capitale umano già totalmente o parzialmente formato. Delocalizzazione produttiva : aspetti commerciali ed organizzativi Strategie commerciali Utilizzando questo nuova impostazione produttiva si aprono nuove concrete possibilità: • sarà possibile effettuare nuove proposte commerciali e tecnologiche sul mercato nazionale ed estero; • sarà possibile migliorare la competitività dei propri prodotti; • sarà possibile aggredire nuove fasce di utenza. Internet è in questo senso un ottimo alleato; I listini del prodotto delocalizzato I listini del prodotto de localizzato sono uno strumento fondamentale di presentazione. Occorre far redarre listini in lingua, codificati, completi di codici a barre integrati nel sistema di gestione dei test, con codici QR, disponibili su ogni tipo di supporto corredati da video illustrativi etc etc. La formazione del personale interno e della rete distributiva E' di fondamentale importanza la formazione del personale tecnico e commerciale interno alle strutture alle quali viene insegnata la nuova tecnologia produttiva, per garantire la riuscita del progetto "de localizzazione". Infatti non solo dovrà essere trasferita commercialmente questa tecnologia a nuovi potenziali utenti. Una volta effettuati gli accordi per la semilavorazione "delocalizzata" del prodotto con nuovi (o vecchi !) clienti si dovrà supportarli: • - fornendo corsi di formazione tecnica (anche in lingua); • - fornendo supporto post-formazione; • - fornendo manualistica tecnica necessaria alla delocalizzazione (cioè alla produzione "remota");
  • 4. rscarafia@tomalab.com www.tomalab.com 4 of 10 • - creando sistemi di controllo tecnico sulla qualità del prodotto de localizzato; Ci si dovrà, cautelare anche legalmente affinché vengano rispettate: clausole tecniche, procedure, metodologie, manutenzioni, materiali etc. etc. La formazione di idoneo personale con specifici corsi è di fondamentale importanza. Lo stato dell'arte Oggi il mercato offre diversi esempi di "delocalizzazione di prodotti finiti", ma nella mia esperienza non ho mai sentito parlare di un processo di questo tipo applicato a questa tipologia di servizioprodotto, nonostante gli evidenti vantaggi che ne deriverebbero in innumerevoli campi, da quello commerciale, a quello scientifico, a quello logistico, amministrativo, legale e soprattutto dell'uniformazione dei dati con metodi e processi uguali, creando standard di valenza internazionale con un network globale di dati reali integrati. Ad un progetto del genere sarebbe facilmente abbinabile una serie di progetti satelliti, dalla cartella clinica privata del paziente cliente in clouding nella quale depositare i report a livello globale (fidelizzazione e ampliamento dell'utenza). Ad un servizio di video consulenza genetica interpretativa dei report inviati depositati nella cartella del paziente, ente, medico, tale servizio potrebbe essere in diretta eo registrato e pertanto riconsultabile e visibile in qualsiasi momento e in qualsiasi posto attraverso un link. Ad servizi di statistica di valenza territoriale, nazionale, continentale, globale sulle diverse patologie, in relazione ai test, all'età al sesso, ad altra patologie, ad aspetti di ereditarietà etc. etc. A servizi legati a piattaforme e-commerce x la vendita e il pagamento di servizi accessori, non solo legati alla interpretazione e alla consulenza genetica, ma a quella psicologica, nel caso di diagnostica nel campo oncologico o nell'ambito di test predittivi, o di accompagnamento nel campo della farmacogenomica. E non inserisco in questo documento idee che ritengo ancora più facilmente realizzabili (smartphones, tablet, totem, etc. etc. ) E' difficile valutare esattamente i volumi di fatturato effettuabili con questa tecnologia. La presentazione del progettoprodotto La presentazione del progettoprodotto da de localizzare è fondamentale. E' altresì di fondamentale importanza che questa presentazione sia presente in ogni caso in Internet attraverso tutti i formati e con tutte le app. possibili, da totem, a pc a tablet a smartphone, sia per mac che android. In Internet si ottengono riduzioni di costi importantissimi rispetto ai sistemi classici di marketing, si possono avere cataloghi sempre aggiornati, in lingua, interattivi, consultabili in tempo reale 24 ore al giorno, ai quali possono essere associati sia da parte dei produttori che da parte di potenziali utilizzatori lettere, richieste di informazioni, posta, suggerimenti, commenti, pubblicità, diffusione , divulgazione e disseminazione del servizio o di parte del servizio, etc. UN'IPOTESI La cooperazione tra imprese come alternativa al controllo diretto delle risorse (unilab – tomalab - synlab) La ristrutturazione interna secondo logiche che promuovono l'assunzione di ruoli autonomi e specifici da parte dei sottosistemi in cui si articola l'attività dell' impresa non mira semplicemente a correggere le inefficienze e le diseconomie generate da assetti verticistici e burocratizzati. Essa tende piuttosto a costituire una piattaforma organizzativa per la sperimentazione, lo sviluppo ed il consolidamento di relazioni cooperative con altre imprese. Il ricorso a forme di collaborazione costituisce infatti una scelta quasi obbligata nel momento in cui l'impresa si confronta con la complessità non soltanto sul versante della domanda, ma anche su quello dell'offerta, nel momento cioè in cui affronta il problema del reperimento delle domanda: è a questo punto che i limiti di una ipotesi di sviluppo incentrata su processi di accumulazione ed apprendimento esclusivamente interni emergono in tutta la loro evidenza.
  • 5. rscarafia@tomalab.com www.tomalab.com 5 of 10 In (Teece D.J., 1989) si sottolinea a questo proposito che "la varietà di risorse e di competenze cui si ha bisogno di accedere tende ad essere abbastanza ampia anche nei casi in cui le tecnologie sono poco complesse.” Ad esempio, per produrre un personal computer un' impresa deve avere conoscenze adeguate in una gamma di tecnologie che riguardano i disk driver, i network, le tastiere e l' erogazione di energia. Nessuna impresa è in grado da sola di tenere il passo dell' innovazione in tutte queste aree". Una maggiore ricchezza e specificità di contenuti della domanda si traduce immediatamente, per chi si proponga di soddisfarla, nella necessità di accedere a risorse altrettanto ricche e specifiche, la cui appropriazione esclusiva secondo logiche di integrazione verticale appare quantomeno problematica. In effetti, l'evoluzione della tecnologia e del profilo stesso dell'innovazione mette profondamente in crisi l'idea di uno sviluppo dell'impresa fondato sull'espansione dimensionale. L'innovazione tende a configurarsi come il luogo della convergenza di "saperi" tecnologici differenti e complementari, in grado di integrarsi proficuamente in funzione di particolari obiettivi. Un prodotto o un processo sono cioè innovativi tanto in quanto sottendono una pluralità di principi scientifici e tecnici, dei quali è detentore un numero molto ampio di soggetti le cui competenze presentano vaste zone di sovrapposizione, ma anche rilevanti aree di specificità. Il sapere tecnologico si caratterizza quindi come una risorsa fortemente distribuita e sempre più intimamente connessa all'evolvere delle conoscenze scientifiche: ne consegue una sua crescente immaterialità cui si accompagna una minore possibilità di appropriazione esclusiva. La compresenza di processi di de localizzazione e de materializzazione della risorse tecnologiche sottostanti all'innovazione rende non più affrontabile la loro accumulazione diretta: il ricorso a forme di cooperazione fra imprese autonome rappresenta allora l'unica via praticabile per attingere ad un patrimonio di conoscenze e know how complementari rispetto al core business dell'azienda ed al tempo stesso indispensabili per il suo sviluppo. Esso consente infatti di aggirare la maggior parte dei vincoli associati alle strategie di crescita fondate sull'espansione dimensionale, ed in particolare: • facilita, come è stato già osservato, l'erosione delle barriere tecnologiche e l'accesso a tecnologie complementari; • riduce i costi di sviluppo dei nuovi prodotti/processi ripartendoli tra una pluralità di soggetti ed eliminando gli sprechi derivanti da inutili duplicazioni. • permette allo stesso modo la diversificazione del rischio connesso all'innovazione; • libera economie di scope sulla spinta della flessibilità delle tecniche di produzione. In virtù della crescente rilevanza assunta dal software negli sviluppi dell' innovazione, aumentano infatti le possibilità di adattamento di tecnologie di processo ed impianti ad esigenze d'uso diversificate; • agevola la commercializzazione di prodotti e processi innovativi. L' effetto congiunto di queste tendenze suggerisce alcuni spunti di analisi, che vale la pena di richiamare brevemente. Se dunque un sistema industriale articolato in piccole unità produttive tra loro strettamente correlate può rappresentare il presupposto infrastrutturale (vorremmo dire l'hardware) di un modello di sviluppo orientato verso la rete, è però il sistema di valori condiviso che induce comportamenti e scelte coerenti con questo orientamento. D'altra parte la fiducia reciproca, la trasparenza informativa, il senso di appartenenza ad una organizzazione che travalica i confini della singola impresa non nascono spontaneamente, ma sono il frutto di un processo consapevole di ricerca e valorizzazione di mutue dipendenze ed aree di sovrapposizione di interessi. E' importante quindi la presenza di una componente progettuale che può presentarsi, per fare soltanto due esempi, come il tentativo di tradurre in metodologie di lavoro organizzate aggregazioni operative nate da situazioni contingenti, oppure scaturire dalla razionalizzazione di logiche di decentramento produttivo le quali, una volta messe in atto, abbiano rivelato prospettive assai più ampie degli obiettivi che le avevano ispirate. Reti di imprese: tipologie organizzative Nella "costellazione di imprese" analizzata in (Lorenzoni G., 1990) tale funzione progettuale e di coordinamento è esercitata da un' "impresa guida" che, in virtù del suo particolare profilo tecnico- economico, si propone come il naturale punto di riferimento per le imprese terze con cui intrattiene rapporti operativi ricorrenti.
  • 6. rscarafia@tomalab.com www.tomalab.com 6 of 10 Tipicamente si tratta di una impresa terminale, dotata quindi di una visibilità diretta sul mercato finale, che si avvale largamente di apporti esterni sia per quanto riguarda l' approvvigionamento di componenti e sottosistemi che per l' esecuzione di particolari cicli di lavorazione: i suoi tratti distintivi sono individuabili nelle fasi di progettazione, assemblaggio e commercializzazione del prodotto finale. Essa si caratterizza, da un punto di vista funzionale, per la capacità di armonizzare all'interno di un disegno coerente una pluralità di contributi provenienti da imprese terze impegnate in attività più specifiche. E' proprio questo processo di integrazione, portato avanti attraverso la ricerca e la valorizzazione dei legami con unità operative esterne qualificate, la vera fonte del vantaggio competitivo. Non è un caso che dallo studio di Lorenzoni emerga chiaramente come le imprese guida siano accomunate da un fatturato per addetto molto elevato, investimenti limitati rispetto al volume d'affari, marcata presenza dei costi variabili rispetto ai costi fissi: l'attività di integrazione è quella che genera il maggior valore aggiunto. L' opportunità di crescita per le imprese terze, ed in definitiva per la costellazione nel suo complesso, è rappresentata dalla redistribuzione di tale valore aggiunto sotto forma di feedback dal mercato, supporto alle attività di miglioramento del potenziale produttivo, partecipazione ai processi di generazione della conoscenza, maggiore consapevolezza del proprio posizionamento nella catena del valore e quindi possibilità di acquisire a propria volta di un ruolo propositivo e di coordinamento periferico. E' questo il punto chiave rispetto al quale la struttura delle costellazione, schematicamente rappresentata in figura, sembra mostrare alcuni limiti riguardo al conseguimento di obiettivi di efficienza sistemica. Il sostanziale accentramento della funzione coordinatrice, che pure garantisce unitarietà di scopi, conferisce evidentemente un grande potere di controllo a chi ne è detentore. L' azione di sostegno alla crescita qualitativa delle imprese minori resta comunque subordinata agli obiettivi dell' impresa guida, e rappresenta essa stessa una leva competitiva la cui direzione di utilizzo non è univoca. Condizioni di mercato particolari potrebbero indurre, magari sulla spinta di un' esigenza immediata di redditività, a gestire i processi di redistribuzione del valore secondo modalità non eque, o comunque a pilotare questi processi lungo direzioni non coerenti con una ottimale allocazione delle risorse a livello di sistema. La prevalenza dei legami baricentrici rispetto a quelli periferici comporta il rischio della riproposizione di gerarchie di fatto all' interno delle struttura organizzativa, nè vale a scongiurare questo pericolo la partecipazione contemporanea delle imprese terze a più costellazioni, dal momento che in tutte si ripropone comunque, sia pure a diversi livelli di latenza e di intensità, il medesimo problema di squilibrio. Coordinamento diffuso: l'impresa virtuale Il nodo da sciogliere è rappresentato dalla sovrapposizione tra tipologia funzionale dell'impresa ed articolazione dei rapporti gerarchici: è questo il vincolo che rischia di imprigionare all'interno di un rapporto di forza, gestito con maggiore o minore lungimiranza, le potenzialità di sviluppo implicite nei legami di interdipendenza. L'impasse creata dalla predeterminazione dei ruoli appare superabile soltanto in un contesto nel quale la ripartizione delle responsabilità e delle competenze venga dinamicamente ridefinita in funzione dei processi critici intorno ai quali si strutturano le attività di business. L'elaborazione di una strategia competitiva efficace comporta in questo caso lo sviluppo di aggregazioni fra imprese autonome, che agiscono in modo integrato ed organico per configurarsi ogni volta al meglio come catena del valore più adatta al perseguimento delle specifiche opportunità di business offerte dal mercato (Ceni P., Merli G., Saccani C., 1993): una sorta di imprese "virtuali", nate in risposta a precisi segnali della domanda, focalizzate su obiettivi specifici e chiaramente definiti, destinate a sciogliersi, o comunque a rinnovarsi, una volta che tali obiettivi siano stati conseguiti. La rete quindi come "sistema aperto" in cui operano imprese capaci di connessioni dinamiche e dotate di un alto livello di autoregolazione in vista del perseguimento di obiettivi comuni, piuttosto che come struttura polarizzata, in cui il decentramento di funzioni e fasi produttive è in ogni caso subordinato ad una logica di "quasi integrazione". Rispetto al modello della costellazione, nel quale l'aspetto formale del coordinamento è molto accentuato, prevale l'idea di un meccanismo di autoregolazione in cui la cooperazione è il risultato dell'azione concomitante di soggetti diversi alle prese con problemi comuni nelle loro linee di fondo (flessibilità logistica e gestionale, innovazione, qualità) e distinti, ma convergenti, nei loro contenuti specifici. Anche questo approccio sottolinea in ogni caso l' esistenza di un legame molto stretto fra strutture reticolari,
  • 7. rscarafia@tomalab.com www.tomalab.com 7 of 10 orientamenti imprenditoriali innovativi, posizionamento competitivo. La decodifica di questa complessa trama non rientra certamente negli obiettivi del presente lavoro: sarà quindi sufficiente richiamare l' attenzione su pochi elementi qualificanti che costituiscono i cardini della nostra riflessione. Un contesto industriale costituito da unità operative autonome (i nodi della rete) di ridotte dimensioni, fortemente specializzate e distribuite sul territorio, sembra rappresentare un buon presupposto infrastrutturale per l' evoluzione verso un sistemi produttivi capaci di prestazioni in linea con i nuovi orientamenti di fondo della domanda, e precisamente: • forte interazione con il cliente; • parallelizzazione dei processi lungo l' intera catena di business; • elevata flessibilità quali/quantitativa; • innovazione continua; • ridotto time to market; La condivisione di orientamenti imprenditoriali comuni favorisce una collaborazione tra imprese fondata su un sistema di relazioni dinamico e adattativo che sostituisce o integra il ricorso ai consueti modelli di negoziazione formale. La fiducia, la trasparenza informativa, il decentramento variabile per competenza della funzione decisionale rappresentano i valori fondanti di questo sistema; La convergenza di presupposti infrastrutturali e culturali costituisce il terreno di sviluppo di strategie incentrate sulla ricerca e valorizzazione di quelle stesse dipendenze reciproche che una visione imprenditoriale autarchica tenderebbe ad interpretare come occasioni di conflitto piuttosto che di crescita. Il focus di queste strategie è sulla efficienza complessiva del processo di generazione del valore: la ricerca della competitività comporta quindi la partecipazione a distinte catene di business e la loro continua ridefinizione in base ad una corretta interpretazione dei segnali provenienti dal mercato. E' chiaro che una prospettiva come quella delineata non significa certamente la scomparsa di situazioni di fatto, in cui le imprese maggiori possano esercitare forme di condizionamento sulle aziende coinvolte nel loro ciclo produttivo: ma è l'approccio, fondato su una visione progettuale comune maturata "sul campo" e non imposta, a rendere tendenzialmente meno conflittuale il rapporto. L' orientamento prioritario alla massimizzazione del valore aggiunto induce anche i soggetti contrattualmente più forti ad accettare condizioni di sub ottimizzazione parziale dei loro processi interni in funzione di un obiettivo di sostenibilità del confronto competitivo sul lungo periodo, e a ridurre di conseguenza la pressione gerarchica. Ricorrendo ad una schematizzazione di comodo ma efficace, potremmo ravvisare nelle due indicazioni di metodo sommariamente confrontate una contrapposizione di tipo "top- down/bottom-up". Il primo approccio incontra probabilmente minori difficoltà nella fase di impostazione, durante la quale il ricorso alla leva gerarchica consente di bypassare eventuali carenze nella condivisione degli orientamenti strategici ottenendo comunque una rapida convergenza sulle attività da svolgere, ma può scontrarsi durante la fase operativa con una cultura imprenditoriale non preparata a confrontarsi sul mercato aperto. Viceversa, un processo di tipo "bottom-up" può presentarsi critico durante la fase di interiorizzazione dei comportamenti richiesti dai nuovi assetti organizzativi: una volta che questi siano stati assimilati come prioritari, l'attitudine al confronto su parametri di flessibilità, tempo, innovazione è però in grado di sprigionare tutte le sue potenzialità competitive. L’evoluzione dei modelli produttivi nell’industria: la delocalizzazione dei processi di produzione Attraverso un’analisi della letteratura esistente e lo studio di due casi aziendali, si è approfondito lo studio del processo di delocalizzazione di alcune fasi della lavorazione oltre i tradizionali confini fisici delle strutture aziendali centrali, sia nelle imprese finalizzate alla produzione di beni materiali sia in quelle destinate alla realizzazione di servizi. La ricerca ha confermato che la delocalizzazione produttiva ha assunto una importanza cruciale nelle imprese contemporanee; ciò avviene in risposta a una crescente necessità competitiva delle aziende, obbligate a reagire tempestivamente e in modo flessibile a una domanda di mercato sempre più complessa, articolata ed eterogenea. Non va però sottaciuto come la delocalizzazione produttiva sia anche a volte una strada obbligata per raggiungere l’eccellenza nella produzione di beni o nella fornitura di servizi. La tendenza cui si assiste, pertanto, è verso il superamento di strutture organizzative di grandi dimensioni, statiche,
  • 8. rscarafia@tomalab.com www.tomalab.com 8 of 10 rigidamente concentrate in un unico ambiente organizzativo e territoriale e, all’opposto, le aziende sperimentano modelli organizzativi di dimensioni inferiori, che si decentrano in un insieme diffuso di “nodi” operativi. Essi superando i confini fisici dell’unità centrale si articolano sul territorio, spesso anche a livello “globale”, ricercando l’integrazione in fattori quali una mission corporativa, una forte cultura e comunicazione aziendale, un elevato livello di omogeneità e ciclicità delle fasi organizzative, in cui l’obiettivo centrale diviene il miglioramento continuo dei livelli qualitativi dei cicli produttivi, delle risorse impiegate, delle condizioni di lavoro nonché della qualità del prodotto/servizio finale. I fattori che sono alla base dell’attuale diffusione di modalità produttive che prescindono dalla valenza territoriale dell’impresa e, al contrario, si articolano integrandosi in una “rete” di unità produttive, con processi unitari, interconnessi, ma al contempo distanti geograficamente e spesso anche culturalmente. le modalità organizzative attuate dalle imprese per far fronte in modo efficace e efficiente alle richieste della globalizzazione. In tale prospettiva i principi di flessibilità, specializzazione, decentramento, integrazione, divengono i principali termini della riorganizzazione lavorativa e produttiva e danno luogo a nuovi paradigmi che ridisegnano i flussi produttivi e lo stesso shape delle aziende. La risposta delle imprese alla globalizzazione Il passaggio dalla società industriale alla società postindustriale porta con sé anche una nuova immagine del mercato, la quale è a sua volta sia causa che conseguenza di questi stessi mutamenti. Sebbene il termine globalizzazione abbracci un fenomeno di ampia portata che coinvolge l’intera società in tutte le sue dimensioni (storica, sociale, culturale, politica, economica), in questa sede faremo riferimento esclusivamente al concetto connesso al sistema economico o delle imprese. Quando in tale ambito si parla di globalizzazione il riferimento immediato è evidentemente il mercato delle merci e dei servizi, o meglio: alla pluralità delle forme istituzionali che definiscono tali mercati nel mondo. Vittorio Olgiati sostiene che uno dei principali criteri analitici per definire i mercati in un contesto di globalizzazione è rappresentato dal codice binario “aperto/chiuso”, riferito ai mercati stessi in relazione alle attuali potenzialità dell’innovazione tecnologica. In questi termini la novità e l'importanza del principio consiste nella possibilità tecnica dei mercati di superare contemporaneamente una pluralità di “chiusure” o “confini” sinora pressoché invalicabili. Dall’altro canto, altri studiosi sostengono che siano cinque megatrends a determinare il superamento di una logica locale dei mercati e la diffusione di una prospettiva “globale”. Essi riguardano: La globalizzazione della concorrenza. “Nel mondo ci sono circa 800 milioni di persone che consumano pressoché nello stesso modo: sono gli abitanti di Europa, Giappone e America più i benestanti di altri paesi. Conoscono gli stessi marchi, vivono gli stessi eventi in TV o attraverso la stampa e vogliono essere serviti con la stessa qualità e tempestività. Ogni azienda ha iniziato la propria esistenza servendo un mercato domestico e deve fare un salto dimensionale di 4-15 volte per continuare a esistere”. La globalizzazione della concorrenza è iniziata nei settori produttivi che richiedevano altissime specializzazioni, elevati capitali per R&S o per investimenti produttivi, in cui produttori finali globalizzati richiedevano fornitori o componentisti ugualmente globalizzati, ma oggi si estende anche ai settori delle commodities, ai settori in cui il know how gestionale rappresenta un particolare vantaggio competitivo e a quasi tutti i prodotti di marca. “Le notevoli necessità di capitali per la R&S, l’opportunità di penetrare quei mercati in cui si può sperare in tassi di crescita superiori a quelli dei paesi sviluppati e le occasioni di acquisizione a seguito di privatizzazioni o ristrutturazioni sono altri elementi che spingono sulla strada della globalizzazione”. Lo sviluppo delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione. L’unità di spazio, tempo e azione, sembra essere possibile oggi con lo sviluppo imponente delle telecomunicazioni e dell’informatica. In tempo reale e a migliaia di chilometri di distanza, è possibile progettare, effettuare transazioni complesse, dare gli ordini di rifornimento dei magazzini, effettuare attività di costumer service, tenere la contabilità, ecc. Il tutto a bassi costi e con eccellente qualità. L'impresa può quindi essere riprogettata da capo - come ad esempio nel Business Process Reeinginering (BPR) - decidendo dove fare certe attività, da chi farle fare e con quale mix di costi variabili/fissi. “Nel momento in cui i dipendenti si abituano a dialogare con altri via computer, senza il bisogno di un contatto faccia a faccia, non c'è più bisogno che, dall'altra parte, ci sia davvero una persona fisica che parla la stessa lingua: basta un sistema efficiente che genera le proprie decisioni e reazioni”. La diminuzione dei tassi di crescita per quasi tutte le industrie nei paesi sviluppati. Da molti anni i 3⁄4 dell'industria e dei servizi sono strutturalmente stagnanti, almeno se definiamo come stagnazione una crescita nel mercato di origine inferiore al tasso di aumento della produttività (che comunque ha tassi di miglioramento “strutturale” del 4-5 % all'anno).
  • 9. rscarafia@tomalab.com www.tomalab.com 9 of 10 La non crescita è pertanto la norma, mentre la crescita è l'eccezione. D'altra parte ciò è logico: nei paesi sviluppati, nei quali la popolazione non cresce, non è più possibile mangiare di più, prendere più medicine, comprare più automobili nuove, ecc. Ci sono, naturalmente, alcune aree di crescita - particolari prodotti, aree geografiche sottosviluppate, servizi innovativi - ma la maggior parte dei business in cui operano le aziende è inevitabilmente stagnante. La consapevolezza di ciò richiede dunque un approccio totalmente nuovo da parte di manager, azionisti e dipendenti. La delocalizzazione produttiva. Le possibilità offerte dalla teleinformatica di governare in tempo reale situazioni distanti migliaia di chilometri e il costante aumento della qualità dei prodotti fabbricati nei paesi che un tempo si distinguevano solo per il basso costo della manodopera, permettono oggi di decidere liberamente dove collocare ogni singola lavorazione del processo produttivo. La deregolamentazione. Quando le tecnologie ridefiniscono i vecchi confini (come nel caso delle telecomunicazioni) le aziende diventano sempre più multinazionali, i consumatori diventano sempre più omogenei, ogni singolo stato non può più resistere alla pressione di uniformare la propria legislazione a quella degli altri e non può più negare a un settore la deregolamentazione che ha concesso a un altro. “Deregolatori e antitrust, che oggi tutte le aziende considerano dei nemici, sono invece dei preziosi alleati che permettono di percepire in anticipo un trend generalizzato”. Il teatro dell’azione economica diviene dunque il “mercato mondiale” e il risultato dell’azione diventa la progettazione, la costruzione e la vendita di prodotti/servizi in una logica globale. Non si tratta più di vendere singoli prodotti ma interi sistemi: “oltre ai prodotti, reti di vendita, agevolazioni finanziarie e assicurative, tecnologia, organizzazione”. L’ottica è pertanto profondamente mutata: da una concezione del prodotto fortemente legata al luogo di origine, alla sua realizzazione nello stesso luogo in cui veniva progettato, alla successiva esportazione nei mercati esteri, si passa a una visione globale che implica un approccio diverso alle politiche del prodotto, di produzione, di distribuzione. I nuovi obiettivi richiedono una cultura di impresa che riesca a permeare ogni ambito dell'organizzazione per sviluppare una nuova abitudine a pensare in termini di internazionalizzazione: lo schema di pensiero deve diventare globale. Il prodotto, affermano C. Paracone e F. Uberto, è forse ciò che più di ogni altro fattore rispecchia la cultura d’origine: ci sono attributi quali lo stile, le forme, la presentazione che si ricollegano direttamente al gusto estetico, alle abitudini di chi lo progetta e più in generale alla cultura del mercato di origine. Oggi tuttavia le aziende più dinamiche e flessibili si trovano nella necessità di sviluppare prodotti di classe mondiale e servizi che abbiano uno standard di livello mondiale nel rapporto costo/qualità. Le implicazioni sulla cultura d’impresa sono pertanto notevoli. La definizione di standard di classe mondiale per il design, i servizi e la prestazione implica nuove strategie di impiego delle sorgenti di conoscenza e nuove forme di lavoro di gruppo. In particolare per “l’impiego strategico delle fonti di conoscenza si stanno sviluppando modelli a sorgente tripla”: sviluppo del progetto secondo i canoni prevalenti nell’originaria cultura d’impresa; collaborazioni con partners di altri paesi, acquisizione del contributo di fonti indipendenti internazionali che rispecchino le culture di aree strategiche del mercato mondiale. Stanno emergendo infatti nel mondo dell’impresa molte e differenziate alleanze. Esse divengono necessarie per entrare su mercati difficili, per migliorare la competitività e acquisire tecnologie, per sviluppare nuove conoscenze e sapere manageriale. Il successo di queste alleanze risiede nella compatibilità culturale dei partners, nell’esistenza di condizioni per la reciproca cooperazione, nell’efficacia del coordinamento e dei meccanismi di integrazione. Infatti quanto più i confini aziendali si espandono, abbracciando tessuti sociali diversi, tanto più aumentano le difficoltà di integrare le organizzazioni. La comunicazione diventa pertanto elevata e tutto il sistema organizzativo nel suo insieme non può non esserne coinvolto. “L'azienda che deve confrontarsi con un mercato di 800 milioni di consumatori potenziali non ha che una possibilità: focalizzarsi e fare al proprio interno solo l'essenziale”. Il primo passo è dunque l'abolizione del concetto di “domestico”: un consumatore potenziale è tale sia che risieda in Giappone sia che viva negli Stati Uniti e, quindi, bisogna comprendere bene cosa tale consumatore medio si attende dal prodotto e dall'azienda che lo produce. In parallelo deve essere abolito il concetto di distanza, sia nello spazio che nel tempo: “non si può più introdurre un nuovo prodotto prima vicino a casa e poi, via via, negli altri mercati, perché il consumatore pretende di essere servito istantaneamente ovunque con il nuovo prodotto che vede in TV o viaggiando e i concorrenti non aspettano altro che una differenza di tempestività per intrufolarsi nel gioco competitivo”. Il secondo passo è il ripensare le relazioni con i fornitori e i clienti. Per competere su base globale il know-how presente in azienda non è spesso sufficiente e deve quindi essere integrato con know-how che altri hanno: know-how tecnologico, conoscenze di ciascun specifico mercato, accesso a risorse tecnologiche e finanziarie particolari, ecc. Anche in questo caso l’azienda dovrà sviluppare un atteggiamento positivo verso le partnership, accettando la parziale perdita di sovranità e di autonomia che esse comportano.
  • 10. rscarafia@tomalab.com www.tomalab.com 10 of 10 Il terzo passo è rivedere anche la logica in base alla quale sono svolti, all'interno dell'azienda, i vari servizi: dalla contabilità alla logistica, dall'informatica all'assistenza tecnica. A differenza del passato, esistono oggi validi fornitori internazionali di servizi che danno all'imprenditore la possibilità di acquistare (sempre in ottica di partnership) quasi tutti i servizi complementari alla propria progettazione e distribuzione del prodotto. Al limite l'impresa può occuparsi solo del marchio, dell'ideazione del prodotto e della finanza, essendo oggi possibile far costruire, distribuire e assistere il prodotto da altri specialisti. I capitali e le risorse intellettuali dell'azienda possono così essere concentrati solo nelle aree in cui non c'è un'alternativa efficace e meno costosa all'esterno. L'outsourcing non è quindi soltanto un metodo per ridurre i costi, ma è anche una necessità strategica per l’azienda che si deve concentrare nel core del core per competere in un mercato globale. Il quarto passo è l'identificazione di un assetto competitivo vincente. Non basta infatti fare meglio che in passato, soprattutto in termini di costi: bisogna riprogettare interamente come si produce e si vende e come si continuerà a innovare. La potenza dell'informatica collegata alle telecomunicazioni consente di ridurre praticamente a zero il costo variabile di ogni transazione. La possibilità di delocalizzare la produzione nei paesi più convenienti, mantenendo al contempo qualità e tempi di reazione adeguati, consente di decentrare le singole fasi del processo produttivo, dall'ideazione del prodotto all'assistenza al cliente, costruendo un sistema competitivo vincente. Infine, il collegamento con centri di eccellenza diversi ed esterni all'azienda, ovunque siano situati nel mondo, consente la tempestiva identificazione di nuove possibilità di produrre o servire clienti sempre più sofisticati ed esigenti. A questo punto il vantaggio competitivo dell’azienda diviene la sua capacità di sviluppare competenze proprietary, cioè non copiabili. Essa, infatti, liberata dai problemi che possono essere delegati ad altri, può concentrarsi su quelle tecnologie essenziali che, combinate in modi innovativi, permettono stabilmente di far meglio dei concorrenti. In ultimo occorre citare la sempre maggiore attenzione che bisogna prestare al mercato dei capitali: “quando tutti i competitors si sono concentrati sul core business, hanno terziarizzato e reingegnerizzato le proprie operations, hanno adottato tecniche di quick response, total quality, employee empowermente e lean production, la capacità di alcuni di acquisire capitali con l'attesa di tassi di remunerazione diretta (dividendi) inferiore a quello degli altri concorrenti (in quanto compensato da un'attesa di un maggior capital gain) diventa l'elemento distintivo sul quale basare una strategia di sviluppo”. In questa prospettiva, dunque, la presenza di leaders dotati di una visione globale diventa la chiave di volta per il successo nel gioco della competizione. I due fondamentali ingredienti della competitività in una dimensione globale sono, pertanto, la produttività e la qualità, dove il concetto di produttività assume un significato allargato rispetto al passato. Essa, infatti, non indica più esclusivamente il dato numerico della produzione effettuata per unità di tempo e valore, bensì si espanse alla considerazione dell’impiego ottimale e simultaneo del mix di tutti i fattori della produzione: capitali, lavoro, materiali, conoscenza, tecnologia, risorse umane.