1. Come si formano i sistemi planetari
Massimo Badiali
INAF
Istituto di Astrofisica Spaziale e Fisica cosmica
08/02/11
Diciamolo subito …
2. La formazione dei pianeti avviene contestualmente a quella delle stelle.
Teorie come la cattura casuale di pianeti provenienti dall’esterno non solo si
accordano male con la struttura del nostro Sistema Solare (oltre che con la
teoria delle probabilità), ma sono smentite dall’osservazione di dischi
protoplanetari in molte stelle in via di formazione.
Che cos’è e come si genera un disco protoplanetario? Il fatto è che,
quando la nube protostellare si contrae per gravità, non tutta la
materia “cade” sull’attrattore centrale, quello destinato a diventare
una stella. Perché?
3. Per capirlo, dobbiamo spiegare che cosa è il momento angolare. Se
consideriamo un corpo di raggio r, con una massa m, la cui estremità ruota
con una velocità v, il momento angolare L è il prodotto delle tre grandezze.
Momento angolare = massa x velocità x raggio L = mvr
La cosa importante è che anche quando il corpo cambia dimensioni il
momento angolare rimane lo stesso, se non ci sono fattori esterni a frenare
o accelerare. Questo significa che se la massa del corpo non cambia, il
prodotto vr resta costante. Se il corpo si “restringe” fino a dimezzare il
suo raggio, la sua velocità raddoppia.
L’effetto è ben percepibile quando, facendo una piroetta, si raccolgono le
braccia. Lo sanno bene i danzatori e i pattinatori.
4. Torniamo alla nostra nube protostellare. Questa, inizialmente estesa
parecchi anni-luce, si contrae. Il suo raggio diminuisce non di due volte, ma
milioni di volte. Per conservare il suo momento angolare, la velocità di
rotazione aumenta in modo impressionante.
Dall’iniziale moto caotico delle varie zone, emerge un unico moto rotatorio
risultante sempre più accentuato, grazie al quale parte della materia,
sottoposta a forza centrifuga, non riesce a raggiungere il centro.
5. Poiché il moto rotatorio è generale ed avviene attorno ad un comune asse
(quello dei poli della futura stella), anche il moto di questa materia
“trattenuta” in periferia è più o meno concorde. È un moto orbitale che si
sviluppa più o meno sullo stesso piano: il piano dell’eclittica.
6. In questo modo, attorno al massiccio grumo destinato a diventare la futura
stella, si accumula, sul piano perpendicolare all’asse di rotazione dell’intero
sistema, un disco di materia: il disco protoplanetario
7. La formazione del disco protoplanetario, oltre che dalla rotazione, è
favorita dalla gravità locale. L’attrazione maggiore, quella verso la
protostella, è annullata dalla forza centrifuga dovuta al moto orbitale.
Resta la forza di attrazione della materia su se stessa, che tende a
schiacciarla sul disco.
8. Il disco ovviamente non è omogeneo. Anzitutto è naturale pensare
che la materia che lo compone sia più densa vicino alla protostella e
più rarefatta man mano che si va verso la periferia. Il disco
protoplanetario è più schiacciato al centro, mentre si ispessisce
all’esterno. Perché?
Per due ragioni. All’esterno la gravità locale è più debole, per la
minore densità della materia. Inoltre il moto orbitale è più lento, per
la nota legge di Keplero:
Il quadrato del periodo orbitale è
T2 = K d3 proporzionale al cubo del semiasse maggiore
dell’orbita.
In parole povere, quanto più è distante il corpo orbitante, tanto più è
lento il suo moto orbitale. Insomma, le condizioni di equilibrio tra
attrazione centrale verso la stella e forza centrifuga sono meno
stringenti.
9. Ma oltre a questa “disomogeneità complessiva”, c’è da tenere conto della
disomogeneità “casuale”, cioè del fatto che in tutto il disco ci sono
fluttuazioni di densità distribuite più o meno a caso. Punti più densi si
alternano a zone più rarefatte. Dove la densità è maggiore, è più forte
l’attrazione gravitazionale locale.
10. Ciò favorisce l’accumulo di materia proprio sui punti più densi, formando
gli embrioni dei futuri pianeti.
11. Come conseguenza della rotazione vorticosa, lo spazio intorno a una stella
giovane è piuttosto turbolento: l’involucro di materia attorno ad essa è
sconvolto da accelerazioni e forze intense, gravitazionali e anche
magnetiche. Grazie ai campi magnetici si formano immensi getti di
materia lungo i poli
14. Qui, oltre agli estesi getti lungo i poli, si possono vedere i
dischi protoplanetari, disposti sull’equatore: è la materia che,
a causa della rotazione vorticosa, per la forza centrifuga non
riesce a cadere sulla stella
Chamaeleon
ρ Oph
15. I processi di espulsione di materia e la stessa radiazione della giovane
stella “puliscono” gradualmente lo spazio circostante. Gradualmente, si
esauriscono i getti lungo i poli. Resta, attorno al nucleo condensato, il
disco protoplanetario.
Su questo disco la materia continuerà a condensarsi in anelli, poi in corpi
più piccoli: asteroidi, comete, pianeti.
16. Beta Pictoris: giovane stella con disco protoplanetario a 50 anni-luce da
noi, immagine infrarossa (ESO)
17. I detriti del disco protoplanetario, sempre per attrazione
gravitazionale, fanno raccogliere la materia in corpi più
grandi, sempre minori della stella centrale.
18. Resta qualcosa della nube protoplanetaria?
Nel caso del Sistema Solare, come già detto, resta la grande nube di Oort,
raggio 1 anno-luce
19. Qui ogni tanto scopriamo un piccolo pianeta nuovo, come
QUAOAR (2002) e SEDNA (2003), entrambi più piccoli di
Plutone, a parecchie ore-luce dal Sole.
20. Un momento! In tutta questa storia c’è qualcosa che non torna
Avevamo detto: il Big Bang produce un Universo
d’idrogeno e di elio. Poi abbiamo detto che nelle
nubi protostellari c’è “polvere”, tanto che si
formano pianeti, asteroidi: rocce! Silicio, calcio,
ferro, nichel … Da dove vengono gli elementi
pesanti? Chi li ha prodotti?
21. Lo sappiamo già : le STELLE! abbiamo
descritto la formazione di sistemi stellari
di generazioni successive alla prima, sistemi
già ricchi di elementi pesanti
Le nebulose protostellari che danno vita alle stelle con sistemi
planetari solidi contengono già elementi pesanti, prodotti da
stelle più antiche e da queste diffusi nello spazio,
principalmente con esplosioni di supernova
22. RIASSUMENDO
La formazione di pianeti attorno alle stelle non è un fenomeno raro. È la
regola piuttosto che l’eccezione. Questo è un dato certo, per le numerose
prove osservative (presenza di dischi protoplanetari, scoperte frequenti
di pianeti extrasolari). Che cosa non è ancora certo?
23. È incerto tutto ciò che appare ipotesi ragionevole, ma non ancora
confermata dall’osservazione. Ad esempio:
Le antiche stelle di popolazione II: non vi si possono formare pianeti
“rocciosi”. Possono formarsi giganti gassosi di idrogeno ed elio?
Difficile, ma forse non impossibile.
Molti sistemi stellari sono doppi o multipli. Le distanze ravvicinate fra i
componenti rendono instabili le orbite di eventuali pianeti. Forse
questi riescono a formarsi, ma è facile che le loro orbite perturbate li
facciano finire su una stella o li scaccino dal sistema, condannandoli a
vagare nelle gelide regioni dello spazio interstellare.
24. CONCLUDENDO
Per ulteriori certezze dobbiamo aspettare nuove conferme sperimentali.
Queste verranno dall’osservazione delle zone di formazione stellare e
dall’esplorazione sistematica dello spazio alla ricerca dei pianeti
extrasolari.