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Come si formano i sistemi planetari
                  Massimo Badiali
                       INAF
  Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica cosmica
                     08/02/11




        Diciamolo subito …
La formazione dei pianeti avviene contestualmente a quella delle stelle.

 Teorie come la cattura casuale di pianeti provenienti dall’esterno non solo si
 accordano male con la struttura del nostro Sistema Solare (oltre che con la
 teoria delle probabilità), ma sono smentite dall’osservazione di dischi
 protoplanetari in molte stelle in via di formazione.




 Che cos’è e come si genera un disco protoplanetario? Il fatto è che,
 quando la nube protostellare si contrae per gravità, non tutta la
 materia “cade” sull’attrattore centrale, quello destinato a diventare
 una stella. Perché?
Per capirlo, dobbiamo spiegare che cosa è il momento angolare. Se
consideriamo un corpo di raggio r, con una massa m, la cui estremità ruota
con una velocità v, il momento angolare L è il prodotto delle tre grandezze.
      Momento angolare = massa x velocità x raggio       L = mvr
La cosa importante è che anche quando il corpo cambia dimensioni il
momento angolare rimane lo stesso, se non ci sono fattori esterni a frenare
o accelerare. Questo significa che se la massa del corpo non cambia, il
prodotto vr resta costante. Se il corpo si “restringe” fino a dimezzare il
suo raggio, la sua velocità raddoppia.




 L’effetto è ben percepibile quando, facendo una piroetta, si raccolgono le
 braccia. Lo sanno bene i danzatori e i pattinatori.
Torniamo alla nostra nube protostellare. Questa, inizialmente estesa
parecchi anni-luce, si contrae. Il suo raggio diminuisce non di due volte, ma
milioni di volte. Per conservare il suo momento angolare, la velocità di
rotazione aumenta in modo impressionante.




Dall’iniziale moto caotico delle varie zone, emerge un unico moto rotatorio
risultante sempre più accentuato, grazie al quale parte della materia,
sottoposta a forza centrifuga, non riesce a raggiungere il centro.
Poiché il moto rotatorio è generale ed avviene attorno ad un comune asse
(quello dei poli della futura stella), anche il moto di questa materia
“trattenuta” in periferia è più o meno concorde. È un moto orbitale che si
sviluppa più o meno sullo stesso piano: il piano dell’eclittica.
In questo modo, attorno al massiccio grumo destinato a diventare la futura
stella, si accumula, sul piano perpendicolare all’asse di rotazione dell’intero
sistema, un disco di materia: il disco protoplanetario
La formazione del disco protoplanetario, oltre che dalla rotazione, è
favorita dalla gravità locale. L’attrazione maggiore, quella verso la
protostella, è annullata dalla forza centrifuga dovuta al moto orbitale.
Resta la forza di attrazione della materia su se stessa, che tende a
schiacciarla sul disco.
Il disco ovviamente non è omogeneo. Anzitutto è naturale pensare
 che la materia che lo compone sia più densa vicino alla protostella e
 più rarefatta man mano che si va verso la periferia. Il disco
 protoplanetario è più schiacciato al centro, mentre si ispessisce
 all’esterno. Perché?


 Per due ragioni. All’esterno la gravità locale è più debole, per la
 minore densità della materia. Inoltre il moto orbitale è più lento, per
 la nota legge di Keplero:

                             Il quadrato del periodo orbitale è
      T2 = K d3              proporzionale al cubo del semiasse maggiore
                             dell’orbita.

In parole povere, quanto più è distante il corpo orbitante, tanto più è
lento il suo moto orbitale. Insomma, le condizioni di equilibrio tra
attrazione centrale verso la stella e forza centrifuga sono meno
stringenti.
Ma oltre a questa “disomogeneità complessiva”, c’è da tenere conto della
disomogeneità “casuale”, cioè del fatto che in tutto il disco ci sono
fluttuazioni di densità distribuite più o meno a caso. Punti più densi si
alternano a zone più rarefatte. Dove la densità è maggiore, è più forte
l’attrazione gravitazionale locale.
Ciò favorisce l’accumulo di materia proprio sui punti più densi, formando
gli embrioni dei futuri pianeti.
Come conseguenza della rotazione vorticosa, lo spazio intorno a una stella
giovane è piuttosto turbolento: l’involucro di materia attorno ad essa è
sconvolto da accelerazioni e forze intense, gravitazionali e anche
magnetiche. Grazie ai campi magnetici si formano immensi getti di
materia lungo i poli
Diversi scorci di un Herbig-Haro
Qui, oltre agli estesi getti lungo i poli, si possono vedere i
dischi protoplanetari, disposti sull’equatore: è la materia che,
a causa della rotazione vorticosa, per la forza centrifuga non
riesce a cadere sulla stella


                                                    Chamaeleon




                                                      ρ Oph
I processi di espulsione di materia e la stessa radiazione della giovane
stella “puliscono” gradualmente lo spazio circostante. Gradualmente, si
esauriscono i getti lungo i poli. Resta, attorno al nucleo condensato, il
disco protoplanetario.




Su questo disco la materia continuerà a condensarsi in anelli, poi in corpi
più piccoli: asteroidi, comete, pianeti.
Beta Pictoris: giovane stella con disco protoplanetario a 50 anni-luce da
noi, immagine infrarossa (ESO)
I detriti del disco protoplanetario, sempre per attrazione
gravitazionale, fanno raccogliere la materia in corpi più
grandi, sempre minori della stella centrale.
Resta qualcosa della nube protoplanetaria?
Nel caso del Sistema Solare, come già detto, resta la grande nube di Oort,
raggio 1 anno-luce
Qui ogni tanto scopriamo un piccolo pianeta nuovo, come
QUAOAR (2002) e SEDNA (2003), entrambi più piccoli di
Plutone, a parecchie ore-luce dal Sole.
Un momento! In tutta questa storia c’è qualcosa che non torna
                       Avevamo detto: il Big Bang produce un Universo
                       d’idrogeno e di elio. Poi abbiamo detto che nelle
                       nubi protostellari c’è “polvere”, tanto che si
                       formano pianeti, asteroidi: rocce! Silicio, calcio,
                       ferro, nichel … Da dove vengono gli elementi
                       pesanti? Chi li ha prodotti?
Lo sappiamo già : le STELLE! abbiamo
  descritto la formazione di sistemi stellari
 di generazioni successive alla prima, sistemi
         già ricchi di elementi pesanti



Le nebulose protostellari che danno vita alle stelle con sistemi
planetari solidi contengono già elementi pesanti, prodotti da
stelle più antiche e da queste diffusi nello spazio,
principalmente con esplosioni di supernova
RIASSUMENDO
La formazione di pianeti attorno alle stelle non è un fenomeno raro. È la
regola piuttosto che l’eccezione. Questo è un dato certo, per le numerose
prove osservative (presenza di dischi protoplanetari, scoperte frequenti
di pianeti extrasolari). Che cosa non è ancora certo?
È incerto tutto ciò che appare ipotesi ragionevole, ma non ancora
        confermata dall’osservazione. Ad esempio:
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    “rocciosi”. Possono formarsi giganti gassosi di idrogeno ed elio?
    Difficile, ma forse non impossibile.
Molti sistemi stellari sono doppi o multipli. Le distanze ravvicinate fra i
    componenti rendono instabili le orbite di eventuali pianeti. Forse
    questi riescono a formarsi, ma è facile che le loro orbite perturbate li
    facciano finire su una stella o li scaccino dal sistema, condannandoli a
    vagare nelle gelide regioni dello spazio interstellare.
CONCLUDENDO
Per ulteriori certezze dobbiamo aspettare nuove conferme sperimentali.
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Stage2011 badiali-formazione sistemi planetari

  • 1. Come si formano i sistemi planetari Massimo Badiali INAF Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica cosmica 08/02/11 Diciamolo subito …
  • 2. La formazione dei pianeti avviene contestualmente a quella delle stelle. Teorie come la cattura casuale di pianeti provenienti dall’esterno non solo si accordano male con la struttura del nostro Sistema Solare (oltre che con la teoria delle probabilità), ma sono smentite dall’osservazione di dischi protoplanetari in molte stelle in via di formazione. Che cos’è e come si genera un disco protoplanetario? Il fatto è che, quando la nube protostellare si contrae per gravità, non tutta la materia “cade” sull’attrattore centrale, quello destinato a diventare una stella. Perché?
  • 3. Per capirlo, dobbiamo spiegare che cosa è il momento angolare. Se consideriamo un corpo di raggio r, con una massa m, la cui estremità ruota con una velocità v, il momento angolare L è il prodotto delle tre grandezze. Momento angolare = massa x velocità x raggio L = mvr La cosa importante è che anche quando il corpo cambia dimensioni il momento angolare rimane lo stesso, se non ci sono fattori esterni a frenare o accelerare. Questo significa che se la massa del corpo non cambia, il prodotto vr resta costante. Se il corpo si “restringe” fino a dimezzare il suo raggio, la sua velocità raddoppia. L’effetto è ben percepibile quando, facendo una piroetta, si raccolgono le braccia. Lo sanno bene i danzatori e i pattinatori.
  • 4. Torniamo alla nostra nube protostellare. Questa, inizialmente estesa parecchi anni-luce, si contrae. Il suo raggio diminuisce non di due volte, ma milioni di volte. Per conservare il suo momento angolare, la velocità di rotazione aumenta in modo impressionante. Dall’iniziale moto caotico delle varie zone, emerge un unico moto rotatorio risultante sempre più accentuato, grazie al quale parte della materia, sottoposta a forza centrifuga, non riesce a raggiungere il centro.
  • 5. Poiché il moto rotatorio è generale ed avviene attorno ad un comune asse (quello dei poli della futura stella), anche il moto di questa materia “trattenuta” in periferia è più o meno concorde. È un moto orbitale che si sviluppa più o meno sullo stesso piano: il piano dell’eclittica.
  • 6. In questo modo, attorno al massiccio grumo destinato a diventare la futura stella, si accumula, sul piano perpendicolare all’asse di rotazione dell’intero sistema, un disco di materia: il disco protoplanetario
  • 7. La formazione del disco protoplanetario, oltre che dalla rotazione, è favorita dalla gravità locale. L’attrazione maggiore, quella verso la protostella, è annullata dalla forza centrifuga dovuta al moto orbitale. Resta la forza di attrazione della materia su se stessa, che tende a schiacciarla sul disco.
  • 8. Il disco ovviamente non è omogeneo. Anzitutto è naturale pensare che la materia che lo compone sia più densa vicino alla protostella e più rarefatta man mano che si va verso la periferia. Il disco protoplanetario è più schiacciato al centro, mentre si ispessisce all’esterno. Perché? Per due ragioni. All’esterno la gravità locale è più debole, per la minore densità della materia. Inoltre il moto orbitale è più lento, per la nota legge di Keplero: Il quadrato del periodo orbitale è T2 = K d3 proporzionale al cubo del semiasse maggiore dell’orbita. In parole povere, quanto più è distante il corpo orbitante, tanto più è lento il suo moto orbitale. Insomma, le condizioni di equilibrio tra attrazione centrale verso la stella e forza centrifuga sono meno stringenti.
  • 9. Ma oltre a questa “disomogeneità complessiva”, c’è da tenere conto della disomogeneità “casuale”, cioè del fatto che in tutto il disco ci sono fluttuazioni di densità distribuite più o meno a caso. Punti più densi si alternano a zone più rarefatte. Dove la densità è maggiore, è più forte l’attrazione gravitazionale locale.
  • 10. Ciò favorisce l’accumulo di materia proprio sui punti più densi, formando gli embrioni dei futuri pianeti.
  • 11. Come conseguenza della rotazione vorticosa, lo spazio intorno a una stella giovane è piuttosto turbolento: l’involucro di materia attorno ad essa è sconvolto da accelerazioni e forze intense, gravitazionali e anche magnetiche. Grazie ai campi magnetici si formano immensi getti di materia lungo i poli
  • 12.
  • 13. Diversi scorci di un Herbig-Haro
  • 14. Qui, oltre agli estesi getti lungo i poli, si possono vedere i dischi protoplanetari, disposti sull’equatore: è la materia che, a causa della rotazione vorticosa, per la forza centrifuga non riesce a cadere sulla stella Chamaeleon ρ Oph
  • 15. I processi di espulsione di materia e la stessa radiazione della giovane stella “puliscono” gradualmente lo spazio circostante. Gradualmente, si esauriscono i getti lungo i poli. Resta, attorno al nucleo condensato, il disco protoplanetario. Su questo disco la materia continuerà a condensarsi in anelli, poi in corpi più piccoli: asteroidi, comete, pianeti.
  • 16. Beta Pictoris: giovane stella con disco protoplanetario a 50 anni-luce da noi, immagine infrarossa (ESO)
  • 17. I detriti del disco protoplanetario, sempre per attrazione gravitazionale, fanno raccogliere la materia in corpi più grandi, sempre minori della stella centrale.
  • 18. Resta qualcosa della nube protoplanetaria? Nel caso del Sistema Solare, come già detto, resta la grande nube di Oort, raggio 1 anno-luce
  • 19. Qui ogni tanto scopriamo un piccolo pianeta nuovo, come QUAOAR (2002) e SEDNA (2003), entrambi più piccoli di Plutone, a parecchie ore-luce dal Sole.
  • 20. Un momento! In tutta questa storia c’è qualcosa che non torna Avevamo detto: il Big Bang produce un Universo d’idrogeno e di elio. Poi abbiamo detto che nelle nubi protostellari c’è “polvere”, tanto che si formano pianeti, asteroidi: rocce! Silicio, calcio, ferro, nichel … Da dove vengono gli elementi pesanti? Chi li ha prodotti?
  • 21. Lo sappiamo già : le STELLE! abbiamo descritto la formazione di sistemi stellari di generazioni successive alla prima, sistemi già ricchi di elementi pesanti Le nebulose protostellari che danno vita alle stelle con sistemi planetari solidi contengono già elementi pesanti, prodotti da stelle più antiche e da queste diffusi nello spazio, principalmente con esplosioni di supernova
  • 22. RIASSUMENDO La formazione di pianeti attorno alle stelle non è un fenomeno raro. È la regola piuttosto che l’eccezione. Questo è un dato certo, per le numerose prove osservative (presenza di dischi protoplanetari, scoperte frequenti di pianeti extrasolari). Che cosa non è ancora certo?
  • 23. È incerto tutto ciò che appare ipotesi ragionevole, ma non ancora confermata dall’osservazione. Ad esempio: Le antiche stelle di popolazione II: non vi si possono formare pianeti “rocciosi”. Possono formarsi giganti gassosi di idrogeno ed elio? Difficile, ma forse non impossibile. Molti sistemi stellari sono doppi o multipli. Le distanze ravvicinate fra i componenti rendono instabili le orbite di eventuali pianeti. Forse questi riescono a formarsi, ma è facile che le loro orbite perturbate li facciano finire su una stella o li scaccino dal sistema, condannandoli a vagare nelle gelide regioni dello spazio interstellare.
  • 24. CONCLUDENDO Per ulteriori certezze dobbiamo aspettare nuove conferme sperimentali. Queste verranno dall’osservazione delle zone di formazione stellare e dall’esplorazione sistematica dello spazio alla ricerca dei pianeti extrasolari.